All’insipenza politica di certi personaggi pare non ci sia limite: oltre a farsi mangiare un vantaggio di 10 punti grazie ad una politica suicida in campagna elettorale, il PD propone ogni giorno una sequenza infinita di comportamenti autolesionistici.
Se la settimana scorsa abbiamo goduto di una perla di marketing quale quella dell’accordo sul nome al Quirinale di Marini con Berlusconi (come se questa scelta di “unità nazionale” potesse in qualche modo garantire al centrosinistra la nascita di un governo di minoranza non suscettibile di una bordata del PdL non appena si dovessero toccare interessi del nanetto) oggi vediamo un Letta assurto al ruolo di presidente del consiglio designato.
Già il nome di Franco Marini, oggettivamente parte della nomenclatura partitica, appariva sgradito sia alla media degli elettori del centrosinistra che del 25% di chi ha votato per protesta od altra scelta Grillo, e certamente non particolarmente apprezzato da chi ha votato PdL.
In altri termini, un candidato che non piace a nessuno: una soluzione pilatesca che non esce dagli schemi partitici (che è quello che gli elettori contestano a Bersani), che non rompe con le logiche banditesche del PdL accettando l’imposizione di una scelta condivisa (a che titolo poi sarà da vedere), che ingenera forti dubbi su una segreteria che non ha bloccato fughe in avanti tipo quella di Franceschini, dichiaratamente favorevole all’inciucio con Berlusconi.
Dato per scontato che questa situazione devastante è stata creata ad arte dallo stesso Berlusconi, la geniale frase di Franceschini si commentava da sola: l’impressione che viene suggerita all’opinione pubblica dallo stato maggiore del PD oggi è quella di uno smarrimento che non depone a favore della schiena dritta e soprattutto delle idee chiare.
Non parliamo poi della diretta streaming dell’incontro con i cosiddetti “grillini”: anche uno sprovveduto poteva pensare che a fronte di una opacità devastante da parte del movimento alle loro riunioni la novità di una diffusione capillare dell’incontro con Bersani nascondesse un trappolone per il segretario PD. Come ben sapete invece la scelta è stata quella di andare all’incontro e di immolarsi quale tacchino (l’agnello evoca altre immagini, qui stiamo parlando di polli) alla “trasparenza” di Casaleggio, che non solo casualmente fa rima con dileggio.
Quello che appare certo è che al PD manca totalmente uno spin doctor utile alla gestione della situazione politica: se infatti ci basiamo sulla “furbizia” di un genio come D’Alema stiamo freschi, come confermato dall’incredibile serie di errori tattici fatti, e che somigliano tutti sinistramente alla famosa furbacchionata della cosiddetta “bicamerale”, una figura da cioccolatai dove l’avvedutezza politica di D’Alema rifulse in maniera esemplare.
A questo punto immagino che l’invito al voto di Rodotà da parte dei grillini abbia evocato a Bersani l’umiliazione delle risposte negative in streaming del M5S, per cui la scelta… è stata fatte concordando un nome con Berlusconi. Fantastico.
A chi ha cercato con tutte le forze di confermare il possibile inciucio fra PD e PdL, Bersani si è data ampia facoltà di confermare questa teoria, che oggi (guarda caso) viene riconfermata con un bel governo di ampie intese, o meglio un bell’ammasso elettorale auspicabilmente benedetto da un presidente concordato e quindi ricattabile, esattamente quello che avevamo prima.
Lo smarrimento delle fila dei militanti PD è chiaro: su Repubblica, la scorsa settimana, è comparsa la seguente frase: “Un altro deputato Pd, Giorgio Brandolin, tormenta gli occhiali da sole mentre ammette sconsolato "Non è un problema di D'Alema, di Amato o di Marini. Il fatto è che molti elettori non vogliono l'accordo con Berlusconi. Pensi che ieri mi ha chiamato mio fratello per chiedermi: ma davvero vi accordate con il Cavaliere?".
Oggi, a confermare questa sequela impressionante di scivoloni ed a confermare che Masaniello non sarebbe nulla, se non ci fossero politicanti di professione attaccati alla loro poltrona che si rendono sinistramente conto che un ricordo al voto premierebbe Grillo.
La soluzione? Ma ovviamente un bel governo “di larghe intese” che (attenzione, come dice Berlusconi, non uno qualunque) deve durare a lungo. Ovvio: una durata limitata (qualche mese) consegnerebbe il paese a chiunque fosse in grado di strutturare una alternativa ragionevole ai dinosauri, e questo gli stessi dinosauri non possono permetterselo.
Detto questo, però, ricordatevi che il diavolo fa le pentole ma (ovviamente) non i coperchi: in altri termini vedrete che questi dilettanti nonostante accordi sottobanco per tenere le chiappe al caldo riusciranno a litigare ed a far saltare il banco prima di deliberare una legge elettorale seria.
Sapete che vi dico? Crozza for president, se devo scegliere un nome: almeno la professionalità nel fare il buffone sarà garantita.
Axel
Se la settimana scorsa abbiamo goduto di una perla di marketing quale quella dell’accordo sul nome al Quirinale di Marini con Berlusconi (come se questa scelta di “unità nazionale” potesse in qualche modo garantire al centrosinistra la nascita di un governo di minoranza non suscettibile di una bordata del PdL non appena si dovessero toccare interessi del nanetto) oggi vediamo un Letta assurto al ruolo di presidente del consiglio designato.
Già il nome di Franco Marini, oggettivamente parte della nomenclatura partitica, appariva sgradito sia alla media degli elettori del centrosinistra che del 25% di chi ha votato per protesta od altra scelta Grillo, e certamente non particolarmente apprezzato da chi ha votato PdL.
In altri termini, un candidato che non piace a nessuno: una soluzione pilatesca che non esce dagli schemi partitici (che è quello che gli elettori contestano a Bersani), che non rompe con le logiche banditesche del PdL accettando l’imposizione di una scelta condivisa (a che titolo poi sarà da vedere), che ingenera forti dubbi su una segreteria che non ha bloccato fughe in avanti tipo quella di Franceschini, dichiaratamente favorevole all’inciucio con Berlusconi.
Dato per scontato che questa situazione devastante è stata creata ad arte dallo stesso Berlusconi, la geniale frase di Franceschini si commentava da sola: l’impressione che viene suggerita all’opinione pubblica dallo stato maggiore del PD oggi è quella di uno smarrimento che non depone a favore della schiena dritta e soprattutto delle idee chiare.
Non parliamo poi della diretta streaming dell’incontro con i cosiddetti “grillini”: anche uno sprovveduto poteva pensare che a fronte di una opacità devastante da parte del movimento alle loro riunioni la novità di una diffusione capillare dell’incontro con Bersani nascondesse un trappolone per il segretario PD. Come ben sapete invece la scelta è stata quella di andare all’incontro e di immolarsi quale tacchino (l’agnello evoca altre immagini, qui stiamo parlando di polli) alla “trasparenza” di Casaleggio, che non solo casualmente fa rima con dileggio.
Quello che appare certo è che al PD manca totalmente uno spin doctor utile alla gestione della situazione politica: se infatti ci basiamo sulla “furbizia” di un genio come D’Alema stiamo freschi, come confermato dall’incredibile serie di errori tattici fatti, e che somigliano tutti sinistramente alla famosa furbacchionata della cosiddetta “bicamerale”, una figura da cioccolatai dove l’avvedutezza politica di D’Alema rifulse in maniera esemplare.
A questo punto immagino che l’invito al voto di Rodotà da parte dei grillini abbia evocato a Bersani l’umiliazione delle risposte negative in streaming del M5S, per cui la scelta… è stata fatte concordando un nome con Berlusconi. Fantastico.
A chi ha cercato con tutte le forze di confermare il possibile inciucio fra PD e PdL, Bersani si è data ampia facoltà di confermare questa teoria, che oggi (guarda caso) viene riconfermata con un bel governo di ampie intese, o meglio un bell’ammasso elettorale auspicabilmente benedetto da un presidente concordato e quindi ricattabile, esattamente quello che avevamo prima.
Lo smarrimento delle fila dei militanti PD è chiaro: su Repubblica, la scorsa settimana, è comparsa la seguente frase: “Un altro deputato Pd, Giorgio Brandolin, tormenta gli occhiali da sole mentre ammette sconsolato "Non è un problema di D'Alema, di Amato o di Marini. Il fatto è che molti elettori non vogliono l'accordo con Berlusconi. Pensi che ieri mi ha chiamato mio fratello per chiedermi: ma davvero vi accordate con il Cavaliere?".
Oggi, a confermare questa sequela impressionante di scivoloni ed a confermare che Masaniello non sarebbe nulla, se non ci fossero politicanti di professione attaccati alla loro poltrona che si rendono sinistramente conto che un ricordo al voto premierebbe Grillo.
La soluzione? Ma ovviamente un bel governo “di larghe intese” che (attenzione, come dice Berlusconi, non uno qualunque) deve durare a lungo. Ovvio: una durata limitata (qualche mese) consegnerebbe il paese a chiunque fosse in grado di strutturare una alternativa ragionevole ai dinosauri, e questo gli stessi dinosauri non possono permetterselo.
Detto questo, però, ricordatevi che il diavolo fa le pentole ma (ovviamente) non i coperchi: in altri termini vedrete che questi dilettanti nonostante accordi sottobanco per tenere le chiappe al caldo riusciranno a litigare ed a far saltare il banco prima di deliberare una legge elettorale seria.
Sapete che vi dico? Crozza for president, se devo scegliere un nome: almeno la professionalità nel fare il buffone sarà garantita.
Axel
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