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Il momento è ora, votiamo Rodotà - L'appello di Barbara Spinelli, Michele Serra ed altri
È un segno altamente positivo che il Movimento 5 Stelle l'abbia scelto come proprio candidato, ma Stefano Rodotà non è una sua invenzione. Il suo profilo è improntato a massima indipendenza, e le sue radici sono anche nella storia migliore della sinistra italiana. Non abbiate paura, votatelo con convinzione e fin da subito: sarete molto più credibili e forti se non tergiverserete, presi da timori di varia natura, e non accetterete in nessun caso candidati che dovessero nascere da un accordo con Berlusconi.
Remo Bodei
Salvatore Settis
Tomaso Montanari
Michele Serra
Barbara Spinelli
L'accordo tra Pd, Pdl e Scelta Civica sul nome dell'ex
presidente del Senato, dovrebbe raggiungere la maggioranza dei due
terzi dei 1007 grandi elettori. Ma i renziani (una cinquantina) non lo
voteranno. E altri si agitano nel Pd. Basterebbero una quindicina di
franchi tiratori nel centrodestra per fargli fare la fine di Forlani
nel 1992
di
Accordo Pd-Pdl-Scelta Civica per Franco Marini presidente della
Repubblica. Sì, ma reggerà? I numeri dicono che per essere eletto tra il
primo e il terzo scrutinio, l'ex presidente del Senato ha bisogno di
672 voti. Sulla carta, teoricamente, i tre partiti che hanno deciso di
sostenerlo possono contare su circa 785/790 grandi elettori. Da questi,
però, bisogna togliere una cinquantina di renziani (il sindaco di
Firenze ha fatto sapere che i suoi non voteranno Marini) più un gruppo
di "Giovani turchi" del Pd (qualche decina) che in queste ore stanno
manifestando un forte disagio all'idea di dover mandare al Quirinale
l'ottantenne abruzzese. Con un centinaio di voti in meno, si scende a
quota 685/690. Basterebbero altri 15 "no" a Marini nel centrodestra, per
mandare tutto a carte quarantotto e far fare a Marini la fine che fece
il suo illustre predecessore Arnaldo Forlani.
Nel 1992, Forlani
era candidato del quadripartito e, teoricamente, avrebbe dovuto avere i
numeri per farcela. Ma al quinto e sesto scrutinio (quando già bastava
la maggioranza semplice) ci furono 39 e 29 franchi tiratori (diversi
nelle fila della stessa Dc). Allora Forlani gettò la spugna e ritirò la
sua candidatura. Al sedicesimo scrutinio, Oscar Luigi Scalfaro venne
eletto capo dello Stato con 672 voti.
Ma torniamo ai numeri
dell'attuale Parlamento: escludendo Sel (che non voterà Marini) alla
Camera, l'accordo Pd-Pdl-Scelta Civica, conta su 472 voti (292 Pd, 6
Centro Democratico, 5 Svp, 97 Pdl, 18 Lega Nord, 9 Fratelli d'Italia, 37
Scelta Civica, 8 Udc). Al Senato, i grandi elettori teoricamente
favorevoli all'accordo sono 247 (Pd 105, 7 Svp e altri, 98 Pdl, 17 Lega
Nord, 2 altri di centrodestra, 18 Scelta Civica). Il totale fa 719 ai
quali si devono aggiungere (sempre teoricamente) 56 dei 58
rappresentanti delle regioni. Solo due (eletti in formazioni di
sinistra) non dovrebbero essere disponibili. Non è chiaro quanti sono i
renziani in questo gruppo. Al nuovo totale di 775 vanno sommati 12/15
parlamentari eletti nelle circoscrizioni estere. Per un totale
definitivo che, appunto, si collocherebbe tra 785 e i 790 Grandi
elettori. Se, addirittura, si dovessero togliere i leghisti (che non
sembrano aver ancora deciso) e i montiani (che potrebbero ripensarci),
si scenderebbe a quota 700 e, forse, anche sotto.
Saranno
sufficienti per portare Marini al Quirinale. Sulla carta sì. Ma se si
cominciano a sottrarre i renziani (una cinquantina più, certamente,
alcuni rappresentanti delle regioni) e altri "malpancisti" degli altri
gruppi come i "giovani turchi" del Pd, qualche scontento del Pdl e,
magari, qualche leghista. La quota di sicurezza (672, cioé i 2/3 dei
1007 grandi elettori) si avvicina paurosamente. Se l'accordo arriva
fino a domani mattina, Marini dovrà essere eletto al primo o, al
massimo, al secondo scrutinio. Poi, sull'alpino abruzzese si allungherà
l'ombra del "coniglio mannaro", Arnaldo Forlani.MASSIMO RAZZI
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