Il primo ministro italiano dovrebbe affossare la sua impossibile trilogia.
Enrico Letta ha buone ragioni per sorridere dopo l'ultima tornata delle elezioni amministrative. Il PD ha vinto in tutti i sedici capoluoghi di provincia do si è votato. E il centro-sinistra ha ripreso il controllo di Roma, dove aveva subito una umiliante sconfitta nel 2008.
La modesta apparizione di Silvio Berlusconi, che appoggia il governo Letta, rende meno probabile che il tycoon possa staccare la spina alla coalizione. Il centro-destra è ancora in vantaggio nei sondaggi a livello nazionale. Ma i risultati della scorsa settimana gli hanno fatto capire che qualora dovesse forzare per un voto a breve scadenza, potrebbe incoorrere in brutte sorprese.
Proprio come è politicamente rilevante il crollo del M5S, che su 560 comuni, è riuscito a portare a casa solo la sindacatura in due comuni di secomdaria importanza. La creatura di Beppe Grillo - un comico trasformatosi in attivista politico - ha pagato un prezzo pesante al rifiuto di appoggiare qualsiasi tipo di governo. Il processo interno è iniziato. E' possibile che il maggior gruppo di opposizione possa sfasciarsi, e questo rafforzerebbe il governo Letta.
E' una buona notizia che l'onda di delirante populismo che si era abbattuta sull'Italia dopo le politiche sembra essere finito. Gli italiani chiedono soluzioni alla crisi economica. Fino a questo momento, sembra che gli italiani vogliano concedere a Letta il beneficio del dubbio.
Fin da quando Letta è stato tirato fuori dal Presidente Napolitano, Letta ha fatto poco o nulla per dare impulso all'economia. Come si presenta oggi, il suo programma sembra sempre di più una impossibile trilogia: taglio delle tasse, aumento della spesa per la scuola e la ricerca, e al tempo stesso rispettare i vincoli di bilancio stabiliti da Bruxelles. Ma il governare impone scelte difficili.
Difficile armonizzare le divergenti priorità dei partiti che sostengono il suo governo. Una lezione appresa dall'esperienza del governo Monti è che le riforme non sempre pagano in termini di popolarità. C'è poi il rischio che la coalizione non durerà se Berlusconi sarà condannato in uno dei processi in corso.
Ma nessuna delle attenuanti funziona, quando il bisogno di riforme è così pressante. Gli italiani gli hanno concesso un serto spazio di manovra. Letta dovrebbe provare a rimettere l'Italia in movimento.
(Editoriale del Financial Times)
(Traduzione di A.C.)
Enrico Letta ha buone ragioni per sorridere dopo l'ultima tornata delle elezioni amministrative. Il PD ha vinto in tutti i sedici capoluoghi di provincia do si è votato. E il centro-sinistra ha ripreso il controllo di Roma, dove aveva subito una umiliante sconfitta nel 2008.
La modesta apparizione di Silvio Berlusconi, che appoggia il governo Letta, rende meno probabile che il tycoon possa staccare la spina alla coalizione. Il centro-destra è ancora in vantaggio nei sondaggi a livello nazionale. Ma i risultati della scorsa settimana gli hanno fatto capire che qualora dovesse forzare per un voto a breve scadenza, potrebbe incoorrere in brutte sorprese.
Proprio come è politicamente rilevante il crollo del M5S, che su 560 comuni, è riuscito a portare a casa solo la sindacatura in due comuni di secomdaria importanza. La creatura di Beppe Grillo - un comico trasformatosi in attivista politico - ha pagato un prezzo pesante al rifiuto di appoggiare qualsiasi tipo di governo. Il processo interno è iniziato. E' possibile che il maggior gruppo di opposizione possa sfasciarsi, e questo rafforzerebbe il governo Letta.
E' una buona notizia che l'onda di delirante populismo che si era abbattuta sull'Italia dopo le politiche sembra essere finito. Gli italiani chiedono soluzioni alla crisi economica. Fino a questo momento, sembra che gli italiani vogliano concedere a Letta il beneficio del dubbio.
Fin da quando Letta è stato tirato fuori dal Presidente Napolitano, Letta ha fatto poco o nulla per dare impulso all'economia. Come si presenta oggi, il suo programma sembra sempre di più una impossibile trilogia: taglio delle tasse, aumento della spesa per la scuola e la ricerca, e al tempo stesso rispettare i vincoli di bilancio stabiliti da Bruxelles. Ma il governare impone scelte difficili.
Difficile armonizzare le divergenti priorità dei partiti che sostengono il suo governo. Una lezione appresa dall'esperienza del governo Monti è che le riforme non sempre pagano in termini di popolarità. C'è poi il rischio che la coalizione non durerà se Berlusconi sarà condannato in uno dei processi in corso.
Ma nessuna delle attenuanti funziona, quando il bisogno di riforme è così pressante. Gli italiani gli hanno concesso un serto spazio di manovra. Letta dovrebbe provare a rimettere l'Italia in movimento.
(Editoriale del Financial Times)
(Traduzione di A.C.)
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