
Le elezioni hanno questo di bello. Basta contare le schede e il peso delle chiacchiere d’incanto svanisce nel nulla. Ancora ieri aleggiava la funesta dottrina del Corriere della Sera. Che recitava così: «Il Pdl ormai è sopra il Pd in ogni rilevazione. Il Pd ogni settimana perde uno 0,7 per cento».
E quindi che aspettate poveri dannati, prima che il malato terminale crepi e il cavaliere concluda la sua marcia trionfale, a salire sul carro dell’ultimo vostro salvatore possibile?
Ma, appunto, le schede posseggono la straordinaria capacità di parlare. È sufficiente conteggiarle con pazienza una dopo l’altra per vedere la verità affiorare mentre le favole impallidiscono. Al Corriere, che prende come una solida realtà i sondaggi, e rifila i processi empirici nel regno della pura illusione, i voti raccolti non diranno molto. Purtroppo però i consensi effettivi sono testardi e da essi bisogna pur sempre muovere. E i voti, nella loro fattuale evidenza, dicono che queste elezioni amministrative sono un evento, senza precedenti nel loro genere. Da prendere certo con le molle, vista la montagna delle astensioni. E però, la sinistra che conquista 16 città capoluogo su 16, è una solida notizia. Un fatto inoppugnabile, non una semplice interpretazione.
Il chiacchiericcio di queste settimane, fastidioso come un ronzio e falso come la menzogna, diceva che Berlusconi dettava solo lui l’agenda ad un governo sempre genuflesso. Il pallino del gioco era nelle sue mani. I tempi e le scelte pendevano dalle sue labbra. Non gli restava che passare all’incasso per il personale timbro messo sul rinvio dell’Imu. E il Pd, nella vulgata, era solo una combriccola di aspiranti suicidi, sporcati dalla frequentazione di Schifani e Brunetta.
Ora che Imperia rivela la forza del Cavaliere (la sinistra raccoglie oltre il 76 per cento) e Treviso misura la consistenza della Lega con il suo ormai spento sceriffo, queste miserie spacciate per ricognizione di tendenze oggettive saranno costrette a rifluire.
La destra è ovunque a pezzi, malgrado i pigri santoni del Corriere che, aggrappandosi alla divinazione fasulla dei sondaggi, predicono per lei un fulgido presente e preannunciano un radioso avvenire. Al nord è ovunque un disastro. Brescia si colora di rosso. Come tutte le città del centro, l’aggredita Siena compresa. In Sicilia il primo turno canta la stessa melodia. E solo velleitario (con il 36 per cento) si rivela il proposito coltivato da Alemanno a Roma di abbozzare una via di fuga alternativa, cioè di ridare fiato ad una destra ex missina relegata ai margini e umiliata nella mappa del potere del Pdl.
Anche quando la realtà sembrava evaporare in favola, con i grandi media omologati accaniti nel supplicare il Pd di donarsi inerme ad un qualche novello incantatore, in grado di affrontare il cavaliere sul suo stesso terreno della commedia, i fatti, accantonati come un ricordo spiacevole, riacquistano la loro solidità e si vendicano dei rapidi costruttori di presuntuosi castelli di carta.
Il voto una cosa soprattutto suggerisce. E cioè che la destra è costretta a progettare l’oltre Berlusconi, se vuole sopravvivere. Non è vero che solo la destra ha il detonatore del governo a disposizione e può accendere la miccia per trasferirsi agevolmente al potere quando crede più opportuno farlo. La destra è travolta dal voto espresso nelle città, sepolta dalle astensioni. E resa impotente, proprio dal governo delle larghe intese, nel recuperare la sua carta di sempre. Quella della chiamata alle armi del suo popolo mobilitato per resistere alla sinistra appestata che usurpa, tassa e imbroglia.
Questo ritornello non funziona più, il suonare la carica non scomoda un elettorato pigro che nessuno riesce più a smuovere dal torpore per indurlo ad avvicinarsi ai seggi. E per questo il potere di ricatto che la destra avrebbe in dote è un semplice miraggio. La destra, per come esce malconcia dalle urne, ha bisogno di tempo, più ancora della sinistra. Sul Cavaliere come eterna arma letale, non può più realisticamente fare affidamento.
Il voto amministrativo per la destra non è un segnale di qualcosa che deve ancora accadere. È questo qualcosa che già è accaduto. Ciò che le è capitato è trasparente: la destra non ha leader, non ha una offerta politica, non ha alleanze credibili. Se il sistema politico assediato dalle astensioni mostra che tutti gli attori stanno male, la destra sta conciata ancora peggio degli altri. Solo dei nuovi errori della sinistra, che si illude di contrastare la destra e Grillo inseguendoli sul terreno dell’antipolitica (presidenzialismo, tagli del finanziamento ai partiti), potrebbe rianimarla.
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