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Scritto il 18 agosto 2013 alle 08:01 | Permalink | Commenti (6)
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"Lussuria - Seduzione e tradimento - Recensione di Angela Laugier
Titolo originale: Se Jie
Regia: Ang Lee
Principali interpreti: Tony Leung, Wei Tang, Joan Chen, Lee-Hom Wang, Chung Hua Tou. 156 min.- Cina – USA 2007
Nel corso dell’estate, quando le sale cinematografiche sono per lo più chiuse, offrirò ai miei lettori la recensione di alcuni vecchi film.
1942: durante la seconda guerra mondiale, alcune città della Cina orientale vennero occupate dall’esercito giapponese, determinando una presenza molto massiccia dei nipponici che già nel corso degli anni ’30 avevano cominciato la conquista di importanti centri e città cinesi. Alcuni uomini d’affari, diplomatici e governatori delle grandi città avevano assunto ruoli pubblici prestigiosi collaborando con gli invasori, mentre nelle università dilagava il malcontento degli studenti che si davano da fare, organizzando nuclei di resistenza “rivoluzionaria” contro i nuovi arrivati. Si trattava, per lo più, di piccole aggregazioni slegate da un vero progetto politico rivoluzionario: giovani che speravano di poter contare su un vasto appoggio popolare per cambiare lo stato delle cose e che si finanziavano a questo scopo allestendo recite e spettacoli teatrali. Il ferocissimo capo della polizia locale di Hong Kong, Mister Yee, era nel mirino di un piccolo gruppo di studenti-attori, alcuni dei quali erano sfollati lì per continuare gli studi, come Wang Jiazhi, giovanissima, in attesa di partire per Londra a seguito del padre. A Hong Kong Wang aveva conosciuto uno studente che le piaceva e che l’aveva convinta all’impegno patriottico e rivoluzionario: dapprima sarebbe stata l’attrice più importante in uno spettacolo teatrale di propaganda anti-giapponese; in seguito, valutando la sua grazia spontanea e un po’ misteriosa, le sarebbe stato affidato il delicatissimo incarico di sedurre Mister Yee, per attirarlo in qualche trappola mortale. L’impresa non era tra le più facili, sia perché Mister Yee era molto sospettoso, oltre a essere ben protetto e ben difeso, sia perché Wang era poco più di una bambina, del tutto ignara di uomini e di seduzione. Sarebbe stato uno del gruppo, colui che per la sua frequentazione di prostitute era considerato il più esperto in questo campo, l’incaricato, per volontà collettiva, ad avviare al sesso la giovane, in una delle scene più strazianti e violente dell’intero film. Sotto le mentite spoglie di Mak Tai Tai, dunque, spacciandosi per moglie di un uomo d’affari, la timida Wang Jiazhi riuscì a farsi accogliere nella casa di lui, e a diventare amica, nelle chiacchiere e nelle partite di Majhong, di sua moglie. Il piano, per quanto preparato con cura, fallì, proprio quando il tentativo di seduzione sembrava ben avviato, ma il progetto verrà ripreso in seguito, quando, dopo quattro anni, la giovane, abbandonato il gruppo (che fortunosamente, dopo il fallito attentato, era riuscito a far perdere le proprie tracce), sarà a Shanghai, terra di origine della sua famiglia, dove anche Mister Yee si era trasferito. Egli aveva fatto una bella carriera, diventando il capo dei servizi segreti della Cina collaborazionista. Lo scenario degli eventi raccontati dal film, a questo punto, però, era completamente cambiato: solo alcuni “rivoluzionari” superstiti erano approdati a Shanghai, dove si erano aggregati a un gruppo politico organizzato in modo quasi militare, che chiedeva strettissima osservanza degli ordini e adottava misure molto severe di controllo e di sicurezza, nascondendo spesso i fini e gli intenti dell’organizzazione. In questo nuovo contesto Wang porterà a compimento la seduzione di Mr. Yee, incantato dalla grazia e dalla bellezza acerba di lei. La fanciulla, tuttavia non riuscirà ad arginare la passione profonda, sconvolgente, quasi fatale e, perciò, necessaria che cambierà la sua vita, in cui il gioco dei sensi, impetuoso ed esclusivo avrà la meglio sui suoi ideali politici e sugli impegni che si era assunta.
Nella lunghissima prima parte del film il regista aveva indugiato a lungo nel racconto dell’antefatto storico e politico della vicenda, ma, ora, si sofferma quasi esclusivamente sulla storia della grande passione sensuale, che porta il segno della fatalità ineluttabile, fra Wang e Mr. Yee. Quello che paventava Wang era, infatti, accaduto, infine: il gioco pericoloso dell’amore dei sensi, condotto da Yee con violenza impetuosa e quasi rabbiosa nell’ansia del possesso pieno, ma anche con profonda dolcezza, aveva coinvolto profondamente anche lei. All’adolescente di un tempo, stava subentrando una donna bellissima, pienamente consapevole del proprio corpo e delle sue esigenze, che trovavano nel partner un completo appagamento, cosicché alla trappola organizzata per ucciderlo, a poco a poco Wang aveva sostituito il piacere dell’incontrarlo, dell’esplorarlo, del cercarlo, a sua volta con ansia violenta e febbrile. Queste scene del film sono bellissime, mai volgari, nonostante il soggetto scabroso, estremamente accurate nella realizzazione, nella ricostruzione degli ambienti, ispirate a una sensualità estenuata, non solo orientale. Per tutto il film, infatti, il regista cerca di mantenere in profondo equilibrio la sua narrazione, offrendo al pubblico occidentale il racconto di una storia in cui molti potessero riconoscersi, a Est come a Ovest, e in cui, perciò, l’elemento esotico, pur presente, non fosse totalmente estraneo al mondo occidentale. Ciò che si muove davanti ai nostri occhi è una storia tragica, quasi una tragedia greca, attentamente calibrata, connotata da una fotografia magnifica, accompagnata da una bellissima e suggestiva musica, e interpretata con grande professionalità da un cast di attori straordinari in cui, sopra gli altri eccellono Tony Leung, il fascinoso, “cattivo” Mr. Yee e Joan Chen, la bellissima e tragica Wang, dilaniata dai sensi di colpa e dalla volontà di punirsi. Il film ottenne il Leone d’oro al Festival di Venezia del 2007, occasione in cui fu premiato anche Rodrigo Prieto, il grande fotografo di questa pellicola.
Angela Laugier
Scritto il 18 agosto 2013 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (1)
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Vedo che l'Imperatore Bannato è stato capace (finalmente!) di trovare gli scheletri nell'armadio di Stefano Rodotà. Era ora che qualcuno lo mettesse a posto, questo tizio che predica bene e razzola male!
Dunque, Stefano Rodotà il Moralista ha "raccomandato" la figlia Maria Laura, e le ha così consentito di "intraprendere" la carriera di giornalista.
Dove nasce la notizia? Fonti ineccepibili e disinteressate: nasce da Grillo. Lo stesso Grillo che aveva appoggiato la candidatura di Rodotà a Presidente della Repubblica, salvo cambiare idea in corso d'opera. Grillo non dice molto, lancia solo il sassolino nello stagno.
Ma la notiziona viene prontamente ripresa da un giornalista aspirante al Premio Pulitzer: tale Paolo Bracalini, giornalista di punta di quel Geniale che ha brevettato il "metodo Boffo". Insomma, Bracalini fa lo sgub. Con una non-notizia che risale a Maria Laura Rodotà ventenne. E pochè Maria Laura (che mi onora della sua "amicizia" su facebook) è nata nel '61, lo sgub riguarderebbe un episodio del 1981. Sono passati, a occhio, 32 anni. Quanto basta per far cadere in prescrizione quasi tutti i "reati", con la sola eccezione - forse - di strage con l'aggravante delle motivazioni razziali.
Ma a Paolo Bracallini non la si fa, e denuncia: "il moralizzatore Stefano Rodotà RACCOMANDA la figlia a a Claudio Sabelli Fioretti (allora a Panorama), e così Maria Laura iniziò una brillante carriera giornalistica".
Come è d'uso nel "Metodo Boffo", Bracalini non scende in dettagli. I dettagli sono pericolosi. Spesso il "Metodo Boffo" si è infranto sui dettagli. Dunque, Bracalini non spiega alcune cose, quindi gliele mettiamo in fila. A beneficio suo, e di qualche imbecille anonimo che ha scoperto con ben 31 anni di ritardo questo misfatto:
-1) Quando "Stefano Rodotà "Raccomanda" (leggi "Impone") la figlia a Panorama, e in particolare a Claudio Sabelli Fioretti, per "farle iniziare la carriera giornalistica", in effetti segnala la figlia a Sabelli Fioretti per uno stage (di quelli dove si imparano i rudimenti del mestiere, "aggratis"), e poi il tempo, galantuomo, dirà se la ragazza ha la stoffa per andare avanti, e come.
-2) Quando cioè avviene, Il Prode Bracalini non dice. Lo diciamo noi: nei primissimi anni ottanta, quando Stefano Rodotà non era garante di alcunchè, nessuno lo conosceva, ed era semplicemente un deputato alla prima legislatura, eletto come indipendente nel PCI.
-3) A quel tempo Panorama non era né in area De Benedetti, né in area Berlusconi, ma semplicemente in area Mondadori-Formentoni: cognomi della borghesia lombarda, che non usa cavalcare in Piazza San Pietro a fianco dei cosacchi. Famiglie nelle quali un giovane e sconosciuto peone, per giunta comunista, non dovrebbe avere grande influenza. E la posizione di "stagista aggratis" non pensiamo rientrasse nell'agenda delle cose importanti delle si occupavano le famiglie Mondadori-Formenton.
-4) La ragazza doveva essere abbastanza sveglia, a giudicare dai successivi sviluppi della sua carriera.
-5) Il Prode Bracalini ci informa poi che Maria Laura "...si trasferisce per conto del settimanale [Panorama] a Washington, dove svolge il ruolo di corrispondente anche per l'Unità e Italia Radio. Tornata in Italia, entra nella redazione dell'Espresso allora diretto da Claudio Rinaldi, andando poi a scrivere per la Stampa con Gianni Riotta e Marcello Sorgi. Successivamente dirige il settimanale di attualità Amica. Attualmente è editorialista del Corriere della Sera..."
-6) E' troppo arduo, per Bracalini e per i suoi epigoni, capire che se da New York manda corrispondenze per Panorama, ma anche per l'Unità, e per Italia Radio, sta semplicemente facendo il rischioso (economicamente parlando) lavoro di free-lance? Sta li a spese sue, scrive dei pezzi, li manda, se agli editori piacciono sono pubblicati, se non piacciono non sono pubblicati. E' difficile, da capire?
-7) Ma Maria Laura è talmente una "scadente di successo" (insomma, una raccomandata dell'81), che scrive praticamente per direttori, testate, editori di grande nome e diverso colore, e spesso di colore non rosso:
"...tornata in Italia, entra nella redazione dell'Espresso allora diretto da Claudio Rinaldi, andando poi a scrivere per la Stampa con Gianni Riotta e Marcello Sorgi. Successivamente dirige il settimanale di attualità Amica. Attualmente è editorialista del Corriere della Sera...". Riepiloghiamo? Mondadori-Formenton, De Benedetti, Fiat, Rizzoli-Corsera...
Tutto frutto di quell'incarico "aggratis" come stagista, frutto delle (pre)potenti pressioni di uno sconosciuto peone del PCI? Avanziamo un'ipotesi alternativa, anche se assurda: e se fosse anche brava?
-8) Questa squallida storia di "nepotismo" è di tale gravità che la stessa Maria Laura Rodotà la tira furoi in un'intervista che di recente le ha rilasciato lo stesso Claudio Sabelli Fioretti. E lo stesso Bracalini è così "intelligente" che mette un brano di questa intervista fra le prove a carico:
"...Non sono voci o illazioni. Ma quello che emerge in un'intervista che Maria Laura Rodotà rilasciò al collega Sabelli Fioretti. «È un orrendo incrocio di collaborazioni, di amicizie, di assunzioni», disse lui scherzando. «Non per mettere in difficoltà quel sant'uomo del garante, mio padre, ma è un dato di fatto che mio padre mi raccomandò per fare la stagista da te, e tu hai accettato la sua raccomandazione», rispose lei, aggiungendo: «Però tu mi hai fatto fare una vita di inferno, mi hai sfruttata per sei mesi».
Dunque, l'episodio di nepotismo di cui si è macchiato Stefano Rodotà sembra essere consistito nella richiesta di uno stage aggratis di sei mesi, 31 anni fa...
Tafanus
P.S.1 - Forse la prossima volta il mitico "Imperatore" e i suoi estimatori, prima di attaccarsi a minchiate del Geniale vecchie di 4 mesi, e riferite a "fatti" di 31 anni fa, farebbero bene a documentarsi, e a pararsi il culo.
P.S.2 - Chi sia questo novello Scopritore di Calzini Turchesi, Paolo Bracalini, è diffiicile sapere (Wikipedia non lo degna di una riga). Però si può "intuire" il personaggio dal sommario dei suoi articoli, che trovate [QUI]:
Ognuno fi faccia un'opinione.
APPENDICE - "...Nemico decennale della famiglia Rodotà è invece Antonio Ricci. capo di "Striscia la notizia". Con Rodotà figlia Ricci si è azzuffato per la storia del velinismo e «il corpo delle donne» offeso da Striscia (...la Rodotà ha lavorato in settimanali con glutei e seni in copertina, le ha rinfacciato Ricci)..."
Bene ha fatto Antonio Ricci a cantargliela, a quei giornali (ci saranno dentro anche "Panorama" e "CHI" del suo padrone?) che abusano spesso di copertine in stile porno-soft?...
Antonio Ricci, il Censore. L'inventore di una trasmissione il cui successo (in discesa), più che alle "notizie" (che passano solo si striscio) è legato alla trilogia "Tette-Cosce-Culi"...
Scritto il 17 agosto 2013 alle 15:05 | Permalink | Commenti (12)
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Scritto il 17 agosto 2013 alle 00:59 | Permalink | Commenti (1)
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Silvio? Un dis-graziato
Poichè sono - come è noto, molto vanitoso, e sono anche un grande ammiratore di Stefano Rodotà, non posso che trarre grande soddisfazione dal fatto che le considerazioni di Stefano Rodotà siano sovrapponibili al 90% con quelle fatte da noi nel post di due giorni fa.
Silvio si è infilato - anche trascinato dai suoi aeroplanini, in un cul-de-sac, dal quale sarà molto difficile uscire. E più i suoi scherani spingono con metodi fa banditori di piazza, più la oersonale "lucina in fondo al tunnel" del delinquente si fa più puccola, più tenue, più lontana.
Meglio farebbe, Silvio, ad attrezzare Villa Certosa con un congruo numero di facilities (lettoni di Putin, pompette, scorte di Viagra, palo per la lap-dance, un nuovo Tarantini, la stanza degli ospiti per Matteo Renzi, e quanto serve per rendere accettabile questa gravissima e lunghissima pena accessoria).
In attesa, si spera, che altre e più infamanti ne vengano fuori dal Ruby-Rubacuori Gate. Tafanus
Le considerazioni di Stefano Rodotà
"Spiragli per la grazia nella nota di Napolitano? Non ne vedo, non ci sono le condizioni, tra tre anni non so cosa potrebbe accadere, ci potrebbe anche essere una situazione di emergenza umanitaria, ma oggi come oggi no" [...]
"Napolitano ha escluso che la grazia arrivi motu proprio e poi per la grazia sono fissate condizioni specifiche che fanno perno sul carattere umanitario della decisione. Fino a quando non saranno presenti le condizioni indicate dalla legge, dalla giurisprudenza, dalle consuetudini costituzionali e dai precedenti, sono quattro i riferimenti che fa Napolitano, la grazia non può essere concessa. Questo dovrebbe chiudere il discorso e la partita"
"['L'agibilità politica] e una invenzione di questa fase; non ha nulla a che vedere con la grazia, e cerca di forzare le istituzioni, anzi cerca di forzare la mano del Presidente della Repubblica per risolvere un problema politico nato da una legittima decisione della magistratura"
Cosa pensa del passaggio della nota in cui Napolitano parla di "legittime manifestazioni di dissenso" rispetto alla sentenza della Cassazione?"
"Forse non era un passaggio necessario - risponde il giurista - era nello spirito che il Presidente sta adoperando, dal suo punto di vista, cioè quello di mantenere una rete di protezione per il governo, è comprensibile. Diciamo che è un di più che non mi entusiasma. È un punto che se è ricondotto al fatto che è legittimo un disagio e un dissenso ma che non legittima ritorsioni, si tratta di valutazioni politiche e su questo io non sono d'accordo".
Scritto il 16 agosto 2013 alle 13:52 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (20)
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Scritto il 16 agosto 2013 alle 01:50 | Permalink | Commenti (7)
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Marion Bartoli ha vinto in carriera sette tornei WTA: nell’ambiente è molto conosciuta per i suoi tic nervosi e per i movimenti frenetici delle gambe durante i momenti di pausa tra un punto e l’altro. È mancina ma il padre – che è stato anche il suo allenatore da quando aveva sei anni, fino al febbraio scorso – le ha insegnato a colpire di destro e spesso gioca anche i punti di diritto con entrambe le mani sulla racchetta.
Scritto il 15 agosto 2013 alle 15:09 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 15 agosto 2013 alle 01:38 | Permalink | Commenti (4)
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Confesso che finora ho letto solo riduzioni giornalistiche - spesso semanticamente stiracchiate - della risposta di Napolitano alle indebite pressioni di "garantire agibilità politica" al delinquente. E confesso che - pur essendo decentemente scolarizzato - non ho fin qui capito cosa debba intendersi, esattamente, per "agibilità politica".
Inizia domani un lungo e pigro ponte di ferragosto, e - concordando con quanto suggerito fra le righe da Gatto Nero - proporrei di discuterne fra di noi, non già sulla base di libere strumentalizzazioni giornalistiche (da sinistra e da destra), ma attenendoci rigorosamente alla "real think", e cioè al comunicato ufficiale.
Confesso che ho trovato personalmente ultronei i primi due paragrafi: un "aiutino" - non so se utilie o inutile, ma certamente fuori tema - alla permanenza in vita del governo Letta. Non importa sapere se io condivida o meno la (supposta) esigenza di prolungare la vita di questo governo. Ho espresso il mio parere in decine di altri luoghi (post, commenti, risposte a commenti altrui). E se accettassi di portare la discussione su quei paragrafi, avallerei la discussione che lega il tema giuridico a quello politico. Ed è esattamente ciò che non voglio fare.
Da tutta l'azione del PdL, nei giorni precedenti questa incomprensibile richiesta di "agibilità politica", risulta chiara e sempre più oscena la tentazione di far passare il principio che "chi ha avuto i voti" sia "legibus solutus". Credo che Napolitano bene avrebbe fatto a legare ESPLICITAMENTE qualsiasi incontro e contatto più o meno formale all'accettazione formale, chiara, esplicita, senza se e senza ma, del fatto che non vi possa essere alcuna relazione fra consenso elettorale e "trattamento speciale" del delinqiente.
Non ci sono né consensi elettorali, né ragioni di stabilità del governo, che possano inficiare il sacro principio della "Legge Uguale per Tutti". Non ci può essere NESSUNO più uguale degli altri, per NESSUNA ragione di opportunità politica o economica. Se si dovesse violare, anche surrettiziamente, questo principio, passeremmo dallo Stato di Diritto, a quello di Repubblica delle Banane.
Concordo invece con Napolitano sulle puntigliose precisazioni circa la irricevibilità di minacce di scioglimento delle Camere. Concordo col fatto che abbia ricordato che la galera sarebbe una scelta, non un obbligo, vista l'esistenza della possibilità di scelta di pene alternative. Tradotto: se vuoi fare il "Silvio Pelvico" per strumentalizzare le sbarre (e magari il bugliolo e l'ora d'aria) e diventare un eroe, fai pure. Ma è una tua scelta.
Sulla grazia: molti hanno criticato le precisazioni di Napolitano sul meccanismo della grazia stessa; pochi hanno notato che - giustamente - Napolitano ha sottolineato che la grazia può essere concessa o negata (lapalissiano, e in questa frase non leggo alcun impegno a concederla, ma solo a valuitare la richiesta).
Infine, Napolitano ricorda che esiste in teoria la possibilità che la grazia possa essere concessa anche in assenza di domanda da parte dell'interessato o di terze parti, ma due righe dopo si preoccupa di ricordare quale sia la prassi, che nelle mparole del Presidente diventa chiaramente la guida futura di ogni sua azione o non-azione in proposito. Pregherei di leggere con molta attentione quanto ho evidenziato in rosso.
Chiudo con una postilla: mi sembra del tutto evidente che Napolitano NON FARA' UN PASSO in direzione della concessione della grazia motu proprio, in assenza di una richiesta dell'interessato, priva di qualsiasi orpello decorativo e propagandistico che tenti di veicolare il messaggio della sentenza sbagliata, o ingiusta, o persecutoria. La richiesta della grazia, da parte dell'interessato, dovrà essere inequivocabilmente accompagnata da comportamenti che indichino una chiara - anche se non esplicita - accettazione della sentenza di condanna (e quindi del riconoscimento dei reati ascrittigli), e non potrà essere presa in considerazione in presenza di ricorsi contro la sentenza, di ricatti sulla stabilità del quadro politico, e persino di prosecuzione - da parte dei suoi pennivendoli - della applicazione del "Metodo Boffo".
Questa è la realtà, e Berlusconi ne prenda atto. Non sarà insozzando le spiagge di Ferragosto con qualche migliaio di volantini che piovono dal cielo che cambierà l'opinione degli italiani. Questo medium ormai funziona solo per annunciare ai bagnanti che è arrivato il Circo Orfei a Gabicce, ma è abbastanza ridicolo, antidiluviano, controproducente per attrarre consensi in direzione della nuovissima, vecchissima "efforzaitalia". Tafanus
.
Il testo integrale e non emedato del comunicato di Napolitano
"La preoccupazione fondamentale, comune alla stragrande
maggioranza degli italiani, è lo sviluppo di un'azione di governo che,
con l'attivo e qualificato sostegno del Parlamento, guidi il paese sulla
via di un deciso rilancio dell'economia e dell'occupazione. In questo
senso hanno operato le Camere fino ai giorni scorsi, definendo
importanti provvedimenti; ed essenziale è procedere con decisione lungo
la strada intrapresa, anche sul terreno delle riforme istituzionali e
della rapida (nei suoi aspetti più urgenti) revisione della legge elettorale. Solo
così si può accrescere la fiducia nell'Italia e nella sua capacità di
progresso. Fatale sarebbe invece una crisi del governo faticosamente
formatosi da poco più di 100 giorni; il ricadere del paese
nell'instabilità e nell'incertezza ci impedirebbe di cogliere e
consolidare le possibilità di ripresa economica finalmente delineatesi,
peraltro in un contesto nazionale ed europeo tuttora critico e
complesso.
Ho perciò apprezzato vivamente la riaffermazione - da
parte di tutte le forze di maggioranza - del sostegno al governo Letta e
al suo programma, al di là di polemiche politiche a volte sterili e
dannose, e di divergenze specifiche peraltro superabili.
Non mi nascondo, naturalmente, i rischi che possono nascere dalle tensioni politiche insorte
a seguito della sentenza definitiva di condanna pronunciata dalla Corte
di Cassazione nei confronti di Silvio Berlusconi. Mi riferisco, in
particolare, alla tendenza ad agitare, in contrapposizione a quella
sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere.
Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto. Ciò
vale dunque nel caso oggi al centro dell'attenzione pubblica come in
ogni altro. In questo momento è legittimo che si manifestino riserve e
dissensi rispetto alle conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione
nella scia delle valutazioni già prevalse nei due precedenti gradi di
giudizio; ed è comprensibile che emergano - soprattutto nell'area del
Pdl - turbamento e preoccupazione per la condanna a una pena detentiva
di personalità che ha guidato il governo ( fatto peraltro già accaduto
in un non lontano passato ) e che è per di più rimasto leader
incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza.
Ma
nell'esercizio della libertà di opinione e del diritto di critica, non
deve mai violarsi il limite del riconoscimento del principio della
divisione dei poteri e della funzione essenziale di controllo della
legalità che spetta alla magistratura nella sua indipendenza. Né è
accettabile che vengano ventilate forme di ritorsione ai danni del
funzionamento delle istituzioni democratiche.
Intervengo oggi -
benché ancora manchino alcuni adempimenti conseguenti alla decisione
della Cassazione - in quanto sono stato, da parecchi giorni, chiamato in
causa, come presidente della Repubblica, e in modo spesso pressante e
animoso, per risposte o "soluzioni" che dovrei e potrei dare a garanzia
di un normale svolgimento, nel prossimo futuro, della dialettica
democratica e della competizione politica.
A proposito della sentenza passata in giudicato,
va innanzitutto ribadito che la normativa vigente esclude che Silvio
Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e
sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto
delle esigenze del caso concreto.
In quanto ad attese alimentate
nei miei confronti, va chiarito che nessuna domanda mi è stata
indirizzata cui dovessi dare risposta.
L'articolo 681 del codice
di procedura penale, volto a regolare i provvedimenti di clemenza che ai
sensi della Costituzione il presidente della Repubblica può concedere,
indica le modalità di presentazione della relativa domanda.
La grazia o la commutazione della pena può essere concessa dal presidente della Repubblica anche in assenza di domanda.
Ma
nell'esercizio di quel potere, di cui la Corte Costituzionale con
sentenza del 2006 gli ha confermato l'esclusiva titolarità, il capo
dello Stato non può prescindere da specifiche norme di legge, né dalla
giurisprudenza e dalle consuetudini costituzionali nonché dalla prassi
seguita in precedenza. E negli ultimi anni, nel considerare, accogliere o
lasciar cadere sollecitazioni per provvedimenti di grazia, si è sempre
ritenuta essenziale la presentazione di una domanda quale prevista dal
già citato articolo del c.P.P..
Ad ogni domanda in tal senso,
tocca al presidente della Repubblica far corrispondere un esame
obbiettivo e rigoroso - sulla base dell'istruttoria condotta dal
ministro della Giustizia - per verificare se emergano valutazioni e
sussistano condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità
della sentenza passata in giudicato, possono motivare un eventuale atto
di clemenza individuale che incida sull'esecuzione della pena
principale.
Essenziale è che si possa procedere in un clima di comune consapevolezza degli imperativi della giustizia e delle esigenze complessive del paese.
E mentre toccherà a Silvio Berlusconi e al suo partito decidere circa l'ulteriore svolgimento
- nei modi che risulteranno legittimamente possibili - della funzione
di guida finora a lui attribuita, preminente per tutti dovrà essere la
considerazione della prospettiva di cui l'Italia ha bisogno. Una
prospettiva di serenità e di coesione, per poter affrontare problemi di
fondo dello stato e della società, compresi quelli di riforma della giustizia da tempo all'ordine del giorno. Tutte le forze politiche dovrebbero concorrere allo sviluppo di una competizione per l'alternanza nella
guida del paese che superi le distorsioni da tempo riconosciute di uno
scontro distruttivo, e faciliti quell'ascolto reciproco e quelle
possibilità di convergenza che l'interesse generale del paese richiede.
Ogni
gesto di rispetto dei doveri da osservare in uno Stato di diritto, ogni
realistica presa d'atto di esigenze più che mature di distensione e di
rinnovamento nei rapporti politici, sarà importante per superare
l'attuale difficile momento".
Giorgio Napolitano
Scritto il 14 agosto 2013 alle 23:37 nella Berlusconi, Leggi e diritto, Media , Politica | Permalink | Commenti (29)
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Scritto il 14 agosto 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (3)
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Il sindaco Matteo Renzi l'ha (di nuovo) buttata là mentre si scambiava i saluti con assessori e parlamentari. E non è la prima volta che fa vedere questo scenario (Fonte: Corriere Fiorentino)
.«Ma che ne pensate se restassi a fare il sindaco?». Matteo Renzi, prima della riunione di giunta dell'11 agosto, mentre si scambiava i saluti con gli assessori e i parlamentari venuti per la celebrazione della Liberazione di Firenze, l'ha (di nuovo) buttata là. Una battuta sentita da tanti. Anche da Eugenio Giani, il presidente del Consiglio comunale e «vox populi» già in corsa per il dopo Renzi a Palazzo Vecchio, e dalla vicesindaca Stefania Saccardi, altra possibile candidata alla guida del Comune quando (e se) l'attuale primo cittadino lascerà.
Un appuntamento che tutti davano ormai per scontato: Renzi lascia Firenze per correre segretario del Pd (o premier) a seconda dei tempi di durata del governo Letta. Non contento, Renzi ha proseguito: «Manca Nardella, gli manderò un sms». Cioè Dario Nardella, ex vicesindaco e ora deputato Pd, anche lui indicato come interessato alla corsa per le prossime amministrative, dove il Pd dovrà utilizzare le primarie per scegliere il futuro candidato. Tre indizi non fanno una prova, ma ora nasce il dubbio che Renzi si sia limitato solo a fare una battuta, dopo la giunta di domenica scorsa. Lo scorso 6 giugno, per la prima volta, Renzi al Corriere della Sera disse chiaro e tondo che «Sindaco e segretario non sono ruoli incompatibili».
Poi, ad agosto, a Repubblica l'ha di nuovo buttata là come una battuta: «Do per molto probabile la mia ricandidatura. Se dovessi scommettere 10 euro li scommetterei. Anche 50. Anche perché è evidente che per completare il percorso servono due giri». Ed alla domanda se il prossimo sindaco non potesse essere una donna, ribatteva: «Il sindaco vorrei rifarlo io. E non intendo andare a Casablanca». Un modo per tenere sotto pressione il suo partito che ancora non ha scelto la data definitiva del congresso, con tanto di cortocircuito dell'ultima direzione sull'ipotesi del 24 novembre? O Renzi ha capito che, se anche diventasse segretario, restare sindaco continua a dargli una concretezza che aumenta la sua visibilità nazionale? Difficile a dirsi. Tra i renziani, il deputato Pd Ernesto Carbone taglia corto: «In questo momento l'attenzione di Renzi è tutta concentrata sulle regole congressuali. Vi assicuro che è la sua priorità. Tutto il resto sono chiacchiere estive. Per di più nate su una battuta, sulla quale si è montato un caso».
Ma c'è chi non la pensa così. «No, assolutamente no. Matteo Renzi, per quanto sia un uomo pieno di energia e molto sicuro di sè, non può fare bene contemporaneamente il sindaco di Firenze e il segretario del Partito Democratico» commenta l'ex direttrice della Galleria dell'Accademia di Firenze Franca Falletti. Ma pure la marchesa Bona Frescobaldi, non lontana dalle posizione del sindaco, ha un dubbio: «Renzi fa bene a candidarsi per un secondo mandato alla guida di Palazzo Vecchio. Ma in accoppiata con la segreteria del Pd mi sembra troppo». «Fa piacere che Renzi voglia ricandidarsi a Palazzo Vecchio. Ma ho qualche dubbio che possa anche fare il segretario del Partito Democratico» dice Giovanni Gentile, presidente del gruppo editoriale Sansoni Licosa e Le Lettere.
Lo storico Cosimo Ceccuti la vede invece così: «Perché no? È una sfida che si può fare. Se ne è in grado e se ne ha le capacità, perché Renzi non deve provare?» commenta lo storico, docente all'università di Firenze e presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia. D'altra parte, era sempre stato Renzi a ribadire domenica scorsa: «In questo anno mi sono convinto che fare il sindaco e il leader nazionale è assolutamente compatibile. Tanto più a giudicare dal crescente consenso verso la nostra amministrazione».
Ecco, bravo, ragazzo. Ci sembra un'ottima idea. Accoglieremmo questa decisione con bottiiglie di spumante Ferrari, sparo di mortaretti, e suono di vuvuzelas. Alcuni di noi farebbero cortei automobilistici con trombette, fino a notte fonda, come per Italia-Germania 4/3.
Lo so... è un atto di egoismo. Con motivazioni opposte, alcuni soffrirebbero: la stragrande maggioranza dei fiorentini, e almeno due o tre lettori del Tafanus. Non siamo gentili. Ma in fondo i fiorentini questa disgrazia l'hanno scelta senza alcuna pistola puntata alla tempia. Libera scelta. E vale sempre la famosa legge del Menga, che non tradisce mai... Tafanus
Scritto il 14 agosto 2013 alle 00:28 nella Renzi | Permalink | Commenti (5)
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Ma il MòViMento a 5 Svastiche non era un movimento di sinistra???
Grillo sogna la leadership dei movimenti antitasse. Partendo dal Veneto. Proprio come fece la Lega
(di Vittorio Malagutti e Andrea Palladino - l'Espresso)
È bastata una telefonata. «Ho chiamato Casaleggio e ci siamo trovati d'accordo su tutto». Massimo Colomban ha raccontato così il suo incontro col leader Cinquestelle. Un'intesa politica che è diventata alleanza strategica. Di più: è nata una lobby capace di portare le sue proposte dritte in Parlamento. Tutto nel nome della comune battaglia contro il Fisco iniquo che opprime il cittadino, contro la politica arraffona e la burocrazia che soffoca le imprese.
Colomban vuol dire Confapri, che sta per Confederazione delle attività produttive italiane per il Rinascimento italiano. L'insegna pare un filo ambiziosa, ma forse è solo un'impressione. Tutto è possibile se la neonata confederazione ha l'appoggio, come afferma nel proprio sito web, di "gruppi associazioni e movimenti in rappresentanza dei milioni di italiani che intraprendono".
Per la verità, incontri e conferenze promossi da Confapri hanno fin qui visto la partecipazione di qualche centinaio, a volte poche decine, di sostenitori. Colomban, però, è un tipo che ci sa fare con le pubbliche relazioni, per non parlare del suo compagno d'avventura Arturo Artom, l'altro promotore di Confapri. Artom è il classico inaffondabile, meglio di un tappo di sughero. Nel corso di una ventennale carriera ha cambiato cavallo un'infinità di volte, con risultati a volte inversamente proporzionali alle proprie ambizioni, ma sempre accompagnato da un codazzo di articoli benedicenti. E allora basta qualche dichiarazione ai giornali e una serie di comparsate nei talk show televisivi per creare il personaggio Colomban, combattente senza macchia e senza paura contro la casta che ci soffoca, militante a tempo pieno per la liberazione degli imprenditori oppressi dalla burocrazia. Questi sono temi molto cari anche ai Cinquestelle. E infatti proprio su queste basi è nata l'alleanza tra il movimento politico e la neonata confederazione di imprenditori.
Funziona così: Confapri dispone e i grillini portano in Parlamento. «Il programma è semplice, non l'ho fatto io, l'hanno fatto i piccoli imprenditori, che io vedrò domani mattina qui a Treviso», è l'annuncio dal palco di Treviso fatto da Grillo lo scorso maggio, durante la campagna elettorale per le elezioni comunali. Un mese prima dal suo blog l'ex comico aveva annunciato un primo pacchetto di proposte di legge in campo economico: via l'Irap, la tassa bestia nera dei piccoli imprenditori. E poi: pagamento immediato dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione (per saldare il debito Colomban aveva chiesto che si mettesse mano al tesoretto della Cassa depositi e prestiti e alle riserve della Banca d'Italia). Infine, il pagamento dell'Iva solo dopo l'incasso delle fatture. Sono proposte con un marchio di fabbrica ben chiaro.
Quello di Confapri, che si nutre della protesta dei padroncini del Nordest, artigiani, piccoli imprenditori, professionisti, quelli che votavano Lega e alle ultime elezioni sono passati in massa dalla parte dei Cinquestelle. Non per niente, alle politiche di febbraio, il movimento fondato dalla coppia Grillo-Casaleggio ha sbancato il Veneto con oltre 800 mila voti, più del 25 per cento dei votanti nella regione un tempo feudo dei leghisti, crollati al 10 per cento. Lo ammette anche David Borrelli, l'ex consigliere comunale di Treviso che ora fa da ufficile di collegamento dei Cinquestelle con il mondo delle imprese. «Con Grillo ne parliamo spesso», dice Borrelli. «La Lega è il Movimento nel paleolitico», alle sue origini.
Guerra alla burocrazia, certo. Lotta senza quartiere agli sprechi pubblici, come no? Il chiodo fisso di Colomban da Santa Lucia di Piave, provincia di Treviso, sembra però un altro, il fisco. Durante la campagna elettorale per le amministrative, intervenendo a sostegno del candidato Cinquestelle in un paese del trevigiano, il fondatore di Confapri riassumeva così le cause della crisi: «In Italia l'imprenditore paga il 70 per cento di tasse e il 10 per cento di scartoffie». E ne aveva anche per i sindacati. Lui che, nella sua prima vita da industriale ha fondato e diretto per alcuni anni la Permasteelisa, marchio celebre dell'architettura e dell'engineering, ha spiegato che nella sua azienda non c'erano sindacati perché non ce n'era bisogno. «Chi aveva problemi ne discuteva con me».
Parola di Colomban. Il quale anche sulle tasse ha trovato subito un terreno d'intesa con Grillo. Nel programma politico del Movimento Cinquestelle, quello disponibile sul web, il problema dell'evasione fiscale non è neppure menzionato. Nel capitolo economia, 20 punti in tutto, c'è spazio per "l'abolizione delle cariche multiple da parte di consiglieri di amministrazione in consigli di società quotate", per "l'introduzione della class action" e di un "tetto per gli stipendi del management delle aziende quotate in Borsa". Neppure una parola, invece, sulla tasse. Niente. Il blog di Grillo affronta l'argomento a modo suo. Chi sono "i veri evasori?", era il titolo di un intervento pubblicato il 12 agosto dell'anno scorso a firma Paolo Cicerone. Risposta: mafia e malavita non pagano tasse per 78 miliardi di euro l'anno. Le grandi aziende per 38 miliardi, 34,3 miliardi è il nero di extracomunitari e doppio lavoro e 22,4 miliardi quello attribuito alle società di capitali. Lavoratori autonomi e piccole imprese pesano per soli 8,2 miliardi.
Sull'attendibilità di queste cifre (attribuite da Grillo al sito contribuenti.it e a tre non meglio precisate agenzie) ci sarebbe molto da discutere. Il messaggio è chiaro, però: l'evasione è il frutto di un complotto dei forti e dei potenti, cioè criminalità organizzata, banche e grandi aziende. Con l'aggiunta degli extracomunitari. Insomma, i piccoli evadono, ma è poca cosa.
Il calcolo politico è evidente. Lavoratori autonomi, professionisti e artigiani valgono milioni di voti. Minimizzare i danni dell'evasione di massa all'italiana sembra la scorciatoia ideale per conquistare consenso. Ed ecco che il blog di Grillo (primo aprile 2012) se la prende con i blitz a effetto della Guardia di Finanza a Cortina e a Courmayeur, che non servono a prendere i "Grandi Evasori" (in maiuscolo, così nel testo). Anche il redditometro è inutile. È stato studiato apposta per prendere soldi "in do cojo cojo" (testuale) nel breve periodo. Invece di dare incentivi ai piccoli commercianti, scrive Grillo il 20 novembre 2012, ci si accanisce contro di loro, "incuranti che i negozi stanno chiudendo a decine di migliaia".
Il blog se la prende anche con Equitalia (24 giugno 2010), che "pignora la dignità" e infierisce con i deboli. D'altronde, chiosa Grillo il 17 dicembre 2010, "chi non paga le tasse è un ladro" (e ci mancherebbe, ndr), ma "chi le paga in Italia, oltre che onesto, è un martire". Un'affermazione, quest'ultima, che spalanca la porta alle presunte buone ragioni degli evasori. Perché sfuggire al martirio (anche a quello fiscale) è una scelta di legittima difesa e non una violazione di legge. Di questo passo si arriva dritti dritti dalle parti del "moralmente accettabile non pagare tasse ingiuste", che è da sempre uno dei cavalli di battaglia dell'evasore fiscale Silvio Berlusconi.
D'altra parte il blog di Grillo parla raramente dei lavoratori dipendenti. È vana la ricerca di parole di solidarietà per milioni di cittadini costretti a pagare tasse più alte per via degli autonomi che invece riescono a farla franca. «Sono uno di voi», grida il fondatore dei Cinquestelle ai potenziali elettori piccoli imprenditori e artigiani. «Ricordo bene mio padre al tornio con i suoi operai», ha raccontato l'ex comico a Treviso davanti alle telecamere di una tv locale.
Dalla parole ai fatti, i Cinquestelle si sono messi al lavoro non appena sono approdati in Parlamento. E come compagno di strada si sono scelti proprio Colomban, classe 1949, un imprenditore da sempre molto abile a navigare tra i flussi e riflussi della politica veneta. Prima della conversione al vangelo di Confapri era descritto come uomo legato al carro di Giancarlo Galan, l'ex manager di Publitalia approdato con Forza Italia alla poltrona di governatore. In quel periodo, tra il 2003 e il 2006, l'attivissimo Colomban ha ricevuto incarichi, di nomina politica, in aziende a controllo pubblico, come Veneto sviluppo. «Ho risanato e fatto pulizia», taglia corto il fondatore di Confapri quando rievoca quel periodo. Restano frequentazioni e affari con alcuni dei maggiorenti dell'economia in salsa veneta: come Enrico Marchi dell'Aeroporto di Venezia e il finanziere Andrea De Vido della Finint. Di solito, però, tutti ricordano Colomban come l'ex patron di Permasteelisa, impresa trevigiana che ha raccolto appalti e successi nel mondo. Meno noto è che alla fine degli anni Novanta, quando Permasteelisa sbarcò in Borsa, si scoprì che il futuro alleato di Grillo controllava l'azienda anche grazie a una costellazione di società con base in Lussemburgo. Niente di illegale, ma la sede offshore faceva da scudo contro il fisco.
Colomban ha lasciato ogni incarico in Permasteelisa già una dozzina di anni fa per dedicarsi, dice lui, allo sviluppo di nuove imprese. Con una parte del ricavato della vendita delle sue azioni ha comprato un castello sulle colline trevigiane. Ed è qui, a Castelbrando, che Grillo e Casaleggio sono stati ricevuti nel febbraio scorso per stringere un'alleanza che potrebbe presto arrivare a una svolta. Poche settimane fa un gruppo scelto di parlamentari grillini ha incontrato Artom per discutere tempi e modi per alimentare un fondo destinato a sostenere le piccole e medie imprese. Il fondo in questione potrebbe ricevere una parte del finanziamento pubblico che il Movimento non intende accettare. E Confapri, rivelano fonti vicine alla trattativa, si candida a gestire il tesoretto da destinare agli imprenditori. Niente di deciso, fin qui. Martedì 6 agosto però, i Cinquestelle hanno festeggiato l'approvazione al Senato, in commissione Bilancio e Affari costituzionali, del loro emendamento per finanziare il Fondo di garanzia per il microcredito alle piccole e medie imprese. È solo il primo passo verso l'istituzione effettiva di questo nuovo strumento. I grillini ci sperano. Confapri pure.
Che il Rag. Grillo Giuseppe, auto-certificato evasore fiscale per almeno sette anni consecutivi, si schieri accanto ai partiti degli evasori (la Lega delle quote-latte, tanto per dirne una...) è comprensibile. Meno comprensibile è che sul Tafanus questo personaggio venga defibito "de sinistra", e riscuota la simpatia di sedicenti galantuomini tutti etica e amore per la legalità. Grazie alla gestione del Tafanus, credo di poter affermare che sto imparando più di quanto io non riesca (e non voglia) insegnare). Tafanus
Scritto il 13 agosto 2013 alle 23:04 | Permalink | Commenti (7)
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Luciano Belviso e Angelo Petrosillo, trentenni, producono a Monopoli il "superleggero" più leggero al mondo. Una storia che ha tutti gli ingredienti delle favole (Fonte: Riccardo Luna)
.
La Blackshape
Lo vedete dalla strada il capannone che cercate. Fuori c'è un cartello con la scritta Blackshape e sopra c'è la foto di un aereo in volo. Ebbene sì, Luciano Belviso, 30 anni fra una settimana, e Angelo Petrosillo, 30 anni ancora per qualche mese, nella vita disegnano, progettano, costruiscono e vendono aerei. Aerei. Piccoli, favolosi, aerei ultraleggeri in fibra di carbonio. Lo fanno da più di quattro anni (cioè da quando di anni ne avevano 26 - NdR).
Ne hanno già venduti 53 esemplari in 24 paesi. In testa Sud Africa e Russia. L'Italia è esclusa, per ora: sarà la crisi. Ma Blackshape non è soltanto un esempio del nuovo made in Italy: è la storia forse più luminosa della innovazione possibile, nonostante tutto, in questo paese. Adesso. Perché è una storia che, come le favole migliori, ha tutti gli ingredienti al posto giusto.
Intanto il capitale umano. Cioè
loro due, Luciano da Bari e Angelo da Monopoli. Si conoscono alle
superiori, sono stati eletti nella consulta studentesca e si incontrano
lì. Diventano amici anche se sono diversi. Luciano è appassionato di
aerei e vuole fare l'ingegnere, Angelo è un umanista con un talento per
il business. Finiscono tutti e due a Parigi, per completare gli studi e
potrebbero restare lì o andare in giro per il mondo: i classici cervelli in fuga. E invece tornano a casa. In Puglia.
E
veniamo al secondo ingrediente: il ruolo delle istituzioni pubbliche.
In Puglia la prima giunta guidata da Nichi Vendola ha deciso di cambiare
le politiche verso i giovani: non più soldi agli enti per la formazione
professionale per darli invece ai ragazzi per realizzare un'idea. Si
tratta di dare uno sbocco ai Bollenti Spiriti dei ventenni, il progetto
si chiama proprio così. Angelo e Luciano partecipano, vincono, e con 25
mila euro a fondo perduto tornano a casa.
Il terzo ingrediente è
l'idea innovativa. La voglia di fare qualcosa di nuovo. "Faremo mobili
di design in fibra di carbonio" avevano detto i due per vincere il bando
della regione Puglia. Ma poi hanno cambiato tutto. O quasi. La fibra di
carbonio è rimasta, ma hanno deciso di usarla per fare aerei invece di
tavolini e sedie. L'ispirazione dicono di averla avuta da un certo Bepi
Vidor, "un mito dell'aeronautica italiana", che abita vicino Treviso
dove si diverte a progettare aerei. Ancora oggi Angelo e Luciano ogni
tanto dicono di andare fin lassù a chiedere consiglio.
Il quarto
ingrediente sono i capitali privati. Perché senza quelli non si va da
nessuna parte "e la nostra idea sarebbe rimasta una buona idea e basta".
Infatti è bello dirsi che Blackshape è nata con appena 25 mila euro. Ma
se un giorno in cui stavano per mollare tutto, Luciano ed Angelo a
Monopoli non avessero incontrato l'imprenditore Vito Pertosa, che ha una
azienda leader mondiale della diagnostica per treni, e non lo avessero
convinto a investire in Blackshape la storia sarebbe finita lì. E invece
con un milione di euro è diventata quello che è oggi.
Il
prodotto. È la Ferrari dei cieli, dicono nel resto del mondo. Non a caso
uno dei primi a far visita alla fabbrica è stato il presidente della
Ferrari Luca Cordero di Montezemolo (...Monte Prezzemolo ha "fatto visita", ma non risulta che abbia scucito un solo cent... NdR).
Ma quello che colpisce dei tre
modelli che escono dallo stabilimento di Monopoli, sono i numeri: "Un
Blackshape pesa circa la metà dei concorrenti, è più veloce e consuma
molto meno" giura Luciano che ne cura la progettazione.
L'azienda
è l'ultimo ingrediente. Mixare talento personale, idea, soldi, sostegni
pubblici, prodotto e far diventare il tutto una azienda. Valore. Posti
di lavoro. Racconta Angelo: "Oggi abbiamo quasi 70 dipendenti e lo
stabilimento ha appena raddoppiato i metri quadri. Siamo a quattromila.
L'obiettivo è passare da quasi due a quattro aerei al mese. Se ci
riusciremo diventeremo il settimo produttore mondiale".
Pazzesco
no? Ma quel che colpisce è l'attenzione a certi dettagli. Le politiche
di genere per esempio: "Fra i dirigenti c'è una perfetta alternanza fra
uomini e donne. Due volte alla settimana la spesa viene consegnata in
fabbrica. E l'orario d'ingresso è flessibile per chi porta i figli al
nido". E poi l'apertura ai nuovi talenti: "Ogni sei mesi dieci studenti
di ingegneria fra i migliori di Europa vengono invitati a far parte del
nostro laboratorio, dove gli viene dato un progetto specifico. Il
migliore progetto viene realizzato, porterà per sempre il nome dello
studente che viene assunto a tempo indeterminato".
Tutto ciò non
è casuale o voglia di essere a tutti i costi politicamente corretti:
tutto ciò è figlio del fatto che Luciano e Angelo sono dove sono grazie
all'innovazione e sanno benissimo che senza ricerca non c'è sviluppo.
Per questo Angelo lavora ad una proposta affinché si crei in Italia "un
acceleratore di investimenti per le piccole aziende ad alto contenuto
tecnologico". Un suo appunto è già finito sul tavolo di palazzo Chigi
nei giorni scorsi.
La storia potrebbe finire qui e invece
probabilmente è appena iniziata. Perché l'obiettivo adesso è di
costruire l'aereo più ecologico del mondo. Luciano ha un modo bellissimo
di dirlo: "Per fare le cose, bisogna farle. Senza aspettare niente e
nessuno". Si chiama innovazione senza permesso.
Questa storia è nata 4 anni fa, ma abbiamo dovuto aspettare il ferragosto 2013 per conoscerla. E' una storia che apre il cuore, e produce in noi sentimenti contrastanti:
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Ciliegina sulla torta: fa un certo effetto constatare che certe storie abbiano maggior rilievo (e anche priorità cronologica) sito di DW, che sui media italiani...
While the younger generation is leaving Apulia in southern Italy, two young entrepreneurs returned - with a business plan that is taking them to new heights.
In Apulia the crisis is not immediately visible. It's hiding behind old city walls, in charming narrow streets, and on fishing boats in the harbor. The only shouts of protest are prompted by the local soccer team.
Italy's economic misery doesn't inspire anyone in these parts to take to the streets. And why should it? The people of mezzorgiorno, as the lower half of the country is known, are no strangers to the crisis that has now taken the upper half hostage.
In economic terms the South has been limping behind its northerly counterpart for decades, and is considered one of western Europe's least developed regions. More than 40 percent of those under 25 are unemployed.
School friends Angelo Petrosillo, 30, and Luciano Belviso, 29, both come from Apulia. And it is there, in the coastal town of Monopoli, that they started their Blackshape business two years ago. A couple of years earlier the idea would have been ridiculed.
"Ever since we were little, we were told we'd have to leave the South if we wanted to have successful careers," Angelo Petrosillo said.
Career or home?
Like most of their friends, as young men they turned their backs on their native South. Angelo went to Pisa, where he studied law, while Luciano graduated as an aviation engineer in Turin. For their masters degrees, they both went abroad: to Switzerland, Russia and Paris.
Well qualified, the world was their oyster, and they quickly found their first, and well-paid jobs. They belonged to the breed of privileged, mobile young people that Italy is losing hand over fist.
The only time they went back to Apulia was to visit family. Until 2009, when they decided to take part in a competition which promised start-up capital for the best entrepreneurial idea, as long as the winner was based locally. The jury was convinced by their entry: a modern ultra light aircraft made of carbon, in Apulia.
"We were actually looking for tips about starting up a business," Angelo Petrosillo said. "By the end of the conversation, the investor was on board with a million euros to get us going."
The young businessmen have been running Blackshape for three years now, and have already created some 40 jobs. "You have to dare to think big," Lucian Belviso said. "And that is a characteristic that is missing in many young people in Italy."
Scritto il 13 agosto 2013 alle 14:29 | Permalink | Commenti (1)
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Il tweet di Federica Pellegrini
Lo sfogo della fuoriclasse azzurra su Twitter, contro i premi per i Mondiali di Roma del 2009. Sotto accusa i 20mila euro alla ex rivale Fillippi che vinse un oro sui 1500 e un bronzo sugli 800: "Non sono arrabbiata per i soldi ma per la disparità di trattamento" (Fonte: Pasquale Notargiacomo - Repubblica)
ROMA - Tremila euro. "Questo è quello che ho guadagnato vincendo due mondiali con tre record in una sola edizione. Fate voi!!!" Firmato Federica Pellegrini. Non sono piaciuti alla nuotatrice azzurra, i premi elargiti dalla federazione per i Mondiali del 2009, ratificati soltanto in questi giorni, come riportato da Repubblica. Un'amara sorpresa per la fuoriclasse del nuoto nazionale, al rientro dalle vacanze, dopo i mondiali di Barcellona, nei quali ha conquistato l'argento sui 200sl.
...questa è una delle tante (non l'unica) ragione per cui gli "sport minori" in Italia sono cose per eroi idealisti. Se si confrontano i 3000 euro della Pellegrini coi pallonari che negli stessi 5 anni hanno guadagnato decine di milioni di euro, c'è da rimanere allibiti... E per piacere, non tirate fuori De Coubertin. Fare record e vincere ori è un lavoretto che richiede un tempo pieno di preparazione, che impedisce di rinunciare a qualsiasi altra forma di attività lavorativa. E in tanta tirchieria, poi siamo costretti a vedere i "dirigenti" della varie federazioni girare il mondo, in business class e albergi a 5 stelle, solo per fare i guardoni, esserci, e consegnare quelle rare medaglie... Tafanus
Scritto il 13 agosto 2013 alle 12:56 | Permalink | Commenti (9)
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Scritto il 13 agosto 2013 alle 00:29 nella Berlusconi, Economia, Politica | Permalink | Commenti (37)
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A Sant’Anna di Stazzema, la mattina del 12 agosto 1944, si consumò uno dei più atroci crimini commessi ai danni delle popolazioni civili nel secondo dopoguerra in Italia (Visitate il sito cliccando sull'ìimmagine)
La furia omicida dei nazi-fascisti si abbattè, improvvisa e implacabile,
su tutto e su tutti. Nel giro di poche ore, nei borghi del piccolo
paese, alla Vaccareccia, alle Case, al Moco, al Pero, ai Coletti,
centinaia e centinaia di corpi rimasero a terra, senza vita, trucidati,
bruciati, straziati.
Quel mattino di agosto a Sant’Anna uccisero i nonni, le madri, uccisero i
figli e i nipoti. Uccisero i paesani ed uccisero gli sfollati, i tanti
saliti, quassù, in cerca di un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna,
l’ultima nata nel paese di appena 20 giorni, uccisero Evelina, che quel
mattino aveva le doglie del parto, uccisero Genny, la giovane madre che,
prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo
zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle, uccisero il prete
Innocenzo, che implorava i soldati nazisti perché risparmiassero la sua
gente, uccisero gli otto fratellini Tucci, con la loro mamma. 560 ne
uccisero, senza pietà in preda ad una cieca furia omicida. Indifesi,
senza responsabilità, senza colpe. E poi il fuoco, a distruggere i
corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie. A Sant’Anna, quel
giorno, uccisero l’umanità intera.
La strage di Sant’Anna di Stazzema desta ancora oggi un senso di
sgomento e di profonda desolazione civile e morale, poiché rappresenta
una delle pagine più brutali della barbarie nazifascista, il cancro che
aveva colpito l’Europa e che devastò i valori della democrazia e della
tolleranza. Rappresentò un odioso oltraggio compiuto ai danni della
dignità umana. Quel giorno l’uomo decise di negare se stesso, di
rinunciare alla difesa ed al rispetto della persona e dei diritti in
essa radicati.
Chiederei a Enrico Letta e a Matteo Renzi di non precipitarsi ogni cinque minuti a baciare l'anello di Angela Merkel, ma di chiedere ad Angela Merkel di venire due volte all'anno in Italia: il 12 Agosto (eccidio di Sant'Anna di Stazzema) e il 23 Marzo (rappresaglia di Via Rasella).
Non vogliamo riaprire ferite, peraltro mai rimarginate, ma non vogliamo neanche dimenticare, o essere succubi di complessi di inferiorità verso nessuna Merkel di questo mondo. Aiutiamo noi stessi e la Merkel a ricordare chi erano i nostri fascisti, e chi erano i loro nazisti. Altro che bacio dell'anello... Tafanus
Scritto il 12 agosto 2013 alle 13:18 nella Razzismo | Permalink | Commenti (11)
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Scritto il 12 agosto 2013 alle 00:57 | Permalink | Commenti (16)
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C’è un nodo che lega Valeria Straneo ad Emma Quaglia, e c’è un cinque
scambiato sul percorso della maratona di Mosca che rende il contatto
evidente a tutti. Valeria è uscita dalla gara con l’argento, Emma con il
sesto posto, risultato che sembrava impossibile alla partenza. Si sono
portate dietro la loro amicizia per 42 km e l’hanno esibita all’arrivo
perché si allenano insieme, condividono esperienze e purtroppo per loro
anche traumi. Valeria prima di scoprire il suo talento è stata male e le
hanno asportato la milza, Emma ha scoperto che i suoi problemi fisici
dipendevano da una sindrome e si è fatta operare alla tiroide. Per
firmare il patto di rinascita hanno messo sopra un braccialetto “il nodo
della fortuna”. Un regalo di Valeria a Emma per un compleanno che deve
ancora arrivare. Chi è alla seconda vita non ha più scaramanzie, ha solo
voglia di correre avanti.
Valeria Straneo, negli ultimi chilometri si è girata verso Edna Kiplagat, cercava un cambio?
“Non ho chiesto nulla, al 35° km mi sono girata, non c’era nessuno dietro e mi sono detta: dove sono finite? C’era solo lei e non l’ho neanche riconosciuta subito. Non ho capito cosa è successo, ho seguito i consigli di tecnico e ct. Io sono regolare, ho impostato il mio ritmo e l’ho mantenuto. Ho corso gli ultimi 5km praticamente come i primi. Poi allo stacco ci ho provato a starle dietro ma gli ultimi due km il male alle gambe era pazzesco”.
Si è mai chiesta cosa sarebbe successo se si fosse fatta operare prima del 2010?
Con i problemi di salute che avevo l’idea non poteva proprio sfiorarmi, io avevo smesso di correre dopo l’operazione. Nessuno poteva sapere cosa sarebbe successo, scoprire che andavo così è stata una sorpresa”
Quante maratone ha fatto in carriera?
“In totale nove ma sono comprese anche quelle all’inizio con tempacci come le 3 ore e 32 fatte a Torino”.
I suoi figli dove hanno visto la gara?
“Leonardo ha 7 anni e Arianna quasi 6, sono in montagna con i nonni. Mio marito invece mi ha seguito qui. Devo tutto a lui che fa il mammo e mi dà il tempo di allenarmi”.
Ha mai pensato di poter vincere?
“Vincere? Mi aspettavo lo strattone finale. Kiplagat me lo ha dato e io non ne avevo più, non vedevo l’ora di entrare in sto maledetto stadio”.
Come ha combattuto il caldo?
“Ho messo due cubetti sulla nuca prima della partenza e mi sono tirata l’acqua addosso ogni volta che potevo ma il caldo non lo patisco mai”.
E’ riuscita pure a scambiare il cinque con Emma.
“Mamma che grande, mi ha fatto il tifo. Siamo proprio amiche”.
A 37 anni un pensiero alla prossima Olimpiade lo fa?
“Rio? Cavoli, il 2016 ma a sto punto tutto è possibile”.
La maglia dedicata a Mennea le ha portato bene?
“Andava onorata”.
Emma Quaglia, una rimonta pazzesca dal gruppone a uno splendido sesto posto. Voleva rincorrere Valeria?
“Il mio obiettivo era stare tra le 20 solo che poi è uscita una gara strana e se vedete i tempi sono alti. Io e Valeria abbiamo fatto il miglior piazzamento della vita senza fare il personale. Non so, le favorite saltavano tutte e io ho mantenuto la mia condotta prudente. Non sono un fenomeno e devo curare i dettagli”.
Quali sono i dettagli?
“Pranzo con riso e sali minerali alle 11 e poi ho preparato la mia borsa frigo con il ghiaccio dentro. Alla partenza ho riempito maglia e pantaloncini con i cubetti, si chiama “precooling”: è una tecnica di raffreddamento.
Quando ha capito di poter arrivare tra le finaliste?
“Quando ho smesso di guardare il cronometro. Stavo sopra il tempo previsto eppure non mi superava nessuno. Mi sono detta: non lo controllare più, tieni la tua andatura”.
E quel cinque dato a Valeria dopo la metà della gara?
“Valeria è stata brava. Volevo incitarla, è stato un modo per dirci a vicenda “così fino in fondo”. In realtà sul percorso ho fatto pure nuove amicizie. Mi sono messa a parlare con la messicana che avevo giusto dietro. Non volevo restare isolata tra un gruppetto e l’altro, volevo che lei stesse lì ma avevo paura che cedesse così mi sono messa a chiacchierare”.
Diplomatica, però ha al polso un braccialetto keniano. Che fa tifa per le avversarie?
“Omaggio dovuto, ogni anno vado ad allenarmi là per qualche mese. Stavolta è venuta anche Valeria. E poi porto anche il bracciale con il nodo della fortuna che mi ha regalato lei. Il mio compleanno deve ancora arrivare ma lei ha voluto che aprissi la sorpresa appena arrivata a Mosca”.
Scritto il 11 agosto 2013 alle 21:48 nella Sport | Permalink | Commenti (1)
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Scritto il 11 agosto 2013 alle 18:06 nella Renzi | Permalink | Commenti (1)
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Scritto il 11 agosto 2013 alle 16:30 | Permalink | Commenti (36)
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Energia, il mercato tutelato più conveniente del libero - Secondo un'indagine dell'Autorità per l'energia sui prezzi 2011, per la luce sul mercato libero si spende il 12,8% in più e per il gas il 2% in più di quanto si pagherebbe su quello tutelato (Fonte: Repubblica/Economia)
I prezzi di luce e gas per
famiglie e imprese che hanno scelto il mercato libero sono più pesanti
di quelle dei consumatori rimasti in quello tutelato, ancora la
maggioranza. E' la conclusione di una indagine dell'Autorità per
l'energia sui prezzi 2011, secondo cui per la luce sul mercato libero si
spende il 12,8% in più e per il gas il 2% in più. Dall'analisi delle
offerte delle aziende energetiche sul mercato libero "emergono
perplessità circa il fatto che i clienti siano perfettamente consapevoli
sia degli elementi di costo che le diverse componenti di prezzo
coprono, che della scelta effettuata". E' quanto afferma l'Autorità per
l'energia nell'Indagine sul mercato libero, aggiungendo che "intende
valutare la necessità di intervenire per un miglioramento delle modalità
per la spiegazione al cliente finale", ma anche con altri strumenti.
La
sensazione che l'Autorità aveva espresso nella Relazione dello scorso
anno, e cioè che i prezzi dell'elettricità sul mercato libero fossero
più alti di quelli del servizio di maggior tutela (nel quale ancora
rientrano l'83% delle famiglie per quanto riguarda la luce e l'89% per
il gas), basata allora su risultati preliminari, viene quindi confermata
dall'indagine appena conclusa, che fornisce dati e cifre precisi.
Per
quanto riguarda l'elettricità, l'indagine prende in esame il prezzo di
approvvigionamento, che costituisce la voce del prezzo medio totale
riferita alle sole componenti relative a energia, dispacciamento,
perdite di rete, sbilanciamento e costi di commercializzazione,
superando in questo modo, anche se solo parzialmente, i limiti relativi
alla confrontabilità dei prezzi.
Ebbene, questo prezzo sul mercato
libero "per i clienti domestici è risultato il 12,8% più alto del prezzo
di maggior tutela", mentre "per i clienti non domestici tale
percentuale è pari al 6,6%". Le famiglie che hanno scelto il mercato
libero, infatti, hanno pagato 108,61 euro al MWh, contro i 96,25 euro di
quelle ancora sotto tutela: per quanto riguarda le imprese, si passa da
105,49 euro del libero a 98,97 euro del tutelato. Il differenziale sale
ancora, anche fino al 20%, per le imprese con bassi consumi (...insomma, un affarone... NdR)
Lievemente
più contenuto è il delta tra i due mercati per quanto riguarda il gas:
il prezzo per le famiglie (al netto di imposte, accise e Iva) sul
mercato libero è del 2% più alto di quello del servizio di maggior
tutela, ma il divario aumenta e arriva al 6% se si considerano solo le
classi di consumo inferiori a 5.263,60 metri cubi. Per le altre
tipologie di clienti, invece, il prezzo medio sul mercato libero "è in
linea o inferiore a quello del servizio di tutela".
Ampio, stando
all'indagine dell'Autorità, è il ventaglio di offerte che le aziende
energetiche propongono ai consumatori, famiglie o imprese che siano: si
va da quelle a prezzo fisso, a prezzo indicizzato, "tutto compreso", ma
spesso non si tratta di proposte di 'facile lettura'. Stando a un
sondaggio realizzato per l'Autorità dalla GfK Eurisko, poi, emerge che
il consumatore è spesso "passivo", che sceglie di passare al mercato
libero per un "generico" concetto di risparmio che non viene però
approfondito, senza comparazione di prezzi, in molti casi considerata
troppo ardua. Basti pensare, scrive l'Autorità nell'indagine, che "solo
circa la metà degli intervistati è risultata capace di fornire una
descrizione del contratto sottoscritto". Insomma, conclude l'Autorità,
"dall'analisi delle offerte emergono perplessità circa il fatto che i
clienti siano perfettamente consapevoli sia degli elementi di costo che
le diverse componenti di prezzo coprono, che della scelta effettuata".
Scritto il 11 agosto 2013 alle 12:00 nella Economia | Permalink | Commenti (6)
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Scritto il 11 agosto 2013 alle 08:01 | Permalink | Commenti (1)
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Regia di Miranda July
Principali interpreti: John Hawkes, Miranda July, Miles Thompson, Brandon Ratcliff, Carlie Westerman. 90 min. – USA, Gran Bretagna 2005.
Questo delizioso film, che ora ha otto anni, era visibile, qualche sera fa, in streaming, su Mymovies Live che lo ha riproposto molto opportunamente, vista la calma piatta delle sale cinematografiche in questo periodo dell’anno. Dedicarsi a rivedere qualche bella pellicola, sia pure non di ultima uscita, è un piacere apprezzabile non solo da cinefili.
Scritto, diretto e interpretato da Miranda July, regista del cinema indipendente americano che nel 2005 ha guadagnato, con questo lavoro, la Caméra d’or al Festival di Cannes, questo delizioso film a suo tempo suscitò molti consensi e qualche scandalizzato dissenso. Ci racconta il nascere incerto di una storia d’amore fra due persone un po’ stralunate e insolite: lui, Richard (John Hawkes), è un uomo che, lasciato dalla moglie che gli ha affidato i loro due bambini, si dà fuoco alla mano sinistra, rimediando una tremenda scottatura, e una vistosissima bendatura, lì a ricordargli che forse è meglio che non si scotti un’altra volta.
Richard fa il commesso in un grande negozio di calzature, scenario dell’incontro con lei, Christine (Miranda July), che vuole appunto comprarsi un paio di scarpe. Christine fa l’autista, dedicandosi al trasporto di persone anziane, di cui segue con viva partecipazione le vicende; in realtà spera di affermarsi, o prima o poi, come artista multimediale creativa. Il suo incontro col timido e impacciato commesso è per lei quasi un colpo di fulmine, tanto che, da quel momento, rovesciando il ruolo passivo che in genere le convenzioni sociali assegnano alle donne, comincia a fargli una corte insistente, mentre Richard è sempre più recalcitrante a farsi coinvolgere in un’altra storia amorosa. La regista ci presenta, però, anche numerosi altri personaggi: una scorbutica gallerista, a cui invano Christine si rivolge per ottenere un giudizio sui suoi lavori; un aitante giovanotto, che si lascia spaventare da due molto disinibite adolescenti che lo insidiano, cercando di tentarlo con le loro goffe profferte erotiche, nonché, finalmente, i due bambini di Richard: Peter e Roby. Questi due fratellini, soli in casa per l’intera giornata, per non annoiarsi troppo, si impegnano nella chat del loro collegamento Internet, scrivendo a ignoti interlocutori cose molto oscene, almeno a loro giudizio, perché i bambini, come ci aveva detto Freud, hanno un concetto tutto loro di ciò che è osceno. Ne scaturiscono alcuni momenti di cinema deliziosi e tenerissimi, grazie anche alla straordinaria bravura del piccolo Roby (Brandon Ratcliff), impegnatissimo a parlare di “popò”, che, a causa della forte interdizione degli adulti, per i bambini è il massimo dei tabù, da violare, in gran segreto, spesso e volentieri durante le conversazioni con i coetanei, quando le brutte parole si possono finalmente dire senza essere sgridati. Da questa chat, connotata da una buffa coprolalia, nascerà un incontro del tutto imprevedibile, ai giardini pubblici, quando uno dei personaggi della storia si troverà inaspettatamente di fronte al frugoletto e si scioglierà in un abbraccio molto materno, mentre si sta profilando la delicata poesia del finale dolce e tenero di questo film.
Bellissimo racconto della diffusa solitudine degli uomini, delle donne, dei bambini e persino di un pesce rosso, dimenticato sul tetto dell’auto, nella sterminata periferia di una metropoli americana.
Angela Laugier
Scritto il 11 agosto 2013 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Matteo Renzi, Rottamatore Ruspante
«Una città è bella non solo quando costruisce cose nuove ma anche quanto abbatte opere - ha spiegato con la semplice maglietta bianca che ha indossato per l'occasione, occhiali da sole scuri e caschetto giallo da cantiere - Il potere salvifico della ruspa, insomma!».
EX DISCOTECA- L'edificio era rimasto abbandonato dopo l'incendio doloso del 2008 che lo aveva reso inutilizzabile. «Al Meccanò tanti ragazzi fiorentini hanno passato le loro nottate, e per loro è un ricordo piacevole. Però oggi era diventato un luogo di degrado nel cuore del parco per cui è partito un progetto di demolizione totale», ha dichiarato Renzi.
(Fonte: Corsera-ANSA del 10/08/2013)
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...ah... questi "uomini del fare... Sono capaci di sfidare tutto, anche il senso del ridicolo... Dopo Alemanno spalatore di neve, ecco a voi Matteo Renzi demolitore. Come tutti sanno, infatti, non è compito del Sindaco limitarsi ad emettere l'ordinanza di demolizione, ma addirittura di mettersi alla guida della ruspa, con tanto di ridicolo caschetto, e non senza aver prima convocato i fotografi dell'ANSA, per immortalare l'uomo del fare in azione. Ormai abbiamo superato i limiti del "Salone Margerita".
A me sorge anche una piccola curiosità spicciola: ma il Bischero di Frignano ha la patente necessaria a manovrare ruspe? Non ci manderebbe, cortesemente, una scansione della sua patente di "Ruspante"?
Sono sicuro che stanotte alcuni frequentatori del Tafanus, fra i più colti e pronti a cogliere i punti salienti del profilo dei nuovi politici, si masturberanno guardano le foto di Renzi che manovbra la ruspa. Renzi il Ruspante.
Tafanus
Scritto il 11 agosto 2013 alle 00:26 nella Politica, Renzi, Satira | Permalink | Commenti (5)
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Lo aspettavamo con ansia, un nuovo endorsement de "l'Espresso" a favore del cazzaro di turno. Il Gruppo Repubblica/Espresso, e in particolare i suoi pasdaran di MicroMega e de l'Espresso, ma persino di Repubblica, non se ne sono lasciati sfuggire uno, di cazzari: da Di Pietro a Grillo, dai girotondini all'inutile Popolo Viola, da Ingroia a Renzi... Spesso si sono pentiti, ma solo a posteriori, dopo aver procurato il danno di spostare irrimediabilmente verso il cazzarismo menti deboli e suggestionabili.
Oggi il gruppo si spara uno dei suoi pezzi da novanta, quel Massimo Cacciari che del PD - e della sinistra in generale - ha sempre parlato con la puzza sotto al naso, ostentando un inequivocabile disgusto, ma tappandosi il naso ed accettando, generosamente, tutte le poltrone che gli sono state piazzate sotto al culo dalla disgustosa sinistra italiana. D'altronde nulla di più e nulla di meglio ci saremmo potuti aspettare da colui il quale campa la vita come docente - e prima ancora come pro-rettore - della mitica "Università Vita e Salute" della Dondazione San Raffaele del non compianto Don Verzé...
Massimo Cacciari, come tutti i destri truccati da sinistri, ha avuto le sue brave origini come extra-sinistro, occupatore della Stazione di Mestre cogli operai della Montedison, collaboratore di punta della rivista "Classe Operaia", poi trasformato in "Potere Operaio"... Insomma, un extra-sinistro a tutto tonto, con l'eschimo, e la falce e martello tatuata sulla chiappa sinistra.
Poi, adelante con juicio, la trasformazione in borghese piccolo piccolo. Anche lui, esattamente come Renzi, vuole "attrarre" i voti della destra. Si presenta a candidato sindaco a Venezia, contro Casson. Al primo turno stravince Casson. Al secondo supera Casson di 200 voti, grazie al soccorso azzurro. La storia si ripeterà a Parma con Pizzarotti, e Renzi, ragazzotto scarso di cultura ma svelto di mano, tenta di ripetere l'exploit a livello nazionale.
In Veneto si candida alla regione con la stessa filofosia (attrarre voti dalla destra) ma le prende sonoramente da Galan, ex impiegato Fininvest, detto - per la sua statura politica - il "Banal Grande". Ma tutto ciò non riesce a togliergli quell'insopportabile atteggiamento da "dio come puzza la sinistra".
Ieri pubblica una articolessa su l'Espresso, dal cui titolo si intravvede un inizio di endorsement per la "Nuova Sinistra che Avanza Inarreestabile": l'immancabile Matteo Renzi (il Bischero di Frignano), e Gianni letta, noto anche come "Il Nipote". Ma questa volta, memore delle figuracce del passato, il Professore diventa più prudente, e il corpo dell'articolo, pieno di aria fritta, mantiene molto poco di quanto non lasci sperare il titolo. Dunque, un prudente endorsement del cazzaro, associato in termini cominicazionali alla più tranquilla e rassicurante figura di Enrico Letta, usato come foglia di fico. Il tutto, con estrema anbiguità e prudenza. L'articolo di Cacciari potrebbe avere un sottotitolo del tipo "Sotto il vestito, Niente". Tafanus
Aspettando Renzi e Letta (di Massimo Cacciari)
La sinistra è stata bloccata per vent'anni dall'anomalia berlusconiana. Per non sparire deve sperare in nuovi leader
Si può sperare che questo Paese, dopo la "storica sentenza", esca dall'incantamento che lo tiene bloccato da vent'anni nello sconfinato castello delle vicende personali e giudiziarie di Berlusconi? O, all'opposto, essa ci farà sprofondare ancora di più nella colossale anomalia che ha impedito ogni seria riforma istituzionale e ogni decente programma sociale ed economico? L'anomalia, per certi versi, oggi trionfa: Berlusconi viene, sì, sconfitto, ma sul terreno puramente giudiziario. E dopo una sua netta affermazione politica: l'aver miracolato alle ultime elezioni la propria creatura e costretto il Pd in uno stato para-confusionale. Non sarebbe stato così nel '94-'95 o nel 2006 o nel 2010. In quei momenti di crisi del berlusconismo, vi sarebbe stata una qualche coerenza tra vicende giudiziarie e situazione politica. Oggi la contraddizione è evidente. Nessuna "opposizione" politica ha sconfitto Berlusconi. Di più, il Pd non può giocarsi la carta della "incompatibilità" del personaggio con qualsiasi carica o funzione politica, senza, ipso facto, licenziare il "suo" Enrico Letta. Non solo il centro-sinistra al governo non ha saputo varare alcun provvedimento su conflitto di interessi, ineleggibilità, riforma della giustizia, ma ora questi stessi temi gli risultano difficilmente utilizzabili anche come armi propagandistiche.
Si ha la dolorosa sensazione che la politica italiana prosegua ormai su binari obbligati, sia affare di dinamiche inerziali, che uno spazio per vere decisioni, frutto di "libero arbitrio", non esista più. Il centro-destra, a pezzi un anno fa e miracolosamente riaggiustato dal combinato disposto Berlusconi-Bersani, è costretto a dipendere dalle sorti del suo unico leader e a condividerle almeno fino alle prossime elezioni. A sua volta, questo leader sa che, se uscisse ora da quello attuale, in nessun governo rientrerebbe mai e dunque per lui è vitale che sia l'esplodere delle contraddizioni nel Pd a decretarne la fine. Il famoso asino di Buridano stava in una posizione più comoda rispetto a quella in cui sembra ora trovarsi il multiverso targato Pd: il compromesso di governo con l'Avversario può diventare elettoralmente disastroso dopo la "storica sentenza", ma altrettanto lacerante al proprio interno, e negativa agli occhi dei cosidetti "moderati" anche la denuncia del suo fallimento. Per provare almeno a resistere fino alle elezioni europee il Pd dipende dal modo in cui il Pdl difenderà il definitivamente condannato (ma non sconfitto!) Berlusconi. E il Pdl, a sua volta, proseguirà nei fatti ad appoggiare il governo fino a quando potrà godere delle rendite che gli garantisce la palese impotenza del Pd a darsi una linea, un programma, una leadership riconosciuta.
È tuttavia intorno ai destini di questo partito che si deciderà l'esito della drammatica crisi che stiamo vivendo. Forse la cruna dell'ago è ancora aperta: un congresso vero, un congresso dove emergano seriamente le diverse "visioni del mondo"(come si diceva una volta) e da quelle i programmi sulle cose che contano per il Paese, politiche economiche, industriali, occupazionali, fiscali, riforme della scuola, della giustizia, radicale sburocratizzazione dello Stato. Un congresso coraggioso, che verifichi definitivamente se è possibile, tra le diverse posizioni, un massimo comun denominatore, oppure se non sia il caso che tutte insieme assumano la responsabilità di un consensuale divorzio. Poiché nulla oggi è più esiziale di convivenze coatte, dettate da calcoli di micro-potere e sopravvivenza, fondate sulla stantia ripetizione di slogan, tipo quelli dell'ultima campagna elettorale. Il perdurare della confusione o esiti pseudo-unitari, con leadership a priori dimezzate, fanno esclusivamente il gioco di Berlusconi.
Ma quante davvero sono le possibilità che si indovini questa porta stretta? Certo, l'attuale conflitto su procedure e norme, la grottesca idea di poter sostituire con il gioco delle primarie l'autentico confronto, alla base, tra mozioni alternative, che un partito possa ridursi alle regole per l'individuazione del "capo", lasciano poco sperare. È un confronto tutto segnato da quella assenza di etica della responsabilità, di educazione politica, di competenza, che domina la scena italiana da un ventennio. La forma del messaggio è già contenuto – e come non vedere, allora, le affinità culturali tra personaggi che pretendono, tutti, di rappresentare direttamente il popolo, di incarnarne la sovranità? Come non capire, al di là della differenza dei toni (e per la vacuità stessa dei contenuti), che abbiamo a che fare da vent'anni con "modelli" politici che testimoniano di una crisi profonda della nostra democrazia? Quando sapremo finalmente porci alla sua altezza? A che cosa potrebbe servire il congresso del Pd se non a esigere l'apertura di una fase costituente, e su questo terreno sfidare non solo Berlusconi, ma Grillo e la sinistra? Esistono forze in campo in grado di interpretare questo ruolo?
Forse una combinazione tra Letta e Renzi, in grado di attrarre buona parte dell'elettorato Pdl, con il condimento di ciò che residua del flop montiano. Ma si tratta di una composizione che dovrebbe presentarsi attraverso il congresso, e vincerlo, matura strategicamente,non derivante dallo stato di necessità, tantomeno all'insegna della semplice discontinuità generazionale.Temo dovremo attendere ancora per scorgere all'orizzonte il formarsi di una nuova classe politica, di nuovi statisti. L'humus da cui crescono è stato sistematicamente distrutto da due generazioni a questa parte. Perciò anche la protesta e l'indignazione sono oggi positive, pur essendo mille miglia lontane da quel conflitto tra posizioni competenti e tutte responsabili del bene comune, che è il fattore produttivo della democrazia. (Il Geniale Cacciari, esattamente come i suoi discepoli che infestano il Tafanus, non si preoccupa minimamente di cercar di capire le "l'attrazione di elettori del PdL" possa avvenire senza perdite a sinistra, o nel voto di protesta, o nell'astensionismo. De minimis non curat praetor - NdR)
Ma la crisi non attende e la protesta potrebbe presto trasformarsi in problema d'ordine pubblico. Se ciò finora non è avvenuto è forse soltanto perché si è allargata la faglia storica che divide il Paese: le ragioni della protesta dei ceti produttivi al Nord, la crisi del "capitalismo diffuso", i problemi riguardanti la "questione settentrionale", si sono andati sempre più nettamente differenziando dalle situazioni di assoluta emergenza e dalle esigenze del Mezzogiorno. "Nord-Sud uniti nella lotta" si gridava un tempo. Mai le ragioni di quell'unità sono apparse più remote. Eppure, gli statisti di domani saranno proprio coloro che riusciranno a dare forma unitaria alla protesta, a definire il filo rosso tra la "questione settentrionale" e un "nuovo meridionalismo". In loro attesa non ci resta che un solo, giovane statista, cui oggi affidarci, per evitare, non fosse altro, un tracollo finanziario: Giorgio Napolitano.
Massimo Cacciari
Per non dimenticare (note biografiche)
[...] Nel 2005, a sorpresa, annunciò la sua intenzione di ricandidarsi a sindaco di Venezia. I partiti di sinistra dell'Ulivo avevano però già raggiunto l'accordo per la candidatura unitaria del magistrato Felice Casson ma Cacciari dichiarò di voler andare avanti anche a costo di spaccare l'unità della coalizione, cosa che effettivamente successe: Cacciari venne sostenuto da UDEUR e Margherita, Casson ricevette invece l'appoggio di tutti gli altri partiti del centrosinistra. Al primo turno Casson ebbe il 37,7% dei voti mentre Cacciari si fermò al 23,2%; sfruttando le divisioni presenti in maniera ancora più acuta nel centrodestra a Venezia, furono proprio i due rappresentanti del centro-sinistra ad andare al ballottaggio. A sorpresa Cacciari, seppur sostenuto da liste più deboli, riuscì a far leva sull'elettorato moderato e vinse la sfida con circa 200 voti di vantaggio sul suo competitore (50,5% contro 49,5%) [...]
[...] Da giovane fu un politico militante e occupò con gli operai della Montedison la stazione di Mestre. Collaborò negli anni sessanta alla rivista mensile Classe operaia e, dopo contrasti interni tra Mario Tronti, Alberto Asor Rosa e Toni Negri (il quale fu un incontro essenziale per la sua formazione), diresse insieme ad Asor Rosa la rivista, definita di "materiali marxisti", Contropiano con la quale si tentò la riunificazione del gruppo. Ma il tentativo fallì e il gruppo veneto trasformò la rivista nel giornale Potere Operaio "Giornale politico dagli operai di Porto Marghera" a cui Cacciari deluso non aderì. In seguito entrò nel Partito Comunista Italiano, ricoprendo cariche apparentemente lontane dai suoi interessi filosofici: responsabile della Commissione Industria del PCI Veneto negli anni settanta, fu poi eletto alla Camera dei deputati dal 1976 al 1983, e fu membro della Commissione Industria della Camera.
Fu sindaco di Venezia dal 1993 al 2000, fra i principali sostenitori dei Democratici di Romano Prodi e si parlò di lui come un probabile leader dell'Ulivo. Fin dall'inizio della sua attività politica vede nel federalismo una tradizione da recuperare per i progressisti italiani laddove buona parte dei dirigenti vedono in questa attenzione agli ideali federalisti un freno ai voti del centro-sud. In preparazione delle elezioni regionali del 2000, aveva compreso che per vincere in una regione tradizionalmente moderata, la sinistra avrebbe dovuto agganciare una parte dell'elettorato in fuga dalla ex DC, e mosse alcuni significativi passi, ma non riuscì a convincere fino in fondo l'elettorato autonomista.
La sua sconfitta alle Regionali del 2000, quando fu candidato per la presidenza della regione Veneto, fece tramontare l'ipotesi che potesse diventare il futuro leader dell'Ulivo. Cacciari ottenne in quella tornata il 38,2% dei voti, uscendo sconfitto dal rappresentante del Polo per le Libertà Giancarlo Galan che ricevette il 54,9% dei consensi. In quella tornata elettorale, Cacciari ottenne un seggio da consigliere regionale [...]
Scritto il 10 agosto 2013 alle 13:15 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (33)
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Scritto il 10 agosto 2013 alle 01:45 | Permalink | Commenti (12)
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Il nostro sondaggino ha raggiunto i 330 rispondenti. Ancora un piccolo sforzo, e raggiungiamo i 500 "casi" dell'ultimo sondaggio CAWI della SWG.
I risultati netti del Boschero non sembrano come se li immaginano (dopo una bottiglia di Brunello da Montalcino) alcuni suonatori di vuvuzelas...
Renzi, come "Il Cretino" del Prof. Cipolla, riuscirebbe a far danni enormi agli altri (al PD, nella fattispecie), senza alcun giovamento per se stesso. Nel flusso fra grandi aggregati, riuscirebbe a danneggiare il centro-sinistra nel suo complesso solo in misura di 1,9 punti percentuali. Insomma, sembra un incapace anche nell'arte di far danni.
Tanto rumore per nulla?
Scritto il 09 agosto 2013 alle 20:10 nella Renzi | Permalink | Commenti (48)
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...strano... finchè ministre delle ìmpari opportunità sono state la "imprenditrice" Stefania La Presti a Giacomo e la velina Mara Carfagna, MAI Matteo Salvini ha avuto qualcosa da ridire su q uel Ministero... Per non dire del Ministero per la Semplificazione tenuto da Calderoli...
Studiate, ragazzi, studiate! altrimenti da grandi potreste diventare come Matteo Salvini...
Scritto il 09 agosto 2013 alle 01:56 | Permalink | Commenti (18)
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Simpatici, ma un po'... come dire... "diversamente intelligenti". Prendete quel tale che si firma Emanuele P. (quello che tiene scrupolosamente nota delle mie vacanze, e ogni volta ne parla come se fossi andato a Londra o ad Antigua con un Falcon privato). A fronte di una cosa che sanno tutti (tranne lui) mi chiede se "ho le prove" delle spese da crapulone di Matteo Renzi. L'imbecille ignora che "le prove" si formano nei dibattimenti, e sono di competenza della magistratura. Ma noi abbiamo "le prove" che la Corte dei Conti ha aperto un'indagine, che sulla stampa sono emerse notizie sconvolgenti su questo moralista del cazzo, e che ciò che è emerso non ci piace. Ma sono cosucce che affascinano tutti i poveracci.
Emanuele mi fa venire in mente un aneddoto che girava per Napoli nel dopoguerra, ai tempi della miseria più nera, quando i poveracci vivevano nella adorazione degli arricchiti che "andavano a mangiare il gelato alla "Scimmia". Nientemeno...
Si narra che di domenica mattina i poveracci dei "bassi" e delle periferie più squallide facessero anche loro il colpo di vita: la mamma faceva indossare ai ragazzi le giacche meno sdrucite che c'erano in circolazione, e poi li guidava, intruppati, verso il "colpo di vita":
"...jamm' belli, ca mammà ve porta annanzi 'a Scimmia, a veré i signuri ca se magnano 'o gelato..."
Ecco... chissà perchè, questo tizio mi ricorda questo episodio... Con un di più di cretinaggine, perchè poi le provocazioni spingono a cercare dettagli troppo presto rimossi, come le bottiglie di vino da 120.000 lire l'una, o come il vìaggetto (di lavoro, of course) negli Stati Uniti - dell'ottobre 2007 - costato all'erario 70.000 euro. Scopo del viaggio ed obiettivi raggiunti assolutamente sconosciuti.
Io credo che se Renzi avesse un paio di grammi di cervello, del supporto di questi Comunardo Niccolai, re dell'autogoal, farebbe volentieri a meno. Tafanus
Cene, viaggi, fiori, pasticcini La Corte dei Conti indaga su Matteo Renzi
Sotto esame i rimborsi del periodo 2005-2009, quando il sindaco di Firenze guidava la Provincia.
Aragoste, vini pregiati, soggiorni negli Stati Uniti, biglietti aerei, cene, pasticcini e fiori: il giovanissimo Matteo Renzi, quando era presidente della Provincia di Firenze, si è adeguato con estrema disinvoltura al modus operandi dei politici di professione. E così, tra gli spaghetti al caviale di Luigi Lusi e gli sprechi della giunta regionale di Renata Polverini per la comunicazione, l’attuale sindaco di Firenze e possibile candidato premier per il centrosinistra si insinua tra i due esponenti simbolo dello sperpero del denaro pubblico. Anche la Corte dei Conti vuole vederci chiaro sui conti della Provincia dell’era renziana: ci sono troppi rimborsi senza giustificativi adeguati e un uso allegro delle carte di credito da parte del rottamatore.
Dal 2005 al 2009, nel periodo in cui Renzi è stato presidente, la Provincia ha speso 20 milioni di euro. Il capo di Gabinetto Giovanni Palumbo, nominato da Renzi, ha firmato decine e decine di delibere per rimborsi di spese di rappresentanza per il presidente che aveva a disposizione una carta di credito con limite mensile di 10mila euro di spesa. Nell’ottobre 2007 però, durante un viaggio (ovviamente di rappresentanza) negli Stati Uniti, la carta viene bloccata “a garanzia di un pagamento da parte di un hotel a Boston”, si legge nella delibera del 12 novembre 2007. Renzi, trovandosi senza carta di credito della Provincia è costretto a usare la sua per pagare 4 mila dollari (pari a 2.823 euro) all’hotel Fairmont di San Josè, in California. Come torna in Italia si fa restituire la cifra con una delibera, ma senza fornire giustificativi. Tolta la dicitura “spese regolarmente eseguite in base alle disposizioni contenute nel disciplinare delle attività di rappresentanza istituzionale”. Nei soli Stati Uniti la Provincia, con Renzi, ha speso tra biglietti aerei, alberghi, ristoranti 70mila euro. Spese di rappresentanza. Ovviamente. In tutto arriva a sfiorare i 600 mila euro.
Tra i 20 milioni di euro al vaglio della Corte dei Conti ci sono anche centinaia di migliaia di euro ricostruiti con numerosi scontrini e ricevute. Non molti. In tutto 250 circa. In prevalenza di ristoranti. Gli elenchi depositati agli atti mostrano una intensa attività di rappresentanza da parte di Renzi. Per lo più svolta alla trattoria Garibaldi, al Nannini bar, alla taverna Bronzino e al ristorante da Lino. Locali prediletti dal candidato alle primarie del Pd che, in particolare nel 2007 e nel 2008, riesce a spendere qualcosa come 50mila euro per il cibo. Con conti singoli che spesso superano i mille euro. Il 31 ottobre 2007 la provincia paga 1300 euro alla pasticceria Ciapetti di Firenze. Il 5 luglio alla Taverna Bronzino viene saldato un conto di 1.855 euro. ll ristorante non è tra i più economici di Firenze, del resto. Ma a Renzi piace. Per tutto il suo mandato alla guida della Provincia frequenta assiduamente i tavoli della taverna. Con conti che oscillano tra i 200 ai 1.800 euro. Renzi ogni tanto cambia ristorante. Alla trattoria I due G in via Cennini il 29 aprile 2008 ordina una bottiglia di Brunello di Montalcino da 50 euro per annaffiare una fiorentina da un chilo e otto etti. Alla Buca dell’Orafo in via dei Girolami il 13 giugno 2008 si attovaglia con due commensali e opta per un vino da 60 euro a bottiglia. E ancora: al ristorante Lino, dove è di casa (anche qui), riesce a spendere per un pranzo 1.050 euro. 1.213 li lascia al ristorante Cibreo.
Nei soli mesi compresi da maggio a luglio 2007 spende in ristoranti circa 17mila euro. Nel lungo elenco di ricevute e spese che gli inquirenti stanno verificando ci sono anche le fatture di fioristi, servizi catering, biglietti aerei e società vicine all’attuale sindaco. A cominciare dalla Florence Multimedia che riceve complessivamente 4,5 milioni di euro dall’ente. La Florence Multimedia srl è la Società in house della Provincia che svolge attività di comunicazione e informazione per la provincia. Nel 2009 Renzi è diventato sindaco. In bici. Ora sta girando l’Italia in camper, con lo sguardo rivolto a Roma. Ieri, Renzi era alla sfilata milanese di Armani. A Firenze, intanto, l’aspetta Alessandro Maiorano, ex dipendente del Comune che ha denunciato la gestione del sindaco e promette di dar battaglia alla “sprecopoli renziana”. Anche rottamare costa.
Scritto il 08 agosto 2013 alle 11:53 nella Renzi | Permalink | Commenti (29)
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Scritto il 08 agosto 2013 alle 02:38 | Permalink | Commenti (5)
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E' Matteo Renzi il piu' amato dalle donne - Il Sindaco batte tutti, tra i politici, nel sondaggio di 'Grazia'
Matteo Renzi batte tutti i politici: come flirt ideale (26%), come amante per l’avventura di una notte (19%), come cavaliere di una serata di gala (20%) e come salvatore durante un incendio (28%): è questo il risultato del sondaggio condotto da SWG in esclusiva per il settimanale Grazia (in edicola domani, venerdì 2 agosto) su un campione di 500 donne di età compresa tra i 30 e i 50 anni, interpellate per scoprire con chi, fra 10 politici italiani, vivrebbero un’avventura.
L’avversario che si piazza più vicino al sindaco di Firenze per un flirt durante un aperitivo è Beppe Grillo che riceve il 9% delle preferenze. Il leader del M5S viene inoltre scelto dal 13% dalle intervistate nella domanda “Da chi si farebbe salvare in un incendio?”, superando il premier Enrico Letta e il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Francesco Rutelli e Pier Ferdinando Casini sono invece i favoriti, dopo Renzi, come accompagnatori a una serata di gala, rispettivamente con il 12% e l’11% dei voti.
Irisultati del sondaggio di Grazia premiano quindi un solo uomo, Matteo Renzi, anche se il 54% delle intervistate dichiara che non vorrebbe un’avventura con nessuno dei politici indicati e il 32%, durante un incendio, non si farebbe nemmeno salvare da uno di essi.
Scritto il 07 agosto 2013 alle 12:34 nella Renzi | Permalink | Commenti (40)
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Scritto il 07 agosto 2013 alle 00:20 | Permalink | Commenti (36)
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Un magistrale ritratto del Bischero di Frignano, tracciato da Pierfranco Pellizzetti. L'ho scoperto con qualche giorno di ritardo, ma chi sono io per arrogarmi il diritto di privarvi di questo affresco? Tafanus
Dunque un combinato tendente all’accattivante, sebbene lasciassero intuire un altro Renzi, permaloso e magari vendicativo, le ombre sul viso e la mascella serrata ad ogni minimo sentore di critica (l’improvvisa caduta della maschera bonaria, subito recuperata con studiata disinvoltura sguainando sorrisi gioviali: la scuola democristiana dei “coniglietti mannari” alla Arnaldo Forlani trova sempre epigoni).
Ma prima e più delle spie semiologiche rappresentate da postura, habitus e linguaggio del corpo, per testare il senso e i significati impliciti del presunto “messaggio renziano” valgono le modalità argomentative; che si connotano per tre tratti caratteristici:
1. il trincerarsi nella cultura dei preliminari;
2. il ripiegare nel benaltrismo;
3. la ricerca costante dell’acrobazia con la rete di sotto.
Dunque, genericità, elusività, teatralizzazione di un tremendismo immaginario.
Vediamo punto per punto
Renzi si proclama un rinnovatore assolutamente determinato. Ma quando deve oltrepassare le giaculatorie indistinte su un novismo di maniera e prospettare effettive novità, la concretezza in dettaglio non fa capolino. Le ricette si arrestano sulla soglia dei problemi, ovviamente indolori e condivisibili quanto qualunque affermazione lapalissiana: la burocrazia che impiccia, l’urgenza di cambiare in un mondo che cambia, l’imperativo di creare lavoro e pensare al futuro dei nostri figli… Come? Il Roosevelt di Rignano sull’Arno risponderebbe che “questo è un altro film” e se si scende nei dettagli poi la gente si annoia. Del resto niente attiva di più le speranze di una ben congegnata vaghezza, che non incorre nel rischio di pericolose verifiche demistificanti.
Renzi propugna la cultura della trasformazione come accantonamento dei concetti datati: dalla centralità del Parlamento al posto di lavoro sicuro. Ma appena il ragionamento prende una piegatura – come si dice oggi – “divisiva”, entra in campo l’ecumenismo cattolico sotto forma di scarto verso tematiche che diventano vie di fuga per orizzonti sempre più sfumati: gli chiedi della sua dichiarata passione per i ricconi/riccastri (tipo Briatore) e lui teorizza la filosofia del dialogo: qualcosa tra il Vaticano II e Guido Calogero. Provi a stanarlo sul fatto che era disponibile a presiedere il governo delle “larghe intese” (la collusione Pd-Pdl, che ora critica) e lui ti replica a ciglio umido diffondendosi sulle piccole imprese alla canna del gas o sul rapimento di bambine kazake.
Renzi ama presentarsi come un duro che non guarda in faccia nessuno, sempre pronto a menare fendenti. Ma il coraggio viene meno se deve dare la baia ai veri duri, agli uomini forti: da Silvio Berlusconi (di cui sponsorizza la rieleggibilità) al presidente Napolitano (i cui schiaffoni incassa da vero “Ercolino sempre in piedi”). Difatti, ora che cresce la tensione polemica, il lottatore duro e puro annuncia di voler adottare il silenzio stampa come un calciatore da strapazzo.
In sostanza, l’impressione complessiva è quella di una furberia impegnata a non offrire punti di riferimento agli avversari e pescare nei bacini elettorali delle controparti. Operazione che potrebbe rivelarsi un boomerang, visto che dà per scontato quanto scontato non è: che l’elettorato in attesa del “qualcosa di sinistra” (lo zoccolo captive del Pd) si accontenti di un blairino fuori tempo massimo.
Ma la vera forza del Renzi è lo squallore della scena politica odierna, in cui fa la figura del guercio nella terra dei ciechi. A cominciare dal senatore fiorentino cinquestelle Maurizio Romani, intervenuto telefonicamente nella trasmissione in corso, che con i suoi balbettii (e il rifiuto di rinunciare all’immunità parlamentare nell’ipotesi di una querela) ha fatto apparire il suo sindaco un colosso politico.
Scritto il 06 agosto 2013 alle 23:44 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (14)
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Scritto il 06 agosto 2013 alle 02:04 | Permalink | Commenti (9)
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A ognuno il suo congresso. Quello del Pd a novembre, quello della Cgil entro la primavera del 2014. Da settembre, insomma, il Partito democratico da una parte e il sindacato più rappresentativo dall'altra sono impegnati nell'organizzazione di un evento fondamentale per le loro sorti.
E sebbene i cigiellini rivendichino la propria autonomia perché ormai «la cinghia di trasmissione è spezzata, non esiste più», dicono, l'elezione del segretario del Pd e del candidato premier catalizza la loro attenzione. Non solo perché gran parte degli iscritti al sindacato rosso sono anche elettori del Pd, ma perché se i democratici continuano a rimanere al governo, interloquire sarà più facile se c'è un leader amico.
CON LETTA RAPPORTI DISTESI. Non è infatti un
segreto che, dopo Berlusconi e Monti, i rapporti con il premier Letta
siano più distesi e amichevoli. E una figura vicina alle tematiche care
al sindacato «sarebbe ancora più funzionale in questo momento», spiegano
a Lettera43.it in corso d'Italia.
Parlare di pressing e preferenze è però difficile, «la Cgil in questo momento sta pensando ad altro, ovvero a tutte le vertenze da chiudere», dicono in sede. Il 29 luglio, il segretario Susanna Camusso è tornata a chiedere al governo 1 miliardo e mezzo di euro per la cassa integrazione in deroga. E mettere il dito nella piaga, ovvero «dire la nostra sulla situazione caotica e confusa che c'è nel partito non è saggio».
IL SINDACATO VUOLE UN PD FORTE.
La critica è soprattutto per la mancanza di un dibattito sul programma
del partito e i problemi del Paese: «Parlano solo di regole e statuto».
Ma in corso d'Italia, «il timore più grande che abbiamo è il
disfacimento del Pd».
Per questo esprimersi ora potrebbe rivelarsi un boomerang: «Non vorremmo dare il colpo di grazia al Pd, perché al sindacato serve un Pd forte».
Anche se non c'è ancora un endorsement ufficiale, come quello che Susanna Camusso fece a Pierluigi Bersani pochi giorni prima delle primarie, off the record il toto nomine inizia a delinearsi. «Per ora il candidato ideale è Gianni Cuperlo», dicono sia dalla confederazione sia da alcune categorie, «è più vicino al nostro mondo».
Cuperlo piace perché «è quello che sinora ha parlato di più dei lavoratori e dei pensionati». Una categoria quest'ultima che, pur rappresentando la maggioranza nella Cgil e circa un terzo della popolazione italiana, si è sentita abbandonata e bistrattata dalla classe politica. Ma la cui opinione, soprattutto in periodo elettorale, conta molto.
Per ora però nessuno si esprime a viso scoperto, «non ci sono
indicazioni precise, ognuno è libero di simpatizzare per chi vuole».
Certo è che, nel caso in cui il viceministro Pd dell'Economia Stefano
Fassina decidesse di scendere in campo, dopo la tirata di orecchie fatta
dalla stessa Camusso per la frase sull'«evasione di sopravvivenza», sarà difficile ottenere un endorsement ufficiale da corso d'Italia.
CIVATI NON CONVINCE.
Anche Pippo Civati per ora non gode di grosse simpatie: «Non convince»,
dicono dalla Cgil, «è uno troppo autonomo, ha difficoltà a fare
squadra, a noi serve uno che tuteli gli iscritti, l'organizzazione».
Sebbene abbia partecipato a titolo personale alla manifestazione Fiom,
Civati «rimane sempre un po' ambiguo come tutti i candidati», commentano
alcuni segretari confederali, «si espone sempre molto sui media e i
social ma non nella vita reale».
E l'europarlamentare Gianni Pittella? «Non scalda i cuori, viene da un
altro mondo», commentano i cigiellini. Ma avere un'idea chiara «è
difficile vista la confusione all'interno del partito stesso», osserva
qualcuno, «e comunque noi qui dobbiamo mediare tra gli interessi di
tutte le categorie: gli iscritti alla Cgil non votano solo Pd».
E NEPPURE RENZI.
Il leader della Flc e della Fiom, per esempio, simpatizzano più per
Sel, anche se il segretario dei metalmeccanici Maurizio Landini parla
spesso con il Pd: ha incontrato Cuperlo, Fabrizio Barca. E a breve
potrebbe anche confrontarsi con Matteo Renzi.
Sebbene il sindaco fiorentino sia storicamente il candidato meno gradito dalla confederazione - «non solo a causa della vertenza che ha con i lavoratori del comune di Firenze», osservano alcuni segretari di categoria, «ma perché mantiene ancora una posizione sul contratto unico che non condividiamo» - alcuni della base simpatizzano comunque per lui.
«L'economista Yoram Gutgeld, che Renzi ha scelto come consigliere economico, lasciando perdere Pietro Ichino, promette bene, sembra abbia un approccio più laburista», aggiungono.
Sensazioni a parte, tutti sottolineano l'importanza di vedere i vari
programmi per poi scegliere il candidato. Un richiamo ai contenuti fatto
dalla stessa Camusso e dalla segretaria del sindacato dei pensionati
Carla Cantone.
Che, a differenza del leader confederale, si è più volte espressa sul
congresso del Pd, sulla necessità di distinguere tra premier e
segretario, sottolineando ancora una volta come una ricandidatura di
Epifani possa essere inopportuna.
IL COMPAGNO CHE IMBARAZZA.
«La sua presenza è un'oggettiva difficoltà», dicono alcuni, «perché in
un momento in cui il Paese chiedeva il rinnovamento alla classe politica
e anche al sindacato, la sua elezione a segretario del Pd non ha certo
risposto a questa esigenza».
A non vedere di buon occhio una nuova discesa in campo dell'ex
segretario della Cgil sono in tanti. C'è chi sceglie la linea morbida
definendo l'ex compagno «non adatto perché la sua figura finora è stata
quella del traghettatore, del mediatore». E invece, una volta candidato,
«dovrebbe schierarsi davvero». Ma c'è anche chi gli dà fiducia pensando
che in quel caso «il suo programma sarebbe concentrato più degli altri
sui problemi del lavoro».
DELUSIONE BARCA. Un'attenzione che
molti cigiellini pensavano avrebbe avuto anche l'ex ministro Barca. Così
all'inizio quando è scoppiato il fenomeno Barca, c'è chi lo ha seguito
speranzoso, «piaceva anche perché quando era ministro aveva collaborato
con i sindacati, il suo modo di ragionare era molto simile al nostro»,
ricordano in Cgil, «ma poi si è rivelata una mezza delusione».
Twitter @antodem
Mercoledì, 31 Luglio 2013
Scritto il 05 agosto 2013 alle 22:01 | Permalink | Commenti (61)
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Parola di un blogger antirenziano come il sottoscritto? No, un'inchiesta del Sole24Ore
Ecco come comprare 50mila (finti) follower su Twitter e Facebook per 20 dollari. E' il mercato nero 2.0
È un mercato nero fatto di faccine, ma spesso dietro non c'è nessuno. Solo algoritmi e software, nel migliore dei casi utenti più o meno consapevoli. Dietro al balzo di follower di personaggi o aziende su Twitter, o di "Mi piace" sulle fan page su Facebook, spesso ci sono servizi ad hoc che, nonostante le policy dei social network lo vietino, permettono di aumentare a dismisura il numero di contatti. Un numero rivendibile in termini di presunta autorevolezza, ma sostanzialmente vuoto.
«Ieri ho comprato 50mila finti followers su Twitter sul sito seoclercks.com a 20 dollari. Sono passato da 4.000 a 58.000 in pochi giorni...» racconta Marco Camisani Calzolari, docente di comunicazione digitale e linguaggi digitali all'Università Iulm di Milano. Il messaggio, scritto e molto commentato su Facebook, solleva il velo sulla miriade di siti che offre amici virtuali a pagamento. Si possono comprare a blocchi di migliaia, oppure scegliendo un incremento periodico. Dietro però non c'è nemmeno l'utente. «I nomi sono verosimili, combinano quelli disponibili in vari database esistenti» racconta Camisani Calzolari - il mio caso dimostra che il numero di contatti e le relative classifiche da sole non vogliono dire nulla. Sviluppare una community è un compito difficile, con una grande attenzione ai dettagli e al coinvolgimento. Il mercato nero danneggia quello vero».
Di siti che offrono servizi del genere è pieno, basta cercare su Google «buy Twitter followers» per rendersene conto. In altri casi gli utenti sono veri, ma il meccanismo per ottenerli poco ha a che fare con il reale interesse di sviluppare una relazione online. Let us follow è popolato di utenti veri che attirano gli utenti con i crediti. Chi cerca follower offre crediti, poi rivendibili per gonfiare il numero dei propri, di follower. Un esempio simile è quello di Grow Followers.
Ci sono infine diversi account su Twitter che, una volta iscritti e seguite le regole, consentono di essere seguiti da tutti gli altri iscritti. Basta impegnarsi a seguirli. Si trovano cercando sul social network "followback". «Esistono casi di utenti che hanno anche più di un account con decine di migliaia di follower, nonostante non scrivano nulla di personale - commenta Vincenzo Cosenza, responsabile di Blogmeter e autore di Social Media Roi -. Il numero di contatti, da solo, vuol dire sempre meno. Bisogna prestare attenzione al "page engagement", inteso come somma di like, condivisioni, commenti e post spontanei»
(di Luca Salvioli - IlSole24Ore)
...e giacchè ci siamo, proverò a farmi degli altri "nemici veri". Niente nomi, siamo gentlemen...
Dunque, avevo un amico (vero, non virtuale), noto storico e giornalista fiorentino, col quale sono stato in ottimi rapporti (su facebook e a livello personale) per anni. Poi, improvvisamente, costui è rimasto folgorato sulla via della prima Leopolda (per capirci, quell'ammasso di rottami della DC di cui ho parlato altrove). Pazienza - mi sono detto - ognuno ha il diritto di innamorarsi di chi vuole...
Poi, però, ho notato una cosa che non incontra la mia "etica del web". Per giorni e giorni, appena Renzi pubblicava sulla sua page una qualsiasi scemenza (e lo faceva più e più volte al giorno), fioccavano i "mi piace". Come è noto, i "likes" du FB restano in bella vista (questo post piace a Tizio, Caio, Sempronio e altri 125), solo per pochi minuti.
C'era quindi il rischio che il Sindaco Peripatetico neanche si accorgesse che al mio amico lui piaceva, piaceva tanto, e il nome del mio amico sparisse, sepolto da una slavina di altri "piacioni seriali". Ho tenuto sotto osservazione questo intellettuale del biancofiore, e cosa ho scoperto????
Non ci crederete... Su facebook, se hai già cliccato su qualcosa "mi piace", non puoi farlo una seconda volta. Puoi solo cancellare il "mi piace" (cliccando su "non mi piace più"), e... qui è il trucchetto... un attimo dopo cliccare di nuovo "mi piace", e tornare fra i piacioni noti e palesi, in testa di pagina.
Gli ho fatto notare che era una cosa assolutamente squallida, da "lecchino mirato". Mi ha tolto l'amicizia (sia quella virtuale, che quella reale). Ne sono stato onorato... Tafanus
Scritto il 05 agosto 2013 alle 14:35 nella Media , Politica, Renzi | Permalink | Commenti (3)
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...sembra che il Madonno Piangente si sia dissanguato per comprare elenchi telefonici clandestini attraverso i quali appestare i cittadini con inviti illeciti via sms alla Messa Cantata di Roma...
Agenzie di lavoro interinale hanno ingaggiato migliaia di disoccupati a 100 euro per la giornata (più trasporto e panino) per una comparsata in veste di "fedeli" al Circo Massimo. Sul palco, Berlusconi piange. Per la commozione??? Macchè! moltiplica mentalmente i 100 euri per la folla oceanica che grida scempiaggini a comando dei capo-claque.
Sembra che anche Brunetta, in altra sede, abbia pianto. Per la commozione? Macchè... per la vergogna...
Scritto il 05 agosto 2013 alle 00:48 | Permalink | Commenti (39)
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Superata la boa dei 200 votanti del nostro sondaggino online, vorremmo tranquillizzare i ben noti renziani costruiti in Acciaio Inox Aisi 316. Quelli che "sono i numeri che devono piegarsi alle nostre idee, e non viceversa". Ma prima che me ne dimentichi, diamo il grafico dei risultati dei primi 200 votanti:
Risultati parziali al 4 Agosto 2013
Il mantra dei nostri renziani a tutto tonto è noto, e presenta alcuni aspetti patetici. Ad esempio, quello di bollare il Tafanus come "sito antirenziano", con l'unica mission di rompere i coglioni a Renzi, e con l'effetto collaterale di distorcere opinioni e sondaggi che in qualche modo lo riguardino.
Non funziona così, cari "influencers". Qualcuno di voi lo sa benissimo, e usa queste argomentazioni in perfetta malafede. Qualcuno forse non lo sta, e allora lo informo, così evita di sparare minchiate inquinanti nell'aere.
Dunque, il Tafanus ha bellamente ignorato Fonzie finchè Fonzie ha ignorato la politica nazionale. E cioè esattamente fino al 5 novembre 2010, fatal data della prima Leopolda, Convegno fondativo del MòViMento dei Rottamatori.
Leggiamo da Wikipedia: "...Il 29 agosto 2010 Matteo Renzi lancia l'idea della «rottamazione senza incentivi» dei dirigenti di lungo corso del Pd, e dal 5 al 7 novembre seguenti organizza con Giuseppe Civati e Debora Serracchiani un'assemblea alla Stazione Leopolda di Firenze (Prossima Fermata: Italia).
Nasce così il "manifesto del renzismo": la Carta di Firenze. I principali sostenitori del gruppo dei "rottamatori" sono il Presidente dell'Assemblea Legislativa dell'Emilia Romagna Matteo Richetti, il deputato regionale siciliano Davide Faraone ed il consigliere regionale lombardo Giuseppe Civati. Si sono dichiarati a sostegno del gruppo undici parlamentari: i senatori Andrea Marcucci, Roberto Della Seta, Francesco Ferrante, Pietro Ichino, Luigi Lusi ed i deputati Luigi Bobba, Giuseppe Civati, Roberto Giachetti, Maria Paola Merloni, Ermete Realacci e Giuseppina Servodio..."
Bene, il blog antirenziano per eccellenza (Tafanus) si occupa di Renzi dal 7 novembre 2010. Esattamente da due anni, 9 mesi e 3 giorno. Prima, non aveva mai coverto, neanche di striscio, questo bischero. Ma si da il caso che la storia del Tafanus "antirenziano" sia alquanto più antica...
Vedete, caro Patrizio, caro Ninomastro... Di Renzi ci occupiamo da meno di tre anni (e lo giuro, smetteremo di occuparci di Renzi un minuto dopo che lui smetterà di occuparsi di noi); mentre di politica, economia, costume, ci occupiamo, con vari strumenti, da una decina d'anni. Dall'aprile del 2006 con questo nome (Tafanus) e su questa piattaforma (typepad.com). Prima con un blog di diverso nome (La Rassegna Stanca) e con una piattaforma sparita dalla mattina alla sera (kataweb). E prima della esplosione dei blog, con una newsletter quotidiana - che raggiugeva 6.500 destinatari consenzienti - sempre dal titolo "La Rassegna Stanca", ma spedita da tale "Banane & Mazzette". Per chi riesce a mettere le cose in ordine cronologico, la nostra "mission" (che termine ridicolo e renziano...) è alquanto più datata di Renzi, ed è centrata su obiettivi alquanto più "larghi" ed importanti, che non la semplice guerra a questo cretinetti da oratorio e da "Amici" della De Filippi.
Ma torniamo un attimo al gruppo dei "soci fondatori" del renzismo: all'epoca, i gruppi pd contavano su 320 parlamentari (206 alla Camera, 114 al Senato). Ebbene, i soci fondatori del Renzismo furono 10 (dieci) parlamentari. La follia del del 3,1%. Praticamente, un plebiscito. Per arrivare a 11, hanno dovuto imbarcare anche il Civati (consigliere regionale): UNO su alcune centinaia di consiglieri regionali.
Un Gotha dell'antipolitica, e quasi tutti cavalieri senza macchia, e "'de sinistra vera". Vogliamo parlarne?
Ad iniziare da Renzino: democristiano (coté De Mita) e figlio di politicante democristiano; margherito, culo e camicia col card. Betori, chanteur des gestes di La Pira, boy scout,... e un po' inquisito...
"...nel 2012 la Corte dei conti ha aperto un'indagine sulle spese di rappresentanza effettuate dalla Provincia durante il mandato di Renzi, che ammontano a circa 600 000 euro..."
Eh già... 1.200.000.000 lire in 5 anni. Pari a 240.000 milioni di lire all'anno. Pari ad oltre 1.200.000 lire per ogni giorno lavorativo. Si sa... combattere le caste e gli sprechi comporta qualche spesuccia... E a tal proposito ci viene in mente che fra i "soci fondatori" della rottamazione (quelli che dobbiamo rivoltare la politica e le sue malefatte come un calzino), c'era tale Luigi Lusi.
Lusi... Lusi... il nome mi ricorda qualcuno... O solo un omonimo? Ma no... è proprio lui, non un omonimo... E' proprio uno dei soci fondatori del renzismo, e uno dei finanziatori del "MòViMento" dei rottamatori... Facciamoci sempre una cultura su Wikipedia:
"...il senatore (Luigi Lusi) è indagato per aver sottratto i soldi dei rimborsi elettorali in virtù del suo incarico di tesoriere della Margherita, creando una contabilità parallela, che sarebbe sfuggita ai controlli dei revisori dei conti, perché prelevati in piccola quantità. Secondo l'accusa i soldi sarebbero stati trasferiti in Canada, frazionati in novanta bonifici, sul conto della società TTT srl e Paradiso, della quale era unico proprietario. Infine, approfittando dello Scudo Fiscale, avrebbe fatto rientrare il capitale, investendo in immobili in Roma e in altre provincie, usando i parenti come prestanome e depositando il resto sul proprio conto corrente..."
Insomma, una persona perbene. Matteo i suoi li sceglie accuratamente, mica come i vecchi dinosauri del PCI... Ma leggiamo più avanti, da una deposizione giurata di Luigi Lusi:
"...Il 23 giugno 2012 interrogato davanti al Pm di Roma per la convalida dell'arresto Lusi ha chiarito di non voler dire tutto in merito alla vicenda che lo riguarda non volendo fare il capro espiatorio di qualcuno, consegnando due lettere scritte di pugno dall'ex leader della Margherita Francesco Rutelli in cui si fa riferimento alla ripartizione di circa un milione e mezzo di euro tra le varie correnti della Margherita in vista delle europee del 2009, tramite un rapporto di 60-40 tra popolari vicini a Bianco e rutelliani vicini a Rutelli. Di questi soldi 100 mila dovevano andare a Matteo Renzi, Sindaco di Firenze..."
Dunque, guardiamo da vicino il gruppo dei "fondatori" del MòViMento Rottamatori":
Matteo Renzi, un mesetto dopo aver fondato il movimento per il rinnovamento ab imis della politica, lo ritroviamo a cena, a lume di candela, ad Arcore. Col delinquente Silvio (di cui da un pezzo si "sospettavano" le malefatte", e con la figliola Barbara. Si trovano tutti reciprocamente simpatici.
Pippo Civati ha il coraggio di scrivere - sotto pressione dei lettori - una mezza riga sul suo blog: "Io non ci sarei andato". Arriva la scomunica da parte di Renzi, che abbandona per sempre il blog del MòViMento (prossimaitalia.it). E per il Tafanus - che osa chiedere provocatoriamente per ben tre volte al Ciwati come mai Renzi non viene più sul SUO blog, arriva la bannatura, e la scomunica. Da Renzi??? No! dal Ciwati. Che per la prima volta su prossimaitalia.it risponde al commento di qualcuno, iniziando una campagna contro il "troll" Tafanus. Ma un politico della sua levatura non ha niente di meglio da fare? Sembrerebbe di no. Smette di incitare i suoi superstiti adepti a trattare il Tafanus come un troll solo quando gli faccio notare che ormai prossimaitalia.it è ridotto al 10% delle visite sul Tafanus, e che pertanto avrei modi più proficui di occupare il mio tempo, che non quello di trolleggiare su prossimaitalia.it
Simpatici, questi rottamatori... Luigi Lusi in galera. E (...quando si dice che a volte la realtà supera la fantasia...), ad uno che ha rubato almeno 13 milioni di euro "ad insaputa" del resto dei margheriti, "...dal 18 settembre 2012 il Giudice per le Indagini Preliminari di Roma Simonetta D'Alessandro, ha concesso gli arresti domiciliari presso il Santuario della Madonna dei Bisognosi vicino Carsoli, in provincia dell'Aquila..."
Dicevamo... un vero gotha, il gruppo dei soci fondatori... Prendete Matteo Richetti... un carneade, anche lui Margherito, che - piuttosto che niente - "...nell'ottobre 2012 è finito al centro di alcune polemiche sull'utilizzo delle auto blu da parte di alcune cariche politiche della regione Emilia Romagna...". Insomma, qui non siamo al caviale, ma al piatto di lenticchie.
Fra gli organizzatori della prima Leopolda poteva mancare Debora "senza acca" Serracchiani? No, non poteva, E infatti te la ki, accanto a Renzi e al Ciwati ancora non divorziato... Poi, negli anni successivi, Debora senza acca si comporta come l'asino di Buridano... In attesa di scegliere con chi fidanzarsi, o se giocare la sua partita da single, Debora partecipa a targhe alterne alle leopolde renziane a Firenze, ma anche alle contro-leopolde ciwatiane a Bologna. Per la serie "quando deciderò cosa farò da grande, ve lo farò sapere".
Andrea Marcucci, altro "rottamatore "ggiovane ggiovane". In parlamento per la prima volta nel 1992, col noto partito di sinistra (è esistito, è esistito...) denominato PLI - Partito Liberale Italiano. Quello di Renato Altissimo, mica quello di Malagodi... Nel 1996, essendo morto il PLI, passa ad un altro partito "'de sinistra verace": Lista Dini-Rinnovamento Italiano. Infine, avendo fatto anche questo una brutta fine (...ah... queste soglie di sbarramento...), nel 2006 cerca rifugio nella sinistra extraparlamentare: La Margherita. Accolto. ma trombato. Nel 2010 (piuttosto che niente meglio piuttosto) aderisce al renzismo. Vi faremo sapere.
Francesco Ferrante, anbientalista, e quindi eletto nel 2006... indovinate con quale gruppo della sinistra extraparlamentare? Indovinato! Margherita.
Pietro Ichino: un altro che deve ancora decidere cosa farà da grande. Nasce e campa la vita addirittura come dirigente Fiom-Cgil, poi si sposta "verso" il PD che lo accetta come indipendente. Net 2007, dando prova di grande acume politico, aderisce al "Tavolo dei Volenterosi" fondato nientemeno che da Daniele Capezzone. Come ci si può ridurre... Proprio così: "Tavolo". E per piacere, non chiedetemi che cazzo sia. Nel 2012, dando prova di "Grande Accettatore delle Regole della Democrazia, poichè alle primarie vince Bersani e non Renzi, lui non ci sta, ed aderisce (dando prova di grande fiuto politico) al MòViMento di Mario Monti (cfr.: "Storia di un bambino mai nato") E' uno dei maggiori responsabili della peggior politica di destra (il precariato eretto a sistema) avallato dalla sinistra.
Luigi Bobba: "...dal 1994 è stato vicepresidente nazionale delle Acli, di cui è diventato presidente nel novembre 1998 [...] È considerato un teodem, termine coniato da lui e Enzo Carra. Nel 2007 ha pubblicato il libro Il posto dei cattolici; alla presentazione è intervenuto il cardinale Tarcisio Bertone..." Insomma, l'ennesimo democristo imbarcato dal centro-sinistra.
Roberto Giachetti: "...comincia a fare politica da giovane, nei movimenti studenteschi e poi a 18 anni nel Partito Radicale fino al 1989, in quegli anni è anche redattore di Radio Radicale. Successivamente aderisce ai Verdi ed è eletto come consigliere circoscrizionale a Roma. Dal 1993 al 2001 è prima capo della Segreteria e poi Capo di Gabinetto del Sindaco di Roma Francesco Rutelli. Tra i fondatori de La Margherita, nel 2001 ne diviene Segretario cittadino di Roma e viene eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati..."
Maria Paola Merloni - Figlia dell'omonimo frigorifero e della omonimissima lavabiancheria... Pensate... uno dei modelli di successo di elettrodomestici bianchi della Merloni si chiamava, per l'appunto, "Margherita" (...quando si dice le premonizioni...) È stata presidente di Confindustria Marche dal 2004 al 2006. Alle elezioni di quell'anno è stata eletta alla Camera dei deputati per La Margherita (...ma va?1?1...) e ha fatto parte della direzione federale del partito [...] Alle elezioni politiche del 2013 si candida come capolista al Senato nelle Marche per la coalizione Con Monti per l'Italia (... la famosa Lista Cinica...)
Ermete Realacci: ennesimo margherito coté anbientalismo: "...dal 1987 al 2003, è stato presidente di Legambiente, divenendo uno dei maggiori esponenti dell'ambientalismo italiano. Alle elezioni politiche del 2001 è stato eletto deputato dell'Ulivo nella circoscrizione XII (Toscana), collegio di Pisa. Nel 2006 è stato eletto in Toscana sempre come deputato dell'Ulivo. Ha fatto parte dell'esecutivo de La Margherita (...ma va?!?!...) [...]
Insomma, quando ho predicato con forza che "non voglio morire democristiano", mica volevo dire che intendevo morire renzian-margherito!
Ma torniamo al Blog Tafanus, che secondo alcuni nostri non rassegnati opinion-makers è un covo di antirenziani appollaiati fissi sul blog.
Bene, Google_Analytics - non io - strumento di controllo al quale ho aderito su richiesta dei pochissimi investitori pubblicitari sul Tafanus, sembra essere di parere diverso. Ad esempio, sembrerebbe che il Tafanus non sia un covo di assatanati antirenziani appollaiati h24 sul blog per lottare contro il renzismo. Sembrerebbe che due terzi dei visitatori quotidiani del blog arrivino sul Tafanus trascinati non dall'anti-renzismo, ma dai motori di ricerca, e che arrivino al Tafanus cercando notizie che spesso trovano. Sembrerebbe. Insomma, appartengono alla categoria dei "visitatori unici", non a quella degli abituali. Strano, vero?
Poi "sembrerebbe" che quel terzo di visitatori definiti "non unici" (e quindi visitatori con più visite all'attivo nell'ultimo anno) non siano zecche appollaiate 24 ore al giorno sul Tafanus. Rientrano nella categoria dei visitatori definiti "non unici" anche quei poveracci che hanno avuto la disgrazia di capitare qui anche solo due volte in un anno. Vediamo di quantificare. Le "zecche" (per fortuna loro e nostra) sono pochissime:
Insomma, sembrerebbe che dei circa 600.000 visitatori totali, solo un 15% visiti il blog ALMENO una volta a settimana, e solo 53.785 (ol 9%) lo visitino più o meno quotidianamente (almeno 201 volte all'anno). Altro che conventicola di antirenzismo...
Infine... chi l'avrebbe mai detto??? su questo blogghino italiano c'è una delle più alte percentuali di settore fra i blog personali i cui visitatori arrivano da altre lingue e da altri paesi, e ai quali dubito che freghi qualcosa delle nostre beghe su Matteo Renzi, vero?
Di fatto, su circa 600.000 visitatori, 515.000 vengono da aree di lingua italiana, ma 85.000 (il 14,2%) vengano da altre aree linguistiche. E solo in minoranza si tratta di italiani all'estero.
Visitatori per lingua d'origine
Credo che a questo punto, viste le origini politiche di questi "rottamatori d'accatto" (quasi tutti ex o post democristiani), con innesti berlusconiani (Giorgio Gori, Barbara Berlusconi, Maria De Fiippi, Signorini), e con simpatie che spaziano anche da e verso i Luigi Lusi, i Marchionne, gli Ichino, i cardinali Betori e Bertone), parlare di Matteo Renzi come dell'unico in grado di risollevare le sorti della sinistra non sia da deficienti, ma da efficienti-deficienti.
Qualche volta prendere atto dei fatti costa fatica. Più spesso, rifiutarsi tetragonamente di prenderne atto, costa la perdita della faccia.
Tafanus
Scritto il 04 agosto 2013 alle 18:00 | Permalink | Commenti (57)
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Scritto il 04 agosto 2013 alle 08:01 | Permalink | Commenti (1)
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UOMINI DI PAROLA - Titolo originale: "Stand Up Guys" (Recensione di Angela Laugier)
Regia: Fischer Stevens
Principali interpreti: Al Pacino, Christopher Walken, Alan Arkin, Julianna Margulies, Vanessa Ferlito, Lucy Punch- 95′- USA 2013.
Un tempo, gli amici inseparabili Val (Al Pacino), Doc (Christopher Walken) e Hirsch (Alan Arkin) costituivano un formidabile terzetto di balordi (Tipi svegli, ci dice il titolo originale inglese), un po’ gangster, un po’ mafiosi, che avevano messo a segno qualche colpo fortunato e che in ultimo erano incappati in un “incidente” molto grave, con tanto di morti, per il quale aveva voluto pagare soltanto uno di loro, Val che, tacendo i nomi dei complici e accollandosi tutte le responsabilità dell’accaduto, era finito in galera per ben ventotto anni. Gli altri due avevano avuto un diverso destino: ora Doc si era messo a fare il pittore, specializzandosi nel dipingere l’alba, e frequentava assiduamente un bar-ristorante, allietato dal sorriso di una giovane e graziosa cameriera, Hirsch, invece, rimasto vedovo e in precarie condizioni di salute, da qualche tempo era ospite di una casa di riposo. All’uscita dal carcere, Val viene accolto da Doc, che gli promette ospitalità nel proprio alloggio, ma che in realtà dovrebbe ucciderlo, perché così gli impone, pena la vita, la durissima legge malavitosa del suo vecchio capo banda, che durante l’”incidente” aveva perso il suo unico figlio e intendeva in questo modo vendicarlo.
Tutto il film, che si svolge in uno strettissimo lasso di tempo, poco più di una notte, è articolato fondamentalmente su due temi: il primo è il senso del ritrovarsi fra vecchi compagni, sia pure di scelleratezze, per i quali il lungo distacco non ha cancellato i legami d’ amicizia vera e di reciproca lealtà; il secondo è come i tre possano, in una sola notte di follie e di stravaganti esperienze, illudersi di ricuperare la giovinezza perduta cercando di vivere fino in fondo quelle ore che potrebbero essere le ultime della loro vita.
Il regista segue i tre diversi attori, grandissimi, che interpretano le parti maschili, scavando nella psicologia di ciascuno di loro: Val, per ventotto anni privato della vita, intende famelicamente riappropriarsi di tutto ciò che gli è stato negato, dal cibo, al sesso, alla droga, finendo all’ospedale per i suoi eccessi, ma quasi subito uscendone, ripulito e lucido; Doc combatte con se stesso per non ucciderlo, pur sapendo che ciò potrebbe costargli la vita; Hirsch, invece, vorrebbe, prima di morire, realizzare ciò che non gli era stato mai possibile, legato com’era stato, sempre, alla fedeltà coniugale: una notte d’amore con due donne.
Degli sviluppi avventurosi di quella notte straordinaria, fra bordelli, locali notturni, ristoranti, inaspettati incontri, ospedali, un cimitero, farmacie, negozi e mercatini svaligiati, naturalmente, non intendo parlare, per non togliere il piacere della visione di un film abbastanza straordinario e sorprendente, sia per l’eccellenza degli interpreti, sia per la “verità” convincente dei loro personaggi, sia per il tono complessivamente fiabesco di ciò che viene descritto e che perciò non può essere valutato secondo i canoni della verosimiglianza, ma appunto secondo quelli delle avventure favolose, in cui tutte le cose, alla fine, dopo i dovuti chiarimenti e le dovute agnizioni, vanno al loro posto, per quanto strano, incredibile e contraddittorio possa sembrare.
Angela Laugier
Scritto il 04 agosto 2013 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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...è morta la mamma di Bambi, come sembrerebbe da questo magnifico filmato, o la madre dei "bamba"?
(Credits: ringrazio Alessandro Duma per la segnalazione)
Scritto il 03 agosto 2013 alle 22:11 nella Berlusconi, Satira | Permalink | Commenti (3)
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...c'era una volta la Rimini del Grand Hotel di Federico Fellini...
Il fenomeno aveva colpito molto me e Marisa quando quest'inverno eravamo stati a Rimini per l'incontro di Fed Cup (la Davis femminile) contro gli USA. Al ristorante dell'albergo molto personale russo (prevalentemente ukraino), e menù scritti in cirillico, in tedesco e talvolta persino in italiano. Abbiamo chiesto al direttore dell'albergo. Ci ha detto che erano i "nuovi commercianti". Rimini e dintorni sono zone di outlet molti forniti, e molta gente arriva dagli stati ex URSS coi valigioni vuoti (ci sono molte città collegate con Rimini da voli diretti low-cost) e ripartono per Kiev coi valigioni strapieni di tutto, da rivendere ai negozi post-sovietici. Ma qualche aereo pieno di "nuovi magliari" non bastava a spiegare una Rimini trasformata rispetto a quella che ricordavo. Tutto aperto, anche in inverno. Alberghi, ristoranti, negozi. E tutti gli avvisi rigorosamente in russo. Insomma, Rimini è riuscita a rinascere come luogo "all year round" da località estiva, come ce la ricordavamo.
L'articolo di questa settimana di Roberto di Caro ed Elisabetta Tola su l'Espresso ci aiuta a capire.
La Riviera è in crisi di tedeschi. E apre la caccia ai turisti dell'est. Non solo magnati. Anche classe media. Tra menù in cirillico. E pacchetti a prezzi stracciati
Tedeschi in ritirata a nord della linea gotica verso Ravenna, i suoi mosaici e i suoi lidi naturali. Russi che dilagano, ormai prima forza, da Rimini, tra locali di movida e negozi di lusso, a Milano Marittima, patria di calciatori e veline. Piccoli storici distaccamenti inglesi, olandesi, svizzeri, scandinavi e prime pattuglie kazache, polacche, lettoni, lituane. È il risiko del turismo estate 2013 sulla costiera romagnola. Guerra guerreggiata, colpi bassi inclusi. Come rimborsare fino a 300 euro la tassa sulla casa al turista che si ferma almeno un tot di notti, o dirottare non singoli velivoli ma tre o quattro compagnie low cost, finanziate dall'aeroporto di Rimini, che si è svenato fino a cumulare un debito di 50 milioni perché lì facessero scalo, e dai tour operator, che i voli li comprano "vuoto per pieno", cioè te li pago subito poi è affar mio rivenderli. In attesa del resto dei Brics: con albergatori e ristoratori a chiedersi quando arriveranno cinesi, brasiliani e bollywoodiani, e a studiare come evitare che un potenziale mercato di milioni di villeggianti gli scivoli via tra le dita e finisca in Grecia e Spagna.
Che la Romagna sia una macchina da guerra invidiata e copiata è storia fin dagli anni Sessanta: Rimini della pensione familiare per l'operaio con le rate della lavatrice, Rimini delle nobildonne in lungo al Grand Hotel sotto l'occhio sardonico di Federico Fellini. Solo che nel tempo, fra alti e bassi, riviera dell'eccesso anni Ottanta e ritorno all'ordine decennio Duemila, la macchina s'è parecchio arrugginita. E fatica a tenere il passo, come fotografa Patrizia Rinaldis, un hotel a 3 stelle, presidente dell'Associazione albergatori di Rimini: «Si è demonizzato il divertimento delle discoteche estreme anni Ottanta, ora cerchiamo affannosamente di recuperare i giovani con notti rosa e street parade. Metà dei 1.100 alberghi di Rimini, 2.300 in provincia su trenta chilometri di costa, sono in affitto, così i margini si riducono per proprietari e gestori, si investe meno e la qualità scende. Ora coi low cost stiamo recuperando parte dei tedeschi. Ma, soprattutto, fortuna che ci sono i russi...»
Già, fortuna davvero. Dall'anno scorso sono la prima nazionalità dopo gli italiani. Quella che più spende e non solo in letto e cibo, se negli hotel di lusso a ogni pulizia delle stanze gli inservienti spazzano via quintalate di sacchetti e scatole Gucci, Prada, Armani, Dolce & Gabbana. Al mercatino riminese del giovedì sera le turiste russe fanno fuori «anche gli ultimi pizzi e merletti, specie quelli più vistosi e d'effetto», nota la signora parigina del banchetto lingerie. E a Riccione tengono in piedi il rosario di negozi di alto lignaggio di viale Ceccarini. «Non ci fossero loro avremmo già chiuso tutti», tagliano senza giri di parole le sorelle Baleani, Lucia, Anna e Polly, due commesse madrelingua nel negozio di alta gioielleria e Lucia della maison di bijoux a scuola per imparare le cento parole chiave della lingua di Tolstoj: perché, quanto ai gusti, i clienti «si sono un po' italianizzati superando l'ossessione della griffe, del tutto-Versace o tutto-Dior, ma continuano a non spiccicare una parola d'inglese».
Anche l'indotto è dei meno prevedibili. Non solo i menù in cirillico, ma la webradio in russo sul sito della Provincia di Rimini, la rassegna quotidiana della stampa russa che trovi in vari stabilimenti balneari, e in lingua gli annunci degli altoparlanti tipo "ritrovato un bimbo di anni 6 costumino rosso". E i corsi: quelli di gnocco fritto e italici dolciumi frequentati 9 su 10 da signore moscovite; quelli per blinis e sbobbe alla panna acida che l'Associazione albergatori prova a organizzare per gli aderenti perché imparino a variare un po' le colazioni secondo i gusti dei nuovi ospiti; quelli di lingua russa con allievi i desk officer di alberghi e pensioni, 10 lezioni di 4 ore ciascuna.
Gemellata la rossa Rimini d'antan con la Sochi sovietica delle dacie di zar, Stalin e oggi Putin, dalla caduta dell'Urss quella attuale è la seconda ondata di russi. E la prima fu una fregatura. Negli anni Novanta arrivarono gli aspiranti oligarchi epoca Eltsin, magari rozzi ma straricchi e spreconi: «I negozianti si entusiasmarono, raddoppiarono i prezzi persino dei portacenere ricordo. Ma improvvisa arrivò la crisi del rublo, i russi sparirono, i negozi si svuotarono, molti chiusero. Impararono, forse non abbastanza, che bisogna diversificare l'offerta e la clientela», racconta Leopoldo Veronese, una vita al Grand Hotel di Rimini di cui è da un lustro il direttore. Dei suoi russi parla bene, «ormai s'intendono di vini e cibo, non scelgono più guardando solo il prezzo, hanno smesso di dire "io pago" come quando toccava rispondergli "perché, gli altri stan qui gratis?"». Piuttosto, quanto chiacchierano, le russe! In conciergerie c'è sempre almeno una persona madrelingua, e passa ore a spiegare tutto sullo shopping. In ufficio c'è invece una bella signora kazaka, Aizhana Zhantuarov, che per tutti i 12 hotel del gruppo (Batani, storia imprenditoriale da una pensione 2 stelle alla catena di lusso) cura proprio il mercato russo e repubbliche ex-sovietiche e ti racconta come funziona: «Intanto, prima dell'inizio della stagione, ospitiamo 3 mila tour operator e banconisti delle agenzie di viaggio...». Tremila, sì, non è una svista, se vuoi i turisti te li devi sudare.
E ormai il viaggio organizzato è solo due terzi del mercato, gli altri prenotano su Internet, il visto è diventato facile ottenerlo, viaggiano per conto loro. Così anche i tour operator diversificano, spiega Marina Nikitenko, capo in Italia di Tez Tour, in Russia uno dei due o tre grandissimi con decine di migliaia fra dipendenti e indotto: «Per noi l'Italia è ancora una meta secondaria, tutta da lanciare. Sì, il russo d'estate va soprattutto sui 4 stelle, ma non c'è più bisogno di esser ricchi per venire in vacanza da voi: da novembre a febbraio offriamo sette notti a 350 euro, inclusi colazione, viaggio, visto, escursioni giornaliere». Significa, anche se lei non lo dice, che dagli alberghi comprano pacchetti giornalieri 15 euro a persona. Le escursioni hanno per meta le città d'arte: Venezia, Firenze e la Verona di Romeo e Giulietta a tre ore di pullman. Ma anche le fabbriche: Ferrari e Lamborghini, arte quanto Giotto e Cimabue, e nelle Marche quelle di borse e scarpe, le russe ci vanno matte e comprano anche per i mariti. Un gran traffico c'è sempre verso gli outlet, cinque a tiro da qui, diversificati per prezzi e brand.
E la cultura, il Tempio Malatestiano con Giotto e Piero della Francesca, il Palazzo dell'Arengo, l'Arco di Augusto, l'altra Rimini al di là della ferrovia? Un altro mondo, dove i russi li conti sulle dita di una mano e anche il resto dei villeggianti non è che fanno la calca. Si zoppica persino su Fellini, somma icona: gli hanno intitolato l'aeroporto e il piazzale in faccia al Grand Hotel, le vie attorno si chiamano come i suoi film, c'è il birrificio Amarcord che produce le birre Gradisca, Volpina e Tabachèra, «ma non siamo mai riusciti a farne un prodotto turistico», si lamenta Alessandro Rapone, segreteria Cna (qui gli artigiani conglobano industria, nautica, moda e quant'altro); «la Fondazione che doveva gestirne l'eredità di materiali e disegni è sull'orlo del fallimento. Il cinema Fulgor dove andava da piccolo è ancora in ristrutturazione. Avevamo un festival del cinema e ce lo siamo giocati...»
Tutta un'altra storia quella dei tedeschi. Erano gli incontrastati dominatori della riviera del boom economico. Parsimoniosi, abitudinari, fedelissimi al punto che, racconta Laura Vici, ricercatrice di Scienze turistiche al campus di Rimini dell'ateneo bolognese e figlia di piccoli albergatori, «da noi venne trent'anni fa una squadra di pulcini di calcio e da allora saltano magari un anno ma tornano sempre, oggi coi figli! Per il resto, il mercato è cambiato ovunque, in modo radicale e strutturale». Caso simbolico, il suo, ma i numeri non sono più così rilevanti. È a nord, verso i lidi ravennati, che i tedeschi li trovi ancora maggioranza. «Più a maggio, giugno, settembre che nei mesi della calura, più in campeggio o residence che in albergo, più in un due o tre stelle che in uno di lusso. Amanti della natura, della tranquillità, dei monumenti e dei mercati di Ravenna ma capaci di passare un pomeriggio con un libro in mano davanti alla roulotte», li descrive Gianluca Bassani, presidente provinciale dei campeggiatori, dell'Adria, storico camping del 1968 a Casalborsetti, il più a nord dei lidi ravennati, famoso per le prime tedesche e svedesi.
Sparirono in un lampo, i tedeschi come gli altri, nel 1989 della mucillaggine: quando il mare fu invaso da alghe biancoverdi e «il giorno di ferragosto mi ritrovai in spiaggia a giocare a briscola coi dipendenti perché non c'era un solo cliente». Tornarono molto lentamente, e ora vai al supermarket di Paola Monticelli e Francesco Vicino (che tre anni fa hanno mollato l'Art Café di Rimini per venirsene qui) e ci trovi i cetrioli Fischer fatti a Sinbach, i Frankfurter Art Würstel in budello naturale imbarattolati a Edewecht senza i quali il teutone può morire di fame, e le imperdibili Brat-Kartoffeln, patate a fette sotto vuoto già condite pronte per la padella. Ma cosa trovano, patate e salsicciotti a parte? Non abbastanza, secondo Alberto Gemignani, ristorante Giumè a Casalborsetti, pontile di 180 metri sul mare costruito nel ‘64 su palafitte dal nonno Giovanni come capanno da pesca: «Cinque o sei anni fa i lidi erano tutta una festa e alle discoteche c'era la coda, oggi i buttadentro ti tirano a forza. La Bmw sembrava l'auto della casalinga media, oggi girano in Panda. La verità è che qui i proprietari hanno campato di rendita senza investire per rinnovare le strutture. Così alla prima mazzata della crisi il castello di carte è crollato».
È il guaio italiano, viviamo di turismo e cultura e non ci investiamo un soldo bucato, tra ministeri fantasma e strategie miopi. Il turismo tedesco ne è la perfetta cartina di tornasole. Vai a Ravenna, splendida, bizantina, Teodolinda e Sant'Apollinare, candidata a Capitale europea della cultura 2019, la sera in piazza del Popolo un fantastico spettacolo di giocolieri col fuoco e acrobati sulla Torre dell'Orologio. Ma così tratteggia la situazione Andrea Corsini, assessore al Turismo al Comune e presidente della neonata Unione di prodotto fra cento enti e consorzi dell'intera riviera romagnola: «Ai Sessanta non torneremo mai, però da tre anni i tedeschi hanno ricominciato a crescere, 5 per cento. A prezzo di forti investimenti in promozione: partecipiamo a tutte le fiere di settore, abbiamo un promoter in Germania, tessiamo rapporti coi tour operator, portiamo in giro copie dei nostri mosaici per le città tedesche, abbiamo a Porto Corsini un nuovo terminal per crociere che sostano un giorno». Quando gli chiedi il perché di tale abnorme ritardo, risponde: «Cecità. Ignavia. A Ravenna c'era il porto, la chimica, l'industria, i russi andavano altrove, i tedeschi venivano comunque...»
Scritto il 03 agosto 2013 alle 21:53 nella Economia, Politica | Permalink | Commenti (2)
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Berlusconi, duro il Financial Times: "Cala il sipario sul buffone di Roma" (Fonte: Repubblica.it)
L'editoriale del prestigioso quotidiano finanziario all'indomani della conferma della condanna a quattro anni nei suoi confronti al processo per i diritti tv Mediaset
Duro editoriale del Financial Times all'indomani della sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna a quattro anni per la sentenza Mediaset nel confronti dell'ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. "Cala il sipario sul buffone di Roma", scrive il quotidiano finanziario della City, per il quale "dopo il verdetto il Senato dovrebbe cacciare Berlusconi" che "ha accusato i magistrati di parzialità politica" nei suoi confronti, "ma non è riuscito a produrre alcuna prova a sostegno delle sue affermazioni".
"Alcuni ritengono che il reato per il quale Berlusconi è stato condannato è poca cosa rispetto all'enorme quantità di tasse che paga -si legge nell'editoriale- ma non è mai corretto ingannare il fisco. I politici hanno una particolare responsabilità nel dare l'esempio, specialmente in Italia, dove la diffusa evasione fiscale è una delle principali ragioni del terribile stato delle finanze pubbliche ". Per il Financial Times, "i giudici di Roma dovrebbero essere lodati per la loro indipendenza" e "il verdetto dimostra che nessuno è al di sopra della legge".
"Se Berlusconi avesse un briciolo d'onore, ora darebbe le dimissioni. Risparmierebbe ai suoi colleghi senatori l'imbarazzo di dover espellere un ex primo ministro". Infine, per il FT, che ricorda come l'ex premier abbia già promesso battaglia e che molti membri del suo partito potrebbero seguirlo, in Italia "i tempi sono maturi per l'emergere di un partito di destra che sia pronto a liberarsi del frenetico populismo di Berlusconi, per abbracciare il liberismo economico. Dopo anni di inefficace protagonismo, l'Italia ne beneficerebbe molto", conclude l'editoriale.
Scritto il 03 agosto 2013 alle 13:11 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (13)
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Scritto il 03 agosto 2013 alle 02:07 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (11)
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Il nostro sondaggino, per quel che vale, ha superato in poche ore le 123 risposte, ed ecco - stando ai primi risultati - come sposterebbe i voti l'arrivo alla leadership del PD del "Bischero di Frignano", altrimenti detto "L'unico Che Può Far Vincere il PD":
Insomma, un successone!
Scritto il 02 agosto 2013 alle 19:57 | Permalink | Commenti (11)
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Sugli effetti devastanti per il centro-sinistra e fantasmagorici per Berlusconi della condanna non metto più lingua. Basterà osservare, melle prossime settimane, ciò che succederà ai già programmati sondaggi sulle intenzioni di voto ai partiti, e sulla fiducia nei vari leader.
Sugli effetti benefici della (eventuale) leadership di Matteo Renzi per il PD, invece, dato che molti ne parlano, ma NESSUNO fin qui è riuscito a citarmi dei numeretti (e la relativa fonte), ci siamo presuntuosamente permessi di inserire noi un artigianale sondaggio (riproposto in calce, e situato comunque in alto a sinistra nella homepage del Tafanus).
Lo so. E' un sondaggio online, e quindi inaffidabile. Il Tafanus non rappresenta l'universo, ma è sbilanciato sul centro-sinistra. Ma è esattamente del centro-sinistra, che cerchiamo di parlare. E comunque numeretti sbilanciati e non rappresentativo sono pur sempre meglio di aggettivi sbilanciati e non rappresentativi. Quindi vi prego di votare e far votare. Grazie
Tafanus
VIAGGIARE INFORMATI - Sulla incandidabilità e incompatibilità della carica di parlamentare o membro del governo, anche in assenza di sentenza si intrerdizione, vale quanto statuito con DL del 31/12 2012, approvato ANCHE coi voti dei berlusclones:
DECRETO LEGISLATIVO 31 dicembre 2012 , n. 235 - Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilita' e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190. (13G00006)
Vigente al: 4-1-2013
Art. 3 - Incandidabilita' sopravvenuta nel corso del mandato elettivo parlamentare
1. Qualora una causa di incandidabilita' di cui all'articolo 1 sopravvenga o comunque sia accertata nel corso del mandato elettivo, la Camera di appartenenza delibera ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione. A tal fine le sentenze definitive di condanna di cui all'articolo 1, emesse nei confronti di deputati o senatori in carica, sono immediatamente comunicate, a cura del pubblico ministero presso il giudice indicato nell'articolo 665 del codice di procedura penale, alla Camera di rispettiva appartenenza.
Art. 4 - Incandidabilita' alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia
1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la
carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia coloro
che si trovano nelle condizioni di incandidabilita' stabilite
dall'articolo 1.
Scritto il 02 agosto 2013 alle 15:03 | Permalink | Commenti (51)
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Gli effetti della sentenza della Cassazione: in base a una legge del governo Monti, l'ex premier non potrà essere candidato per sei anni e il Senato dovrà votare sulla decadenza parlamentare. Con tre anni coperti dall'indulto, resta un anno dei 4 di pena da scontare: la scelta tra affidamento ai servizi sociali e domiciliari
Condanna irrevocabile a 4 anni di reclusione per frode fiscale. E' questa la parte della sentenza Mediaset, subito esecutiva, che avrà riflessi immediati sulla vita di Silvio Berlusconi.
INCANDIDABILITA' PER SEI ANNI -
Primo aspetto: il futuro politico di Berlusconi. In base all'art.1 del
decreto legislativo 31 dicembre 2012, varato dal governo Monti, non
possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di
deputato e di senatore "coloro che hanno riportato condanne definitive a
pene superiori a due anni di reclusione, per delitti non colposi,
consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione
non inferiore nel massimo a quattro anni". Tra questi rientra anche la
frode fiscale, il reato per il quale è stato condannato Berlusconi.
Questa incandidabilità scatta a prescindere dalle eventuali pene
accessorie e in ogni caso non è inferiore a 6 anni.
VOTO SULLA DECADENZA - Le implicazioni riguardano anche il mandato parlamentare in
corso: l'ex premier è attualmente senatore. Sempre secondo il decreto
dell'esecutivo Monti la Camera di appartenza, quindi il Senato, riceve
subito la comunicazione della sentenza definitiva e delibera ai sensi
dell'articolo 66 della Costituzione. Che prevede prima un'istruttoria
della Giunta per le elezioni e le Immunità (presieduta da Dario Stefano,
Sel) e poi il voto (segreto se richiesto da almeno 20 senatori) di
convalida da parte dell'aula. A cui spetta, quindi, ratificare la
decadenza di Berlusconi dal mandato parlamentare.
PASSAPORTI RITIRATI - L'altro
aspetto riguarda la vita privata dell'ex premier. Il dispositivo della
sentenza sarà tempestivamente inviato alla Procura di Milano, che dovrà
eseguire la pena. Effetto pratico, da non trascurare, a Berlusconi sarà
chiesta dalla questura la restituzione del passaporto ordinario. Mentre è
prevedibile che il ministero degli Esteri si attivi per il ritiro del
passaporto diplomantico.
AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI -
Considerando i tre anni coperti dall'indulto, a Berlusconi resta da
scontare un anno di reclusione. Il carcere può essere escluso. La
Procura emetterà, infatti, contemporaneamente all'ordine di esecuzione
della pena, anche quella di sospensione per 30 giorni. In questo lasso
di tempo, in base alla legge Simeone-Saraceni, l'ex premier potrà
scegliere se richiedere le misure alternative "dell'affidamento ai
servizi sociali" o "della detenzione domiciliare". Trovandoci nel
periodo di sospensione feriale, questo processo si metterà in moto dopo
il 15 settembre. Quindi la scelta di Berlusconi dovrà avvenire entro il
16 ottobre.
DETENZIONE DOMICILIARE - Berlusconi
ha già fatto sapere di non avere nessuna intenzione di essere affidato
ai servizi sociali. Ma in ogni caso, anche se non dovesse presentare
nessuna richiesta, non andrà comunque in carcere, ma ai domiciliari. Per
due motivi: 1) ha più di 70 anni, 2) come nel caso di Alessandro Sallusti, l'orientamento del procuratore milanese Edmondo Bruti Liberati è di ricorrere il più possibile alle misure alternative, secondo quanto prevede anche il dl Severino (cosiddetto svuota carceri) per pene da scontare fino a 18 mesi.
PERMESSI DA AUTORIZZARE - In
ogni caso con l'ex premier ai domiciliari, sarà il Tribunale di
sorveglianza a dettare le prescrizioni a cui dovrà conformarsi
Berlusconi. Se restasse senatore è immaginabile che i magistrati
autorizzino qualsiasi impegno parlamentare. Nel caso decadesse, invece,
le richieste di natura politica, dovranno essere valutate di volta in
volta.
Scritto il 02 agosto 2013 alle 12:55 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (16)
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Scritto il 02 agosto 2013 alle 01:37 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (12)
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Il dispositivo integrale della sentenza - "La Corte suddetta rigetta i ricorsi di Agrama Frank, Galetto Gabriella, Lorenzano Daniele, che condanna al pagamento delle spese processuali. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Berlusconi Silvio limitatamente alla statuizione relativa alla condanna alla pena accessoria dell'interdizione temporanea per anni 5 dai pubblici uffici, per violazione dell'articolo 12, comma 2, dlgs 10 marzo 2000, numero 74 e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte d'appello di Milano perchè ridetermini la pena accessoria nei limiti temporali fissati dal citato articolo 12, ai sensi dell'articolo 133 c.p., valutazione non consentita alla Corte di legittimità. Rigetta nel resto il ricorso di Berlusconi nei cui confronti dichiara, ai sensi dell'articolo 624, comma 2, cpp, irrevocabili tutte le altri parti della sentenza impugnata. Condanna tutti gli imputati, in solido, al pagamento in favore della parte civile, Agenzia delle entrate, delle spese dalla stessa sostenute in questo grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 5mila, oltre accessori come per legge".
Riportiamo in calce alcune misurate dichiarazioni di appartenenti all'area dei "moderati": quelli che "le sentenza della magistratura si rispettano":
D'Alessandro (Pdl): "Cassazione? Corporazione di becchini" - "Questo Paese era famoso per essere la culla del diritto. Oggi ne è diventato la tomba, gestita da una corporazione di becchini in toga che hanno consumato il delitto perfetto di eliminare dal panorama politico per via giudiziaria il leader di un intero popolo eletto democraticamente". Lo afferma Luca D'Alessandro (Pdl), segretario della commissione Giustizia. "Onore e solidarietà - aggiunge - a Silvio Berlusconi, di certo più innocente e pulito di chi l'ha condannato ingiustamente".
Bild: "Berlusconi potrà scegliere tra 20 case per i domiciliari" - Il tabloid tedesco Bild richiama nel titolo la misura sostanziale della condanna, "un anno ai domiciliari per Berlusconi", specificando nel catenaccio che l'interdizione dai pubblici uffici "sarà però ridefinita". "Dovrà ora andare in galera?", si chiede Bild per i suoi lettori: "No! A causa della sua età può fare richiesta per gli arresti domiciliari". Per il tabloid "Berlusconi ha solo in Italia 20 diverse residenze tra cui scegliere, tra cui la sua villa sarda con un parco enorme. Una casa allestita in maniera tanto boriosa come il ranch di Michael Jackson Neverland".
Prestigiacomo (Pdl): "Sentenza agghiacciante, giustizia non è fatta" - "Sentenza agghiacciante. Giustizia non è fatta. Berlusconi nostro unico grande leader. Reagire". Così Stefania Prestigiacomo ha commentato su Twitter
Biancofiore (Pdl): "Rimetto mio mandato a Berlusconi" - "La condanna di un innocente, del leader del centro destra italiano, dell'uomo politico col maggior numero di consensi della seconda Repubblica, del 4 volte Presidente del Consiglio, del maggior contribuente d' Italia per frode fiscale è l'Apocalisse d'Italia, la fine del mondo politico italiano e di una parvenza di democrazia nel Paese. Sto andando a rimettere il mio mandato di sottosegretario - annuncia - nelle mani del Presidente Berlusconi che per quella carica mi ha indicato all'interno del governo Letta da lui fortemente voluto". Lo afferma Michaela Biancofiore del Pdl, sottosegretario alla Pubblica amministrazione.
Lega: "Nessuna fiducia nelle toghe, ora cada governo infame" - "Nessuna fiducia in magistratura faziosa. Spero solo che adesso cada questo governo infame". Così il vice segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, dopo che la Cassazione ha confermato la condanna a Silvio Berlusconi nel processo per i diritti tv Mediaset.
Bondi (Pdl): "Cassazione non dà serenità all'Italia" - "La sentenza della Cassazione non dà serenità al nostro Paese, che avrebbe un bisogno assoluto di stabilità di governo e di riconciliazione nazionale. Toccherà alle forze politiche più responsabili e alle istituzioni più coscienti della gravità della situazione, agire per non far precipitare l'Italia in un pericoloso vicolo cieco e di mantenere aperta una prospettiva di tenuta dello Stato e della democrazia". E' quanto dice il senatore Sandro Bondi, coordinatore del Pdl.
Manifestanti esultano davanti a Palazzo Grazioli, poi la delusione - Un grido di esultanza. Le bandiere di Forza Italia hanno cominciato a sventolare non appena il giudice ha pronunciato la parola "annullamento". Probabilmente i sostenitori del Cavaliere hanno inteso che si trattava di un verdetto che riguardava tutta la condanna e non solo le pene accessorie. Infatti man mano che le notizie dalla cassazione hanno cominciato ad essere più precise e chiare anche le bandiere sono state ammainate e il clima è cambiato.
Scritto il 01 agosto 2013 alle 21:39 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (59)
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Confermata la condanna a 4 anni di carcere (quindi da oggi Berlusconi è in via definitiva è uno che operato per frodare il fisco e i soci.
Rinviata alla Corte d'Appello la parte concernente la durata dell'interdizione, che dovrebbe essere ridefinita in tre anni (cosa che non può fare la Cassazione).
Una cosa è certa: in un paese normale, Berlusconi sarebbe un uomo finito.
I miei commilitoni dell'Esercito di Silvio sono esplosi in piazza in un applauso, perchè non avevano capito un cazzo.Amen
Scritto il 01 agosto 2013 alle 19:50 | Permalink | Commenti (35)
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