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« agosto 2013 | Principale | ottobre 2013 »
Scritto il 30 settembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (20)
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Nel 2009 avrebbe dovuto ospitare il vertice dei grandi della Terra. Ma il trasferimento del summit a L'Aquila rese i lavori portati a termine a tempo di record, con costi ingentissimi, inutili o quasi. L'ex Arsenale, promise Guido Bertolaso all'epoca plenipotenziario della Protezione Civile, aveva un destino da alberghi di lusso e yacht club. Le previste bonifiche a mare, non effettuate, hanno bloccato il turismo. I costi rischiano di lievitare ancora. E di molto. Mentre Regione, ministero dell'Ambiente e Comune si scaricano le responsabilità del disastro (L'inchiesta di Carlo Bonini - Repubblica)
LA MADDALENA - Esistono catastrofi che il silenzio in cui sono state sprofondate, se possibile, rende ancora più intollerabili. E il G8 sull'Isola della Maddalena è una di quelle. Quattrocento milioni di euro di denaro pubblico hanno consegnato 27mila metri quadrati di edifici, 90mila metri di aree a terra e 110mila di mare al nulla di un progetto privato di fatto mai partito (un polo di lusso per la vela gestito dalla Mita Resort dell'ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia). Ai veleni liberati dai fondali della darsena dell'ex Arsenale militare, mercurio e idrocarburi pesanti, la cui dispersione ha raggiunto, sedimentandosi in profondità, l'area limitrofa allo specchio di mare del Parco della Maddalena.
Mezzo milione di Imu. Ogni
anno, la Regione Sardegna paga 500mila euro di Imu per strutture
architettoniche di avanguardia in cui, in 4 anni e mezzo, non ha messo
piede anima viva, abitate soltanto dal maestrale e dalla ruggine di
pilastri e tiranti cui non è stata dedicata alcuna manutenzione. Il mare
chiede bonifiche urgenti per le quali non esistono risorse sufficienti e
lì dove pure esistono impongono un accordo tra amministrazioni dello
Stato (Presidenza del Consiglio, ministero, Regione, Comune) non ancora
raggiunto. Ogni giorno che passa, ogni inverno che spazza l'Isola, il
conto sale. I 400 milioni di denaro pubblico diventeranno presto 500, o
forse addirittura 600, necessari a recuperare quello che si sta mandando
in malora e a pagare il conto dei danni chiesti dal privato - la Mita
di Emma Marcegaglia - che oggi lamenta di aver avuto in concessione
quarantennale una Grande Opera che di grande avrebbe solo le lettere
maiuscole. Una società che per giunta quella concessione si aggiudicò
con un bando sartoriale che la vide non a caso facile vincitrice. Una
società che avrebbe dovuto pagare 31 milioni di una tantum in 3 rate
alla Protezione Civile e canoni annuali alla Regione di 60mila euro per
40 anni, ma che, dal 2009 a oggi, non ha sborsato un solo centesimo.
Il saccheggio e l'inganno.
"La Maddalena è un'altra Ilva", sostiene oggi Stefano Boeri,
l'architetto che ha progettato la "Casa sull'acqua" dell'ex Arsenale,
che per quel progetto deve ancora essere pagato (il suo debitore, il
costruttore e corruttore Diego Anemone, ha dichiarato fallimento) e
sotto i cui occhi quelle opere si sono trasformate in fantasmi. Regione,
Protezione Civile, Mita Resort "sono come le tre scimmiette sul comò",
frusta Angelo Comiti, che dell'Isola è il sindaco, ma più giusto sarebbe
dire il primo naufrago, sintetizzando un'immagine e una filastrocca.
Anche perché, senza girarci troppo intorno, la verità è che mille e
seicento giorni dopo il 23 aprile del 2009, le parole con cui l'allora
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi annunciò il trasferimento
della sede del G8 dalla Maddalena all'Aquila e l'allora capo della
Protezione Civile Guido Bertolaso rassicurò l'Isola promettendo di
averle quantomeno lasciato in eredità una Grande Opera che sarebbe
diventata il volano di un'economia rimasta orfana della chiusura della
base americana, dimostrano il cinismo di un inganno. Costruito intorno a
un format che abbiamo imparato a conoscere con lo svelamento del
Sistema Balducci-Protezione Civile. Dove lo Stato perde sempre. Nella
fase iniziale di progettazione e realizzazione delle opere (gravate di
un 30-50 per cento di maggiorazioni "in conto corruzione"). Nella fase
di concessione al privato (regolarmente a prezzi di saldo). E nella sua
fase finale, altrettanto regolarmente affidata al contenzioso
"arbitrale", dove lo Stato, ancora una volta, si dispone docilmente a
soccombere alla richiesta danni del privato (la Mita Resort in questo
caso) nei cui confronti finisce per risultare inadempiente. Per non aver
"mai consegnato i verbali di collaudo". Per non aver bonificato quel
che c'era da bonificare.
La bonifica velenosa.
Già, un caso di scuola, la Maddalena. Non c'è angolo della Grande Opera
che non porti le stimmate del Sistema. A cominciare dal mare su cui si
affaccia. A fine luglio scorso, la Procura di Tempio Pausania, ha chiuso
due anni di indagini del pm Riccardo Rossi e del Noe dei carabinieri di
Sassari ed è pronta a chiedere 17 rinvii a giudizio per chi avrebbe
dovuto bonificare i 60mila metri dello specchio d'acqua dell'ex Arsenale
e, al contrario, lo ha avvelenato una seconda volta. In quel 2009,
ballavano 7 milioni di euro per la bonifica e bisognava fare in fretta.
Grattarono 50 centimetri di fondale marino di fronte all'ex Arsenale con
le benne delle ruspe, smuovendo morchia e veleni depositati in mezzo
secolo dalla Marina Militare italiana. E il dragaggio, per giunta, fu
fatto a sbalzi, per accumulare più in fretta detriti. Mercurio e
idrocarburi pesanti si dispersero in mare e le correnti hanno fatto il
resto. Portando i sedimenti velenosi fino ai confini delle acque del
Parco e obbligando a una nuova bonifica (per cui oggi non ci sono fondi
sufficienti e non è stato ancora approvato un progetto) su un area
grande il doppio di quella iniziale.
Danni imprevedibili.
Nessuno sa o può dire, in questo momento, quanto tutto questo abbia già
intossicato o possa intossicare l'eco-sistema di uno degli angoli più
belli del Mediterraneo (la situazione è monitorata dal Parco della
Maddalena e dall'Arpas). Esattamente come nessuno sa prevedere i tempi
dell'accertamento delle responsabilità dei 17 indagati per questo
disastro dalla Procura di Tempio, una di quelle sedi giudiziarie, per
dirne una, dove a metà settembre il tribunale è andato a fuoco
notte-tempo per un tostapane e dove i gip si arrangiano nelle udienze
preliminari in una ex scuola elementare.
Diciassette inquisiti.
Già, i 17. Sono l'ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso
(falso in atti pubblici, truffa ai danni dello Stato, inquinamento
ambientale); l'ex presidente del Consiglio Nazionale dei lavori pubblici
Angelo Balducci; Marco Rinaldi e Matteo Canu, responsabili dell'impresa
appaltatrice delle bonifiche in mare, la "Cidonio" di Roma; l'ex capo
della struttura di missione per il G8 Mauro Della Giovanpaola; il
direttore dei lavori Luigi Minenza; l'ingegnere e direttore operativo
Riccardo Micciché; il responsabile unico del procedimento Ferdinando
Fonti; il provveditore per le opere pubbliche e magistrato delle Acque
del Veneto Patrizio Cuccioletta; i "collaudatori" Andrea Giuseppe Ferro e
Valeria Olivieri e il segretario della loro commissione, Luciano
Saltari; l'ex provveditore ai lavori pubblici per la Toscana Fabio De
Santis, l'ingegnere sismico Gian Michele Calvi, il responsabile
nazionale dell'Ispra (ministero dell'Ambiente) Damiano Scarcella e il
dirigente del ministero dell'Ambiente Gianfranco Mascazzini. Un elenco
in cui si rintraccia il filo rosso dei nomi di quella struttura di
malaffare battezzata la "Cricca della Ferratella". Oggi a processo a
Roma e a Firenze in dibattimenti che raramente, a distanza di 4 anni e
mezzo, hanno conosciuto un verdetto di primo grado e, in molti casi,
languono ancora davanti a un gip in udienza preliminare.
La grande fuga.
I tempi della giustizia penale, ammesso e non concesso che una qualche
giustizia riuscirà ad arrivare in tempo, hanno comunque consentito
intanto allo Stato di squagliarsela. La Maddalena, che in quei giorni
del 2009, era stata battezzata "sito di interesse nazionale" è stata
declassata a "sito di interesse regionale" da Corrado Clini, ministro
dell'ambiente del governo Monti. La legge di riforma della Protezione
Civile ha fatto il resto. Il Grande Nulla dell'ex Arsenale è oggi in
carico alle finanze sfiancate degli Enti locali, che non hanno risorse
per farlo risorgere dal buco in cui è sprofondato. La Protezione Civile
di Franco Gabrielli non ritiene di avere più parte in causa nel
capolavoro di Guido Bertolaso (ora tornato a fare il medico volontario
in Africa) e non intende ("perché non più competente") partecipare né
alla partita delle bonifiche, né fare fronte alle richieste risarcitorie
di Mita Resort. Il ministero dell'Ambiente non ha più titolo per
convogliare risorse su un angolo del territorio sottratto alla sua
gestione diretta. La Politica, nazionale e locale, ha altro a cui
pensare. Le 12mila anime dell'Isola hanno un valore nella partita del
consenso pari a zero. Naufraghi, appunto. Come l'uomo che li
rappresenta, Angelo Comiti. Che in un mattino grigio di settembre, si
aggira per l'ex Arsenale come un condannato all'insensatezza e al
cinismo di chi non vuole né vedere, né ascoltare. E per questo ripete
quella litania che dice tutto. "Tre scimmiette sul comò"..
Scritto il 29 settembre 2013 alle 22:35 | Permalink | Commenti (4)
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Sulla pelle degli italiani. Come sempre - Berlusconi sacrifica l'Italia ai suoi guai giudiziari e ai suoi interessi economici, indifferente al destino di milioni di italiani (di Fulvio Scaglione - Famiglia Cristiana)
Come si diceva: drammatico ma anche tipico. Pensiamo a quanto sta succedendo in queste settimane. Siamo sul punto di svendere Alitalia,
dopo aver speso miliardi di euro pubblici per trattenerla nel 2009
quando avremmo potuto venderla con profitto, il tutto perché Berlusconi
aveva bisogno di farsi propaganda con la "difesa dell'italianità".
E la vicenda dell'Imu? Propaganda elettorale pure quella. Anzi, propaganda al cubo:
gli italiani pagavano l'Ici, poi Berlusconi impose la più gravosa Imu;
nella successiva campagna elettorale si fece bello promettendone
l'eliminazione; e ora che il Governo delle "larghe intese", per
placarlo, ha eliminato l'Imu, scopriamo che tra Service Tax e aumento dell'Iva (perché il buco va in qualche modo coperto) pagheremo ancora di più.
Tutto sulla nostra pelle, tutto con le nostre tasche. Con
le dimissioni dei servizievoli ministri che arrivano proprio mentre
tutte le istituzioni economiche internazionali ci spiegano (e qualcuna
quasi ci supplica) che aprire una nuova fase di instabilità
significherebbe condannare l'Italia alla serie B dello sviluppo,
tramutarla in un vagone impazzito del lungo convoglio che faticosamente
cerca di riprendere slancio sul binario della ripresa. Un vagone che gli
altri sgancerebbero volentieri.
E' il cinismo di sempre, l'interesse dell'uno e dei suoi fidi finanziato dai sacrifici dei molti. Come le leggi ad personam, che
hanno stravolto il sistema della Giustizia e inquinato la vita
economica (pensiamo solo alla depenalizzazione del falso in bilancio).
Come gli infiniti condoni. Come gli scudi fiscali, formidabili spot a
favore dell'evasione fiscale che infatti, cifre alla mano, in questi
anni è solo cresciuta.
In queste ore è difficile prevedere gli esiti politici di questa
vergognosa vicenda. E' più che giunto il momento, però, che la folle
cavalcata del Cavaliere trovi fine. Una parola che possono scrivere solo
gli italiani.
Altri articoli di Famiglia Cristiana sul pregiudicato e sullo sfascio dell'Italia
Naturalmente noi accogliamo con grande soddisfazione questo articolo di Famiglia Cristiana che - e non è la prima volta - critica l'operato del pregiudicato di Arcore. Benvenuto questo articolo, perchè per i berlusconizzati di matrice catto-populista ciò che scrivono giornali e siti komunisti è robaccia priva di valore, per definizione. Più difficile ignorare i media del mondo cattolico, coi quali c'è stato, in generale, un losco endorsement reciproco.
Ora Famiglia Cristiana passa finalmente da critiche generiche - e in un certo senso inevitabili (casi "puttanopoli", barzellette sconce su malati terminali di AIDS, etc...) a critiche a tutto campo, sul complesso della ventennale lezione economica, etica, politica, ingoiata anche dal mondo cattolico, in cambio di qualche "mancetta" (esenzione sostanziale dall'ICI prima e dall'IMU poi, finanziamenti alle scuole confessionali e agli oratori, leggine di favore per gli insegnanti di religione, scelti dai vescovi "per chiamata diretta", ma pagati dalla collettività italiana, e non licenziabili, etc. etc.).
Per vent'anni il mondo cattolico ha sostenuto questo delinquente, con qualche marginale eccezione: qualche articolo di Famiglia Cristiana, qualche prete d'assalto, e poco d'altro.
Ora speriamo che il dissenso diventi più continuo (anche se tardivo), e che si concretizzi in due "atti dovuti":
Aspettiamo con ansia (e scarsa fede) che il mondo cattolico prenda - finalmente e sostanzialmente - le distanze da questa banda di frodatori, evasori e favoreggiatori.
Tafanus
Scritto il 29 settembre 2013 alle 17:24 nella Berlusconi, Media , Politica | Permalink | Commenti (8)
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Scritto il 29 settembre 2013 alle 12:03 | Permalink | Commenti (5)
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Regia: Gianfranco Rosi - Durata 93 minuti-Italia 2013.
Il Leone d’oro del 70° festival veneziano quest’anno è andato all’opera italiana di cui mi accingo a scrivere: non un film, ma un documentario, almeno così si è sentito spesso ripetere. La classificazione per “generi”, che sta molto a cuore a chi ama le semplificazioni, non sempre si adatta perfettamente a ogni opera, che si tratti di film o di letteratura, come si sa da almeno due secoli: non appena si analizzano le opere, si capisce che molte sfuggono alle reti che vorrebbero imbrigliarle in uno schema onnicomprensivo**. E’ il caso di molti film ed è anche il caso di questo che non è un film, quale ci si può attendere, poiché non racconta una vicenda, non ha attori, non ha sceneggiatura, ma non è neppure un documentario classico, semplicemente perché non ha intenti documentali e neppure divulgativi. Che cos’è dunque questo oggetto misterioso? E’ la rappresentazione non convenzionale di una realtà suburbana, quella che circonda la capitale del nostro paese e che si può incontrare quando ci si sposta lungo il famoso GRA, il Grande Raccordo Anulare, l’anello di asfalto che ben conoscono quelli che in auto si dirigono verso Roma da tutte le provenienze.
L’urbanista Nicolò Bassetti (insieme a Sapo Matteucci e Massimo Vitali, fotografo) aveva raccolto per un libro, Progetto Sacro GRA, l’esperienza, durata 20 giorni, del percorso a piedi del raccordo, e di alcune località limitrofe, durante la quale aveva incontrato situazioni e persone normalmente poco visibili***. A questo lavoro di Bassetti, Rosi deve l’idea, anche se, come ha precisato egli stesso, per tre anni ha lavorato su quelle tracce, individuando anche i propri percorsi e le proprie storie, che dopo attente e severe sforbiciate nella fase del montaggio di Jacopo Quadri, hanno dato vita a questo strano e fascinoso lavoro. Più di un milione di romani vivono o lavorano o si spostano nei pressi del GRA o sul GRA: tra questi il regista ha scelto i casi più interessanti e curiosi. Nessuno avrebbe sospettato che esistano bar, lungo il percorso, dove alcune ragazze sbarcano il lunario esibendosi in una improvvisata lap dance sul bancone, né che in una casa incredibilmente kitsch viva un principe insignito dell’ordine cavalleresco da dignitari lituani, che affitta le sue stanze ad attori di fotoromanzi, né che sia possibile che la visione di un infuocato tramonto romano possa essere scambiato con l’apparizione della madonna, da un gruppo di donne accorse in auto apposta per vedere il “miracolo”.
Molta è la solitudine dei personaggi che vivono pudicamente la loro marginalità: le prostitute, il pescatore di anguille, il nobile decaduto che invano tenta di coinvolgere la figlia nei suoi discorsi; le donne che ora, in un alloggio appena assegnato, evocano la loro continua lotta contro l’acqua che allagava la casa da poco lasciata, mentre il frastuono del raccordo e degli aerei, pronti ad atterrare, copre le loro voci; il barelliere della Croce Rossa che con molta umanità trasporta i malati, ma che ha il cruccio segreto della madre vecchia e inferma, che vive in solitudine gli ultimi giorni della vita in attesa di vedere lui. Esistono poi eserciti di “punteruoli”, insetti colorati e dall’aspetto innocuo, che hanno invece un’ingordigia irrefrenabile nei confronti delle palme, che divorano senza pietà, infierendo crudelmente anche sulle loro spoglie per soddisfare l’insana voglia di orge, delle quali un appassionato botanico raccoglie le prove, registrandone i rumori osceni, in attesa di vendicare lo scempio con le micidiali pozioni che egli stesso prepara. L’immagine un po’ pateticamente velleitaria e un po’ buffa di questo vendicatore di palme e umanizzatore di insetti, che accompagna con le altre il film nel corso del suo svolgersi, e che ne diventa anche la conclusione, svela, almeno secondo me, il significato profondamente metaforico di questo film, che rappresentando la vita del GRA, nello scorrere del tempo e delle stagioni, in realtà parla di noi, del nostro paese divorato dagli appetiti più famelici e dei poveretti che in piena solitudine affrontano i problemi quotidiani cercando di sopravvivere.
** Chi è interessato al dibattito sulla questione dei generi cinematografici, può trovare QUI, se non una risposta, almeno un buon approccio al problema
*** Chi è interessato al progetto, può trovarlo QUI
Angela Laugier
Scritto il 29 settembre 2013 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Scaricate [da questo link] la memoria difensiva di Berlusconi. E' un documento molto "leggero". Sia in termini di bytes, che... di contenuti. Credo che gliel'abbiano preparato gli autori di "Striscia", in collaborazione con Emilio Fede e Sandro Bondi. Da non perdere.
Aggiungeremo a questo post le quotazioni dei titoli Mediaset di questa settimana, e poi seguiremo l'andamento dei titoli lunedì, dall'apertuta, per tutto il giorno. Tafanus
Scritto il 28 settembre 2013 alle 23:19 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (3)
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Depositato il documento della difesa del
Cavaliere per l'udienza del 4 ottobre. Si chiede la 'ricusazione' dei
componenti non imparziali. L'ex premier non parteciperà ai lavori: "Mia
presenza sarebbe sceneggiata". Stefàno annuncia la diretta audio-video.
Giovanardi contro la manifestazione di piazza Farnese: "Distoglie
l'attenzione" (Fonte: Repubblica.it)
ROMA - La
memoria difensiva del senatore Silvio Berlusconi è stata depositata
questa mattina presso la segreteria della Giunta delle elezioni e delle
immunità del Senato. Ne ha dato notizia il presidente dell'organismo
parlamentare Dario Stefàno: "Spero che questa scelta del senatore
Berlusconi possa servire a svelenire il clima". La presentazione è
avvenuta nei termini previsti dal regolamento - a 10 giorni dal voto che
ha bocciato la relazione del senatore Pdl Andrea Augello.
"Mia presenza sarebbe sceneggiata".
Ventisei pagine nelle quali - è la novità principale -, il Cavaliere
chiede le dimissioni dei componenti della giunta (10 secondo il
documento, di Pd-M5S-Sel, tra cui lo stesso presidente Stèfano) che,
essendosi espressi sul caso, non possono più essere considerati
imparziali. "Ove ciò non dovesse accadere - si legge nel documento - si
chiede il ricorso alla giunta per il regolamento del Senato perché
provveda a modificare le relative norme che non consentono
oggettivamente un giusto processo". Nella memoria si ripropongono in
larga parte le istanze già bocciate nella proposta di Augello. Si
ribadirebbe cioè l'incostituzionalità della legge Severino e la
necessità di sottoporla alla Consulta. Inoltre si chiede di sospendere
"il giudizio in attesa della decisione della Corte Europea" presso la
quale è stato presentato un ricorso contro la legge Severino e che
dovrebbe decidere "in tempi assai ravvicinati, ovvero nell'ordine di
pochi mesi".
Esclusa la presenza di Berlusconi in udienza.
"Nessuna utilità vi potrebbe essere nel partecipare a un giudizio del
quale si sia già previamente conosciuta la sua conclusione" - si legge
nel documento -. "Non sarebbe che una mera sceneggiata in un copione già
ampiamente scritto".
Diretta audio-video dell'udienza. Stefàno,
nuovo relatore del procedimento, annuncia comunque di aver "chiesto e
ottenuto dal presidente Grasso l'autorizzazione alla diretta audio-video
della seduta pubblica del 4 ottobre, anche perché le ragioni della
difesa possano essere conosciute direttamente da tutti, dai cittadini e
dalla stessa comunità dei giuristi". "Il mio auspicio - conclude il
senatore di Sel - è che si possa proseguire a lavorare con serenità e
con l'impegno responsabile di tutti, a partire da me quale Presidente
della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari".
Giovanardi contro la manifestazione.
Punta l'attenzione sull'appuntamento in giunta anche Carlo Giovanardi:
"Si tratta di una formidabile occasione per poter spiegare
dettagliatamente all'opinione pubblica tutte le macroscopiche anomalie e
le forzature" - ha sottolineato il senatore del Pdl. Critiche, invece,
per la concomitante manifestazione a piazza Farnese, convocata da
Daniela Santanchè. "Servirà soltanto a distogliere l'attenzione da
questa annunciata "mascalzonata", che inchioda il Pd alle sue
responsabilità di vero destabilizzatore del quadro politico
consentendogli di sfruttare provvidenziali vie di fuga mediatiche" ha
aggiunto Giovanardi.
Berlusconi ha presentato nel suo documento la lista dei nomi di tutti i membri della giunta che hanno espresso pareri su caso del pregiudicato di Arcore. Ha fatto dieci nomi. Guarda caso, esattamente tuutti e solo quelli dei membri di opposizione. Si deve dedurre che NESSUNO di quelli vicini a Berlusconi, in giunta, abbiano mai espresso pareri sul caso. Eppure a me sembrava di averne sentito diversi, in interviste e talk-show...
Evidentemente, secondo il delinquente in questione, solo i pareri a favore della decadenza inficiano il credito di imparzialità dei membri della giunta. Non i pareri contrari alla decadenza. Quelli hanno il crisma della imparzialità e della neutralità della legge.
Come tutti sanno, infatti, "La Legge è Uguale per Tutti". Ma per qualcuno è più uguale.
Tafanus
Scritto il 28 settembre 2013 alle 17:36 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (1)
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Scritto il 28 settembre 2013 alle 00:01 | Permalink | Commenti (73)
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...se persino l'Espresso (fino all'altro ieri uno dei main endorsers di Renzi) comincia a stufarsi del Bischero di Frignano...
AMICI: dopo la De Filippi, Signorini
Per i francesi è quel tintinnio di gioielli che indica uno stile di vita appariscente. Fa pensare a Renzi che pranza con Signorini e vede lo stilista Cavalli... Ma il candidato alla leadership del Pd non ha capito che la comunicazione è una cosa seria? (di Sofia Ventura - l'Espresso)
La vittima più illustre ne fu Nicolas Sarkozy. Ci riferiamo all'effetto bling bling, espressione onomatopeica che richiama il tintinnio dei gioielli e che indica l'ostentazione di uno stile di vita appariscente. All'ex presidente francese il marchio bling bling fu attribuito dai media soprattutto per le frequentazioni vip e milionarie. Il crollo della sua popolarità fu legato in primo luogo alla percezione dell'inefficacia della sua politica economica, ma un ruolo fu svolto anche dall'immagine bling bling che Sarkozy proiettò sin dall'inizio e della quale fece poi fatica a disfarsi.
Perchè ne parliamo? Perché, in scala minore, nella politica italiana qualcun altro oggi rischia di subire quell'effetto: Matteo Renzi. Certo, Renzi non ostenta vistosi Rolex e non si fa ospitare in sontuosi yacht di amici milionari. Ultimamente, però, alcuni nomi sono stati affiancati al suo, in particolare quelli dell'eccentrico stilista Roberto Cavalli, del quale ha presentato il libro a Milano, e quello di Alfonso Signorini, direttore del settimanale "Chi" ("catalogo devozionale della Real Casa", quella di Berlusconi, ovviamente, nelle parole di Filippo Ceccarelli), con il quale è andato a pranzo a Firenze.
Non ci interessa proporre valutazioni moraleggianti sugli incontri del sindaco di Firenze. Ci chiediamo però a cosa servano e soprattutto come incidano sulla sua immagine.
È attraverso la propria immagine che un leader trasmette - o non trasmette - fiducia, sicurezza, dinamismo e tutti quei tratti della personalità che gli consentono di affermarsi presso l'opinione pubblica. E l'immagine prende forma attraverso una molteplicità di fattori: l'aspetto, la mimica, il tono della voce e il modo di esprimersi, la forma e i contenuti dei discorsi, i comportamenti pubblici filtrati e riproposti dai media.
Renzi ne è sicuramente consapevole e sarebbe da ingenui ritenere che quegli incontri "vip" siano stati casuali. Il sindaco di Firenze vuole guadagnare una fetta di consensi anche nel mondo del centrodestra e probabilmente ha ritenuto che anche quella possa essere una strada. Ma qui, purtroppo, siamo di fronte all'ennesima dimostrazione che quando si vuole fare tutto da soli, non sempre si sceglie la via più appropriata.
Forse qualche saggio consigliere, qualcuno che di comunicazione ne sa un po' più di lui, avrebbe potuto fargli notare che del berlusconismo non è da recuperare l'aspetto glamour. Chi si abbevera al gossip nostrano e alla soap di Silvio, Piersilvio, Marina, Barbara eccetera, non ha motivo di innamorarsi del giovane fiorentino del quale non c'è molto da raccontare, rimane fedele al suo istrionico narratore di favole.
Ciò che c'è da recuperare della vicenda berlusconiana è la rivoluzione liberale (tradita), quella rivoluzione che interessa il cosiddetto ceto medio produttivo, quei lavoratori autonomi, quelle partite Iva che anche a causa di uno Stato parassitario e inefficiente stanno andando verso l'impoverimento o l'esilio volontario. A questo insieme di cittadini si comunica trasmettendo un'immagine di solidità, di sicurezza, di volontà e decisione, proponendo contenuti chiari e convincenti. Di Cavalli e Signorini a quegli elettori non importa molto, anzi, potrebbero provare fastidio di fronte a comportamenti che - vero o non vero che sia - comunicano una certa vacuità e superficialità, una tentazione bling bling. Jacques Séguéla avrebbe potuto suggerire a Renzi che nell'epoca della crisi le campagne più efficaci sono quelle "alla Merkel che fa la spesa al supermercato vicino a casa".
E non serve a nulla fare ironia preventiva sulle critiche attese o spendersi in tv per spiegare il perché di quelle scelte. Ciò che conta è l'immagine che si proietta e che non si cancella con parole di sufficienza, un po' annoiate o seccate. La comunicazione è una cosa seria ed è un errore credere che si possa fare affidamento solo sulle proprie naturali capacità. Sorprende che Matteo Renzi non se ne sia ancora convinto fino in fondo. Vediamo quanto ancora vorrà farci aspettare.
Sofia Ventura - l'Espresso
Scritto il 27 settembre 2013 alle 23:27 | Permalink | Commenti (2)
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Scritto il 27 settembre 2013 alle 15:05 nella Renzi | Permalink | Commenti (9)
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Maurizio Crozza: "L'Italia in vendita"
Scritto il 27 settembre 2013 alle 00:01 | Permalink | Commenti (12)
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La notizia resa nota dalla Protezione civile. Da tre giorni, dopo il raddrizzamento della nave, erano potute iniziare le ricerche delle ultime due vittime del naufragio, Russel Rebello e Maria Grazia Trecarichi, i cui corpi non sono stati mai ritrovati. Si tratta di ossa ritrovate all'altezza del ponte quattro (Fonte:Laura Montanari)
Li hanno trovati, esattamente dove sospettavano che fossero,
vicino al ponte 4. Dove il lungo tempo passato in acqua ha trasformato e
trasfigurato ogni cosa. Sono stati i sommozzatori della Guardia
Costiera e quelli della Guardia di Finanza a individuare i resti umani
che ancora Concordia teneva in ostaggio. Lo ha annunciato il capo della
Protezione civile Franco Gabrielli, definendo il fatto "quasi un
miracolo". I resti sono stati visti a poppa all'altezza del ponte
quattro, e - ha aggiunto Gabrielli - "la posizione e la prima
impressione fanno ritenere che siano delle persone che stavamo cercando,
ma la prova definitiva ce la daranno gli ulteriori accertamenti e
l'esame del dna. Intanto saranno allargate le ricerche nella zona del
ritrovamento". All'appello, nel lungo elenco delle vittime, 32 che
questo naufragio si porta dietro, mancano Maria Grazia Trecarichi, 50
anni, siciliana e il cameriere indiamo Russell Rebello. Potrebbero
appartanere a uno di loro quei resti, potrebbero emergerne altri nella
stessa zona.
Il ritrovamento è stato effettuato nei pressi
dell'area 3 del centro nave, vicina al ponte 4 dove si presumeva
potessero trovarsi i due dispersi al momento del naufragio, all'esterno
dello scafo. L'immersione dei sub era iniziata alle 10 e si è conclusa
alle 12. Una volta individuati, i resti non sono stati però ancora
recuperati: è stata immediatamente informata la procura che ha disposto
il recupero e l'assegnazione ai Ris per gli esami. Nel pomeriggio i sub
effettueranno dunque un'altra immersione per riportarli in terra.
Con tutto il rispetto e la pietà umana per i parenti delle vittime, lasciatemi esprimere una opinione, da vecchio "marinaio della domenica": Io . dopo quasi due anni che questi corpi sono stati in fondo al mare, avrei chiesto di sospendere le ricerche di quei poveri resti. Non vedo cosa possa aggiungere il loro ritrovamento, se non altro dolore, altra rabbia. Corpi irriconoscibili, il cui ritrovamento - nel caso che la cosa fosse toccata a qualche persona a me cara - non credo che avrebbe lenito in alcun modo il mio dolore.
Ora ci sarà, credo, anche il supplizio aggiuntivo del "riconoscimento" di ciò che resta dopo due anni di immersione in acqua salata e inquinata. Auguro di cuore ai familiari che possano somatizzare al più presto il loro dolore, e - se posso dare dei consigli per una circostanza così tragica - direi loro soltanto di non partecipare al "rito" macabro, ed alche alquanto inutile, del riconoscimento. Cerchino di ricordarli come erano da vivi. Un caro saluto.
Tafanus
Scritto il 26 settembre 2013 alle 17:52 | Permalink | Commenti (6)
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Scritto il 26 settembre 2013 alle 00:49 | Permalink | Commenti (24)
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Simone Baldelli imita Laura Boldrini
Simone Baldelli (Pdl) è stato eletto vicepresidente della Camera.
Baldelli ha ottenuto 274 voti, Francesca Businarolo (M5S) 94 voti,
Daniela Santanchè (Pdl) 8 voti, Antonio Leone (Pdl) 6 voti, Francesco
Bonifazi ed Enrico Gasbarra (entrambi Pd) 5 voti, 124 sono state le
schede bianche e 24 le nulle. Segretario di presidenza è stato invece
eletto Enrico Gasbarra (Pd), con 342 voti.
Il Pdl ha quindi deciso di rinunciare alla candidatura di Daniela
Santanchè sul cui nome erano arrivate le perplessità sia dei democratici
sia di parte dello stesso partito azzurro. Santanchè, infatti, è
notoriamente ascrivibile tra i cosiddetti "falchi" del Pdl e in
quest'ultima fase, con il ritorno dal Pdl a Forza Italia, l'ex
sottosegretaria ha conquistato posizioni nella "scalata" al vertice,
fino ad arrivare a sostenere, giorni fa in un'intervista, che nella
rinata Forza Italia non ci sarà posto per un segretario (vale a dire per
Angelino Alfano) in un ruolo chiave.
Posizioni che non sono piaciute (così come quelle, oltranziste, che la
volevano tra le promotrici più convinte della crisi di governo) e che
hanno fatto optare il Pdl per un'altra scelta.
E così, a fare da vice a Laura Boldrini, sarà quel Baldelli che della
stessa presidente, dopo le elezioni del presidente della Repubblica
qualche mese addietro, pubblicò sul suo blog una video parodia con tanto
di trucco e travestimento da donna...
Scritto il 26 settembre 2013 alle 00:00 nella Politica | Permalink | Commenti (11)
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Che fosse un comico bollito prestato alle cassette della frutta di Hyde Park lo diciamo da un pezzo. Che avesse dei complessi d'infriorità verso le donne non-veline lo avevamo sospettato. Ora il bollito alla genovese c i fornisce l'ennesima conferma. Misogino, e anche alquanto cretino. Tafanus
Il Rag. Grillo e de le donne che lo sovrastano: un rapporto penoso (da un post di Toni Jop)
Da un po’, i suoi bersagli sono donne, di sinistra, e hanno ruoli di rilievo. Se qualcuno poteva pensare che il tonfo di stile marcato nel demente attacco contro la presidente della Camera, Laura Boldrini, fosse un incidente di percorso, ecco invece un nuovo dato di cronaca smentire l’estemporaneità del fenomeno.
Aveva detto che Boldrini era «un oggetto di arredamento»? Bene, in queste ore ha provveduto a dire che Debora Serracchiani «è carina e niente di più». Più o meno, restiamo nel campo dell’oggettistica da camera. Il contesto è interessante. Il capo padrone dei Cinque Stelle stava parlando in diretta streaming ai suoi riuniti a Palmanova (Udine) per fare il punto sulle questioni regionali. Ecco il suo bel faccione (oggetto di arredamento?) apparire dall’aldilà, tipo caimano in forma. Vede di dare la carica alla sua legione che, in Friuli Venezia Giulia, doveva vincere e invece ha perso forte.
Così, arriva a Serracchiani, la donna che lo ha battuto e ora governa la Regione. «È stata messa lì per far finta di far qualcosa», spiega ai legionari frastornati. Ora, di cose se ne possono sempre dire a iosa su qualunque argomento, ma questa formula è o non è il segno che non aveva – e può capitare, per carità – niente da dire in materia? È come quando ci chiedono qualcosa su qualcuno che conosciamo niente e si risponde vaghi «e… com’è? Eeee e come dev’essere? È quello che è». Ma il cuordileone ha una immagine che gli buca il video della memoria e la spara sereno: «È carina….». Era esattamente quello che i suoi fedeli volevano sapere: se Debora Serracchiani è una cozza oppure no. Oltre la carineria, fa capire profondo come il mare, «niente di più». Poi si arrabbia se gli dicono che ricorda intenso il vecchio Bossi, oppure quell’altro galantuomo di Berlusconi.
Scritto il 25 settembre 2013 alle 15:31 | Permalink | Commenti (7)
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Scritto il 25 settembre 2013 alle 00:44 | Permalink | Commenti (7)
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La fidanzata di Berlusconi rivela i particolari della sua vita di coppia in un'intervista esclusiva a Vanity Fair. Mentre la figlia Barbara interviene pubblicamente in difesa del padre e Marina visita la nuova sede di Forza Italia (Fonte: Repubblica e Vanity Fair)
In
attesa della decadenza, "sotto attacco" della magistratura, come lui
stesso ama ripetere, il Cavaliere sembra affidare la sua offensiva
mediatica alle "donne di famiglia". E se la giovane fidanzata Francesca Pascale confessa a Vanity Fair i
suoi propositi matrimonali, la figlia Barbara difende pubblicamente
l'operato paterno, mentre Marina fa capolino nella nuova sede di Forza
Italia.
Francesca. "Ero minorenne quando mi
sono messa in testa di arrivare a lui". Inizia così la prima vera
intervista alla 28enne originaria di Napoli, che a Vanity Fair
racconta la storia inedita del fidanzamento con il leader del
centrodestra, 77 anni il 29 settembre. L'intervista che il settimanale
pubblica come storia di copertina del nuovo numero è accompagnata dalle
sue prime immagini posate con Berlusconi, una delle rarissime occasioni
in cui l'ex premier si è prestato a un servizio fotografico, per di più
nell'inviolabile "fortino" di Arcore.
Lo stesso Cavaliere ha
voluto spiegare la natura del loro rapporto: "In tutte le situazioni più
dolorose degli ultimi anni, Francesca ha saputo starmi vicino. Mi ha
regalato gioia, senza chiedere nulla in cambio. Mi ha ridato la voglia
di credere nell'amore sincero di una donna". (...che generosa... non ha chiesto niente... si accontenta di essere sposata - e di partecipare all'asse eriditario, firebbero i maligni... NdR)
Il racconto della
Pascale parte da quando lei iniziò a militare in Forza Italia e riuscì a
incontrare per la prima volta Berlusconi. "Gli ho subito domandato se
potevo lasciargli il numero di telefono. Gli ho anche chiesto il suo.
Lui mi ha detto: 'Ma sei spietata'. Era il 5 ottobre 2006". Prosegue poi
con l'innamoramento, la scelta di non dichiararsi "perché lui era un
uomo sposato", la reazione dei genitori ("Mia madre mi fa: 'lo ammiriamo
anche noi, ma potrebbe essere tuo padre'"); la decisione di farsi
avanti, dopo la separazione da Veronica Lario e all'indomani
dell'aggressione in piazza Duomo ("Lui mi dice: non se ne parla neppure,
sei troppo giovane, non posso darti il futuro che meriti"); la scelta
di stargli comunque accanto, negli anni delle discusse frequentazioni
femminili; il fidanzamento, nel Natale 2011. Il lieto fine della storia è
la possibilità di diventare sua moglie, quando sarà definitivo il
divorzio dalla Lario. "L'ho cercato, l'ho corteggiato, l'ho fatto
innamorare e l'ho fatto fidanzare. Praticamente ho fatto e faccio tutto
io: lui deve solo dire di sì", dice Pascale.
Barbara. La figlia più piccola, che fa parte del Cda del Milan, intervistata da Ballarò,
difende pubblicamente il padre: "Sono convinta che la storia di mio
padre sia una storia politica e imprenditoriale, non certo criminale",
afferma, per poi ribadire: "Gli errori li facciamo tutti ma negli ultimi
vent'anni nel panorama politico europeo non esiste leader contro il
quale si sia fatto tanto per impedirgli di governare nonostante il
consenso".
E conclude: "Penso che alcune forze politiche siano in
totale confusione in questo momento. Se ritengono che Silvio Berlusconi
sia un delinquente, per quale motivo hanno deciso di fare con lui gli
ultimi due governi?". Parla poi del momento che insieme agli altri
fratelli sta vivendo con il padre: "Noi siamo uniti nel sostenerlo. Non
gli diamo consigli. Cerchiamo di stargli vicino". Ed esclude un suo
impegno in politica: "Non è il mio orizzonte. Ci sono molte persone che
fanno politica, tanti giovani capaci che intendono occuparsene. Io confido in loro".
Marina.
Le voci che attribuivano a Marina il ruolo di futuro capo di Forza
Italia, sono state smentite. Tuttavia il presidente di Fininvest e
Mondadori ha annunciato che visiterà la nuova sede del partito,
inaugurata la scorsa settimana in piazza San Lorenzo in Lucina a Roma.
Le indiscrezioni affermano che non è comunque prevista alcuna sua
partecipazione a riunioni di partito.
Il Fidanzato e il Segretario Galante
Scritto il 24 settembre 2013 alle 18:46 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (7)
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Scritto il 24 settembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (3)
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Scritto il 23 settembre 2013 alle 22:43 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (33)
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...certi pregiudicati bisogna lasciarli parlare. Su tutti i media, a tutte le ore. Prima o poi riescono ad impiccarsi alle loro stesse parole. Quello che ha pubblicato l'Unità cartaceo è l'elogio che un pluriomicida, che per sette anni ha evaso il fisco e ha "condonato", fa degli evasori fiscali... Senza vergogna Tafanus
Scritto il 23 settembre 2013 alle 15:39 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (45)
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Scritto il 23 settembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (18)
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Regia: Ettore Scola
Principali interpreti: Giulio Forges Davanzati, Tommaso Lazotti, Maurizio De Santis, Giacomo Lazotti, Emiliano De Martino – 90 min.- Italia 2013
Fellini se ne andò vent’anni fa, il 31 di ottobre del 1993. E’ prevedibile, oltre che sperabile, che per quella data vengano riproposti alcuni dei suoi film in TV e che molti giornalisti, critici e intellettuali approfondiscano l’importanza della sua figura nella storia del cinema.
Ettore Scola, da parte sua, gli ha dedicato il piccolo e prezioso omaggio di questo film, presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Venezia, che ha il pregio di ricordare a tutti noi il maestro indimenticabile di una indimenticabile stagione del nostro cinema, senza l’enfasi retorica o trionfalistica che di solito si accompagna a queste celebrazioni, e che mantiene, anzi, per tutta la sua durata, il carattere dell’affettuosa rievocazione di un amico, di dieci anni più anziano, conosciuto nella redazione del Marc’Aurelio, ma noto a lui fin da piccolo, quando leggeva per il nonno gli articoli che Fellini pubblicava su quel giornale.
A Roma e al Marc’Aurelio, Fellini era arrivato nel 1939 direttamente da Rimini, portando con sé una cartella piena di disegni, schizzi, scritti umoristici, racconti e sceneggiature, oltre che molte speranze per il suo futuro nella capitale. Scola entrò al Marc’Aurelio molto più tardi, nel 1948, dopo cinque anni di chiusura del giornale, mentre Fellini, ormai fuori, stava trovando la sua strada nel cinema, come sceneggiatore di importantissime pellicole, come Roma città aperta e Paisà di Rossellini. Diventati amici, Scola gli fu compagno inseparabile di scorribande notturne per le strade della capitale, dove Federico indugiava volentieri a chiacchierare con personaggi stravaganti, estrosi e trasgressivi, curioso com’era degli uomini e dei loro comportamenti, materia prima importantissima che avrebbe rielaborato e inserito nei suoi film. La ricostruzione di questi momenti è sorridente e lieve e ci introduce nel mondo felliniano, fatto di invenzioni fantastiche, di meraviglia per la varietà e la ricchezza dell’agire umano, e anche di molta voglia di trasgressione, accompagnata sempre dal desiderio di protezione sicura e indulgente, costituita dai valori più autentici della tradizione civile e religiosa. In questa luce, secondo Scola, può essere letta l’intera filmografia di Fellini, ma anche la sua vita, che nel momento dell’addio parve essere quasi simboleggiata dalla scenografia della camera ardente: due carabinieri che vegliavano su di lui, grande e fantasioso visionario, bugiardo e trasgressivo, novello Pinocchio fra i gendarmi, sullo sfondo del famoso Studio 5 di Cinecittà, fucina delle meravigliose e magiche invenzioni felliniane, capaci di illudere e incantare migliaia di spettatori.
In questa commossa rievocazione non mancano rapide carrellate sui suoi film, nonché divertenti cenni sui suoi rapporti con gli attori: il suo alter ego Mastroianni, prima di ogni altro, al quale, curiosamente, egli non volle affidare l’interpretazione di Casanova. Spezzoni di pellicole e registrazioni vocali, che si alternano ai ricordi personali di chi aveva collaborato ai suoi lavori, ci consegnano il bellissimo e tenero ritratto di un uomo grandissimo.
Vorrei aggiungere, ma senza cattiveria: si dice che dietro un grande uomo sia sempre presente una grande donna. Qui la grande donna c’era, eccome: si chiamava Giulietta Masina. Scola, però, non ce ne ha quasi parlato…
Angela Laugier
Scritto il 22 settembre 2013 alle 08:09 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 22 settembre 2013 alle 08:01 | Permalink | Commenti (4)
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Il cazzarismo (di destra, di sinistra, di ovunque), si riconosce a pelle, si cerca, si trova. Non a caso il 90% di chi ha iniziato col cazzaro Di Pietro è prima o poi transitato verso Grillo, o verso le sciarpette viola (Di Pietro in maschera), o verso, o verso Renzi. E viceversa. In attesa del nuovo Messia.
Mai che i filo-cazzari sbaglino un colpo, e si orientino verso qualcuno che non vuole fare rivoluzioni, vaffanculismi, rottamazioni, asfaltature. Il cazzarismo crea dipendenza, come la nicotina e il metanolo del vino cattivo. Mai sentito un filo-cazzaro tifare per qualcuno che dica "ragazzi, lo so che vi piacerebbe pagare meno tasse, ma non abbiamo una lira, il piatto piange, e dobbiamo fare altri sacrifici, magari distribuiti meglio..."
E' tanto più gratificante, affidarsi a chi promette 1000 euro al mese per tre anni e mezzo a chiunque compia 18 anni e non abbia un lavoro... Esiti degenerativi del berlusconismo sotto altre spoglie. Il "meno tasse per tutti", le tre I, le autostrtade del mare, l'asse Palermo-Trieste-Mosca-Vladivostock, le dentiere gratis per tutti, la sconfitta definitiva del cancro, hanno lasciato il segno.
Cambiano i miracolieri di riferimento, resta l'aspettativa del Nuovo Miracolo Italiano. E nel frattempo votiamo, affinchè facciano il miracolo, per un comico bollito, o per uno incapace persino di fare il sindaco di una città media (dove, per fortuna, si vede molto poco, impegnato com'è a frequentare tutti i talk-show che iddio ci infligge, e a fare improbabiloi "tsunami-tour").
Mi chiedo se questo imbecille ci creda davvero, alle minchiate che dice... Sempre ancorate al genere horror (...asfaltare, rottamare, irrompere come uno tsunami...). Mai un quadro di riferimento da normotipo, come "adesso vi spiego il mio programma, e vi dico persino da dove prendo i soldi, cosa farò con priorità, in quanto tempo").
E a furia di sparar minchiate a reti unificate, sembra che abbia cominciato a stufare. E non lo dice Il Geniale... lo dice Europa, giornale del SUO partito... Tafanus
Il calo del sindaco nei sondaggi impone un cambio di passo (Fonte: Paolo Natale, Europa Quotidiano) E’ ormai da quasi un anno che mantiene un invidiabile primato, quello di essere l’uomo politico più amato dagli italiani. Questo è pacifico. Ma ultimamente questo alto gradimento ha iniziato ad essere messo in discussione. Prima dall’avvento di Enrico Letta che, come ho scritto qualche settimana fa su Europa, è divenuto estremamente competitivo in caso di un testa-a-testa con il sindaco di Firenze. Il livello ed il tipo di consensi sembrava accomunare poi l’attuale premier con Matteo Renzi. Entrambi pescano dal medesimo elettorato: il proprio partito, innanzitutto, poi una quota rilevante di adepti del centro e del centro-destra, oltrechè di potenziali astensionisti; infine, in particolar modo Renzi, una frazione decisamente rilevante di elettori del Movimento 5 Stelle, in parziale crisi di fiducia nei confronti del proprio leader Beppe Grillo.
La competizione dunque c’è, e piuttosto importante, visto che i riflettori costantemente accesi sull’operato del presidente del consiglio tendono a rendere la sua figura più luminosa, più centrata sulle cose da fare, anziché su quelle da dire. Poter cercare di realizzare un’opera di risanamento economico così importante, come quello con cui si confronta Letta, fornisce agli elettori elementi di giudizio maggiormente solidi, rispetto ad ipotesi di cambiamento che non si sa quando né se potranno mai essere realizzate.
Da qualche giorno, da quasi un paio di settimane, la figura di Renzi comincia inoltre un po’ a sbiadire nell’immaginario degli italiani. Il suo livello di consensi fino ad un mese fa risultava ben superiore alla metà della popolazione: a seconda dei diversi istituti di ricerca, si andava da un minino del 55 ad un massimo del 65 per cento di giudizi positivi nei suoi confronti. Negli ultimi giorni dunque questo plebiscito ha iniziato a scricchiolare: la perdita di fiducia nel sindaco di Firenze ha toccato quote decisamente significative, quantificabili nel sette-otto per cento dei consensi almeno sufficienti. Ancora più evidente il calo di coloro che si dichiarano entusiasti (quelli che esprimono valutazioni uguali o superiori all’8, in una pagella ipotetica): qui raggiungiamo un arretramento vicino al 10 per cento dei consensi. Il tutto mentre Enrico Letta naviga su livelli di fiducia pressoché inalterati, rispetto alla sua marcia consueta.
Il calo di Renzi riguarda un po’ tutti gli elettorati. Tra coloro più vicini al Pd perde oltre il 10 per cento, tra i centristi quasi il 15, tra gli elettori di centro-destra il 10, tra quelli di sinistra e tra gli astenuti del 6-7 per cento. Gli unici che paiono insensibili a questa deriva sono proprio gli italiani più vicini al movimento di Grillo, le cui quote di consensi non subisce decurtazioni significative. Paiono essere gli unici a “tenere” ancora al sindaco di Firenze, in misura simile ai vecchi tempi.
Quale il motivo di questa (forse temporanea) crisi di Matteo Renzi? Le risposte maggiormente gettonate sono quelle che addebitano questo arretramento di favore a motivazioni legate alla direzione che ha preso il suo discorso negli ultimi tempi. Fino a poco tempo fa veniva giudicato una sorta di paladino di una direzione politica nuova, giovane, inedita, contro la vecchia nomenclatura, con un linguaggio franco e aperto su tematiche di forte presa sulla popolazione.
Oggi la sua narrazione sembra aver perso slancio: si accanisce quotidianamente su temi prettamente legati al “politichese”, alle regole interne, alla distinzione tra segretario del Pd e leader della coalizione, lamentandosi che un po’ tutti gli stiano mettendo i bastoni tra le ruote per impedire la sua vittoria. Questioni che gli italiani capiscono poco, sottigliezze organizzative di cui non sono particolarmente sensibili, tutte interne ad un mondo partitico non molto entusiasmante.
Gli elettori (potenziali) si aspettano altro, che continui nella sua opera di svecchiamento del discorso politico, con maggior concretezza sui temi ed i problemi che attanagliano gli italiani, con parole di solida presa sul percorso futuro del nostro paese. Quello che, in parte, sta facendo all’opposto Enrico Letta. Da qui il disamore (finora comunque contenuto) per Matteo Renzi. Invischiato dalla rete partitica, è tempo per lui di riprendere lo slancio iniziale.
Il perché è presto detto. Su venti di questi, otto sono già schierati apertamente con Gianni Cuperlo e altri due possono essere considerati a lui molto vicini. A sostenere Renzi, invece, sono solo in tre. Molti, ovviamente, prima di pronunciarsi ufficialmente aspettano di capire meglio le mosse dei candidati, soprattutto a livello locale, per puntare a un’eventuale riconferma delle rispettive poltrone.
Al fianco di Renzi c’è il segretario della Lombardia, Alessandro Alfieri. Ma ormai vicino al rottamatore è considerato anche Stefano Bonaccini (Emilia-Romagna), mentre l’endorsement di Dario Franceschini per conto di AreaDem è stato condiviso anche dal siciliano Giuseppe Lupo. Molto corteggiato da Renzi sembra essere anche il ligure Lorenzo Basso, che però non si è ancora dichiarato, così come anche il laziale Enrico Gasbarra potrebbe alla fine convergere sul sindaco di Firenze.
Più consistente, come detto, è la pattuglia dei segretari regionali schierati con Cuperlo: Enzo Amendola (Campania), Sergio Blasi (Puglia), Lamberto Bottini (Umbria), Alfredo D’Attorre (Calabria), Ivan Ferrucci (Toscana), Silvio Lai (Sardegna), Danilo Leva (Molise), Silvio Paolucci (Abruzzo). Ma sulla stessa posizione possono essere considerati anche Vito De Filippo, che alla primarie per le elezioni regionali in Basilicata sostiene il candidato cuperliano, e Palmiro Ucchielli (Marche).
Per conoscere le scelte degli altri bisognerà attendere ancora. Per il momento, si può notare che l’unico che potrebbe tirarsi fuori dal bipolarismo Renzi-Cuperlo è il segretario della Valle d’Aosta, Raimondo Donzel, che si dimostra attento ai contenuti su cui insiste Pippo Civati.
Interventi a confronto
L'intervento di Gianni Cuperlo
_____________________________________________________________
L'auditorium Conciliazione reagisce con maggior calore a Cuperlo che agli altri candidati per la segreteria, dietro di lui Renzi poi Civati e (staccato) Pittella
Seconda piazza per Matteo Renzi. Il suo è stato l’intervento più lungo (...e te pareva... E ora, e ora, potere a chi perora! NdR), oltre 17 minuti e il sindaco di Firenze è stato interrotto dagli applausi in undici occasioni. Meno numerosi di quelli tributati a Cuperlo, che l’ha preceduto, ma in media di maggiore intensità. Si segnala la presenza di un supporter particolarmente acceso che ha emesso un «bravo!» scandito ad alta voce praticamente ad ogni passaggio di Renzi, suscitando il fastidio della sala. 18 secondi di applausi hanno salutato il rottamatore.
Terzo posto per Pippo Civati. È stato l’ultimo a parlare tra i candidati e anche quello che ha parlato meno: 11 minuti interrotti da 11 applausi per l’intervento del deputato lombardo, critico con i tempi e le modalità con le quali si è arrivati alla decisione sulle regole per le primarie. 10 secondi di applausi per lui al momento di congedarsi.
Quarto classificato Gianni Pittella. Il suo intervento dai toni accessi, durato 12 minuti, ha riscosso pochi consensi in una sala che si stava progressivamente svuotando al termine degli interventi di Cuperlo e Renzi. Dopo diversi richiami della presidenza a mantenere l’ordine in platea Pittella ha potuto concludere il suo discorso ricevendo 9 (flebili) applausi dalla sala.
Scritto il 21 settembre 2013 alle 15:21 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (42)
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Scritto il 21 settembre 2013 alle 00:24 | Permalink | Commenti (8)
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...c'è un'Italia che la sfanga sempre, perchè tanto manda il conto a chi non ha strumenti per nascondersi. E' l'Italia in nero, descritta in quest'articolo di Livadiotti su l'Espresso. L'Italia protetta da quel ceto politico del "meno tasse per tutti", che ha osteggiato in ogni modo la limitazione dell'uso del contante. E quando finalmente questo paese avrà toccato il fondo, non ci sarà nessuna "Titan Microperi" che riuscirà a riportarla a galla...
Quindici miliardi di banconote. Che alimentano un sommerso stimato fino a 500 miliardi. Per farlo riemergere basterebbe imporre pagamenti tracciabili. Ma la lobby degli evasori... (di Stefano Livadiotti - l'Espresso)
L'ultimo blitz è scattato, come nella migliore tradizione, in piena estate, quando mezza italia è sotto l'ombrellone. Martedì 6 agosto due senatori del Popolo delle libertà, Cinzia Bonfrisco e Antonio D'Alì, hanno presentato un emendamento al cosiddetto decreto "del fare" per rialzare a 3.000 euro la soglia sull'utilizzo del denaro contante, che Mario Monti aveva fissato a quota mille. Il governo ha espresso parere contrario e la proposta è stata bocciata. Ma, c'è da scommetterci, l'argomento tornerà presto a far capolino nelle aule parlamentari, perché la massima libertà nell'uso del cash è un pallino di Silvio Berlusconi & Co. E una mano santa per il partito degli evasori fiscali più incalliti.
A fare da apripista, il 2 luglio, era stato non a caso un altro esponente del Pdl: il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Simona Vicari, molto cara al presidente dei senatori berlusconiani, Renato Schifani. «Così com'è oggi, la soglia rappresenta una camicia di forza ai cittadini e frena la ripresa e la crescita in tutti i settori», aveva cinguettato. Aggiungendo che la sua idea incontrava il favore del ministro, il Pd Flavio Zanonato (che pur essendo piuttosto loquace era rimasto muto come un pesce). Così aveva concluso la Vicari: «Bisogna rivedere la legge senza pregiudizi e furori ideologici (...) autorevoli studi e pubblicazioni dimostrano che sulla lotta al riciclaggio e all'evasione fiscale la riduzione della soglia di circolazione del contante non ha effetti decisivi».
Quali tomi abbia compulsato la Vicari resta un mistero. Perché che il sommerso viva di nero e il nero si nutra di contante lo sanno anche i bambini. Tanto che un altolà era arrivato a stretto giro di posta dalla Corte dei Conti. La magistratura contabile aveva detto che il tetto all'uso del denaro liquido andava sì cambiato, ma per abbassarlo ulteriormente. «È intuibile come la gran parte delle transazioni che possono dar luogo all'occultamento dei ricavi si addensi al di sotto della soglia dei mille euro», si legge in una relazione presentata dieci giorni dopo dal presidente, Luigi Giampaolino.
La battaglia sull'uso del contante (che oggi, paradossalmente, è esentasse, al contrario di assegni, cambiali e conti correnti, tutti colpiti da un bollo) non è cominciata ieri. Nel 2007, un anno dopo aver vinto le elezioni, Romano Prodi ha abbassato il tetto da 12.500 a 5.000 euro. E stabilito, con il decreto Bersani-Visco, un ulteriore décalage per i soli professionisti: la soglia sarebbe dovuta scendere a 1.000 euro nel luglio 2007, a 500 un anno dopo e addirittura a 100 euro (lo stesso limite oggi in vigore in Germania) nell'estate del 2009. Il piano è però rimasto sulla carta. Perché a palazzo Chigi è arrivato Silvio Berlusconi.
E Giulio Tremonti, l'ex superministro dell'Economia che pagava in contanti la metà dell'affitto dell'appartamento romano al suo più stretto collaboratore (e coinquilino) Mario Milanese, lesto ha ripristinato il limite dei 12.500 euro (giugno 2008). Salvo poi essere costretto dalla crisi della finanza pubblica a dare, suo malgrado, un giro di vite nella lotta all'evasione fiscale, riportandolo a 5.000 (maggio 2010) e poi a 2.500 (agosto 2011). Quindi il Cavaliere ha dovuto passare la mano a Monti, che dopo aver accarezzato l'idea di scendere a 500, ha poi invece stabilito, con l'articolo 12 del decreto "Salva Italia" (dicembre 2011), la quota attuale di mille euro.
UN TESORO INCALCOLABILE - La partita è sempre aperta. Del resto, la posta in palio è un tesoro immenso: il sommerso. «Si tratta», come scrive con semplicità il tributarista e collaboratore del "Sole 24Ore" Ernesto Maria Ruffini nel suo "L'evasione spiegata a un evasore", «di tutte quelle attività economiche che non sono misurate dalle statistiche ufficiali: alcune intenzionalmente, come il volontariato o il lavoro domestico; altre perché nascoste, come le attività criminali o l'evasione fiscale». Quasi per definizione, quanto sia esattamente il sommerso è impossibile sapere. Il documento conclusivo del Gruppo di lavoro su economia non osservata e flussi finanziari, guidato dall'attuale ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, nel 2011 aveva stabilito per il valore aggiunto prodotto dall'area del sommerso economico una forchetta tra il 16,3 e il 17,5 per cento del prodotto interno lordo. In soldoni, tra i 255 e i 275 miliardi di euro (dato 2008), ben nascosti nei fatturati dell'agricoltura (32,8 per cento del totale), del terziario (20,9 per cento) e dell'industria (12,4).
I numeri di Giovannini coincidono con quelli di un rapporto dell'ufficio studi della Confcommercio ancora fresco di stampa, essendo datato luglio 2013. Nel documento si parla di un sommerso pari al 17,4 per cento, che su un Pil stimato per il 2013 a 1.563 miliardi di euro fa 272 miliardi. Ma il professor Friedrich Schneider dell'Università di Linz, guru mondiale della materia, che misura l'economia sommersa osservando proprio l'utilizzo del denaro contante, ha diviso gli Stati dell'Ocse in tre gruppi. Mettendo l'Italia, insieme a tutti i Paesi mediterranei e al Belgio, in quello dove ciò che non risulta dalle statistiche sta tra il 20 e il 30 per cento.
Saremmo insomma come minimo al di sopra dei 300 miliardi, come del resto avvalorano stime basate su dati Eurosat, che parlano di 330 miliardi. E che a loro volta non si discostano da quelle dell'istituto di geopolitica texano Stratfor Global Intelligence: gli analisti guidati dal politologo George Friedman indicano una forchetta tra il 17 e il 21 per cento del Pil, cioè tra i 270 i 340 miliardi (dati 2012). Ma c'è chi va ancora oltre. È il caso di uno studio del 2012 targato Eurispes ("L'Italia in nero-riflessioni sull'economia sommersa"), che si spinge a ipotizzare un nero pari a quasi 530 miliardi. Una cifra che si avvicina a quella (575 miliardi) del totale delle venti manovre economiche varate negli ultimi dodici anni dai governi di turno. In ogni caso, chiunque abbia ragione sui conti, si tratta di una situazione del tutto fuori controllo, se solo si pensa che il fenomeno è valutato al 6,7 per cento in Gran Bretagna, al 5,3 negli Stati Uniti, al 3,9 in Francia e addirittura allo 0,3 in Norvegia. Ed è a causa del sommerso che la pressione fiscale effettiva, quella cioè che grava sui contribuenti onesti, è arrivata al 54 per cento, quasi dieci punti più in alto di quella teorica (44,6 per cento).
ALLO SPORTELLO 343 MILIARDI - Le cifre in discussione sono dunque tali da far apparire ridicolo il balletto in corso sulla manciata di miliardi (quattro) che il governo dovrebbe racimolare per tagliare l'Imu. Il recupero (almeno in parte) del malloppo nascosto è però possibile solo se si mette un freno alla circolazione delle banconote, obbligando da un lato, e incoraggiando dall'altro, chi acquista beni e servizi a utilizzare strumenti di pagamento tracciabili. Scrive Schneider in "The shadow economy in Europe" (2013) che la rilevanza dell'economia sommersa sul prodotto interno lordo degli Stati dell'Unione europea diminuisce all'aumentare del numero di transazioni effettuate tramite carte di pagamento. Il che è certamente vero. Come lo è anche che il sommerso aumenta quando circolano più banconote. «Grecia e Italia sono i Paesi europei che mostrano i prelievi di contanti di importo medio più elevato (rispettivamente 250 e 175 euro) e contestualmente», nota su lavoce.info l'economista del Centro Europa Ricerche Carlo Milani, «hanno la più alta incidenza dell'economia sommersa sul Pil».
Ma sul fronte dei sistemi di pagamento l'Italia ha accumulato un ritardo drammatico. Un paper della Banca d'Italia, datato novembre 2012 e intitolato "Il costo sociale degli strumenti di pagamento", dice che da noi il contante viene usato nell'82,7 per cento delle transazioni, contro una media dell'Europa a 27 del 66,6 cento. Il ricorso alla carta di pagamento è fermo a quota 6,4 per cento (contro il 13,2 dell'Europa a 27). Anche perché da noi di carte ce ne sono di meno: 1,2 per abitante, secondo un report di Datamonitor, contro la media Ue di 1,5, che nasconde picchi di 2,4 in Gran Bretagna e di 1,8 in Olanda e Belgio. Risultato: secondo i dati dell'Istituto per la competitività nel 2011 in Italia sono stati effettuati pagamenti con carte di credito o di debito (il Bancomat) per 122 miliardi, pari all'8 per cento del Pil. In Francia la cifra raggiunge i 393 miliardi (19,6 per cento del Pil) e in Gran Bretagna i 578 miliardi (33,1 per cento). Un po' di italiani tiene pure la carta in tasca, ma al momento di pagare il conto preferisce tirare fuori denaro frusciante, magari su richiesta dell'esercente: i calcoli della Bce dicono che il 31 per cento dei compratori estrae un fascio di banconote anche quando deve regolare conti per importi compresi tra 200 e 1.000 euro. Se poi lo scontrino (quando c'è) è sotto i 50 euro, a pagare in contanti è il 98 per cento degli italiani, percentuale che scende solo al 93 quando la cifra è compresa tra i 50 e i 100 euro (Rapporto Ipsos, giugno 2012).
Secondo i calcoli di Bank for International Settlements, nel 2008 in Italia le operazione pro capite con carta erano ferme a quota 24,5, contro una media per l'area euro di 57 e un picco di 124,5 per la Gran Bretagna (gli Stati Uniti erano a 191,1). Poi la situazione è migliorata, ma non il divario con i grandi paesi. Nel 2011, dice la Guardia di Finanza, l'Italia era salita a 68 operazioni cashless pro capite, ma nel frattempo l'area euro era arrivata a quota 182, la Francia a 255, la Gran Bretagna a 257 e l'Olanda addirittura sopra le 300. Lo stesso vale per i Bancomat, utilizzati molto più per prelevare contante (oltre 160 miliardi nel 2012) che per pagare i negozianti (le operazioni sui Pos, i terminali elettronici, risultano ferme a 73 miliardi). Si legge nel rapporto annuale dell'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia che nel 2011 il totale di prelievi e versamenti è ammontato a 343.356 milioni di euro.
QUINDICI MILIARDI DI BIGLIETTI - Se non fossimo in un Paese che ha un'evasione fiscale da Guinness dei primati e che risulta al venticinquesimo posto su 26 (preceduto da Messico, Slovenia e Grecia) nella classifica sulla diffusione di pagamenti irregolari e tangenti elaborata dalla Confcommercio su dati del World Economic Forum e della Banca mondiale, l'uso della moneta elettronica converrebbe a tutti. In primo luogo perché, anche se pochi ne sono consapevoli, il contante ha un costo sociale (cioè per il sistema economico nel suo complesso) molto elevato. Bisogna infatti produrlo, trasferirlo in sicurezza e custodirlo: e non è proprio uno scherzo, se la Guardia di Finanza ha calcolato che nel 2011 circolavano sul territorio nazionale 15 miliardi di banconote, per un controvalore di 870 miliardi di euro. Secondo la Bce per il denaro l'Europa a 27 spende lo 0,46 del suo prodotto interno lordo, pari a 60 miliardi. E l'Italia, dove i biglietti di banca sono più diffusi che altrove, per palazzo Koch sborsa da sola 8 miliardi (10 in base al rapporto 2011 di Cap Gemini), lo 0,52 per cento del Pil (contro una media europea dello 0,40). Che vuol dire 133 euro pro capite (senza prendere in considerazione le rapine subite dai privati).
La moneta elettronica invece, rendendo il circuito economico più efficiente, aiuta la crescita. Uno studio del 2013 di Moody's Analytics sostiene che le carte di pagamento hanno generato a livello mondiale una maggior crescita di 983 miliardi di dollari e due milioni di posti di lavoro tra il 2008 e il 2012, dando una spinta dello 0,3 per cento alle economie mature e dello 0,8 per cento a quelle in via di sviluppo.
Restando alla sola Italia, l'Istituto per la competitività, elaborando i dati di Eurostat, della Bce e del professor Schneider, ha calcolato che se ogni italiano riducesse di 15 euro i prelievi medi che effettua al Bancomat ci sarebbe una diminuzione dell'economia sommersa in grado di garantire un maggior gettito di 9,8 miliardi. E che se ci fossero in circolazione dieci milioni di carte in più (incremento inferiore a quello registrato tra il 2006 e il 2011) si avrebbe un calo del sommerso tale da far incassare al fisco 5 miliardi in più. Il combinato disposto dei due fattori darebbe insomma quasi quattro volte la somma necessaria a sopprimere l'Imu. E un documento dell'Ufficio analisi economiche dell'Abi va ancora oltre: per i banchieri un aumento di dieci punti percentuali delle famiglie dotate di carta farebbe riemergere 10 miliardi. E se a dotarsi del tesserino di plastica fossero proprio tutte i nuclei familiari la cifra salirebbe a 40 miliardi.
QUELLI CHE CI MARCIANO - Chi compra usando la carta ha solo vantaggi: a partire dal fatto di non rischiare di smarrirlo o farselo rapinare (la sicurezza è il principale driver al ricorso ai pagamenti elettronici, come dice uno studio del 2012 di Hall & Partners). Se poi l'acquirente usa la carta di credito sosterrà materialmente l'esborso solo in un secondo tempo e senza pagare interessi. Ma chi ci guadagna in maniera più consistente, come dimostra un recente studio di Edgar Dunn & Co., è l'esercente, che vende di più, risparmia sui costi di gestione del contante, ed è garantito dalle banche. I conti dicono che il valore aggiunto derivante dall'uso delle carte è pari al 7,8 per cento dell'ammontare delle transazioni effettuate con questi strumenti. Mentre il costo complessivo si ferma al 3,4 per cento. Insomma il negoziante (o il ristoratore o il parrucchiere) ha tutto da guadagnarci.
E infatti è lui a finanziare con la quota maggiore il sistema che deve garantire la remunerazione delle due banche parte del business: la sua (che trattiene una commissione) e quella del compratore, che si fa girare dalla prima una parte della commissione stessa per aver dato la sua garanzia sull'importo dovuto dall'acquirente. Se dunque l'esercente non si dota del Pos, sostenendo che il sistema è troppo caro, c'è una sola spiegazione logica: non ha alcuna intenzione di far sapere al fisco che ha incassato quella somma. Cosa che diventa molto rischiosa se accetta un pagamento tracciabile. Il resto sono solo balle. Come quella di chi sostiene che in Italia si usano poco le carte perché la popolazione è più anziana che altrove: la Germania ha la stessa quota di ultrasessantacinquenni (il 20 per cento) e il doppio dei tesserini magnetici.
SOSTIENE IL GOVERNO - Il problema vero è dunque l'evasione fiscale. E i milioni di voti che la lotta nei suoi confronti può spostare e senza i quali non si vincono le elezioni. Un fattore che pesa, sia pure in misura molto diversa, in tutti i Paesi. E infatti i politici su questo fronte traccheggiano a ogni latitudine. In Italia il governo Monti aveva promesso di intervenire, regolamentando le commissioni bancarie a carico dei commercianti. Si era parlato di un provvedimento del ministero dell'Economia concertato con quello dello Sviluppo Economico, sentite la Banca d'Italia e l'Antitrust, che a gennaio scorso ha espresso il suo parere. Quattro paginette dove si invoca maggiore trasparenza e dunque concorrenza. Dalla lettura del documento dell'Authority si capisce chiaramente che l'esecutivo è sceso a più miti consigli: stando alla bozza, che risale a diversi mesi fa, il decreto non interviene sulla commissione pagata dall'esercente al proprio istituto di credito, ma si limita a stabilire che non debba mai salire quella interbancaria (in genere tra lo 0,6 e lo 0,7 per cento, con punte dell'1 per cento). Una mezza pagliacciata, insomma. Per giunta sparita in qualche cassetto del nuovo governo. Né più incisiva appare l'iniziativa strombazzata nei giorni scorsi dalla Commissione europea. A Bruxelles hanno approvato una proposta di regolamento in base alla quale scatterebbe un tetto alle commissioni interbancarie dello 0,2 per i Bancomat e dello 0,3 per le carte di credito. Uno sconto a favore della banca del commerciante, che potrebbe (e non dovrebbe: e c'è una bella differenza) trasferirlo alla tariffa applicata al suo cliente: se anche lo facesse per l'intera somma (e quando mai) si tratterebbe di una limatura della commissione di mezzo punto percentuale. Nel caso italiano, significherebbe offrire uno sconto dello 0,5 per cento a un gioielliere, per esempio, che se invece si fa pagare in contanti e non mette gli importi nella sua dichiarazione dei redditi risparmia il 23 per cento sui primi 15 mila euro e il 27 sui successivi 3 mila (in media la categoria sta, scandalosamente, a quota 18 mila). Da ridere, insomma.
In realtà, una soluzione semplice ci sarebbe. L'hanno sperimentata, all'inizio degli anni Duemila, nella Corea del Sud. Dove prima hanno imposto un tetto al contante equivalente a 42 dollari. Poi hanno concesso ai titolari di carta che la utilizzavano per gli acquisti e si prendevano la briga di conservare la ricevuta uno sconto fiscale (che per giunta garantiva la partecipazione a una lotteria) fino a un massimo di 4.200 dollari l'anno o del 20 per cento del reddito. E ribassato del 2 per cento l'Iva ai commercianti che dimostravano di aver incassato tramite Pos. Ha funzionato. Algebris Investments ha studiato il caso. E sulla base di dati della Myongji University si è presa la briga di calcolare che quelle semplici misure hanno ridotto il sommerso di cinque punti in percentuale sul Pil. Da noi vorrebbe dire recuperare d'un colpo 20 miliardi di gettito fiscale.
Insomma, fare si potrebbe fare. Ma siamo in Italia. I governi si baloccano solo con ipotesi che non stanno in piedi. E, soprattutto, non fanno un baffo agli evasori.
Scritto il 21 settembre 2013 alle 00:17 nella Berlusconi, Economia | Permalink | Commenti (9)
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Scritto il 20 settembre 2013 alle 12:58 nella Renzi | Permalink | Commenti (4)
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Scritto il 20 settembre 2013 alle 08:10 | Permalink | Commenti (30)
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Un caso di audience parallele quasi perfetto: quella di Renzi, che va da Vespa l’11 settembre, confrontato con quella di Letta cinque giorni dopo. Ambedue in seconda serata, ambedue che iniziano attorno alle 23.30. e quindi le differenze nella misura e nella composizione del pubblico sono di quelle che contano. Intanto la cosiddetta curva del’ascolto, cioè quanta gente era lì ad ascoltarli minuto dopo minuto, è assai simile ma per Renzi gli spettatori sono più numerosi (il 16,62% contro il 13% del premier) e, fatto importante, meno “raccogliticci”, con molte persone che se lo vedono a lungo anziché dargli uno sguardo e via. Quanto basta a rivelare che l’audience di Renzi era motivata da una reale curiosità. In termini assoluti 1 milione e 355mila spettatori (16,6 di share) per il sindaco contro 1 milione e 116 mila per il premier (13 per cento).
Nessun mistero invece con i ceti medi e medio alti, attirati da Renzi, mentra il Letta delle larghe intese riscuote qualcosa di più fra i settori più umili che dal governo magari non ricevono molto, ma dall’assenza del Governo temono di perdere addirittura qualcosa. E come sempre, parlando d’Italia, bisogna anche interrogare i territori: Renzi va molto meglio di Letta nelle marche di confine (Val d’Aosta, Friuli e Venezia Giulia, in tutto il centro Italia (saltando il Lazio, ma acquisendo la infiammabile Campania), nonché in Molise, Sicilia e Sardegna. Letta riesce a ribaltare, di poco, il risultato, in Trentino, Liguria e Puglia. Nelle grandi regioni del Nord, quelle dove la crisi industriale si taglia a fette, i due sono andati alla pari. Da quelle parti per accendere degli entusiasmi ci vorrà parecchio.
Infine, il dato forse più interessante: i lavoratori autonomi pendono per Renzi, almeno rispetto a Letta. Il che sembra confermare che il sindaco, in quanto moderato movimentista, pesca in bacini elettorali ansiosi di novità, ma da sempre ostili al centrosinistra. È solo un dato fra tanti: ma riguarda la zona di confine con il centrodestra, e quindi conta molto, ma molto di più di qualsiasi altra suggestione offerta dai comportamenti degli spettatori. Certo, in questo campo il vero confronto dovrebbe essere fatto con Berlusconi ospitato dallo stesso Vespa.
Uomini e donne forniscono a entrambi circa metà dell’audience, anche se, a voler sottilizzare, per Renzi prevalgono leggermente gli uomini mentre con Letta accade il contrario, come se quel giovane così magro apparisse più bisognoso di protezione. Il grosso degli ascoltatori sono quelli sopra i 55 anni, mentre tra i più giovani le punte renziane sono composte da post adolescenti e quasi trentacinquenni. Con due notazioni aggiuntive: Renzi registra un imbarazzante successo fra i bambini fino a 4 anni; sia il fiorentino che il pisano lasciano freddissimi i trentenni avanzati e i quarantenni incipienti, che sembrano non aspettarsi niente di interessante dalla politica, né quella che c’è né quella che si candida a prenderne il posto. Strana cesura generazionale, che fatichiamo a spiegare.
Stefano Balassone
Ps. grazie a Francesco Siliato e Niccolò Cavagnola, dello Studio Frasi, per le tabelle con tutti numeri
Scritto il 19 settembre 2013 alle 22:28 nella Renzi | Permalink | Commenti (23)
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Cari amici,
questo mese la donazione per Emergency, a favore dell'Ospedale di guerra di Lashkar-gah (Afghanistan), parte in ritardo, perchè il sito PayPal di Emergency ha avuto dei problemi. Ora tutto è ritornato normale. Incollo in calce lo stato del conto, e la ricevuta del versamento.
Grazie di cuore a tutti. Tafanus
Ricevuta del versamento
Scritto il 19 settembre 2013 alle 21:45 | Permalink | Commenti (0)
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La prima volta che lo sentii gridare Forza Italia al riparo di una siepe di finti libri rilegati in pelle, ero preoccupato ma incuriosito. Ancora non sapevo che il set era stato montato in un cantiere: se la telecamera avesse allargato l’inquadratura, avremmo scoperto che la scrivania si affacciava su un cumulo profetico di macerie.
Quell’uomo d’affari uscito da un telefilm degli Anni Ottanta rappresentava la novità, la sorpresa, per molti la speranza. Ma quando di lì a qualche mese lo rividi arringare il popolo da una videocassetta, lo stupore aveva già ceduto alla delusione. Il terzo filmato produsse sconforto, il quarto fastidio. Non ricordo quando il fastidio si sia trasformato in noia. Io e i suoi video siamo invecchiati insieme: a me cadevano i capelli che crescevano a lui, nella mia libreria i volumi cambiavano mentre nella sua erano sempre gli stessi, miracolosamente intonsi. Logore, invece, le parole: promesse e minacce, sempre più vaghe. Sempre meno riusciva a farmi sorridere e spaventare, alternando la maschera tragica con quella comica sullo sfondo di arredamenti barocchi e bandieroni pomposi.
Ora è tornato a Forza Italia, ma i suoi proclami mi rimbalzano addosso come palline di pongo scagliate da una fionda sfibrata. Vedo le rughe infittirsi, le labbra spezzarsi al pari della voce. Sento parole d’amore che sprizzano livore. Dovrebbe farmi paura e invece non mi fa neanche pena. Solo tanta tristezza: per lui, per me, per noi che da vent’anni scandiamo il tempo delle nostre vite con i videomessaggi di un tizio che ha sostituito la politica con l’epica dei fatti suoi.
Scritto il 19 settembre 2013 alle 11:06 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (13)
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Scritto il 19 settembre 2013 alle 00:34 | Permalink | Commenti (7)
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E' incredibile, ma nell'impegno (degno di miglior causa) che Floris mette nel promuovere la leadership di Renzi (meglio noto come il "Bischero di Frignano"), c'è qualcosa che è riuscita ad infettare anche le metodologie di Pagnoncelli, fino a qualche tempo fa (quasi) inattaccabili.
"Sondando" le intenzioni degli italiani sul "leader Scavolini, il più amato dagli italiani", il Pagnoncelli "fornitore unico" di Ballarò costringeva a scegliere fra tre opzioni improponibili (ognuna per motivi diversi):
Ma tant'è. Ormai i sondaggi si fanno non già per capire, ma per innescare il c.d. "marketing virale", che così bene ha dimostrato di funzionare su menti non tempratissime... Sondaggi che non sono progettati per predire in maniera neutrale il futuro, ma per "aiutare" il futuro ad obbedire ai sondaggi, sbagliati nel metodo e nel merito.
Ma i miei cromosomi affondano le loro radici in una regione dove la "capa tosta" è nel patrimonio genetico degli abitanti da alcuni millenni... E quindi, nel mio piccolo, sono mesi che batto su questo chiodo, sia con Floris, che con Pagnoncelli. Non sono il solo. So che altri bloggers ed altri esperti di ricerche lo hanno fatto.
Mai nessuno di noi ha ricevuto risposte, ma... eppur si muove... Finalmente, questa settimana, Floris & Pagnoncelli, "a uniso" (come direbbe Verdone), hanno capito che prima o poi sarebbe stato inevitabile confrontare Renzi non solo contro se stesso (e contro la sua logorrea solipsistica), ma anche contro un eventuale rivale. E per la prima volta Renzi viene opposto ad un avversario (che peraltro non scoppia certo di carisma): Enrico Letta. Ebbene, Renzi, seppure di poco, perde contro Letta. Letta 41, Renzi 39. Non è granchè, ma dovrebbe essere sufficiente a far capire a Floris che niente e nessuno ha deciso che solo Renzi può trascinare la sinistra alla vittoria.
Esilarante il tentativo di Floris di sminuire il risultato. Letta avrebbe superato Renzi grazie alla "visibilità" come Presidente del Consiglio. Naturalmente non è così. Naturalmente, se Floris si prendesse la briga di dare uno sguardo, anche superficiale, ai "Dati d'ascolto", che monitorano le presenze dei politici in TV (minuti, secondi, e ponderazioni per l'audience delle singole trasmissioni) capirebbero che Letta sui media è una abbondante presenza para-istotuzionale, mentre Renzi sui media è una metastasi invasiva e devastante. Aggravata dal fatto che se si accende la TV e non c'è Renzi himself, c'è con elevate probabilità qualcuno che suona le vuvuzelas per Renzi. Da Letta in qualche misura ci si può salvare. Da Renzi e renzisti, no.
Ma a Floris sfugge anche il fatto che la "visibilità", se fallisci come premier, non è un regalo divino, è una dannazione. E la premiership di Letta è stata caratterizzana da parametri economici tutti in peggioramento (mentre isso vede le lucine, come Monti), da una nuova scarica di moniti da parte della UE, da un altro downgrading da parte delle socirtà di rating, da una nuova, più che probabile - procedura d'infrazione da parte della UE, e - last but not least - dalla impressione sempre più diffusa che sia "alquanto" incollato alla poltrona.
Per fortuna, in un rigurgito di orgoglio professionale, Pagnoncelli ha dato un'altra spiegazione, che non piacerà ai teorici del "Renzi è l'unico che può portarci voti da destra". Bene, a prescindere dal fatto che gli imbecilli come me rifuggono da questi "arrivi eventuali", Pagnoncelli spiega che la candidatura sempre più certa di Renzi alla segreteria del PD ha fatto capire, persino ai tontoloni berlusconiani, che Renzi è "ufficialmente" (anche se non sostanzialmente) un "komunista", e improvvisamente il suo magico appeal verso i destri sembra aver invertito la marcia.
A Floris sarebbe piaciuto far passare l'idea che Letta venga letto sempre più come "centrista" in quanto premier del governo di largo inciucio, e quindi per questo con gradimento in crescita. Pagnoncelli ha riportato le cose alla realtà: finchè Renzi poteva fare il populista alla Grillo, poteva attrarre voti a destra, mantenendo voti a sinistra. Adesso che si candida per una carica inequivocabilmente PD, il suo appeal a destra - di cui per mesi hanno straparlato anche nostri apprezzati lettori - ha fatto "ploff". Ha iniziato a sgonfiarsi come un soufflé nato male.
In calce, i sondaggi di Pagnoncelli per l'ultima puntata di Ballarò, dai quali si deduce che anche la supposta maggioranza del centro destra e del PdL nelle intenzioni di voto è la solita fola. Il PD è avanti di due punti sul PdL, il quale non ha ancora neanche iniziato il processo di disfacimento post. interdizione. Berlusconi è morto, ma solo Berlusconi e Floris non hanno preso ancora visione del necrologio. Tafanus
Voto ai partiti
Voto alle coalizioni
Renzi contro Renzi
Renzi contro qualcuno
Floris e i renziani se ne facciano una ragione. Renzi come "proposta unica" contro il centro-destra stravince. Letta contro Renzi vince. Se A>B, e C>B, C è maggiore o inferiore ad A? La discussione è aperta.
P.S.: Un consiglio all'accoppiata Florsi/Pagnoncelli: la prossima volta, perchè non facciamo un bel sondaggio a candidato unico Ronchey/Berlusconi/Grillo? Giusto per capire meglio... Tafanus
Scritto il 18 settembre 2013 alle 17:06 nella Berlusconi, Renzi | Permalink | Commenti (3)
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Scritto il 18 settembre 2013 alle 13:20 | Permalink | Commenti (1)
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Scritto il 17 settembre 2013 alle 23:57 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (11)
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Quello a cui abbiamo assistito in diretta non è un semplice happening in cui assistiamo ad uno show spettacolare: è un avvenimento più unico che raro in cui finalmente le vere eccellenze Italiane vengono allo scoperto.
Riuscire in una sfida considerata da tutto il mondo “impossibile” dal punto di vista ingegneristico, irta di ostacoli e di problematiche di elevata criticità era una condizione che viene definita dagli inglesi “lost-lost” opposta a quella definita “win-win”: oggi che la Costa Concordia è stata raddrizzata grazie all’ingegneria italiana, un simile incredibile successo diverrà uno standard, e i tecnici che hanno progettato e realizzato l’impresa verranno ricercati all’estero mentre in Italia fra un mese nessuno parlerà più di loro.
Non credo sinceramente che questo potrà toccare più di tanto gli ingegneri protagonisti di questo miracolo all’Italiana: la vera soddisfazione non proviene dal clamore mediatico ma dalla consapevolezza di avere fatto un buon lavoro pur nelle difficoltà oggettive che una simile sfida richiedeva.
Nella mattinata del 16 settembre, invece di sottolineare le incredibili difficoltà che questo intervento sottintendeva, la stragrande maggioranza dei giornalisti (Italiani, aimè) sottolineava il “ritardo” di tre ore dall’inizio delle operazioni di raddrizzamento. Tre ore.
Da sottolineare che gli stessi giornalisti si dimenticano si sottolineare che il parlamento dopo tre mesi non ha ancora deliberato sulla legge relativa al finanziamento ai partiti. La legge della relatività vale evidentemente anche in questi casi: non segnalare la trave nell’occhio di chi ti paga ma la pagliuzza di chi non ti interessa.
Nel frattempo la scuola Italiana dell’ingegneria compie un miracolo tecnologico senza sovvenzioni alla ricerca, con fortissime pressioni politiche che al momento del successo si tramutano nelle solite processioni di politici (e ne abbiamo ovviamente viste anche ieri) che approfittano del buon andamento di una scommessa per far bella figura davanti alle telecamere.
Ieri abbiamo imparato una cosa: davanti a regole precise e semplici (quelle della fisica e dell’ingegneria) gli Italiani sono in grado di dare il meglio.
Quanto dovremo aspettare ancora perché le stesse logiche possano essere applicate alla civile convivenza fra cittadini ed ad una delle classi politiche più incapaci del pianeta?
Alessandro Cariani
Ieri la prima sedicente giornalista ad "indignarsi" per il fatto che una operazione mai sperimentata in quel tipo di contesto, e per una bestia di quelle dimensioni, è stata una ggiovane giornalista olandese. Ma come, già tre ore di ritardo??? Ma non ci avevate detto che l'operazione sarebbe durata 12 ore?
Ancor più indignata, durante una successiva conferenza-stampa, la stessa idiota. Ma come, prima ci dite 12 ore, poi quindici, e adesso ci dite che occorrerà tutta la notte???
A questo punto Gabrielli, con molta eleganza, l'ha mandata a cagare, raccontando la parabola della ruota di scorta. Chissà se la ggiovane idiota ha capito...Giuro che l'avrei strozzata con le mie mani...
Chissà se alle quattro di notte - dopo che gli stessi operai e 500 tecnici stavano lavorando ininterrottamente dalle sei di mattina, e cioè da 22 ore - ha avuto il buon gusto di unirsi alla standing ovation che in sala stampa ha accolto il doppio suono di sirena, che annunciava il compimento dell'opera, o avrà sottolineato, storcendo il nasino: "...ma come... doveva essere tutto finito entro le 18, e siamo già alle quattro di mattina! Cosa c'è da applaudire???"
Tafanus
Scritto il 17 settembre 2013 alle 20:10 nella Alex Cariani | Permalink | Commenti (9)
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Leggo un commento di un lettore del Tafanus - col quale spesso mi trovo d'accordo:
[...]Ieri ho visto prima D'Alema a la7 poi PresaDiretta su Rai3 D'Alema (sempre con quell'aria spocchiosa che lo contraddistingue) ha detto che il PD non deve rifondarsi ma ripartire dai successi delle esperienze di governo. Ha elencato fra i successi il salvataggio di Amato-Ciampi, l'ingresso nell'euro, la riduzione del debito pubblico.
Poi ho visto PresaDiretta. Ecatombe di imprese fallite nel Nord. 30-40-50 enni soprattutto siciliani che hanno ripreso il flusso migratorio [...]
Ora, non v'è dubbio che D'Alema abbia l'aria spocchiosa, come non vi è dubbio che abbia commesso un terribile errore nel farsi fregare da Berlusconi sulla storia della bicamerale. Come non vi è dubbio che non ha fatto ciò che andava fatto (anche se questa colpa la condivide con TUTTI gli altri governi di centro-sinistra), per risolvere il problema del conflitto d'interessi.
Detto questo, trovo che sia una forzatura - legittima ma incomprensibile - ridicolizzare le rivendicazioni orgogliose di D'Alema ai governi centro-sinistra guidati da Amato, Ciampi, Prodi, D'Alema, per quanto riguarda il controllo del debito e del deficit (dai quali discendono in linea diretta il basso spread, il basso costo del servizio del debito pubblico,e quindi la possibilità di investire ogni tanto qualche euro nello sviluppo).
Forse qualcuno dimentica che sotto Amato e sotto gli altri, il centro-sinistra era arrivato ad avere un avanzo primario a volte superiore ai 5 punti di PIL. Così come qualcuno tende a dimenticare che lo spread sul bund tedesco sotto questi gentiluomini era calato tanto da sistemarsi sistematicamente sotto i 50 punti-base. E che per alcuni sia pur brevi periodi lo spread era stato addirittura negativo. In altri termini, i titoli di stato italiani a 10 anni pagavano interessi inferiori agli equivalenti titoli tedeschi.
E trovo che associare il quadretto - oleografico ma ahimé rispondente al vero - della nuova ondata di "viaggi della speranza" verso la Germania con la valigia di cartone pressato e 500 euro in tasca, con la "spocchia" e le rivendicazioni di D'Alema circa le politiche del centro sinistra, sia inaccettabile nel metodo, e incomprensibile nel merito.E non lo dico per difendere D'Alema (del quale scrivo peste e corna dai tempi della bicamerale), ma a rimettere in funzione i "treni della disperazione" sono stati altri. Bisognerebbe cercare altrove. E, cercando bene, si potrebbe persino trovare.
D'Alema dice che bisogna ripartire dai successi delle esperienze di centro-sinistra? Niente di più incontrovertibile. Pubblichiamo in calce la tabella (Fonti: Tesoroo; Bankitalia), che mostrano l'andamento del debito durante i vari governi, dal 1993 al 2104 stimato.
Debito pubblico 1993/2014
Amato e Ciampi ('93) lasciano il debito al 115%. Due anni di cura Berlusconi/Dini, e siamo al 121%. Dal 1996 al 2001 governano Prodi, D'Alema, Amato. Ereditano un debito al 121%, lo lasciano al 108%. Tredici punti di abbattimento in 5 anni. Sono 2,6 punti di dimunuzione all'anno. Poi arriva il quinquennio berlusconiano, e in un contesto internazionale macro-economico invidiabile rispetto al periodo precedente, il debito viene ridotto di ben due punti. All'anno? No, in 5 anni. 0,4 punti all'anno.
Ma veniamo ai dati più di lungo periodo: il 121% lasciato da Dini nel 1995 diventa un 108 nel 2001 (fine della legislatura di cui D'Alema rivendica le virtù); dal 2001 al 2005, i governi di CDX, in un contesto unternazionale favorelole, riducino il debito dal 108 al 106.
Dal minimo storico toccato dal debito sotto Prodi nel 2007 (103,3%), arriviamo al 2013, con un debito superiore al 130%. In sei anni, il disastro. E chi ha governato, in questi 6 anni? D'Alema? No. Negli ultimi 10 anni, ha governato Berlusconi per 6 anni, Prodi per due anni con una maggioranza di tre senatori, e i cloni Monti/Letta per due anni. Si può dire? I peggiori governi dopo quelli del pentapartito di infelice memoria.
Monti passertà alla storia come il peggior premier di tutti i tempi (6 punti di aumento del debito in un anno, e crollo di tutti i parametri che definiscono il benessere (consumi, export, import, disoccupazione, potere d'acquisto, precariato, massacro delle pensioni e dei pensionati, problema esodati, lucine in fondo al tunnel).
Di poco "meno peggio" sarà quello Letta (Il Galleggiante), che prosegue sulle orme del governo Monti: 3 punti di aumento del debito, e ulteriore peggioramento dei parametri del "welfare". Dove sbaglia, D'Alema, nel rivendicare quanto fatto dai governi di centro-sinistra (incluso il suo)?
D'Alema è antipatico? e chissenefrega... anche Ugo La Malfa lo era. E lo era - campione mondiale, Vincenzo Visco. Al quale non ho mai visto assumere un atteggiamento da "questuante di simpatia". Eppure, con l'ingresso di Visco alle Finanze, è bastato che dicesse: "condoni??? game-over", perchè le entrate fiscali cominciassero a galoppare, senza alcun aumento delle aliquote, a tassi sette volte superiori alla crescita del PIL... E cominciassero ad emergere schiere di "sconosciuti al fisco", alla loro prima denuncia dei redditi. I nostri bravi evasori avevano capito che con Visco la pacchia dei condoni tombali a botte di 12 alla volta era finita.
E' utile, credo, ripassare la biografia dell'antipatico Vincenzo Visco, quello che aveva lo stesso carisma di un tosa-erba:
"...La politica fiscale del governo Prodi II - essenzialmente ascrivibile a Visco - ha visto un rilevante incremento dei poteri dell'Amministrazione delle entrate nel garantire la tracciabilità di operazioni economiche e commerciali che prima sfuggivano al sistema impositivo. Ma soprattutto è nel periodo precedente (1996-1999) che Visco vara una complessa riforma fiscale che elimina numerose imposte (fra cui la patrimoniale sulle imprese) e tutti i contributi sanitari, introduce l'Irap (che non è, come spesso viene interpretata, un'imposta sul reddito di impresa), alleggerisce e razionalizza il sistema sanzionatorio, rivoluziona la riscossione e introduce il modello di dichiarazione Unico che permette il taglio drastico degli adempimenti e consente la compensazione fra debiti e crediti di imposta, procede ad una radicale riorganizzazione dell'amministrazione finanziaria, istituendo le agenzie fiscali (Entrate, Dogane, Territorio e Demanio), rende autonoma l'Amministrazione dei Monopoli di Stato riuscendo anche a varare la normativa che ha permesso la privatizzazione della produzione di sigari e sigarette.
Contestualmente, Visco condusse una forte campagna contro l'evasione fiscale che, se da un lato consentì per la prima volta il recupero di quote significative di imposte occultate, dall'altro gli costò l'ostilità di alcune categorie di contribuenti abituate ad utilizzare la tradizionale tolleranza, nonché di loro referenti politici. Venne diffuso uno slogan (coniato, sembra, da Giulio Tremonti) che definiva Visco come un Dracula preposto all'Avis (l'associazione per i donatori di sangue). Nei fatti, l'ingresso dell'Italia nell'euro fu possibile grazie alla drastica riduzione del disavanzo pubblico, portato sotto la soglia prescritta del 3 per cento (fu del 2,7) grazie anche ad un recupero di evasione fiscale pari a 0,5 punti di Pil in assenza del quale il disavanzo sarebbe stato del 3,2 per cento. Il recupero di gettito evaso continuò negli anni successivi consentendo, tra l'altro, la restituzione del 60 per cento della cosiddetta "tassa per l'Europa", pagata dai contribuenti nel 1996, che era stata promessa al momento della sua introduzione.
Dall'aprile 2000 al giugno 2001, Visco ebbe l'incarico di ministro del Tesoro. In quel periodo l'Italia ottenne dalla Commissione europea il via libera all'introduzione di un credito di imposta per i nuovi investimenti (la cosiddetta "Visco Sud"), furono portate avanti importanti privatizzazioni che segnarono la definitiva separazione tra fondazioni bancarie e banche (fu in quel contesto che si rese necessario il commissariamento del Monte dei Paschi, resistente ad accogliere le nuove regole), sancirono lo scioglimento definitivo dell'Iri, avviarono la privatizzazione dell'Eti, permisero la collocazione sul mercato - con significativo gettito per lo Stato - di un'ulteriore tranche dell'Eni, trasferirono dalla proprietà pubblica a quella privata gli Aeroporti di Roma. A Visco si deve anche l'avvio delle riforme del diritto societario e del diritto fallimentare, che furono poi stravolte ("falso in bilancio") o rinviate dal successivo governo Berlusconi. Sul versante internazionale, l'Italia ebbe in quel periodo il suo turno di presidenza del G7 e in quella sede propose un piano di aiuti internazionali ai Paesi in via di sviluppo ("Beyond debt relief") mirato ad andare oltre la remissione del debito e finalizzato a creare un fondo per la lotta contro le malattie e l'incremento dell'istruzione. Il piano ebbe un rilevante successo internazionale, anche se successivamente ne venne resa operativa solo una parte.
Tornato al governo nel 2006, Visco riprese la sua azione di contrasto all'evasione fiscale, ottenendo in poco tempo risultati molto tangibili, che contribuirono alla riduzione del disavanzo e del debito pubblico verificatesi nei due anni di governo del centrosinistra.
L'immagine di Vincenzo Visco è così rimasta legata alla sua attività contro l'evasione fiscale, e per questo motivo è stata molto apprezzata da alcuni ma temuta e contestata da altri. Alcune delle misure antievasione varate da Visco -in particolare sulla tracciabilità delle operazioni finanziarie-, abolite con impeto dal governo Berlusconi-Tremonti, furono poi da quello stesso governo in parte recuperate e reintrodotte per la loro manifesta utilità nel contrastare l'erosione del gettito tributario. Altre misure introdotte da Visco e abrogate dal governo Berlusconi sono state poi reintrodotte dal governo Monti..." [Fonte: Wikipedia]
Ma anche Visco è un pregiudicato, come Berlusconi, e per lui è pronto il "metodo Boffo". Il Geniale e Libbbero ci mettono un attimo a tirar fuori gli scheletri di Visco dall'armadio... Sempre dalla fonte precedente:
[...] I reati di Visco - Nel 2001, in seguito ad una martellante campagna di stampa organizzata dalle forze politiche avversarie, Visco ha subito una condanna definitiva per aver allestito un box di copertura del serbatoio di gas installato nel giardino della sua abitazione di Pantelleria disponendo del permesso del Comune ma non di quello della sovrintendenza. La Procura della Repubblica aveva chiesto l'assoluzione a causa della contraddittorietà delle norme di riferimento che avevano indotto in errore il tecnico che dirigeva i lavori [...]
Per chiudere, vorrei ricordare un'altra cosa: i treni della speranza nascono nopn dalla spocchia di D'Alema, ma dai costi enormi di evasione e corruzione, che hanno generato dati di bilancio strutturalmente devastanti. E questi hanno costretto il governo Berlusconi - in un estremo, quanto inutile tentativo di salvarsi le chiappe - a varare e/o accettare due forche caudine che, se non abbatturte in fretta, faranno tornare il nostro paese non solo sui treni della speranza, ma addirittura ad una economia primaria, di addetti all'agricoltura, alla pastorizia, e alle industri estrattive.
Queste due mostruosità giuridico-economiche impediscono qualsiasi politica di bilancio anti-congiunturale. Obbligano ad adottare politiche pro-cicliche. Continueranno ad arricchire gli Herr Mueller da Monaco di Baviera a Lubecca. E a rimettere in moto l'Italia del tristissimo Nino Manfredi di "Pane e cioccolata". Altro che la spocchia di D'Alema...
Tafanus
Scritto il 17 settembre 2013 alle 16:17 nella Berlusconi, Economia, Lavoro, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (52)
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Scritto il 17 settembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (27)
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Abbiamo aggiornato il grafico delle tendenze dei sondaggi ai dati usciti fino a due giorni fa. Ormai, checché ne dica la Paleontologa di Berlusconi, non c'è alcun vantaggio del centro-destra sul centro-sinistra (anzi, è iniziato il sorpasso). Sale la curva del centro-sinistra, scende la "linea della vita" del berlusconismo.
Il comico di Genova viaggia ancora verso il basso, anche se la velocità di caduta tende ad attenuarsi.
Questi andamenti fanno capire due cose:
-a) sbaglia il centro-destra a minacciare ogni 5 minuti la crisi, e sbaglia Letta a far finta di credere a quest'arma. Berlusconi se crea la crisi, diventa NESSUNO, e preda della prima "toga rossa" che abbia voglia di vederlo dietro le sbarre. Quindi non creerà nessuna crisi, anche perchè il già non favorevole andamento dei consensi di cui ancora gode subirebbe una accelerazione verso il basso, e i suoi gli spiegheranno che se si va al voto anticipato, il centro destra perde. E, di nuovo, se perde col Porcellum, perde di brutto alla Camera, e perde peggio che in febbraio al Senato.
-b) La caduta di consensi a Grillo spiega la sua fretta di andare al voto al più presto, con qualsiasi legge elettorale. Il tempo lavora contro il cazzaro. Ogni giormo che passa, c'è qualche migliaio di persone che capisce la disutilità del grillo autoreferenziale e dei suoi beneficiati. Il "né con questi né con quelli" avrebbe senso se avesse almeno la maggioranza relativa e l'autosufficienza. Invece si avvia a valere la metà del primo partito. E Grillo sa anche che appena si schiererà con la sinistra o con la destra, perderà metà del suo elettorato: quella metà che non condividerà la scelta fatta.
Questo l'ultimo grafico di tendenza:
Anche il Renzino, ha fretta. Il tempo lavora anche contro di lui, e questa settimana persino Padellaro si è accorto che il suo battutismo comincia a stufare tutti quelli che - come Letta - non apprezzano le campagne fatte con le battutine, e che molti (a cominciare dal sottoscritto) apprezzerebbero molto di più delle enunciazioni chiare sui programmi. Ma i programmi sono pericolosi, perchè quando si comincia a dire COSA esattamente si intende fare, il consenso universale da battutina (rottameremo, asfalteremo e via stronzeggiando) cederanno il passo al "mi conviene o non mi conviene il programma di Renzi"?
Allora avverrà la conta reale. Intanto però - come ha osservato anche Cacciari (una delle rare volte in cui ho condiviso ciò che dice) la prossima prova del fuoco se la dovrà giocare non con la casalinga di Voghera (dove si contano i voti della ggente) ma nell'assemblea di partito (dove contano le tessere, le correnti e l'establishment). E se dovesse prendere - come è probabile - una facciata in assemblea, la casalinga di Voghera inizierà a dubitare della invulnerabilità di Fonzie Superman).
A seguire, qualcuno - persino qui da noi - inizierà a capire che Renzi porta dei voti da destra (e la cosa non mi piace), ma ne perde il doppio in uscita dal PD. Quindi Renzi eviti, per piacere, ci vendere la pelle di un orso che non ha ancora catturato (porta sfiga, la cosa), e soprattutto la smetta coi linguaggi da "curva sud": ...rottameremo... asfalteremo... Amico, tu rottami e asfalti, in questo modo solo te stesso. E dire che eri quello che criticava Bersani che voleva "smacchiare il giaguaro"...
Per completare il quadro, vorrei riportare anche l'ultimo dato del sondaggino del Tafanus (che ormai si avvia verso le 800 risposte).
Peggiora ancora il rapporto fra persone che Renzi porterebbe dal centro-destra al centro-sinistra, e il numero di persone che con la leadership del Nuovo Battutista compirebbe il percorso inverso. Che abbia fretta di buttar giù il governo non già per smontare le "larghe intese" (delle quali, a bocce ferme, avrebbe bisogno anche lui, se si votasse col porcellum), ma perchè sente che il tempo non sta più lavorando a suo favore? E che alcuni cominciano ad averne le balle piene del "fonzismo"?
Tafanus
Scritto il 16 settembre 2013 alle 19:26 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (0)
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Oggi alle 6:00, dovrebbe cominciare il "raddrizzamento" e la liberazione della Concordia. Progetto complesso, mai sperimentato su relitti di queste dimensioni. L'operazione sarà seguita in diretta da decine di TV. Diretta pressocché continua di RaiNews24.
Per visionare il rendering prodotto dal Corsera delle operazioni pianificate, aprite il link [slideshow]
Scritto il 16 settembre 2013 alle 00:01 | Permalink | Commenti (6)
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Il più amato dal centro-destra
Non è, non vuole essere una battuta. Da un sondaggio di SWG per Agorà realizzato il 10 settembre - pubblicato sul sito ufficiale governativo - durante il quale è stato chiesto agli intervistati come dovrebbe essere il futuro leader del centro destra dopo Berlusconi. Risposta schiacciante, che non lascia adito a dubbi... Fonzie, Fonzie è il nuovo ideale di Berluschino. Con buona pace dei nostri amici adoratores... Tafanus
...a nessuno, ma proprio a nessuno, è venuto in mente di rispondere che Renzi sarebbe ufficialmente di sinistra, e quindi poco adatto ad essere l'erede di Berlusconi... Self-explanatory...
Scritto il 15 settembre 2013 alle 18:27 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (6)
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Scritto il 15 settembre 2013 alle 08:01 | Permalink | Commenti (5)
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recensione del film "FOXFIRE – RAGAZZE CATTIVE" - Di Angela Laugier
Titolo originale: Foxfire
Regia: Laurent Cantet
Principali interpreti: Raven Adamson, Katie Coseni, Madeleine Bisson, Claire Mazerolle, Rachael Nyhuus, Tamara Hope. Francia 2012 – 143 min.
La regia di Laurent Cantet si cimenta con la durissima vicenda raccontata nel romanzo di Joyce Carol Oates: Foxfire: Confessions of a Girl Gang (1993), dal quale era stato tratto, nel 1996, un film diretto da Annette Haywood-Carter, con Angelina Jolie.
Non si tratta, però, in questo caso del remake di quel lontano film, perché il regista francese è interessato soprattutto a cogliere l’aspetto sociologico del romanzo e, perciò, a rappresentare il comportamento di alcune giovani ragazze di umili origini in una situazione ambientale difficile e ostile. Sullo sfondo, come nel romanzo, è la provincia americana povera dello Stato di New York negli anni ’50, in cui, a pochi chilometri dalla metropoli, è condivisa e accettata la sottocultura ottusa e becera dei maschi locali, per reagire alla quale si forma il gruppo organizzato e segreto delle Foxfire. Si tratta di adolescenti ribelli, compagne di scuola, che, non rassegnandosi a essere continuamente vilipese, decidono di unire le loro forze per attaccare i più ingiusti privilegi sessisti, sognando addirittura di arrivare a costituire, grazie alla loro setta, una società senza maschi. Chi vuole entrare a far parte del gruppo si deve sottomettere a un rito cruento di iniziazione: l’incisione su una spalla di un simbolo di lotta, costituito da una specie di fiamma; deve poi giurare fedeltà, “perinde ac cadaver” e aiuto reciproco, naturalmente nella massima segretezza.
Le Foxfire riconoscono in Legs, giovane carismatica e intelligente, la loro guida: le si affianca Maddy, che assume, fin dal primo momento, il compito di redigere la cronaca minuta della vita del sodalizio femminile che si va formando. Le prime attività delle giovani del gruppo sono di intimidazione e di vendetta nei confronti dei maschi, quei coetanei che a scuola ridono di loro e dei loro insuccessi e che fuori dalla scuola tentano di stuprarle, proprio come quel maturo e rispettato signore, molto per bene, che approfittando della povertà di Maddy si sente in diritto di provarci.
Il gruppo, coll’andar del tempo, si estenderà, accogliendo anche donne meno giovani, ma segnate dalla violenza coniugale, come Agnes, limitando, tuttavia la solidarietà alle sole donne bianche, essendo il pregiudizio razziale profondamente radicato in alcune delle adepte. A poco a poco, però, le provocazioni dimostrative degli inizi si trasformeranno in azioni criminali vere e proprie, facendo emergere, perciò, insanabili e profondi dissensi sugli obiettivi del gruppo delle Foxfire, che finirà con lo sfaldarsi. Preceduta da Rita, che se n’era andata per amore di un gelataio, non ammesso dalla setta, anche Maddy, la cronista, memoria storica della setta, dopo un proprio sofferto percorso di maturazione, seguirà strade diverse, turbata dalla deriva inquietante e quasi terroristica nella quale le giovani stavano scivolando, prive come erano di strumenti culturali e progettuali per la trasformazione della società, e convinte come erano che ai diritti rivendicati fosse necessario arrivare attraverso un crescendo di azioni delittuose. Sul destino delle altre giovani e su quello di Legs sarà possibile soltanto avanzare ipotesi e congetture.
Cantet gira la sua pellicola dopo aver a lungo meditato sul romanzo e dopo aver osservato le dinamiche interne ai gruppi femminili nelle scuole, o negli istituti per il recupero sociale, cioè in quelle realtà che egli individua come le più adatte per reclutare le protagoniste del film, fra le quali, infatti, è presente un’unica attrice professionista: Tamara Hope, quella che interpreta nel film il ruolo di Marianne Kellogg. Del romanzo, Cantet mantiene il contesto sociologico dell’America provinciale degli anni ’50, oltre che la sostanza del racconto, riordinato però secondo un criterio che permette di ricostruire gli eventi nella loro successione temporale, mentre nell’opera della Oates, i ricordi di Maddy emergono a sprazzi, in modo casuale, seguendo i più imprevedibili percorsi della memoria. Il film è molto lungo, ma il racconto è interessante e fluisce senza noia, grazie a una solida sceneggiatura coerente e chiara, ma anche a una pulitissima e netta fotografia e all’eccellente recitazione di tutti gli attori
Potete trovare una bella e utile intervista a Laurent Cantet QUI.
Angela Laugier
Scritto il 15 settembre 2013 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Ormai il problema è noto: si teme che nel voto d'aula, nonostante il numero di votanti (parlo del Senato) che dovrebbero sostenere la cacciata di Berlusconi sia di 43 senatori in più di quelli contrari, ci sono fondati timori che col voto segreto l'ex-cav possa essere mandato assolto grazie a voti che teoricamente dobrebbero essere per la cacciata del pregiudicato Berlusconi Silvio.
Fra i maggiori indiziati - palesi o meno - ci sono gli UCD, parte dei Montiani, parte dei Margheriti, parte dei 101 PD che hanno affossato la candidatura di Prodi, e gran parte dei grillini: in primo luogo perchè i grillini sanno che una volta fuori dal parlamento, è molto difficile che vi rientrino. In secondo luogo, perchè il giochino di far restare in senato il Cav. a voto segreto, e poi dare la colpa dei questo misftatto al PD (rafforzando la minchiata del PdL= Pd-L), è troppo allettante, per chi non ha niente di serio e di fattibile da proporre.
Ed ecco la pensata geniale del comico-demagogo-ignorante: chiedere il voto palese (dimostrando ai poveri grillacei tifosi del nulla la buova fede del Grillo-Regino, e dare in pasto la notiziona ai media).
Senonchè si da il caso che per ignoranza delle leggi, e/o per malafede, il Grillo-Regino chieda a gran voce una cosa che - come dovrebbe sapere uno che si spaccia per leaderone politico, ciò che chiede non è consentito. Nei casi in cui entrino decisioni che riguardino problemi di libertà personali (non solo galera, ma anche intrerdizione, per capirci), il voto palese non è consentito.
Quindi questo imbecille chiede il voto palese, fa "aggratis" la bella figura dell'uomo lavato con perlana, e poi ci sarà comunque il voto segreto (da isso parolaiamente osteggiato) durante il quale i grillini portranno eventualmente votare in modo da massacrare l'immagine del PD, e contestualmente rimanere incollati alla poltrona, a contare le carte delle caramelle. Tafanus
Norme vigenti e prassi applicative - L'attuale disciplina del voto segreto è quella risultante a seguito delle modifiche regolamentari approvate nel 1988, da entrambi le nostre Assemblee parlamentari, con le quali si è provveduto ad innovare la precedente regolamentazione della materia riducendone notevolmente l'area di ammissibilità. A differenza del precedente regime che ammetteva lo scrutinio segreto per tutte le votazioni e lo prevedeva come obbligatorio per la votazione finale dei progetti di legge, l'attuale formulazione dell'art. 49, comma 1 r. C. (al Senato: art. 113, comma 2 r. S.), stabilisce invece il principio generale per il quale le votazioni hanno luogo a scrutinio palese.
A tale principio si deroga per le votazioni riguardanti le persone, le quali hanno obbligatoriamente luogo a scrutinio segreto sia che esse si svolgano in Assemblea che in Commissione (artt. 49 e 51, comma 1 r. C.; art. 113, comma 3 r. S.). Secondo l'indirizzo interpretativo sono effettuate a scrutinio segreto tutte le votazioni riguardanti persone che concernono: elezioni, dimissioni, richieste di autorizzazioni a procedere per reati ministeriali (art. 96 Cost.); pareri in Commissione sulle proposte di nomina del governo ai sensi della legge n. 14 del 1978. Sono inoltre votate a scrutinio segreto, solo quando ne sia avanzata richiesta, le proposte delle giunte sulle richieste di autorizzazione all'arresto e altri atti privativi della libertà personale, perquisizioni personali e domiciliari, intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, sequestro di corrispondenza, in quanto incidenti sui principi costituzionali richiamati dall'art. 49 r. C. e dall'art. 113 r. S.
Scritto il 14 settembre 2013 alle 14:19 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (68)
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Scritto il 14 settembre 2013 alle 00:31 | Permalink | Commenti (5)
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La notizia è riportata oggi ilfattoquodiano.it che pubblica in allegato anche la lettera integrale, firmata dall'amministratore delegato Ernesto Mauri e inviato a consulenti e collaboratori.
Una "cortese" richiesta accompagnata anche da un messaggio molto esplicito. Ovviamente, nessuno è obbligato a restituire niente ma l'aziende sottolinea comunque nella sua lettera che, per far fronte alla crisi, "stiamo (..) intervenendo sulla riorganizzazione, sulla struttura dei costi interni ed esterni e sulla selezione rigorosa dei nostri partner". Fornitore avvisato..
Scritto il 13 settembre 2013 alle 14:13 nella Berlusconi, Economia | Permalink | Commenti (12)
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Qualcuno si ricorda ancora della Signorina Rottermeier? Ma si... la prima capogruppo grillina alla Camera... Quella che "controlleremo anche la carte delle caramelle"?
Ebbene, a nove mesi dal varo del nuovo regolamento di contabilità di Palazzo Madama, gli unici ad aver messo in rete il dettaglio delle spese sono stati le Autonomie, e quei ladroni del PD (anzi... PD-L, per usare uno dei tanti neologismi intelligenti del comico bollito). Quello che segue è l'articolo pubblicato oggi sull'Espresso (numero in edicola). L'Espresso è andato a controllare chi è in regola e chi no. In nove mesi in genere si riesce a fare un bambino (e talvolta persino 2 o più). Ai maghi della rete e della trasparenza ancora non è stato possibile mettere in rete la conta delle carte delle caramelle. Aspettiamo fiduciosi. In questi ultimi tempi sono stati impegnatissimi a difendere la Costituzione (su cui fino all'altro ieri hanno rovesciato palate di merda), con l'eroica scalata al terrazza panoramica di Montecitorio. Una boccata d'aria fa sempre bene.
Adesso si preannuncia un'altra eroica manifestazione di protesta in difesa della "Costituzione che fa schifo": si sussurra che un gruppo di grillini appartenenti al "Corpo dei Forchettoni Scelti" stia preparando un blitz al Ristorante a 5 Stelle della Camera: sembra che si preparino, addirittura, a mangiare il pesce col coltello da carne, e a bere il vino nei bicchieri per l'acqua! Tafanus
A nove mesi dal voto del Senato che obbliga i partiti a mettere in rete le spese, solo Pd e Autonomie sono in regola. Pdl, Lega e Monti no. E i Cinquestelle? No (di Vittorio Malagutti E Andrea Palladino - l'Espresso)
L'hanno messo nero su bianco il 16 gennaio, in piena campagna elettorale. Tirava aria di tutti a casa, quando il consiglio di presidenza del Senato, allora guidato da Renato Schifani, si riunì per dare via libera al nuovo regolamento di contabilità di Palazzo Madama. Dieci articoli in tutto, nel nome della trasparenza. «Ciascun gruppo si dota di un proprio sito Internet (…) nel quale sono pubblicati e resi liberamente disponibili i seguenti documenti: organizzazione interna del gruppo, gli estremi dei mandati di pagamento, assegni e bonifici bancari, rendiconti e relazioni sulla gestione». Recita così, testuale, l'articolo 5 del testo firmato nove mesi fa in Senato dai rappresentanti dei partiti.
Parole d'ordine: tutto in Rete, tutto su Internet, per dare la possibilità ai cittadini di controllare le spese dei loro rappresentanti. Insomma, il massimo della trasparenza. Solo che poi, passando dalle parole ai fatti, le cose sono andate un po' diversamente da quanto promesso in quelle giornate di campagna elettorale.
Ebbene, "l'Espresso" ha verificato che a nove mesi di distanza da quel solenne impegno, e sei mesi dopo l'inizio della legislatura, soltanto due partiti hanno rispettato alla lettera il regolamento del Senato. Il Pd e il Gruppo per le Autonomie (Svp, Union Valdotaine, Autonomisti Tirolesi, Psi e Movimento italiani all'estero) hanno creato un sito Internet dove è possibile consultare l'elenco dettagliato delle spese del gruppo in Senato. E tutti gli altri? Non pervenuti. Il Pdl fin qui non ha pubblicato nulla. Alla voce trasparenza del sito "PdlSenato" non c'è niente che faccia riferimento al rendiconto di entrate e uscite. Idem per quanto riguarda Scelta Civica. E il gruppo Grandi Autonomie e Libertà, meglio noto come Grande Sud, alla voce amministrazione ha messo in Rete una pagina vuota.
Compito in bianco pure per i grillini. Gli alfieri della trasparenza, protagonisti di epiche battaglie (anche tra di loro) nel nome dello scontrino, non hanno ancora pubblicato nulla. Bonifici, mandati di pagamento, assegni: tutto è rimasto nei cassetti del gruppo presieduto dal senatore Nicola Morra. Sul blog di Beppe Grillo, che è poi la sede virtuale da dove parte ogni comunicazione del movimento, non c'è traccia dei documenti che in base al regolamento del Senato dovrebbero essere consultabili on line. [...]
Alcuni deputati hanno anche reso pubblici i propri compensi, con il dettaglio delle indennità a cui hanno rinunciato. Le entrate e le spese del gruppo al Senato restano invece materia riservata. Eppure, i parlamentari Cinquestelle avevano promesso di pubblicare sul loro sito «ciascun mandato di pagamento, assegno o bonifico, con attestazione della relativa causale». Questo è quanto si legge nello statuto dei senatori del Movimento, reperibile, questo sì, all'indirizzo del blog di Beppe Grillo. Niente da fare, gli attivisti anticasta, sbarcati in Parlamento grazie anche alla battaglia sui costi della politica, in questo caso si sono comportati come berlusconiani e leghisti.
Nove mesi fa i partiti si erano affrettati a cambiare le regole del gioco sull'onda di scandali come quello del tesoriere della Lega, Francesco Belsito. All'epoca era ben vivo anche il clamore sollevato dai furti milionari del senatore del Pd Domenico Lusi, che aveva a lungo amministrato il defunto partito della Margherita. Non c'è tempo da perdere, devono essersi detti a Palazzo Madama. Conviene passare in fretta una mano di bianco sulle vecchie imbarazzanti vicende. Tanto più che le elezioni incombevano di lì a qualche settimana. Ed ecco che a gran velocità viene approvato un nuovo regolamento della contabilità dei gruppi.
I partiti adesso sono obbligati a dar conto quasi in tempo reale della gestione del denaro pubblico a loro affidato. E non basta la pubblicazione di un rendiconto annuale. Le nuove norme impongono che l'elenco di bonifici, assegni e mandati di pagamento, una sorta di estratto conto bancario, venga messo via Internet a disposizione di tutti gli interessati almeno ogni quattro mesi. Le disposizioni del Senato sono molto più stringenti (chissà perché) rispetto a quelle sulla stessa materia varate dalla Camera solo un paio di mesi prima (novembre 2012). A Montecitorio è sufficiente presentare un resoconto annuale della gestione del gruppo, accompagnato dall'ok formale di una società di revisione. Non è invece richiesta la pubblicazione on line dei giustificativi di spesa, obbligatoria al Senato.
Queste, in breve, le nuove regole varate nel nome della trasparenza. Regole rimaste in buona parte lettera morta, visto che la maggioranza dei partiti hanno pensato bene di far finta di niente. «È un problema che stiamo affrontando», si giustifica un portavoce di Scelta Civica. «Il sito Internet ancora non c'è, abbiamo chiesto tanti preventivi ma ancora non lo abbiamo fatto», spiega il rappresentante del partito fondato da Mario Monti. Buio pesto anche in casa Pdl. «Il gruppo si è costituito ad aprile - spiega il portavoce - poi c'è stato agosto, ma entro settembre pubblicheremo tutto». Pochi giorni ancora, assicurano i senatori del centrodestra, e finalmente si potrà leggere come vengono spesi i soldi pubblici destinati al gruppo.
Si vedrà. Per il momento solo Pd e Autonomisti hanno le carte in regola [...]
Scritto il 13 settembre 2013 alle 12:41 | Permalink | Commenti (25)
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Scritto il 13 settembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (6)
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Eppure la crisi è minacciata. Anzi, sembra essere l’obiettivo del leader Pdl, la sua risposta politica alla condanna penale definitiva che lo esclude da ogni funzione pubblica. La crisi invece delle dimissioni (come avverrebbe in ogni altra parte del mondo). Non è detto che Berlusconi riesca a fare ciò che ha in mente. Ha tante resistenze anche nel suo campo, persino nelle sue aziende. Ma lui vuole rompere. E non certo perché il Pd non consente tre giorni in più ai lavori della Giunta, o perché un comma del regolamento del Senato è stato male interpretato. Berlusconi vuole la crisi per contrapporre la legittimazione elettorale alla legge, vuole la crisi per impostare la campagna elettorale contro il giudizio «ingiusto» proprio mentre la pena inflittagli avrà la sua esecuzione.
Non sarà ovviamente il rispetto del galateo parlamentare – che, sia chiaro, è giusto assicurare, tanto più da parte della sinistra che non può rinunciare al primato del diritto – a far cambiare idea al Cavaliere. Semmai possono farlo i rapporti di forza, o la paura di Berlusconi nell’assumersi da solo una responsabilità così grave, che potrebbe spingere il Paese in una deriva pericolosissima, verso un commissariamento di tipo greco.
Stiamo parlando di una questione politica cruciale per l’Italia. Altro che procedure. Berlusconi, in seguito alla sentenza, non può più svolgere una funzione pubblica. Non può essere parlamentare, né componente di un governo. La decadenza sulla base della legge Severino è di fatto inevitabile. E, pure se fosse evitabile, scatterebbe a stretto giro l’interdizione dai pubblici uffici. Nessuno può immaginare che Berlusconi riesca a fare slalom tra queste norme e trovare chissà dove un salvacondotto. E infatti nessuno lo immagina, neppure nel Pdl. Chi di loro chiede al Pd di sostituirsi ai magistrati e di emettere un quarto grado di giudizio favorevole al Cavaliere, lo fa per pura propaganda.
Il dilemma politico è per intero nel campo della destra italiana, sin dalla sera della sentenza della Cassazione. La scelta di far cadere Letta produrrebbe un conflitto politico-istituzionale, che Berlusconi a questo punto non avrebbe più neppure interesse a governare o limitare. La scelta invece di sostenere Letta fino alla fine del semestre di presidenza italiana dell’Ue implicherebbe, da parte del Cavaliere, l’accettazione della sentenza e il varo di un nuovo centrodestra. Questo è il dilemma, non la data del voto in Giunta.
Il Pd può dire la sua in questa partita politica? Ovviamente, non stiamo parlando di impossibili accordi sottobanco o di irrilevanti intese sul calendario. Il centrosinistra non può concedere salvacondotti, né può rimangiarsi la legge Severino, pena la perdita totale di credibilità. Il Pd può invece prendere un impegno solenne di sostenere il governo fino alla fine del 2014. (???) Un impegno non scontato (perché anche nel Pd c’è chi non disdegna le elezioni a breve) che comprende alcuni cambiamenti strutturali: una politica economica orientata sui contenuti del documento Confindustria-sindacati; un cambio del sistema politico con nuovi attori a sinistra come a destra; una fuoriuscita dalla seconda Repubblica, con riforme nel senso di un governo parlamentare rafforzato. Berlusconi accetterà la sfida? Dovrebbe dimettersi da senatore anziché impegnare il Parlamento in questa delirante contesa di azzeccagarbugli. Giuliano Ferrara gli ha suggerito di impugnare i referendum radicali per rilanciare nei fatti la propria leadership, anche da una posizione extra-parlamentare.
Già Grillo è un leader extra-parlamentare, ed evidentemente la via della normalità è ancora lunga da percorrere. Comunque, il Pdl si decida. E la smetta di parlare come un collegio di avvocati, peraltro in disaccordo tra loro. Dica se vuole andare avanti con il governo oppure no. Lo dica subito, perché l’attesa sta producendo danni agli italiani, anzitutto ai più deboli.
Claudio Sardo
Per mia informazione, sig. Sardo: cosa vuol dire, esattamente, "prendere un impegno solenne di sostenere il governo fino alla fine del 2014"?
Con chi il PD dovrebbe "sostenerlo"? per fare cosa? c'è un solo argomento sul quale le possibili "maggioranze a geometria variabile possano trovare l'accordo? Se l'Italia continuerà a "fare il morto" ancora per due anni (perchè di questo si tratta, visto che non potremmo votare a San Silvestro), può già preparare il "coccodrillo" di questo paese, da pubblicare in un angolino di una pagina interna dell'Unità fra qualche mese. Tafanus
Scritto il 12 settembre 2013 alle 23:06 nella Berlusconi, Economia, Politica | Permalink | Commenti (0)
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Mettete un grande giornalista come Gianluigi Paragone (esperienze come Direttore de "La Prealpina", defunto giornaletto della defunta "Lega Lombarda"), nonchè di giornali di ampio respiro come La Padania e Libbbero. Dategli una trasmissione di "dibattito" che già dal nome ("La Gabbia") denuncia la sua "mission" di trasmissione da caciara e insulti. Invitate insieme la Pitonessa (amazzone azzurra) e Marco Travaglio (anti-tutto, purchè non anti se stesso). L'aforisma che Montanelli aveva creato per Berlusconi di attaglia molto bene anche a Travaglio: "...si vuole molto bene... Tutti ci vogliamo molto bene, ma il problema è che lui si contraccambia...".
Mettete insieme tutto questo, e l'ennesima trasmissione imbecille, l'ennesimo caravanserraglio creato per far scoppiare risse, insulti, sovrapposizioni di urlatori è scodellata. Qualcuno, in RAI e non solo, è convinto che questa sia la formula per "odienz". Peccato che quelli come me abbiano ormai una tale nausea di questo tipo di trasmissioni fondate sulle risse e sulla guerra dei decibel, che non appena sentono due che si danno sulla voce, spengono, e portano il cane ai giardinetti. Stanno ammazzando TUTTE le trasmissioni di approfondimento. Ormai non ci sono vie di mezzo fra lo stile soporifero del pretino brufoloso, e le trasmissioni "progettate" per generare risse. Fatevi un regalo, spegnete la TV. Tafanus
La Gabbia ha mantenuto, fin dall'esordio, le "promesse programmatiche" insite già nel nome della trasmissione, e nella scelta delle rete e del conduttore.
Baruffa infuocata durante la prima puntata de “La Gabbia”, il nuovo programma di approfondimento condotto da Gianluigi Paragone su La7. Protagonisti della rovente polemica: Marco Travaglio e Daniela Santanchè. E’ la “pitonessa” a esordire, appellando “delinquente” il vicedirettore de “Il Fatto Quotidiano”, per via di una condanna in sede civile per diffamazione a mezzo stampa.
“Devo parlare della mia decadenza da senatore?”, commenta ironicamente Travaglio. Ma la pasionaria del Pdl prosegue la sua crociata, lanciando strali contro “Il Fatto Quotidiano”, millantando la vittoria del Pdl alle ultime elezioni e buttando nel calderone delle accuse anche Antonio Ingroia. E nega l’alleanza col Pd: “Gli Italiani non pagano l’Imu perché c’è Silvio Berlusconi, non perché c’è Letta. Noi del Pdl però non odiamo il Pd, l’invidia e l’odio non ci appartengono. Non c’è una dichiarazione di Berlusconi di odio contro nessun avversario politico”. Travaglio prende la parola, ma viene reiteratamente interrotto dalla deputata Pdl.
“Chiama un esorcista” – dichiara, rivolgendosi a Paragone. E spiega la differenza tra i reati d’opinione e i reati fiscali, definendo “poveracciata” il tentativo di mettere sullo stesso piano le due infrazioni: “Se la signora Santanchè vuole sapere qualcosa sui giornalisti delinquenti, si rivolga in famiglia. Quella condanna mi è costata 1000 euro di multa, c’è chi è finito agli arresti domiciliari e poi ha dovuto far chiedere la grazia per uscire di casa”.
La Santanchè, dal canto suo, smentisce i 300 milioni di evasione fiscale operata da Berlusconi: “Sono solo balle. Quella sentenza per noi non è definitiva. Il primo agosto alle 18.45 con la condanna di Berlusconi c’è stato un colpo di stato. Noi” – continua – “a differenza del delinquente e dei suoi amici, non vogliamo il partito delle manette e delle tasse. Grazie a noi, col presidente della Commissione Finanze Daniele Capezzone, è stata fatta la riforma di Equitalia”.
“Volete il partito dell’evasione e della frode fiscale“, ribatte il giornalista. “E’ noto che a me i delinquenti piacciono” – ammette la pitonessa – “mi piace da bestia chiamare “delinquente” il diffamatore Travaglio”. Non mancano le invettive contro i giudici e i consueti moniti femministi della Santanchè, che all’appello di Travaglio (“Qui ci vuole il TSO, mettetele la camicia di forza“), reagisce stizzita: “Lei e Paragone, che mi ha definito “padroncina”, non rispettate le donne. Imparate da Berlusconi su come si trattano“
Certo che la Pitonessa, che vuole mandare "la ggente" ad imparare da Berlusconi come si trattano le donne, non è neanche ridicola, è solo patetica... Ma non era lei quella che diceva che Berlusconi le donne le vede solo "orizzontali"? Cos'era, esperienza diretta, o una sorta di "de relato"? E' lo stesso Berlusconi piantato da Veronica perchè aveva un harem? Quello di Noemi e di Ruby, della Minetti e del Bunga Bunga? Lo stesso che retribuiva le sue partecipanti alle "cene eleganti" con appartamenti in uso gratuito, regali milionari, ma più spesso a spese nostre, con costosi seggi in Parlamento o - per le più sfortunate - nei Consigli Regionali? Lo stesso che ha fondato il successo delle sue TV sulla volgarità della triade tette-culi-cosce?
Ma va, Pitonessa... non avverti il puzzo di ridicolo e di opportunismo che emana da tutto ciò? Ecco, per chi non ha avuto la fortuna di assistere alla trasmissione, l'estratto della educativa e sobria discussione fra Marco Travaglio e Daniela Santanscié:Tafanus
Prima Parte
Scritto il 12 settembre 2013 alle 14:37 | Permalink | Commenti (27)
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