Titolo originale: En Kongelige Affair
Regia: Nikolaj Arcel
Principali interpreti: Alicia Vikander, Mads Mikkelsen, Mikkel Følsgaard, Trine Dyrholm, David Dencik, Cyron Bjørn Melville, Søren Malling, William Jøhnk Nielsen – 128 min. – Danimarca, Svezia, Repubblica ceca, Germania 2012.
Questo film in costume, che ricostruisce l’epoca (seconda metà del ’700) del regno di Christian VII di Danimarca e di Norvegia, con sicura attendibilità storica, ci fa riflettere sul carattere dell’esperienza di governo di quel paese, a causa della singolarità del personaggio che fu il vero protagonista di quel momento: il medico di corte Joan Friedrich Struensee. Il re Christian, infatti, era un giovane mentalmente disturbato, probabilmente per congenite tare, ma anche per effetto dell’educazione ricevuta, che aveva aumentato le sue insicurezze e le sue paure: insediatosi per legittima successione ereditaria sul trono danese nel 1766, egli aveva sposato in quello stesso anno la quindicenne sorella del re Giorgio III d’ Inghilterra, Caroline.
Il matrimonio non fu molto felice, soprattutto per lei, principessa di Galles, sacrificata dal padre, il quale, pur pienamente cosciente delle future difficoltà della figlia, aveva, tuttavia, deciso di anteporre le convenienze della dinastia alla felicità della giovinetta, come era usuale, d’altra parte, presso tutte le case regnanti europee. All’interno della corte inglese, però, si respirava un’aria più liberale che in altre corti fin dal 1689, quando a seguito della Gloriosa Rivoluzione, Guglielmo III aveva firmato il famoso Bill of Rights, grazie al quale si stabilivano i limiti del potere regale, sottoposto al controllo del parlamento e si riconosceva libertà di circolazione alle merci e alle idee. In Inghilterra, perciò si potevano leggere liberamente, anche a corte, gli scrittori illuministi, che altrove erano stati banditi. L’arrivo del nuovo medico di corte, il tedesco Joan Friedrich Struensee, che di quella cultura era un convinto seguace, ebbe due effetti immediati: la fiducia che gli accordò incondizionatamente Christian, che si sentì pienamente accettato e anche stimato, nonostante le sue stravaganze, nonché l’introduzione nella corte danese di un ambizioso progetto politico che avrebbe potuto essere realizzato dal sovrano stesso, di cui il medico divenne il principale consigliere.
Il regno di Danimarca subì profonde trasformazioni: la monarchia
assoluta assumeva a poco a poco i caratteri del dispotismo illuminato;
vennero introdotte costose riforme che non intaccando, però, i rapporti
di proprietà nelle campagne, lasciarono alla feudalità dei nobili e del
clero posizioni di potere e di rendita, e non procurarono alla causa
delle riforme il favore dei contadini, la maggioranza della popolazione,
che dalla riforma agraria avrebbero invece potuto ottenere vantaggi. In
queste condizioni non fu difficile ai feudatari utilizzare il
malcontento delle campagne contro il medico, accusato di essere
miscredente, bestemmiatore e traditore del re, per interesse personale,
essendo diventato l’amante della regina. Questo ci racconta il film,
interessante in quanto ci prospetta una lettura pre – giacobina del
periodo storico in questione, cosicché la rivolta dei contadini, armati
di superstizione e di forconi, evoca analoghe successive ribellioni, da
quella vandeana a quella sanfedista del 1799*, nel regno di Napoli.
Forse il film dà un peso un po’ eccessivo alla love story lacrimevole
fra il fascinoso medico e Cristina, ma nel complesso è un lavoro
interessante e molto ben interpretato da tutti gli attori, in
particolare da Mads Mikkelsen, nella parte del dottor Struensee.
*Un bel film italiano, girato qualche anno fa dalla regista Antonietta de Lillo, rievoca il periodo
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