CARO professore, ma perché fa così? Nel
petulante pellegrinaggio di Mario Monti per le sette chiese televisive e
le pagine dei giornali, intirizzito dal rancore, è impossibile non
vedere una bella dose di masochismo.
Era salito in politica pochi mesi fa, come da solenne annuncio. Ora scende in polemiche da quartierino con interlocutori sempre più improbabili, dai rimasugli del centro alla conduttrice Daria Bignardi e giù fino a Maurizio Gasparri, uno al quale per principio non bisognerebbe mai rispondere.
E perfino quando avanza qualche argomento più serio, sulla vicenda dell'Imu per esempio, lo fa con un così evidente spirito vendicativo da rendere le sue parole insostenibili. Davvero, professore, chi glielo fa fare? Chi glielo facesse fare, per la verità, noi lo domandiamo da quando il senatore a vita, candidato autorevole al Quirinale, aveva deciso piuttosto di fondare l'ennesimo partitino neodemocristiano. Lui, Monti, non se l'è chiesto allora e oggi ne paga le conseguenze.
S'intende che nella parabola di Monti, in meno di un anno passato da salvatore della patria a impaccio da rottamare alla svelta, c'è un tratto crudele e ingiusto. Il governo Monti aveva davvero salvato il Paese dalla bancarotta imminente e non è piccolo merito. Per il resto, certo, non ha rilanciato l'economia, non ha riformato quasi nulla, non ha garantito né equità né lavoro e ha limitato la lotta all'evasione a qualche improvvisata in località di villeggiatura. Ma l'impresa non era facile, come testimonia benissimo l'attuale governo. I mali e gli errori dell'Italia sono antichi, l'ilare e ventennale banchetto berlusconiano ha lasciato un conto gigantesco da pagare e troppi treni sono già passati.
Detto questo - e considerando che in Italia da sempre i «venerati maestri» fanno una brutta fine, come diceva Ennio Flaiano - il professore è soprattutto vittima di se medesimo. E continua a esserlo. Prima di accusare l'universo di aver complottato contro di lui e impartire ancora lezioni ai successori, Monti dovrebbe riflettere sulle proprie scelte sbagliate. A cominciare da uno strampalato progetto politico. L'idea di rifondare la Dc circola ormai da vent'anni e ha sempre fallito. Non vi sono riusciti vecchi marpioni del mestiere, figurarsi se poteva farcela un accademico a lungo vissuto all'estero e inadatto alle astuzie della politica italiana.
Monti e i suoi tecnici erano e restano i tipici ottimati bocconiani, bravissimi nei conti ma convinti che la società non esista. Invece esiste e ha le sue regole. Una di queste è che in Italia il famoso ceto medio moderato non esiste. La Dc è durata mezzo secolo non perché identificasse il ceto medio, assai più affine al ribellismo leghista e berlusconiano, ma perché c'erano il muro di Berlino e tanti soldi da distribuire alle clientele. Caduto il Muro, finiti i soldi, il grande centro è morto per sempre. Neppure Casini ha mai creduto alla rinascita della Dc. Ha usato il professore per evitare l'estinzione della bottega elettorale con un tocco di società civile, così come Di Pietro ha imbarcato e rovinato il povero Ingroia. Passata la festa elettorale, gabbato il santo leader. Per colmo d'ironia, lo stesso ex grande federatore del centro, Monti, una volta fatto fuori, sta dimostrando che in Italia di moderato non è rimasto nessuno.
Non è colpa di Enrico Letta se il professore si è circondato di opportunisti che ieri lo osannavano, oggi lo tradiscono e domani salteranno al volo sul carro del prossimo vincitore annunciato, magari Matteo Renzi. Non sono stati Casini o Gasparri a consigliargli di condurre una campagna elettorale imbarazzante per uno con la sua storia, forse mal consigliato da quei moderni imbecilli che sono gli esperti d'immagine.
Per essere chiari, certi salotti televisivi è meglio non frequentarli, oppure andarci e rimanere se stessi. Se una conduttrice ti mette in braccio un cagnolino, puoi sempre poggiarlo a terra e chiedere di parlare dei pensionati alla minima.
...come si è ridotto, il Professore...
Se uno va dalla Bignardi, si tiene il cagnolino, sorride e sei mesi dopo è assalito dal dubbio di essere stato preso in giro, diciamo la verità, non fa la figura del genio. Il viale del tramonto di Mario Monti conferma che quando un sistema intero è malato, in questo caso la politica italiana, anche le personalità migliori finiscono per perdersi. Nel vuoto di un infinito torneo di narcisi che non serve a nulla, se non a spostare uno o due punti di share da questo a quel salotto televisivo.
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