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« ottobre 2013 | Principale | dicembre 2013 »
Scritto il 29 novembre 2013 alle 23:32 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (27)
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Cuperlo 38,0%; Civati 29,9%; Renzi 24,9%.
La forbice fra Cuperlo e Civati si è allargata ad 8,1 punti, e da due giorni anche l'Unità piazza Cuperlo davanti a Civati, che era inizialmemnte in testa. In questo momento, al superamento di 19.000 voti, Cuperlo allarga il suo vantaggio a 8,1 punti su Civati, e a 13,1 punti su Renzi:
Intanto sto preparando una laboriosa analisi sui sondaggi che straparlano di stratosferici vantaggi del Renzino. TUTTI quelli pubblicati sul sito ufficiale "sondaggipoliticoelettorali.it" sono fatti su un "campione nazionale rappresentativo della popolazione italiana adulta". Qualcuni troverà il coraggio di informare questi sedicenti sondaggisti che alle primarie non vobrebbe votare la "popolazione italiana adulta", ma solo gli elettori del PD????
Il più "talebano" di tutti, nell'assegnare stratosferici vantaggi a Renzi, è EUROPA, diretto dal renzin-margherito Stefano Menichini. E dire che ha un faccino così perbene...
Ancora sugli esilaranti sondaggi che danno il centrodestra in vantaggio sul centrosinistra, dopo la spaccatura del PdL Sapete come sono costruite le coalizioni??? Mettendo insieme in quella di centro-destra i partiti di destra estrema, Forza Italia, il "Nuovo Centro Destra" di Alfano, e la Lega di non si sa chi. Passi per la destra estrema... Dove andrebbe, se non con Berlusconi? Passi per la Lega, ormai stabilmente sotto la soglia del 4%. Ma Half Ano??? I "mezzoculisti ed i nuovi italoforzuti si stanno già sfetentando in tutti i talk-shows e su tutti i giornali. Pescano nello stesso stagno, e sono inesorabilmente condannati a scannarsi.
Nella migliore delle ipotesi gli alfaniani (che a seconda dei primi sondaggi rappresentano fra un terzo e un quarto del PdL pre-scissione), si "smezzeranno" ancora: alcuni faranno coalizione con ciò che resta del "poer nano", altri cercheranno una problematica, nuova verginità, passando al centro, col loden.
Il grafico sottostante è quindi costriuito adottando l'ipotesi di assegnare metà dei voti del "NCD" alla vecchia coalizione di Centro-Destra, e metà ai centrini Monti & Casini (che comunque si stanno già scannando fra di loro. Se il Centro-Sinistra piange, il CDX non ride...
Da notare anche la specularità fra l'andamento della curva di tendenza del centro-destra e quella del centro-sinistra. Sono assolutamente complementari. Con buona pace di chi afferma(va) che i grillini fossero "ggente 'de sinistra". Esticatzi...
Infine, una precisazione: solo i sondaggi tenuti dopo il 15 Novembre mettono in conto la scissione del PdL.
Intenzioni di voto - Le Tendenze
Scritto il 29 novembre 2013 alle 16:48 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (5)
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...così ggiovane, così nuovo che avanza, e già così inquisito... Piero De Luca, ggiovane figlio del sindaco di Salerno Vincenzo De Luca (saltato in corsa dal carro di Bersani su quello di Matteo Renzi), è indagato per corruzione. Sfortunato, il Renzino...
Il ggiovane De Luca non è solo famoso per essere figlio (indagato) di Vincenzo De Luca (pluri-indagato), ma anche per essere il capolista scelto da Matteo Renzi all'assemblea nazionale campana, per la circoscrizione Salerno-Costiera...
Il minimo che si possa dire di Matteo Renzi è che è molto sfortunato, o distratto, nella scelta dei compagni di viaggio. Non proprio un grande viatico, per chi sta dalla mattina alla sera su una cassetta della frutta in stile Hyde Park a tuonare contro bugiardi, incapaci e corrotti... Taf
Vincenzo De Luca è indagato per corruzione e abuso di ufficio dalla Procura di Salerno. Il sindaco di Salerno e viceministro delle infrastrutture e dei trasporti del governo Letta stavolta non è nei guai solo per le vicende relative al Crescent. Pochi giorni fa, dopo il sequestro del grattacielo che sfregia il Lungomare della città De Luca era finito sulla graticola.
IN MOLTI AVEVANO chiesto a Matteo Renzi, vincente nel primo round delle elezioni primarie del Pd anche grazie al suo appoggio, se non fosse il caso di mollare un supporter così ingombrante, già indagato per abuso d’uffico e falso in atto pubblico. Ora le polemiche sono destinate a riaccendersi. Le accuse che il Fatto è in grado di rivelare, sono più imbarazzanti per il sindaco di Salerno, giunto al quarto mandato.
Non solo perché il reato contestato, la corruzione, è più grave ma anche perché stavolta insieme a De Luca è indagato anche il figlio Piero, appena asceso a un ruolo di peso nel firmamento politico della sinistra campana. Piero De Luca è infatti uno dei quattro delegati all’assemblea nazionale per la Campania in qualità di capolista pro Renzi della circoscrizione Salerno-costiera. Oltre ai due De Luca, c’è anche un terzo indagato: Mario Del Mese, nipote di Paolo, ex parlamentare Dc e già presidente della commissione finanze dell’Udeur ai tempi del governo Prodi. Mario Del Mese è il personaggio centrale della vicenda insieme a Giuseppe Amato, erede del pastificio Antonio Amato.
Vincenzo De Luca è stato iscritto sul registro degli indagati per corruzione nel novembre del 2012 e ha ricevuto la notifica dell’avviso di proroga delle indagini negli ultimi giorni di maggio [...] Per una vicenda legata alle spese affrontate a margine del comizio più importante di quella campagna elettorale, secondo quanto risulta al Fatto, Vincenzo De Luca è ora indagato per corruzione. Giuseppe Amato, 39 anni, erede del pastificio Antonio Amato, ha raccontato ai pm di avere pagato alcune fatture per le spese relative al comizio sul palco montato a piazza del Plebiscito a Napoli nel 2010. A chiedergli di pagare le imprese che si erano occupate del comizio – secondo Amato Jr – era stato Mario Del Mese, un imprenditore molto vicino al figlio di De Luca, Piero.
Da canto suo Amato era interessato ai buoni uffici del comune di Salerno al quale aveva presentato una richiesta di variante urbanistica per un immobile del pastificio Amato. Nel novembre del 2012 Giuseppe, detto Peppino, Amato racconta la sua versione ai pm che indagano sul crac del pastificio. Il pm Vincenzo Senatore segreta l’atto e decide con l’allora procuratore Franco Roberti di creare un fascicolo separato che viene affidato ad altri due sostituti procuratori: Guglielmo Valenti e Antonio Cantarella. Allo scadere dei sei mesi i magistrati hanno notificato a Vincenzo De Luca, difeso dall’avvocato Paolo Carbone, e agli altri due indagati, il figlio Piero e il suo amico Mario Del Mese, l’avviso di proroga delle indagini, richiesto al Gip Maria Zambrano. L’avvocato Carbone, raggiunto dal Fatto, si è rifiutato di commentare.
SULLO SFONDO della nuova indagine c’è la vecchia inchiesta sulla bancarotta del pastificio Amato. Giuseppe Amato jr ha patteggiato una condanna a 3 anni e 6 mesi per le distrazioni del patrimonio dello storico pastificio che nel 2006 era stato sponsor della Nazionale nei mondiali vinti in Germania.
Amato jr ha detto ai pm: “Mario Del Mese mi raccontava di viaggi in Lussemburgo per raggiungere Piero De Luca al quale portava soldi da versare sul conto in Lussemburgo, proventi della Ifil”. E ha aggiunto: “Mario Del Mese mi riferì che Piero De Luca in realtà era un socio occulto della Ifil”. Ifil C&D è una società chiave dell’inchiesta. De Luca Jr non è mai stato socio e nega tutto.
Ora i magistrati salernitani hanno avviato una rogatoria in Lussemburgo per verificare le accuse. Piero De Luca lavora in Lussemburgo come referendario presso la Corte di Giustizia e sui suoi viaggi il sito della cronista Angela Cappetta, il più dettagliato sulle vicende salernitane, ha già rivelato altri particolari emersi durante l’inchiesta. Come i biglietti aerei pagati dalla società Ifil C&D di Mario del Mese per il Lussemburgo alla moglie di Piero De Luca e alla ex moglie di Vincenzo De Luca, Rosa Zampetti, madre di Piero.
Scritto il 29 novembre 2013 alle 15:46 nella Renzi | Permalink | Commenti (5)
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Scritto il 29 novembre 2013 alle 15:00 | Permalink | Commenti (3)
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desso il Re è nudo. Scopre di non avere un passaporto (neanche l'amico del cuore Putin - il liberaldemocratico - gliene ha fatto omaggio), e gli aguzzini in Toga Rossa stanno lubrificando il cappio. Ora c'è la speranza che torni a galla tutto ciò che era stato gettato in acque profonde, ma non abbastanza.
Maramao perché sei morto?
Pane e vino non ti mancava,
L' insalata era nell'orto,
E una casa avevi tu.
Le micine micie micie micie
Micie tanto tanto innamorate
Fanno ancor per te le fusa,
Ma la porta resta chiusa,
E tu non rispondi più
"Berlusconi diede soldi ai testimoni". I giudici mandano le carte in Procura
Nel mirino anche i legali dell'ex premier, Longo e Ghedini, Ruby, il suo avvocato e le ragazze che hanno testimoniato in aula: le accuse contenute nelle motivazioni della sentenza contro Lele Mora, Nicole Minetti ed Emilio Fede
A leggere le carte non ci sono più dubbi: il Ruby ter ci sarà. Silvio Berlusconi, infatti, è "gravemente" indiziato di corruzione in atti giudiziari in qualità "di soggetto che elargiva il denaro e le altre utilità" alle ragazze-testimoni. Lo mettono nero su bianco i giudici di Milano del processo 'Ruby-bis' nelle motivazioni della sentenza a carico di Lele Mora, Nicole Minetti ed Emilio Fede, condannati in primo grado per induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile.
Verso il 'Ruby ter'. In queste motivazioni, però, ciò che salta agli occhi, non è tanto il materiale che ha a che fare con le condanne dei tre imputati del "Ruby bis" (7 anni per Mora e Fede; 5 per Minetti), ma gli spunti d'indagine che dovranno essere analizzati dalla Procura. Quelli cioé che daranno origine al terzo filone di indagine sul caso Ruby, il ter. Da ciò che emerge dalle carte, l'ipotesi di reato che sembra profilarsi è quella di corruzione in atti giudiziari.
Corruzione in atti giudiziari. Il collegio presieduto da Annamaria Gatto, in un passaggio del dispositivo, muove quest'accusa nei confronti del Cavaliere, ma anche dei suoi avvocati (e parlamentari), Niccolò Ghedini e Piero Longo, della stessa Ruby e dell'ex legale della ragazza, l'avvocato Luca Giuliante. L'accusa riguarda anche alcune delle ragazze dei festini di Arcore che dovranno rispondere anche di falsa testimonianza.
La posizione di Ruby. Oltre che per corruzione in atti giudiziari, Ruby dovrebbe essere indagata anche per falsa testimonianza e indebita propagazione di notizie. Il primo reato si riferisce al fatto che Giuliante, il primo avvocato della giovane marocchina, apprese da Ruby informazioni relative alle sue deposizioni davanti ai pm milanesi, notizie che poi divulgò ad altri. Inoltre, i giudici ipotizzano per Ruby l'accusa di falsa testimonianza, per le "bugie" che avrebbe raccontata durante la sua testimonianza in aula.
La riunione di Arcore. Il 15 gennaio 2011 Berlusconi e i suoi legali convocano le cosiddette 'papi girls' ovvero "tutte le ragazze che erano state sottoposte a perquisizione domiciliare per parlare della questione". Secondo i magistrati, quella riunione "non può certamente essere ritenuta rituale, legittima o rientrante nei diritti della difesa". Secondo i magistrati, doveva servire per mettere a punto la strategia difensiva da adottare nell'inchiesta che aveva appena preso il via a Milano. "In seguito a questa riunione - scrivono ancora i giudici - tutte le ragazze, testimoni nel nostro processo, iniziavano a percepire la somma di 2.500 euro ciascuna a tempo indeterminato".
Le false testimonianze in aula. Questi versamenti di denaro "a soggetti che devono testimoniare in un processo nel quale colui che elargisce la somma è imputato, nonché in altro processo all'esito del quale colui che elargisce la somma è interessato, in quanto vicenda connessa alla sua, non è una anomalia, ma un fatto illecito. Un inquinamento probatorio".
Deposizioni-fotocopia. Tutte le ragazze che percepivano i 2.500 euro "rendevano al processo dichiarazioni perfettamente sovrapponibili, anche con l'uso di un linguaggio non congruo rispetto alla loro estrazione culturale. In particolare si noterà la ricorrenza nelle deposizioni di nomi, terminologie, fraseggi identici tra loro. A precisa domanda, alcune non sapevano riferire il significato della parola o della frase utilizzata". Per i giudici, "le dichiarazioni erano dirette a favore di Berlusconi".
Fede, il burattinaio delle cene. Fede e Mora "intrattenevano rapporti finalizzati a selezionare e procurare donne che potevano incontrare i gusti di Berlusconi e a organizzare o facilitare l'incontro di queste con l'ex premier". Ecco il passaggio delle motivazioni che riguarda l'ex direttore del Tg 4. Il suo ruolo, scrivono i magistrati, era quello di "burattinaio dell'operazione", "come risulta persino dal tenore dei colloqui dai quali traspare con tutta evidenza la deferenza di Mora nei suoi confronti".
Il rapporto Berlusconi-Minetti. Nicole Minetti "era disponibile per Berlusconi, in virtù del rapporto di fiducia-amicizia-interesse-amore (?) che la univa a lui". Così i giudici fotografano il rapporto tra l'ex consigliere regionale del Pdl e l'ex premier. Per il tribunale, Minetti è colpevole di favoreggiamento della prostituzione perchè "svolgeva un fondamentale e continuativo ruolo di intermediazione nella corresponsione di stabili erogazioni economiche alle donne che abitavano in via Olgettina, emolumenti che avevano indubbia natura di corrispettivo per l'attività di prostituzione svolta". "L'imputata - continuano i giudici - intermediava il rapporto con alcune delle abituali frequentatrici delle cene, occupandosi dell'intera gestione delle abitazioni di via Olgettina, residenze che Berlusconi metteva a disposizione delle ragazze, sostenendone per intero le spese, quale parte del corrispettivo agli atti sessuali a pagamento dalle stesse poste in essere in suo favore".
Scritto il 29 novembre 2013 alle 13:00 | Permalink | Commenti (20)
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Scritto il 29 novembre 2013 alle 08:00 nella Politica | Permalink | Commenti (0)
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Roberto Cota, Professione Fustigatore
...ora che le carte dell'inchiesta sul Governatore Cota cominciano a finire sui giornali, c'è davvero da farsi delle domande...
Scrivono Ottavia Giustetti e Sarah Martinenghi su Repubblica:
"...Roberto Cota mangia arachidi, chipster e taralli. Beve Cynar, grappa e coca cola. Fuma Pall Mall. Quasi mai si concede ristoranti stellati, preferendo il fast food, le trattorie e i take away. Qualche volta un po’ di sushi. Nei suoi atti, compaiono acquisti di ogni genere e sembra quasi di vederlo mentre fa la fila alla cassa dell’autogrill a comprare il pacchetto di sigarette, all’aeroporto mentre si procura lo spazzolino e il deodorante che ha dimenticato o dietro il bancone del bar a consumare brioche, spremute e cappuccini. A ripetizione..."
IL GOVERNATORE E' MOBILE. ANZI, UBIQUO - I finanzieri lo individuano alle 13 e 36 del 22 marzo 2011 mentre pranza da Exki a Torino, per 39 euro e 50. E alle 15 e 34, solo due ore dopo, è già nella boutique Davide Cenci a Roma, a comprare foulard per 112 euro. Oppure: il 10 giugno 2011, alle 14 e 18, Cota spende 7 euro al bar Francia di Torino, e sei minuti più tardi paga cinque menù in un fast food di Rivoli, nella cintura torinese. E per ben cinque volte la stessa sera prende le ricevute della trattoria Celestina ai Parioli il 15 giugno 2011 (…)
Sono comunque le celle telefoniche che lo agganciano per 115 volte in località diverse da quelle indicate negli acquisti. Ha lo strano dono dell’ubiquità Cota, oppure (…) la pessima abitudine di mettere a rimborso ricevute non solo proprie. «Non sono stato io» si giustifica il governatore, incolpando spesso la sua segretaria, Michela Carossa, che è anche la figlia di Mario Carossa, il capogruppo della Lega in consiglio regionale. «È lei che deve controllare gli scontrini delle spese confrontandoli con gli impegni segnati sulla mia agenda. È lei che deve spuntare quelli che non c’entrano nulla». Lei racconta della «cartellina azzurra in cui in effetti si mettevano tutte le pezze giustificative e gli scontrini, senza distinzione».
Qualcosa nell’organizzazione “burocratica” pare non aver funzionato. E così tra i rimborsi sono finiti anche il dvd “Fair Game” comprato all’autogrill, il pacchetto di sigarette «della marca sbagliata», e ancora gli acquisti nelle località della Liguria. Neppure le dichiarazioni rese in interrogatorio hanno chiarito chi e dove abbia davvero speso quei soldi, sempre rimborsati a Cota. Del resto la sua attività politica, da quel che dice, è perennemente in perdita. «Potete controllare — ha detto ai pm — ho i conti sempre in rosso. Per fortuna che mia moglie lavora altrimenti saremmo in bancarotta».
Incrociando i dati dei tabulatianche con le dichiarazioni della memoria difensiva presentata dall’avvocato Domenico Aiello, Cota risulta ancora in contraddizione. L’11 gennaio 2011 il telefono lo segue per tutto il giorno mentre si sposta in Lombardia, ma lui mette a rimborso la ricevuta da 282,40 euro del ristorante «Queendici » di Torino. Il 18 giugno è in missione fuori Torino, ma di nuovo mette in nota spese 170 euro per un pranzo al ristorante in città. Oppure a luglio 2011: presenta uno scontrino da 47,90 euro del ristorante Catullo, sulle rive del Po, ma la sua utenza, proprio a quella stessa ora, lo aggancia a Novara. Mentre a ottobre, a mezzanotte e 23 minuti dice di essere stato al caffè Miretti di Torino con consumazioni per 22 euro. In quello stesso istante è in provincia di Pavia. Lo dicono i tabulati.
Scritto il 28 novembre 2013 alle 20:51 | Permalink | Commenti (2)
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Doveva esserci un esercito in armi, una fiumana di ggente. In effetti, leggendo i resoconti berlusconiani, così è stato. Telecamere sapientemente piazzate su alti trespoli, con potenti teleobiettivi, di quelli che "schiacciano" centinaia di metri come se tutto avvenisse in dieci metri. Bandieroni sbandierati da co.co.pro. che oscuravano il cielo. Avevano straparlato di 300 pulmann (15.000 persone solo da fuori, più i romani, gli automobilisti, i treno e aereo trasportati. Si sono ritrovati in 2000 (due sale cinematografiche) ad ascoltare le solite fregnacce sui magistrati cattivi e disturbati mentalmente, sulle "sinistre" (ma quante sono?) impegnate ad organizzare un colpo di stato ad ogni fine-settimana (loro si divertono così...)
Ma ecco che arriva quel komunista di Stefano Menichini a rovinare la festa a Silvio (la festa dell'addio!) con le sue balle da vetero-catto-kominista...
L'invincibile Armata di Silvio - Dalla Campania, ecco il possente "Esercito di Franceschiello"
La giornata storica si riduce a poca cosa per i berlusconiani: una buona resistenza nell'aula del senato, un mezzo flop in piazza. E sull'8 dicembre ora tutto il Pd deve raccogliere la sfida.
I senatori forzisti e i loro alleati si sono battuti bene nell’aula di palazzo Madama. Alcuni abissi di volgarità, alcuni interventi di carattere giuridico insidiosi, tanti argomenti noti e stranoti. Ma nel complesso, data la gravità dell’evento dal loro punto di vista, l’ultima trincea berlusconiana in senato è stata difesa con una certa efficacia. Non si è verificata neanche la ipotizzata fuoriuscita in massa dall’aula.
Fuori, nella Piazza che Berlusconi dovrebbe saper muovere molto meglio del Palazzo, non è andata altrettanto bene. Altro che fiumane di popolo: non più di duemila persone si sono accalcate ad arte nella strettissima via del Plebiscito. Il discorso del capo decaduto non è stato all’altezza del momento storico, si è capito solo che Berlusconi vuole aprire una competizione diretta con il Pd intorno all’8 dicembre: ottima notizia, diventano fortissime le ragioni che Europa proponeva ieri perché tutti i democratici diano il massimo per un’alta affluenza alle urne per il segretario.
L’unico altro dato politico della giornata (capita spesso che i momenti catartici si riducano a poca cosa) è che sarà difficile gestire la “scissione concordata” dei berlusconiani: almeno una parte degli irriducibili rimasti col Cavaliere non rinuncia a toni da scomunica nei confronti dei cugini separati. E nelle ultime ore, fra la contestazione alla finanziaria “delle tasse” e l’accusa di sudditanza alla sinistra forcaiola, Alfano ha cominciato a pagare i suoi prezzi.
Il fatto evidente che Berlusconi si consideri fin d’ora in campagna elettorale non vuol dire molto. Né le sorti del governo né quelle della legislatura dipendono più da lui. Può darsi che dal suo punto di vista chiamarsi fuori e mettersi all’opposizione fosse l’unica opzione possibile, di certo lo condanna a non poter più influire sulle dinamiche politiche. Sarà aggressivo e pugnace fuori dal parlamento (anche se c’è da mettere in conto una fase di depressione), però il triangolo della decisione si restringe a Letta, Alfano e il prossimo segretario del Pd, sotto la supervisione del Quirinale.
La nascita delle larghe intese, appena sette mesi fa, fu da tutti giustamente considerata il capolavoro dell’intera vita politica di Berlusconi. Comunque la si pensi su di lui, questo è sicuramente il suo momento più basso, anche se ovviamente non l’ultimo.
Scritto il 28 novembre 2013 alle 15:33 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (12)
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Allegria! Il bagno di sangue della "New Economy" degli anni '90 è già stato dimenticato. Anche la quotazione di Facebook (molto più recente) è stata un bagno di sangue. Poi è arrivata quella di Twitter, che sarà un bagno ancora peggiore. Ma "la ggente" ha sempre più bisogno di lotterie, guru, maghetti, cazzari e altre cosine di questo genere. E' da anni che quando i poveracci del "Parco Buoi" annegano nella loro avidità a costo zero io godo come una biscia... Adesso si ricomincia.
Preparatevi! Fra qualche tempo la vostra banca di fiducia di darà una dritta: "comprate Twitter, comprate obbligazioni trentennali bulgare al 22%, comprate Snapchat... successone assicurato!
Forse però sarebbe meglio leggere con rispetto questo articolo di Federico Rampini, che è persona dotata di "memoria lunga"...
NEW YORK - L'indice Nasdaq sopra i 4.000 punti: non accadeva da 13 anni, dalla bolla speculativa della New Economy, la prima ondata di innovazioni legate a Internet al passaggio del millennio. La soglia simbolica superata dall'indice tecnologico scatena interpretazioni opposte: è la conferma che l'America è fuori dal tunnel della crisi, oppure un'ennesima bolla destinata a scoppiare facendo nuovi danni? Anche gli altri indici di Borsa sono in forte rialzo, e una spiegazione sta nella "droga" monetaria fornita dalla Federal Reserve stampando moneta a gogò. Ma la performance del Nasdaq quest'anno (+33%) supera quelle del Dow Jones (+23%) e dello Standard&Poor's 500 (+26%). E' inevitabile il paragone con l'Età dell'Oro che la Silicon Valley californiana conobbe a fine anni 90, e che sembra rifiorire oggi. Con protagonisti sempre nuovi e sempre giovanissimi.
Come allora, si moltiplicano i collocamenti in Borsa di aziende nate solo da qualche anno, come il micro-blogging Twitter venduto al pubblico per una capitalizzazione superiore ai 2 miliardi. Twitter ancora non ha realizzato profitti, quella valutazione è appesa ad aspettative future: un'esagerazione? E c'è di peggio. Sulla scia di Twitter c'è "il caso Snapchat", sconcertante.
Snapchat è un'app per smartphone che consente di inviare foto agli amici con una caratteristica particolare: dopo averle guardate si dissolvono. Un successo tra adolescenti, stufi di disseminare immagini di cui potrebbero pentirsi fra qualche anno, magari quando affronteranno un colloquio di assunzione.
Snapchat non solo non ha un centesimo di profitto, ma neppure un fatturato. I suoi fondatori si sono visti offrire miliardi da Facebook e Google. Hanno detto di no, sicuri che ben presto la loro start-up varrà ancora di più. Perfino l'investitore di venture capital che ha contribuito alla fondazione di Snapchat, Bill Gurley della Benchmark, ha confessato i suoi dubbi al New York Times: "Ogni giorno che passa mi sembra sempre più simile al 1999".
Quella resta una data speciale nella memoria storica della Silicon Valley, "miracolata" dalla paura del Baco del Millennio (...qualcuno se ne ricorda ancora, di questa sporca speculazione? NdR), che spinse le aziende di tutto il mondo a rinnovare il loro software per proteggersi dal rischio di un blackout il 31 dicembre. Gli investimenti in programmi informatici si moltiplicarono, a vantaggio dei colossi di allora: Microsoft, Cisco, Oracle, Adobe, Qualcomm. Le quotazioni volarono alle stelle nel '99 e fu il gran botto finale: nel marzo 2000 il Nasdaq cominciava la discesa agli inferi.
La soglia dei 4.000 punti superata di recente, è importante ma non è record assoluto. All'apice della bolla nella prima New Economy questo indice aveva raggiunto 5.048 punti. Per arrivare fin là e recuperare anche l'inflazione, dovrebbe fare ancora molta strada. Questo rassicura gli ottimisti, i tanti investitori che rovesciano ordini di acquisto in Borsa, convinti che siamo lontani dai rischi speculativi di 13 anni fa.
Nel frattempo è anche cambiata la Silicon Valley e tutto ciò che fa innovazione. Un'analisi del Wall Street Journal mette a fuoco la metamorfosi del Nasdaq. I titoli di pura tecnologia che ne costituivano la maggioranza (66% della capitalizzazione nel '99) oggi pesano meno del 45%. E' aumentato il peso di aziende specializzate nei servizi come Amazon, colosso della vendita online. Oppure Netflix, che affitta Dvd per posta o sempre più spesso li noleggia in streaming.
Più della tecnologia pura, come i server informatici o le fibre ottiche, a trainare la rimonta del Nasdaq oggi sono aziende che usano metodi hi-tech al servizio del consumatore. Sono le applicazioni, più dei prodotti hi-tech, la locomotiva dei rialzi. E' anche un mondo molto "leggero", dove creare start-up costa una frazione degli investimenti che erano necessari negli anni Novanta. Anche per questo il volume del venture capital mobilitato nella Silicon Valley è lontano dai record.
Per la California tutta la storia economica è un susseguirsi di cicli "boom-and-bust". Di recente è riapparso sui parafanghi delle auto (ibride) guidate dai giovani creativi di Palo Alto lo slogan "Dio per favore mandaci un'altra bolla". La speranza dei più, è che questo non sia ancora un '99 bensì un '96. In quell'anno l'economista Robert Shiller coniò l'espressione "esuberanza irrazionale", poi ripresa dal presidente della Federal Reserve Alan Greenspan. Chi avesse lasciato il Nasdaq nel '99 si sarebbe privato di tre anni di guadagni stratosferici, e avrebbe maledetto le Cassandre premature.
Federico Rampini (28 novembre 2013)
Scritto il 28 novembre 2013 alle 12:59 nella Economia | Permalink | Commenti (0)
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Dopo 16.300 risposte, si consolida il vantaggio di Cuperlo su Civati (+7,2 punti) e su Renzi (+12,3 punti)
Scritto il 28 novembre 2013 alle 11:46 | Permalink | Commenti (1)
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Niente più Silvio, tutto finito... Dove lo trovano, un altro così? Si intravede l'Amazzone Caramellaia, l'Amazzone Avvocata, un'Amazzone Anonima... Tutte a lutto, tutte in nero, ma avvolte da preziosi gessati, molto poco luttuosi. Ridicole. In una giornata per me già densa di motivi di ilarità, mi hanno regalato il tocco finale.
Grazie, Vedove non più Allegre. La mia ilarità è direttamente proporzionale alla vostra disperazione. Così spontanea, così disinteressata... Tafanus
Scritto il 28 novembre 2013 alle 00:10 | Permalink | Commenti (7)
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...c'era una volta il "mortadella"... ricordate i sobri festeggiamenti dei destri in aula, con Nino Strano di AN, applauditissimo ingozzatore di mortadella?...
Nino Strano di AN festeggia la caduta di Prodi
...ma chi di mortadella ferisce, di mortadella perisce...
Il Presidente Mortadellato
Presidente siamo con tee, menomale che Silvio c'èèè(ra)
...anche le mozzarelle hanno una scadenza...
Evacuato
...la badante di Berlusconi in aula col lutto al braccio. Non era sola. Le Amazzoni di Silvio di nero vestite sono riuscite a trasformare una tragicommedia in una farsa...
Scritto il 27 novembre 2013 alle 19:34 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (28)
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Rimane sempre valida l’affermazione di Piero Calamandrei dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, angosciato dalla tragica indolenza degli Italiani nei confronti dei criminali al governo: «La tragedia dell’Italia è la sua putrefazione morale, l’indifferenza, la sua sistematica vigliaccheria».
Un giudizio che non era sulla pessima classe dirigente di allora, ma su di un intero paese succube del Masaniello di turno e del concetto “prima io poi eventualmente gli altri. Se rimane ancora qualcosa.”
Dopo un ventennio (ancora uno, dopo quello tragico dal 1924 al 1944) in cui la coscienza dei cittadini è stata addormentata ed in cui dobbiamo guardare nello specchio ed avere il coraggio di ammettere che la faccia che vediamo è quella di un correo di questa tragica degenerazione.
La guerra civile ed emergenziale raccontata da Mediaset e RAI blocca la nostra crescita civile ed economica, ed ammazza intere generazioni immolate a finte stabilità grazie ai calcoli di chi vede esclusivamente il proprio tornaconto elettorale e non un progetto di futuro di questa nazione: dobbiamo avere il coraggio di ammettere che il vero cancro di questa nazione è in chi ci dovrebbe rappresentare e che si aggrappa alla poltrona paventando crisi assolute in caso di caduta di questo governucolo.
Ammettiamolo: ci siamo aggrappati al presidente della Repubblica dimenticando che è lo stesso che secondo i filmati in seguito riportati - rubacchiava rimborsi spese di viaggio al parlamento europeo (vedi filmato tedesco oppure youreporter), e che lo stesso personaggio è quello che “…non vedeva alcun elemento di incostituzionalità nei lodo Alfano…” oltre che difendere un indifendibile ministro della giustizia dopo intercettazioni vergognose.
Comportamento vergognoso che tocca migliaia di altre azioni frutto di difese del proprio microcosmo: le leggi utili a garantire una sostanziale mancanza di concorrenza nel settore radiotelevisivo non le ha fatte solo il centrodestra, ricordiamocelo. E sono queste leggi, unite alla mancanza di una vera legge sul conflitto di interessi, che ha messo le basi per questo verminaio.
Thomas Mann diceva "altro non è che la quintessenza dell'umana decenza": il non rubare, il non pronunciare il nome di Dio invano, il non dire il falso, il non sbandierare valori senza rispettarli, il non adulterare ciò che è chiaro e puro confondendolo con il torbido e l'impuro.”
Di questa umana decenza non vi è traccia in un parlamento (ed in un senato) come quello oggi composto: una accozzaglia di servi sciocchi e furbi che oggi focalizzano l’attenzione su un atto dovuto, la decadenza di Berlusconi, come se da questo atto dipendesse tuta l’Italia.
Ad un osservatore estero appare chiaro che la decadenza, se verrà, deve essere solo il primo atto di un completo ribaltamento della filosofia della politica: in altri termini la sacrosanta eliminazione di un pregiudicato dal senato sarà vana, se non decadrà anche la validità dell'atroce giudizio di Calamandrei nei confronti degli italiani.
Del resto sappiamo che anche gli italiani hanno buono stomaco: basti rileggere le parole di Craxi al momento del suo discorso al parlamento prima della (negata) autorizzazione a procedere: "Nessun partito è in grado di scagliare la prima pietra. (...) Ciò che bisogna dire, e che tutti del resto sanno, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale.(...) Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia (...) criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest'aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi, i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro".
Dopo queste parole nessun deputato si alzò, e ancor oggi si vorrebbe sapere perché i deputati che si ritenevano onesti rimasero appiccicati alla poltrona: ma del resto nemmeno gli italiani procedettero a fare la sacrosanta rivoluzione che queste parole avrebbero dovuto far nascere.
Del resto gli italiani dovrebbero domandarsi perché chi era seduto in senato e parlamento allora nella stragrande maggioranza sta ancora allo stesso posto dopo più di vent’anni, senza che nessuno urli lo scandalo di questa situazione.
Diciamolo, abbiamo davanti anni molto brutti per moltissimi: i nostri figli e nipoti pagheranno perché si sono date prebende utili alla continuazione di un “metodo” politico disgustoso, e queste prebende noi le abbiamo silentemente accettate garantendoci comode rendite di posizione.
Oggi l’impegno perché simili ignominie non si ripetano dovrebbe essere la vera priorità di un governo che deve essere in primis credibile, e ovviamente questo coacervo di mezzi uomini non lo è.
Sono passati mesi fra autoincensamenti, difese dell’indifendibile e pesi e misure differenti quando tutti siamo consapevoli (Letta per primo) che il presidente del consiglio aveva un solo obbligo, quello di cambiare la legge elettorale e di far rimandare tutti alle urne dal presidente della repubblica.
Così non è stato, chiarendo definitivamente che siamo davanti non già ad una lotta fra due fazioni opposte ma ad un conflitto fra decenza e oscenità, fra servizio dello Stato e servizio dei propri interessi.
Ieri sera a Ballarò l’ineffabile Casini ha affermato che se è pur vero che tutti gli italiani sono uguali davanti alla legge, è anche corretto dire che senatori ed onorevoli hanno prerogative speciali: indice chiaro di quanto quest’uomo, vera cartina al tornasole del politicante professionista, abbia perso definitivamente di vista la realtà rifugiandosi in una realtà tutta parlamentare.
Una realtà che ricorda quella dei porci di Orwell, dove tutti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.
Quanto ancora ce ne staremo caldi caldi nei nostri buchi a farci rubare il futuro ma soprattutto a rubarlo a chi verrà dopo di noi ?
Axel
Scritto il 27 novembre 2013 alle 14:00 nella Axel | Permalink | Commenti (11)
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Scritto il 27 novembre 2013 alle 00:11 | Permalink | Commenti (24)
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Cuperlo davanti a Civati di 2,4 punti, e di 12,4 punti su Renzi. Abbaglio collettivo?
Scritto il 26 novembre 2013 alle 21:45 | Permalink | Commenti (17)
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Diamo l'aggiornamento del sondaggione de l'Unità e del sondaggino del Tafanus, al superamento dei 9.250 voti complessivi.
In questa circostranza, forniremo sia il voto separato su l'Unità che sul Tafanus, sia il voto consolidato. In seguito forniremo solo il voto consolidato, e forniremo gli aggiornamenti ogni 250 voti aggiuntivi.
La novità dell'ultima ora è che anche su l'Unità Cuperlo è passato, sia pure di poco, davanti a Civati, mentre sul Tafanus Cuperlo è nettamente davanti a Civati e Renzi, che fanno corsa parallela.
Il voto su l'Unità
Il voto sul Tafanus
Il voto consolidato
Scritto il 26 novembre 2013 alle 17:14 | Permalink | Commenti (8)
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Le falle della versione Berlusconi
Perché non regge la tesi di una truffa ai suoi danni. Il Cavaliere ora sostiene che per anni, senza che lui se ne accorgesse, i suoi manager e Agrama hanno gonfiato i diritti tv. Perché non ha denunciato prima?
MILANO - "Le carte americane" è un buon titolo per raccontare una truffa, quella che lui stesso - nella concitata versione di ieri pomeriggio nella sede del partito - avrebbe ingenuamente, continuamente, "assolutamente" subito. Perché la sintesi della conferenza stampa di Silvio Berlusconi è che per molti anni sia Frank Agrama, sia gli stessi manager del Biscione, e cioè i suoi stipendiati, avrebbero gonfiato, ovviamente a sua insaputa, i prezzi dei diritti cinetelevisivi. Una versione che non regge. "Quando ci porteranno le carte, valuteremo", dicono i magistrati, da Milano e Brescia.
LE DATE E IL PRESUNTO SHOCK - "Contiamo di avere dodici testimonianze, sette del tutto nuove", dice ieri Berlusconi, e cita ampiamente la principale, quella di Dominique Appleby...
Ma - domanda - questa Appleby che nel 2013 si allarma e si dà da fare per uno straniero innocente, è la stessa Dominique Appleby O' Really che il 16 febbraio 2007, insieme a Frank Agrama, presenta un ricorso contro la rogatoria svizzera del dottor Fabio De Pasquale, sostituto procuratore di Milano, che da anni indaga sui magheggi contabili di Silvio Berlusconi, dell'avvocato David Mills, e dei vari faccendieri internazionali come Agrama? Sì, è lei, che ci racconta di questo shock a scoppio ritardato, di ben sei anni rispetto alla rogatoria.
Ma a che cosa si opponeva Appleby? A vedersi frugare in un conto, chiamato Ragtime, e poi Gander, intestato a lei e - sarà un caso? - ad Agrama. Vi sono transitati circa 4 milioni di dollari. Se questa è la teste principale, nonostante l'avvocato Niccolò Ghedini ne sostenga la bontà, si capisce quanto corte e traballanti siano le gambe della nuove carte americane.
UNA FOTO DI TROPPO - Berlusconi cita ieri all'infinito sia Frank Agrama, un egiziano trapiantato a Roma e poi negli Usa, sia "mister Gordon", ex dirigente della Paramount. Sarebbero loro il Gatto e la Volpe, perché "È chiaro che né mister Agrama né mister Gordon avessero relazione alcuna con mister Berlusconi", legge sempre l'ex premier, riportando la testimonianza della manager con conto svizzero. Negli atti del processo milanese, purtroppo per lui e per la teste Appleby, ci sono smentite a go go. Come una bella fotografia: Gordon sta nientemeno che insieme a Berlusconi, che non conoscerebbe, accanto a una fontana. Non è stata individuata, ma "potrebbe essere quella della villa di Arcore", dice la Procura. Molte anche le testimonianze sul legame e i rapporti tra Berlusconi e Agrama, definito persino "un amico di famiglia" [...] (Piero Colaprico - Repubblica)
L'articolo integrale su Repubblica in edicola
Scritto il 26 novembre 2013 alle 14:45 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (4)
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Scritto il 26 novembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (2)
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Abbiamo deciso di mettere online un sondaggio - senza alcuna pretesa di rappresentatività statistica - sul vincitore delle primarie4 del PD. Abbiamo posto le stesse domande di analogo sondaggio online de l'Unità, per poter "consolidare" i risultati dei due sondaggi, ed avere numeri totali più significativi.
Trovate il sondaggio del Tafanus sulla colonna di sinistra, il alto. Grazie.
P.S.: Per chi volesse confrontare i risultati in progress, a questo link trovate il sondaggio e i risultati de l'Unità.
Scritto il 25 novembre 2013 alle 23:28 | Permalink | Commenti (19)
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Fuori di testa
...e Silvio Berlusconi prende una facciata contro la saracinesca del Quirinale...
Alle allucinanti dichiarazioni del pregiudicato di Arcore, il Presidente della Repubblica risponde con un secco comunicato che segna la chiusura definitiva ad ogni ipotesi di grazia. Questi alcuni stralci del comunicato di Napolitano:
Dall'Ufficio Stampa del Quirinale: "Dal Presidente della Repubblica arriva un appello a Berlusconi, a non dar luogo a comportamenti di protesta che fuoriescano dai limiti del rispetto delle istituzioni e di una normale, doverosa legalità. Non solo non si sono create via via le condizioni per un eventuale intervento del Capo dello Stato sulla base della Costituzione, delle leggi e dei precedenti, ma si sono ora manifestati giudizi e propositi di estrema gravità, privi di ogni misura nei contenuti e nei toni.
Su tutti i problemi relativi alla sentenza definitiva di condanna pronunciata l'1 agosto scorso dalla Corte di Cassazione nei confronti del sen. Berlusconi, il Presidente della Repubblica si è in questi mesi sempre espresso e comportato in coerenza con la sua ampia dichiarazione pubblica del 13 agosto. Nulla è risultato però più lontano del discorso tenuto sabato dal sen. Berlusconi dalle indicazioni e dagli intenti che in quella dichiarazione erano stati formulati.
Non solo non si sono create via via le condizioni per un eventuale intervento del Capo dello Stato sulla base della Costituzione, delle leggi e dei precedenti, ma si sono ora manifestati giudizi e propositi di estrema gravità, privi di ogni misura nei contenuti e nei toni. Di qui il pacato appello del Presidente della Repubblica a non dar luogo a comportamenti di protesta che fuoriescano dai limiti del rispetto delle istituzioni e di una normale, doverosa legalità.
...il Cavaliere emerito è servito... Tafanus
Scritto il 25 novembre 2013 alle 08:00 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (17)
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Il comico bollito in versione "Quarto Stato" di Pelizza da Volpedo. Aria triste e partecipata, faccia di circostanza, giacchetta da ferrotranviere in cassa integrazione, il miliardario che ha sempre odiato i sindacati "manifesta" a Genova. Non per tutta la durata della manifestazione... Giusto il tempo di una "photo opportunity"... Cosa non si fa, per qualche voto in più... Tafanus
Ma quello è Grillo! Ovvio, era proprio lui: poteva forse perdere l’occasione di stampare la sua immagine sulla foto della manifestazione degli autoferrotranvieri genovesi, al quarto giorno di sciopero?
Non poteva, perché ormai la sua vita è una condanna. «Un voto per amordiddio», lo slogan, chiuso nella gola, è questo; poi, in scena, lo si smentisce che fa sempre figo per il pubblico delle poltrone ma meno per quelli del loggione, avvelenati dalla malizia. Perché è vero che è sceso in strada, ieri, e si è mescolato ai lavoratori in lotta; è vero che non era solo ma circondato da un drappello di consiglieri Cinque Stelle; è vero che non è rimasto lì per tutta la manifestazione in cui tuttavia non era lui la notizia e quindi non c’era scopo nel tirarla in lungo; ma è vero che ha avuto modo di pronunciare un bouquet di delizie come neppure quando ha preso la parola in quel meraviglioso dopo-bagno, grondante sulle rive dello Stretto. «Io – ha detto a chi lo ha avvicinato – sono ancora più incazzato di voi»: bingo! Questa sì che è empatia; di più, si fa carico della sofferenza di tutti in un transfert quasi cristiano, notevolissimo soprattutto perché interpretato da un milionario che vuole passare attraverso la cruna dell’ago. E subito dopo, mette le mani avanti, recita la formula di rito: «Se vengo qui sono strumentalizzato perché voglio i voti, ma io non voglio i voti di nessuno, io abito in questa città».
Lui non vuole i voti di nessuno, infatti vuole vincere le elezioni col 100%, quando è euforico, e quando è depresso con il 51%. Non solo: ha avuto modo di spiegare come, nel caso gli italiani non dovessero dargli la fiducia che sta chiedendo loro per le europee, sarebbe costretto ad abbassare il loro rating intellettuale e morale e a ritirarsi a vita privata. Bene: Grillo si trova nel cuore di una manifestazione sindacale che chiede, tra le altre cose, che sia garantita la permanenza del servizio di autotrasporto nel dominio del bene pubblico; e allora che fa? Aziona una veronica un po’ goffa che spera sia ben ripagata: sposa il “pubblico” e affossa il sindacato che lo sostiene strappandogli la bandierina. Ecco come: «Voglio acqua, scuola e trasporto pubblico», afferma, ma – se le sue parole sono state correttamente raccolte – dimentica la sanità, e questo può essere un banale errore oppure no. Ma, aggiunge, «Sarà una lotta all’ultimo sangue… si stanno svendendo tutto…. i sindacati non hanno più ragione di esistere»: quindi, tolti di mezzo i sindacati che hanno portato i lavoratori in piazza, tolti di mezzo i partiti che ritiene ormai cadaveri putrefatti, non resta che lui, Grillo, non resta che il Movimento Cinque Stelle, la sua creatura.
Non vuole voti, no. Tra l’altro, non si può negare che muovendo l’opinione pubblica a suo modo sia tra i principali responsabili della futura, totale privatizzazione dei partiti, una volta cancellati i contributi pubblici alle forze politiche. In modo che siano facilmente manovrabili dai ricchi o dai “veggenti” come lui che gestisce il Movimento, alla genovese, con poca spesa e molta fede. Qualcuno, in tuta, gli offre della focaccia, buon segno, parla con loro, li tocca, al solito, riaccendendo questa bella relazione fisica con il pubblico, quella che, da manuale, gli consente di toccare il loro cuore prima che i loro corpi; del resto lui ama Genova, ama i lavoratori in lotta “sto con i lavoratori, hanno ragione a protestare”, ama il pubblico e, come sappiamo bene, non vuole i voti di nessuno. Quindi, serve un’uscita di scena all’altezza: se ne va «per lasciare la piazza a loro… – annuncia rivolto ai giornalisti – Non concentratevi su di me ma sulla loro protesta». Gli manca il Golgota, deve decidere in quale villa allestirlo.
Scritto il 24 novembre 2013 alle 19:51 nella Politica | Permalink | Commenti (11)
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Finalmente Berlusconi lo ha detto: non teme la prigione ma”«i cessi”. E vuole dire che è terrorizzato dalla fine dei miserabili e degli immiseriti. I gabinetti sono infatti l’ossessione dei potenti italiani, degli arricchiti, come benissimo racconta la letteratura industriale, da Volponi a Ottieri sino a Parise (“Il padrone”). Insomma i cummenda sono tali anche perché dispongono di molti gabinetti, nelle case e negli uffici.
E però al tempo stesso li temono come destino finale. Lucio Colletti mi raccontava, stupito e divertito, che Berlusconi aveva in casa più bagni che camere. Ebbene, per lui è quello il servizio sociale. “Pulire i cessi” è in metafora l’espiazione, è l’umiliazione, è la rieducazione. Tanti anni fa quando riceveva in casa l’amico Craxi che, soffrendo di prostata, andava spesso in gabinetto e qualche volta sporcava, era lo stesso Berlusconi che andava poi a pulire “per evitare — raccontò — che i camerieri si accorgessero che Bettino aveva sporcato”. Ecco, di quel che un giorno fece vanto adesso Berlusconi fa esorcismo. I servizi sociali, in questo senso, sarebbero peggiori di una galera. È quella la degenerazione terminale alla quale vuole sfuggire: il bagno (penale).
Il sogno del moribondo è la rigenerazione. L’ultimo approdo della sua cosmesi è questo mito della rigenerazione che sempre prevede l’arruolamento dei giovani più ingenui e più ottusi, persino dei bambini nel caso di Salò, ed è tipico dei potenti in decomposizione. Certo Berlusconi e Dell’Utri più che ad Hitler e a Mao, più che a Mussolini e a Ceaucescu, somigliano ai retori imbolsiti che Brancati chiamava “vecchi con gli stivali”, gli ex papaveri che sognavano ancora la prestanza eroica ed erotica degli avanguardisti, e cercavano conforto alla loro desolazione reclutando ragazzi che nominavano generali. Li imbottivano di fanatismo, gli mettevano in mano un mitra e una bandiera e li mandavano a sparare sul quartier generale.
Ma qui non ci sono grandezze piegate dalla Storia, duci con gli occhi spiritati, timonieri ridotti a monumenti, Führer che accarezzano imberbi nibelunghi, ma c’è invece, alla testa dei falchetti, un pregiudicato gonfio di botulino e avvelenato di tinture, e c’è un altro pregiudicato, Dell’Utri, nel ruolo del padrino “posato”, come si dice nella mafia, il papa absconditus del diritto ecclesiastico, ormai inutile e ingombrante anche nella Sicilia delle coppole.
Sono di nuovo insieme, e importa poco quel che Berlusconi ha detto ieri, nel suo ultimo discorso da senatore, non vale la pena smontare le solite enormità con le quali ha cercato di sedurre, riscaldare e caricare questi suoi nuovi ragazzini, quel che conta è il tono bellico, la messinscena, la dichiarazione di guerra all’Italia, all’Europa, al Mondo. Ormai infatti Berlusconi, che pure è ancora potente e ricchissimo con tutte le sue tv e i suoi giornali, vede solo nemici: dai magistrati ai quotidiani, dalla polizia giudiziaria al Parlamento, dal capo dello Stato alla Corte costituzionale, dalla Merkel sino ad Obama, e dunque la nuova Forza Italia è contro la moneta unica, contro la Germania, contro le tasse, contro i comunisti…
E torna la beatificazione di Mangano: “Aveva ragione Dell’Utri, è un eroe” ha detto ieri. Dell’Utri gli stava accanto come ai tempi in cui Berlusconi smise di esibire la pistola sul tavolo per spaventare i sequestratori: gliela sostituì proprio Dell’Utri con la protezione di quello stalliere mafioso e maestro di vita che divenne il precettore di Piersilvio. A quel Mangano, con il quale trattava per telefono partite di misteriosi “cavalli”, Dell’Utri disse: «Berlusconi non suda» e voleva dire che non sgancia, non paga sotto minaccia.
In realtà, a Dell’Utri, l’amico Silvio ha dato un fiume di danaro. L’ex impiegato di banca palermitano gli ha portato in cambio “la Sicilia come metodo” direbbe Sciascia, la sostanza di un antico “saperci fare” per compensare le inadeguatezze del brianzolo, una scienza di vita dunque, un rapporto con uomini che “ad uno come te possono togliere le scarpe ai piedi; e tu cammini scalzo senza accorgertene”. A Dell’Utri Berlusconi deve anche la costruzione prima di Pubblitalia e poi di Forza Italia “su modello maoista in versione palermitana”.
D’altra parte, mafiosamente parlando, Mangano è davvero un eroe, il solo che non lo ha mai tradito, un vero uomo d’onore che si è tenuto tutto nella panza, l’unico che lo ha protetto veramente ed è morto di cancro in galera, condannato per mafia e per omicidio. E probabilmente è vero che se avesse parlato sarebbe stato premiato con la liberazione. Non lo ha fatto. Quale altro esemplare eroismo ha da indicare ai giovani Silvio Berlusconi?
Ieri ha anche detto che la sua condanna e la conseguente decadenza da senatore è un golpe. Berlusconi infatti prepara la piazza mentre Alfano continua a servirlo al governo. La scissione come raddoppio, la divisione che nasconde una moltiplicazione è la versione berlusconiana dei due forni di Andreotti, del partito comunista di lotta e di governo, insomma dell’antica doppiezza italiana.
La doppia identità è l’estrema furbata, stare al governo e stare all’opposizione è il disperato tentativo di sopravvivere, per truffare il destino di cui parlava Goffredo Parise. “Non andrò a pulire i cessi”, ha detto. Non vuole fare la fine del vecchio con gli stivali di Brancati: “Una sola qualità lo vestiva dalla testa ai piedi, di fuori e dentro, ne involgeva ogni atto e parola: insignificante”.
Scritto il 24 novembre 2013 alle 11:16 | Permalink | Commenti (8)
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Scritto il 24 novembre 2013 alle 08:01 | Permalink | Commenti (9)
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Recensione del film: "GIOVANE E BELLA" (di Angela Laugier)
Titolo originale: Jeune et Jolie
Regia: François Ozon
Principali interpreti: Marine Vatch, Géraldine Pailhas, Frédéric Pierrot, Fantin Ravat, Johan Leysen, Charlotte Rampling -94 minuti- Francia 2013
In quattro capitoli (accompagnati da quattro diverse canzoni di Françoise Hardy), che coincidono con le quattro stagioni dell’anno, a partire dall’estate, Ozon ci racconta un anno cruciale della vita di Isabelle (interpretata superbamente da Marine Vatch), diciassettenne che frequenta il liceo, ed è molto bella e fragilissima, come quasi tutte le ragazze a quell’età, quando, alle trasformazioni del corpo corrisponde anche un cambiamento profondo della percezione che ciascuna ha di sé e perciò la ricerca della propria identità diventa molto importante. Isabelle è una ragazza di “buona famiglia”, come si definiscono comunemente, e anche un po’ acriticamente, le famiglie dell’alta borghesia; abita con la madre (separata), il fratello Victor, un po’ più giovane di lei e con il compagno della madre. Durante l’estate, in vacanza, Isabelle decide che è arrivato il momento di avere la sua prima esperienza sessuale con un giovane tedesco che la corteggia: la delusione che ne riporta, insieme al senso di frustrazione, si accompagna a una grande curiosità di riprovarci. E’ spinta dal desiderio di conoscere il piacere negato la prima volta e anche dalla voglia di capire se quel suo corpo è apprezzato dagli uomini, se la sua bellezza ha qualche valore, se le è possibile vivere da adulta, nonostante sia costretta ogni giorno a misurarsi con la dipendenza familiare chissà per quanto tempo ancora. Attraverso Internet, perciò, costruisce una rete di conoscenze solo sue, di uomini in cerca di ragazzine, con i quali si prostituisce, presentandosi col nome di Lea e chiedendo un corrispettivo in denaro mediamente alto, che non spende, ma custodisce in un luogo segreto del proprio armadio. A differenza di alcune sue compagne, che si vendono per comperare un pezzo prestigioso per il proprio guardaroba, Isabelle non consuma i suoi guadagni, quindi, ma sembra ricavarne la conferma della raggiunta condizione di adulta in grado di vivere di risorse proprie di fronte a una società e a una madre che tendono a prolungare la sua infanzia oltre ogni limite di decenza.
Cominciano perciò a delinearsi, senza che il regista se lo proponga deliberatamente, le motivazioni profonde di una scelta molto insidiosa, che sono probabilmente da individuare oltre che nel disagio di tutti i giovani del mondo occidentale, costretti a rimandare all’infinito qualsiasi progetto di vita autonoma, anche in un atteggiamento genitoriale tra l’amichevole e il paternalistico, di chi ha rinunciato, però, sostanzialmente al proprio ruolo di indirizzo delle scelte dei figli, e di controllo non invasivo dei loro comportamenti, specialmente in un’età così delicata, di fronte a stimoli indotti, oltre che dalla fisiologica curiosità e dai naturali impulsi, dalla onnipresente pubblicità che diffonde ovunque, martellante e ossessiva modelli assai discutibili, soprattutto attraverso gli strumenti della modernità che i giovani adorano: cellulari, o Internet, che non è solo il potente strumento di informazione e di crescita che tutti noi apprezziamo. Forse Isabel ne uscirà con l’aiuto dello psicologo; forse con l’ultimo decisivo e molto commovente colloquio con l’unica vera figura materna del film (grandissima Charlotte Rampling), che riuscirà a parlarle con vero amore, da donna a donna, con molta calma, ricordando quell’anziano cliente che, involontariamente, l’aveva messa nei guai. La famiglia, come sempre nelle pellicole di questo regista, ne esce a pezzi.
François Ozon è un eccellente affabulatore: ci racconta di solito piccole o grandi storie con “l’esprit de finesse” e anche la grazia di chi guarda lo scorrere della vita, cogliendone aspetti buffi o seri, talvolta drammatici, con grande leggerezza: con affettuosa simpatia segue i personaggi senza giudicarli e descrive i loro comportamenti senza spiegarli con la sociologia. In realtà questo suo narrare riesce spesso a penetrare più a fondo di molte analisi cosiddette scientifiche, perciò, dopo aver visto i suoi film, ci pare di aver capito qualche cosa di più di certi aspetti del mondo che abbiamo intorno a noi e che erano sembrati incomprensibili. Credo che ciò valga per molti suoi film, come Otto donne e un mistero, Le refuge, Potiche, o Nella casa, oltre che per quest’ultimo, presentato a Cannes lo scorso maggio.
A questo Link il lettore interessato può trovare il testo della bellissima poesia di Arthur Rimbaud (Roman – Romanza) che viene fatta leggere al liceo di Isabelle, seguita dalla sua traduzione in italiano (ma in francese è molto più bella, anche se la traduzione è splendida!)
Angela Laugier
Scritto il 24 novembre 2013 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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La Signora Angela Merkel, all'accusa di violare i limiti di surplus commerciale concordato cogli altri paesi della UE, propone una soluzione che fa esplodere l'ilarità del normalmente serio premio Nobel Paul Krugman.... Ma non è certo che la Cancelliera di Legno abbia afferrato l'ironia...
Solo l'asse latino potrà salvarci (di Massimo Riva - l'Espresso)
La Commissione europea si è finalmente decisa a mettere sotto accusa la Germania per il suo accumulo di surplus commerciali esorbitanti. Purtroppo, non è un bel vedere che l'iniziativa arrivi seconda nel tempo dopo un'analoga denuncia da parte del governo americano che ha apertamente imputato a quello di Berlino di perseguire una strategia economica destabilizzante per i mercati internazionali.
Il fatto che a Bruxelles abbiano scelto di muoversi soltanto a rimorchio dell'attacco partito da Washington ridimensiona alquanto le speranze che la Commissione trovi anche il coraggio di emanciparsi dalla latente sudditanza politica di cui soffre nei confronti della Germania e porti fino in fondo la conseguente procedura d'infrazione contro Berlino. Tanto più perché le prime repliche del governo tedesco a queste accuse mostrano una pervicace volontà di proseguire sulla strada intrapresa. Vero è che al momento sono in corso serrate trattative fra Cdu/Csu e Spd per la formazione di un nuovo gabinetto Merkel che i socialdemocratici vorrebbero più orientato a una strategia economica di espansione della domanda interna ed europea, ma le posizioni del partito della Cancelliera uscente ed entrante non paiono granché discostarsi dalle rigidità del recente passato.
AI RILIEVI SUGLI EFFETTI negativi generali provocati dai propri surplus commerciali l'attuale ministro dell'Economia ha replicato, in sostanza, invitando gli altri paesi a fare come la Germania in materia di esportazioni senza nemmeno rendersi conto di cadere in una trappola dialettica clamorosa. Perché come gli ha fatto sarcasticamente notare uno dei più autorevoli critici della politica tedesca, il premio Nobel Paul Krugman, «l'idea di un mondo in cui tutti sono in forte attivo della bilancia commerciale presenta qualche falla logica».
Il problema cruciale, a questo punto, non è più tanto quello di trovare argomenti per denunciare l'ottusità della linea economica che Berlino impone all'Europa: ce ne sono ormai a iosa e il citato Krugman, per esempio, ne offre di nuovi ogni settimana. Ciò che oggi occorre è un'azione politica forte e congiunta delle altre tre maggiori economie dell'eurozona (Francia, Italia e Spagna) mirata ad aprire un contenzioso politico formale con la Germania, così incoraggiando anche la Commissione di Bruxelles a uscire dal complesso d'inferiorità che segna ogni sua iniziativa quando si tratti di contrastare gli interessi di Berlino. Certo, non è impresa facile far muovere all'unisono Parigi con Roma e Madrid: la tentazione soprattutto francese di ricavare qualche regalia in più in un rapporto bilaterale con i tedeschi è ancora radicata. Resta, però, il dato di fatto che soltanto una pressione a tre - via Bruxelles - può avere qualche probabilità di successo nel far cambiare rotta alla Germania.
IN PROPOSITO, almeno a prima vista, si può riconoscere che il nostro presidente del Consiglio qualcosa fa o, meglio, dice. Enrico Letta è andato al congresso della Spd a Lipsia per proclamare che «di austerità si può anche morire», soggiungendo che sulla strada attuale del rigore "über alles" le prossime elezioni del parlamento europeo potrebbero portare a Strasburgo compatti manipoli di partiti ferocemente contrari all'Unione europea. Giusto, giustissimo, ma si tratta soltanto di belle parole. Quanto alle iniziative politiche concrete per una svolta economica in Europa il nostro premier rinvia al momento in cui l'Italia avrà la presidenza del consiglio europeo nel secondo semestre dell'anno prossimo. E questo è sbagliato, sbagliatissimo: si tratta di agire "hic et nunc" come si diceva una volta. Sopratutto perché - posto pure che la guida italiana dell'Europa produca i cambiamenti attesi - gli effetti economici delle novità comincerebbero a manifestarsi non prima del 2015 e si dispiegherebbero in termini di vita sociale soltanto nel 2016. Troppo tardi sia per rispondere al malessere di decine di milioni di europei sia per arginare la montante marea populista contro l'euro e l'Unione.
Massimo Riva
Scritto il 23 novembre 2013 alle 22:39 nella Economia, Politica | Permalink | Commenti (1)
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Il Destino è tracciato. nel Futuro Prossimo, Renzino avrà il 51%. Anche Grillo, avrà il 51% (ma solo come step intermedio verso l'inevitabile 100%); Berlusconi il 51% lo chiede da sempre (quindi la sua prenotazione è prioritaria). Il PD - modesto come sempre - punta al 35%; il Nuovo Grande Centro punta al 20%; SEL, IdV, Lega, Sinistra Vera, Destra Vera, puntano ognuno almeno all'8% (soglia di sbarramento al Senato). Alfano, se Berlusconi punta al 51%, vorrebbe non meno di un 20%.
Quindi il nuovo quadro politico, sommando le ambizioni, è costituito da 51+51+51+40+35+20+8+8+8+8+8 = 288%
Qualcuno mi aiuta a cercare l'errore di calcolo?
Ma, calcolatrice impazzita a parte, questa volta il renzino fa sul serio. Dopo l'8 Dicembre, il Governo dovrà obbedire al Partito Democratico, il quale dovrà sdraiarsi senza se e senza ma sulle posizioni del Segretario (che ovviamente sarà ISSO, e avrà un Largo Consenso e la Maggioranza Assoluta).
Altrimenti si arrabbia, Renzi, e si porta via il pallone, la playstation, il Piccolo Statista, e comprerà altri 200.000 "followers" su Twitter
Scritto il 23 novembre 2013 alle 12:52 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (38)
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Scritto il 23 novembre 2013 alle 08:01 | Permalink | Commenti (4)
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Tra il 2009 e il 2010, quando era ministro della Difesa, percepì soldi dal gruppo anche per "altre prestazioni di servizi". E' quanto emerge dagli atti dell'inchiesta di Milano che vede indagati Salvatore Ligresti Giancarlo Giannini per corruzione (Fonte: De Riccardis e Galbiati - Repubblica)
Uno stringato elenco di prestazioni, indicate come "parcelle sinistri" e con un più vago "altre prestazioni di servizi", che garantiscano alla famiglia dell'ex ministro della Difesa e parlamentare di centrodestra pagamenti per quasi un milione di euro. Il documento è stato depositato agli atti dell'inchiesta sull'ex presidente dell'Isvap Giancarlo Giannini, accusato di corruzione e calunnia, e Salvatore Ligresti, indagato per corruzione.
Il 27 gennaio 2011 l'ufficio Ispettorato dell'Istituto di vigilanza sulle assicurazioni chiede a Fondiaria Sai, di "fornire i verbali stralcio dei verbali delle adunanze del 2009 e del 2010, con individuazione del relativo punto della verbalizzazione" su un lungo elenco di operazioni tra parti correlate.
Ed ecco che, oltre i sette milioni deliberati a favore dello stesso ingegnere di Paternò e i 268.000 € alla moglie di Paolo Ligresti, spuntano i pagamenti ai La Russa. Da Fondiaria-Sai, Vincenzo La Russa, primogenito di Antonino, fratello di Ignazio e Romano, e indagato nel filone torinese dell'inchiesta, ha avuto due pagamenti: uno del 2010 da 126mila euro per "parcelle spese sinistri"; un secondo, del 2009, da 174mila euro per "parcelle spese sinistri + spese sociali diverse".
Molto di più porta a casa l'ex ministro della Difesa e leader di Fratelli d'Italia, Ignazio La Russa. Con un primo pagamento da Milano Assicurazioni nel 2009 incassa 198.928 euro per "altre prestazioni di servizi". Lo stesso anno, da Fondiaria Sai, incassa altri 98mila euro per "parcelle per spese sinistri". Operazioni simili nel 2010: una volta 76mila euro da Fondiaria Sai, un'altra 77mila da Milano assicurazioni, incassa oltre 150mila euro. Totale 451mila euro.
Per "parcelle spese sinistri" e "altre prestazioni di servizi" incassa tra il 2009 e il 2010, 211mila euro anche il Geronimo La Russa, figlio di Ignazio, che ricopriva la carica di consigliere in Premafin.
(22 novembre 2013)
Scritto il 22 novembre 2013 alle 16:00 nella Politica | Permalink | Commenti (1)
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...già... perché i reati per i quali è indagato De Luca (abuso di ufficio, falso in atto pubblico e altre ipotesi di reato) non sembrano più lievi di quelle per ora addebitate alla Cancellieri, contro la quale il FiòRenzino si è scagliato con rigore parolaio. E allora vorremmo proprio sapere cosa pensa Renzi dell'affaire Crescent, ma ci piacerebbe anche sapere - dai filo-renzini che ci fanno l'onore di leggerci - quale sia la loro posizione. E da Letta vorremmo sapere l'abuso d'ufficio e il falso in atto pubblico siano reati almeno comparabili all'evasione - sanata - di 1000 euro di IMU)
Il progetto prende forma nel 2007 con le prime delibere della giunta comunale di Salerno che affida la progettazione definitiva per un emiciclo di cemento, ideato dall’architetto catalano Ricardo Bofill. L’opera, che comprende abitazioni, uffici, locali commerciali e box auto riuniti in un complesso architettonico articolato in sei settori, ha un volume di circa 90mila metri cubi, si estende su 300 metri ed è alta 30 metri, sovrastando la spiaggia di Santa Teresa.
L’indagine, condotta dai carabinieri del comando provinciale di Salerno, nasce da una serie di esposti dei comitati “No Crescent” e dell’associazione “Italia Nostra”, da sempre contrari alla realizzazione del complesso. Dodici esposti in tutto, l’ultimo dei quali è stato inoltrato il 12 aprile scorso anche al presidente del Senato Pietro Grasso. I comitati, dal 2009, contestano l’opera e negli esposti denunciano il grave rischio idrogeologico dovuto all’impatto dell’opera sulla spiaggia di Santa Teresa e nei pressi di un corso d’acqua sotterraneo, il Fusandola.
Il primo cittadino, già nel maggio 2011 venne indagato per abuso di ufficio, insieme ad altre due persone sulle procedure tecnico-amministrative relative al rilascio delle licenze per la progettazione e realizzazione del Crescent. Anche in quel caso l’indagine nacque dopo l’esposto alla Procura da parte del comitato “No Crescent” presentata nel 2010. Quella del “mostro marino”, come lo definiscono gli oppositori del sindaco Pd, è una vicenda complicata che ha visto anche lo stop dei lavori, imposto dal Consiglio di Stato dopo il ricorso cautelare di Italia Nostra che chiedeva l’annullamento del permesso di costruire rilasciato dal comune di Salerno.
Dopo l’avviso di garanzia ricevuto oggi, il sindaco accusa: “La sottocultura della mummificazione del territorio, il finto ambientalismo, la palude burocratica sono sempre di più un grande problema per lo sviluppo dell’Italia. Si rischia davvero un declino inarrestabile”.
Scritto il 22 novembre 2013 alle 15:51 | Permalink | Commenti (1)
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Giuseppe De Luca e Matteo Renzi
Prima la storiaccia brutta del cambio di casacca in corsa (da Cuperlo a Renzi), perchè Letta non gli aveva dato le deleghe richieste; poi la storia, ancora più brutta - e tutta da chiarire - del risultato bulgaro, a Salerno, in favore di Renzi (15 voti al secondo, 1411 voti a Renzi contro 10 a testa agli altri candidati... Storia già finita non solo sul tavolo dei garanti del PD, ma anche in un fascicolo aperto dalla Procura di Salerno).
Ieri. per colmo di sventura, il king-maker di Renzi finisce in un secondo fascicolo, e questa volta per una storia ordinaria di speculazione edilizie "da chiarire": quelle riguardanti l'affaire "Crescent (cliccare sul titolo in calce per aprire l'articolo di Concita Sannino, che di cose "napoletane" si intende...
Intanto a noi una domanda sorge spontanea: se dovesse risultare che De Luca è impastato nell'affaire "tess(er)iamo per Renzi" e/o nell'affaire "Crescent", Matteo Renzi il Fustigatore chiederà le dimissioni del suo King Maker De Luca? Mostrerà la stessa intransingenza (solo parolaia) mostrata per la Cancellieri? Alla cui salveza ha poi nei fatti contribuito? Salvo rimettersi a tuonare dopo aver votato contro le dimissioni?
Solo per sapere.
Tafanus
Scritto il 22 novembre 2013 alle 14:40 nella Bersani, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (0)
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Sara Errami e Roberta Vinci, WTA's Doubles Team Of The Year
"For winning the Australian Open and not letting anyone else have a piece of the World No.1 doubles ranking all year, Sara Errani and Roberta Vinci are the WTA's Doubles Team Of The Year."
L'articolo completo sulla sezione tennis
Scritto il 22 novembre 2013 alle 14:13 | Permalink | Commenti (0)
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Sabato sera, mentre stiravo, ho acceso la tv e ho trovato la diretta della farsa del Pdl che ritorna FI con il delinquente che pontifica e alla fine fa finta anche di svenire per dare un tocco thrilleresco con partecipazione del veteriano che adduce rhum per dare «corpo» visibile alla sceneggiata del dolore. Ci siamo abituati al marchiapone. Quando il delinquente corrotto, finto emozionato, ha detto di non dire che il figlioccio (nel senso mafioso) Al Fano è un traditore perché è «uno dei nostri gruppi», mi si è spalancata la visione come fossi a Lourdes e ho capito. Ho capito che la farsa era avanspettacolo ed era stato tutto studiato a tavolino come da copione, magari al Quirinale. Ecco la scena da cui si potrebbe trarre la trama di un film da Cetto La Qualunque VII.
Napolitano vuole che il governo vada avanti. Serve Letta Nipote, campione d’immobilismo (sta fermo anche quando dice che sta agganciando la ripresa), Berlusconi non può più stare al governo senza perdere la faccia, ma nemmeno lui vuole che cada il governo Letta, nipote di ziuccio. Se dovesse cadere dove lo trova un altro governo così ricattabile come questo? (vedi Ici, Imu, Tuc, Cancellieri, ecc.). Come fare? Basta trovare la quadra.
Tutti d’accordo, mentre sorseggiano una grolla di grappa alla puttanesca, decidono la strategia vincente, quella che permetterà di salvare i cavoli di Berlusconi, le capre del Quirinale, l’immobilismo del governo e anche il semestre bianco della Ue che spetta all’Italia. Prendete carta e penna e scrivete perché la strategia è un metodo che può venirvi bene a casa, con la moglie, con il marito, con i figli, con l’amante, sul lavoro, ecc. ecc.
All’unanimità Quirinale, Governo, Pdl-FI, Pd, Berlusconi, Letta, Al Fano ed ecclesiastici in servizio permanente decidono per scelta oculata e pensata:
In questo modo facendo finta che vi sia stata una scissione nel Pdl, drammatizzata in tutte le tv che presentavano Al Fano come uno Statista, tipo Mandela, novello De Gaspari, non solo sono tutti salvi, ma si salva anche Berlusconi che così ha tempo ed energie, medico al seguito, per prepararsi a farli morire tutti. E’ il grande inganno del 2013, la tredicesima, quattordicesima e quindicesima messe insieme.
No, non riusciranno a succhiarmi un’oncia di cervello e mi difenderò con ogni mezzo dalle loro trame di illegali, immorali, indecenti, incostituzionali, antidemocratici. Hanno fatto una cosa illegale, simile a chi si separa per finta per intestarsi anche la seconda casa come prima. Molti oggi divorziano, senza divorziare, per motivi fiscali e patrimoniali. Non avrei mai immaginato che potesse farlo un presidente della repubblica che ripudio, un presidente del consiglio dei ministri, che ripudio e i loro compari delinquenti, compagni di delinquenti, mafiosi e cattolici.
IL RETROSCENA - Entrando un po’ dentro gli eventi, scopro che i fautori della finta «scissione» da Berlusconi sono quasi tutti «cattolici», con qualche escrescenza di contorno: Cicchitto (P2), Saccomanni, cattolico perché già socialista craxiano. Al Fano, Formigoni, Lupi, Mauro, Lorenzin, Di Girolamo, Giovanardi (ah! Beato chi ha un Giovanardi tra le costole, non avrà mai mal di schiena), et similia. O meglio, costoro dicono di essere «cattolici», ma non lo sono. Come può essere cattolico un Formigoni o peggio uno Schifani che è ancora indagato per Mafia? Beh, mi direte che mafia e religione sono sempre andati a braccetto. Ed è vero! Non basterà un Francesco anche papa a salvare il grano dal loglio.
Tornando a bomba, ma ci siamo dentro fino al collo, pare che la «scissione» sia stata voluta da Ruini, da parte della Cei e spezzoni del Vaticano che mal sopportano papa Francesco che ha dato ordini di non volere ingerenze nelle politiche dei Paesi e dei partiti. Costoro infatti, tramano nell’ombra e come sicari si muovono rasente i muri, in silenzio, travestiti per la «maggior gloria di Dio».
La Cei e il Vaticano non hanno rinunciato al sogno dell’unità politica dei cattolici, cioè quelli che sono pronti a ubbidire per spartirsi il potere e la carogna che resterà dell’Italia e ci provano ogni volta, anche contro la logica, la grammatica, la sintassi e anche contro la Storia. Non demordono mai, perché pensano di essere al di sopra di Dio, il quale Dio se vuole mantenere il posto a tempo indeterminato deve ubbidire a loro, miscredenti e pagani senza ritegno e senza scrupoli. Dio è lo strtumento delo loro potere.
Ecco come è nata la santa scissione che mantiene le mani libere a Berlusconi e inguaia il Pd perché una parte, quella che resterà delusa, si aggregherà al «Nuovo Centro Destra», nome che prova che non ci credono nemmeno loro. Resta l’amara conclusione che in Italia chi comanda è sempre una sottana di prete che fa e disfa pretendendo anche l’inchino e il baciapiede da governo e collaterali.
Un mio amico di Siracusa, Aurelio Caliri, mi informa che a Lampedusa durante un tg abbia detto: «Una scena orribile che spero la Divina Provvidenza abbia fatto verificare per fare aprire gli occhi all’Europa». Se questo scempio deve essere detto da un cattolico, protetto dagli eminetisismi cardinali, allora voglio essere ateo, miscredente, agnostico e altro ancora. Come si fa a dire una bestialità del genere, sufficiente per una scomunica nella debita forma? Siamo in mano di questa gentaglia qua, che dice l’ignominia di una gravità inaudita. Nessun prete ha risposto.
Papa Francesco? Poveretto, ce la mette tutta, ma presso di lui la «scissione» è già riuscita: lui fa il papa delle folle e quelli tramano incontri, fanno piani di guerra, disegnano strategie elettorali perché il gioco non è la veste bianca, per giunta povera, ma il cuore dello Stato italiano che deve diventare l’espressione visibile del Regno di Dio – pardon! – del regno ecclesiastico. La loro forza è nel fatto che il papa non consoce la situazione italiana.
Papa Francesco domenica 17 novembre 2013 ha fatto cilecca e mi dispiace: si è messo a propagandare la «misericordina», la scatoletta fatta dai polacchi più retrogradi: dentro c’è un par di santini e un rosario. Una volta, Ernesto Calindri beveva un Cynar nel gorgheggio del traffico «contro il logorio della vita moderna», oggi se non c’è di meglio, abbiamo la «misericordina» made in Polsky. Ah! Cecco, Cecco! Non è così che si riforma la Chiesa.
Paolo Farinella, prete
Scritto il 22 novembre 2013 alle 12:02 | Permalink | Commenti (19)
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Scritto il 22 novembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (11)
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Come i peggiori azzeccagarbugli della Prima Repubblica, hanno provato a sopire la vicenda Cancellieri con un pasticcio doroteo. Un compromesso al ribasso che, a dispetto delle apparenze, ammacca ulteriormente la credibilità della politica e intacca irrimediabilmente la stabilità del governo.
Ma com’era ovvio anche questo tentativo fallisce. Tre minuti dopo il voto della Camera, dalla Procura di Milano arrivano i verbali imbarazzanti di un interrogatorio di Salvatore Ligresti. E così, proprio nel giorno in cui si doveva chiudere, il caso riesplode in tutta la sua gravità. E la cortina fumogena, generosamente profusa dai palazzi romani, non può più nasconderlo.
La bocciatura della mozione grillina non è una convinta fiducia riconfermata a un ministro inattaccabile, ma una sofferta «non sfiducia » concessa a un ministro ricattabile. Nella battaglia di Via Arenula escono tutti sconfitti. E tutti ugualmente consapevoli che la guerra non è affatto finita, ma semmai è appena cominciata. Esce sconfitto il ministro della Giustizia. Annamaria Cancellieri continua a negare ogni evidenza. Continua a ripetere un’arringa difensiva che non cambia mai, nonostante le palesi incongruenze emerse dall’incrocio tra gli atti giudiziari e le spiegazioni fornite ai magistrati, al Parlamento e ai giornali.
Continua a gridare indignata la sua correttezza politica di Guardasigilli, che non ha mai violato le regole e non ha mai mentito a nessuno, e la sua rettitudine morale di donna, che sul caso di Giulia Ligresti ha agito sempre e solo per spirito umanitario. Ma continua a non capire che quelle sue telefonate con i parenti di Don Salvatore, prima smentite e poi ammesse con mille ambiguità, l’hanno marchiata a fuoco. Continua a non comprendere che quei suoi rapporti intimi e oggettivamente preferenziali con la famiglia di Paternò ne hanno vulnerato per sempre l’immagine personale e il profilo funzionale.
Continua a non realizzare che il suo «scandalo » non attiene al codice penale (almeno fino a prova contraria), ma a un codice etico al quale si risponde sempre e comunque, se si hanno davvero a cuore le istituzioni e la loro onorabilità. Questa onorabilità, piaccia o no, è stata scalfita agli occhi dell’opinione pubblica. Per questo il Guardasigilli doveva e dovrebbe dimettersi, invece di restare al suo posto in un ruolo che aveva detto di non voler mai accettare: quello di un ministro «dimezzato». Ora lo è, a tutti gli effetti.
E lo è, a maggior ragione, dopo la lettura dell’interrogatorio di Don Salvatore, che ai pm di Milano dice testualmente: «Mi feci latore, presso Silvio Berlusconi, del desiderio dell’allora Prefetto Cancellieri che era in scadenza a Parma e preferiva rimanere in quella sede anziché cambiare destinazione». Il ministro smentisce con sdegno anche questa circostanza. Ma il quadro d’insieme che emerge tra Torino e Milano ripropone interrogativi inquietanti sui rapporti tra i Peluso-Cancellieri e i Ligresti. Tutto - compresa la vicenda del figlio del Guardasigilli, assunto e poi fuggito da Fonsai dopo averne scoperchiato il buco da 1 miliardo - sembra alimentare i sospetti sull’esistenza di una qualche «obbligazione » che lega le due famiglie, e che il ministro si sente in dovere di «saldare». È sempre più difficile, in queste condizioni, raccontarsi al Paese e alle Camere come «una persona libera», che non ha «contratto debiti di riconoscenza verso nessuno ».
Esce sconfitto il presidente del Consiglio. Enrico Letta, qualunque cosa accada, continua a parlare di «governo più forte». Lo ha fatto la scorsa settimana, dopo la diaspora berlusconiana che ha scisso in laboratorio le due destre per coprire sul mercato elettorale sia la domanda moderata sia quella esagitata. Lo fa oggi, dopo una blindatura della Cancellieri incomprensibile (se non in virtù dell’alto patronato quirinalizio sul Guardasigilli). Per ottenerla, il premier ha imposto un teorema presentato come indimostrabile: sfiduciare quel ministro vuol dire sfiduciare il governo.
Perché mai? A questa domanda non c’è risposta. «Respingere l’assalto del Movimento 5Stelle» non lo è, perché proprio per evitare l’ordalia pentastellata la Cancellieri avrebbe dovuto esser costretta a dimettersi prima del voto sulla mozione. Letta non l’ha fatto, o non c’è riuscito. Il risultato è che ora ha in squadra un’anatra zoppa sulla quale continuano a volteggiare falchi e avvoltoi, convinti che l’affare Ligresti promette altri sviluppi.
Esce sconfitto il Pd. In tutte le sue «anime». Da una parte c’era Matteo Renzi,che aveva trasformato il caso Cancellieri in un atto fondativo, quasi un «battesimo del fuoco» per la sua leadershipnascente. La richiesta irrevocabile di dimissioni, per il futuro segretario del partito, serviva a lanciare due messaggi molto precisi. Il primo proiettato all’esterno: forte novità «culturale», per affermare i valori della moralità e del cambiamento profondamente avvertiti dagli elettori e dagli iscritti. Il secondo rivolto all’interno: chiara discontinuità «strutturale», per ridefinire subito i rapporti di forza con il resto del partito, il presidente del Consiglio e perfino il presidente della Repubblica. Alla fine, per disciplina, per responsabilità, per realpolitik, il candidato leader ha dovuto suo malgrado piegarsi al teorema di Letta. Gli resta appuntata sul petto un’onorificenza: quella di aver combattuto la buona e giusta battaglia. Ma la battaglia l’ha persa comunque, anche lui.
Dall’altra parte c’era il resto del partito, che pur di non dare partita vinta al Gianburrasca fiorentino si è schierato a prescindere con Letta e la Cancellieri (la vecchia guardia dei «resistenti» guidati da D’Alema) o ha finito per ingoiare il boccone indigesto della «non-sfiducia» al Guardasigilli (la nouvelle vague incarnata da Cuperlo e Civati). In mezzo c’era il segretario pro-tempore Guglielmo Epifani, che stavolta si è dimostrato decisamente al di sotto del ruolo. Il suo discorso alla Camera è stato rinunciatario e contraddittorio: ha rilanciato tutte le critiche alla Cancellieri, salvo poi confermarle la fiducia e suggerirle addirittura, quasi come grottesca «espiazione», l’apertura di un call center per i carcerati non «eccellenti» come i Ligresti.
Escono sconfitti i soliti berlusconiani di complemento (l’intervento di Renato Brunetta, tuttora esponente di un partito di maggioranza, grondava di futili rancori contro il premier e di inutili livori contro il Pd) e i soliti grillini da combattimento (la scenata dei telefonini che squillano nell’emiciclo è degna di un’assemblea di condominio, non di un’aula parlamentare). Ed esce sconfitta persino la magistratura: resta un rebus il comportamento della Procura di Torino, che annuncia con tanto di comunicato «il ministro Cancellieri non è indagato», ma al tempo stesso invia gli atti alla Procura di Roma per «i necessari, ulteriori approfondimenti». Delle due l’una: se non c’erano profili penali da chiarire, nella posizione del Guardasigilli, l’inchiesta andava archiviata. Se invece c’erano, allora la Cancellieri andava indagata (fermo restando il problema della competenza territoriale). I magistrati torinesi, sorprendentemente, non hanno fatto né l’una né l’altra scelta.
Alla fine, nella disfatta complessiva del sistema, l’unica ad aver prevalso è la ragion di Stato. La Cancellieri resta al suo posto, perché questo è deciso e perché questo serve per garantire la «stabilità». Una scelta miope, e sbagliata due volte. La prima, perché la stabilità coincide ormai sempre più spesso con l’immobilismo. La seconda, perché come dimostrano le nuove carte della Procura di Milano, la mina Cancellieri è tutt’altro che disinnescata. Stupisce che a non capirlo, ancora una volta, sia proprio il Partito Democratico. Rimasto ormai quasi solo a tenere sulle spalle il governo delle Intese sempre meno Larghe, masempre più Pesanti.
(Massimo Giannini)
Scritto il 22 novembre 2013 alle 07:59 | Permalink | Commenti (1)
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Scritto il 22 novembre 2013 alle 00:43 | Permalink | Commenti (5)
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Centinaia di tessere in bianco con la firma dell'ex segretario del Pd Pierluigi Bersani sono state recapitate alla Procura di Salerno che ha aperto un fascicolo sul tesseramento in provincia di Salerno. In queste ore il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia Vincenzo Montemurro sta interrogando il coordinatore nazionale dell'area Cuperlo Patrizio Mecacci, che nei giorni scorsi aveva definito "preoccupante" l'andamento del voto a Salerno e denunciato "situazioni fuori da ogni controllo democratico".
Arrivando a palazzo di giustizia di Salerno, Mecacci non ha voluto però commentare la convocazione dei magistrati. Nella convention dei circoli di domenica scorsa il 70% dei delegati ha sostenuto la mozione Renzi per le primarie dell'8 dicembre prossimo. Fanno discutere i risultati come quello di uno dei circoli di Salerno che ha dato 1401 voti al sindaco di Firenze e 33 agli altri candidati. A Salerno città Renzi è stato votato addirittura da 97,1% dei votanti Gli inquirenti nei prossimi giorni ascolteranno a Roma anche l'ex segretario nazionale Pierluigi Bersani.
E' durato circa 3 ore l'interrogatorio di Mecacci in Procura. L'esponente del Pd è stato ascoltato dal sostituto procuratore Montemurro. Nel corso del colloquio Mecacci ha confermato al magistrato tutti i sospetti denunciati già alla stampa nei giorni scorsi.
L'indagine nasce dal ritrovamento nel corso di alcune perquisizioni nell'agro sarnese nocerino, avvenute un mese fa nell'ambito di altre indagini, di un cospicuo numero di tessere originali del Pd in bianco con la firma del segretario nazionale Pier Luigi Bersani e relative al 2012. Tessere che non apparterrebbero al "pacchetto" consegnato dalla struttura nazionale per la campagna dello scorso anno, espletata dai vertici provinciali.
Per approfondire la denuncia di Mecacci, che ha riferito fatti e circostanze apprese da esponenti salernitani del partito, il pm Montemurro ha convocato per lunedì prossimo il deputato salernitano dell'area Cuperlo, Simone Valiante e nei prossimi giorni si recherà a Roma per ascoltare i componenti della commissione di garanzia nazionale del Pd, dove sono arrivati i ricorsi presentati dagli esponenti provinciali dell'area Cuperlo. Sarà sentito anche l'ex segretario nazionale Bersani. Bisognerà capire la provenienza e la destinazione di quelle tessere, e perchè si trovassero nella disponibilità di persone sulle quali il pm Montemurro mantiene il più stretto riserbo.
P.S.: La sezione dei 1.401 voti a Renzi contro i 33 in totale agli altri tre candidati, è quella di cui abbiamo riferito ieri, nella quale Renzi riusciva a raccogliere un voto (procedure di riconoscimento, eventuale tesseramento, pagamento incluse) ogni 15 secondi
Scritto il 21 novembre 2013 alle 21:33 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 21 novembre 2013 alle 00:27 | Permalink | Commenti (8)
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Il PD, ostaggio dei racconti fantastici di Enrico Letta su lucine che nessuno vede (tranne lui), e su "palle d'acciaio" autocertificate, ricatta politicamente i suoi occasionali compagni di strada. Difende oltre ogni logica la indifendibile Cancellieri, chiede e ottiene da Napolitano un appoggio alla Cancellieri che travalica ampiamente i suoi compiti e i suoi poteri formali e informali. Il PD ufficiale (quello di Epifani) abbozza; Cuperlo - che aveva accettato cautelativamente le decisioni del partito, abbozza. Renzi (quello che "la Cancellieri se ne deve andare", abbozza. Abbozza Civati, quello della mozione di sfiducia individuale.
Ma Montezuma è in agguato. E mentre questo parlamento di "abbozzatori" vota alla Camera una non-sfiducia che tutti - tranne Letta, sempre più inchiavardato alla poltrona - farebbero volentieri a meno di votare, salta fuori l'ultima notizia. E poco importa che si tratti o meno di "notizia ad orologeria", o di coincidenza. Il PD che ha appena controfirmato, col suo voto, la piena assoluzione della Cancellieri, me esce a pezzi.
Si, perchè salta fuori che il "Soldato Cancellieri", che abbiamo appena finito di salvare, (col nostro contributo determinante), telefona... telefona da anni... Avrebbe già telefonato 19 anni fa, appena insediato Berlusconi, per chiedere a Salvatore Ligresti di chiedere a Silvio Berlusconi di farla restare a Parma, dove sembra si trovasse bene... Ecco come l'ultimo aggiornamento di repubblica.it riporta la faccenda:
[...] Dai verbali dell'inchiesta, emergono le pressioni di Salvatore Ligresti sull'ex premier per favorire l'attuale ministro della Giustizia e per promuovere la carriera del presidente dell'Isvap. Tra i consulenti del gruppo Fondiaria Sai, anche il figlio di Lamberto Cardia, ai tempi numero uno della Consob. Il ministro smentisce la ricostruzione. Tra i suoi appoggi politici, il gruppo Ligresti vantava Gianni Letta e La Russa.
"Mi feci latore", presso Silvio Berlusconi "del desiderio dell'allora Prefetto Cancellieri che era in scadenza a Parma e preferiva rimanere in quella sede anziché cambiare destinazione". E' un passaggio del verbale di Salvatore Ligresti interrogato nell'inchiesta milanese su Fonsai. Ligresti ha spiegato che la segnalazione "ebbe successo". Oggi Annamaria Cancellieri, ministro di Grazia e Giustizia, ha ottenuto la fiducia alla Camera, dopo lo scandalo delle telefonate con i Ligresti e di quelle relative a un suo interessamento per la custodia cautelare di Giulia, figlia del patron di Fondiaria Sai. L'altra figlia, Jonella, ha ottenuto sempre oggi gli arresti domicilairi. "Qui c'è un accanimento che non ha limite, c'è un disegno che non comprendo", è la risposta del ministro, che smentisce come "falsa e destituita da ogni fondamento" la ricostruzione che emerge dai verbali. Negli interrogatori, Ligresti si sofferma sulla "Particolare consuetudine" che ha sempre avuto con Berlusconi: "Siamo amici di vecchia data, veniamo dalla gavetta e gli incontri sono tanto frequenti quanto informali. Con il presidente Berlusconi si parla di tutto. In ogni caso ricordo chiaramente di avergli presentato in più di un'occasione questo tema" [...]
Sempre Jonella Ligresti, invece, ha rivelato che Marco Cardia, il figlio dell'ex presidente della Consob, Lamberto Cardia (oggi presidente delle Ferrovie), fu preso come consulente di Fondiaria, nonostante non fosse "un luminare del Diritto". Nell'interrogatorio del 17 dicembre 2012, Jonella afferma: "A un certo punto mio padre decise che fossero dati degli incarichi a Marco Cardia, un avvocato figlio del presidente della Consob. Marco Cardia l'ho conosciuto e non mi è parso un luminare del Diritto [...]
Continua su repubblica.it
E in questo sfascio totale, lo stesso Enrico Letta che ha accettato (o sollecitato?) le dimissioni di Josefa Idem, rea di aver pagato - per dolo o per errore - 1000 euro di IMU in meno, da quando è scoppiato il caso Cancellieri è salito sulle barricate per difenderla contro tutti e contro tutti. E il PD, purtroppo, a tener bordone. E io avverto un certo senso di vergogna, appena attenuato dal coinvolgimento e dalla corresponsabilità dei nuovi sfasciacarrozze che dovevano spaccare il mondo.
Tafanus.
Scritto il 20 novembre 2013 alle 21:56 nella Berlusconi, Renzi | Permalink | Commenti (12)
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Così scriveva, solo 10 giorni fa, Positano News: Un riposizionamento più che un avvicinamento. Questione di giorni per capire se Vincenzo De Luca, sindaco e viceministro, farà il suo endorsement per Matteo Renzi abbandonando la vecchia maggioranza del Pd. In mezzo non c’è certo l’indecisione di un uomo pragmatico come è De Luca, ma la questione delle deleghe ministeriali che dovrebbe affidargli il premier Enrico Letta. Nodo ancora da sciogliere che ha bloccato tutto. Ma il viceministro non può aspettare in eterno e, soprattutto, non può (e non vuole) andare oltre domenica prossima, quando si chiuderanno le preselezioni per le primarie riservate agli iscritti democrat. Il riposizionamento nel Pd, o «naturale evoluzione politica», come preferiscono chiamarla a Salerno, se ci sarà, deve esserci prima delle scadenze congressuali. E quindi le deleghe. Secondo un ragionamento semplice e lineare. Ovvero se ci saranno, e saranno di peso, vuol dire che la vecchia «ditta» bersaniana si è spesa per il vice ministro. Altrimenti, è il ragionamento, bisogna trarne le conseguenze. E quindi viaggiare verso lidi più sicuri. Anche perché i renziani, sinora, hanno conquistato in Campania 4 congressi provinciali e con il nuovo anno conquisteranno anche la segreteria regionale. Il pallino, inutile girarci attorno, è in mano a loro, ora. E lo sarà nei prossimi mesi quando si tratterà di scegliere il candidato alla Regione. Ma si decide in queste ore. Senza contare una certa affinità nei linguaggi dei due. Sul ruolo importante dei comuni, sulla sburocratizzazione e sulla riforma della giustizia i due sindaci, più o meno, la pensano allo stesso modo. Rimane un problema: Renzi e De Luca non si prendono. Il primo cittadino di Firenze, infatti, ricorda bene un incontro dell’estate 2012 a Salerno. Non solo foto e strette di mano a beneficio dei fotografi ma anche, dopo una lunga chiacchierata, un’intesa per le primarie nazionali, che sembrava fatta. Ci contava Renzi. Ma nel giro di qualche giorno De Luca appoggia pubblicamente Bersani e, in più, inizia ad attaccarlo. «Il massimo di rinnovamento politico è affidato a Renzi, che comunque fa politica da 20 anni ed è quindi anche lui dentro la casta. Peraltro nel suo caso siamo di fronte ad un’operazione mediatica costruita a tavolino: è tutto uno sceneggiato, tutta plastica», disse sferzante De Luca. Se l’è legata al dito Renzi. Tanto che, nell’assemblea romana di maggio che elesse Epifani, De Luca interviene e attacca Bersani per «il correntismo militare». Potrebbe essere un assist per Renzi che, invece, interviene per attaccare il collega senza mai citarlo: «Mi fa ridere chi critica oggi il correntismo: ma sino ad oggi viveva su Marte?». Fine del rapporto. A provare a riallacciarlo, nelle ultime settimane, ci ha provato Goffredo Bettini, veltroniano convertitosi al renzismo. Incontri e telefonate con Luca Lotti, deputato fedelissimo a Renzi, per tentare un avvicinamento. Nulla sinora. Men che mai un incontro diretto. Rimane la chiusura del sindaco di Firenze. Attenzione però. Perché se Vincenzo De Luca è pragmatico, non lo è certo da meno Matteo Renzi. La scadenza delle primarie incombe, i giochi non sono fatti, e se il primo dovesse fare un endorsement, per il secondo sarebbe comunque grasso che cola. Se un importante sindaco del Mezzogiorno vuole salire a bordo, anche se non è un naufrago, non puoi vietarglielo. Ma non lo andiamo certo a cercare, ragiona l’aspirante segretario nazionale che comunque ha bisogno di un radicamento maggiore al Sud. E dopo Bari, Renzi sta organizzando un minitour in dieci città italiane in vista delle primarie dell’8 dicembre. Dovrebbe partire nella prossima settimana. E la prima o seconda tappa sarà Napoli. La città che interessa davvero a Renzi. Grazie a Gatto Mero per la segnalazione
Adolfo Pappalardo
10/11/2013
Scritto il 20 novembre 2013 alle 17:35 nella Bersani, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (6)
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...in quel circolo doveva essere all'opera una banda di Supermen... Non è facile... Non è assolutamente facile, in 15 secondi con partenza da fermo, entrare al seggio, salutare, tirar fuori i documenti. iscriversi se non si è già iscritti, pagare l'obolo, aspettare l'eventuale resto, entrare in "gabbina", votare, ripiegare la scheda, ringraziare e salutare... Ho fatto le prove sperimentali convocando i più giovani e atletici fra gli amici delle mie figlie. Niente da fare. Nessuno è riuscito neanche ad avvicinare quei tempi da Bolton...Non resta che ipotizzare...
Una banda di Supermen al servizio di Renzi e De Luca
SALERNO - Un voto ogni 15 secondi. È il caso limite fra quelli denunciati dal comitato Cuperlo. Riguarda uno dei circoli di Salerno città: 1401 voti a Renzi, 33 in totale a tutti gli altri; sei ore di apertura delle urne, dalle 15 alle 21 ; risultato: un votante sbrigato ogni 15 secondi.
Con casi come questo la seconda città campana è diventata ufficialmente il fronte della guerra congressuale del Pd. Tanto che il ricorso dei cuperliani, che chiedono l'annullamento dell'intero verbale provinciale, verrà discusso oggi dalla commissione di garanzia nazionale. Mentre a Salemo, negli ambienti del partito, si teme anche l'apertura di un fascicolo in Procura.
Non è contestabile in sè il successo di Renzi, che in Campania raccoglie il 51,8 per cento, seconda prestazione assoluta dopo il 53,6 delle Marche. Ma il «granaio» salernitano non è roba da poco: quasi 13.000 votanti, pari a circa il 4% dell'intero corpo votante nazionale. E nel capoluogo i voti superano quota 2600. Rapportata ai voti conseguiti dal Pd per la Camera nel febbraio scorso, la statistica cittadina corrisponde all' 11,25 per cento e quella provinciale al 9,5. La media nazionale dei votanti delle primarie rispetto alle politiche è invece del 3,6 per cento.
Insomma, a Salerno si vota tre volte di più che nel resto del paese. E il risultato è sempre bulgaro. Perché, come ricorda su Facebook lo stesso sindaco del capoluogo, il viceministro Enzo De Luca, a Salerno nel 2009 Bersani prese il 71 per cento, e ora Renzi è al 71,3. «Allora?», chiede provocatoriamente De Luca, come a voler dire che non c'è scandalo, non è cambiato nulla, il Pd è sempre quello, il suo. Finché ha scelto Bersani non c'è stato problema per l'ex segretario. Ora tocca a Renzi: 71,4 percento in provincia, addirittura 97,1 in città.
La sortita di De Luca suscita commenti degli internauti sul sito non privi di sarcasmo. C'è chi domanda: «Pure lei è diventato renziano? Trasformismo a 360 gradi». E chi rileva: «Vuol dire che al posto del giaguaro bisogna smacchiare il gattopardo». Ma De Luca non arretra: «C'è qualche lamentela, ma l'unico vero motivo di contestazione è il mancato gradimento del voto, e non sembra un argomento». E, proprio come un Renzi del sud, lui ormai ha l'intero establishment nazionale nel mirino: «L'avete visto Zoggia che comunicava i dati? Era vestito come un raccoglitore di funghi. Servono altre spiegazioni?».
(Fonte: Roberto Fuccillo - Repubblica.it)
20/11/2013
Peccato, davvero peccato. Noi il De Luca sindaco lo avevamo molto aspprezzato, senza neanche sapere se fosse bersaniano, renziano o cosa. Il "Sindaco più Amato dagli Italiani", succeduto a Renzi nella parte di Cucina Scavolini, era sindaco e basta, visto che ancora non esisteva l'esigenza si raccattare tessere al ritmo di 15" l'una. Ci sembrava un buon sindaco e basta.
Ora scopriamo che controlla oltre il 70% dei piddini di Salerno, e che li sposta come birilli dove vuole lui: bersaniani quando gli è convenuto, renziani adesso. E questo incredibile record di velocità che ridicolizza persino la linea TAV cinese da oltre 500 kms/h...
Ci siamo chiesti a lungo a cosa fosse dovuta questa strambata a 180 gradi. La risposta più semplice (troppo semplice) sarebbe stata quella di Flaiano ("... gli italiani sono sempre pronti a precipitarsi in soccorso del vincitore...")... No... troppo semplice, e troppo banale.
Poi, improvvisa, si è accesa la lampadinala lampadina. Renzi & De Luca si sono rivelati non già dei membri eminenti del "Nuovo che Avanza, bensì dei residuati bellici del poltronismo. Anzi, del "doppio-poltronismo".
Renzi era quello che "due mandati e poi tutti a casa". Bene, ora che volge al termine il secondo mandato renziano, non solo non parla più di andare a casa, e di tornare a fare l'organizzatore degli strilloni dei giornali filo-fascisti del gruppo Monti-Riffeser, ma ha già iniziato a teorizzare la liceità del doppio incarico: Sindaco+Segretario, e in prospettiva Segretrario+Premier. E il "tutti a casa dopo due mandati"? Ma era una battuta, suvvia! tutti sanno che a Renzi piacciono le battute e i renzini...
E qui si accende la lampadina... diversamente dalle mie ottimistiche previsioni, De Luca si è iscritto - appena ne ha avuto possibilità ew convenienza - al partito dei doppio-poltronisti. Anche lui. Sindaco di Salerno, come Renzi ex "Sindaco-Più-Amato-Dagli-Italiani", appena nominato sottosegretario nel Governo Letta, hja scoperto la bellezza della poltrona a due piazze, e non vuole mollarne nessuna. Allora chi promuovere, fra Cuperlo che predica contro i doppi incarichi, e Renzi che ne teorizza la bellezza? Provate ad indovinare. Fatto? Bene, avete indovinato.
E per chi si fosse perso i particolari della non commendevole storia, eccola, in tutto il suo squallore. De Luca, l'uomo dei recordi di velocità e di partecipazione alle "primariette", ha forse trovato in Renzi la sponda al suo mdoppio-poltronismo? Noi non lo sappiamo, e non facciamo ipotesi, per carità... Ma i fatti (che riportiamo in calce) parlano di un De Luca molto "resistente" a scegliere fra la poltrona di sindaco e quella di sottosegretario. Le due posizioni sono una stampella dell'altra. a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina...
Che delusione, caro De Luca... Tafanus
De Luca sindaco e viceministro, Antitrust avvia procedimento per incompatibilità
L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha aperto un fascicolo in virtù del decreto legge 13 agosto 2011 n. 138 che recita: "le cariche di deputato e senatore, nonché le cariche di governo sono incompatibili con qualsiasi altra carica pubblica". L'esito sarà noto entro il 30 novembre (Fonte - Vincenzo Iurillo - Il Fatto - 07/10/2013)
E ora anche l’Antitrust entra di diritto nell’elenco degli “ossessionati” dal doppio incarico di Vincenzo De Luca. L’authority garante della concorrenza e del mercato presieduta da Giovanni Pitruzzelli ha aperto un procedimento sulle due poltrone del sindaco Pd di Salerno e vice ministro alle Infrastrutture e ai trasporti. Per contestare a De Luca una materia di loro competenza, la violazione della legge Frattini sul conflitto d’interesse. Violazione che va ad aggiungersi al mancato rispetto del decreto legge del 2011 sull’incompatibilità tra le cariche elettive monocratiche e i ruoli di governo nazionale.
De Luca, scrive l’Antitrust sul proprio bollettino, verrà sottoposto a un procedimento che dovrà concludersi entro il 30 novembre. Potrà accedere agli atti e controbattere presentando memorie e documenti per sostenere le proprie ragioni.
Per essere precisi, l’Antitrust attribuisce a De Luca il ruolo di “sottosegretario”, evidentemente non ritenendo perfezionato l’iter di nomina a vice ministro. E fa riferimento a questa qualifica quando fa pervenire a De Luca una lettera datata 13 agosto con la quale “invita” il sindaco di Salerno a sciogliere il nodo dell’incompatibilità entro 30 giorni. De Luca risponde l’11 settembre con una comunicazione dilatoria, con la quale informa l’Autorità “che, nella seduta del 2 settembre 2013, il Consiglio comunale, non pronunciandosi definitivamente sull’incompatibilità, ha demandato la questione alla Commissione consiliare permanente “Statuto”, al fine di esprimere “il relativo parere in argomento, riservando, all’esito, le successive determinazioni di questo consesso”.
L’Antitrust non si è accontentata di apprendere che l’amministrazione comunale di Salerno sta tergiversando, ed è andata avanti: “Alla scadenza del termine indicato dall’Autorità, il dott. De Luca – si legge nel bollettino – non ha provveduto a risolvere l’incompatibilità pendente”. Di qui la delibera di avvio del procedimento.
Ma cosa rischia De Luca in concreto? Sostanzialmente nulla. L’Authority, come ha spesso ricordato il presidente, non ha poteri sanzionatori in merito a vicende come quelle che stanno attraversando il sindaco-viceministro. Sono altri gli organi che possono mettere fine a questa situazione.
De Luca non intende dimettersi da sindaco, trascorre gran parte della settimana a Roma in attività collegate al suo ruolo governativo, punta a ottenere deleghe che rendano pienamente operativo il suo incarico di viceministro, e ha rimesso al consiglio comunale di Salerno le decisioni sull’iter di decadenza dalla carica di primo cittadino. I consiglieri salernitani non sembrano particolarmente contenti di deliberare il proprio autoscioglimento e il ritorno anticipato alle urne.
Insomma, tutto fermo. Un ristagno che forse l’intervento dell’Antitrust riuscirà a smuovere verso una decisione definitiva. In un verso o nell’altro.
Scritto il 20 novembre 2013 alle 15:08 nella Bersani, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (8)
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Scritto il 20 novembre 2013 alle 01:08 | Permalink | Commenti (40)
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Jolanda Bufalini (l'Unità) intervista Patrizio Mecacci, "l'uomo dei numeri" di Gianni Cuperlo
Matteo Renzi al 46,7%, Gianni Cuperlo al 38,4%. Sentiamo cosa ne pensa Patrizio Mecacci, l’uomo dei numeri nel comitato di Gianni Cuperlo che, nei giorni scorsi, dava il testa a testa.
Accettate il risultato?
«Noi sappiamo che il voto degli iscritti dà la prevalenza a Matteo Renzi rispetto alla proposta di Gianni Cuperlo ma, in questo risultato, ci sono dati che pesano molto e che gridano allo scandalo. I dati di Salerno a favore di Renzi sono molto alti e danno l’impressione di una partita chiusa e, invece, è aperta. Nella provincia di Roma risultano più votanti che nella stessa Roma, a Tivoli hanno votato 1100 persone».
Quindi lo contestate?
«C’è una evidente sproporzione che contestiamo, vogliamo rispetto per la qualità democratica del partito. Chiediamo l’annullamento del voto a Salerno, perché siamo per una discussione democratica vera e non farlocca».
Renzi ha avuto il sostegno di De Luca, si sa che il sindaco di Salerno sposta molti voti, sarebbe stato così quale che fosse la sua scelta sul candidato. Non le pare?
«Ma nell’80% dei casi ci sono state irregolarità, spesso i congressi si sono svolti senza i garanti. C’è il caso di un circolo dove in un primo momento c’erano 240 voti per Cuperlo e, alla fine, c’erano 700 voti per Renzi e zero per Cuperlo. Non solo, contestiamo i risultati a Messina e chiediamo verifiche nella provincia di Roma, a giudicare dai votanti iscritti il partito della provincia di Roma è molto ricco, ma dove sono i soldi? Non vedo circoli con i rubinetti d’oro».
Come valuta il voto dei circoli rispetto all’appuntamento delle primarie dell’8 dicembre?
«Il risultato delle grandi città, Milano, Roma, Genova, Bari, è la vera e forte cartina al tornasole che crediamo che parli al futuro, non le percentuali bulgare di Renzi che, comunque, lo collocano al di sotto dei consensi della maggioranza degli iscritti. Se questi sono successi ...».
Qualcuno risponde che vince chi ha più numeri, non le sembra un’obiezione ragionevole?
«Con il sostegno di Astorre a Roma, Patania a Trapani, La Torre in Puglia, Loiero in Calabria, Genovese a Messina, si può vincere. Ma il rinnovamento non è da quella parte, il rinnovamento lo rappresentiamo noi».
Lei sostiene che 11.000 voti di differenza non sono molti. Francamente, non le sembra un calcolo azzardato?
«Il successo politico della mozione di Cuperlo è evidente. La partita con Renzi è finita con un pareggio, essendo il differenziale dei voti assai dubbio sul piano della legittimità e inesistente se si considera l`articolazione del partito nel territorio nazionale»
I voti delle grandi città valgono di più di quelli della provincia?
«Nella provincia di Roma ci sono stati 3000 voti in più che nell’intero Piemonte, nella provincia di Salerno i votanti sono stati tre volte quelli del Friuli Venezia Giulia. Sono fenomeni di controllo del voto che non vanno bene, si sono misurati rapporti di forze, vicende locali che nulla hanno a che vedere con il progetto del Pd. È sbagliato il regolamento che ha consentito le iscrizioni durante il voto».
Regolamento sbagliato che, però, è stato il frutto di un compromesso
«Frutto di un compromesso, noi ne abbiamo chiesto la sospensione. Quel regolamento ha consentito che il partito fosse in balia di scorribande locali».
Molti sono saliti sul carro del vincitore, non è un fenomeno nuovo.
«Renzi deve comprare un rottamatore molto buono perché Renzi vince proprio grazie a chi è salito sul carro, anzi, lo spinge e lo traina. Non ha vinto con l’innovazione».
Lei è l’uomo che nei giorni scorsi dava il testa-a-testa fra i due candidati, i calcoli li hanno fatti meglio al comitato di Renzi, non le pare?
«Avevano stime molto, troppo, precise, sapevano i risultati prima che le schede entrassero nelle urne».
(Fonte: l'Unità del 19/11/2013)
Scritto il 19 novembre 2013 alle 22:14 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (19)
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PREMESSA: In Basilicata si è votato per il rinnovo del Consiglio Regionale. Un bel test, meglio di un sondaggio di Euromedia o di SWG. Chiaramente un confronto con le regionali del 2010 sarebbe stato assolutamente improponibile, visto che alle precedenti regionali la tpopografia della politica era totalmente diversa. Non c'eran il M5S, non c'era Monti, l'IdV respirava ancora, non c'era FLI... Insomma, era un'altra era geologica.
Necessitato quindi l'unico confronto possibile: quello con le elezioni alla Camera del Febbraio 2013. Cosa che non piace ai puristi, e neanche a noi. Ma tant'è: è l'unico confronto possibile. Già difficile di suo, diventa addirittura acrobatico se commentatrici come Elena Russo di Repubblica lanciano il commento con uno strillo, cliccando sul quale si apre l'articolo, dal quale ad ogni frase risulta scarsamente comprensibile se stia confrontando le elezioni di ieri con le politiche di febbraio di quest'anno, o con le regionali del 2010, o stia facendo un fritto misto delle due cose. E non si capisce neanche se parli di voti di lista o di voti di coalizione.
Un esempio? quando parla di "calo dell'affluenza del 15% a cosa si riferisce? L'affluenza fra febbraio 2013 e novembre 2013 è calata del 32,5%, altro che 15%!... Quando parla di M5S al 13% parla di voto di coalizione, chiaramente. Ma se parliamo di voto di coalizione, dove vede, la egregia commentatrice, il calo dei "Dem"? Rispetto a cosa?
A noi risulta infatti che la coalizione di CSX abbia preso il 59,6% dei voti a favore del candidato Pittella, mentre a febbraio aveva preso il 34,2% sulla lista di CSX. Il PD come tale è "crollato" dal 25,7% di febbraio al 24,8% di novembre. E pazienza se contemporaneamente una lista civica di appoggio al capolista (Pittella Presidente, PD) ha preso il 7,5% dallo 0,0% di febbraio.
Beppe Grillo (che - ricordiamolo - straparlava di una prima tappa al 51%, come tappa intermedia verso il "Sol dell'Avvenire del 100% prossimo venturo), passa dal 24,3% di febbraio al 13,2% come voto alla coalizione, e al 9% come voto di lista. Polverizzato. Perde il 63% come voti di lista. Ma se si somma l'effetto del calo dell'affluenza, le cose diventano drammatiche: in febbraio 75.000 persone sono uscirte di casa per mettere una crocetta sul simbolo 5 Stalle; questa volta si sono scomodati solo in 22.000.
Ma gli elementi di chiarificazione non finiscono qui. Le elezioni certificano la morte clinica del centrismo in salsa montian-casiniana. Finalmente facciamo chiarezza. A febbraio l'uomo in loden e l'adoratore della Madonna dal Velo Azzurro correvano per un loro centro in sitle "né di qua, né di la". A queste regionali hanno gettato la maschera. Monti e Casini tornano nella loro casa naturale: la destra. Per Monti è una prima volta, per Casini un "torna a casa, Lassie".
In febbraio la Lista Cinica di Monti valeva, da sola, il 7,9%. Adesso la Lista Sempre Più Cinica di Monti entra organicamente nella destra, e si allea coi Fratelli d'Italia di La Russa, e col MPA del "leghista del Sud, indagato per associazione mafiosa. Tutti insieme allegramente prendono il 5,1%, all'interno di una coalizione guidata dal PdL del pregiudicato di Arcore. Circa Casini, nessuna sorpresa. Ma che brutta fine ingloriosa, Prof. Monti!...
Dimezza il PdL (ultima performance prima della scissione di Angelino: ad occhio, passa dal 24% al 12%.
In febbraio il destra-centro, nell'attuale formazione, sarebbe stato al 35,9%. Adesso raccatta un misero 19,4%.
E in questo quadro, cosa colpisce la giornalista di Repubblica??? Il calo dei "Dem". Da non credere... Tafanus
.
Strillo sulla homepage di Repubblica
(cliccare sulla foto per andare all'articvolo)
...ma tanto per capirci...
Sardegna - Camera Febbraio 2013 (affluenza 69,5%)
Sardegna Regionali Novembre 2013 (affluenza 47,6%)
Scritto il 19 novembre 2013 alle 14:21 nella Berlusconi, Bersani, Politica | Permalink | Commenti (7)
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Scritto il 19 novembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (2)
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Sono giorni che i media – in un accanimento voyeuristico quasi morboso – stanno martellando di numeri sondaggi e previsioni le Primarie del Partito Democratico.
Numeri trionfalistici che danno Renzi vincitore di oltre dieci punti percentuali. La cosa anomala – più per un serio giornalismo che per le campagne politiche – è che tutti i giornali ripetono pedissequamente dati parziali e previsioni e proiezioni partigiane, spacciandoli per indipendenti, attendibili, e peggio ancora veri.
Eppure basterebbe leggere. Scopriamo ad esempio che Vibo Valentia in Calabria non esiste e che in tutta la notoriamente rossa Emilia Romagna i circoli sarebbero solo undici. Scopriamo città ripetute due o tre volte, o circoli gemelli che presentano esattamente gli stessi numeri. Poi, nelle more, scopriamo che nella provincia di Roma hanno votato più tesserati dell’intero Piemonte.
Ma a queste semplici rilevazioni qualcuno già commenta trattarsi di “macchina del fango” per “sporcare la vittoria del futuro segretario” – anche quando, sin da bambini, ci hanno spiegato che “la matematica – almeno quella –non è un’opinione”.
Ma si sa che ormai siamo nell’era del grillismo, e certe frasi – come macchina del fango – sono buone per tutte le stagioni. Ciascuno per parte sua porta esempi di malcostume politico locale, che pure c’è nella logica “a tessere” ma che comunque sino a ieri era restato un fenomeno fisiologico, localizzato, minimale.
Io non difendo alcun risultato, né mi interessa entrare nel merito di un singolo episodio, di un singolo circolo, ma resto ancorato a delle considerazioni su una matematica – che vale per tutti – e che traccia degli scenari ben precisi.
A volersi togliere i paraocchi della passione partigiana di questa o quella mozione e su questo o quel candidato, credo che i dati di Salerno e Messina e della provincia di Roma – comune per comune e presi dal sito del “vincitore” dichiarato dai mass-media – siano anomali e censurabili anche dai bambini che imparano alle elementari addizioni e sottrazioni, e che chiunque altro denuncerebbe come assurdi, sospetti, anomali…
Ed ora ragioniamo in cifre.
[...] Il nuovo che avanza e che si propone come segretario dichiara dieci punti di vantaggio. Se togliamo questi dati clamorosamente falsi cosa resta?
È attendibile che in Provincia di Salerno votino più iscritti del Veneto? È credibile che in Provincia di Roma (esclusa Roma!) votino più dell’intero Piemonte? Se fossero usciti risultati differenti si sarebbe gridato all’apparato dei vecchi dirigenti… ma trattandosi del nuovo nuovismo ci si tappa il naso.
Se poi volessimo riflettere oltre il congresso, mi pare che il quadro rappresenti un giovane rampante disposto a tutto e ad allearsi con chiunque e con qualsiasi prezzo pur di vincere.
Se volessimo ragionare sul “bene di un partito comune” dovremmo prendere atto che queste cose non fanno bene al Partito Democratico, che nella migliore delle ipotesi è in mano al 20% ai signori delle tessere che – ineluttabilmente – appoggiano il vincitore designato per assicurarsi rendite di posizione. Perché se ragionassimo a mente sgombra, mentre è facile attaccare “i nomi noti” e storici del Partito Democratico, e su cui proprio per questo è facile sparare a zero populisticamente – siano i Franceschini che i D’Alema – i veri nodi da sciogliere per chi chiede un rinnovamento di questo Partito dovrebbero essere i De Luca, i Loiero, i Papalia, i Genovese, e visto che ci siamo sui nomi ingombranti potremmo parlare di “aiuti esterni dell’opportunismo dell’ultimo minuto” come i vari Foti, Zambuto, Arnone e Di Vita.
Ma questi sono i nomi che non fanno lo stesso scalpore sui titoli in corpo 60 di alcune testate, e quindi di queste cose nessuno preferisce parlare. Tutto questo, mi chiedo, fa bene al Partito? Tutto questo è davvero Democratico – come scritto nel nome di questo Partito? Tutto questo va bene ed è tollerabile “purché si vinca”? Io non credo.
Forse questo appartiene a vecchie logiche democristiane – anche quando portate avanti da rampanti quarantenni – pronti a vincere a qualsiasi costo e con qualsiasi compromesso. Non credo appartenga alla tradizione di una sinistra che della questione morale ha fatto bandiera da prima che certe componenti ne diventassero parte – per scelta o opportunismo.
E allora mi aspetterei, come segnale vero di un cambiamento reale, che quello che si proclama neo-segretario, da Firenze, oggi, prendesse le distanze da questi fenomeni, e chiedesse lui di annullare quei congressi – così imbarazzanti per tutto il partito e per le persone serie e per i giovani dei gazebo. Sarebbe un bel gesto che per una volta oltre ad un nome darebbe anche un volto al cambiamento.
Ma chi è disposto a queste logiche e questi compromessi non se lo può permettere. Né di fare né di pensare.
Scritto il 18 novembre 2013 alle 21:46 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (17)
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Fra pochi minuti inizierà in Basilicata lo spoglio per le elezioni regionali. Seguiremo lo spoglio in diretta, e il confronto coi risultati di partiti e coalizioni rispetto alle politiche del febbraio 2013. Aspettiamo imperterriti che qualcuno ci insegni che non si confrontano fagiolini con cavoli, ma purtroppo alle precedenti regionali non esisteva il M5S, non esisteva Scelta Civica, e quindi è difficile confrontare questi risultati con una realtà più diversa di quanto non lo siano fagiolini e cavoli.
ATTENZIONE! Se non uscite dal post, di tanto in tanto fate un "refresh" per avere i dati aggiornati
Ciò che salta immediatamente agli occhi nella presentazione delle liste è la confusione che regna sovrana:
Quindi fra non molto potremo misurare le distanze siderali fra i sondaggi della Ghisleri, quelli della SWG, e i "voti di pietra".
Buon divertimento
Tafanus
Scritto il 18 novembre 2013 alle 14:58 nella Politica | Permalink | Commenti (24)
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Scritto il 18 novembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (11)
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Scritto il 17 novembre 2013 alle 08:01 | Permalink | Commenti (3)
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Recensione del film "LA GABBIA DORATA" (di Angela Laugier)
Titolo originale: La jaula de oro
regia: Diego Quemada-Diez
Principali interpreti:Brandon López, Rodolfo Dominguez, Karen Martínez, Carlos Chajon, Ramón Medína, Héctor Tahuite. -102 min. – Messico 2013
Un racconto bellissimo e disperato sull’emigrazione nel mondo, film-verità che è anche invito a riflettere su di noi, sul senso di ciò che facciamo, sulla vita affannosa e disumana che i ricchi del mondo industrializzato stanno imponendo ai meno fortunati, agli ultimi degli ultimi, disposti a ogni sacrificio per arrivare a essere gli ultimi degli ultimi nelle nostre terre promesse. Il regista messicano Diego Quemada-Diez, alla sua prima opera, ma non nuovo nel mondo del cinema (ha, in passato, collaborato con Ken Loach, Oliver Stone, Alejandro González Iñárritu e Fernando Meirelles), ricostruisce con documentaristica asciuttezza l’emigrazione verso gli Stati Uniti, a piedi, di alcuni ragazzini guatemaltechi: Juan, Samuel e Sara, giovanissima che, sacrificando i suoi lunghi capelli e fasciando strettamente il suo seno nascente, cerca di farsi credere maschio, per sfuggire alle insidie che tutte le donne, giovani, o vecchie, belle o brutte incontrano lungo la strada. Presto si accompagnerà a loro un altro adolescente, Chauk, un indio silenzioso che si esprime solo con la propria lingua e che con parecchia diffidenza, e dopo momenti di forte tensione all’interno del gruppo, verrà accolto. Juan e Chauk, in realtà, si contendono le attenzioni di Sara, di cui Juan conosce il segreto, quasi subito, però, intuito anche da Chauk: impareranno, a loro spese, a far prevalere le ragioni della solidarietà piuttosto che quelle della rivalità. Il percorso avventuroso dovrebbe portarli negli Stati Uniti, a Los Angeles: un nuovo il sogno americano, dunque, seduce i più poveri del mondo, che per sfuggire alla disperazione, immaginano la vita “meravigliosa” che dovrebbe arridere ai loro occhi dopo tanto faticoso spostarsi, fra umiliazioni di ogni tipo, inseguendo treni in corsa per guadagnare qualche chilometro, o affidandosi a camionisti quanto mai infidi, o addirittura diventando inconsapevoli corrieri di droga, dormendo nei tubi destinati alle fognature, che lasciano intravedere un lontano barlume di luce… Il percorso dei ragazzi non è solitario: lungo la loro strada incontreranno migliaia di altri migranti affollati sui tetti dei treni, pigiati nei camion, o nascosti nei boschi, guardinghi, spesso insieme alle loro famiglie, che corrono continui rischi, non diversamente da coloro che, quotidianamente, sbarcano, se riescono ad arrivare vivi, sulle nostre coste. Non dirò altro, perché un po’ di curiosità giova al cinema, soprattutto se si tratta di un film pieno di tensione vera, come questo.
La pellicola, dunque, affronta, raccontando una piccola storia molto documentata, il dramma epocale dei nostri giorni: lo spostarsi di masse sterminate di uomini che continuano ad attraversare i continenti sospinti dalla fame e dalla mancanza di prospettive per il futuro. I protagonisti del film sono giovanissimi attori (premiati a Cannes come Miglior Cast), ma interpretano, magistralmente diretti da Quemada-Diez, i loro difficili ruoli con molta verità, così da suscitare la trepida identificazione degli spettatori. Da vedere e da meditare.
(Angela Laugier)
Scritto il 17 novembre 2013 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Basterebbe quell'ultima frase, riletta dal discorso della famigerata “discesa in campo” del '94. “Noi crediamo nella famiglia, nucleo fondamentale della nostra società...”. Curiosa, se pronunciata con cotanta enfasi dall'uomo delle “cene elganti” di Arcore, due matrimoni finiti alle spalle, una indagine per sfruttamento della prostituzione minorile e una passione (per le minorenni, anche) pubblicamente denunciata dalla ex moglie numero 2 che, dice lei, esasperata dai comportamenti del marito non propriamente consoni a quel tanto decantato valore della famiglia, decise infine di andarsene.
Eppure tutti, in platea, applaudono convinti e obbedienti. E poco importa se quel discorso riletto alla fine è l'emblema del Berlusconi pensiero. Quasi vent'anni a ripetere le stesse frasi, gli stessi slogan, le stesse menzogne puntualmente smentite dall'evidenza dei fatti, e quando erano troppo palesi da essere indifendibili, ecco che lui smentiva se stesso. Di non avere mai detto quello che i filmati raccontavano o non aver dichiarato quello che le agenzie rilanciavano.
I comunisti, i brogli alle elezioni (ah, inciso, tra le varie inchieste a suo carico ce n'è una per la milionaria compravendita dei senatori sì da far cadere il governo Prodi), i giudici politicizzati, la magistratura che come unico obiettivo non ha la sua testa e attenta pericolosamente alla democrazia italica (eppure lui continua a parlare, ad avere ruoli pubblici e ad essere per ora senatore nonostante una condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale). Non a caso annuncia come novità un ritorno all'antico. Forza Italia non nasce, al massimo rinasce. Tutto deve ruotare intorno a poche e antiche certezze. Poco importa che non siano vere.
Ha provato con le sue consuete minacce a evitare la scissione (“ricordi Fini?” ha detto ad Alfano? “chi è contro mi vuole uccidere” ha ribadito oggi) sottoponendosi financo alla ridicola marcia indietro sul voto di sfiducia al governo Letta quando capì che stavolta non c'erano senatori da mercificare e la sua decisione non avrebbe avuto peso politico e lo avrebbe reso ininfluente.
Ci ha messo in più le lacrime, la commozione vera o presunta ma comunque strappa applausi e ammalia-presenti. Lasciando (come sempre) la rabbia, il livore e il desiderio di vendetta (ricordarsi di Fini, di Boffo e compagnia) a quelle che saranno operazioni dirette (o soprattutto indirette) da condurre in altri modi e altri tempi.
(Fonte: Francesco Sangermano - l'Unità)
Mentre da qualche tempo mi sveglio molto presto, stamattina - come per un senso di autofidesa dall'ovvio, mi sono svegliato tardi. Ho acceso la TV, e c'era Isso, che raccontava di certi comunisti cattivi che chiedevano non so cosa ad una famigliola di quattro persone. Genitori, e due figli. Insoddisfatti per la risposta, li hanno ammazzati sparando loro in faccia.
Mi sono riassopito, e quando ho ripreso conoscenza, stava parlando dei 70 milioni di morti ammazzati da Stalin... A memoria me ne risultavano circa 800.000... Il maggior studioso delle purghe staliniane parla di un totale di condanne a morte politiche tra il 1930 e il 1953 di 786.098 persone. Tantissime, ma alquanto meno di 70 milioni... Mi sono riaddormentato.
Al successivo risveglio, stava sproloquiando - indovinate -? dei magistrati brutti, sporchi e cattivi: quelli di Magistratura Democratica. Stava sproloquiando contro "una legge elettorale che ci ha regalato un "parlamenmto di nominati". Immagino che stesse parlando del Porcellum, legge fortemente voluta e imposta da lui,Fini, Casini e Bossi, e promulgata il 23 dicembre 2005.
Poi è passato ad annunciare due grandi novità: la ri-creazione dei "cloeb Forza Italia", e di un esercito di almeno 400.000 "Sentinelle del Voto", presenti in numero di almeno 4 in ogni seggio, per impedire gli abituali brogli delle "sinistre". Infatti Silvio ha calcolato che alle ultime elezioni gli sono stati sottratti non meno di 1.700.000 voti. Come abbia fatto il calcolo, non ci dice...
In prima fila la Pitonessa, a guidare la claque degli uomini in divisa "forzitaglia"(grisaglia grigio fumo di Londra, camicia azzurrina, cravatta simil-Marinella), e di donne "tacco 12" in finto leopardo. Sullo sfondo, i figlioli delle grisaglie e dei tacchi 12.. Quando la "standing Ovation" si discostava dallo spartito, ecco la Pitonessa alzarsi in piedi, iniziare l'applauso, e poi girarsi indignata verso la platea, come a controllare che tutti si associassero.
Il punto di minima si è toccato verso la fine dell'interminabile antologia di cazzate, quando sono iniziate prima la fase "kirieleison" (..."volete voi che"...), e quindi è risuonato il nuovissimoi inno di Forza Italia (il Nuovissimo Partito):
"...efforzaitaglia, noi siamo tantissimi!..."
Poi, all'improvviso, nel mio cuore generoso si è accessa una speranza... è successo quando il commediante ha finto un mancamento da commozione, e dal nulla si è materializzato il solito medico (quello della famosa duomata nei denti, che lasciava Caraceni e camicia senza alcuna macchiolina di sangue...) Per un attimo - ma solo per un attimo, ho sperato... Credo di aver persino recitato a memoria "I have a dream"... Poi il sogno è svanito. Sarà fra diciannove anni, quando Silvio fonderà il Popolo della Libertà - ultima novità politica della prima metà del XXI secolo.
Dal di sotto del leggìo, è emerssa mezza testa di Brunetta, e due manine che si schiaffeggiavano frenetiche, in una sorta di prolungato applauso da coatto. Tutti facevano finta di sorridere, ma circolavano tristi foglietti, coi numeri dei dissidenti: quasi il 30% dei parlamentari del PdL non erano presenti alla fondazione del Nuovo Partito, chiamato Forza Italia.
Tanta fatica (e tanti soldi) per ingaggiare un De Gregorio, uno Scilipoti, un Razzi, e poi ti scappano via "aggratis" 60 parlamentari, e ti ritrovi da Imperatore d'Italia, Monza e Brianza, a fare il "leader" del terzo o quarto partito d'Italia...Non c'è giustizia, in questo mondo!
Tafanus
Scritto il 16 novembre 2013 alle 19:54 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (28)
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