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Scritto il 16 novembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (17)
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Il programma l'Eredità è truccato? Bufera sul quiz condotto da Carlo Conti su Rai1.
A portare alla luce questo dubbio è stata Striscia la Notizia, che in un servizio mostra quanto di strano accaduto. I due concorrenti si affrontano nella 'Scalata', un gioco che consiste nel rispondere a sei domande le cui risposte iniziano tutte per la stessa lettera. Alla prima domanda arriva il 'fattaccio', il concorrente dà la risposta giusta, ma alla domanda successiva. Infatti alla domanda su quale sia il colore fra rosa e lilla, l'uomo risponde Cincillà, che invece è la risposta della domanda numero 2: "roditore dalla pelliccia ricercata". Una coincidenza incredibile, per cui il programma dovrà dare delle spiegazioni. IL VIDEO
Scritto il 15 novembre 2013 alle 17:12 | Permalink | Commenti (7)
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Il candidato alla segreteria Pd annuncia una riunione del gruppo democratico per discutere della mozione di sfiducia. (Fonte: Repubblica)
ROMA - Dopo che altri tabulati telefonici hanno scoperchiato una realtà ben diversa da quella che Annamaria Cancellieri ha raccontato ai pm e al Parlamento in merito ai suoi rapporti con la famiglia Ligresti, il mondo politico prende nuovamente posizione sull'opportunità di dimissioni del ministro della Giustizia.
Il primo a intervenire oggi è Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria del Pd: "Io penso che, alla luce di quello che sta accadendo - spiega durante la trasmissione Coffee break su La7 - sia utile che il ministro stesso con il presidente del Consiglio verifichi se ci sono ancora le condizioni per andare avanti con serenità nel suo ruolo di guardasigilli" [...]
Scritto il 15 novembre 2013 alle 14:43 | Permalink | Commenti (2)
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La leader del Front National svela la sua strategia elettorale per il voto di maggio. Con un appello agli euroscettici d'Italia. (colloquio con Marine Le Pen di Alessandra Bianchi - l'Espresso)
"L'Italia è un punto interrogativo. E io sto aspettando di vedere come saranno redistribuite le carte". Già, il nostro Paese, politicamente parlando, è un enigma anche per Marine Le Pen, 46 anni, leader del Front National. Che sarebbe poi il partito di estrema destra, ma lei, proseguendo nell'opera di ripulitura e modernizzazione per togliersi la pesante etichetta ereditata dal padre e guadagnare consensi (i sondaggi le accreditano il 24 per cento, primo partito di Francia), si sta riposizionando: «Non siamo né di destra né di sinistra». È comunque a destra che guarda in Italia, come vedremo, per cercare alleati in vista di un progetto che mira a creare un gruppo euroscettico all'intero del Parlamento europeo dopo le elezioni di maggio.
Di tutto ciò parla con "l'Espresso", in questa intervista concessa nel suo ufficio di Nanterre, appena fuori Parigi [...]
Marine Le Pen, perché l'Italia è un punto interrogativo per lei?
«Vista dall'estero non è facile capire la vostra situazione. Che è poco chiara».
È sembrato a un certo punto che lei corteggiasse il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.
«Mi era stato chiesto: "Se il signor Grillo volesse incontrarla, lei accetterebbe?". Io accetto di incontrare chiunque. Tutto qui».
Glielo hanno chiesto perché si possono vedere punti in comune tra i vostri programmi.
«Ci accomuna il fatto positivo che entrambi ci opponiamo all'euro. E non entro nel merito della politica locale, ma la mia impressione è che Beppe Grillo abbia difficoltà a proporre un'offerta globale coerente per quello che riguarda la politica europea. Che non abbia un progetto insomma. E che le sue siano idee lanciate così. Eleggerà dei deputati europei e allora forse mostrerà se esiste un discorso strutturato in questo ambito».
Ma al di là dell'Europa come considera Grillo?
Detesto il settarismo, i pregiudizi e i processi alle intenzioni. Il signor Grillo tende a utilizzare questi metodi nei confronti degli altri».
E cosa pensa delle traversie della Lega Nord, storico vostro partner?
«La Lega deve eleggere il nuovo segretario. Seguiremo da vicino come evolve la situazione e che posizioni prenderanno sull'Europa. E poi c'è il futuro del partito di Berlisconi...».
Dal quale cosa si aspetta?
«Berlusconi è stato un difensore accanito dell'Unione europea e dell'euro. Quando sono venuta in Italia per partecipare a un dibattito con Daniela Santanché, non c'era un solo movimento che fosse contrario all'euro in Italia. Due anni dopo molto è cambiato e ci sono molti euroscettici. Come si distribuiranno? In quali movimenti politici si identificheranno? Il partito di Berlusconi resisterà? Chi lo dirigerà? Troppe domande. Ecco perché siamo in posizione di attesa nei confronti dell'Italia».
L'Italia è tuttavia solo un tassello. Qual è la sua strategia per "conquistare l'Europa" assieme a Geert Wilders, il leader dell'estrema destra olandese, con cui vi siete già confrontati?
«Parlare, riunirsi e trovare un accordo per una piattaforma sulle grandi idee fondamentali con chi ci sta. Con un certo numero di partiti condividiamo principi e critiche sul funzionamento dell'Europa e la necessità di cambiare certi trattati. Su questa base si può costituire un gruppo parlamentare».
Chi sono i possibili alleati?
«L'Fpo austriaco (gli eredi di Haider, ndr.), i democratici svedesi, Wilders. Potrebbe esserlo anche l'Ukip, il Partito per l'Indipendenza del Regno Unito, di Nigel Farage se non avesse così paura della "diabolisation" con cui qualcuno ancora ci dipinge. L'Ukip ha un comportamento un po' puerile perché è una formazione giovane e subisce la pressione del sistema».
Con chi invece esclude rapporti?
«Con Alba Dorata greca, ad esempio. Condanno i loro metodi, non abbiamo la stessa visione. E anche con l'ungherese Jobbik».
Che risultati si aspetta alle europee?
«Mi aspetto molto, un vero choc politico, una presa di coscienza su cosa è diventata la Ue. Mi aspetto che i movimenti patriottici come il nostro ottengano eccellenti risultati per riorientare in modo radicale la politica economica e sociale. Se arriviamo con numeri massicci al Parlamento europeo cambieremo questa specie di "consenso molle" .Tutti criticano l'Europa, ora, dimenticando che questa Europa è il loro bebé: lo hanno messo al mondo, lo hanno cresciuto, educato e ora più nessuno ne è responsabile. Credo che il futuro passerà per il ritorno alle nazioni».
Lei ha detto: «La Ue crollerebbe come l'Unione Sovietica se dentro il Parlamento ci fosse un forte numero di euroscettici».
«Questa grande macchina è difficilmente migliorabile visto che è tenuta da un filo, l'euro. È solo per salvare la moneta che si forza un'unione politica che nessuno vuole. Visto che l'euro è destinato a sparire, spero solo che sia smantellato in modo intelligente, senza farlo esplodere con tutti i rischi economici che comporterebbe. A quel punto partiremo con basi nuove e costruiremo un'Europa libera di nazioni sovrane, di cooperazione. L'Europa di Airbus o di Ariane, i soli progetti che hanno funzionato. E dell'Erasmus. Il resto è da ricostruire» [...]
Fra quali categorie avete più elettori?
«Siamo il primo partito tra gli operai, ma non è una novità. Poi i giovani e le persone attive. Siamo talmente in alto che arriviamo primi o secondi in molte categorie. Abbiamo ancora un leggero deficit tra coloro che hanno fatto "studi alti"e tra le persone anziane ma lo stiamo riducendo in modo spettacolare al punto che il ministro della Terza Età (Michèle Delaunay ndr.) ha scritto una nota all'Eliseo: "Attenzione le persone anziane stanno scegliendo il Front National"».
Secondo i sondaggi, il suo partito è il primo in Francia. Come è riuscita a convincere i francesi che non siete "pericolosi"?
«Innanzitutto perché i francesi hanno una capacità di giudizio. Hanno visto che su molti temi il Fn aveva fatto una buona diagnosi. Si sono anche resi conto che siamo diversi dagli altri movimenti politici, sempre intenti ad accapigliarsi e dove si combattono battaglie per l'ego e per le poltrone. Mentre noi continuiamo a batterci per difendere i dimenticati e parlare delle vere preoccupazioni dei francesi».
La svolta è stata il suo progetto di "dédiabolisation", cioè l'operazione per rendere appetibile ai moderati, non più "diabolico" appunto, il partito?
«La "diabolisation" è stata una grande ingiustizia fatta al Fn. Gli si dava un'immagine "criminale" con lo scopo di tenere lontani gli elettori. Ma ora non funziona più, perché, ancora una volta, i francesi giudicano i risultati. In un tempo molto ridotto hanno avuto Nicolas Sarkozy e subito dopo François Hollande con gli stessi penosi risultati. Questa prossimità tra destra e sinistra ha fatto prendere coscienza che il vero progetto alternativo ai partiti del sistema europeista è il partito patriottico cioè noi».
Il caso Leonarda, la studentessa rom kosovara espulsa dal Paese, ha riportato all'attenzione un tema a voi caro che è quello della lotta all'immigrazione. E ha diviso i francesi.
«Non direi diviso. I più erano per Leonarda e la sua famiglia fuori dalla Francia. Credo abbia soprattutto mostrato il solco che esiste tra il governo e l'immensa maggioranza dei francesi e ha permesso di mettere in luce la deriva di un sistema che ha permesso a questa famiglia, che non ha rispettato nessuna regola, di vivere da cinque anni sulle spalle dei cittadini francesi. Una famiglia che ha esaurito otto ricorsi e che è costata 600 mila euro ai cittadini! In questa storia ci sono tutti i simboli: l'inganno, l'indecisione assoluta della direzione politica del Paese, l'indecenza della presa in carico dei clandestini senza pretendere in cambio un comportamento adeguato. Quando la Francia soffre e la disoccupazione aumenta».
Il ministro dell'Interno Manuel Valls, socialista, ha sposato la linea dura.
«Il software è stato aggiornato ma c'è lo stesso baco. Fa come Sarkozy. Parla, parla, mostra i suoi muscoli ma la realtà è che ci sono sempre più immigrazione e segnali inviati al mondo intero che la Francia resta il Paese più attraente e più accogliente».
Ma la Francia per tradizione, anche culturale, è un Paese accogliente.
«Quale tradizione? Non è in nome della tradizione che possiamo accogliere tutte le miserie del mondo. Oggi il concetto di diritto d'asilo è stato tradito e le richieste su questo presupposto sono aumentate del 75 percento. Per definizione il diritto d'asilo lo si chiede quando si è perseguitati dal proprio governo. Non dovremmo neanche prendere in considerazione le direttive europee. È bello essere generosi ma quando se ne hanno i mezzi. Quando si hanno cinque milioni di disoccupati e nove milioni di poveri, la priorità è rispondere alle urgenze del proprio popolo».
Due anni fa lei è stata a Lampedusa. Alla luce dell'ultima grande tragedia avvenuta in mare, quali sono le sue considerazioni?
«Che avevo ragione. Quando ci sono andata dissi che chi lancia il segnale che bisogna tentare la sorte per arrivare in Europa, porterà la responsabilità morale dei futuri drammi. Bisogna fare il contrario: non dare speranze ai clandestini e farli tornare nei Paesi d'origine in sicurezza. Oggi assistiamo alla conseguenza di questo incredibile lassismo».
Il ministro della Giustizia Christiane Taubira, nera, ha denunciato di essere da tempo vittima di insulti razzisti. La Francia è razzista?
«La Francia è il Paese meno razzista del mondo. Che ci sia una persona colpevole di insulti razzisti, questo può succedere ovunque e deve essere subito punito, cosa che è del resto stata fatta. Ma succede a tutti i partiti. Quando si è responsabili politici si è soggetti a insulti, però non stiamo a fare le vittime, siamo qui per lavorare. E domandiamo alla signora Taubira di occuparsi della giustizia che in Francia è un enorme problema, invece di strumentalizzare un fatto di cronaca».
Si consulta sempre con suo padre Jean-Marie?
«Ha diretto per 40 anni il Fn Parliamo spesso anche se non sempre siamo d'accordo. Ma perché privarsi del parere di qualcuno che conosce così bene la casa?» [...]
Scritto il 15 novembre 2013 alle 13:44 nella Politica, Razzismo | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 15 novembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (7)
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Anche se Mentana non ci crede (neanch'io ci credo), con sprezzo del ridicolo, il Bischero di Frignano si fa riprendere mentre digita a velocità supersonica, usando 12 dita, sulla tastiera del PC, in chat cogli elettori. Le dita più veloci del pensiero, digitano a mitraglia. Gli occhi guardano non alla tastiera ma allo schermo. Parla, guarda lo schermo, digita... anzi, dodecadigita. Un fenomeno.
Mai visto niente di simile neanche alle Camere, guardando le bravissime e superpagate stenotipiste. Matteo, se dovesse finire rottamato, avrebbe comunque un grande futuro come stenotipista.
Guardate il video, e ditemi se Renzi non è - anche come dattolografa - (oltre che come sindaco, inauguratore di fontanelli e "Bravo Presentatore") un vero fenomeno della natura...
Scritto il 14 novembre 2013 alle 14:02 | Permalink | Commenti (15)
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Nel 2010 il centro-sinistra si è presentanto con una sbobba di partiti incommestibile, che andava dal PD ai dipietristi, ai casinisti, ai popolari, ai desaparecidos rutelliani, a Sel, alla sinistra-sinistra. Non c'era Grillo, c'erano insieme a Berlusconi le solite liste autonomiste di matrice sicula, e c'era il superfluo Cristiano Magdi Allam
Liste del 2013
Nel 2013 la confusione regna di nuovo sovrana. Il centro-sinistra imbarca di nuovo gli impresentabili dipietristi (ma perchè dar loro una ciambella di salvataggio???), un non meglio identificato "Centro Democratico" che non ha niente a che vedere coi montiani (i quali, tanto per farci capire bene chi erano, si presentano insieme a Berlusconi, Lombardo, La Russa, Casini e con l'inutile MIR - Moderati in Rivoluzione).
Nichi Svendola si presenterà da solo, non andrà da nessuna parte, ma "salverà l'identità".
Candidato Presidente per il centro-sinistra sarà il fratello del candidato alle primarie per la segreteria, Pittella. Una famiglia in carriera. Domenica e lunedì si vota. Ma non si poteva votare solo domenica, come da impegni governnativi per le prossime politiche?
Tafanus
Scritto il 14 novembre 2013 alle 11:01 nella Politica | Permalink | Commenti (7)
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Scritto il 14 novembre 2013 alle 00:01 | Permalink | Commenti (4)
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La settimana scorsa, quando all'esordio a Wall Street la ggente si strappava di mano le azioni di Twitter a più di 50 dollari, siamo stati facili profeti nel prevedere lo "sboom"...
A 5 giorni dalla quotazione, ciò che non si trovava a 50$, ieri si trovava a 39, e oggi faticava a tenere i 42, con qualche aiutino... Ci rivediamo fra un mesetto?
Scritto il 13 novembre 2013 alle 20:10 | Permalink | Commenti (0)
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Questa la notizia, che in poche ore ha fatto più volte il giro d'Italia
Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo "inzuppato il biscotto", su facebook, con lo "stato" di cui alleghiamo lo screen-shot:
Ci sono voluti ben 27 (VENTISETTE) commenti di grillini di varia qultura, prima che qualcuno la avvertisse... I primi 26 commentatori non avevano notato niente che non tornasse. Ora la Sena Trice ha provveduto a correggere il suo stato, ma la frittata è fatta...
Ma Sara è una tosta... la colpa non è sua, né del bajon... Questa volta è colpa di un Ipad, evidentemente corrotto da quelli del PdL o del PD-L, che hanno tramato per farle fare una figura di merda... Quando la toppa è peggiore del buso...
Firmato: Taf Anus
Scritto il 13 novembre 2013 alle 18:47 | Permalink | Commenti (12)
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Scritto il 13 novembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (4)
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Stefano Balassone
Scritto il 12 novembre 2013 alle 15:42 nella Media , Politica | Permalink | Commenti (10)
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Comincio con il ricordare che il Pd è un bene di tutti e che i congressi finiscono. Devono servire a chiarire le posizioni e poi si torna a lavorare insieme. Il 27 novembre il Senato voterà la decadenza di Berlusconi, ci presenteremo uniti e sarà un passaggio storico. Quanto accade acuisce e accelera la crisi della destra italiana, è aperto il tema del “cosa fare dopo Berlusconi” e più ripetono che lui è il leader più in realtà sanno che non è così. Scelta Civica praticamente non esiste più e tutto il quadro politico è in movimento. Sono convinta che chi rimane unito vince.
Eppur ci tocca contarci, affrontare il congresso, chiarirci sui contenuti e quindi oggi di questo scrivo anche se dovrei pure parlarvi di legge di stabilità, reddito minimo, pensioni.
Una premessa: stiamo scegliendo il segretario del Pd e NON il candidato leader alle elezioni. Non torno sulla discussione su questo punto, come la penso è noto, ma ricordavo in questi giorni che abbiamo vinto solo quando abbiamo candidato Prodi e non chi era in quel momento il segretario del partito. Forse non vale sempre, ma comunque è un fatto su cui riflettere.
Perché con Cuperlo.
Per coerenza. Per le stesse ragioni per cui votai Bersani, ragioni di merito.
Dice Naomi Klein [giornalista canadese pluripremiata. È autrice del famoso saggio “No Logo” che tratta delle pratiche aziendali delle multinazionali nei paesi in via di sviluppo, viene considerato il manifesto del movimento no-global e poi di “Shock economy” che prevedeva la crisi globale]: “Coloro che si oppongono al welfare state non sprecano mai una buona crisi”. Di fronte alla crisi, in tutti i paesi la ricetta di destra è il taglio del welfare (pensioni, sanità, assistenza); la sinistra sceglie di seguire Keynes e di investire, e in Italia deve lottare contro l’evasione e la corruzione, vere cause del debito, e contro la forza della burocrazia che tutto ha ingessato e rende impossibile qualsiasi investimento produttivo. Come ha detto Cuperlo: “Noi non siamo il volto buono della destra. Noi siamo la sinistra“.
E allora, se ho davanti a me un gestore di grandi fondi di investimento gli chiedo il perché della crisi che ha colpito l’economia globale dal 2008 ad oggi, se è possibile fermare la costruzione infinita di derivati, di contratti uno sopra l’altro come castelli di carta dove si scommette persino su quanto vivrà il pensionato che ti ha ceduto la nuda proprietà (come ci ha fatto vedere la Gabanelli nel programma tv Report). Gli chiedo se è possibile un’etica anche per la finanza. E se invece parla di pensioni come Davide Serra alla Leopolda, non posso fare a meno di pensare che gli interessi un sistema dove la pensione è la polizza assicurativa sulla quale si può costruire una torre di derivati.
E questa insistenza per intervenire sulle pensioni di bronzo (sei volte il minimo pari a 2.886 euro lordi e non quelle d’oro sulle quali la legge di stabilità prevede un contributo di equità), che mette i figli contro i padri per non far vedere loro chi veramente gli ha rubato il futuro, mi indigna.
I pensionati e i pensionandi hanno già dato con la riforma della Fornero, che ha permesso e permetterà fino a 80 miliardi di risparmi. Renzi ha detto da Santoro che si può togliere la pensione di reversibilità alle vedove. Cosa viene in tasca al nipote? Nulla se non un ulteriore carico di cura, perché è nelle famiglie la prima solidarietà tra generazioni.
Condivido con Cuperlo l’idea che il Pd sia un partito dove gli iscritti devono poter contare almeno quanto gli aderenti al blog di Grillo (avrete notato che il M5S interpella solo gli iscritti). E come la democrazia non si esaurisce il giorno del voto, così le scelte del Pd non possono esaurirsi con le primarie senza altre discussioni, senza studio, senza rapporti paritari e non succubi con le organizzazioni intermedie.
Riprendo dalla mozione di Cuperlo: “Noi sosteniamo Enrico Letta con lealtà e autonomia. Ma la nostra responsabilità è incalzare il governo sul lavoro, la lotta alle povertà, l’equità nello sviluppo. Altre elezioni politiche dall’esito nullo rischierebbero di delegittimare lo stesso edificio costituzionale. Sappiamo che il governo non continuerà a ogni costo e che il suo orizzonte temporale è la conclusione del semestre italiano di presidenza europea.
L’orizzonte politico del Pd non sono le larghe intese, né un neo‐centrismo, e neppure il sogno dell’autosufficienza. Lavoriamo per una moderna democrazia dell’alternanza, fondata su grandi partiti di tipo europeo. Obiettivo delle riforme è rafforzare la Costituzione, non certo indebolirla. La Costituzione va cambiata, come ho già scritto, per farla finita con due Camere che fanno la stessa cosa, ma rimango contraria a soluzioni presidenzialiste che rischiano di spingerci verso esiti populisti. La stessa proposta del sindaco d’Italia si inserisce nel solco di quel presidenzialismo che non è la risposta ai nostri problemi. Molti Paesi europei dimostrano come le forme di governo parlamentare non ostacolano governi forti e leadership autorevoli. La premessa irrinunciabile delle riforme è comunque una legge elettorale che cancelli la vergogna del Porcellum. Noi continueremo a batterci per il maggioritario a doppio turno di collegio. Ma con le vecchie regole non si deve più votare. L’ipotesi di una riforma che preveda il ballottaggio eventuale tra i due partiti, o coalizioni, meglio piazzati al primo turno è un buon terreno di lavoro, ma chi vuole votare con un’altra legge sa che ORA si deve trovare l’accordo con gli altri o al Senato ci mancheranno i numeri”.
Insomma ci sono molte coincidenze tra la proposta di Cuperlo e quanto io penso e dico da tempo. Aggiungo che considero la sua candidatura l’unica veramente alternativa a Renzi e mi auguro che trovi un largo consenso.
Scritto il 12 novembre 2013 alle 11:38 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (20)
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Scritto il 11 novembre 2013 alle 23:57 | Permalink | Commenti (7)
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Un sondaggio parziale che sembra la realtà - A guardare la tv e a leggere i giornali, più che un sondaggio sembra un mantra: “Renzi 65% Cuperlo 19% Civati 13% Pittella 3%”. Cifre identiche a se stesse da oltre un mese, qualsiasi cosa accada e qualsiasi iniziativa prendano, o errori commettano, i vari candidati alle primarie del PD. Sembra così vero che ormai ci crediamo tutti, lo consideriamo un dato acclarato e scontato.
E come tutti i dati scontati, il vero rischio è che accada per davvero, riducendo sia la partecipazione al voto delle primarie sia la convinzione dei tanti militanti di poter fare una campagna vera e autentica sui contenuti.
Il secondo rischio è che si ripeta un po’ quella strana cosa che avvenne nel 2000 in Florida, per cui l’assegnazione da parte della Fox dello stato a Bush annullò di fatto il voto vero, che avrebbe scritto una storia differente; lo hanno attestato i tanti riconteggi e lo ha confermato il fatto che il direttore delle news della Fox in Florida era (casualmente) il cugino di George W.
Allora io, che non mi faccio mai i fattacci miei, sono andato a ripescarmi la fonte di questo sondaggio. Risale a oltre un mese fa, e riguarda l’orientamento di voto addirittura prima che si sciogliesse il nodo delle regole e delle date del congresso. Peccato però che in quei dati – che all’epoca erano reali oltre che realistici – c’era molto altro.
In quel sondaggio ad esempio c’era scritto che quella proiezione (Renzi 65% Cuperlo 19% Civati 13% Pittella 3%) era calcolata solo sul 22% degli intervistati. E già questo dato deve fare riflettere: 1 elettore del centrosinistra su 5 aveva espresso quel gradimento… e gli altri 4?
I numeri sono molto interessanti. Il 25% – ovvero 1 su 4 – non sapeva nemmeno se sarebbe andato a votare alle primarie (se e quando ci sarebbero state). Il 24% di quel campione – ovvero un altro elettore su 4 – ha dichiarato di essere certo che si sarebbe recato a votare alle primarie ma di non sapere ancora per chi. Il dato poi più interessante è che il 14% di quel campione – ripeto, intervistato nelle prime due settimane di settembre – dichiarava chiaramente che “la sua scelta sarebbe dipesa dal web e dagli amici, perché giornali e televisioni sono chiaramente schierati”.
Perché il web pesa così tanto? - I recenti dati del Censis (giugno 2013) dicono che i social media possono condizionare direttamente il comportamento di voto di una quota molto limitata di italiani, circa il 7%. C’è un 43% (+25% in quattro anni) che dichiara che la sua socializzazione politica, cioè il reperimento delle informazioni utili a prendere una decisione elettorale, è determinata dalle relazioni con i “pari”, ossia parenti, amici e conoscenti.
Il web pesa circa il 7% dei voti. Questo in uno scenario normale. In uno scenario mediamente orientato sull’antipolitica il web sale,
perché la sua forma di comunicazione raggiunge con forza quelle fasce
orientate “a non leggere i giornali o guardare la tv”, visti come
strumento precondizionato e preorientato.
Orientativamente parliamo di un 12% reale, misurato per difetto.
Ma c’è di più. In elezioni “di parte” – come possono essere primarie aperte, campagne tematiche referendarie, consultazioni locali – il web pesa di suo il doppio della quota elettorale generale. Si va quindi da una capacità di orientare (per difetto) il 12% dell’elettorato a una quota (per difetto) del 25%. Questa forbice è così ampia perché normalmente a questo tipo di consultazioni partecipa maggiormente la parte più informatizzata e attiva della popolazione – fascia 18-50 anni – mentre nelle consultazioni elettorali la fascia più attiva è quella 25-60 anni.
Inoltre la fascia più giovane è tendenzialmente quella più ricca di attivisti, che non solo alimentano la partecipazione e la polarizzazione, ma sono anche quelli più capaci di aggregare e organizzare un proprio gruppo di opinione.
Verso il voto del 17 novembre - Con le dinamiche congressuali locali si sta assistendo ad un accaparramento di piccole vittorie da parte dei due maggiori candidati, Renzi e Cuperlo. Se da una parte Renzi dichiara che “il voto che conta è quello popolare dell’8 dicembre”, contraddicendo questa linea “insegue” nella formulazione di dati parziali ed approssimativi per cercare di arginare una sconfitta nel voto “tra gli iscritti”. Ogni giorno assistiamo a nuove somme algebriche di improbabili accostamenti tra Comuni che vedono l’uno in testa all’altro con svariati punti percentuali.
Se contasse solo il voto dell’8 dicembre, perché questa bagarre? Perché chiunque vinca sa bene che un partito non lo si governa e – speriamo tutti – ammoderna “dal vertice”, ma con il contributo fattivo di tutte le esperienze territoriali.
La proiezione – al momento – è che 2 segretari provinciali su 3 siano con Cuperlo, ovvero hanno dichiarato prima e dopo la loro elezione di riconoscersi in quella proposta di segreteria. C’è da dire che spesso sia i candidati esplicitamente con Renzi che quelli esplicitamente con Cuperlo hanno beneficiato dell’appoggio degli elettori di Pittella e Civati che hanno preferito candidature unitarie ad alternative proprie – questo per dire che sarebbe assolutamente sbagliato considerare ad esempio Civati (che ha vaste aree di consenso trasversale) fuori dal partito o dalla partita.
Ma la vera ragione di questo inseguimento da parte di Renzi (che se davvero fosse favorito, perché dovrebbe rincorrere?) sta nel fatto che sa bene che un risultato per lui deludente all’interno del partito il 17 – quando tutti i circoli voteranno i segretari tra gli iscritti – sarebbe un duro colpo all’effetto immagine di leader indiscusso e del suo risultato “già scritto”. Un risultato utile forte per altri candidati potrebbe finalmente “smuovere” le carte in tavola, dando fiducia a chi si dovesse considerare perdente o seminando dubbi tra chi si considera già con la vittoria in tasca.
Cosa peserà sul voto dell’8 dicembre - La sfida – per tutti – è quella dell’8 dicembre. Lontane le possibilità
che si ripeta un’affluenza come quella di un anno fa che ha superato i
tre milioni di partecipanti, si punta – ed è un risultato utile e
nell’interesse di tutto il partito democratico e di chiunque ne diverrà
segretario – almeno ai due milioni. La forbice è apertissima al di là dei sondaggi.
Ci sono ancora un 1 elettore su quattro da convincere ad andare a
votare e 1 altro elettore su quattro cui far scegliere il migliore
candidato possibile – è bene ricordarlo – per la segreteria e la guida
del partito (non si sta scegliendo il più accattivante, il migliore a
parlare in pubblico, e nemmeno il candidato premier).
Il 14% di
questi elettori non sceglierà grazie a trasmissioni televisive, a
dibattiti, a interviste sui giornali, ma prevalentemente tramite il
confronto con amici, familiari, web, gruppi di discussione, blog e
social network.
Chi vincerà quindi sarà colui che – comunque vada – in queste settimane avrà attuato la migliore comunicazione diretta, sul web, attraverso l’incontro diretto con gli elettori, mettendoci la faccia e la persona, e forse anche mettendo un po’ da parte gli slogan.
Del resto, nella tradizione storica dei grandi partiti di massa, anche quando internet non esisteva, i segretari di partito, voluti e amati, erano quelli che avevano anche il miglior rapporto con “il proprio popolo” – e forse questo è un valore da riscoprire.
Postilla – La psicosi dei numeri sul web - La psicosi dei numeri sul web riguarda il pd, oggi, perché il partito democratico è l’unico che fa primarie. Riguarda tutti i politici, indistintamente, e ancor più se possibile quelli “leaderistici”, come pdl e m5s.
L’idea che nel web contino i numeri – intesi come follower o fan – e non la vitalità, la partecipazione, l’interazione.
L’idea che un leader debba avere “necessariamente” migliaia su migliaia
di follower e che questo in sé significhi avere anche seguito,
consenso, credibilità.
Un’idea creata spesso dagli spin doctor della
“politica fallica”, cresciuti nelle varie guerriglie digitali, convinti
che “quel mondo” sia anche “il mondo”. Se poi approfondiamo, quelle
decine e centinaia di migliaia di follower su twitter, sono botnet e
fake comprati a pochi euro per fare numero. Poi si scopre che dietro queste gran cifre c’è il nulla, e politicamente la cosa ti si ritorce contro come un boomerang. È il caso di Grillo e di Renzi, che non arrivano al 10% di follower reali vivi e attivi. Ma sono solo la punta dell’iceberg di una lunga lista che di certo non brilla per autenticità.
Non sono da meno le pagine fan cresciute in pochi mesi a dismisura, spesso spendendo cifre enormi che accrescono solo il valore (per facebook) di chi si incarica di acquistarli con le inserzioni sponsorizzate (spesso le agenzie di comunicazione): la domanda è “che te ne fai di tanti seguaci se poi le interazioni non esitono”?
CLAMOROSO! - Nel caso di twitter, in casa pd questa è la classifica – dal migliore al “peggiore”:
Se esaminiamo i dati delle pagine Facebook dei candidati abbiamo lo stesso posizionamento:
Come detto prima, è vero, il web conta, ed ha una forte capacità di spostare consensi e organizzare le persone. Nondimeno la tendenza è considerare che “la rete” sia quell’insieme ristretto di gruppi e contatti e blog che leggiamo e frequentiamo noi, trascurando tutto il resto, che invece è più vivo, e forse più vero, dei vari micromondi. Proprio per questo sarebbe bene non fermarsi al proprio orticello, uscire, leggere, capire, semmai anche ascoltare e interloquire, e non lasciarsi trasportare dalla psicosi – spesso maniacale – dei grandi numeri che in molti casi coprono un gran vuoto.
Convincere o auto convincersi che i follower o i fan della “piazza virtuale” siano in sé reali e si traducano in voti, è come quando nella “piazza analogica” si diceva “piazze piene urne vuote”.
Questo vale oggi in questa competizione per le primarie del partito democratico, vale domani e sempre per la partecipazione democratica nella democrazia reale, anche nell’era digitale.
(Fonte: Michele Di Salvo - l'Unità) (Ringrazio maria per la segnalazione)
A questo punto, vale forse la pena di confrontare il sondaggino online del Tafanus al superamento dei 1000 rispondenti, con quello di oggi (superati i 1400 rispondenti). Le cifre in percentuale si sono ovviamente abbastanza stabilizzate, ma estrapolando non noiose operazioni i dati dei primi 1000 votanti con quelli degli ultimi 400, qualche indicazione interessante emerge...
Vediamo l'evoluzione dell'ultimo mese (cioè fra i primi 1008 voti e i 1400 di oggi, per differenza):
VOTAVANO PD, MA PASSANO AD altri di CSX:
VOTAVANO PD, E CONTINUANO A VOTARE PD:
VOTAVANO PD MA PASSANO A CDX, M5S, ASTENSIONE:
VOTAVANO CDX, M5S, SI ASTENEVANO, E PASSANO AL PD:
Ad occhio, non mi sembra un grande apporto, quello del renzismo (almeno nel sub-campione fatto prevalentemente di simpatizzanti di CSX che frequentano questo blog). Sui singoli parametri, ognuno faccia le proprie considerazioni.
Tafanus
Scritto il 11 novembre 2013 alle 20:51 | Permalink | Commenti (1)
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Scritto il 11 novembre 2013 alle 01:07 | Permalink | Commenti (30)
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I primi della classe stanno per finire dietro la lavagna. Mercoledì prossimo la Commissione europea, dovrebbe criticare pesantemente la Germania e prospettare addirittura l’apertura di un procedimento per punire lo squilibrio della sua bilancia commerciale. Cioè per aver esportato troppo e importato troppo poco. La notizia è filtrata da Bruxelles e non ha nulla di ufficiale, ma è bastata a mettere in forte allarme la cancelleria sulla Sprea e i ministeri dell’Economia e della Finanza, che starebbero già predisponendo gli argomenti per contrastare l’iniziativa dell’esecutivo comunitario. Questa si configurerebbe in un richiamo tassativo al governo tedesco a rientrare sotto il tetto del 6% di eccedenza dell’export sulle importazioni che è fissato come il massimo sopportabile dalle regole del «Six Pack», lo strumento che dal novembre 2011 fissa i criteri macroeconomici per il rispetto del Patto di Stabilità.
Per una sorta di ironia della storia la Germania verrebbe punita proprio in ragione di uno degli strumenti di disciplina di bilancio che essa stessa tanto ha insistito perché venissero imposti dalle autorità di Bruxelles. Le quali – va detto anche questo – furono a suo tempo molto «generose» fissando la soglia insuperabile a un livello molto alto (il 6%) proprio per favorire Berlino. Per gli stati con problemi di bilancio più acuti il tetto è infatti fissato al 4%. Se la Germania non ottemperasse all’ingiunzione in un lasso di tempo determinato (forse tre mesi), le verrebbe comminata una multa il cui ammontare potrebbe variare tra lo 0,1 e lo 0,5 per mille del Pil (che è intorno ai 3.400 miliardi di euro).
Il rientro non sarebbe né facile né indolore: secondo Eurostat nel 2012 le eccedenze tedesche hanno superato ampiamente il 7% e sarebbero ancora in forte crescita, incrementando lo squilibrio con gli altri paesi dell’Unione e insidiando la stabilità dell’Eurozona. I dati diffusi dall’istituto statistico tedesco segnalano che nello scorso mese di settembre, nonostante gli inviti al riequilibrio che partono da Bruxelles ormai da molti mesi, le esportazioni hanno superato le importazioni per ben 20,4 miliardi di euro: un record assoluto che ha sollevato giustificati allarmi nelle altre cancellerie.
L’iniziativa della Commissione, che è stata preceduta dai moniti del Fondo Monetario, dalle critiche, molto aspre, del Tesoro americano e da una esplicita presa di posizione del commissario agli Affari economici Olli Rehn, rischia di aprire forti contrasti, a Berlino e dintorni, tra chi riconosce la necessità di cambiare, almeno in parte e almeno gradualmente, la politica economica sforzandosi di ridurre il gap di competitività tra le prestazioni tedesche e quelle degli altri paesi dell’Eurozona e chi, sull’altro fronte, respinge al mittente tutte le critiche. Ieri, nelle prime reazioni che si sono potute cogliere alle indiscrezioni che filtravano dalla Commissione Ue erano prevalenti le ragioni dei secondi.
Particolarmente duri sarebbero i toni di un documento interno del ministero dell’Economia, retto ancora dal liberale ultraliberista Philipp Rössler, nel quale si respingerebbero le critiche come «assolutamente inaccettabili». I funzionari del ministero, secondo quanto ne riferisce il sito on-line del quotidiano Die Welt, si farebbero forti di uno studio del Fmi nel quale si sostiene che le cause del surplus tedesco vanno ricercate nelle «carenze dei partner in materia di fisco e di politiche strutturali». Insomma: la Germania sarebbe troppo forte solo perché gli altri paesi sono troppo deboli. Sarà utile però ricordare che proprio dal Fondo monetario è venuta, nelle settimane scorse, la raccomandazione ai tedeschi a non esagerare con le esportazioni e con la compressione del mercato interno. I critici-critici del ministero dell’Economia si farebbero forti di un altro argomento: se la Germania dovesse aumentare il suo indebitamento per abbattere il surplus «metterebbe in gioco» la sua credibilità finanziaria e perciò stesso minaccerebbe la stabilità dell’Eurozona.
I toni sarebbero un po’ più morbidi al ministero delle Finanze, dove comunque insisterebbero sul fatto che l’export tedesco continua, sì, a crescere, ma a tassi inferiori alla crescita media mondiale. Un argomento che non tiene evidentemente conto degli effetti, ben più pesanti e destabilizzanti, che il gap di competitività non può non avere all’interno di un’area ristretta e coperta da un’unica moneta come quella dell’euro.
Gli argomenti iperliberisti dei liberali, che però sono stati sconfitti alle elezioni e perderanno presto l’influenza politica che ancora mantengono, sono sostenuti da larghi strati della Confindustria, di cui alcuni esponenti fanno notare che la forza delle esportazioni tedesche non è determinata né dai bassi salari né dall’atteggiamento troppo disciplinato delle finanze pubbliche, ma dalla forza competitiva dell’industria tedesca e dal fascino mondiale del «made in Germany». Si vedrà nelle prossime settimane quanto questo fronte sarà in grado di tener testa alle richieste, sempre più pressanti, per un cambiamento dell’indirizzo della politica economica di Berlino. Il primo banco di prova sono le difficili trattative in corso per la formazione della große Koalition.
Scritto il 10 novembre 2013 alle 17:55 nella Economia, Politica | Permalink | Commenti (1)
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Recensione del fiolm "Miss Violence" (di Angela Laugier)
Regia: Alexandros Avranas
Principali interpreti: Themis Panou, Rena Pittaki, Eleni Roussinou, Sissy Toumasi, Kalliopi Zontanou, Constantinos Athanasiades, Chloe Bolota, Maria Skoula, Giorgos Gerontidakis, Maria Kallimani, Anna Koutsaftiki, Rafika Chawishe, Stefanos Kosmidis, Christos Loulis
– 99 min. – Grecia 2013.
Le prime scene del film ci immettono subito nel cuore del racconto con l’agghiacciante immagine della bimba undicenne, Angeliki, che, dopo aver spento le candeline sulla torta del proprio compleanno, scavalca la ringhiera del balcone e si butta nel cortile morendo all’istante. Gli spettatori che, dapprima inorriditi, poi sempre più sgomenti, vengono gradualmente accompagnati dal regista a conoscere la famiglia (in apparenza normale, come tante altre) della piccola suicida, si rendono conto presto che molte cose non vanno: c’è un nonno, che sembra pacifico e sereno, ma che non ha mai per i nipoti un sorriso o una carezza; c’è una nonna piuttosto acida e rancorosa che pare molto più vecchia di lui; c’è una madre abulica e spenta, quasi priva di amore verso i figli; non c’è, invece, il padre dei piccoli, né di lui si sa alcunché. Col procedere delle sequenze, il mistero, anziché chiarirsi, diventa più intricato: quello strano capofamiglia, in quella singolare casa disadorna, quasi spoglia, è il padrone degli averi e delle vite dei suoi congiunti: li tiranneggia con una volontà inflessibilmente perversa e decide, lui per tutti, che cosa e quando ciascuno possa mangiare; se e quando i più piccoli possano giocare, se potranno stare insieme agli altri bambini o se saranno puniti al buio; se potranno vivere in pace o se saranno schiaffeggiati dalla sorellina che ha ricevuto l’ordine di farlo, se potranno, almeno in bagno, avere un po’ di riservatezza, o se subiranno anche l’umiliazione di essere privati della porta dello stanzino. La nostra angoscia cresce con l’infittirsi delle efferatezze e dei maltrattamenti: quelle porte, che all’interno debbono restare aperte, in modo che tutto possa essere controllato e che nessuno possa trovare spazi per sé, verso l’esterno devono essere ben chiuse, in modo da rinserrare dentro la casa, ora impenetrabile fortilizio, tutti i suoi abitanti, le loro paure, la loro complicità e la loro omertà. Le porte diventano quindi metafora dell’arbitrio, simbolo dell’autoritarismo reazionario che domina quella famiglia, di cui il film fa emergere, con molta precisione, le difficili e regressive dinamiche interpersonali, simili a quelle che vediamo presenti, purtroppo, in tutti i casi di violenza domestica. Il finale del film è aperto e ambiguo, e lascia intravedere anche una possibile lettura politica degli eventi che il film ha raccontato, come se, riferendosi alla terribile storia di una famiglia, il regista greco Avranas, (che ha sostenuto di essersi ispirato a un fatto di cronaca avvenuto in Germania) in realtà avesse voluto parlare della società greca contemporanea e dei rischi conseguenti all’esercizio di poteri sottratti al controllo democratico, che dall’esterno decidono le condizioni di vita di quell’infelice popolazione: dopo la catarsi, infatti, la porta verso l’esterno di quella casa viene nuovamente chiusa, isolando di nuovo la famiglia ai cui componenti potrebbe ancora riproporsi, forse in forme diverse, un futuro privo di speranza. Vi si può forse leggere il timore per il futuro della Grecia, la cui popolazione sembra non capire le ragioni che l’hanno fatta cadere nella crisi attuale, e che perciò rischia di non riconoscere il precipizio in cui potrebbe cadere in futuro? Alcune dichiarazioni del regista lo farebbero pensare.
Leone d’argento per la miglior regia all’ultimo Festival di Venezia, nonché Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, grazie all’eccezionale recitazione di Themis Panou, nei panni del nonno sciaguratissimo, questo film, al di là delle intenzioni del regista Avranas, è in ogni caso molto interessante per il modo essenziale della narrazione, che riesce a creare, in uno stile raffinato e classicamente minimalistico, che mai ricorre a effetti speciali, l’impressionante clima di cupa tensione crescente, che cattura l’attenzione degli spettatori, congiuntamente alla pietà per le vittime, deboli e indifese delle perversioni molto interessate del capofamiglia. Lo stile asciutto e sobrio, quasi impassibile, della regia ricorda quello di Haneke, soprattutto nel bellissimo film Il nastro bianco, che quasi certamente Avranas ha avuto presente e di cui sembra, in qualche misura, ripercorrere qualche orma, anche se, in quel caso, il tema politico era assai più chiaramente suggerito, almeno all’inizio del film.
Scritto il 10 novembre 2013 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (8)
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Scritto il 09 novembre 2013 alle 11:39 nella Economia, Politica | Permalink | Commenti (37)
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Scritto il 09 novembre 2013 alle 01:09 | Permalink | Commenti (5)
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Iniziata una operazione ad altissimo rischio: il trasferimento dell'equivalente di 14.000 bombe di Hiroshima (di Pio D'emilia - l'Espresso)
A Fukushima, dove tra mille difficoltà, errori e omissioni migliaia di operai lavorano in condizioni proibitive per uscire, a due anni e mezzo dall'incidente, dall'emergenza, e cominciare l'opera di decommissioning dei reattori, è iniziato il conto alla rovescia per una delle operazioni più a rischio: il trasferimento di 1.300 barre di combustibile spento dalla "piscina" situata sul tetto del reattore 4. Si tratta di oltre 400 tonnellate di materiale estremamente radioattivo: oltre 14 mila volte la bomba di Hiroshima, anche se nel fornire questi paragoni si incorre sempre negli strali di chi sostiene l'impossibilità di queste comparazione.
Molti esperti sostengono che il minimo errore, in una operazione mai compiuta prima e che dovrebbe durare almeno un anno, potrebbe scatenare un nuovo, ancor più grave, incidente nucleare. Le barre, che si trovano a circa 50 metri dal terreno e sono protette da 7 metri di acqua, debbono essere "catturate" una per una da un braccio meccanico azionato manualmente e trasportate a terra mantenedole sommerse.
Secondo uno studio del World Nuclear Report lo scenario peggiore potrebbe richiedere l'evacuazione di oltre dieci milioni di persone e coinvolgere anche Tokyo. Non è che il primo passo verso il decommissionamento, che allo stato attuale delle previsioni potrebbe durare 40 anni ad un costo di almeno 15 miliardi di dollari.
Scritto il 08 novembre 2013 alle 17:32 nella Ambiente, Nucleare | Permalink | Commenti (0)
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...la mia saggia mamma ha cercato sempre di instillarmi il principio (da me purtroppo non sempre e non completamente assimilato), che "chi si loda, si imbroda"... Principio valido sempre, ma in modo particolare quando c'è una evidente discrasia fra la percezione che di noi abbiamo noi stessi, e la percezione che di noi hanno gli altri.
Ora, quando un politico come Enrico Letta (noto anche come "Il Nipote") caratterizza la propria azione politica per una serie continua di cedimenti e di calamenti di braghe (IMU, mancata iniziativa sul Porcellum, accettazione nell'esecutivo di nomi impresentabili, "bacio della pantofola" alla Merkel 5 minuti dopo aver ricevuto la fiducia, accettazione senza se e senza ma di idiozie come la costituzionalizzazione della parità di bilancio - unico paese in Europa - e dell'inapplicabile e folle fiscal-compact) rivendica non già il possesso di "palle d'acciaio", ma addirittura una attribuzione corale, esterna, autorevole di questa "virtù" da parte di altri, la risata corale è in agguato.
Peccato. A volte basta la minchiata di un attimo, per vanificare tentativi - durati per mesi e mesi - di auto-conferirsi una certa immagine di serietà.
No, Caro Letta. Non ci siamo. C'era già stato tale Umberto Bossi col "celodurismo", adesso arriva lei con le "biglie d'acciaio". La differenza? Bossi SI ATTRIBUIVA da solo una certa forma di priapismo. Lei cerca di convincerci che in Europa in questi giorni tutti i leaders non facciano altro che parlare della sua orchite. Se c'è, è frutto di "autocertificazione". Personalmente, pur seguendo abbastanza la stampa estera, non ho mai letto di nessun leader politico europeo che le abbia attribuito delle "palle d'acciaio".
Quindi la sua uscita rischia di farla passare alla storia - attraverso la satira - come colui che pensava di avere le palle (d'acciaio), e invece le raccontava soltanto. Scelte male, raccontate peggio. E grosso rischio di restarne soffocati
Tafanus
''Dicono che ho le palle d'acciaio...''. In una intervista all'Irish Times Enrico Letta rivela quello che le cancellerie europee pensano di lui dopo aver incassato la fiducia il 2 ottobre scorso, uscendo vittorioso dallo scontro frontale in Parlamento con Silvio Berlusconi. Per la precisione il quotidiano irlandese traduce l'espressione italiana in 'balls of steel', suscitando l'immediata reazione del Pdl (''i lavoratori dell'Ilva, se potessero, gliele fonderebbero all'istante'') e l'ironia di Beppe Grillo che dedica al premier un hashtag ad hoc.
In poche ore la frase del presidente del Consiglio apre le prime pagine dei siti on line e fa il giro dei social network. Ma non è la prima volta che gli 'attributi' irrompono nel dibattito politico. Sono lontani i tempi in cui Daniela Santanché polemizzava con i colonnelli di An additandoli come ''palle di velluto''. E nel 'celodurismo' della Lega di Umberto Bossi il riferimento alle parti basse era una costante del capo.
Poco importa se si trattava di 'strapazzare' gli immigrati o il malcapitato di turno. Nel mirino del Senatur sono finiti Gianfranco Fini e Mario Monti, tra gli altri. Nel dicembre scorso, in piena polemica sulle liste pulite del Pdl, le 'palle' furono protagoniste di un verace botta e risposta tra Angelino Alfano e Marcello Dell'Utri.
Al segretario del Pdl che archiviava l'ipotesi di una sua nuova candidatura, Dell'Utri rispose secco: ''I guai del Pdl, purtroppo vengono tutti dalla incapacità di Angelino, dalla sua insipienza. Alfano non ha le palle, non c'entra niente con noi''. A maggio, Dell'Utri è tornato protagonista, stavolta con un complimento rivolto proprio a Letta, nel frattempo traslocato a Palazzo Chigi: ''Letta? Ha le palle'', è ''l'unica possibilità che abbiamo, la migliore figura possibile'', disse.
Nel panorama delle citazioni colorite non poteva mancare Berlusconi, quando a febbraio si lanciò in una imitazione di Pierluigi Bersani: ''Questo Berlusconi, ogni giorno se ne inventa una, ma perché non vai in pensione invece di romperci le palle a noi?''. Nella storia, però, rimane la 'variante' più pittoresca: ''Chi vota a sinistra è un c...'', sbottò nella campagna elettorale del 2006. Per poi fare il bis nel maggio del 2011.
L'espressione non è a uso esclusivo degli uomini. Anzi, il falco pidiellino Daniela Santanché, non nuova a esternazioni un po' sopra le righe, ha 'tirato fuori gli attributi' il giorno successivo alla condanna in Cassazione di Berlusconi per frode fiscale nell'ambito della vicenda Mediaset. ''L'avete condannato? Pensate che la sentenza sia giusta e non politica? Abbiate le palle di mettere Berlusconi in galera'', ha tuonato la pasionaria pidiellina.
Santanché salì agli onori della cronaca anche quando diede del ''palle di velluto'' prima ai colonnelli di An troppo arrendevoli verso Fini e poi allo stesso leader di via della Scrofa. Il falco pidiellino usò più o meno la stessa espressione anche per punzecchiare l'ex pm Antonio Ingroia, candidato premier a capo della lista Rivoluzione Civile alle ultime politiche: '''Ingroia mi sta sulle palle per quello che ha fatto. Se non supera lo sbarramento, torna in magistratura e mette sotto inchiesta altri di noi e giu' con la galera...''.
Anche un intellettuale di sinistra come Massimo Cacciari è arrivato a citare gli 'attributi' per esprimere un giudizio sulle vicende giudiziarie del Cav. E' accaduto questa estate, quando l'ex sindaco di Venezia sentenziò: ''Cinicamente, mi auguro che assolvano Berlusconi da tutto, perché tanto, politicamente, è una persona che ci siamo già tolti dalle palle...''.
Scritto il 08 novembre 2013 alle 15:04 nella Politica, Satira | Permalink | Commenti (4)
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Bibliografia del Tafanus sul borgomastro patano Oscar Lancini
Siamo orgogliosi di esserci occupati - come Tafanus - di questo imbecille, fin dal 2006. Per chi si fosse perso in tutto o in parte i frutti del nostro lavoro di demolizione, riportiamo una parte della "bibliografia" dedicata alla vita ed alle opere dell'imbeceltico di Adro - Tafanus:
Scritto il 08 novembre 2013 alle 13:13 nella Politica | Permalink | Commenti (7)
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Scritto il 08 novembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (4)
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Qualcuno si ricorda ancora della mitica "New Economy" (metà anni '90), quando qualsiasi cacchetta decidesse di quotarsi in borsa - purchè supportata dal suffisso "dot.com", veniva collocata in un attimo sul mercato, con capitalizzazioni da General Motors dei tempi belli? Il giocattolo andò in frantumi a fine 2001, per la concomitanza di tre fattori:
Molti entusiasti della "New Economy si sono giocati la pensione, per aver concentrato tutta la loro previdenza privata su fondi "specializzati" in titoli vuoti di contenuto.
Ma la gente ha la memoria corta, ama miracoli e miracolieri, e non solo in Italia. Nessuno pretende che la Signora Brown di Cincinnati (Ohio) si ricordi della New Economy e della sua infausta fine. Ma almeno ricordarsi del collocamento di Facebook? Vecchio di un anno e mezzo, e già oggetto di case-histories?. Ricordiamolo per sommi capi:
Facebook lanciò la sua IPO per il 21 Maggio dell'anno scorso, ad un prezzo di offerta di 43$ per azione. Ma prima del lancio, sondando gli umori degli investitori istituzionali, il prezzo d'offerta fu abbassato a 38$. Nel giorno del lancio, in avant-bourse il titolo era scambiato a 37$; il secondo giorno dalla quotazione il titolo valeva 31$; una settimana dopo era sotto i 29$, e un anno dopo quotava il 40% meno del prezzo di lancio.
Eppure Facebook qualche utile lo fa... e tuttavia il titolo non regge - giustamente - una capitalizzazione pari a 50 volte i ricavi (RICAVI, non utili).
E veniamo a Twitter, partito col botto (non al Nasdaq, ma a Wall Street): Twitter parte con dei fondamentali disastrosi rispetto a Facebook, ma il solito parco-buoi se lo strappa di mano a prezzi che non stanno né in cielo, né in terra. Offerto a 26$ in IPO, tocca nella prima giornata gloriosa un rialzo di quasi il 100%, a 50$, per poi ripiegare, grazie ad alcune prese di beneficio, a 45$, limitando il rialzo (si fa per dire) al 73%.
Gallina dalle uova d'oro? Macchè!!!! Una sòla paurosa. Twitter viene scambiato, in questo momento, a 56 volte i ricavi (contro, lo ricordiamo, le 50 volte i ricavi per facebook).
Significa che Twitter fa più utili di Facebook? Neanche per sogno! Perchè Facebook qualche utile riesce a farlo, anche se il ragazzotto Zuckerberg ha già detto che non distribuirà dividendi. E Twitter?
Twitter è una voragine, un buco senza fondo di perdite. L'anno scorso ha perso 79 milioni di dollari in 12 mesi. Quest'anno, perde 69 milioni, ma non in 12 mesi: in SEI. Insomma, si avvia a perdere quasi il doppio dell'anno scorso.
Auguri, ragassi! ...e cinguettate finchè potete, perchè fra un anno singhiozzerete...
Tafanus
Scritto il 07 novembre 2013 alle 23:01 nella Economia | Permalink | Commenti (3)
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Certo anche l’amicizia dei Ligresti, originari di Paternò come i La Russa, accomuna l’ex prefetto e l’ex coordinatore del Pdl. Dai tempi del patriarca Antonino La Russa, parlamentare del Msi per decenni e consigliere della holding di don Salvatore, i destini dei due ceppi siciliani si sono uniti in un tronco solido con rami molto freschi. Per esempio la moglie e un amico di Ignazio La Russa sono stati soci dei Ligresti in una società che fatturava nel 2011 ben 8 milioni e mezzo di euro: la Quintogest. Ne parla il 12 ottobre del 2012 Fausto Marchionni, 70 anni, ex amministratore della Fonsai dei Ligresti mentre è intercettato dalla Guardia di Finanza di Torino, con Luciano Gallo Modena, 65 anni, già responsabile sicurezza della società.
Marchionni è preoccupato per l’indagine dei pm e teme proprio per la Quintogest Srl. Creata nel 2007 dalla Fonsai dei Ligresti insieme a due società controllate dalla moglie di Ignazio La Russa, Laura Di Cicco, e da Antonio Giordano, suo amico, per operare nel settore della cessione del quinto, la Quintogest viaggia per qualche anno sul velluto: i soldi per fare credito li offre la Bpm di Massimo Ponzellini (al quale La Russa telefona per chiedere ‘finanza’ nel 2011 mentre è intercettato dalla Procura di Milano) mentre la copertura del rischio arriva dalla Fonsai dei Ligresti, che mette anche un milione e 850 mila euro del capitale di 2,8 milioni per iniziare. A comandare in società però, pur avendo messo meno soldi, sono la moglie e l’amico di La Russa che detengono il 51 per cento delle azioni con diritto di voto tramite la Idi Consulting (34 per cento) controllata dalla moglie di La Russa fino al febbraio 2012 e con la Giordi Srl di Antonio Giordano, che detiene il restante 17 per cento.
Anche il presidente della società è del giro: fino al gennaio 2012 è stato Filippo Milone, consigliere del gruppo, collaboratore di La Russa al ministero e sottosegretario alla difesa nel Governo Monti. Giordano è uomo di amministrazione ed è molto fidato. Non a caso è anche il segretario generale della Fondazione di Alleanza Nazionale che gestisce l’enorme patrimonio lasciato dal vecchio partito. La storia puzza di politica e Marchionni al telefono ci tiene a prendere le distanze: “C’è stato anche quella questione della cessione del quinto, quella lì l’aveva fatta Novarese (Andrea, Direttore Generale della Premafin dei Ligresti, ndr) direttamente con La Russa, purtroppo – prosegue Marchionni al telefono mentre è intercettato – io allora ero amministratore delegato accidenti!” [...]
In un’altra intercettazione Massimo Dalfelli e Piergiorgio Bedogni, due dirigenti che si occupano dei bilanci del gruppo Fonsai, parlano delle parcelle del figlio di La Russa: Geronimo. Avvocato e consigliere fino a giugno 2012 della holding dei Ligresti, Geronimo ha incassato parcelle per 350 mila euro nel 2011 dalla Fonsai mentre lo zio Vincenzo La Russa, anche lui ex consigliere del gruppo, ne ha incassati 320 mila euro nel 2011 e altrettanti nel 2012. Anche Geronimo avrebbe voluto incassarne altre ma, finita l’era Ligresti, il 13 febbraio 2013 i manager del gruppo, se la ridono pensando che non saranno pagate. Dalfelli spiega a Bedogni che faranno la stessa fine di quelle dell’attuario Gismondi: “le porterò all’ammasso dei provvedimenti che Unipol dovrà dare alla struttura insieme alle fatture non pagate di Geronimo”. E Bedogni ride.
da Il Fatto Quotidiano del 7 novembre 2013
I Ligresti con Vip e Vippine
Ignazzzio La Russa e Jonella Ligresti
Barbara Berlusconi, Lapo Elkann, Giulia Ligresti
Paolo Ligresti, Galliani, Ronaldo
Scritto il 07 novembre 2013 alle 19:37 nella Politica | Permalink | Commenti (4)
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Scritto il 07 novembre 2013 alle 08:01 | Permalink | Commenti (2)
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Ora, se possibile, il limite viene superato di un altro passo e, nell’ennesima anticipazione del libro di Bruno Vespa in uscita l’8 novembre, Silvio Berlusconi sfida di nuovo la Storia e in particolare la memoria della tragedia dell’Olocausto: “I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso”, dice. Poi la retromarcia: “Una polemica smaccatamente strumentale su una frase estrapolata da un ampio contesto – scrive in una nota – La mia storia, la mia amicizia verso Israele, la mia coerente azione di governo in favore dello Stato di Israele, non consentono alcun dubbio sulla mia consapevolezza della tragedia dell’Olocausto e sul mio rispetto del popolo ebraico”. Ma Bruno Vespa, intervistato in serata da Lilli Gruber su La7 smentisce il dietrofront dell’ex presidente del Consiglio: “In fase di preparazione del libro, alcuni politici non vogliono rivedere quanto mi hanno detto. Berlusconi invece sì. E la parte anticipata oggi, mi è stata mandata per iscritto da lui stesso”.
“Sono italiano al 100 per cento. In Italia ho le mie radici – si legge nell’anticipazione – In Italia sono diventato quello che sono. Ho fatto qui l’imprenditore, l’uomo di sport, il leader politico. Questo è il mio Paese, il Paese che amo, il Paese in cui ho tutto: la mia famiglia, i miei amici, le aziende, la mia casa, e dove ho avuto successo come studente, come imprenditore, come uomo di sport e come uomo di Stato. Non prendo neppure in considerazione la possibilità di lasciare l’Italia” (...caspita... pari pari il messaggio TV della "discesa in campo"... Una roba fresca di cent'anni... NdR)
Ma il paragone banalizza la tragedia delle famiglie che hanno vissuto l’orrore della persecuzione nazista e la riduce alla situazione dei suoi figli che “hanno addosso tutti”. E il risultato è che spazza via qualsiasi altro tema di discussione politica. Un paragone “offensivo” reagisce Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. “Dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa” dice Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del Pd e figlio di Nedo, deportato ad Auschwitz, unico superstite della sua famiglia e da decenni molto attivo per il mantenimento della memoria su una delle più grandi tragedie della storia. “Berlusconi dovrebbe scusarsi con se stesso, non con gli ebrei” ribatte il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici.
Gli ebrei: “Offensivo per chi fu privato di ogni diritto e dopo atroci sofferenze anche della vita”
Quello di Berlusconi è un paragone che, sottolinea Gattegna, è “non soltanto inappropriato e incomprensibile ma anche offensivo della memoria
di chi fu privato di ogni diritto e, dopo atroci e indicibili
sofferenze, della vita stessa”. Il presidente delle Comunità ebraiche
italiane ricorda che “l’Italia repubblicana è un Paese democratico. La Germania nazista
era una spietata dittatura governata da criminali che teorizzavano e
commettevano i più gravi delitti contro l’umanità. Contro gli ebrei i
nazisti si accanirono con spietata crudeltà tanto che, alla fine di quel
tragico periodo, gli ebrei dovettero contare oltre sei milioni di morti”.
“La vita degli ebrei d’Europa sotto il nazismo – ha aggiunto Gattegna –
fu segnata da un vortice nero di violenza, persecuzione, morte. Una
catastrofe che non è soltanto del popolo ebraico ma dell’umanità
intera”.
Riccardo Pacifici chiede a Berlusconi le scuse: ma non le deve, dice, agli ebrei “ma a se stesso”. “Rimango basito – ha aggiunto Pacifici a SkyTg24 – il suo è un paragone fuori luogo. Forse sarebbe interessante sentire direttamente i figli”. ”Siamo sdegnati” dice confidando in una “pronta rettifica”
Alessandro Ortona, presidente dell’Unione dei giovani ebrei, è sferzante: “Ci sembra, a questo punto utile, sottolineare il fatto che nessuno dei figli di Silvio Berlusconi è stato rinchiuso in un ghetto, bruciato in un campo di concentramento, fucilato, o trattato in altre feroci maniere. Non possiamo che ritenerci profondamente offesi dalla superficialità e dalla mancanza di rispetto che trapelano dalle parole del Cavaliere, infangando così quella memoria che dovrebbe essere un valore condiviso”.
Fiano: “Dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa. Usa la storia per sua difesa personale”
Secondo Fiano “Berlusconi deve vergognarsi e chiedere scusa, perché offende la storia e 6 milioni di ebrei gasati e bruciati”. Il deputato democratico dichiara al fattoquotidiano.it che
“Berlusconi usa la storia in modo strumentale. Usa la storia come
strategia di sua difesa personale. Ma la storia e i suoi principi non
sono trattabili. Quelle della storia sono situazioni uniche, non possono
essere relegate a un uso personale”. E quindi il Cavaliere si deve
vergognare per aver descritto “una supposta situazione di sofferenza
della propria famiglia. In quegli anni, in Germania e in tutta Europa,
agli ebrei fu impedito di lavorare, di studiare, di espatriare per
essere poi trasformati in schiavi e infine, a milioni, gasati e
bruciati. Paragonare tutto ciò alla situazione della famiglia Berlusconi
è un insulto alla storia, a sei milioni di ebrei uccisi e a quanti,
ogni giorno, tentano di impedire che la storia venga dimenticata o
utilizzata in maniera strumentale, come oggi ha fatto Berlusconi che
deve solo chiedere scusa”. Per il democratico “minimizzare la storia
porta a non comprendere la storia” e non si può usare per una difesa
personale.
Vendola: “Agghiacciante”. Il Pd: “Cosa ne pensa Alfano?”
Ma
è l’intero centrosinistra ad attaccare. “Banalizzare come fa Berlusconi
una terribile tragedia come la Shoah per la polemica politica di tutti i
giorni è agghiacciante” scrive su Twitter Nichi Vendola,
presidente di Sinistra Ecologia Libertà. Un paragone “talmente enorme,
scandaloso e orribile che non merita di essere preso in nessuna
considerazione” e Berlusconi deve “nascondersi per la vergogna” dichiara
Roberto Capelli, deputato del Centro Democratico.
“Berlusconi riesce pure a mancare di rispetto in modo indecente agli
ebrei durante il regime di Hitler – aggiunge il deputato Pd Edoardo Patriarca
– E comunque, i figli del Cavaliere dicano se la pensano davvero così.
Penso che nessuna persona che abbia un minimo di responsabilità possa
fare un paragone di questo tipo”. E il responsabile Giustizia del Pd Danilo Leva chiede: “Cosa ne pensa Alfano?”. “Berlusconi vada davanti ai forni crematori a ripetere quel che ha detto” è l’invito di Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia.
“L’incredibile uscita” di Berlusconi, secondo l’ex Pd Roberto Della Seta, ha comunque un merito: “Risolve il dubbio su dove spedire il pregiudicato a scontare la pena alternativa dei servizi sociali. Mandiamolo ad Auschwitz, dove per qualche mese potrà constatare di persona che tipo di persecuzione riservassero i nazisti agli ebrei. Le parole di Berlusconi suscitano un misto di schifo e commiserazione, ma soprattutto confermano la sua totale indegnità a ricoprire qualunque ruolo pubblico. C’è da sperare che il prossimo 27 novembre questa miserabile anomalia venga sanata”.
Il Pdl lo difende. D’Alessandro: “Sfogo fondato, il Pd pesa ogni sua parola”
Eppure, nonostante tutto, c’è chi lo difende: quello di Berlusconi è un “semplice stato d’animo” dichiara Luca D’Alessandro
– esponente del Pdl – ed è solo colpa della sinistra che è “pronta a
pesare ogni sua parola”. “La reazione del Pd di fronte ad un semplice
stato d’animo del presidente Berlusconi – dice D’Alessandro – è non solo
esagerata e strumentale, ma dimostra che nei suoi confronti c’è un
incredibile accanimento da parte della sinistra, pronta a pesare ogni
sua parola per farne motivo di scandalo, e quindi quanto fosse fondato
il suo sfogo. Sembra quasi che nel Partito Democratico abbiano una coda
di paglia bella lunga, quasi che sappiano fin troppo bene di essere i
persecutori di Berlusconi e non amino essere paragonati a chi eliminava
senza pietà e fuori dalle regole democratiche rappresentate dal voto gli
avversari politici”.
Stesso concetto espresso da Gabriella Giammanco secondo la quale Berlusconi è “colpevole solo di uno sfogo da padre di famiglia legittimamente turbato e preoccupato per i suoi cari, dimostra, ancora una volta, l’accanimento nei suoi confronti da parte della sinistra, capace di trovare unità di vedute solo nell’odio antiberlusconiano. Prendiamo atto, con amarezza, che in Italia esiste ancora una sinistra con la bava alla bocca, pronta a soppesare ogni parola del nostro leader al solo scopo di scatenare pretestuose polemiche, senza però affrontare il vero tema sollevato da Berlusconi: l’abnorme persecuzione giudiziaria nei suoi confronti, che da sempre condiziona lui e la sua famiglia”.
I precedenti di Berlusconi, il fascismo e l’Olocausto
Non
è la prima volta che Silvio Berlusconi fa un uso “originale” della
storia e delle sue tragedie. Era il 2003 quando il Cavaliere fece
arrossire Gianfranco Fini e Rocco Buttiglione che lo accompagnavano al Parlamento Europeo definendo il socialdemocratico tedesco Schulz (attualmente presidente dell’assemblea) “kapò“.
Più di recente, nel gennaio scorso, Berlusconi partecipò a sorpresa alle commemorazioni per la Giornata della Memoria a Milano, in particolare al binario 21 quello utilizzato dai treni nazisti per deportare migliaia di ebrei nei lager dell’Europa Centrale. In quell’occasione il Cavaliere spiegò che Mussolini aveva fatto bene ma “il fatto delle leggi razziali è stata la peggiore colpa”. E però “l’Italia non ha le stesse responsabilità della Germania ma ci fu una connivenza che all’inizio non fu completamente consapevole”. Infine l’ultima ricostruzione smentita da decenni di storiografia: “L’Italia preferì essere alleata alla Germania di Hitler piuttosto che contrapporvisi” e “dentro questa alleanza ci fu l’imposizione della lotta contro gli ebrei”.
A Porta a Porta, invece, l’allora presidente del Consiglio scoprì che il padre dei fratelli Cervi, trucidati dai fascisti nel poligono di Reggio Emilia, era ormai morto (d’altronde il più giovane dei figli era nato nel 1921). “Sono pronto ad incontrare papà Cervi” si lanciò con grande generosità Berlusconi dibattendo con Fausto Bertinotti. Quest’ultimo si preoccupò di informarlo – non senza difficoltà perché il Cavaliere aveva iniziato uno dei suoi monologhi – che ormai “papà Cervi” era morto.
Ma com’è noto l’ex capo del governo non disdegna neanche le barzellette e il “piatto forte” che propone sono quelle che hanno per oggetto gli ebrei. Nel giorno del compleanno del 2010 viene anche registrato in un video.
E poi una storiella su Adolf Hitler. Berlusconi durante una festa di Atreju (quella dei giovani di destra) gigioneggia sul palco e sente la voglia irresistibile di raccontare l’ultima, “bellissima anche se mi criticheranno moltissimo”. In sostanza ipotizza il ritorno di un Führer sopravvissuto e quest’ultimo accetterebbe l’invito, ma ai suoi raccomanda: “Però questa volta cattivi, eh?”. E tutti a ridere.
Scritto il 07 novembre 2013 alle 07:59 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (39)
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ETICA MINISTERIALE A GEOMETRIA VARIABILE - DEDICO L'EDITORIALE DI CURZIO MALTESE A ENRICO LETTA, ANNA MARIA CANCELLIERI, GUGLIELMO EPIFANI
Per i nostri parametri un ministro che ha evaso «soltanto» mille euro (in teoria tremila, ma duemila sarebbero da rimborsare) in tutta la vita, è più che affidabile, è una santa, una martire, e dunque ridateci Josefa Idem. Mille euro, cosa volete che siano? Scritto per esteso fa lo 0,000003 per cento dei 368 milioni di dollari che Berlusconi ha sottratto ai controlli fiscali. È più o meno quanto ci costano ogni mese le cene a sbafo di due consiglieri regionali grillini, questi bei moralisti.
L’Italia è una democrazia europea soltanto per un paio di mesi ogni cinque anni, durante la campagna elettorale. Quando si tratta di portare a casa i voti, allora la destra vota compatta la legge Severino, il Pd s’impegna a cacciare i funzionari indegni che truccano il tesseramento, i moralisti a cinque stelle si fanno mandare i curricula dai giovani disoccupati di tutta Italia, giurando che li assumeranno al posto dei soliti portaborse raccomandati. Passata la festa e gabbato l’elettore tutto ricomincia da capo. La destra scopre che la Severino è liberticida se applicata a Berlusconi e nel Pd rispuntano i trafficoni. Persino gli eroi anti-casta appena eletti fanno stipendiare a spese dei contribuenti fidanzati e parenti. Una pratica indecente, proibita anche dalla Democrazia cristiana ai tempi di Benigno Zaccagnini, figurarsi. Ammettiamo che non c’è speranza.
Il reintegro di Josefa Idem è un atto dovuto. È l’unico ministro che si sia dimesso ammettendo l’errore, non ha accampato scuse ridicole né adombrato oscuri complotti. Un atteggiamento di un’onestà e di una serietà impensabili per molti suoi colleghi. Forse perché è nata e cresciuta in Vestfalia.
Assieme alla Idem, modesta
proposta, si potrebbe nominare nel prossimo governo un certo numero di
cittadini stranieri, magari tedeschi. Tanto, per prendere ordini da
Berlino e Francoforte sul Meno vanno benissimo. Oltre a conoscere la
lingua, i ministri tedeschi presenterebbero una serie di vantaggi per i
cittadini italiani. Non vanno quasi mai in televisione, concedono un
paio d’interviste all’anno, tengono famiglia ma non la fanno assumere
dallo Stato, guadagnano meno di un deputato grillino e pagano i
ristoranti di tasca propria. Se nominati ministri della
Giustizia, si mettono a disposizione dei cittadini incensurati piuttosto
che dei latitanti. Ma soprattutto, quando sbagliano, si dimettono e
basta. Curzio Maltese
.
Caro Enrico Letta,
stamattina mi è capitato di ascoltare un'intervista a Josefa Idem, la stessa di cui lei ha prontamente accettato le dimissioni da neo-nominata ministra, rea di aver evaso - sembra - ben 1000 euro di IMU, probabilmente per un errore di imputazione di classe catastale, e certamente sanati grazie ad una legge dello Stato italiano. Come scrive oggi Curzio Maltese, "si tratta "dello 0,000003 % dei 368 milioni di dollari che Berlusconi ha sottratto ai controlli fiscali. È più o meno quanto ci costano ogni mese le cene a sbafo di due consiglieri regionali grillini,
questi bei moralisti".
Non ho niente contro la Cancellieri, ma ancor meno avevo contro la Idem, alla quale nessuno ha mai potuto imputare amicizie strette con famiglie di bancarottieri, evasori, e sospetti di collusioni mafiose.
LA CANCELLIERI STORY: ALCUNE LUCI, TANTE OMBRE - Attenti alle date:
Nel gennaio 2012, in qualità di ministro, ha rinnovato il contratto settennale (2012-2018) tra Viminale e Telecom Italia per il sistema di controllo a distanza per detenuti agli arresti domiciliari e una serie di servizi elettronici, questione sulla quale il 13 settembre 2012 la Corte dei Conti si è pronunciata con parere negativo.
Il 26 settembre 2012, il figlio della Cancellieri, Piergiorgio Peluso già direttore generale della società privata Fondiaria Sai, viene nominato alto dirigente del
settore Administration, Finance and Control di Telecom Italia. Ci chiediamo se sia un caso.
Precedentemente il figliolo della Cancellieri era uscito da un'azienda del gruppo Ligresti, dopo appena 14 mesi di lavoro, con una liquidazione di di tre milioni e seicentomila euro per un incarico di dodici mesi. Sarà anche un genio, questo Piergiorgio Peluso, ma credo che sette milardi e duecento milioni del vecchio conio per 220 giornate lavorative (pari a 32.700.000 lire al giorno o - se preferite - a 4.091.000 lire all'ora, cioè più di 68.000 lire al minuto, non le guadagnino nemmeno i premier dei paesi del G8 sommati. E meno male che a febbraio dell'anno scorso la Cancellieri era finita sotto le luci della ribalta per questa bellissima dichiarazione (che però si applicava solo ai figlioli altrui):
"...Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città di fianco a mamma e papà..."
Certo, signora, certo... difficile per i nostri normali figlioli (la famosa generazione da mille euro in regime di perfetto precariato), fare a meno di mamma e papà... Certo... se potessero guadagnare tutti i mesi cioè che il suo figliolo guadagnava dal pregiudicato Ligresti ogni 29 minuti e 40 secondi, sarebbero stati molto più intraprendenti e indipendenti, non trova?
Nel marzo 2009, da prefetto di Genova affermò che nel capoluogo ligure non esistevano evidenze di infiltrazioni mafiose nel tessuto sociale ligure e quindi fosse inutile procedere ad indagini. Tali dichiarazioni vennero poi smentite da numerose inchieste della magistratura e dagli arresti nel luglio 2011 di numerosi referenti della ndrangheta a Genova, tra cui Domenico Gangemi.
Anna Maria Cancellieri da commissario del teatro Bellini di Catania alla fine del 2009 venne indagata dalla procura etnea per abuso d'ufficio. Il pm Alessandro La Rosa le contesta consulenze inutili e costose per i bilanci del teatro.
Quando era ministro dell'interno il ministero è stata condannata per mobbing e comportamento vessatorio nei confronti di una persona poi morta per le conseguenze subite, cosicché costretta a risarcire 91.000,00 € ai familiari della vittima. La Cancellieri, non accettando la sentenza, fece ricorso contro contro i famigliari della defunta, perdendo la sua causa in Cassazione.
Nell'ottobre 2013, un ufficiale del corpo della polizia di stato venne condannato a pagare 20.000,00 € perché responsabile di una serie di truffe che conseguentemente danneggiarono l'immagine del corpo di polizia. Il ministro Cancellieri non accettò la sentenza, facendo ricorso contro il Tribunale del lavoro.
LA CANCELLIERI "POTEVA NON SAPERE" CHI FOSSE LIGRESTI? - Difficile... Ligresti è da decenni una star delle cronache giudiziarie, e per sapere chi sia e da quanto tempo lo sia, non c'è bisogno di assumere la figlia di Tom Ponzi. Basta digitare "Salvatore Ligresti" su Wikipedia. Prendiamo fior da fiore:
IL SEQUESTRO DELLA MOGLIE - Il 5 febbraio 1981 Bambi Susini, moglie di Ligresti, venne rapita dai mafiosi Pietro Marchese, Antonio Spica e Giovannello Greco fedelissimo di Stefano Bontate. Il sequestro si risolse un mese più tardi senza conseguenze per la Susini, che venne rilasciata a Origgio grazie al pagamento del riscatto di seicento milioni di lire. I tre autori del sequestro dopo essere stati individuati sono stati ritrovati morti ammazzati. Antonio Spica in una discarica di Bollate alle porte di Milano, Pietro Marchese nel carcere dell'Ucciardone, mentre Giovanni Greco è scomparso nel nulla. Nel 1984 Ligresti è stato oggetto di un'inchiesta della procura di Roma e poi nel 1985 di quella di Milano per questi fatti ma entrambi i fascicoli non portarono a nulla.
LO SCANDALO DELLE AREE D'ORO - Nel 1986 Ligresti è protagonista dello scandalo delle cosiddette "Aree d'oro". Il 18 marzo 1986 l'assessore all'Urbanistica Carlo Radice Fossati fece approvare una delibera con cui il Comune di Milano acquistò dei terreni agricoli di Ligresti a 5000 lire al metro quadro. In ottobre una giornalista informò Radice Fossati che la precedente giunta di sinistra aveva già concordato l'acquisto di quei terreni a prezzi molto più bassi: 500, 800 e 1000 lire al metro quadro. L'assessore allora, fatta una ricerca negli archivi comunali, trovò le lettere di impegno, firmate dal suo predecessore Mottini e da Ligresti. Come conseguenza di questo scandalo si dimise la giunta socialista, presieduta dal sindaco Carlo Tognoli, e la magistratura aprì un'inchiesta che terminò in un'archiviazione.
TANGENTOPOLI - Nel 1992 venne arrestato nell'ambito dello scandalo di Tangentopoli, accusato di corruzione per aggiudicarsi gli appalti per la costruzione della Metropolitana di Milano e delle Ferrovie Nord. Trascorse 112 giorni presso il carcere di San Vittore e fu condannato a due anni e quattro mesi ma con l'affidamento ai servizi sociali e lavoro per la Caritas Ambrosiana al posto del carcere. La condanna definitiva del 1997 comportò la perdita dei requisiti di onorabilità richiesti per ricoprire incarichi in Premafin e Fondiaria-Sai. Per questo motivo i figli gli subentrarono negli incarichi operativi.
IL CASO UNIPOL-FONSAI - Dopo anni di cattiva gestione Fonsai, Milano Assicurazioni e Premafin, le principali società della famiglia Ligresti, sono profondamente indebitate e sull'orlo del fallimento. Nel 2011 i Ligresti sono costretti a cederne il controllo su pressione di Mediobanca, storico partner di famiglia, alla Unipol. Per evitare il fallimento delle tre società il management di Mediobanca, che da un simile evento rischierebbe di perdere oltre un miliardo di euro, propone a Unipol la fusione con esse. A partire da questa vicenda sono stati avviate due inchieste dalle Procure di Milano e Torino.
L'INCHIESTA DELLA PROCURA DI MILANO - Viene aperta nel 2012 allo scopo di indagare Ligresti per il reato di aggiotaggio in relazione a due trust esteri titolari del 20% di Premafin riconducibili a Don Salvatore; un secondo filone d'inchiesta riguarda la bancarotta delle holding immobiliari di famiglia. Nel maggio dello stesso anno Ligresti e l'a.d. di Mediobanca Alberto Nagel vengono indagati in merito ad un patto occulto in cui il primo si impegnava a non ostacolare la fusione Unipol-Fonsai in cambio della concessione da parte di Nagel di una lunga lista di privilegi.
L'INCHIESTA DELLE PROCURA DI TORINO - L'inchiesta viene aperta nell'estate del 2012, sulla scorta dell'indagine milanese, per falso in bilancio e ostacolo all'attività di vigilanza. Il 17 luglio 2013 Ligresti viene arrestato dalla Guardia di Finanza su ordine della Procura di Torino per il reato di falso in bilancio e manipolazione di mercato. La magistratura ritiene che Ligresti, agli arresti domiciliari per via dell'età avanzata, abbia nascosto la carenza di 600 milioni di euro nella riserva sinistri, la cui mancata comunicazione avrebbe provocato un grave danno per le scelte degli investitori. Nell'ambito della medesima inchiesta vengono arrestate le figlie Giulia e Jonella mentre il figlio Paolo, diventato cittadino svizzero da soli 21 giorni (...quando si dice il caso... NdR), trovandosi nella sua abitazione sul lago di Lugano evita l'arresto.
PARTECIPAZIONI IMPRENDITORIALI - Evitiamo di riprendere il lungo elenco. Vogliamo ricordare, fra le più inquietanti, la partecipazione del 5,3% e un posto in CdA di Rcs MediaGroup, società editrice del Corriere della Sera. Sempre attraverso Premafin, la famiglia Ligresti partecipava al patto di sindacato che controllava la società editrice.
ATTIVITA' IMMOBILIARI - Salvatore Ligresti è stato coinvolto nei più rilevanti interventi urbanistici di Milano (Expo, Fieramilanocity e Garibaldi-Repubblica), di Firenze (Castello e Manifattura Tabacchi), di Torino. A seguito della crisi immobiliare e della finanziaria di famiglia Ligresti è stato costretto ad abbandonare questi progetti.
ANNA MARIA CANCELLIERI: UNA RAGAZZA FORTUNATA - Nasce nel 1943 e a 19 anni, appena diplomata, trova un impiego "alla Presidenza del Consiglio". Le cronache non dicono con quale incarico e con quale stipendio, ma poichè sappiamo che un semplice usciere alla Camera guadagna quanto un manager di una media azienda... Il resto è storia nota: "servitrice" dello Stato, multi-prefetto, commissario straordinario ad acta di qua e di la, amicizie di vecchia data con personaggi dal curriculum giudiziario non proprio immacolato (Ligresti, Bettino, Silvio), incrocia la famiglia Ligresti negli anni '70 a Milano. E da allora è amicizia vera. Anche dopo che - a partire dal 1981 - il curriculum giudiziario dei Ligresti comincia ad assumere le dimensioni della Treccani. Sono passati più di trent'anni, nel frattempo la Cancellieri è diventata ministra, ma gli "amici", si sa, sono come i figli: sò piezze 'e core...
HO FATTO PER I LIGRESTI CIò CHE AVREI FATTO PER CHIUNQUE - Che impegno, signoramia... Leggiamo con attenzione questa "cronologia" pubblicata da "Internazionale":
Quindi, ad occhio, sembrerebbe destituita di fondamento la notizia che la Giustizia (che - come è noto - E' Uguale Per Tutti) abbia fatto il suo corso "a prescindere"...
CHE EFFICIENZA, RAGASSI! - Il 5 Agosto la psicologa del carcere, e il 6 agosto il GIP, negano i domiciliari alla Ligresti; il 18 agosto Antonino Ligresti chiama la ministra; il 18 o il 19 agosto la ministra Anna Maria Cancellieri chiama i due vicecapi dell’autorità penitenziaria Francesco Cascini e Luigi Pagano per “sensibilizzarli” sulla vicenda; il 28 agosto Giulia Ligresti è fuori. Quando si dice l'efficienza dello Stato! E dire che a me sono stati necessari 11 (undici) mesi, e alcune minacce di avvio di azioni legali, per ottenere un normale rinnovo di patente di guida...
COSI' FACCIO CON TUTTI - Parola di ministra. Chiunque abbia un problema può telefonare alla Onlus "AnnaMariaCancellieri.it", qualunque cognome porti. Anna Maria "risolve problemi". Così, tanto per verificare, e testimoniare questa cosa ai malpensanti, ho visitato il sito del Ministero della Giustizia, per cercare il numero privato della Cancellieri. Non l'ho trovato. Il massimo del contatto diretto che ho trovato è stato il numero del centralino del Ministero:
Ministero della giustizia
via Arenula 70 - 00186 Roma
telefono +39 - 06 68851 (centralino)
Purtroppo, non ho sottomano un "caso umano" da sottoporre all'attenzione della Ministra, e quindi non mi sono prodotto in una telefonata alla Ministra (che certamente il centralino mi avrebbe passato subito). Ma lo farò appena io stesso, o qualcuno dei miei amici, potrà segnalarmi un "caso umano" da segnalare alla ministra.
Fino ad una settimana fa c'era anche un indirizzo email (di posta certificata... chi non ha un indirizzo di posta certificata, al giorno d'oggi, specie fra i familiari dei detenuti?) che faceva riferimento alla Segreteria della Ministra. Ma da una settimana - e cioè da quando il Popolo è stato informato che la Ministra si occupa di TUTTE le segnalazioni, la email della sua Segreteria è stata inopinatamente disattivata. Ora si può inviare una email (certificata, of course...) solo all'ufficio protocollo, che archivia diligentemente la pratica, non senza aver prima assegnato un numero di protocollo alla segnalazione. Abbiate fede: Annamaria "risolve problemi". Massimo dieci giorni.
P.S.: IMPORTANTE! ho provato a girare al ministro Cancellieri, sul suo nuovo indirizzo ministeriale di posta certificata, la segnalazione del "caso umano" riportato in un commento di Annarosa. Ecco il testo della mia email, indirizzata correttamente a [email protected], dal mio indirizzo di POSTA CERTIFICATA. Questo il testo della mia email:
Gentile Ministro Cancellieri,
le segnalo attraverso questo link un caso umano, forse più grave di
quello della Signora Ligresti. Sono certo che vorrà intervenire
tempestivamente, anche per mettere a tacere coloro che straparlano di
"legge uguale per tutti", ma per alcuni più uguale che per altri". Le
sarei garto se volesse tenermi aggiornato sugli sviluppi della
situazione. Grazie.
Antonio Crea
http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/roma-detenuto-malato-e-in-dialisi-ma-non-si-chiama-ligresti
Ed ecco il risultato della mia segnalazione:
Ho riprovato, Ministro. Ho riprovato tre volte. E - mi passi il francesismo - non è successo un cazzo.
Scritto il 06 novembre 2013 alle 17:56 nella Berlusconi, Leggi e diritto, Politica | Permalink | Commenti (7)
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Il nuovo "avanzo"
...allegria! ne sentivamo la mancanza! e speriamo che insieme a lui tornino anche il trota, Rosy Mauro, Pontida, le corna di cervo, lo spadone di latta tirato a lucido col Sidol, e tutto il resto... E' da un pezzo, che non ci facciamo quattro sane risate! Tornerà la Sacra Ampolla, la Catena Umana lungo le rive del Po, a proteggere la Patania dall'invasione dei Barbari terun di Bologna e Firenze, le Ronde Patane...
Ma poichè questo coso è stato storicamente alleato di Sirviu 'u Curtu, potremmo, con una botta di culo, ritrovarcelo a fianco, nel Governo delle Larghe e Intense Risate...
Scritto il 06 novembre 2013 alle 12:20 | Permalink | Commenti (4)
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Scritto il 06 novembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (14)
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..."quelli che lo streaming", su ordine del capo-comunicatore a 5 Stalle Claudio Messora, ci sono cascati ancora. Vietato lo streaming, perchè "daremmo un'immagine negativa"... Già... Infatti si trattava di mettere in piazza una piccola parentopoli da accattoni. Insomma, una storiaccia da portaborse assunti in famiglia. Tanto per arrotondare i 14.000 euri. Senza vergogna, e peggio dei leghisti che alla UE assumevano i figlioli l'uno dell'altro... Insomma, è qui il "nuovo che avanza"? Quelli che l'apriscatole? Ci hanno messo un attimo, a farsi infettare da quelli che il Pdl=Pd-L... Tafanus
E’ stata piuttosto movimentata l’assemblea dei grillini di ieri. Il caso della presunta «parentopoli» sviluppatasi nell’assunzione dei collaboratori parlamentari (in italiano, "portaborse" - NdR) ha fatto arrabbiare tanti attivisti e messo sotto accusa il comportamento di alcuni senatori. Ma la parte più curiosa della storia è la mail che Claudio Messora ha inviato ai senatori per chiedere di non fare lo streaming dell’assemblea perché, come avrebbe detto il comunicatore assunto al Senato, “Questa volta niente streaming, così diamo un’immagine negativa”.
LA MORONESE IN LACRIME – Secondo le accuse di ieri, la Lezzi ha assunto la figlia del compagno e la Moronese ha assunto il proprio compagno. Entrambe le senatrici si sono difese, con toni molto accesi, sostenendo di non aver violato alcuna regola dal momento che i due compagni non sono conviventi. Ma su questo punto molte le repliche piccate di chi è sposato: «Allora devo divorziare per poter assumere anch’io la mia compagna?», ha chiesto sarcastico un senatore 5 stelle. La senatrice Moronese è stata vista uscire in lacrime dalla riunione. L’assemblea ha dibattuto per due ore sull’opportunità di andare in diretta streaming.
IL CASO DELLO STREAMING - E nell’occasione, come confermato da alcuni senatori, è arrivata la mail di Messora. «Più che altro era un consiglio», ironizza uno dei senatori grillini già indicato tra i dissidenti. La decisione ha scatenato qualche ironia su Twitter...
Come racconta l’Agi, La richiesta dello streaming era stata avanzata
da Luis Alberto Orellana che voleva discutere di “strategie politiche
del Movimento”, il quarto punto dell’odg da tempo, ma anche stavolta non
si è arrivati a parlarne. Poi la riunione è proseguita con scambi di
accuse e sono volati gli stracci. Tanto che ad un certo punto la
capogruppo Paola Taverna ha deciso di andar via per dedicarsi al lavoro
sulla mozione di sfiducia alla Cancellieri.
LA TRASPARENZA, sai, E’ COME IL VENTO - Nel corso dell’assemblea una
senatrice ha chiesto “trasparenza” e un’altra ha risposto
contrattaccando sul fronte delle spese rendicontate: “Ma come si fa a
spendere 1.800 euro per spese di abbigliamento? Allora sì chiedo
trasparenza anch’io, così si infrange il Regolamento”. Un’altra
senatrice, accorata, ha urlato: “Non intendo crocifiggere nessuno ma non
si puo’ continuare su questa strada. Qui continua un clima vessatorio e
ricattatorio, lo trovo disgustoso e avvilente. Qui c’e’ doppiezza”. E
un’altra senatrice rivolgendosi a un collega, lo ha apostrofato:
“Vergogna, siamo finiti sui giornali per colpa tua”. Un senatore 5
stelle ha chiesto: “ma e’ possibile che qui dentro dobbiamo sempre
attaccarci?”. La Taverna ha parlato di “ipocrisia che sta da più parti”.
Un senatore ha cercato di riportare la calma: “Cerchiamo di non farci
del male. Non massacriamoci. Così diamo un’immagine sbagliata del
Movimento”. L’assemblea alla fine non ha deciso come comportarsi in
futuro per evitare nuovi casi di ‘parentopoli’ anche se qualcuno aveva
chiesto regole certe per evitare nuove discussioni. Il dibattito,
quindi, resta aperto.
Scritto il 05 novembre 2013 alle 23:04 | Permalink | Commenti (4)
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Verso la conclusione le assise per l’elezione dei segretari provinciali. Il comitato del deputato triestino: «Maggioranza assoluta dei voti e 49 eletti contro 35». La replica renziana: «Noi avanti per 47 a 38» (Fonte: Vladimiro Frulletti - l'Unità)
Un Renzi coi galloni da segretario c’è già. È Tiziano, babbo di Matteo, 62 anni, riconfermato alla guida del Pd di Rignano sull’Arno. Elezione scontata visto che era l’unico candidato in lizza. Per il resto la mappa dei nuovi segretari che sono usciti e stanno uscendo dai congressi di circolo del Pd è assai variegata. Al netto degli scontri e delle polemiche sul tesseramento, i dati non ancora ufficiali, ma sostanzialmente attendibili raccontano anche qui di una «guerra» dei numeri fra cuperliani e renziani. I sostenitori del deputato triestino parlano di un sostanzioso vantaggio per Cuperlo: 49 a 35. Mentre dalle parti del sindaco di Firenze (il coordinatore della campagna Stefano Bonaccini) vengono fornite cifre differenti: 47 segretari per Renzi, 38 per Cuperlo.
È vero che in teoria i numeri dovrebbero risultare uguale per tutti, ma la realtà è diversa. Perché ci sono anche candidati legati ad altri concorrenti alla segreteria: ad esempio a Cuneo il segretario uscente, Emanuele (Momo) Di Caro, legato a Pippo Civati è in testa sul renziano Gianpiero Piola. Perché ci sono candidati «indipendenti» come a Roma dove è in testa Lionello Cosentino (andrà al ballottaggio col cuperliano Giuntella) e Frosinone dove ha vinto (salvo interventi dei garanti) Costanzo. Entrambi legati a Bettini. E infine perché ci sono vari segretari cosiddetti «unitari», cioè concordati da renziani e cuperliani (o pezzi di renziani e pezzi di cuperliani) come nel caso di Bologna col confermato Donini, Firenze con Incatasciato, Prato con Bosi, Arezzo con Dindalini, Empoli con Sostegni, Napoli con Carpentieri e Salerno col segretario uscente Landolfi. In tutto sono poco meno di una ventina che sulle preferenze nazionali (Renzi o Cuperlo) si dividono quasi a metà. Ad esempio in Liguria con l’eccezione di Genova (dove il cuperliano Terrile s’è imposto sul renziano Malfatti) hanno vinto quattro candidature unitarie di cui tre (La Spezia, Savona e Imperia) renziane e una (Tigullio) cuperliana. Mentre gli «unitari » di Alessandria, Como, Lodi e Terni sono cuperliani.
Ecco, distribuendo anche questi neoeletti, i renziani dicono di essere in vantaggio di 9 segretari. I cuperliani di ben 14 pur non conteggiando i 7 segretari ancora non hanno ancora scelto chi sostenere a livello nazionale. È il caso di Ravenna dove il candidato unitario non s’è ancora schierato. "Dati falsi" ribatte il deputato renziano Luca Lotti che chiede allo staff di Cuperlo di tirare fuori oltre ai numeri anche i nomi.
Insomma è in corso una nuova battaglia che avviene al netto dei segretari che saranno decisi in questi giorni ai ballottaggi nelle assemblee provinciali. Come a Milano dove ieri notte i circa 150 delegati sono stati chiamati a scegliere fra il renziano Pietro Bussolati e la cuperliana Arianna Cavicchioli. Ballottaggio tra renziani e cuperliani anche Varese e Mantova. A Brescia nvece
si decide sabato ma sarà una sfida tra due renziani.
Alla commissione per il congresso stanno ancora raccogliendo i dati, ma indicativamente dicono che fin qui hanno votato almeno 300mila iscritti sparsi in quasi 7mila circoli. Comunque dal fronte Renzi (che giovedì sera sarà da Santoro) fanno notare le affermazioni in Veneto (con la sola eccezione di Padova), Marche, Puglia (a Bari determinante il sindaco Michele Emiliano) e Campania. E quelle di Torino con Morri sostenuto dal sindaco Fassino, Vercelli (grazie a Luigi Bobba), Palermo, Pavia e Piacenza. In Emilia-Romagna ai renziani vanno anche Forlì, Ferrara (con Paolo Calvano) e Imola (dove lo scontro è tra renziani dell’ultim’ora sui renziani della prima ora), mentre Cuperlo è in vantaggio a Parma (ma ci sarà ballottaggio), Cesena e Modena. Intanto vince a Rimini. A Reggio-Emilia (dove era sindaco il ministro renziano Delrio) invece si va al ballottaggio e l’ago della bilancia saranno i civatiani.
In Toscana sono con Cuperlo Pisa, Livorno, Massa-Carrara, Grosseto e Piombino. Con Renzi Pistoia, Lucca e Siena. Va al ballottaggio la federazione della Versilia. Cuperlo è in netto vantaggio anche in Umbria, nel Molise (i renziani vincono solo a Termoli città) e Calabria, e vengono sottolineati i successi di Bergamo e Monza in Lombardia.
Da giovedì gli iscritti saranno chiamati a votare per i candidati alla segreteria nazionale: Cuperlo, Civati, Pittella e Renzi. Uno sarà eliminato per le primarie dell’8 dicembre. Ma fare ora un’equazione esatta fra risultato di un segretario provinciale e il corrispondente candidato nazionale è complesso e a volte anche fuorviante. Tanti i fattori locali che incidono su una scelta che nell’idea di «partito da ricostruire dal basso» doveva tenere sganciati i due momenti. Tuttavia entrambi i fronti sono ottimisti. "Su 250mila votanti siamo sopra il 50%", fanno notare dalle parti di Cuperlo. "Loro hanno già fatto il pieno, noi sulle scelte locali eravamo un po’ divisi: renziani della prima ora, nuovi renziani, areadem. Ora non possiamo che crescere", ragionano nello staff del sindaco.
LA MANIFESTAZIONE - Cuperlo: "La sinistra si batte per l’equità. Basta mettere le mani in tasca ai pensionati"
"Questa non è una manifestazione, non c’è un palco. Sono su una cassetta di frutta e parlo con un piccolo megafono. Siamo qui per una battaglia particolare che per noi ha un valore simbolico". Così Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria del Pd, durante un incontro, davanti alla direzione generale dell’Inps a Roma, con una rappresentanza di esodati e giovani precari per testimoniare il problema del lavoro e delle pensioni. «Siamo qui per raccontare un pezzo di storia del Paese, per ottenere equità e giustizia. C’è un campo, c’è una sinistra che di giustizia e equità fa ancora i suoi valori». «La molla che mi ha fatto venire qui - ha aggiunto - è la situazione di tante famiglie, come quelle dei lavoratori del Sulcis, che con un assegno di cassa integrazione o con la pensione devono mantenere una famiglia.Quando in questo Paese si parla dei privilegi dei pensionati, noi rispondiamo come fa il bancomat ogni tanto “prelievo non disponibile”, basta mettere le mani in tasca ai pensionati". Cuperlo ha aggiunto che "queste persone hanno già pagato un prezzo, un prezzo pesante negli anni della crisi. C’è una parte del paese che non ce la fa più". Il messaggio è al governo: "Questa legge di stabilità va migliorata. Noi ci batteremo in Parlamento per chiudere la vergogna di persone lasciate all’improvviso senza reddito.
Le misure prese non bastano. Ce ne sono migliaia senza copertura e diciamo che intanto devono partire gli assegni dell’Inps perché è la vita delle persone in gioco". In un’intervista a Sky, infine, Cuperlo ha spiegato: "In questo Paese o si vince o si è di sinistra? No, io ho in mente una sinistra che vince in un Paese che cambia. E questo Paesen on può cambiare senza la
sinistra».
RENZI: "Non si cambiano le regole in corsa" - ORFINI: "Le regole in corsa le abbiamo giàcambiate. Per Renzi" (Intervista di Osvaldo Sabato a Matteo Orfini)
L’esponente dei giovani turchi: "Cuperlo ha fatto una proposta ragionevole. Chi rifiuta e poi si lamenta del tesseramento non appare proprio sincero"
Un conto è la voglia di avere la tessera in tasca per scegliere direttamente il segretario del proprio circolo o della propria federazione del Pd. E per poter dire che bello, guardando a cosa succede dall’altra parte della barricata, nel Pdl.
"Tanta gente si iscrive per partecipare a questa grande occasione democratica", osserva Matteo Orfini. Poi però ci sono degli aspetti più inquietanti, che fanno discutere e non poco. "Cioè occasioni in cui c’è un tipo di tesseramento molto diverso, costruito da cordate di persone, truppe cammellate, che appaiono all’improvviso per prendere il possesso di un circolo o di una federazione. E naturalmente questo è preoccupante", aggiunge il parlamentare Pd, uno dei maggiori esponenti dei cosiddetti "giovani turchi", insieme ad Andrea Orlando.
Per stoppare queste anomalie Cuperlo ha chiesto a Epifani difermare il tesseramento il prima possibile.
"Credo che abbia fatto bene di fronte all’aumentare, negli ultimi giorni, di fatti di questo tipo, a proporre lo stop del tesseramento nella seconda fase. Non capisco perché gli altri candidati alla segreteria del Pd lo abbiano rifiutato".
Infatti Renzi dice che sui congressi non è possibile cambiare le regole in corsa.
"A parte che lui cambia posizione a seconda delle proprie convenienze, perché le regole in corsa le abbiamo cambiate quando abbiamo dovuto farlo partecipare alle primarie dello scorso anno. In quel caso gli andava bene. Ma è chiaro che quella di Cuperlo è una proposta fatta agli altri candidati, se tutti fossero d’accordo si potrebbero cambiare le regole in corsa, tutti si sono lamentati degli eccessi del tesseramento e Cuperlo ha fatto una proposta ragionevole: finita questa fase, invece di replicare lo stesso meccanismo sull’elezione del segretario nazionale, fermiamoci, tanto poi ci saranno comunque le primarie aperte, per evitare il proliferare di meccanismi di questo tipo. Il fatto che gli altri candidati si siano rifiutati fa pensare abbastanza male sulle ragioni per cui hanno detto di no. Certo se dovesse continuare così non si potrebbero più lamentare".
Perché fa pensare male?
"Se ti lamenti del tesseramento, ti viene proposto di bloccarlo per evitare questi rischi e ti rifiuti, viene da dubitare sulla sincerità delle tue iniziali lamentele".
Ma non crede che tutta questa vicenda possa macchiare l’immagine delPd?
"Spero di no, spero che il partito e gli organismi che controllano la validità del congresso siano inflessibili nel punire fenomeni di questo tipo e nel proteggere, invece, i casi di tesseramento sano che sono la stragrande maggioranza. Bisogna tutelare il partito da comportamenti che rischiano di rovinare tutto".
Quindi per lei non è in gioco la reputazione del Pd?
"Dobbiamo lavorare per difenderla, perché il rischio obiettivamente c’è. Penso che la proposta di Cuperlo andasse in questa direzione: cercare di evitare che questa grande occasione democratica sia sporcata dalle prepotenze di pochi".
Prima ha parlato del rischio di truppe cammellate nelle varie realtà locali. A lei sono giunte segnalazioni di casi particolari?
"Sono quelli che abbiamo letto sui giornali in questi giorni. Mi riferisco ad alcuni episodi accaduti a Torino e ad Asti. Il fatto che ad Avellino sembra che si siano svolti alcuni congressi segreti di cui non erano conosciuti nemmeno il luogo e l’ora della convocazione. Sono tante le cose che in queste ore sono emerse. Sono quelle note ed è chiaro che di fronte a casi come questi bisogna che il partito centrale annulli quei congressi. A Frosinone ancora in queste ore sta accadendo di tutto, sono molti i casi su cui bisogna intervenire e sono sicuro che la commissione nazionale lo farà".
Beppe Fioroni invita Renzi a non minimizzare e si domanda: se con le tessere a pagamento nei congressi succede questo, alle primarie a basso costo che succederà?
"Non mi porrei questi dubbi perché con le primarie eleggi il segretario nazionale, quindi c’è una dinamica di voto anche di opinione, che produce numeri tali da non poter essere inquinati da comportamenti di questo tipo. Quando votano, come spero, tre milioni di persone qualora ci fossero fenomeni di questa natura diventerebbero residuali nella massa di quelli che voteranno. Mi sembra che da questo punto di vista la storia delle primarie è sempre rimasta abbastanza immune da fenomeni di questo tipo".
È la prima volta che il Pd deve fare i conti con il tesseramento gonfiato?
"In passato qualcosa era successo, questa volta il fenomeno mi sembra più eclatante. Ora bisogna vigilare ancora di più per garantire che non venga rovinato il risultato".
In ogni caso Renzi ritiene che a decidere il congresso saranno le primarie e non i congressi degli iscritti.
"Ad eleggere il segretario saranno sicuramente le primarie aperte. Però uno che si candida a guidare il Pd non dovrebbe parlare con questo disprezzo e disinteresse di chi quotidianamente tiene vivo questo partito nei circoli. Questa affermazione di Renzi mi ha stupito vedendo tanta gente nei circoli. Non si dovrebbe dire: tanto a me non interessa perché poi ci sono le primarie".
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Il Lupetto perde il pelo ma non il vizietto. Forse i "corti di memoria", e quelli con la "memoria selettiva" (cioè quel tipo di memoria che archivia solo ciò che comoda) hanno rimosso il fatto che dopo le primarie 2012 il Bischero di Frignato aveva piagnucolato ai "brogli" (in puro stile berlusconiano "ricontiamo.it"), arrivando a proporre di scannerizzare e mettere online 200.000 pagine di verbali ed elenchi dei votanti. Salvo poi - a fronte della immanente ed imminente figura di merda, ed all'enorme vantaggio di Bersani - e forse consigliato da qualcuno meno idiota di lui - si sia fermato in tempo, ed abbia candidamente e democristianamente riconosciuto che non c'erano stati brogli, che tutto era stato regolare.
Ora questo corto di memoria e di etica ricomincia. Ha vinto lui, non Cuperlo, frigna. Ancora qualche giorno, e apparirà il comitato "ricontiamo-per-renzi.it". Ma nel frattempo a fronte dell'energere di casi di piccoli e grandi "tesseramenti cammellati", Renzi non vuole fermare qui il tesseramento, Cuperlo si. C'è quindi da chiedersi a chi giovi il tesseramento cammellato. A chi vuol fermarlo, o a chi vuole andare avanti? Prima di rispondere a questo delicato quesito, si prega di mettere il cervello su "ON"
Intanto, per i "selettivamente immemori", mi permetto di infliggere la rilettura di due post del Tafanus (scusate se cito il Tafanus, ma le ricerche mi riescono più facili qui che altrove. Grazie
DUE POST DEL TAFANUS, DA RILEGGERE
[...] Che Matteo Renzi sia "miserabile e ignobile", è ben noto dai tempi delle primarie (anche se alcuni di noi lo avevano già capito da 4 anni). Da quando, cioè, proprio nelle stesse settimane in cui Bersani lavorava per organizzare un'assemblea del partito, col solo scopo di aprire le primarie a tutti (Renzi incluso), il bischero di frignano anzichè fare il sindaco, andava in giro per l'Italia, a dire che il cattivo Bersani non voleva farlo partecipare alle primarie, perchè si cagava sotto.
Che Renzi fosse un piccolo miserabile lo si era capito dopo la Leopolda, quando aveva rotto con Civati, reo di aver "non apprezzato" la sua cenetta carbonara ad Arcore.
Che Renzi fosse un piccolo miserabile, lo si era capito da quando, durante le primarie, non ha fatto altro che denigrare il PD e Bersani, arrivando a parlare di brogli.
Che Renzi fosse un piccolo, microscopico miserabile, lo si era capito da dieci anni, quando si era fatto nominare "dirigente" nell'aziendina di strillonaggio del padre, per poter mettere a carico delle istituzioni i contributi previdenziali da "dirigente" in aspettativa. Lunghissima aspettativa, che dura da quasi dieci anni. Per la serie "chiagne 'e fotte"
Che Renzi fosse un piccolo miserabile lo si era capito dalle critiche rivolte a Bersani in questi 45 giorni.
Che Renzi fosse un piccolo miserabile lo si era capito da sempre. Ora si è avuta solo l'ennesima conferma.
Che la Finocchiaro (ex magistrato, ex
capogruppo al Senato, ex Ministro) abbia una scorta, non è un'anomalia,
in un paese in cui hanno avuto una scorta persino Sgarbi, la Pivetti e
lo stesso Renzi. E comunque chi debba avere una scorta lo decide il
Ministero degli Interni.
Che dei giovani ragazzi palestrati possano essersi offerti di "spingere il carrello" dell'IKEA per conto della signora Finocchiaro, mi sembra assolutamente normale. Che non sia stata la Signora Finocchiaro a chiedere a servitori dello stato di spingerle il carrello, mi sembra cosa sulla quale potrei scommettere.
Renzi, queste sue uscite fanno capire perchè lei sia noto come il Bischero di Frignano. Perchè NON CAPISCE. E' peno di buona volontà, studia, si applica, ma ogni volta che sbatte contro un esame, grande o piccolo che sia, viene bocciato. Qui siamo, sic et simpliciter, alla replica dell'attacco a base di calzini turchesi. Ma quella era Rete4, una delle reti proprietarie del nemico dei comunisti. I "calzini turchese" della Finocchiaro sono un'ignomia, perchè sono stati lanciati in faccia ad una degnissima rappresentante del suo partito, che peraltro non si era candidata a niente.
Questi puzzolenti calzini turchese non hanno sporcato la faccia della Finocchiaro, hanno sporcato solo le mani del bischero. Si rilassi, Renzi...Lei non era "quello che due legislature al massimo, e poi ognuno torni al suo mestiere"? Bene: ha completato (anche grazie alle Finocchiaro) una legislatura da presidente di Provincia, e sta completandone una da sindaco. Poi, per piacere, tolga il disturbo, e torni a fare lo strillone de La Nazione e del Resto del Carlino. O si faccia assumere dal suo amico Silvio come caricatura di Fonzie, o come spalla di Maria De Filippi. (Fonte_ Tafanus del 15 Aprile 2013)
APPENDICE
Un po’ di nomi di "proletari" amici e finanziatori del Bischero di Frignano
Ancora una citazione dal lungo articolo sui finanziatori e sostenitori del Nixon di Rignano: “i Frescobaldi, i Fratini (immobiliaristi, centri commerciali), i Folonari (Giovanna Cordero Folonari fu chiamata a fare l’assessore dal precedente presidente della Provincia di Firenze, Matteo Renzi), i pratesi Pecci tramite il congiunto Niccolò Cangioli, manager della Elen spa, i Bini Smaghi, quelli del conte Lorenzo, ex consigliere della Bce nominato da Renzi presidente della Fondazione Strozzi. Bini Smaghi, tra l’altro, è figlio di una Mazzi e, dunque, cugino del Mazzei presidente della Cassa di Risparmio.
Una rete di sostenitori influenti cui si sono aggiunti imprenditori e manager come il gruppo Poli (imprenditori alberghieri e proprietari di tv locali), l’editore Mario Curia (Chiesa, Confindustria), Leonardo e Marco Bassilichi, della Bassilichi Spa, azienda che lavora per il Monte dei Paschi, il costruttore Andrea Bacci (già messo da Renzi a presiedere quella Florence Multimedia che gli ha procurato un’indagine della Corte dei conti), Fabrizio Bartaloni, manager del Consorzio Etruria, una delle aziende impegnate nei grandi lavori fiorentini, Riccardo Maestrelli, imprenditore con l’azienda più importante di frutta e verdura alla Mercafir di Firenze, il mercato all’ingrosso.
Fuori da Firenze il sindaco gode delle simpatie di Oscar Farinetti patron di Eataly (che a breve aprirà uno store proprio a Firenze, negli spazi della libreria Martelli da poco chiusa), ovviamente Giorgio Gori fondatore dell’impero Magnolia, poi il presidente di De Agostini Pietro Boroli, il vicepresidente del gruppo Viacom International Media Network, Alessandro Campo Dall’Orto). O stilisti fiorentini come Ermanno Scervino, Ferruccio Ferragamo e Roberto Cavalli, amici di Renzi. Qualcuno, come il tesoriere dei Ds Sposetti, uno che di soldi e partiti ne sa parecchio, ha evocato finanziatori americani e israeliani per Renzi.”.Scritto il 05 novembre 2013 alle 12:28 | Permalink | Commenti (41)
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Scritto il 05 novembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (11)
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Il Comitato per Cuperlo diffonde i dati provvisori dai congressi provinciali, che danno il loro candidato in vantaggio su Renzi grazie al sostegno di 49 segretari contro 35.
Lotti: "Dati falsi". Continuano le accuse incrociate su trucchi nel tesseramento. Cuperlo: "Il problema esiste". Pittella: "Fermare tutto, solo una foglia di fico". Chiti: a Empoli tessere vendute a centinaia d'immigrati. Replica il segretario della federazione Empolese Valdelsa: notizia falsa, ecco i numeri. E c'è anche il caso Trapani
Dopo
aver preso visione dei primi dati dai congressi provinciali, il Comitato
per Cuperlo canta vittoria: su 260mila iscritti che hanno votato,
oltre il 50%, il loro candidato per le primarie del Pd è davanti a
Matteo Renzi, sostenuto da 49 segretari vincitori dei congressi contro i
35 schierati per il sindaco di Firenze, mentre un segretario sostiene
Pippo Civati e sette non si sono espressi. Il Comitato diffonde la
"classifica provvisoria" e innesca così una nuova polemica con i
renziani, mentre è sempre viva la polemica su trucchi e giochi di
prestigio in fase di tesseramento.
"Ma a chi giova dare dati
falsi?" attacca Luca Lotti, deputato del Pd vicino a Renzi, "si
aspettino il risultato definitivo e i dati veri". "Ricordo tra l'altro -
aggiunge Lotti - che lo stesso Renzi a Firenze ha votato per un
segretario provinciale che sostiene Cuperlo. Dunque a chi giova
stabilire un'inesistente relazione tra i segretari? E poi, oltre ai
numeri dei candidati segretari, perché non vengono resi noti anche i
loro nomi? Siamo molto curiosi di leggerli".
Dicendosi "sorpreso"
dalla reazione, risponde il coordinatore del Comitato nazionale a
sostegno di Cuperlo, Patrizio Mecacci: "Non è nostra intenzione
alimentare polemiche, né scatenare risse. Quei numeri, che noi abbiamo
semplicemente aggregato, sono pubblici, noti in tutte le realtà che
hanno votato e disposizione di tutti" [...]
Ma c'è da capire se alcuni mentano quando dicono che gli avversari hanno truccato le carte per vincere. O se è vero che a Cosenza ci sia un congresso falsato da dirigenti vicini all'area Cuperlo (e da garanti non imparziali), ad Asti da file di albanesi per Renzi, e così via in un incrocio di accuse riempite ogni giorno da nuovi particolari.
Il caso Empoli. Vannino Chiti denunciava ieri file sospette di immigrati al congresso provinciale di Empoli, e si lanciava contro "compravendite vergognose frutto di regole assurde". Come quella di far votare ai gazebo delle primarie anche i non iscritti, quella di non chiudere il tesseramento mesi prima del congresso "per compiacere quanti non sopportano militanti che ogni giorno lavorano per il Pd, volendolo ridurre a comitato elettorale" [...]
Pippo Civati, pur in
disaccordo con l'idea di fermare il tesseramento, rivendica a SkyTg24:
"Il problema l'avevo denunciato io 15 giorni fa e avevo chiesto agli
altri candidati di schierarsi con me. È successo tutto puntualmente.
Diamo l'immagine di un partito in cui la corsa per il potere è più
importante del rispetto delle regole. Spero che si prendano
provvedimenti e si annullino i congressi nelle situazioni più
drammatiche". Parla di "coperture politiche", lo sfidante di Renzi e
Cuperlo, ricorda: "Io l'ho detto ai miei, il primo che becco lo caccio a
calci nel sedere".
Così, mentre i renziani continuano
a dire - su mandato del sindaco di Firenze - che di chiudere il
tesseramento non se ne parla e non bisogna approfittare dei casi
sospetti per bloccare la partecipazione, Gianni Cuperlo non demorde.
Dopo un comunicato in cui il suo comitato garantiva che "le regole si
possono cambiare quando c'è condivisione, non saremo certo noi a
impuntarci o a chiedere forzature", il candidato, da Ferrara, smentiva:
"Sul discorso tessere non mi arrendo, non è una polemica mossa nei
confronti di qualcuno, è un fatto che riguarda tutti noi e ne va
dell'autorevolezza e della dignità del partito".
Oggi, Cuperlo
chiede soprattutto di non sottovalutare il problema. "Io ho fatto un
appello, non ho aperto polemiche: sono preoccupatissimo di questi
fenomeni degenerativi che mi vengono descritti come circoscritti.
Tuttavia questo non fa venire meno l'allarme" dichiara a margine di una
iniziativa davanti alla sede dell'Inps di Roma. "Tutti dovremmo fare
una sforzo per evitare fenomeni di questo tipo. Fermiamo quindi il
tesseramento, chiudiamolo qualche giorno prima. Saranno primarie aperte,
da questo punto di vista non c'è nessun problema, ma bisogna dire una
parola chiara perché queste polemiche fanno male ai militanti. Ho fatto
questa proposta, non è stata accolta e non ne faccio un dramma, ma
vorrei che il problema non fosse sottovalutato". [...]
Andrea Orlando,
ministro dell'Ambiente ed esponente del Pd che ha già deciso di
appoggiare Cuperlo, intervistato da 'Si può fare' su radio 24 non crede
a "un problema di legalità, ma sulla corsa al tesseramento nel Partito Democratico sarebbe meglio darsi una calmata. Non è un problema di
candidati, vale per tutti. Chi ambisce a guidare il partito dovrebbe
mettere un freno a questa corsa al tesseramento, una competizione così
forsennata rischia di lasciare tracce. Forse, se non si vuole cambiare
le norme del partito, sarebbe meglio almeno a livello territoriale
valutare un blocco dei tesseramenti".
Il caso Trapani: eletti due segretari.
Sulle modalità del tesseramento il Pd si spacca a Trapani, all'indomani
dell'elezione di due segretari cittadini. Lo scontro si è consumato tra
le anime del partito: l'area Dem (che in Sicilia fa riferimento al
capogruppo all'Ars Baldo Gucciardi e al segretario regionale Giuseppe
Lupo) e la stragrande maggioranza dei renziani hanno eletto Francesco
Brillante, mentre per l'area Cuperlo, Civati e la parte restante dei
renziani (5 dei 24 circoli provinciali), il nuovo segretario è Danilo
Orlando.
Alla base dello scontro, la "trasparenza sulle modalità
del tesseramento", ha affermato Salvatore Daidone, presidente uscente
del circolo di Trapani il quale, durante l'introduzione dei lavori del
congresso che ha eletto Orlando, ha posto l'attenzione sui numeri. Le
tessere rilasciate dal circolo sono 199, ma nell'anagrafe dei votanti i
nominativi sono 703 dato che molte sono state consegnate ai
parlamentari. Daidone ha parlato di una vera e propria Opa sul Pd.
Calcoli
diversi al congresso che ha eletto Brillante: "Durante l'ultimo
tesseramento gli iscritti furono 650 e quest'anno in base alle
aspettative al partito cittadino sono giunte 820 tessere. Avendone
consegnate 703, siamo pure al di sotto".
Polemiche anche in Puglia.
Anche in Puglia cinque dei sei congressi provinciali del Pd si sono
conclusi tra le polemiche per le 'tessere gonfiate', che la presidente
della Commissione congressuale regionale, Loredana Legrottaglie,
respinge decisamente.
Particolarmente acceso il conflitto a
Bari, dove il vice uscente Ubaldo Pagano, 34 anni, neo renziano vicino
al sindaco Michele Emiliano, è il nuovo segretario provinciale, e a
Lecce, dove il segretario provinciale verrà eletto l'8 novembre e sono
in corsa tre cuperliani (in testa Salvatore Piconese, seguito da
Vincenzo Toma e Alfonso Rampino) e un renziano, Edoardo Santoro.
"Non
soltanto a Lecce e Bari - sottolinea Legrottaglie - stiamo verificando
una coincidenza virtuosa tra l'albo degli elettori delle primarie
Bersani-Renzi e poi delle primarie dei parlamentari con l'elenco dei
nuovi tesserati. E' questo che mi porta ad essere ottimista".
Cosenza, denuncia dei renziani.
L'area Renzi del Pd di Cosenza ha presentato stamane un ricorso alla
Commissione nazionale per il congresso del partito nel quale si denuncia
che a Cetraro il segretario del circolo, Gaetano Bencivinni,
"ha impedito nuovi tesseramenti". Replica in una nota il candidato alla
segreteria provinciale del Pd di Cosenza per l'Area Cuperlo, Luigi
Guglielmelli: "Avevamo visto di tutto ma ci mancava ancora il ricorso
preventivo. Stamattina infatti, Franco Laratta e i suoi sostenitori
hanno inviato un ricorso lamentando gravi fatti antidemocratici avvenuti
durante il congresso di circolo di Cetraro. Peccato che il congresso di
Cetraro si svolgerà questa sera".
Scritto il 04 novembre 2013 alle 19:56 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (7)
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Marco Milanese, fedele consigliere politico di Giulio Tremonti e ex deputato del Pdl, è tornato a insegnare alla scuola superiore dell’economia e delle finanze. Non sono bastate le inchieste sulla P3 e sulle vicende legate agli appalti Enav a fermare la carriera interna dell’ex finanziere «prestato» alla politica. I magistrati non hanno nemmeno fermato i suoi emolumenti, che oggi arrivano a 194.332 euro l’anno. La notizia è riportata dal sito fiscoequo.it. Dalla replica si evince che il consiglio di disciplina della scuola ha sospeso l’azione disciplinare irrogata dal rettore. «L'incarico è stato conferito nonostante una condanna in primo grado, un rinvio a giudizio ed un'inchiesta della magistratura che lo vede coinvolto proprio insieme all'ex ministro Tremonti»
L'INCHIESTA - Bianca Di Giovanni - l'Unità
Marco Milanese, fedele consigliere politico di Giulio Tremonti e ex deputato del Pdl, è tornato a insegnare alla Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze. Non sono bastate le inchieste sulla P3 e sulle vicende legate agli appalti Enav a fermare la carriera interna dell’ex finanziere «prestato» alla politica. I magistrati non hanno nemmeno fermato i suoi emolumenti, che oggi arrivano a 194.332 euro l’anno. La notizia è riportata dal sito "fiscoequo.it". Dalla replica si evince che il consiglio di disciplinadella scuola ha sospeso l’azione disciplinare irrogata dal rettore. «L'incarico è stato conferito "nonostante una condanna in primo grado, un rinvio a giudizio ed un'inchiesta della magistratura che lo vede coinvolto proprio insieme all'ex ministro Tremonti ".
Nella risposta il ministero dell’Economia ripercorre tutta la carriera del «professore», dalla nomina (non l’assunzione, in questo caso non serve il concorso, (a proposito di "buona amministrazione") nel luglio 2004, all’aspettativa per mandato parlamentare, alla richiesta di riammissione nel marzo 2013.
Così, in forza di regole e regolamenti, Marco Milanese rientra e solo dopo il reintegro il Rettore "si ricorda" che ci sono delle inchieste giudiziarie aperte. Eppure le cronache di tutto il 2012 sono fitte di notizie al riguardo. Comunque il Rettore i prova e chiede alle «procure della Repubblica di Milano, Napoli e Roma - si legge - i correlati elementi conoscitivi per l'eventuale esercizio del potere disciplinare». Insomma, si avvia la sospensione.
Che fa a quel punto la Scuola? Il collegio di disciplina «considerata l'impossibilità di procedere ad autonomi accertamenti delle condotte contestate al professor Milanese - si legge nella risposta - trattandosi di fatti non ascrivibili all'esercizio delle funzioni di professore della Scuola, sui quali sono in corso complesse indagini penali, ha espresso il parere di sospendere i procedimenti disciplinari fino al termine di quelli penali». Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere. A parte l’opinabile giudizio di «estraneità» dei fatti rispetto alla sua attività di docente (sic), c’è da aggiungere che ha il sapore della beffa una decisione di un consiglio di disciplina che sospende la sospensione del Rettore, pur di reimmettere in organico una persona coinvolta in diverse indagini. Certo, vale sempre la regola della non colpevolezza, e in questo magari le regole sono tutte rispettate, ma la regola del buongusto è finita nel cestino.
Ci mancherebbe poi che quelli della Scuola superiore dell’economia e delle finanze non conoscono le regole: spesso sono loro a scriverle. E le sanno scrivere bene, se è vero (come è vero) che nei loro confronti non è valsa nessuna spending review, nessun taglio lineare, nessun «tetto» agli stipendi. Mentre si parlava di fannulloni, mentre oggi si polemizza sui precari della Pa, mentre interi settori dell’amministrazione sono a rischio default per mancanza di risorse, a quelli della Scuola non sono mai mancate. Il motivo è semplice: gli organismi dirigenti di quell’istituto hanno sempre inglobato in blocco gli uffici di diretta collaborazione con il ministro. Ai vertici della Ssf sono rimasti per anni i «Tremonti boys», con emolumenti stellari (vedi scheda accanto). «Scorrendo l'elenco dei professori ordinari - scrive Fiscoequo - troviamo, tra gli altri, Vincenzo Fortunato, ex capo di gabinetto di Tremonti, con 301.320 euro, Marco Pinto, ex capo dell'ufficio legislativo del Mef, con lo stesso stipendio, ora in aspettativa, e Gaetano Caputi, anch'egli un tempo all'ufficio legislativo del Mef e ora fuori ruolo in quanto direttore generale della Consob. Tutti personaggi che in forza di una "normetta" ad hoc sono stati nominati professori ordinari della Scuola senza alcun concorso e hanno utilizzato la Scuola per “arrotondare” il loro già generoso stipendio».
Va aggiunto che tra le "normette" ce n’era anche una che equiparava i docenti a quelli universitari, dando loro la possibilità di accedere a una cattedra dopo un passaggio (senza concorso) alla scuola. Questo, almeno, è stato corretto, non si sa se per amore di giustizia o se per forza corporativa degli atenei. Il resto è rimasto sempre uguale, dopo le modifiche al regolamento immese da Tremonti nel 2003. Anche il secondo governo prodi non è riuscito a smuovere granché. A cambiare sono state solo le cifre. Nel giro di 4 anni il bilancio della scuola è passato da 4,4 milioni nel 2001 a 39,6 nel 2004.
I COSTI - La spesa per stipendi è aumentata di 2 milioni in un anno Il «caso» della Scuola superiore dell’economia e finanza è sotto i riflettori degli osservatori da un decennio. Soprattutto per via dei costi per il personale, lievitati in pochi anni. Ecco cosa scriveva nel 2006 Antonio Biavati su contrappunti.it.: «In base al regolamento è previsto che il
trattamento dei docenti stabili debba garantire la conservazione del trattamento economico “complessivo” di provenienza. Ciò significa che tutto ciò che il docente guadagnava in precedenza - tra stipendio base, indennità e accessori - viene cumulato. A sua volta lo stipendio dei magistrati in servizio presso il ministero dell’Economia è agganciato a quello dei dirigenti: nel caso di Vincenzo Fortunato, l’aggancio è stato effettuato al trattamento più alto del ministero ossia, quello di cui fruiva Siniscalco prima di diventare ministro, circa un miliardo delle vecchie lire. Secondo un dossier, lo stipendio base di docente pagato dalla scuola a Fortunato comprenderebbe dunque il suo stipendio di capo di gabinetto più tutti gli accessori. Manon basta, perché allo stipendio di docente così determinato si deve poi aggiungere un’indennità di funzione che arriva a 130.000 euro per il rettore, 90.000 per il prorettore, 75.000 euro per i capi dipartimento e 60.000 euro per i docenti. Questo meccanismo spiega come si arriva ai 7,5 milioni di euro spesi nel 2004 e ai 9,7 del 2005».
Scritto il 04 novembre 2013 alle 13:03 nella Politica | Permalink | Commenti (5)
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Scritto il 04 novembre 2013 alle 00:29 | Permalink | Commenti (20)
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“Caro Matteo – scrive Arnone (ex consigliere comunale di Agrigento, poi espulso dal PD) – sento il dovere di denunziare con forza quello che sta avvenendo nella mia amata Sicilia e in primo luogo nella mia Agrigento. Altro che rottamazione!
Matteo Renzi, il Bravo Presentatore
Siamo in presenza di un assalto all’arma bianca della peggiore politica che passa disinvoltamente, adesso con la tessera tra le mani del Pd, da An e Berlusconi, appunto a Matteo Renzi”. L’ex consigliere comunale punta il dito sugli ultimi congressi siciliani per eleggere i segretari cittadini del Pd. “Al seggio elettorale – scrive – domenica scorsa, ho trovato neo iscritti al Partito Democratico quei vice Sindaci berlusconiani, quegli assessori berlusconiani, quei consiglieri berlusconiani con cui mi sono scontrato al Comune di Agrigento, anche tra minacce, denunzie e ombre potenti di collusioni mafiose, per tre lustri”. L’anomalia principale che Arnone segnala a Renzi è soprattutto una: il passaggio dell’ex vice sindaco di Agrigento Maria Pia Vita nei ranghi del Pd, dopo una lunga militanza in Alleanza Nazionale e in Futuro e Libertà. “Maria Pia Vita – scrive l’avvocato – è, da dieci anni, il numero due della corrente di AN adesso azzerata da un’inchiesta regionale su tangenti per affari per decine di milioni di euro che giravano attorno all’imprenditore agrigentino Giacchetto. Giacchetto ed i politici da lui corrotti sono finiti tutti in galera, tra questi l’ex Assessore Regionale Luigi Gentile”.
Il riferimento è allo scandalo sulla Formazione professionale, che quest’estate ha scosso i palazzi del potere siciliano. Sotto accusa sono finiti diversi ex assessori regionali, considerati nelle disponibilità del pubblicitario Faustino Giacchetto. Tra i politici coinvolti dall’inchiesta anche l’ex assessore regionale Luigi Gentile, a lungo uomo di punta di Fli in Sicilia. “La neo iscritta al Pd, Maria Pia Vita – dice Arnone – è stata, per tre lustri e sino alla settimana scorsa, il numero due della corrente di Gentile. Adesso, con il resto della corrente, ha aderito, con parecchi amici, suoi e dell’ex assessore Gentile, alla corrente di Renzi con tanto di tessera del Pd”. Una pratica diffusa quella segnalata da Arnone. “Da domenica scorsa – aggiunge l’avvocato- hanno la tessera del Pd i consiglieri comunali di Agrigento Alongi, Vita, La Rosa, tutti eletti nelle liste berlusconiane”.
Come raccontato dal fattoquotidiano.it, infatti, la corrente di Renzi in Sicilia, data per vincente ai congressi, è stata presa d’assalto da politici che fino a poco tempo fa erano distanti anni luce dalle posizioni del sindaco di Firenze. È proprio Agrigento ha visto passare il suo sindaco Marco Zambuto, una vita nell’Udc, tra i rottamatori. “Zambuto – scrive Arnone – per quasi quindici anni, è stato Consigliere ed Assessore di Totò vasa vasa Cuffaro, oggi in carcere per mafia, rompe con Cuffaro nel 2007 e viene eletto Sindaco con il Centro Sinistra. Diviene Vice Segretario Regionale dell’Udc, ma non ottiene il posto di capolista alle ultime politiche. Questa la ragione della sua conversione al Partito Democratico, portandosi dietro le truppe cammellate dei capi corrente di AN e Berlusconi”.
Domenica scorsa, il nuovo segretario eletto dal Pd ad Agrigento è stato Giuseppe Zambito, sostenuto dal deputato nazionale democratico Tonino Moscatt. Durante le votazioni, lo stesso Arnone si è reso protagonista di un blitz al congresso per tentare di riottenere la tessera del Pd, senza successo. Le curiosità principali interne ai democratici agrigentini si sono verificate però in provincia: a Favara il Pd ha eletto come nuovo segretario Carmelo Vitello, anche lui esponente di Futuro e Libertà, già candidato al consiglio comunale dai finiani. Interessante come a Favara, comune di trentamila abitanti, abbiano votato 630 persone, cento in più rispetto ai dati del capoluogo agrigentino, che conta più del doppio degli elettori. “In pratica almeno un elettore del Pd ogni 50 abitanti” segnala un quotidiano locale. Senza considerare che il comune agrigentino non è proprio una roccaforte della sinistra, anzi al contrario, dato le ultime elezioni amministrative hanno visto l’affermazione del centro destra. Sempre che nel frattempo non siano però tutti passati tra i renziani del Pd.
(Fonte: Il Fatto)
Scritto il 03 novembre 2013 alle 12:00 nella Renzi | Permalink | Commenti (2)
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Scritto il 03 novembre 2013 alle 08:01 | Permalink | Commenti (3)
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Titolo originale: La vie d’Adèle
Regia: Abdellatif Kechiche
Principali interpreti: Léa Seydoux,Adèle Exarchopulos, Salim Kechiouche, Mona Walravens, Jeremie Laheurte – Francia, Belgio, Spagna 2013 – min.179.
Adele cresce in una famiglia semplice e solida, di gente per bene, che vive di lavoro e tiene molto a quest’unica figlia, la educa con cura, non le fa mancare nulla, e, lasciandole scegliere il percorso di studi che le piace, è attenta a che il medesimo le consenta, già prima della fine dell’università, una qualche forma di impiego a lei gradito, così che possa rendersi presto indipendente. Adele, avendo sempre amato i bambini, vorrebbe specializzarsi come insegnante d’asilo, ma ora ha solo quindici anni: frequenterà l’indirizzo umanistico del liceo più vicino. Nella scuola non riesce ad appassionarsi agli analitici esercizi di lettura del suo prof. di francese. Benché le piaccia leggere, detesta i tentativi di interpretazione; apprezza il testo, ma non lo sforzo di comprenderlo attraverso l’uso della ragione: preferisce vivere in modo emozionale le opere letterarie, anche abbandonandosi all’ondata di associazioni e di sogni che i grandi scrittori riescono a indurre nella sua mente, tanto che, ora, davanti a un romanzo che ritiene bellissimo: La vie de Marianne di Marivaux (lo scrittore-feticcio del regista,*), farebbe volentieri a meno delle lezioni “noiose” dell’insegnante. Nella vita quotidiana la giovinetta apprezza in modo particolare i cibi semplici che le vengono preparati in famiglia: gli spaghetti al ragù, sopra ogni altro piatto, che gusta con voluttà da ghiottona, senza troppo preoccuparsi quando l’eccesso di ragù imbratta la sua bocca e i suoi denti bianchi, su cui si posa con insistenza significativa la cinepresa del regista, molto attento anche alla grazia provocante delle sue curve, che Adele inguaina, compiacendosene, in un paio di jeans attillati.
Il ritratto di Adele, quale, attraverso un uso molto massiccio e abbastanza insolito del primo piano, il regista delinea nella prima parte del film, è quello di una giovane quindicenne, sensibile e sensuale, né bella nè brutta, ma dal volto eccezionalmente espressivo, grazie alla notevolissima mobilità dello sguardo che, indagando su un mondo per lei ancora tutto da scoprire, lascia trasparire ora la gioia, ora il dolore, ora lo sconcerto, ora la meraviglia, cosicché i fatti che alimentano la sua percezione delle cose si leggono dai suoi occhi come da un libro aperto, cosa che contribuisce non poco all’identificazione empatica degli spettatori con la protagonista.
La prima esperienza amorosa di Adele non era stata fra le più felici: “lui” era uno studente simpatico e innamorato, ma si era rivelato anche un amante fallimentare, ciò che l’aveva indotta a lasciarlo senza troppi complimenti. Sarà Emma, la giovane coi capelli blu (“colore caldo”, come recita il titolo della Grafic novel che ha ispirato il regista**), incrociata casualmente mentre sta attraversando la strada, la persona capace di rispondere ai suoi sensi curiosi e molto all’erta, quella in grado anche di farle perdere, fin da questo primo momento, letteralmente e metaforicamente, l’orientamento.
Dopo questo incontro inaspettato, nella vita di Adele, tutto sarà improvvisamente e definitivamente diverso: sarà, infatti lei, turbata e decisa, a mettersi sulle tracce della ragazza dai capelli turchini, trovandola, infine, in un locale notturno frequentato da gay. Qui si lascerà corteggiare, in una scena molto tenera e dolce, in cui Emma adatta il proprio comportamento alla ingenua carnalità della fanciulla, come per liberarla da qualsiasi imbarazzo: la bevanda analcolica, la cannuccia per sorseggiarla, il sorriso affettuoso… Emma è più adulta e più matura di lei: sa che diventerà pittrice, assecondando il suo naturale talento; in realtà è la sua provenienza sociale e familiare a renderla sicura di sé e poco preoccupata del giudizio altrui; sa che i suoi pensano alla sua futura realizzazione umana e creativa, piuttosto che al suo lavoro, che non hanno preoccupazioni economiche e che accettano senza problemi la sua omosessualità. Il cibo, così fondamentale nella vita di Adele, è molto meno importante per Emma, per nulla attratta da spaghetti al ragù, ma estimatrice esperta di frutti di mare e di ostriche, di vini pregiati e di tutti i lussi grandi e piccoli che allietano le ricche cene della buona borghesia. Queste differenze profonde nei gusti, nei comportamenti e nelle frequentazioni sono all’origine del lento logorarsi del loro ménage, in cui a poco a poco, senza che se ne manifesti un’esplicita volontà, si riproducono ruoli sociali di dominio e di subalternità, che rendono difficilissima la continuità di un rapporto d’amore, poiché alla passione fisica non si affianca una convivenza ricca di progetti condivisi, di amicizia e di reciproca intesa.
In dieci anni di vita insieme le due donne sviluppano separati interessi professionali, e accrescono la rispettiva coscienza di sé, ma Adele in misura minore di Emma, che ora è una intellettuale raffinata, una affermata pittrice, alla quale si interessa un vasto entourage di persone di cultura. Adele, invece, non è che la modella prediletta di lei, colei alla quale è affidata la cura della casa, l’organizzazione delle cene e dei banchetti, nonché la preparazione di piatti squisiti, rimanendo fondamentalmente esclusa, però, da qualsiasi discorso culturalmente interessante e impegnativo, né è senza significato simbolico che il colore dei capelli di Emma tenda sempre più al biondo, perdendo quel blu, colore caldo e riferimento passionale, che Adele aveva immediatamente intuito e che tanto l’aveva impressionata.
Ho coscienza di non aver neppure accennato alla parte centrale del film, l’insieme delle sequenze per le quali il regista, rappresentando senza veli, quasi brutalmente, la passione fra le due donne, ha scatenato una scia di interminabili polemiche e di discussioni tuttora molto vivaci, che sembrano quasi delegittimare la Palma d’oro di Cannes, ottenuta da questa pellicola nel maggio di quest’anno.
Precisando che non mi imbarazza parlarne, perché difficilmente mi scandalizzo, ritengo che il film potrebbe probabilmente trarre qualche vantaggio (dura ben tre ore!) da una bella sforbiciata, non dettata da intenti censori, rivedendone il montaggio (sempre che sia possibile), per eliminare quelle scene di sesso più meccanicamente ripetitive, della cui necessità ai fini narrativi nutro qualche dubbio. Aggiungo, però, che le scene più crude (quelle che molti critici hanno definito brutali e in contrasto con l’aura di tenerezza che impronterebbe l’intero film) non mi sono parse del tutto fuori luogo: il ritratto di Adele, che le precede, ha evidenziato, con primi piani insistenti e abbastanza impressionanti, soprattutto la sua spontanea carnalità, la sua ghiottoneria, l’abbondante salivazione della sua bocca che gusta il cibo, le lacrime che scendono e si confondono col cibo, coi goccioloni dal naso… e via inondando di secrezioni. In che cosa, allora, quelle sequenze sarebbero fuori luogo?
Il film, secondo me, è da vedere, per la sua intrinseca fluidità narrativa, che, nonostante le tre ore di proiezione, riesce a mantenere ben desto ogni spettatore, il che conferma l’abilità del regista, che manifesta la propria la sostanziale fedeltà alla visione del mondo e dei rapporti sociali, che già aveva trovato espressione di alto livello nella sua prima pellicola: La Schivata, di cui presto vorrei pubblicare la recensione. Eccellente l’interpretazione delle due attrici protagoniste.
*Il romanzo, La vie de Marianne, di Marivaux, dimostra che, ancora una volta, l’autore settecentesco sembra essere il punto di riferimento non solo letterario di Kechiche, così come era avvenuto nel suo primo grande film, La schivata, ispirato al Jeu de l’amour et du hazard,.
**La “grafic novel”, di Julie Maroh, uscita a puntate e ora raccolta in un solo volume, è molto popolare in Francia e ha per titolo: Il blu è un colore caldo.
Angela Laugier
Scritto il 03 novembre 2013 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Pd, bufera sul tesseramento - Cuperlo chiede che vengano sospese le iscrizioni dopo i casi sospetti nei congressi di circolo, Renzi vuole lasciare le cose come stanno (di Simone Collini - l'Uniità)
"Non si cambiano le regole in corsa": questo il mantra di Renzi da quando sono stati scoperti paesini dove il PD prendeva 50 voti, e improvvisamente in 150 hanno preso la tessera del PD. Improvvisamente, da quando i risultati delle prime sezioni hanno iniziato a dare - contro la vulgata del "Renzi inevitabile vincitore" - Cuperlo in vantaggio sull'invincibile, è partita la strana impennata delle tessere. Albanesi che corrono in massa a chiedere la tessera del PD, Firenze dove improvvisamente le richieste di tessere aumentano del 30%, grandi città dove le tessere si pagano "in offerta speciale": prendi due, paghi una.
L'odore di bruciato è innegabile. Per capire chi stia alimentando l'incendio, dobbiamo invece far ricorso alla nota categoria dei "cui prodest". Noi siamo (ex) ragazzi di campagna, e ragioniamo in modo sempliciotto: se i primi congressi locali hanno dato Cuperlo in vantaggio - e di brutto - cui prodest portare truppe fresche - magari mercenarie - nel quadro politico? Se il contendente A vuole congelare il tesseramento a prima dell'ondata di iscritti albanesi, e il contendente B si rifugia dietro l'abituale "non si cambiano le regole in corsa", chi dei due ha interesse a far proseguire il tesseramento di cittadini di Valona e Argirocastro, temporaneamente residenti in Italia? Infine: se a dire che "non si cambiani le regole in corsa" è il candidato B - colui che prima delle precedenti primarie ha fatto fuoco e fiamme per cambiare le regole in corsa - di chi dobbiamo sospettare? E se un candidato propone - cambiando le regole in corsa (in questo caso si può) e saltare la fase precongressuale e congressuale per passare direttamente alle primarie "di popolo", aperte a italoforzuti, grillini, albanesi, cinesi e inquinatori di varia e incerta provenienza politica, di chi dobbiamo sospettare?
Fatte le nostre maligne considerazioni sulla bellezza dei tesseramenti con lo "sconto per gruppi e comitive", passiamo alla lettura dell'artifcolo di Simone Collini - Tafanus
Nel Pd è bufera sul tesseramento. Dopo i casi di iscrizioni sospette nei congressi di sezione, Cuperlo chiede che il tesseramento sia bloccato. Renzi avverte: non si cambiano le regole in corsa, altrimenti si fanno solo le primarie.
Le polemiche non rimangono confinate tra i circoli di Cosenza, Frosinone, Rovigo, Roma, Asti, Lecce, Torino, Catania e delle altre città dove sono stati denunciati tesseramenti sospetti, dove in alcuni circoli il confronto è degenerato in rissa, dove diversi congressi di federazione sono stati sospesi e più d’un candidato alla segreteria provinciale si è ritirato dalla corsa denunciando mancanza di trasparenza.
La questione adesso irrompe nel confronto nazionale, con Gianni Cuperlo che chiede alla Commissione congressuale di chiudere il tesseramento perché visto quanto avvenuto in questa fase locale è impensabile lasciare aperte le iscrizioni fino al momento in cui nei circoli si vota per il segretario nazionale (le cosiddette convenzioni, che si svolgono tra il 7 e il 17) e con Matteo Renzi che quando viene a sapere dell’uscita dell’avversario spiega ai suoi che lui è contrario, perché «non si cambiano le regole in corsa »: «Se Cuperlo ha certezze di irregolarità le denunci - è il ragionamento del sindaco di Firenze - e se fossero particolarmente gravi si dovrebbero sospendere le convenzioni e andare direttamente alle primarie dell’8 dicembre».
La questione non può però considerarsi chiusa perché a livello locale la tensione rimane alta in molte zone (a Cosenza il candidato renziano Franco Laratta si è ritirato dalla corsa denunciando «limitazioni alla partecipazione», mentre a Frosinone il congresso continua ad andare avanti tra continue sospensioni e ripartenze, solo per citare due casi) e anche perché Cuperlo non intende mollare sulla necessità di «fermare la degenerazione della vita democratica interna»: «Dobbiamo chiudere il tesseramento il prima possibile», dice nel corso della trasmissione “Otto e mezzo”. L’appello, esplicito, a «cambiare le regole in corsa», viene lanciato agli altri candidati, a Guglielmo Epifani, alla commissione congressuale, perché chiudere il tesseramento ora che si chiudono i congressi di federazione «non è un modo per comprimere la partecipazione ma per evitare che casi pur isolati mettano in discussione la cosa più preziosa che abbiamo, la nostra credibilità».
L’uscita di Cuperlo non piace a Renzi, che con i suoi si sfoga ricordando che «noi dal primo giorno abbiamo detto che dovevamo discutere dei problemi del Paese, che queste sceneggiate fanno male all’immagine del Pd e soprattutto ai suoi iscritti». Ma se pure Pippo Civati chiede di «superare il sistema delle tessere», se Gianni Pittella chiede di smetterla con il «confronto tutto muscolare e fatto di pacchetti di tessere», che si chiuda ora il tesseramento viene dato per difficile al Nazareno. Il responsabile Organizzazione Davide Zoggia spiega che la commissione congressuale può cambiare le regole in corsa soltanto se c’è l’accordo tra tutti i candidati. Il che sembra da escludersi, visti i commenti fatti a caldo con i parlamentari a lui più vicini da Renzi. Al quartier generale del Pd spiegano anche che alcuni casi isolati non possono mettere in discussione il complessivoprocesso democratico e che modificare ora regole decise all’unanimità un mese fa potrebbe dare all’opinione pubblica un’immagine peggiore di quella provocata dai tesseramenti sospetti.
Non a caso, quando nel pomeriggio Cuperlo inizia a ragionare insieme ad alcuni compagni di partito della questione, il presidente della commissione di Garanzia Luigi Berlinguer fa diffondere una nota in cui si assicura una «risposta rigorosa e severa», senza però lasciar prevedere una chiusura anticipata delle iscrizioni: «Posso assicurare che nei casi di documentata e realmente accertata esistenza di alterazioni delle regole e di adesione fittizia al Partito, la risposta sarà rigorosa e severa come peraltro avvenuto nei pochissimi casi verificatisi nel passato», dice il presidente dei garanti facendo riferimento alle primarie annullate per irregolarità negli anni scorsi a Palermo e a Napoli. Una risposta indiretta a Cuperlo, che però pensa sia necessaria una decisione ulteriore per evitare che sia «messa in discussione la credibilità del Pd».
La decisione di mantenere aperta la possibilità di iscriversi fino al giorno in cui si vota per il segretario nazionale è stata presa dopo che l’Assemblea nazionale de Pd che doveva modificare lo statuto e dare il via libera alle regole congressuali si era chiusa con un nulla di fatto. Alla Direzione che venne convocata qualche giorno dopo si decise difare un passo oltre rispetto alle primarie del 2009 tra Bersani, Franceschini e Marino (ci si poteva iscrivere e votare per il segretario nazionale fino al giorno della Direzione che dava ufficialmente il via al congresso) e di mantenere aperti i tesseramenti fino al giorno delle votazioni per il segretario nazionale.
Una decisione da rivedere alla luce dei recenti fatti, per Cuperlo. Che ieri sera intervistato da Lilli Gruber ha criticato l’intervento alla Leopolda del finanziere Davide Serra, e la mancata reazione che c’è stata tra chi era seduto nelle prime file (un riferimento a Fassino, Franceschini e non solo): «Alla Leopolda, dopo l’intervento sul palco di un impreditore della City di Londra che ha accusato della crisi i sindacati, i partiti, i pensionati che ruberebbero futuro ai giovani, avrei voluto che gli esponenti del mio partito lì presenti e che occupano posti di responsabilità avessero reagito, avrei voluto anche un segretario meno garbato che avesse detto a quell’imprenditore di Londra “vergognati”, perché in gioco sono gli ideali del nostro Pd».
(Simone Collini - l'Unità)
Scritto il 02 novembre 2013 alle 12:23 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (19)
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Scritto il 02 novembre 2013 alle 08:00 | Permalink | Commenti (3)
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Scritto il 01 novembre 2013 alle 16:30 nella Politica | Permalink | Commenti (28)
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Scritto il 01 novembre 2013 alle 00:14 | Permalink | Commenti (0)
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