ATTENZIONE! Questo è un blog dedicato alla politica pornografica, o alla pornografia politica! Aprire con cautela!
« dicembre 2013 | Principale | febbraio 2014 »
Scritto il 12 gennaio 2014 alle 08:01 | Permalink | Commenti (5)
Reblog
(0)
|
| |
Recensione del film "Moliére in bicicletta" (di Angela Laugier)
Titolo originale: Alceste à bicyclette
Regia: Philippe Le Guay
Principali interpreti: Fabrice Luchini, Lambert Wilson, Maya Sansa, Laurie Bordesoules, Camille Japy – 104 min. – Francia 2013
Serge, anziano attore cinematografico (Fabrice Luchini), aveva deciso da tempo di abbandonare le scene e anche la vita che aveva condotto per lungo tempo, ritirandosi a Le Ré, un’isoletta dell’Atlantico, non lontana da La Rochelle, a cui è collegata da un bel ponte autostradale. Conducendo una vita molto sobria, era riuscito a sopravvivere nella casa ereditata, riducendo al minimo i propri rapporti sociali, ignorando quasi totalmente il consorzio umano e “civile” e dedicando il proprio tempo quasi completamente alla pittura e alla lettura. In modo particolare, egli continuava a rileggere il suo amato Molière, “il più grande scrittore francese” del quale apprezzava soprattutto Le Misantrope, cioè l’opera teatrale più complessa, quella che, fin dalla sua pubblicazione, aveva acceso grandi discussioni fra gli intellettuali *. La predilezione di Serge indicava forse la propria identificazione con Alceste, l’eroe che aveva scelto l’isolamento quando gli erano diventati insopportabili i vizi della società in cui era costretto a vivere, oppure nascondeva la segreta voglia di recitarne la parte, una volta o l’altra nella vita?
Sicuramente Serge ignorava che qualcun altro avesse pensato di riportarlo sulla scena, almeno per il teatro: il suo ex collega e amico Gauthier Valence, popolarissimo per essere il personaggio più importante di un serial televisivo, lo aveva raggiunto, infatti, a Le Ré per offrirgli una parte nel Misantrope.
La proposta era dapprima stata rifiutata; in seguito Serge, che adorava Alceste, aveva accettato, a patto però di recitare proprio quella parte, la più interessante e impegnativa, sospesa com’è fra dramma e comicità: per questa ragione era entrato in competizione con Gauthier, che aveva individuato in quel ruolo un passaggio decisivo per la sua futura carriera.
Il contrasto iniziale determina, pertanto, durante le prove, uno scontro continuo, condotto con decisione a suon di versi alessandrini **, senza escludere però il ricorso ad altre aggressioni e colpi bassi, soprattutto da parte di Gauthier, ma, verrebbe da dire, “secondo copione”, poiché entrambi mettono in atto esattamente il gioco delle parti del Misantropo, non sulla scena, ma nella vita, ciò che conferma l’eterna attualità e la profonda verità di quel capolavoro.
Sembra che il regista, che è lo stesso del precedente film con Luchini, Le donne del sesto piano, abbia voluto tratteggiare, ricorrendo a Molière, molto amato da Luchini, alcuni aspetti del carattere di questo bravissimo attore. Ci ha dato, in verità, un film colto, interessante e gradevole, splendidamente interpretato anche da Gauthier, Lambert Wilson, lo stesso attore che qualche anno fa aveva interpretato la parte del priore Christian nel bellissimo Les hommes et les Dieux, stoltamente ribattezzato nella nostra lingua Uomini di Dio.
Presentato con successo al Torino Film Festival che si è appena concluso, Molière in bicicletta è ora presente nelle sale di alcune regioni italiane.
*Le discussioni sul Misantrope di Molière vertono principalmente sul personaggio di Alceste, nel quale non è possibile vedere solo l’ uomo intrattabile e di cattivo carattere che appare a prima vista: egli è infatti anche il portatore di una visione del mondo del tutto nuova e rivoluzionaria, grazie alla quale i valori dominanti dell’intera società vengono rifiutati per le ingiustizie che producono e per l’ipocrisia che ne cela la sostanziale violenza e aggressività. Questo aspetto dell’opera, che indirizza verso una lettura pre-illuminista di Molière, fu immediatamente colto fin dalle prime rappresentazioni e fu all’origine di una serie di letture successive, che fino ai nostri giorni tendono a mettere in evidenza le intuizioni progressiste di questo grandissimo scrittore.
Angela Laugier
Scritto il 12 gennaio 2014 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
Reblog
(0)
|
| |
Piemonte, si cambia: ...mutatis mutandis?
...mi ricordo mutande verdi... pensavo di aver avuto un'idea originale nel cercare di comporre, in onore di Cota Chi, dei versetti sulla metrica di "Mi ricordo montagne verdi" (l'unica canzone che abbia cantantato la mono-cantante Marcella Bella)...
Dunque, alla ricerca del testo, ho digitato il titolo della canzone su "gogol", e anzichè trovare ciò che cercavo, sono stato travolto da una slavina di battutacce, link, fotomontaggi su Cota e sulle sue mutande... Ho lasciato perdere. Avevo solo avuto un'idea "originale" insieme a cira 10 milioni di italiani che avevano avuto la stessa idea originale...
Dal mare di ironia, ho estratto il testo di "Fronte del Video" di Maria Novella Oppo, che trascrivo in calce:
Con Berlusconi decaduto e Cota annullato, ci manca solo che Scajola venga rapito dagli alieni (ovviamente a sua insaputa) e poi il quadro è completo. Senza considerare che, prima di essere annullato, Roberto Cota era già entrato nella Storia per le sue mutande color verde padania; unico uomo al mondo a portare la bandiera della sua (per fortuna inesistente) patria, non nel cuore, ma sul culo, oltre a tutto a spese del contribuente e all’insaputa del contribuente stesso.
E ora che il contribuente lo ha saputo, piove sul bagnato, pardon sullo smutandato, con la decisione del Tar di far tornare al voto i piemontesi. I tg ci hanno comunicato la notizia all’ora di pranzo, facendola subito seguire dalle reazioni degli interessati. Soddisfatta l’ex governatrice Bresso, mentre Cota ha avuto il coraggio di parlare di persecuzione e di vergogna (forse la sua). Con il segretario leghista Salvini che ha denunciato l’attacco alla democrazia, sistema che notoriamente consiste nel falsificare le elezioni.
Scritto il 12 gennaio 2014 alle 00:13 | Permalink | Commenti (10)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 11 gennaio 2014 alle 19:58 | Permalink | Commenti (5)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 11 gennaio 2014 alle 00:10 | Permalink | Commenti (14)
Reblog
(0)
|
| |
Più di duecento scale percorrono la città dal mare alla collina. Erano state abbandonate all'incuria. Ora vengono recuperate. Per il trekking urbano e la meraviglia dei turisti (di Natella Bernabò Silorata - l'Espresso)
Duecento scale e forse più, tra "gradonate" e "pedamentine" storiche, percorrono Napoli dal mare alla collina. Un sistema viario antico e intelligente, poi surclassato dalle logiche del trasporto moderno, infine abbandonato all'incuria. E che ora torna a far parlare di sé, complici una rinnovata voglia di lentezza, nuove mode come il trekking urbano, azioni di public art, e una ritrovata voglia di riscatto che percorre la Napoli migliore.
Poche settimane fa la Fai Marathon ha riportato sulla trecentesca Pedamentina di San Martino più di 1.500 persone in una sola mattinata, soprattutto napoletani, che per la prima volta hanno percorso la "città obliqua" cantata da Edoardo Bennato. Ma è un comitato civico formato da circa venti associazioni, in testa Legambiente Neapolis 2000 con Wwf Napoli e Cittadinanza Attiva, il vero motore della rinascita: il Coordinamento Recupero Scale di Napoli da quasi vent'anni incalza le istituzioni impegnate in opere mastodontiche come le metropolitane e dimentiche di queste vie verticali, spesso invisibili, segmentate da gradini, incuneate nel cemento contemporaneo o spalancate su panorami mozzafiato, a tratti cancellate da colate di asfalto. Manca qualsiasi forma di segnaletica stradale o turistica, e manca pure una mappa turistica completa per orientarsi tra queste scorciatoie ed erte vie: una guida, seppur non esaustiva, è il piccolo volume fotografico di Simone Florena ("Scorciatoie", Tullio Pironti editore).
Ma sono più di 200 i percorsi pedonali censiti dal Coordinamento: 135 scale vere e proprie e 69 "gradonate", molte in uno stato di completo abbandono e degrado. È la sintassi segreta della città e ne racconta la storia, la cultura e il paesaggio; ma è anche una straordinaria risorsa per una mobilità urbana sostenibile. Da qui il "Manifesto per il recupero delle scale" che stigmatizza le criticità e avanza istanze di tutela e valorizzazione di un patrimonio ancora sottovalutato.
Ma qualcosa inizia a muoversi in città. Nel giugno scorso, sullo scalone monumentale di Montesanto, opera del Filangieri del 1880, ha aperto Q.I., Quartiere Intelligente, primo esperimento in città di smart city: dal recupero di un vecchio opificio, di un edificio tardo ottocentesco e di un terreno incolto è nato questo spazio di produzione artistica e non solo. Iniziativa coraggiosa di alcuni privati. Il primo risultato raggiunto è stato quello di riaccendere i riflettori su questa spettacolare scalinata a balze - lungo le quali Vittorio De Sica girò alcune scene del "Giudizio Universale" - riuscendo così a spazzare via siringhe e incuria. La gente è tornata a salire e scendere per queste scale dove periodicamente il Quartiere Intelligente allestisce un mercatino del biologico e del riuso, di sera proietta video d'artista sulla parete verticale di un edificio e nel terreno incolto ha fatto crescere un orto didattico per i bambini del quartiere.
Lo scalone di Montesanto si riallaccia idealmente con la Pedamentina di San Martino, il percorso pedonale più lungo e antico della città: 414 gradini che collegano, rampa dopo rampa, la collina del Vomero con il ventre della città, la Certosa di San Martino con Spaccanapoli. Nelle guide straniere viene segnalata per la bellezza degli scorci: si scende in una dimensione inattesa, fatta di silenzi irreali, vigne e scampoli di campagna, casali riattati e panorami che dilatano lo sguardo. La percorrono i turisti stranieri e i residenti, uniti questi ultimi in un comitato che si batte per la tutela del posto e la sua valorizzazione. La prima rampa che parte dalla balconata di San Martino continua a essere oltraggiata da vetri e bottiglie rotte lanciate di notte dai ragazzi che festeggiano sul piazzale (usanza ottusa, più volte denunciata); ma basta scendere al secondo tornante e la vista del golfo con il Vesuvio riaccende l'incanto. È qui che il violinista Pasquale Nocerino e la moglie Giovanna, ballerina classica, hanno aperto un b&b in un casale che doveva essere una pertinenza della Certosa. L'arte pare sia di casa tra queste scale dove soggiornò anche Baudelaire e dove Marguerite Yourcenar ambienta il racconto "Anna soror". Pochi giorni fa le prime rampe sono state per la prima volta il set di un'azione di arte pubblica, Flabby Fluo, del collettivo Semmai Factory a cura di Simona Perchiazzi mentre il Teatro Dissolto ha messo in scena i "Racconti del Solstizio" con la musica africana di Ibrahim Drabo.
Quasi in parallelo con la Pedamentina, dall'altra parte della collina del Vomero scende il Petraio, tortuosa fuga di scale che da via Annibale Caccavello giunge sino al corso Vittorio Emanuele. Percorso di pietre che sfiora la Vigna di San Martino (l'appezzamento agricolo di sette ettari un tempo dei monaci e oggi proprietà del gallerista Peppe Morra, monumento nazionale per la valenza storica e paesaggistica), gli eleganti palazzi liberty del Vomero e i tipici "bassi" partenopei che qui però hanno finestre panoramiche, verande e terrazzini. Dal corso Vittorio Emanuele partono rampe storiche in salita e in discesa che portano spesso a luoghi incredibili come il complesso di San Nicola da Tolentino dove l'AltraNapoli, la fondazione attiva nel Rione Sanità, ha avviato un progetto di recupero del convento e dei giardini storici con l'apertura di una foresteria. Da piazzetta Cariati parte la rampa di Santa Caterina da Siena che scende sino all'omonima chiesa, capolavoro del tardo barocco meridionale e sede di concerti della Fondazione Pietà dei Turchini . Si infila nei vicoli dei Quartieri Spagnoli la bella scala di San Pasquale a doppia rampa a curva che passa del tutto inosservata; scende giù sino alla Pignasecca la lunga e ripida via gradinata di Sant'Antonio ai Monti, prolungamento della seicentesca salita Cacciottoli che parte da piazza Leonardo al Vomero: un budello stretto che taglia il tufo giallo napoletano, passa sotto il ponte del Corso Vittorio Emanuele e prosegue tra le porte e le finestre dei bassi con le tv accese, un paio di chiese abbandonate e i panni stesi al sole. Il primo tratto è ben poco invitante, solitario e sporco; il secondo offre spaccati di varia umanità ed emarginazione sociale.
Altra storia sono le scale di Santa Maria Apparente e quelle di via Vetriera che conducono, zigzagando tra i vicoli, alle strade eleganti di Chiaia. Come anche le Rampe Brancaccio e la bella gradinata di Sant'Andrea. A Chiaia sbuca la Calata San Francesco, altro tracciato storico che compare nel 1775 nella mappa della città del Duca di Noja. Le associazioni culturali sul territorio (Insolitaguida, Lo Sguardo che trasforma, Medeart) organizzano visite teatralizzate e passeggiate narrate, perché bisogna percorrerle queste strade per riappropriarsene. Se infatti le pedamentine del Vomero e di Posillipo - come San Pietro ai due Frati, via del Fosso, Marechiaro e su tutte la discesa Gaiola che serpeggiando tra orti e vigneti conduce al parco marino sommerso e alla villa romana di Pausilypon - sono in buone condizioni e quasi tutte percorribili, quelle che collegano la collina di Capodimonte con via Foria versano ancora in uno stato di incuria e abbandono. Il Moiariello, il "piccolo moggio" che dal Real Orto Botanico sale sino alla Reggia di Capodimonte e all'Osservatorio astronomico voluto dai Borbone sul colle di Miradois, è un percorso che affascina e sgomenta: la chiamano la Posillipo dei poveri per il panorama; un tempo ci salivano le carrozze, oggi ogni rampa è un cumulo di immondizia, carcasse di motorini e scritte vandaliche. Sulla stessa collina si arrampicano anche i gradini Miradois e la Salita della Riccia che culmina proprio all'Osservatorio astronomico, nonché i gradini di Vico Paradisiello.
A monte e a valle ci sono i musei più importanti della città: Capodimonte, il Museo Archeologico Nazionale e il Madre. Solo questo dovrebbe bastare, come chiedono cittadini e comitati, per mettere in sicurezza percorsi che qualcuno ricorda anche per le scene di "Ieri, oggi e domani", il film di De Sica con Sofia Loren sui gradini di via Giuseppe Piazzi. Le potenzialità turistiche sono tante. Legambiente, che periodicamente pulisce lo scalone ottocentesco della Principessa Iolanda al Tondo di Capodimonte, promuove il trekking urbano; la pro loco Capodimonte e il Coordinamento Scale si danno da fare, ma non è semplice: quello che era un piccolo borgo rurale in mezzo alla collina verde è oggi la cerniera di collegamento tra Capodimonte e i Miracoli, tra degrado e illegalità. Le due Napoli ancora si fronteggiano.
Natella Bernabò Silorata
Scritto il 10 gennaio 2014 alle 22:39 | Permalink | Commenti (1)
Reblog
(0)
|
| |
Siamo in un’Italia dove le famiglie di malati si sentono in dovere di difendere personaggi come Vannoni (professore di filosofia) nella speranza di una cura che giorno dopo giorno si sta rivelando un’ennesima bufala utile a far fare soldi a chi l’ha progettata.
Una nazione dove giusto ieri Renzi ha dichiarato che il ministro dell’economia deve essere un politico, come se fosse normale che il medico che vi deve operare risponda a logiche di appartenenza piuttosto che di competenza.
Una nazione dove il presidente del consiglio, in luogo di rispettare le promesse fatte al tempo della sua investitura, gestisce una serie di ridicoli personaggi che al posto di rendersi conto della situazione decidono di deliberare un “milleproroghe” dove fra rivoli e fiumicelli tutti i boiardi di stato ricevono ricompense economiche degne del periodo della caduta di Roma.
Un presidente del consiglio che non ha ancora chiesto scusa per la sequenza imbarazzante delle retromarce con grattata relative ai soldi da restituire (???) da parte degli insegnanti, della retroattività di norme finanziarie assurde, di tasse locali su cui abbiamo avuto decine di ripensamenti senza alcuna logica, di libertà di imposizione fiscale ai comuni che comportano chiusure multiple di aziende ed attività commerciali.
Un esempio ? Le cartelle TARSU che arrivano oggi alle aziende sono basate non sulla produzione di rifiuti (più generi, più paghi, come sarebbe ovviamente logico - atteso il fatto che in questa maniera le aziende sarebbero incentivate alla differenziazione ed all’ottimizzazione dei loro cicli produttivi) - ma sulla superfici, con un valore folle di circa 7 euro a metro quadro.
Significa che, per esempio, se avete una falegnameria localizzata in un piazzale di 4000 metri quadri che ricicla al 100% i rifiuti (evidentemente) oggi siete obbligati a pagare una TARSU pari a circa 28.000 euro l’anno: in altri termini, pagate circa 1500 euro mensili di affitto della struttura produttiva, ricevete circa 200 euro mensili dalla vendita delle polveri di legno, generate circa 5 chili al giorno di spazzatura complessiva e pagate 2.333 euro al mese per la gestione del rifiuto solido urbano.
In altri termini, la raccolta della vostra spazzatura minuta vi costa la sciocchezza di 21 euro al chilo: un aiuto facile facile a chi vuole fare impresa, non bastassero i costi iperbolici del lavoro, dell’energia e della burocrazia in Italia: invece di impegnarsi a risolvere queste macroscopiche boiate i politicanti da strapazzo continuano a fissarsi sull’evasione fiscale, che varrebbe 300 miliardi di l'anno (salvo verificare che il carico fiscale sulle aziende vale il 70% delle marginalità generate).
Guardiamo il risultato di certe liberalizzazioni e privatizzazioni; costo energia e telefono tra i più alti d'Europa; svendita di imprese statali floride a società estere con perdita di posti di lavoro qualificato; "ignoranza" della struttura sociale e geografica italiana con impoverimento dei piccoli centri di tutti i servizi essenziali (poste, ambulatori, farmacie, negozi di vicinato).
Aggiungiamo la quasi totale assenza (copertura del 14%) di accesso alla banda larga con esclusione di larga parte della popolazione, che da vari studi varrebbe circa il 3% del PIL.
Ci vorrebbe più coraggio e un po' più di fretta: Perché non subito alcune leggi a costo zero? Per esempio:
Quanto valgono queste leggi ? In termini di risparmio circa 22 miliardi di euro l’anno, mentre per maggiori entrate la CGIA di Mestre stima in circa 17 miliardi l’anno il plusvalore generato: in definitiva, circa 39 miliardi di euro di margine generato ogni anno.
Letta ? non pervenuto.
Per il futuro, Aγεωμέτρητος μηδεὶς εἰσίτω.
Axel
Scritto il 10 gennaio 2014 alle 21:26 nella Axel, Economia, Politica | Permalink | Commenti (3)
Reblog
(0)
|
| |
Da una copertina di "Cuore" del Giugno 1994
...da quella copertina di Cuore sono trascorsi vent'anni, ma se quel prezioso foglio diretto da Michele Serra esistesse ancora, potrebbe rifare quel titolo per l'ennesima volta, senza problemi. Non c'è niente di più vecchio del "finto nuovismo"... Tafanus
“Non puoi dare dei soldi e poi chiederli indietro. Non siamo su Scherzi a parte”.
Così si esprimeva Matteo Renzi, giusto l'altro ieri, sui 150 euro di trattenuta chiesti agli insegnanti dal ministero dell’Economia. “A sentire queste cose io mi arrabbio” aveva aggiunto. Peccato che il segretario democratico abbia dimenticato di arrabbiarsi anche per i suoi dipendenti – i lavoratori del Comune di Firenze – cui è capitata una sorte ben peggiore di quella dei docenti poi salvati dopo un incontro a tre tra Letta, Saccomanni e Carrozza.
Tutto inizia nel 2008, quando un consigliere comunale invia un’interrogazione all’allora ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta. Alcuni ispettori del ministero dell’Economia vengono inviati a Palazzo Vecchio per indagare sulle indennità accessorie dei dipendenti. Ogni lavoratore, infatti, riceveva circa mille euro lordi come “salario di produttività”, corrisposto annualmente nel mese di maggio. Quel mese Renzi viene eletto primo cittadino e gli ispettori si rivolgono alla sua giunta: chiedono a più riprese informazioni e chiarimenti. Passano gli anni e nel 2012 il Comune inizia a tagliare le retribuzioni dei dipendenti, assottigliando sempre più la parte variabile (che rappresenta il 20% del totale).
Intanto, l’indagine sul salario di produttività passa nelle mani della Corte dei Conti, e tra agosto e settembre dello scorso anno 3233 dipendenti comunali ricevono altrettante lettere di messa in mora:
“Con la presente il Direttore delle risorse umane, in nome e per conto del comune di Firenze, a seguito dell’ispezione del ministero dell’Economia e delle finanze […], fa presente che la S.V. risulta aver percepito, nel periodo 2003-2012, indennità non dovute in quanto contrastanti con le norme del CCNL vigenti”.
Il Comune, in sostanza, chiedeva indietro i soldi corrisposti nell’arco di nove anni. E li chiedeva ai lavoratori ancora in servizio (1860 persone), ma anche ai pensionati e ai precari già “scaduti”. Le cifre pretese, infatti, variavano dai 100 euro ai 18mila euro, anche se in media ogni lavoratore si è visto reclamare tra i 4mila e i 6mila euro.
“Ci ha molto sorpreso l’indignazione di Renzi sulla vicenda dei docenti – racconta Stefano Cecchi, segretario toscano dell’Usb e membro dell’Rsu del comune di Firenze – Di noi non si è mai interessato. Anzi, da quando è sindaco la nostra condizione non ha fatto che peggiorare”. Oltre ai soldi richiesti ai lavoratori con le lettere di messa in mora, già nel 2012 la giunta Renzi aveva cancellato il salario di produttività e l’indennità di turno agli asili nido, oltre ad altre cifre accessorie. Tanto che il 14 febbraio scorso oltre 2mila dipendenti comunali avevano sfilato in corteo da Palazzo Vecchio alla sede della Corte dei conti, per protestare contro i tagli e contro le indagini sulle indennità. Il sindaco, allora, aveva definito la manifestazione come “un atto istituzionalmente molto grave”, sostenendo che i lavoratori in agitazione volessero creare “soltanto un clima di tensione”.
In effetti Cecchi – che oltre ad essere sindacalista è anche un dipendente comunale – denuncia un forte malcontento da parte dei suoi colleghi: “Grazie ai tagli salariali, oggi la mia retribuzione è la stessa del 2007. Rispetto al periodo pre-Renzi, in cui guadagnavo 1700 euro netti, ora ne porto a casa 1545, dopo 35 anni di servizio. Senza contare il salario di produttività, ovvero i mille euro annuali che ci sono stati tolti nel 2012. Il danno economico, per le famiglie, è enorme”. Sulla questione delle lettere di messa in mora, poi, la rabbia cresce: “Renzi se ne lava le mani. Dice che è un atto dovuto perché emanato dalla Corte dei conti, e che lui non può farci niente”.
Nel frattempo, però, i dipendenti hanno diffidato l’amministrazione comunale del procedere al recupero delle somme. Nelle lettere di messa in mora, infatti, il Comune chiedeva di concordare entro lo scorso 31 dicembre il piano di rientro, che sarebbe comunque scattato in maniera coatta entro il 2014. Grazie alle diffide la procedura, almeno per il momento, dovrebbe essere bloccata. A fine ottobre, tra l’altro, i lavoratori avevano nuovamente manifestato contro le lettere ricevute, “occupando” il cortile della Dogana di Palazzo Vecchio. Ai 1500 dipendenti “in assemblea” Renzi aveva risposto con durezza, accusandoli di aver procurato un danno economico alla città, rendendo impossibile l’accesso dei turisti al palazzo.
“Renzi ci ha tolto 2mila euro l’anno perché per lui siamo una zavorra – conclude Cecchi – Il tutto mentre i ‘suoi’ lavoratori, assunti a chiamata, guadagnano molto più degli altri per le stesse mansioni. D’altronde noi, che siamo stati assunti per concorso, la fedeltà l’abbiamo giurata alla Costituzione. E non a Matteo Renzi, come i suoi fedelissimi”.
(Maria Elena Scandaliato)
Scritto il 10 gennaio 2014 alle 15:37 | Permalink | Commenti (0)
Reblog
(0)
|
| |
Questa prima analisi del "Giobatta" di Renzi è presa di proposito da un giornale - Il Fatto Quotidiano - che, anche attraverso l'opera diuturna di Andrea Scansi, ha appoggiato "senza se e senza ma" l'assalto alla dirigenza di Matteo Renzi, lo statista di Frignano sull'Arno. Così magari evitiamo di essere accusati di aver cercato l'opinione di qualche giornale "'de sinistra". Ma... a proposito... c'è ancora, un giornale di sinistra, in Italia? Tafanus
Quanto c'è di nuovo e di fattibile nel progetto del segretario Pd. Ecco un'analisi delle proposte principali: servono due miliardi per ridurre l'Irap, salgono i prezzi dell'energia e la legge sui sindacati è già in Parlamento. Una volta licenziabili, i dirigenti pubblici saranno più legati alla politica. E il contratto unico sembra ancora lontano
Taglio dell’Irap del 10 per cento finanziato dall’aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie. L’Irap vale 33 miliardi all’anno e serve a finanziare la sanità delle Regioni. Ammesso che Renzi voglia ridurre del 10 per cento solo l’Irap privata, che vale una ventina di miliardi, dovrebbe comunque trovare 2 miliardi di copertura, un aumento del carico fiscale di circa il 20 per cento, non poco.
Energia: ridurre il costo del 10 per cento per le aziende attraverso un taglio degli “incentivi cosiddetti interrompibili”. Martedì sera a Otto e Mezzo Renzi aveva un’idea completamente diversa: tagliare gli oneri di distribuzione, cioè far pagare il conto alle reti (Terna e Snam) e ai venditori di energia. La nuova proposta invece mira a ridurre quei 600-700 milioni all’anno dati a grandi aziende disposte a subire un’interruzione della fornitura di energia. Il costo viene scaricato sulle altre imprese. Tagliare questi incentivi “interrompibili” avrà come effetto immediato quello di far salire i costi per alcune grosse aziende.
Assegno universale per chi perde il lavoro, con obbligo di seguire un corso di formazione e di non rifiutare più di una proposta di lavoro. L’assegno universale esiste già, è l’Aspi e la mini-Aspi introdotta dalla riforma Fornero nel 2012 e perde il diritto a riceverla chi “non accetti una offerta di un lavoro superiore almeno del 20 per cento rispetto all’importo lordo dell’indennità cui ha diritto”. L’unica cosa che Renzi può fare è ridurre i requisiti necessari per accedere all’Aspi. A meno di non voler rivedere del tutto gli ammortizzatori sociali a partire dalla cassa integrazione
Obbligo di rendicontazione online ex post per ogni voce dei denari utilizzati per la formazione professionale finanziata da denaro pubblico. Il pozzo oscuro della Formazione professionale è bene che sia illuminato perché assorbe circa 600 milioni l’anno senza controlli. Non è detto, però, che una volta controllati i fondi il lavoro lo si crei davvero o i corsi divengano davvero formativi.
Eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. Serve a contrastare l’inamovibilità dei dirigenti della Pa anche se incapaci. Eliminare la garanzia dell’incarico a tempo indeterminato rende i dirigenti più soggetti alla politica.
Trasparenza: amministrazioni pubbliche, partiti, sindacati devono pubblicare online ogni entrata e ogni uscita. Sarebbe una novità positiva, in particolare per le spese delle Pubbliche amministrazioni. Ma anche per partiti e sindacati, finora esentati dal rendere trasparenti i loro bilanci (...già... una buona idea. Peccato che Renzi non abbia sottolineato il fatto che anche senza "obblighi di legge" il PD - che in teoria è ANCHE il suo partito - ha i bilanci certificati da sempre... NdR)
Nuovi posti di lavoro. Per sette settori (Cultura-Turismo-agricoltura, Made in Italy, Ict, Green economy, Nuovo Welfare, Edilizia , Manifattura), il Jobs Act conterrà un singolo piano industriale. Il cuore del “piano del lavoro” di Renzi non ha concretezza. Si limita ai titoli.
Presentazione entro otto mesi di un codice del lavoro. Il Codice del lavoro forse va presentato prima di otto mesi, il tempo delle attese non era finito?
Riduzione delle varie forme contrattuali, oltre 40. Processo verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti. Le forme di lavoro previste dalle attuali normative sono, probabilmente, 40 ma quelle utlizzate non arrivano a dieci (tempo indeterminato o determinato, contratti a progetto, lavoro interinale, lavoro stagionale, le “false” partite Iva, lo staff leasing e poco altro). Il contratto unico indeterminato è stato proposto inizialmente da Tito Boeri e Pietro Garibaldi e si basa sull’idea che basti una forma contrattuale in cui il raggiungimento di tutte le garanzie avvenga nell’arco di tre anni. Una razionalizzazione che va verso la stabilità solo se spazza davvero via tutte le tipologie contrattuali esistenti. Se si trasforma in un “processo” potrebbe significare solo un nuovo modo di chiamare la realtà esistente.
Agenzia Unica Federale che coordini i centri per l’impiego, la formazione e l’erogazione degli ammortizzatori sociali. La novità più rilevante attiene alla possibilità di erogare gli ammortizzatori sociali da parte di un’Agenzia unica che sostituirebbe l’Inps. I Centri per l’impiego sarebbero frequentati in modo significativo. Ma i 556 Centri diffusi in Italia danno lavoro solo al 3,7% dei richiedenti, mentre in Germania la percentuale è del 13. L’agenzia unica può servire a coordinare meglio ma, al fondo, la differenza sarà fatta dalle effettive opportunità di lavoro.
Legge sulla rappresentatività sindacale e rappresentanti eletti dai lavoratori nei Cda delle grandi aziende. La legge è già in discussione alla commissione Lavoro della Camera. La si potrebbe approvare in poche settimane rendendo felici sia la Fiom che la Cgil. Sull’ingresso nei Cda delle aziende: il sistema tedesco, la Mitbestimmung, prevede la presenza dei lavoratori in Consigli di sorveglianza con possibilità di intervenire sulle scelte aziendali e, anche, di nominare i manager. Ma non di divenire azionisti o amministratori dell’impresa.
di Salvatore Cannavò e Stefano Feltri
...ora attendiamo con ansia che arrivi l'arringa del difensore d'ufficio Andrea Scansi. Vi terremo informati. Tafanus
Scritto il 10 gennaio 2014 alle 15:02 | Permalink | Commenti (0)
Reblog
(0)
|
| |
Come in una qualsiasi "seduta spiritica" alla Leopolda, il Renzino vorrebbe che fossero i seguaci ad indicargli la Via attraverso i tweet. Primo esempio al mondo di sedicente leader-pifferaio che anzichè indicare la via ai topolini, chiede che siano questi ad indicare la via a lui. Mi raccomando, con un tweet. Massimo 160 lettere, firma inclusa...
Il giudizio di Massimo Giannini
Scritto il 10 gennaio 2014 alle 08:00 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (6)
Reblog
(0)
|
| |
Diar Mattio,
Ai ev giast red ioa fantastik "Giobatta". Pliis eksept mai congratiulascions. Ai ev neva redd sach e quontiti ov nonsenses oll tugheda. Mai guaif end ai spent oll di afternuun traing tu andestend guere iou ev idden di content ov you proposals, bat gui ev non biin ebol tu find it. At present, gui onli faund di index.
Vuud iu caindli send as (ESEP, i.e. es suun es possibol) tu lains bai imeil, guid e link tu di content ov ioa fantastik Giobatta?
Gui vuud appricieit veri mach.
Pliis, ecsept aua best rigards.
Antonio end Marisa Crea (pliis pronaunz "Antonio end Marisa Crea")
Scritto il 09 gennaio 2014 alle 18:40 | Permalink | Commenti (13)
Reblog
(0)
|
| |
...già... more solito... Renzi non fa proposte, con costi, tempi, attribuzione di compiti. Scrive titoli. Stamattina su "Cofee Break", quando la noiosa ed insistente conduttrice ha chiesto più volte al suo guru Yoram Gutgeld dove avrebbe preso le risorse, il renzino ha avuto solo risposte balbettanti, del tipo "ai dettagli stiamo lavorando".
La Panetta, a furia di metterlo nell'angolo, è riuscita a fargli "confessare" che le risorse complessive per i senza-lavoro (cassa integrazione, sussidi di disoccupazione, ed altro) sono 24 miliardi, e quelle resteranno. Insomma, abbiamo capito che il nuovo reddito tanto strombazzato per i senza lavoro Renzi lo ricaverà da una dimunuzione di ciò che c'è già: cassa integrazione e sussidi di disoccupazione. Redistribuzione. Renzi toglierrà qualcosa ai poveri per dare l'elemosina ai poverissimi.
Magnifico! Neanche il peggior Berlusconi!
____________________________________________________
Il "Giobatta" del Renzino (...si... la vita è tutto un twet...)
IL TESTO DEL "JOBS ACT" (Pronunciare "Giobatta")
L'obiettivo è creare posti di lavoro, rendendo semplice il sistema, incentivando voglia di investire dei nostri imprenditori, attraendo capitali stranieri (tra il 2008 e il 2012 l'Italia ha attratto 12 miliardi di euro all'anno di investimenti stranieri. Metà della Germania, 25 miliardi un terzo della Francia e della Spagna, 37 miliardi). Per la Banca Mondiale siamo al 73° posto aal mondo per facilità di fare impresa (dopo la Romania, prima delle Seychelles). Per il World Economic Forum siamo al 42° posto per competitività (dopo la Polonia, prima della Turchia). Vi sembra possibile? No, ovviamente no. E allora basta ideologia e mettiamoci sotto
Parte A – Il Sistema
Parte B - i nuovi posti di lavoro
Per ognuno di questi sette settori, il JobsAct conterrà un singolo piano industriale con indicazione delle singole azioni operative e concrete necessarie a creare posti di lavoro.
Parte C - Le regole
Su questi spunti, nei prossimi giorni, ci apriremo alla discussione. Con tutti. Ma con l'idea di fare. Certo ci saranno polemiche, resistenze. Ma pensiamo che un provvedimento del genere arricchito dalle singole azioni concrete e dalla certezza dei tempi della pubblica amministrazione possa dare una spinta agli investitori stranieri. E anche agli italiani. Oggi stimiamo in circa 3.800 miliardi di euro la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane. Insomma, ancora qualcuno ha disponibilità di denari. Ma non investe perché ha paura, perché è bloccato, perché non ha certezze.
Noi vogliamo dire che l'Italia può ripartire se abbandoniamo la rendita e scommettiamo sul lavoro. In questa settimana accoglieremo gli stimoli e le riflessioni di addetti ai lavori e cittadini (matteo@matteorenzi.it). Poi redigeremo il vero e proprio Jobs Act.
_____________________________________________________
Bene, cioè male. Questo è TUTTO, cioè NULLA: un sommarietto. Una serie allucinante di sibilo da apertura di buste di caffè Gah sottovuoto. Parafrasando il titolo di un celebre film:
Sotto il vestito, niente
P.S.: Poichè, com'è arcinoto, io sono risaputamente stronzo, mi sono divertito a fare un "copia & incolla" dell'intero "Giobatta" su Word, che dispone della funzione "contraparole". Beh, questo attesissimo documento di Renzi (quello che fa in un mese ciò che altri fanno in otto anni), il documento che salverà l'Italia ed avvierà il Nuovo Rinascimento (vi ricorda qualcuno?) è costituito da ben 739 parole. Tradotto: una serie di baci perugina per complessive pagine 1,5 su un qualsiasi documento in formato word, interlinea 1,5, Arial 10. Provare per credere.
Per piacere, ridateci Berlusconi!
Tafanus
Scritto il 09 gennaio 2014 alle 13:15 nella Economia, Tafanus | Permalink | Commenti (22)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 09 gennaio 2014 alle 00:32 | Permalink | Commenti (3)
Reblog
(0)
|
| |
Mi scuso con quei lettori che non vorrebbero più sentir parlare di Renzi, magari per ragioni opposte: alcuni perchè hanno i conati di vomito tutte le volte che ne parlo male; altri che hanno i conati di vomito appena leggono il suo nome, lo vedono in TV, ne guardano una foto. Di Renzi si può e si deve parlare, perchè il pericolo "populismo" non è affatto scongiurato, e perchè temo come la morte - e quindi detesto - discorsi del tipo "dobbiamo votare Renzi perchè con Renzi si vince". Sfugge a costoro che Renzi non porterebbe alla vittoria noi, ma se stesso.
Non è ancora arrivato, ed è già segretario, si è ricandidato ufficialmente a fare il sindaco-ombra (cioè assente) di Firenze, sta facendo di tutto per sfasciare il PD e il governo e per creare attriti fra le sue componenti, e appena arrivato ha già riempito tutte le poltrone e le poltroncine di giovinette e giovanotti suoi: 12 in segreteria, ai quali si è aggiunto un "noto blogger", casualmente vicedirettore di Europa - il giornale diretto da Stefano Menichini, pagato coi soldi del PD, e votato anima e corpo alla propaganda renziana, e ieri ha messo a capo della futura Agenzia per il Lavoro (pardon... Job Agency) un altro suo ggiovane fervente tirapiedi di cui non ricordo manco il nome, che a sentirlo parlare ti da qualsiasi impressione, tranne che quella di un "esperto" del settore. Memento Yoram Gutgeld, quello che aveva avuto la brillante idea di ridurre il debito italiano dal 133% a 103% in tre anni. Dieci punti all'anno di PIL, più i tre punti annuali di deficit sotto i quali non riusciamo a scendere neanche con un mitra puntato alla tempia.
In fondo, il prode ex "senior partner" della McKinsey (non so se sapete cosa sia la McKinsey) per capirci, viene dalla stessa scuola da cui viene Passera, che prima di lasciare il governo si proponeva, a chiacchiere, di investire per un certo numero di anni 200 miliardi all'anno per lo sviluppo (...esticatzi...). Alla domanda di un giornalista su dove pensava di trovare 200 miliardi all'anno, aveva risposto, con aria complice, che non si potevano mica svelare tutti i segreti alla stampa!
Insomma, la McKinsey è una fucina di cervelli. Dove si insegna a pensare in grande. A pensare, perchè per imparare l'arte del fare è meglio, credo, seguire altri percorsi. Pensava in grande Passera, che avrebbe trovato 200 miliardi all'anno per lo sviluppo, e pensava in grande Gutgeld, che ne avrebbe trovati altri 200 per ripianare il debito. Siamo a 400 miliardi all'anno. Appena il 27% del PIL. Quattrocento miliardi (di euro) pari a 800.000 miliardi di lire: dieci vole la finanziaria monstre di Ciampi, per tre anni di seguito. Ditemi voi se il cazzarismo non pensa in grande. Pensa in grandissimo, altrochè...
Ma veniamo al male peggiore: non è il cazzarismo di quelli che sparano queste cifre XXL (formato McKinsey), ma di colui al quale 2.000.000 di italianuzzi corsi "in soccorso del vincitore", hanno consegnato le chiavi di casa e della cassaforte. E Renzi si sta prenbdendo via via anche tutte le altre. Cacciata la direttrice di Youdem, cacciata in blocco la vecchia segreteria, cacciato Fassina, ogni giorno infila lo scalpello in una crepa, la allarga, e quando è larga abbastanza, ci infila un'altra o un altro dei suoi. Quanto durerà tutto questo? Giusto il tempo perchè chi sperava di essere infilato da Renzi in una comoda buchetta, si renda conto di essere rimasto all'addiaccio, perchè non ci sono buchette per tutti.
Ma non è tanto la voracità di Renzi e dei suoi "seguaci" (pardon... "followers"), che mi spaventa. Questi finiranno con lo sbranarsi fra di loro. Ciò che mi terrorizza è la qualità di questo statista. Un battutista di scarsa cultura, di buona educazione migliorabile, e di scarsa memoria. Per cui incappa continuamente in battute che non fanno né ridere, né piangere. Fanno solo "cagare", per usare un francesismo. Come fanno cagare le barzellette sceme che da ragazzi ci siano sentiti infliggere decine di volte, senza trovare il coraggio di dire: "...zio, BASTA!... ce l'hai già raccontata cento volte!..."
Vogliamo ricordare qualcuna delle "barzellette dello zio"?
CAMPAGNA ELETTORALE E LE SUPERCAZZOLE - Durante la perenne campagna (obiettivo-civetta la segreteria, obiettivo vero poltrona di Palazzo Chigi), gli ho sentito dire almeno dieci volte - sempre con l'aria di chi stava genialmente improvvisando sul posto (on the spot), che "Dobbiamo dare dignità alla speranza" (o era "Dobbiamo dare speranza alla dignità"?). Ma tanto cosa cambia? comunque la si giri, è una frase da Baci Perugina, assolutamente priva di qualsiasi significato. Ma forse qualcunoi degli estimatori del renzino ce ne spiegherà il significato profondo che a noi - vecchi comunisti trinariciuti - sfugge totalmente. Qui non basta più un renzofilo, ci vuole un renzologo.
RENZI-SUPERMAN, O DELL'ARCI-EFFICIENZA - L'altro ieri Renzi, che come tutti sanno è persona di estrema modestia, ha spiegato che lui aveva fatto in tre giorni ciò che "gli altri" (non specifica chi) non erano stati capaci di fare in tre anni. E non specifica neanche COSA abbia fatto in tre giorni. Fantastico! Abbiamo così scoperto di avere in casa un tizio il cui tasso di efficienza, rispetto agli "altri" (generico) è di 365 a 1.
RENZI SUPERMAN SI ABBASSA IL RATING DI EFFICIENZA - Ma oggi, scordandosi - come al solito (as usual) - ciò che aveva proclamato due giorni prima, si abbassa il rating: dal rapporto 365:1 passa al rapporto 97:1... ahi ahi... Signor Sindaco... siamo in forte ribasso di autostima... Oggi infatti il signor sindaco ha rivendicato di aver fatto più lui in un mese che gli altri (undefined) in otto anni. Rapporto di efficienza sceso d'un colpo solo a 97:1, ma siamo pur sempre su risultati d'eccellenza... E' come correre i 100 metri piani in un secondo, mentre l'attuale record del mondo è di 9 secondi e rotti. Insomma, che culo che abbiamo avuto, a trovare uno come Renzi!
FASSINA CHI E FASSINA RI/CHI - Anche la battuta tamarra su Fassina l'ha detta come se stesse creativamente improvvisando, ma purtroppo per lui ci sono persone di memoria lunga anche sulle minchiatine. E così il Corrierone - che sembra averlo già mollato - ha scoperto che questa "battuta estemporanea" è vecchia di un anno, e puzza non solo di tamarraggine, ma anche di stantìo... Auguri al popolo italiano, che da anni si innamora sempre e solo di "spaccamontagne". Tafanus
Scritto il 09 gennaio 2014 alle 00:13 nella Renzi | Permalink | Commenti (6)
Reblog
(0)
|
| |
La segreteria ClubMed e il "Geo" Matteo
Il Berluschino che guida la sinistra
DUNQUE il Pd che ostenta lo snack Eataly non sta più per “Partito Democratico”, ma per “Panino Democratico”. E il «Fassina chi?» con cui Renzi ha liquidato il viceministro è rivelatore di un’arroganza pericolosissima.
Di sicuro c’è un sapore di complicità commerciale in quel marchio Eataly esibito sul pranzo a sacco («packed lunch» lo chiama Renzi) durante la pausa (anzi il «break») della riunione della segreteria. E c’è la solita protervia del parvenu della roba Calogero Sedara nel prendere finalmente possesso dei palazzi maltrattando gli antichi proprietari. Qualcuno deve pur dire a Renzi che ci vuole scienza e umanità nello scegliersi il grimaldello con cui sfasciare un vecchio mondo. Così come l’orrendo partito di plastica di Berlusconi umiliò la grande tradizione del moderatismo italiano, ora il partito-salsamenteria e la rottamazione, non più dei dinosauri ma dei dissidenti e dei non plaudenti come Fassina, sta umiliando la storia della sinistra italiana. Per essere più chiari: si capisce che Renzi combatta la vecchia nomenklatura, ma Fassina è nuovo quanto lui. E forse nell’imprinting e nel marchio d’origine, il Berlinguer di quello dovrebbe contare almeno quanto il Fonzie di questo.
E non si era mai vista, neppure ad Arcore, la pubblicità del cibo dell’uomo-marketing, l’amico Oscar Farinetti che sarà pure di sinistra ma è innanzitutto un imprenditore del cibo che deve vendere anche panini. Sono più buoni? Facciamo un concorso? Ci sono mozzarelle che lasciano tra i denti anche un po’ di etica e sfilacci di diritti civili? «È un Rinascimento in salsa tonnata» è stata la folgorante definizione dello scrittore Tomaso Montanari, che non è Roberto Gervaso, e non è neppure il povero Fassina, che ieri si è dimesso.
Siamo in Italia e anche la spocchia ha la sua tradizione e i suoi precedenti. Ebbene nel «Fassina chi?» si riverbera il supponente «Michele chi?» che, pronunziato contro Santoro, negò la stessa evidenza della TV, quella di essere popolare, e ritorna anche il «Craxi chi?» che costò ad Occhetto la sconfitta definitiva.
Rischia davvero, il segretario, di sciupare il cambiamento, sia con gli sbotti di boria, sia con lo stile. È infatti comprensibile che voglia (e debba) farci dimenticare il sigaro di Bersani, dell’uomo solo al comando che si aggrappava a un boccale di birra, e quella odiosa scenografia da apparato, tempi contingentati, verbali, documenti, emendamenti, dipartimenti, un potere fatto di asprezze nascoste e distanze incolmabili. E dobbiamo pure riconoscergli che è necessario anche fuggire dal loden di Monti, dalla posa saccente della sobrietà dei tecnici bagnata dalle lacrime della Fornero. E ancora c’è l’incubo delle cene politiche ad Arcore con la regia del cuoco Michele sino al degrado del bunga bunga e al quadretto dei fidanzatini di Peynet con il cane Dudù tra le braccia.
E però la scenografia giovanilistica di Renzi sta volgendo subito al kitsch, con quei grandi cartoni di cibo griffato e quel dettaglio di piccola onestà ostentata: «abbiamo pagato con i nostri soldi», «sono costati solo 17 euro». E anche il tavolo ingombro di cavetti, iPhone e computer Mac, più che a una sessione politica faceva pensare al tavolo nerd di Wikileaks, un “tu vuo’ fa’ l’americano” senza più il risarcimento finale dei maccheroni. E c’è pure il nome Renzi sul muro, con la R stilizzata, che aveva già scatenato i sarcasmi dei militanti (“webnauti” nel gergo “easy” del nuovo Pd). Sembrano scopiazzature delle scene di Altman sull’America, dove il presidente-parodia è sempre sponsorizzato, spinto da interessi privati. Viene in mente lo stemma della casa reale sulla senape Colman’s, sul sale marino Maldon, sullo zucchero Tate & Lyle, sul te Twinings, sugli impermeabili Barbour. La formula è: By Appointment to Her Majesty the Queen.
Ha ragione Fassina: Renzi si autocelebra e si fa del male rendendo “cool” il panino di Farinetti, anzi «la filosofia Farinetti» corregge lui. Non capisce che così scimmiotta il Berlusconi che sponsorizzava il risparmio Mediolanum del suo amico Doris. Tutto può diventare pubblicità, tranne - ci pareva - la segreteria del Partito democratico. E si sa che si comincia con la mozzarella e si finisce con la paccottiglia, le penne biro, le calze, il dentifricio e il piumino Moncler che, ha detto Renzi, «non è più da paninari» così come il giubbotto a chiodo non è più la divisa del bullo ma l’abito del progressista.
Matteo Renzi va salvato dalla deriva outlet, ma anche dall’abuso di anglicismi da blackberry, i cui ultimi vagiti sono il “job act” e la “civil partnership”. Già ci aveva fatto sorridere la convocazione delle riunioni alle 7.30 a.m., con tutta quella retorica sul mattino che ha l’oro in bocca. Erano questi gli orari andreottiani, tipici dei padroni delle preferenze, Gaspari, Gava e tutta la Dc austera che così fregava i gaudenti nottambuli socialisti, Martelli e De Michelis, i quali andavano a letto quando cominciava la riunione: «coricati presto e levati di buon mattino / se vuoi gabbare il tuo vicino».
Del resto anche la retorica sulla fattività del politico instancabile ha una sua storia in Italia, che ricade su Renzi: dalla luce accesa tutta la notte nell’ufficio di Palazzo Venezia, all’Andreotti che riceveva alle cinque del mattino davanti alla porta della chiesa, al Berlusconi che faceva leggenda delle notti passate in bianco a lavorare per poi addormentarsi durante il giorno, e ci sono pure le macchiette come il liberale Costa, che non era mai “fuori stanza”, sino al fantuttone Brunetta. Anche la bicicletta, infine, che è un mezzo meraviglioso, sta diventando un vezzo di nuovismo, la parodia dell’essere alla mano. Il nuovista pedala, straparla l’inglese (che in realtà non conosce abbastanza) e insulta tutti, ma soprattutto i galantuomini come Fassina.
Se si escludono qualche timido tweet di solidarietà (Chiara Geloni), e l’intervento di Cuperlo, che è stato suo avversario ed esige «il rispetto delle persone», solo Matteo Orfini ha parlato chiaro, semplice e diretto: «Renzi, sei il segretario del Pd, basta fare il guascone».
Il silenzio degli altri, tutti renziani entusiasti dall’obbedienza pronta, cieca e assoluta, in un solo pomeriggio ha invecchiato il cambiamento. Il conformismo infatti è l’abito più antico del potere, l’ermellino che consacra la regalità provvisoria del vincitore di passaggio.
Scritto il 08 gennaio 2014 alle 16:09 nella Renzi | Permalink | Commenti (4)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 08 gennaio 2014 alle 13:50 | Permalink | Commenti (4)
Reblog
(0)
|
| |
Con le dimissioni dal governo la guerra di Stefano Fassina a Matteo Renzi non è affatto finita. Anzi, per certi versi è appena cominciata. Già, perché l’ex responsabile economico del Pd non ha alcuna intenzione di lasciare il partito. Ma di lavorare dall’interno, come alfiere dell’opposizione interna, dopo che Cuperlo ha accettato il ruolo di garanzia di presidente del Pd. «Andarmene? Ma non scherziamo», spiega a l’Unità nel day after delle dimissioni. «Lavorerò come deputato e dentro il partito. La sinistra ha bisogno di un lavoro profondo di ricostruzione culturale e politica. Su questo voglio dare il mio contributo, c’è un lavoro enorme da fare».
Quanto a Renzi, e a quell’ormai famoso «Fassina chi?», la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, l’interessato non crede minimamente alle ricostruzioni di chi parla di un equivoco, o di un travisamento da parte dei giornalisti. «Ma quale equivoco, i commenti a caldo dei renziani e anche la successiva risposta del segretario non lasciano alcun dubbio», spiega. «È stata una battuta con un chiaro messaggio politico di non rispetto delle posizioni diverse dalle proprie».
Muro contro muro, dunque. «Spero che la mia scelta possa contribuire a sciogliere l’ambiguità nel rapporto tra Pd e governo, che è il nocciolo della questione politica che ho posto. Nei giorni precedenti avevo chiesto di affrontare due problemi, il rapporto tra il partito e il governo e la democraticità dei processi decisionali interni al Pd, a partire da un tema delicatissimo come il lavoro. E mi pare siano arrivate due risposte molto chiare su entrambi i temi: nessuna considerazione, anzi irrisione».
Fassina non si sente isolato nella sinistra interna. «In queste ore ho ricevuto una valanga di messaggi e telefonate di sostegno. E comunque quando in ballo c’è la dignità personale e politica non si sta lì a fare il conto col bilancino dei messaggi pro e contro...». L’ormai ex viceministro dell’Economia ieri non ha risentito il premier Enrico Letta, che lo aveva pregato di tornare sui suoi passi e si riprometteva di insistere.
«Nessuna telefonata, del resto ho spiegato a Enrico che la mia decisione è irrevocabile, è una questione di dignità e non un fatto personale». Il problema per Fassina è integro, tutto politico, e resta sul tavolo.
NODI IRRISOLTI - «Insisto, c’è una logica padronale di gestione del partito. Se uno chiede di discutere in direzione dei temi del lavoro prima che la segreteria annunci ufficialmente le proposte, e viene trattato in questo modo, vuol dire che non si accettano idee diverse dalle proprie. E questo è un problema di rispetto molto serio per un partito che si chiama democratico». Così come resta intatto, a suo parere, anche il problema tra Pd e governo. «Una strategia di Renzi contro Letta? Mi limito a sottolineare che io avevo chiesto di affrontare le troppe ambiguità che ci sono e sono stato irriso. È evidente che questi nodi non si vogliono sciogliere...».
Certo, nel Pd e non solo (Civati l’ha detto in modo esplicito) molti pensano che Fassina stesse da tempo aspettando l’occasione buona per mollare un governo dove non si era mai sentito davvero a suo agio. Fin dalla genesi, da quella formula delle larghe intese di cui lui era stato un fiero oppositore durante i due lunghi mesi dopo il voto di febbraio. Troppe, a suo avviso, le somiglianze con la formula e le ricette rigoriste di Monti, che lui aveva cannoneggiato per mesi, fino a prendersi i rimbrotti del Professore a fine 2012 (che aveva chiesto di «silenziare» la parte conservatice del Pd rappresentata dall’«onorevole Fassina»).
A ottobre scorso la prima minaccia di dimissioni, quando aveva protestato con Letta per lo scarso coinvolgimento nella legge di Stabilità. Quella volta il premier era riuscito a far rientrare la protesta dell’irrequieto viceministro. Il 2 a gvennaio, sull’Unità, aveva invitato Renzi a mettere mano alla squadra di governo con uomini a lui vicini. «Noi rappresentiamo un Pd archiviato dalle primarie, io per primo». Due giorni dopo è arrivato l’incidente. E Fassina ha potuto dare seguito al suo ragionamento e sollevarsi dall’incarico. Libero dai vincoli, ora può tornare al ruolo assai più congeniale di battitore libero. E anche di uomo di sinistra che, a 48 anni non ancora compiuti, vede davanti a sé uno spazio di manovra non irrilevante a sinistra. In quel «lavoro di ricostruzione» in cui da tempo molti si cimentano, senza ottenere grandi risultati.
Dopo le rovinose primarie, la sinistra Pd si ritrova al minimo storico, divisa e priva di una di leadership da combattimento. Eccolo il ruolo che Fassina sta pensando di ritagliare per se stesso. Quello di controcanto sulle ricette economiche, ma anche di sentinella contro le «derive padronali». Non sarà semplice ritrovare la sintonia perduta con i Giovani turchi, e fare sintesi tra questi e le altre anime di una sinistra che fino a pochi mesi fa governava il partito. Ma questa è la sua sfida dei prossimi mesi.
Andrea Carugati
Scritto il 08 gennaio 2014 alle 10:00 | Permalink | Commenti (15)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 08 gennaio 2014 alle 01:26 | Permalink | Commenti (6)
Reblog
(0)
|
| |
Filippo Sensi è il nuovo capufficio stampa del Pd. Ad annunciarlo è Matteo Renzi su Twitter. Sensi, 45 anni, è giornalista, vicedirettore di Europa, già portavoce di Rutelli (nientepopòdimeno). Gestisce un blog con un profilo tra i più` seguiti su Twitter, dove utilizza il nickname "Nomfup", da «Not my fucking problem». Ha al suo attivo le dimissioni di un ministro (non italiano): ha trovato e rilanciato in Rete le immagini che, nell’ottobre 2011, portarono il ministro della Difesa britannico Liam Fox alle dimissioni per i suoi rapporti con Adam Werritty,che avrebbe sfruttato il potere del suo vecchio amico per ottenere favori.
Cioè? Inutile girarci intorno. Se un sito che si occupa di comunicazione politica si chiama NoMFuP (acronimo per “Not my f**ing problem) non può che essere un atto devozionale verso Malcolm Tucker, lo spin doctor della serie tv inglese The Thick of It, interpretato da Peter Capaldi e modellato, pare, su Alastair Campbell. Non è un fan club, neanche una webzine. Ma un blog collettivo che seleziona e aggrega notizie, video e analisi sul tema della comunicazione politica. In Italia e nel mondo. Chi collabora a NoMFuP? Una “nuvola” di esperti, giornalisti, addetti stampa, tutti accomunati dalla passione per come comunica la politica. E adesso, come direbbe Tucker, “come the f**k in or f**k the f**k off”. (Come Sensi, modesto, si racconta)
Questo è il modo in cui questo nuovo guru della comunicazione presenta se stesso. Partiamo da una considerazione: Renzi, da bravo post-democristiano famelico (di quelli che le vignette dei decenni 60/90 del 1900 disegnavano sempre con un enorme tovagliolo al collo e le posate pronte all'uso impugnate a martello) ha arraffato tutto. In 18 ore ha imbottito la sua "segreteria" di 12 donne sue (anche uomini). La specificità? Non cercatela con troppo accanimento nella professionalità. Il massimo che si può dire, ripetendo l'apologia renziana, è che sette sono donne, e che l'età media è di 35 anni. E allora? La vignetta di Staino riproduce perfettamente la situazione. Una banda di Carneade, fra cui la più ggiovane e attiva già 24 ore dopo affrontava col piglio del neofita un problema più grande di lei, problema giusto con una soluzione sbagliata, che era andata a discutere col ministro sbagliato.
Passano poche ore, e - en attendant di liquidare Fassina, voce del dissenso - liquida l'ex portavoce del PD, e assume un grande personaggio. Tale Filippo Sensi. Ormai sembra che essere "bloggers-autocertificato-di-successo" faccia curriculum, e apra le porticine del cuore di Renzi. Io, che pure faccio il "blogger-autocertidicato-non-di-successo", amo però verificarle, le autocertificazioni. E così ho cercato di saperne di più, su questo fenomeno che Renzi ha fatto immediatamente suo (stipendiuccio pagato dal PD). Intanto la prima scoperta: oltre che "blogger di successo, Filippo Sensi era stato, come ho detto prima, "portavoce" di Rutelli, ed è anche vicedirettore di Europa (altro giornaletto finanziato da TUTTO il PD, che ha lavorato per mesi per Renzi, e non per il PD.
Per iniziare, ho voluto dare un'occhiata al "famoso blog NoMFuP", che ha reso Sensi famoso nel mondo. In calce, il "post" più di successo degli ultimi mesi. Non affannatevi a cercare altri tipi di cose: il blog si Sensi è una continua, monotona strisciata di finestre con l'"embegging" di un video youtube preso di qua o di la. Nessun contenuto originale, nessuna opinione. Metri di finestra come quella sottostante:
Perchè ho scelto di riportare questo post come esemplificazione del blog di Sensi? Semplicemente perchè è il post più di successo delle ultime 5 settimane. Come potete notare, evidenziato dal pennarello giallo, su questo post c'è un commento. In tutte le ultime 5 settimane non ho dissotterrato nessun altro commento. ZERO. Per essere un blog che ha decretato il patentino di "blofgger-di-successo" per Filippo Sensi, mi sembrava pochino... Così ho voluto fare la solita controprova che ormai dovrebbe esservi familiare: ho confrontato su Aleza.com le performances del "blog-di-successo" di Sensi, con qualcosa che vi è familiare: il Tafanus.
Ed ecco come Alexa certifica il successone del blog di Sensi:
Il blog di Sensi non ha nemmeno il numero minimo di visitatori per avere un ranking italiano, ed ha un ranking mondiale di molto inferiore al "blog-autocertificato-di-non-successo" boto come "Tafanus":
Chissà che Renzi non mi chiami per sostituire Sensi... speci dopo che avrà appurato come goda di tutta la mia stima... Tafanus
Scritto il 08 gennaio 2014 alle 01:01 nella Renzi | Permalink | Commenti (0)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 07 gennaio 2014 alle 19:24 | Permalink | Commenti (0)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 07 gennaio 2014 alle 00:07 | Permalink | Commenti (1)
Reblog
(0)
|
| |
In questa storiaccia di "raffinati insulti" del bischero di Frignano, la cosa più grave non è il "Fassina Chi" in assoluto, ma il fatto che questo ometto, democristiano fin nei brufoli mutuati da Bruno Vespa, non si renda ancora esattamente conto di cosa abbia detto e fatto, e rivendichi orgogliosamente il diritto di rifarlo, visto che "non vuole rinunciare alle battute".
Un consiglio da amico: se vuole fare il battutista, si candidi a fare il portavoce del comico di Genova, o vada a lavorare direttamente nel ramo (il Bagaglino, con uno come lui, potrebbe rifiorire), e lasci perdere la politica. Non ricordo una sola battuta di Berlinguer, ma tutti siamo pronti a scommettere almeno dieci centesimi che la Storia fra qualche decennio si ricorderà ancora di Enrico Berlinguer, ma di Renzi gli storici, guardandosi in giro con aria smarrita, chiederanno ai vicini di tavola: "Renzi chi?" Tafanus
Le risposte che mancano (di Claudio Sardo - l'Unità)
La battuta che ha provocato le dimissioni di Fassina è stata davvero infelice. Ma preoccupa di più che Renzi non si renda conto della ferita arrecata a quanti nel Pd considerano le questioni poste dal viceministro serie e meritevoli di risposte, che tuttora mancano. Nessuno può chiedere al neosegretario di cambiare un registro comunicativo che si è rivelato fin qui vincente. Il problema però è che, da leader, non può pensare di eludere le domande che appartengono al normale confronto democratico, per di più usando toni liquidatori verso chi sta nel suo partito e non si trova d’accordo su una scelta, o su una strategia. Renzi ha ribadito, anche ieri, che la sua priorità è imprimere un forte cambiamento al corso della politica. E che intende subordinare tutto a questo obiettivo.
Ma Fassina gli aveva chiesto, appunto, di essere conseguente, di non limitarsi a sferzare il governo il più delle volte con toni poco amichevoli, insomma di rompere quel muro di separazione e di cambiare la squadra ministeriale del Pd per metterla in sintonia con l’esito delle primarie. A Renzi non piace parlare di rimpasto: ha ripetuto ieri che lo considera un rito della vecchia politica da rottamare. Tuttavia il suo giudizio estetico, pur così netto, resta un passo indietro rispetto ai temi sollevati dal suo interlocutore. In cosa consiste l’auspicio di un radicale cambiamento politico, se chi lo propone non vuole sporcarsi le mani oggi con il governo, e anzi non perde occasione per disprezzare la sua maggioranza? Si ritiene sul serio che la legislatura possa superare il 2014 con un Pd che dia l’impressione di ritenere l’attuale quadro politico, non già l’esito di una rottura nel centrodestra che ha messo all’angolo Berlusconi, bensì l’ingombrante retaggio di un passato da dimenticare?
Fassina ha posto queste domande non in astratto, ma all’indomani del varo della legge di Stabilità, che il nuovo gruppo dirigente del Pd ha accompagnato in Parlamento gareggiando nelle critiche (le famose «marchette»), talvolta persino nella delegittimazione. È a questo che Renzi non ha finora risposto con chiarezza. E per questo il suo «Fassina chi?» è suonato più come una reazione stizzita e liquidatoria che non come una battuta irriverente. Chi guida un partito ha responsabilità maggiori di tutti gli altri. L’azione di cambiamento che il leader deve promuovere non può essere disgiunta dalla costruzione continua del consenso democratico anche all’interno del partito. Aver vinto le primarie così nettamente non legittima un potere assoluto, né autorizza a interpretare il mandato come una cambiale in bianco.
Una leadership forte è certamente un valore aggiunto, a condizione però che non consideri il partito come un peso, come un ostacolo nel rapporto diretto con l’opinione pubblica. Renzi ha mostrato intelligenza nell’offrire a Cuperlo la presidenza e nel confermare i capigruppo di Camera e Senato: tuttavia non bastano gli organigrammi a corroborare l’unità. È necessario uno stile, un metodo, anche per la comunicazione interna. Il Pd è il solo partito nazionale con struttura democratica. Ma mantenere questa caratteristica in un contesto dove i principali avversari sono rappresentati da due padri-padroni (Berlusconi e Grillo) non è facile. Il rischio che anche il Pd degeneri verso forme di leaderismo e populismo non è scongiurato per sempre. Ci vuole cura, e cultura democratica.
Restano poi le questioni politiche sul rapporto tra il Pd, il governo e la durata della legislatura. Fassina non poteva che dimettersi, per dignità, di fronte ad un segretario che gli ha platealmente negato una risposta. Renzi, per parte sua, può legittimamente cercare di preservare un certo distacco dal governo in carica e dalla maggioranza, anche nel caso si raggiungesse l’accordo sul programma del 2014, a partire dalla riforma della legge elettorale. Ciò che però deve sciogliere è il groviglio di contraddizioni che questo distacco politico produce nella credibilità e nell’efficacia del governo. Quello di Enrico Letta non può (e non deve) diventare un esecutivo «tecnico» o un governo «amico» proprio ora che Berlusconi è finito all’opposizione e si appresta a rincorrere Grillo nell’anti-europeismo e nel radicalismo anti-sistema.
Certo, se la minaccia di far saltare tutto oppure di ricorrere alle maggioranze variabili è soltanto la tattica di Renzi per strappare condizioni migliori ad Alfano, vuol dire che abbiamo scoperto un abile negoziatore. Comunque, più il programma di Letta per il 2014 avrà l’impronta del Pd, più il suo governo acquisterà un carattere politico, nel senso che il Pd risponderà maggiormente dei risultati positivi come degli insuccessi.
L’alternativa a questo scenario è quello di un Renzi che, invece, tira la corda per spezzarla. O meglio, per costringere Alfano a spezzarla. In questo caso il gioco di sponda sarebbe con Berlusconi: riforma elettorale e subito al voto. Al gioco non dovrebbero starci né Letta, né il Nuovo centrodestra (che oggi sono di Berlusconi i principali bersagli). Di tutto questo gli organi del Pd devono discutere. E presto. L’argomento che le primarie hanno dato mandato pieno a Renzi non può essere opposto a chi chiede un confronto: il segretario peraltro dispone di una maggioranza che lo tiene al sicuro. Piuttosto, anche Enrico Letta deve dire la sua. Non può accettare che il Pd tratti pure lui con questo distacco critico. Se Letta intende rivendicare di aver messo ai margini Berlusconi e di aver chiuso il «ventennio», non può cedere sulla caratura politica del governo e sull’inclusione della sua leadership nel nuovo corso Pd.
Neppure Letta, del resto, è obbligato a restare a Palazzo Chigi a qualunque condizione. Al tavolo del programma 2014 ha interesse a costruire un quadro di riforme coerenti, non limitate alla sola legge elettorale. E anche la sua sfida personale può aiutare il Pd. Come può aiutarlo una sinistra che riorganizza le proprie idee e le mette a disposizione senza correntismi, magari sull’abbrivio di questo atto di ribellione compiuto da Fassina.
(Claudio Sardo - l'Unità)
Scritto il 06 gennaio 2014 alle 22:52 nella Renzi | Permalink | Commenti (14)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 06 gennaio 2014 alle 08:00 | Permalink | Commenti (2)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 05 gennaio 2014 alle 19:52 | Permalink | Commenti (22)
Reblog
(0)
|
| |
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
UOMINI E TOPI
PARAFRASANDO LEONARDO SCIASCIA: "...io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre..."
Mi prenderei la libertà di aggiungere alla lista di Sciascia i "bischeri", e - in fondo alla catena biologica - i "pezzi di merda"... Leggete questi commenti sul ricovero di Bersani...
(Credits: ringrazio littlemouse per la segnalazione)
Scritto il 05 gennaio 2014 alle 12:00 | Permalink | Commenti (30)
Reblog
(0)
|
| |
Oggi, approfittando delle segnalazioni di Nonna Mana e di Tino C., che ringrazio, voglio mettere a confronto due mondi: quello della politica intesa come servizio pubblico, e quello della politica di cui vergognarsi. Due donne: una che dice NO all'offerta di visibilità nazionale, una che cerca la visibilità e il potere. Tafanus
Giusi Niccolini (sindaco di Lampedusa), a Matteo Renzi: "Grazie Renzi, preferisco di no (di Denise Pardo - l'Espresso)
Il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini ha rifiutato la proposta del neo segretario del Pd di far parte della direzione nazionale del partito. Perché sarebbe costato troppo e avrebbe tolto tempo all'amministrazione del suo comune. Un gesto che molti politici dovrebbero imitare
VISTO LO SFONDO DI FINE ANNO, ingannevoli decreti, e contro-stralci, un vero cinepanettone parlamentare, forse varrebbe la pena di metterlo sotto una teca. Di farne una rara installazione di politica contemporanea italiana. Il semplice «No, grazie» di Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, è un evento atomico. Chi aveva mai sentito un rappresentante del popolo, un amministratore locale rifiutare le luci della ribalta nazionale?
SINDACO DA BASEBALL. Persino ripetutamente. Anche quando Matteo Renzi sbarca a Lampedusa, visita con cui inizia la sua vita da segretario Pd. Ad accoglierlo c’è lei, il sindaco, ambientalista solidale e accogliente, votata un anno e mezzo fa da un pezzo del Partito Democratico mischiato a una lista civica. Che la sostiene. Viene eletta dopo Dino De Rubeis, il primo cittadino che se ne andava in giro con una mazza da baseball.
DOPPIO NO. Con Renzi, il sindaco aveva già parlato giorni prima quando l’aveva cercata per avanzare la proposta «gratificante sul piano personale» di far parte della direzione nazionale del Pd. Nicolini, che non era tra le beniamine dell’apparato pre Renzi, aveva ringraziato. Ma aveva detto “no”. A sorprendere, ad avere del sensazionale è stata la motivazione della scelta.
CARO PD. Ha spiegato che per ogni riunione avrebbe dovuto sottrarre tre giorni al lavoro di sindaco (capito, Matteo?), tradendo così la fiducia dei cittadini. Senza considerare, ha aggiunto, che il via vai avrebbe avuto un costo economico, visto che d’inverno c’è solo l’aereo per arrivare a Palermo e il biglietto vale ben 120 euro ai quali aggiungere il prezzo del volo per Roma o della nave, a seconda delle condizioni del tempo. Di fatto, soldi pubblici, che mica si possono sprecare così.
ETICA FEMMINILE. Che si tratti del segno di un’etica perduta e ritrovata?
O della nascita di un fondamentalismo amministrativo nel pezzo di terra mediterranea tra l’Africa e l’Europa? Forse più semplicemente di una donna capace di mostrare la via e il modo sano di gestire la Cosa pubblica, senza interesse per il potere e i suoi strumenti. Proprio negli ultimi giorni dell’anno in cui la politica è apparsa sempre meno identitaria, visionaria, progettuale, sempre più trimalcionesca.
GIUSI GUASTAFESTE. Una provocazione, è stato il commento sul gran rifiuto di Nicolini tra i ghiottoni del Palazzo romano. Una seccatura, si può immaginare, per esempio, per uno come Vincenzo De Luca che, da sottosegretario alle Infrastrutture, non lascia la poltrona di sindaco di Salerno (non ha deleghe nel governo, è la sua giustificazione). Già infastidiva il monitoraggio dei grillini e la filosofia da sfasciacarrozze del renzismo. Ora, ci si mette anche la serietà di una donna. Nel mezzo della polemica per il decreto Salva-Roma, bloccato da Giorgio Napolitano, in cui viene infilato con l’assenso di buona parte dell’arco costituzionale, di tutto e "di spighetto".
MEGLIO SÌ. Un’olimpiade del clientelismo. Mentre, ciliegina sulla torta, il sindaco di Lampedusa, invece di rivenderlo alla grande, si dispiace persino che Renzi abbia reso pubblico il suo “no”. In effetti, ci sarebbe bisogno del “sì” di una come lei.
Denise Pardo
L’Asl di Benevento era cosa loro. Del ministro delle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo e dei suoi fedelissimi. L’allora semplice deputata Pdl, che è bene chiarire subito non è indagata per i fatti che racconteremo, convocava a casa del padre i vertici dell’azienda sanitaria locale e persone di stretta fiducia. Con loro discuteva di come orientare l’affidamento milionario per il servizio 118, di dove ubicare presidi e strutture dell’Asl, ma anche di questioni spicciole come un sequestro di mozzarelle in un negozio di un “amico di Nunzia” o di come mandare “i controlli” negli ospedali guidati da persone non gradite alla parlamentare azzurra per far capire “che un minimo di comando ce l’abbiamo”.
Le riunioni sono state registrate di nascosto dall’ex direttore amministrativo dell’Asl Felice Pisapia (fu licenziato qualche mese dopo), e depositate nell’ambito di un’inchiesta per truffa e peculato per centinaia di migliaia di euro sottratti dalle casse dell’azienda sanitaria a favore di alcuni imprenditori, costata pochi giorni fa a Pisapia l’obbligo di dimora a Salerno. Con quegli audio Pisapia vorrebbe dimostrare di essere solo un ingranaggio del sistema. Leggendone le trascrizioni, non si trovano riferimenti al merito e a come rendere più efficiente il funzionamento della macchina della sanità pubblica nel nome dell’interesse collettivo. La preoccupazione principale pare invece quella di premiare gli amici e punire i nemici. E tramutare le decisioni in clientele e voti. Vicende che assomigliano a quelle costate inchieste e processi a un altro potentato sannita, i Mastella. Con una sostanziale differenza: secondo l’informativa della Guardia di finanza di Benevento al pm Giovanni Tartaglia Polcini, “allo stato non ci sono fattispecie penalmente rilevanti”.
Riavvolgiamo il nastro alle ore 19 e 15 del 30 luglio 2012. La De Girolamo riceve Michele Rossi, manager dell’Asl di Benevento, Gelsomino Ventucci detto “Mino”, direttore sanitario, Pisapia, l’avvocato Giacomo Papa, molto vicino ai De Girolamo, Luigi Barone, storico portavoce di Nunzia, all’epoca vice direttore de Il Sannio Quotidiano e oggi a Roma con l’incarico di direttore del portale web del ministero delle Politiche Agricole. E’ il “direttorio politico-partitico costituito al di fuori di ogni forma di legge” scrive il gip Flavio Cusani nell’ordinanza cautelare di Pisapia “che si occupava, in funzione di interessi privati e di ricerca del consenso elettorale, con modalità a dir poco deprimenti e indecorose, di ogni aspetto della gestione dell’Asl”.
La conversazione si protrae per quasi due ore. Verso la fine cade sul Fatebenefratelli di Benevento, un ospedale religioso convenzionato. La De Girolamo è arrabbiata con loro. Li chiama “stronzi”. Due volte. Poi si rivolge a Rossi: “Michè, scusami, al Fatebenefratelli facciamo capire che un minimo di comando ce l’abbiamo. Altrimenti mi creano coppetielli con questa storia. Mandagli i controlli e vaffanculo!… Io non mi permetto di farlo, però ad essere presa per culo da Carrozza, quando poi gli ho dato tanta disponibilità ogni volta che mi hanno chiesto, Miché”. Giovanni Carrozza, citato nel colloquio, è il direttore amministrativo del Fatebenefratelli. Per capirci, Miché, ovvero Michele Rossi, è molto riconoscente alla De Girolamo.
Appena una settimana prima, in un’analoga riunione, gli ha giurato fedeltà: “Nunzia, premesso che io non resterò un secondo su quell’Asl se non per te e con te, perché io la nomina l’ho chiesta a te, tu me l’hai data ed è giusto che ci sia un riscontro…”. Ora Miché ne ascolta le riflessioni sull’ubicazione di ufficio territoriale dell’Asl. “Dove dovremmo metterlo? – si chiede la De Girolamo – a Sant’Agata che Valentino (il sindaco, del Pd, ndr) è uno stronzo? Cioè, nemmeno è venuto da me”. Rossi però le spiega che Valentino “ha incassato intelligentemente” i problemi da loro creati. Ad un certo punto Nunzia pone un veto sul collocare una struttura a Forchia: “No, Forchia no! Preferisco poi darlo ad uno del Pd che ci vado a chiedere 100 voti …”. Qualche decina di minuti prima il “direttorio” aveva affrontato il caso del controllo in un negozio di latticini. Parla Luigi Barone: “E’ l’amico di Nunzia e mio amico… vende le mozzarelle accanto al Maxim’s… è un bravo ragazzo, insomma!”. Purtroppo per lui una funzionaria dell’Asl gli ha appena sequestrato “un bel po’ di roba – sottolinea Barone – tre, 4mila euro… più la sanzione”. Si stabilisce, quindi, di parlare con tale Tommaso.
Tutta da decrittare la lunga conversazione del 23 luglio 2012, incentrata quasi esclusivamente sul bando per il 118. “In tutto questo si deve fare la gara?” chiede la De Girolamo. “Non la puoi fare senza?”. Si discute se è possibile fare un affidamento diretto breve o comunque, per usare le parole dell’avvocato Papa “bypassare la gara pubblica” perché si è preoccupati del fatto che “tra poco ci commissariano e la gara pubblica se la fa la Regione”. Abbiamo provato a contattare la De Girolamo per farle qualche domanda. Ci ha risposto con questo sms: “Chi vuole fare pulizia può essere ucciso con la pistola oppure con la parola. Alla fine viene sempre fuori la verità”.
(di Vincenzo Iurillo - Il Fatto)
Scritto il 05 gennaio 2014 alle 10:00 nella Politica, Renzi | Permalink | Commenti (7)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 05 gennaio 2014 alle 08:01 | Permalink | Commenti (4)
Reblog
(0)
|
| |
Recensione del film "COLAZIONE DA TIFFANY" (di Angela Laugier)
Titolo originale: Breakfast at Tiffany’s
Regia: Blake Edwards
Principali interpreti: Audrey Hepburn, George Peppard, Patricia Neal, Buddy Ebsen, Martin Balsam, Mickey Rooney, Dorothy Whitney, José Luis De Villalonga, Stanley Adams, John McGiver, Alan Reed, Claude Stroud, Elvia Allman, Orangey, Beverly Powers – 115 min. – USA 1961.
Ovvero: come passare lietamente una sera invernale gelida che non invita a uscire, rivedendo un vecchio film che ha più di 50 anni (ma non li dimostra affatto), dimenticando l’inverno, il freddo e la neve ghiacciata per terra.
Questo intramontabile film è tratto molto liberamente dal romanzo breve (poco più di una novella, per la verità) dello scrittore Truman Capote, da cui si discosta principalmente per il finale, che viene capovolto, coerentemente con l’impostazione del film. La pellicola, infatti, ricalca per sommi capi la storia di Holly Golyghtly e del suo rapporto con l’aspirante scrittore Paul, ma, rispetto al romanzo, assegna a Holly, fin dall’inizio, un carattere meno radicalmente ribelle e anche meno ambiguo dal punto di vista della sua vita sessuale: d’altra parte nel 1961 difficilmente il pubblico del cinema avrebbe accettato una figura femminile troppo difforme dalle convenzioni. Ne è perciò scaturita una commedia sentimentale che, pur mantenendo alcune angolosità del romanzo, assume una propria originalità, anche grazie all’interpretazione eccelsa di Audrey Hepburn, alla suggestiva canzone (Moon River) composta su misura per la sua voce da Johnny Mercer e Henry Mancini, alla stupenda fotografia di New York, vero atto d’amore per quella bellissima città.
La storia è quella di due giovani, Holly Golyghtly e Paul Varjak, che abitano nello stesso edificio su due piani diversi. Entrambi sono a New York alla ricerca della loro occasione: Holly vuole uscire da un passato di povertà e di sottomissione attraverso un matrimonio “giusto”, che le assicuri, cioè, benessere e ricchezza, lontano dalle “paturnie”, le angosce di cui è spesso preda, ripensando alla sua vita. Vorrebbe sistemarsi bene, per sentirsi bene come da Tiffany, la gioielleria della V Avenue, dove, secondo lei, nulla di brutto può succedere.
Il fatto è che, per ora, deve accontentarsi di guardarne le vetrine, davanti alle quali, al mattino, fa colazione con una brioche e un bicchiere di latte, vestita ancora dell’abito da sera delle feste notturne cui ha partecipato, alla ricerca dell’uomo da sposare. Paul, invece, vorrebbe diventare scrittore, ma per ora ha scritto un solo libro di racconti: la sistemazione a New York potrebbe permettergli di conoscere gli editori giusti, ma per ora vive come un gigolò, mantenuto da una signora facoltosa, l’arredatrice che gli ha allestito l’alloggio.
I due giovani hanno i loro diversi sogni nel cassetto, ma a scombinare i loro piani sarà l’attrazione che a poco a poco li avvicina e che fra difficoltà e colpi di scena finirà per unirli, anche se la resistenza di Holly ad accettare di uscire da sé e dal suo personaggio sarà dura da vincere. Una commedia classica, perciò, con tanto di happy end, ma una commedia non banale, resa incantevole dalla complessità del personaggio di lei, il cui comportamento oscilla, con molti sbalzi d’umore, fra gioia di vivere, disperazione, realismo cinico e slanci d’affetto vero, a cui il volto e la voce della Hebpurn conferiscono una verità indimenticabile.
Angela Laugier
Scritto il 05 gennaio 2014 alle 08:00 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (2)
Reblog
(0)
|
| |
Cari amici,
con questa donazione, abbiamo raschiato (spero solo per ora) il fondo del barile. Nelle prossime ore invierò al nostro "controller" don Paolo Farinela il file excel con tutte le transazioni (donazioni ricevute, donazioni inviate ad Emergency, recessi. Di eventuali recessi successivi ad oggi (ma dubito che ce ne siano ancora) mi farò carico personalmente.
Ognuno di noi può continuare, se vuole, a sostenere Emergency direttamente, accedendo alla pagina di Emergency dove sono indicati i possibili metodi di pagamento (PayPal, carta di credito, bonifico bancario o altro).
Come piccolo aiuto aggiuntivo, promuoveremo sul nostroi blog le iniziative "fund-rising" di Emergency, pubblicizzandole sul blog.
Grazie di cuore a tutti. Tafanus
|
Scritto il 04 gennaio 2014 alle 20:00 nella Tafanus | Permalink | Commenti (0)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 04 gennaio 2014 alle 08:00 | Permalink | Commenti (12)
Reblog
(0)
|
| |
Meglio tardi cha mai - Ci sono voluti quasi tredici anni ma adesso la vicenda dell’irruzione nella scuola Diaz, che chiuse nel sangue i giorni drammatici del G8 di Genova, può dirsi finalmente compiuta (Fonte: Massimo Solani - l'Unità)
Fra Natale e Capodanno, su ordine del tribunale del capoluogo ligure, sono stati infatti arrestati 11 dei poliziotti condannati in via definitiva per l’irruzione del 21 luglio 2001 nella scuola dormitorio e per l’introduzione nella stessa di prove false che erano servite a giustificare la «macelleria messicana» (la definizione è di Michelangelo Fournier, all’epoca del G8 vicequestore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma) che aveva causato 87 feriti gravi e gravissimi. Gli ultimi due funzionari per cui sono scattati gli arresti, il pomeriggio del 31 dicembre, sono stati Spartaco Mortola, ai tempi del G8 capo della Digos Genovese poi diventato questore vicario di Torino e capo della Polfer nel capoluogo piemontese, e Giovanni Luperi ex dirigente Ucigos poi passato ai servizi segreti prima della pensione.
I due, in base alla sentenza definitiva emessa dalla Cassazione nel luglio scorso, devono scontare ancora rispettivamente otto mesi e un anno di reclusione (sui quattro di condanna). Li passeranno agli arresti domiciliari e devono ringraziare il decreto «svuota carceri» del ministro della Giustizia Cancellieri se per loro non si sono aperte le porte di una cella dopo che il tribunale di Sorveglianza di Genova, nei giorni scorsi, ha respinto le richieste di affidamento ai servizi.
Stessa sorte, soltanto poche ore prima, era toccata anche a Francesco Gratteri, ex capo dello Sco ed ex numero 3 della Polizia e una carriera piena di successi e encomi nella lotta contro la mafia (fu tra i poliziotti che fecero scattare la manette ai polsi di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca) prima della sospensione dal servizio e della condanna definitiva che lo consegna adesso ad un anno di arresti domiciliari sui quattro a cui lo aveva condannato la Cassazione.
Dopo una battaglia legale durata anni, dopo tre processi, continui rinvii, silenzi, coperture istituzionali, depistaggi e infine prima la prescrizione, che ha cancellato le accuse di violenze lasciando in piedi solo quelle per la costruzione di prove false, e poi l’indulto, nei giorni scorsi è finito agli arresti anche l’ex capo dello Sco Gilberto Caldarozzi, per cui la Cassazione ha respinto il ricorso con cui chiedeva la cessazione della detenzione domiciliare e l’affidamento ai servizi sociali, che deve scontare gli otto mesi restanti della condanna originaria a 3 anni e 8 mesi (ridotta grazie all’indulto).
Stesso provvedimento, visto che il tribunale di sorveglianza ha negato per tutti l’affidamento ai servizi, anche per Nando Dominici, ai tempi del G8 capo della squadra Mobile di Genova e oggi pensionato, Filippo Ferri, ex capo della squadra mobile di Firenze e oggi responsabile della sicurezza del Milan (...ma va?...), Massimo Nucera, l’agente che finse di essere stato accoltellato all’ingresso nella scuola Diaz, Salvatore Gava, ex capo della Mobile di Viterbo che ha lasciato la divisa, Fabio Ciccimarra, ex capo della Mobile de l’Aquila, e l’ispettore capo Maurizio Panzieri.
Tutti, durante gli arresti domiciliari che varieranno dagli otto mesi all’anno di detenzione, potranno godere di alcune ore di permesso, potranno utilizzare il telefono e godere degli sconti di pena per buona condotta. E per molti di loro non ancora arrivati alla pensione, una volta terminata la sospensione del ministero dell’Interno legata all’interdizione dai pubblici uffici, la carriera in polizia potrebbe anche ripartire dopo le molte promozioni accumulate in questi quasi tredici anni. (Fonte: Massimo Solani - l'Unità)
Si, vicenda "compiuta", ma non nel migliore dei modi. Fra prescrizioni "indotte" dalla colpevole azione ritardante di molte istituzioni, traccheggiamenti, cavilli, molte delle accuse sono state falcidiate dalla prescrizione. Dei pochi mesi di galera da scontare, la maggior parte vanno al macero grazie al decreto-svuotacarceri della Cancellieri, e vengono trasformati in comodi domiciliari, con diverse ore di permesso al giorno, e permesso di usare telefono (e quindi internet). Insomma, saranno liberi di fatto quanto me. Poi alcuni potranno ripartire a fare i poliziotti, dalle alte cariche già raggiunte.
Uno dei pochi aspetti positivi è che per una volta non volano solo gli stracci (i poliziotti con casco e manganello) ma anche i "quadri" della polizia. L'aspetto negativo è che - more solito - non sono stati toccati i vertici politici. Non pagano pegno il Pres.del Cons. Silvio Berlusconi, il Ministro degli Interni e suonatore di tamburello Roberto Maroni, il ministro di Grazia e "Giustizia" Nitto Palma. Non paga pegno Gianfranco Fini (quello che "però Mussolini fece anche tante cose buone"), che durante il G8 npassò gra parte del tempo nella sala operativa della Questura; lui dice "per portare la solidarietà del governo ai bravi poliziotti, mma qualcuno, più sospettoso, pensa che la sua presenza sia servita a trasmettere il messaggio che si poteva fare.
Non paga pegno l'Ingegnere Acustico Castelli, che visitò i luioghi della mattanza, e che descrisse come "normale" le locations, che sembravano mattatoi, con chiazze di sangue dappertutto; e trovò normale che alcuni "fermati" fossero da ore in piedi, a gambe e braccia divaricate, poggiati con la faccia contro il muro. Si sa, davano fastidio alle ragazze... Non avevano altro a cui pensare se non dare fastidio alle ragazze. Che bravi, questi Cavalieri Protettori...
Non ho il coraggio di fare una telefonata all'amica ex-senatrice Heidi Giuliani, la mamma di Carlo, ucciso da un colpo di pistola sparato in aria, ma sfortunatamente deviato verso la testa di Carlo da un provvidenziale calcinaccio che si trovava - imprudente - a passare giusto sulla traiettoria del proiettile. Forse telefonerò, più probabilmente scriverò. O forse la lascerò in pace, per non riaprire ferite non rimarginabili.
Ancora una volta, grazie anche al "governo delle larghe intese" ed alla Cancellieri, Giustizia è sfatta
Tafanus
P.S.: In questa bruttissima storia, una menzione speciale merita Tonino Di Pietro da Montenero di Bisaccia, che si oppose con tutte le sue forze alla costituzione di una Commissione Parlamentare d'inchiesta sui fattacci di Genova, lottando eroicamente insieme ad La Russa, ai Castelli e ai Nitto Palma.
Scritto il 03 gennaio 2014 alle 13:15 nella Politica, Tafanus | Permalink | Commenti (5)
Reblog
(0)
|
| |
I renziani a tutto tonto sono sfortunati. Qualche settimana fa, per convincermi di quanto io fossi dalla parte del torto ad essere "antirenziano", e per illustrarmi le "magnifiche sorti e progressive" del renzismo, un renzino mi informava di una cosa che era a conoscenza anche della mia colf albanese: guru economico di Renzi era - nientemeno - tale Yoram Gutgeld, senior partner - ri/nientemeno - della McKinsey. E concludeva il suo arrapato intervento con questa frase: "sempre che tu sappia cosa sia la McKinsey".
Ho dovuto perdere del tempo a tranquillizzarlo. Si, sapevo cosa fosse la McKinsey. Anche perchè il caso vuole che io come ggiovane dirigente d'azienda mi sia servito della McKinsey quando il guru Yoram Gutgeld aveva 11 anni, e forse era in prima media inferiore.
Ma tant'è... la parola d'ordine un paio di mesi fa era: masturbarsi in massa guardando la foto di Yoram Gutgeld e leggendone la biografia. Ma - devo confessarlo - io fatico sempre ad arraparmi sulle apologie dei guru. E così leggo i programmi.
Per esempio, nel programma di Renzi/Gutgeld, c'era una scemenza abissale: il programma di ridurre dal 133% al 103% del PIL il debito pubblico italiano in tre anni. Ditemi voi: chi non si farebbe una pugnetta dvanti ad una idea così bella? Peccato che il Guru di Renzi non spiegasse compiutamente dove avrebbe trovato il danaro. In fondo, si trattava solo di trovare 500 miliardi in tre anni... O, se preferite, oltre 300.000 miliardi di lire all'anno per tre anni...
E peccato che mentre tutti hanno riso (giustamente) per la proposta di Letta di abbassare il cuneo fiscale in misura tale da portare in ogni stipendio basso ben 8 euro al mese in più, nessuno abbia spernacchiato i plauditores dell'dea di Renzi, mutuata dal guru Yoram, di dare 100 euro in più al mese (non all'anno) agli stipendi più medio-bassi. Quanti sono? a che livello uno stipendio è medio-basso? Il Guru non dice. Renzi non chiede. Ma una cosa è certa: che se Letta faceva fatica a trovare 100 euro all'anno (8 euro al mese), i due-due non fanno fatica a trovare una somma 12 volte superiore. Come? Dove?
...vuolsi così colà dove si puote. Di più non dimandar...
Anche qui, siamo ai baci perugina. Ma tant'è: siamo obbligati a masturbarci in massa, perchè la grande idea è di Yoram Gutgeld della McKinsey (non so se avete mai sentito nominare la McKinsey).
Fra i maggiori "istigatori alla masturbazione di massa", c'era il solito "Europa Quotidiano" (diretto da Stefano Menichini) che faceva una sfacciata campagna pro-Renzi (una delle fazioni del PD), attraverso un giornale finanziato da TUTTO il PD; anche e soprattutto da quello della "nomenklatura da rottamare". A partire da quello di Cuperlo.
Riporto in calce la marchetta del 31 luglio 2013 (non di mille anni fa) di Europa Quotidiano, a firma di Francesco Maesano:
Governo McKinsey - Il “ministro dell’economia” di Matteo Renzi ha parlato ieri del suo programma di rilancio tra privatizzazioni, tagli mirati e welfare
Un quarto di secolo in McKinsey, antica e prestigiosa multinazionale yankee della consulenza strategica alle imprese, un’azienda delle aziende che da quasi novant’anni “produce” il management o supporta quello esistente nei colossi mondiali di ogni settore produttivo. Ieri, Itzhak Yoram Gutgeld, deputato Pd che si sta costruendo una posizione da “ministro dell’economia” di Matteo Renzi, ha presentato a Roma il suo “rilancio economico che parte da sinistra” dal sottotitolo eloquente: “Come far ridere i poveri senza far piangere i ricchi”.
Poco meno di un’ora per spiegare le linee guida di un programma (a novembre diventerà un libro) che, pur senza aver ricevuto un abbraccio esplicito da parte di Matteo Renzi, ha richiamato un via vai di componenti della corrente vicina al sindaco di Firenze: dal ministro Graziano Delrio a Paolo Gentiloni, e poi Lorenza Bonaccorsi, Ernesto Carbone, Stella Bianchi, oltre a Dario Nardella che, insieme a Gutgeld, ha organizzato la mattinata. Ospite dell’incontro il presidente di banca Mps, Alessandro Profumo (ex McKinsey) [...] (...che efficienza... meno di un'ora - convenevoli inclusi - per illustrare il programma per far rifiorire un paese che sta sprofondando a livello Grecia Meridionale... NdR)
Gutgeld ha chiarito subito la natura cross-ideologica del suo programma (...azz... cross-ideologica, mikakazzi... NdR) aggredendo i luoghi comuni sul rapporto tra spesa pubblica, debito e crescita di destra e di sinistra. Se da una parte «occorre una nuova matematica politica. Bisogna far passare il concetto che i privilegi regalati non sono più diritti difendibili» (...ri-azz... E ci voleva la "McKinsey.non-so-se-l'avete-sentita-nominare? Una cosa così la dice anche - gratis - la mia giornalaia... NdR) necessità che richiede «una riforma costituzionale che consenta di smontare i privilegi acquisiti», dall’altra Gutgeld spiega che «uno sviluppo con più equità, una crescita fondata su uno stato sociale, se gestiti bene, possono essere motore di sviluppo».
In concreto tagli alle cosiddette “pensioni d’oro” per finanziare l’inserimento di 500mila giovani nel mondo del lavoro anche grazie all’introduzione di un contratto unico a garanzie crescenti. Misure per la riduzione del gap tra le tasse pagate dal cittadino e il godimento dei servizi sociali. Una parola su tutte: efficienza.
Capitolo a parte quello sugli investimenti pubblici: «Dal 2000 al 2010 abbiamo investito per 10 miliardi, più della Germania, ma spendendo male». Il ragionamento è semplice: la spesa corrente è migliorabile, mentre alcuni investimenti pubblici, tradizionalmente considerati traino dell’economia nei periodi di crisi economica, hanno avuto risultati catastrofici.
Un provvedimento immediato, sul quale Gutgeld ha fatto capire che potrebbe essere ingaggiato anche il governo Letta, è il taglio dell’Irpef di 100 euro al mese alle fasce medio-basse. Una misura che potrebbe essere finanziata attraverso la privatizzazione del patrimonio pubblico, non solo quello immobiliare, ma anche quote di Eni ed Enel (...non è una grande idea? finanziare la spesa privata, vendendo patrimonio pubblico e pezzi di società che danno dividendi allo stato? NdR)
Un programma che richiede, per essere realizzato, di risolvere «il problema dei problemi dell’Italia, quello della qualità della sua classe dirigente». Un’idea in proposito Gutgeld sembra averla. «Ci servono 10 ministri che assomiglino ad amministratori delegati come quelli che abbiamo qui» ha detto indicando Profumo e Landi. Un’idea di classe dirigente che assomiglia tanto a un’idea di esecutivo (...insomma, senti parlare questo, guru di quell'altro, e ti viene in mente il Berlusconi che in Confindustria lisciava il pelo agli industrialotti dicendo "sono uno di voi, capisco i vostri problemi... NdR)
Yoram Gutgeld: il Guru desaparecido
Dunque, riprendiamo il filo. Ancora ai primi di dicembre nessun giornale aveva il minimo dubbio. Chi è il prossimo Consigliere Economico di Matteo Renzi? Opinionisti, retroscenisti e camionisti, compatti, non avevano il minimo dubbio: Yoram Gutgeld. Uno che viene dalla McKinsey! Non so se avete mai sentito nominare la McKinsey!
Invece il 10 dicenbre esce la lista dello staff di Renzi, e... cucù, cucù... Yoram Buon Danaro non c'è più...! c'è tale Filippo Taddei. Che sarà anche bravo ma, cribbio! non viene mica dalla McKinsey! Chi vuole sapere da dove arrivi clicchi sull'immagine e legga l'articolo completo. Magari si scopre che ci sono altri pensatoi, al mondo, oltre la McKinsey...
Ma chi volesse saperne di più su quale danno abbia subito l'umanità con la sparizione di Yoram Gutgeld, può leggere questo breve sunto su Huffington Post: un mix di proposte strampalate che navigano fra l'inutile, il dannoso, e l'incostituzionale. Addio alla McKinsey, senza rimpianti.
Tutte qui, le magre del "nuovo che avanza"? No. Non dimenticheremo mai le performances della ggiovane Marianna Madia, che va a parlare di probleni del lavoro (Renzi le ha messo in testa l'art. 18, il "toccasana") non già con Giovannini, Ministro del Lavoro, ma con Zanonato, Ministro dello Sviluppo Economico. Si giustificherà dicendo che ha sbagliato portone. I due ministeri sono così vicini... Facciamo un colletta. Regaliamo un Navigatore Tont-Tont alla Marianna, che altrimenti la va in campagna - dove il sole tramonterà, tramooonterààààààà...
Ma il Ministro Vero del Lavoro, Giovannini, cosa pensa del Progetto Lavoro (...pardon... Job Act è più figo...) di Renzi/Madia, che deve arrivare da un momento all'altro, ma non arriva mai? Sulla base delle poche indiscrezioni che corrono, Giovannini non ha il minimo dubbio. E' lapidario:
Enrico Giovannini, Ministro del Lavoro, spara a zero su Matteo Renzi, e dice chiaro e tondo quel che pensa: rendere il lavoro il più possibile stabile è obiettivo del Governo, ma il contratto unico non basta e il “job act” di Matteo Renzi non va bene. È un attacco un po’ a freddo, costruito con l’Ansa, che attorno alle parole di Giovannini ha aggiunto flash di Elsa Fornero e dei Giovani Turchi del Pd. La sostanza è giusta: il Job Act di Renzi è una fiera scemenza.
Enrico Giovannini, ha parlato la vigilia di Natale e la sera di Santo Stefano. L’Ansa ha di nuovo riferito come il ministro abbia commentato, in questi giorni di festa, il piano per l’occupazione del neo segretario del Pd, Matteo Renzi, sottolineando che sui neoassunti non si tratta di proposte nuove e che c’è ancora confusione sulla materia.
Aggiunge il preciso cronista dell’Ansa che una bocciatura del ‘Job Act’ di Renzi arriva dai ‘Giovani Turchi‘: si “rischia di cadere nello stesso errore” di Elsa Fornero con un piano che puntando sui “meccanismi che regolano il mercato del lavoro (i contratti), anziché sulle gambe della crescita, nella migliore delle ipotesi è inutile”.
Critico è stato, riferisce l’Ansa, lo stesso ex ministro Fornero nel ricordare che estendere il sussidio di disoccupazione a 24 mesi può costare 30 miliardi.
Torniamo a Giovannini: ”Riuscire a rendere più stabile il lavoro è una esigenza che tutti abbiamo. Abbiamo introdotto un incentivo per le imprese che trasformano in tempo indeterminato un contratto a tempo determinato. Dobbiamo vederla la proposta che farà Renzi e il suo team, perché ce ne sono varie di versioni” [...]
Bene, per oggi ci fermiamo qui. Anche perchè ogni volta che digitiamo la parola "renzi" rischiamo di farci venire il c.d. "tunnel carpale". Ma i renzini non temano: non li lasceremo mai soli. Come potremmo? Renzi vuole governare Firenze, il PD, l'Italia, e se possibile anche la Cina e la Tanzania. Come potremmo disinteressarci a Renzi. Semplicemente, non potremmo
Tafanus
Scritto il 02 gennaio 2014 alle 18:31 nella Economia, Politica, Renzi, Tafanus | Permalink | Commenti (11)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 02 gennaio 2014 alle 08:00 | Permalink | Commenti (8)
Reblog
(0)
|
| |
Alla fine di un anno iniziato in un Vaffa-day permanente, con l’uso della parola “morti!” (col punto esclamativo) come manganello e insulto, leggo che presunti animalisti hanno insultato e augurato la morte a una ragazza rea di sopravvivere alle malattie grazie alla ricerca medica con sperimentazione sugli animali. Dà la sensazione di un cerchio triste che si chiude, ed eleggerei questi nazi-animalisti a campioni dello stile populista: spararle grosse, violente, asfaltare la realtà con uno strato di parole ribollenti e iper-semplificate, meglio se insulti sprezzanti Anche le menzogne vanno benissimo, qualcosa resterà.
Dal regime pubblicitario del partito-azienda fondato vent’anni fa col nome di grido da stadio (“Forza Italia”), ai monologhi urlati dell’ex comico genovese, il populismo in Italia ha avuto un tale exploit da essere oggi addirittura rivendicato, non importa che sia sinonimo generico di fascismo con l’accento posto sulla demagogia: “siamo noi i veri populisti”, reclama la Lega Nord in concorrenza con forconi e fascisti vari. I più rozzi luoghi comuni, come l’intramontabile “non c’è lavoro per colpa degli immigrati”, non provocano più vergogna e ridicolo ma sono status symbol da ostentare, come i confitti di interessi all’epoca di Berlusconi.
Ma c’è un tratto più profondo nel populismo italiano, che fa dell’antipolitica la parte preponderante della politica: l’essere indistinguibile dalla pubblicità. La pubblicità ha assimilato la politica così come, parallelamente, la finanza ha fagocitato l’economia. E poiché la pubblicità dissolve la realtà, tutto diventa possibile, a partire dalla fascinazione ipnotica dei Capi, sdoganatori delle più assurde pretese e dei più tristi e inconfessabili rancori. L’ultimo, l’ex comico, sembra a sua volta frutto e prestanome di un esperimento politico di laboratorio sulla psicopatologia delle masse.
Ma se è vero che il populismo è il fallimento della politica, bisognerebbe dire la verità sul suo fallimento: la vergognosa debolezza di un’opposizione autodegradata a concorrenza, il Pd, simile in questi anni a un governo ombra del governo di estrema destra, nel senso di un’indistinguibile visione del mondo. Suggerirei un esempio.
Ricordo un certo Penati, membro della direzione del Pd nonché presidente della Provincia di Milano, caduto in disgrazia per tangenti. A parte l’aspetto giudiziario, per me Penati fu colui che dichiarò con fredda sicumera, senza nessuna protesta nel Pd, che la politica doveva abbandonare quella “vocazione pedagogica” del Pci (penso all’etica di Enrico Berlinguer) e andare incontro alle aspettative della gente, ‘quello che vuole il popolo’, come si dice al bar. Ma chi è la gente? Nell’epoca del più sconvolgente degrado morale in Italia, di un abissale deficit di educazione, di un analfabetismo di ritorno dovuto al monolinguismo delle tv commerciali (ragione, spiegavano gli storici, del successo elettorale di Berlusconi), quella frase di Penati, mai contraddetta nel suo partito, sembra l’agenda politica della Lega Nord tradotta in italiano, ma di fatto era ed è il populismo spiegato ai bambini. Non dico dove si arriva andando incontro alle aspettative della “gente”, perché in quel caos ci siamo già; manca solo la pena di morte e il diritto a “più figa per tutti” (di botte contro le femmine ce n’è già troppe). Ma anche nel cinismo pubblicitario-populista il Pd arrivava in ritardo, nel sottomettere cioè la bontà delle idee ai sondaggi, come dall’inizio ha sempre fatto Berlusconi, come da ultimo fa Beppe Grillo: salvare le vite dei presunti clandestini, per esempio, accogliere i profughi, non porta voti, quindi è una cattiva idea.
(Fonte: Beppe Sebaste - l'Unità)
Sottoscrivo dalla prima all'ultima parola l'articolo di Beppe Sebaste, ma vorrei approfondire e sviluppare un tema che l'articolo di Sebaste sfiora appena, all'inizio dell'articolo. Un tema che mi pesa sullo stomaco da giorni: quello di Caterina Simonsen, la studentessa 25enne di veterinaria, che (soprav)vive da quando aveva 9 anni grazie ai progressi che la medicina ha fatto ANCHE grazie alla sperimentazione sugli animali.
Caterina, ricoperta da insulti sul web, aveva deciso di chiudere il suo account facebook (il luogo del cazzarismo più selvaggio e inquietante, perchè è noto che FB è il regno dell'anonimato, degli "alias", della vigliaccheria che immagina di essere informazione).
Ma poi, dato che è una ragazza con le palle, ha "riaperto" la porta agli animali(sti) che l'hanno massacrata, e che sicuramente lo rifaranno. Voglio dire a costoro che io sono schierato senza se e senza ma dalla parte di Caterina, e non dalla parte di questi pasdaran dell'animalismo che si sono scordatri che anche l'uomo è un animale: il più lucido, pericoloso, crudele, possente animale esistente in natura.
E quindi accomodatevi. Voglio anch'io la mia quota di insulti. Per solidarietà con Caterina, e per dire a Caterina che il mondo non è fatto solo di vigliacchetti con l'etica a targhe alterne (durante il giorno insultatori di Caterina, e di sera magari felici sbranatori di polli allo spiedo, di innocenti pizze alla napoletana (quella con le acciughe). Poi, dopo la pizzeria, rimettono la targa dispari, si accomodano al PC, e ricominciano a massacrare Caterina. La migliore degli animali, nel peggior mondo possibile.
Insultata da animalisti, Caterina Simonsen torna su Facebook: «Buon anno a tutti»
«Buon giorno a tutti e buon anno! Mamma mia che buffo aprire Fb di nuovo e sentire i 'tuttologi' che conoscono meglio la mia vita di me stessa».
È tornata visibile sul social network a Capodanno Caterina Simonsen, la 25enne padovana, studentessa di Veterinaria a Bologna, vittima di insulti via web per aver spiegato di essere ancora viva grazie alla sperimentazione sugli animali. Lunedì la sua pagina Facebook era diventata irraggiungibile: «Scusate ma mi serve un po' di pace», aveva scritto il 30. «Anche se siete tanti che mi stanno vicino non ce la faccio più tra accettare tag e vedere commenti di persone che continuano ad insistere di fare esperimenti sui carcerati. Chiuderò l'account per qualche giorno, forse per tutto il ricovero. Ho bisogno di un pò di pace».
Oggi Caterina è tornata su Fb e ha aggiornato anche sulle sue condizioni di salute: «Comunque io sto pian pianino meglio - ha aggiunto dall'ospedale di Padova, dove è ricoverata per una serie di malattie che combatte da anni - Ora aspetto solo la data per quando mi posizionano il catetere nuovo e in teoria potrò andare a casa verso inizio settimana prossima». Il suo post ha ricevuto decine e decine di auguri dal popolo della rete, per il nuovo anno e per la sua salute (Fonte: Il Messaggero)
Faccio i miei più sentiti auguri a Caterina. Sono solo uno dei tanti che stanno dalla sua parte, animale coraggioso con nome e cognome, massacrato da animalisti anonimi. Uno dei prossimi giorni, non appena avrò tempo e stomaco, racconterò a questi signori come funziona un grande "allevamento moderno" di polli. E descriverò ai maggiorenni quale sia la crudele ed efficientissima catena di montaggio (anzi, di smontaggio) che portano i polli - credo con loro grande sollievo - dalla vita in gabbie nelle quali non possono neanche girarsi (non devono consumare calorie) alle vaschette di plastica e cellophane. Oppure sarebbe preferibile un bel filmato girato in una tonnara durante una mattanza? Si può scegliere.
Io la mia scelta l'ho fatta da anni. Gli animali sacrificati alla scienza valgono esattamente quanto quelli sacrificati alle necessità dei supermercati. O tutti gli animalisti sono anche, per scelta, vegetariani? E non mangeranno per caso qualche vegetale che sarebbe invece graditissimo anche ai loro animali?
E se per caso la loro confortevole casetta fosse invasa da topini e scarafaggetti, si adatterebbero ad una civile e gradita convivenza, o chiamerebbero il più vicino servizio di disinfestazione?. Solo per sapere. Tafanus
Scritto il 01 gennaio 2014 alle 22:10 | Permalink | Commenti (11)
Reblog
(0)
|
| |
Scritto il 01 gennaio 2014 alle 13:00 | Permalink | Commenti (2)
Reblog
(0)
|
| |
Vorrei chiudere l'anno facendo gli auguri di un decente 2014 (compatibilmente...) ad amici e nemici, ed approfittarne per esternare alcune considerazioni sparse: quelle che nelle assemblee - non importa se del condominio o delle Generali - vengono raggruppate sotto il capitolo "varie ed eventuali"
SONDAGGI - Somo trascorse tre settimane dalle primarie, e nelle settimane precedenti e successive abbiamo sentito ripetere fino alla noia da più parti che "solo Renzi" avrebbe potuto portare il PD - e quindi il centro-sinistra - verso "magnifiche sorti e progressive". Affermazione fondata sugli endorsements provenienti dalla destra.
Piccola considerazione: i non pochi che hanno sposato queste certezze, si sono rifiutati, tetragoni, di considerare che nel mitico problemino che di assegna alle elementari (quello della vasca da bagno) esistono due parametri: quanta acqua il rubinetto fa entrare nella vasca, e quanta acqua si perde dal foro di scarico. Alcuni istituti di sondaggi hanno creduto di bruciare gli altri sul tempo, partorendo già il giorno successivo alle primarie (e con lo spoglio di 1400 seggi non completato) un fantastico sondaggio che dava al PD guidato dal mitico Mao-Renzi (Il Grande Timoniere) un abbondante 36%. Roba che neanche il PCI di Berlinguer. Questo istituto aveva creduto di bruciare gli altri sul tempo, e invece l'ha sparata talmente grossa che ha carbonizzato ciò che restava della sua immagine (e che non era granchè...) e in un certo senso non ha fatto un piacere all'ignoto committente, perchè le palle, se si gonfiano oltre una certa pressione, scoppiano.
Vediamo come butta l'ultimo aggiornamento dei sondaggi (e relative linee di tendenza) del 2013, a tre settimane dalle primarie. Ricordo che in questo momento la confusione regna sovrana, perchè il neonato (sottopeso) NCD di Angelino Alfano non si sa dove andrà ad abitare. Non certo col centro-sinistra (che se si alleasse funzionalmente con Angelino si suiciderebbe); non certo in blocco con Berlusconi (perchè molti sono andati con Angelino sentendo un certo acre odore di morte (politica, of course). Quando le "larghe intese" moriranno per consunzione, prevedo che il partitino di Angelino si spaccherà in due: metà tornerà a Filippi, metà andrà incontro alla sparizione aggregandosi nel Grande Centro di Monti (che già elogia Renzi, forse pensando di lasciarsi aperto uno spiraglio a sinistra). Preciso che dalla nascita del NCD i valori attribuiti dai sondaggi a questo partitone (che già viaggia sotto il 6%, con tendenza in calo) li sto arbitrariamente attribuendo per metà alla coalizione di CDX, e per metà a ciò che resta del Grande (?) Centro:
Ma guardiamo più in dettaglio cosa è successo, tenendo in mente che più i grafici che rappresentano curve di tendenza polinomiali sono "lunghi" (con molti numeri sull'asse delle "X"), più è lento l'adeguarsi della curva agli ultimi dati "puntuali". Per ogni coalizione, un addensarsi di puntini (nelle ultime settimane) sotto la curva corrispondente, tendono a trascinare, nelle settimane successive, la curva di tendenza verso il basso, e viceversa.
Ora guardiamo le curve: quella del CSX ha guadagnato 4 punti da febbraio a settembre, ed è plafonata da oltre due mesi intorno al 33%. Sembra che San Matteo da Frignano non abbia fatto l'atteso miracolo. Anche i "pallini rossi" non ci dicono molto, perchè da un mese i puntini "below the line" sono numericamente equivalenti, più o meno, a quelli "over the line". Insomma, siamo belli immobili come tombini di zinco. Nonostante abbiamo la fortuna di avere alla guida un genio come Renzi.
La linea del CDX cala con bella costanza, e con una certa accelerazione, da fine luglio, ma non facciamoci soverchie illusioni: nell'ultimo mese i pallini blu "over the line" sono molto numerosi, e "tireranno" la curva verso l'alto. Merito di Berlusconi o della Santanché?. No. Discrasia fra formazioni politiche (Alfano che porta 60 parlamentari fuori dal PdL) ed elettorato di centro-destra, che è disposto meno di Alfano a spostare le truppe a sinistra.
Infine Grillo: dopo un crollo lungo 5 mesi dal 30% al 17% circa, da fine agosto ha avuto un "rimbalzo", che lo ha riportato per brevi momenti in vista del 25%. La sua curva sale, ma i grillini non si facciano illusioni: tutti gli ultimi pallini color merda sono SOTTO la linea di tendenza, e ne invertiranno presto la direzione.
Infine, è fantastica la specularità fra le curve del CDX e del M5S. Sembra che ognuno prenda o lasci ciò che lascia o prende l'altro. Con una particolarità: che anche facendo ad occhio la somma delle due curve, si vede una certa inclinazione verso il basso di questa sorta di "osso di seppia" disegnato dalle due curve. Ma attenzione: i puntini blu del CDX nell'ultimo mese sono quasi tutti "over the line", quelli color cacca del M5S sono tutti sotto. Il che significa che nei prossimi sondaggi vedremo una divaricazione delle due curve. Grillo scenderà, il CDX recupererà, e il gap fra CSX e CDX - per ora positivo - potrebbe diminuire pericolosamente. Nonostante San Matteo.
Last but not least: se gli elettori di Angelino non ci staranno ad andare a servizio da Monti&Casini, e decidessero di tornare a casa (Il Centro-Destra, seppur Nuovo) l'attuale vantaggio del centro-sinistra potrebbe azzerarsi in un attimo. Sempre nonostante San Matteo.
E per chiudere, vediamo - dalla media dei 13 donsaggi post-primarie, confrontata con la media dei 13 sondaggi pre-primarie, in cosa sia consistita la "rivoluzione renziana":
Qualcuno vorrebbe darci atto che non c'è stato alcun miracolo?
LE ELEZIONI - Se non ci fosse Napolitano che non scioglierà le camere senza una nuova legge elettorale, saremmo già al voto. Renzi non perde occasione di mettere i bastoni fra le ruote all'avversario Letta. Lo attacca ogni giorno, e non perde occasione per dire che lui non ha nulla da spartire con Letta. Neanche io. Ma buttare dalla torre Letta, e lasciar vivo Renzi, sarebbe un crimine contro l'umanità. Comunque Renzi, non sufficientemente conscio dei propri limiti, spingerà per una nuova legge elettorale, non importa quale. Perchè il ragazzo è così tronfio da pensare di poter vincere con qualsiasi legge. Può darsi, ma deve far presto. MOOOOLTO presto. Le lune di miele non durano in eterno, e prima o poi persino i renzini più embedded dovranno pur tassegnarsi a chiedere a San Matteo co quali soldi intende fare le cose meravigliose che promette senza specificare.
Meglio: Renzi non promette nulla. Così non deve "quantificare" e "specificare", e domani non potranno essere messe a confronto promesse e realizzazioni. Renzi non prometterà MAI un milione di posti di lavoro, o la dentiera gratis per tutti. E neppure di debellare il cancro. Gli basta fare il "Grillo 'de sinistra", il Piccolo Bartali di Frignano. Jè tutto sbagliato, jè tutto da rifare. Ma tenendosi a debita distanza da discorsi del tipo "come, quando, dove, con chi, con quali soldi". Troppo rischioso.
RENZI E LA CANDIDATURA A SINDACO - Nei giorni scorsi fra noi c'è stato un certo dibattito sull'opportunità o meno di candidarsi di nuovo a Sindaco per uno che è stato presidente di Provincia, Sindaco una prima volta, Segretario del PD e - naturaliter - aspirante alla candidatura a Premier, Non è troppa roba, per chi voleva rottamare anche la nonna dopo il secondo mandato? A me sembrava di si. A Palazzo Vecchio è tornato come un estraneo solo per la conferenza stampa di fine anno, ma solo perchè c'era qualche telecamera. Il "Caso Renzi" ormai è nel palinsesto di "Chi l'ha visto". Non credevo di essere in minoranza, nell'avversione ai doppi e tripli incarichi.
Oggi, provvidenzialmente, viene pubblicata sull'argomento una ricerca della Società "Freni Ricerche". Non è un granchè, come ricerca. 400 interviste, fatte per chiedere se i fiorentini siano d'accordo nell'avere San Matteo da Frignano sindaco e segretario del PD. Una domanda, secondo il mio modesto parere, che Freni avrebbe dovuto rivolgere ad un campione rappresentativo degli aventi diritto a scegliere il sindaco di Firenze (e cioè di tutti i residenti msaggiorenni di Firenze).
Invece, cosa ti inventano Freni & C.? di fare 400 (quattrocento) intervistine ad un campione... estratto fra i partecipanti alle precedenti primarie per sindaco, stravinte da Renzi, opposto a NESSUNO (cioè al pallonaro Galli). Primarie moooolto chiacchierate, di cui si sussurra di un'ampia partecipazione di gente estranea al PD... Niente di nuovo sotto la sòla...
Eppure..... Eppure anche così, facendo la domandina a quasi-certissimi amici fidati del Renzismo, viene fuori che l'ideuzza di Renzi multi-poltrone non piace a moltissimi. Per dirla tutta, non piace quasi a nessuno, neanche ad un campione di suoi amici. Quello che segue, è un piccolo estratto della ricerca Freni:
DOMANDA: Ora che Matteo Renzi è stato eletto Segretario Nazionale del PD lei ritiene opportuno che possa ricandidarsi alla carica di Sindaco di Firenze?
RISPOSTE:
CONCLUSIONI: Abbiamo proposto alla valutazione degli intervistati l’ipotesi di una ricandidatura di Matteo Renzi a Sindaco di Firenze per un secondo mandato, anche dopo la sua elezione a Segretario Nazionale del PD. Il quesito è stato proposto nei giorni immediatamente successivi alla elezione di Matteo Renzi (e prima che lo stesso Renzi confermasse pubblicamente la sua intenzione di ricandidarsi a Sindaco di Firenze). La prospettiva è stata largamente disapprovata dagli intervistati, con una valutazione condivisa dagli elettori di entrambi i principali schieramenti politici. La disapprovazione si innalza nel Quartiere 4, fra i dipendenti pubblici e nelle fasce di elettori più scolarizzati.
Insomma, un rotondo 70% dice NO, anche se il campione è pesantemente distorto in favore degli amici di Renzi. E quelli che dicono NO sono over-represented fra le classi più scolarizzate. Questi i nudi fatti. Ognuno li interpreti come crede.
SCHUMACHER E LA GERARCHIA DELLE COLPE - So che queste righe piaceranno a pochi. Le scrivo lo stesso, perchè scrivo sempre quello che penso. A Bardonecchia, un gruppo di ragazzi scia fuori pista. Il passaggio innesca una slavina, e il rischio di slavine era altissimo e notissimo. Un ragazzino di 15 anni ci muore. Il suo amico è rinviato a giudizio, per aver concorso al distacco della slavina, e per omicidio colposo. Nessun Cordero di Montezemolo - che io sappia - si è attaccato al telefono per portare la sua (inutile) solidarietà alla famiglia del ragazzo morto, o di quello rinviato a giudizio. Mi spiace - e lo dico sinceramente - per la morte di questo ragazzino. Mi spiace tanto di più in quanto a 15 anni si è più "morti" che a 40 o a 60, perchè ci sono ancora tre quarti di secolo da vivere.
IN FRANCIA SCHUMACHER fa la stessa cosa. Viola le leggi del buon senso e della logica, prima ancora che quelle delle autorità (vedi articoletto di Alberto Tomba, uno che di sci si intendeva abbastanza). Ha il casco, cade a velocità elevata, sbatte la testa (inutilmente protetta dal casco) contro un sasso. Trauma cranico, emorragie e lesioni cerebrali. Forse non si salverà, e se dovesse salvarsi, in che condizioni sarebbe? Io gli auguro sinceramente di farcela del tutto (nel senso di restare vivo e "pensante"). Ma se dovesse farcela "in parte" (vivo ma ridotto a vegetale) gli auguro sinceramente la morte. Schumacher ha sbagliato, ha pagato un prezzo altissimo, lo ha fatto e lo farà pagare ai suoi cari, e ha coinvolto in questa avventura fuori dalle regole il giovane figlio.
E se a trovare questo maledetto sasso fosse stata la testa di suo figlio? Quale inferno di rimorsi avrebbe rovinato la vita di Michael? Permettetemi quindi, mentre gli auguro un miracolo, di non associarmi al processo di santificazione. Proprio gli eroi del nostro tempo, i miti, dovrebbero capire che hanno responsabilità dieci volte più alte dei comuni mortali, perchè spesso i loro comportamenti ispirano e/o de-colpevolizzano i comportamenti delle persone normali. Tafanus
LA NOTA DI ALBERTO TOMBA - [...] Il fuoripista è certamente bello, affascinante perchè ti mette a contatto ancor maggiore con la natura, ti dà un senso di libertà - dice Tomba -. Ma è altrettanto vero che non basta sapere sciare bene, ci vuole grandissima prudenza e grandissima esperienza per poterlo fare». «Le condizioni della neve - il monito dell'ex campione degli sci - possono variare moltissimo e bisogna conoscerle, soprattutto nelle aree aperte. Sciando fuori pista nei boschi ci possono essere poi pericoli che non vedi perchè coperti un pò dalla neve come radici, piccole piante, rami, sassi. Insomma è bello ma è anche anche molto, molto pericoloso. È un pò la differenza tra guidare una macchina su una strada normale o fuori strada».
Il pensiero di Tomba corre poi «a quello che è successo al mio amico Thomas Fogdoe, con i quale mi sento spesso». Si tratta del campione svedese di slalom speciale che gareggiava ai tempi di Tomba e che è rimasto paralizzato proprio in seguito ad un incidente di sci mentre praticava il fuoripista (Fonte: Corriere-Bologna)
Infine, vorrei ringraziare, e fare degli auguri speciali, a tutti coloro che si occupano degli altri, spesso mettendo a repentaglio la propria vita, sempre mettendoci una quantità enorme di rischio e di fatica. Penso ai Vigili del Fuoco, ai volontari delle "Croci", agli amici di Emergency e delle altre organizzazioni consimili, ai medici dei "Pronto Soccorso" che non trascorreranno la notte di San Silvestro con parenti ed amici, ma in ospedale a riattacare dita, salvare qualcuno, perdere qualcun altro. E a quelli che anche quest'anno si sono sacrificati per coloro che si mettono nei guai. Grazie al Soccorso Alpino, ai volontari della Protezione Civile, agli "Angeli del Fango" di mezza Italia
Da ex velista, un grazie particolare agli addetti al Soccorso in Mare, le cui imprese ho spesso seguito per radio, con trepidazione, mentre uscivano in mare, con qualsiasi tempo, per tirar fuori dai guai qualcuno che aveva preso il largo senza darsi la pena di ascoltare un meteo, o sopravvalutando le proprie capacità di passare indenne attraverso un "coup de Mistral" forza 9 nel Golfo del Leone. Sono loro, i veri ed unici eroi del nostro tempo. Grazie
Tafanus
Scritto il 01 gennaio 2014 alle 11:00 nella Tafanus | Permalink | Commenti (80)
Reblog
(0)
|
| |
SOCIAL
Follow @Tafanus