La legge domani in aula. Renzi sente sia Alfano che Verdini. L’incognita dell’emendamento Lauricella, chelega il testo alla riforma del Senato (di Claudia Fusani - l'Unità)
Intorno alla legge elettorale ruotano tre scenari.
Il primo: Renzi tiene fede al patto con Berlusconi, fa mandare avanti l’Italicum svincolato dalle altre riforme (Senato e Titolo V).
Il secondo: Renzi salva la faccia ma fa fare il lavoro sporco, chiamiamolo così, al Parlamento, che invece approverà, a scrutinio segreto, l’emendamento Lauricella (deputato della minoranza Pd) che vincola l’una all’altra le riforme, fissando un tempo di legislatura lungo, così come dice l’altro patto stretto però con il socio di maggioranza del Nuovo Centrodestra.
Il terzo: Renzi rompe il patto con Berlusconi perché l’Italicum non può funzionare per eleggere due Camere che hanno, tra l’altro, basi elettorali diverse.
E a quel punto, tutto può succedere. Ma anche nulla. Ieri il Mattinale di Forza Italia ha dato una linea chiara. «Se passa il tragico emendamento Lauricella cade tutto», ha scritto il capogruppo Brunetta. «Votarlo significa disinnescare l’Italicum e non riconoscere l’urgenza dell’approvazione della legge elettorale, una questione su cui pesa una sentenza della Corte Costituzionale, che forse molti hanno dimenticato, magari anche perché significherebbe riconoscere l’illegittimità di tantissimi parlamentari ». «Sostenere e votare l’emendamento Lauricella», prosegue la news letter «significa rischiare di andare al voto con il Consultellum». Ma, soprattutto, da parte di Renzi, significherebbe «non rispettare la parola data».
Alle giornate decisive siamo abituati ormai da qualche mese. Tante, troppe, ce ne sono state. Ma la settimana che si apre oggi lo sarà veramente per capire quanto può durare la legislatura, se e fino a che punto il premier Renzi crede nella scadenza naturale del 2018 così spesso tratteggiata, e quanto siano concreti i patti stretti in queste settimane con le forze di maggioranza e non. Domani la legge elettorale sarà in aula alla Camera. La promessa, l’impegno, è di approvarla entro la settimana (i tempi sono contingentati, 22 ore) e poi mandarla al Senato per il via libera definitivo che, nei piani del governo, deve arrivare entro marzo. Seppure, e qui è la variabile decisiva, il premier abbia detto, anche nel discorso programmatico della scorsa settimana alla Camera e al Senato, che «l’Italicum ha un nesso logico con la riforma del Senato». Una riforma costituzionale costituzionale che deve muovere i suoi passi a palazzo Madama, che ha bisogno di quattro letture e non può quindi essere approvata prima di un anno. Ad essere ottimisti.
Gli emendamenti per l’Italicum scadono oggi alle 12. Berlusconi e Renzi lo hanno blindato, due articoli, uno per la Camera e uno per il Senato, soglia di sbarramento per accedere al premio di maggioranza (37%), soglie di accesso per i partiti (entra in Parlamento chi ha ottenuto il 4,5%) più alcuni correttivi per Lega e Sel (salvataggio del miglior perdente di ogni coalizione). Le due settimane di crisi di governo hanno permesso di dare alla legge quella “benzina” che gli mancava e di cui gli estensori si erano dimenticati (gli algoritmi che permettono di tradurre i voti in seggi).
Mala differenza, in tutta questa storia, la fa l’emendamento Lauricella. E la minoranza Pd, che ha già rinunciato a decine e decine di correzioni, non ha alcuna intenzione di fare passi indietro. Ieri ha alzato la voce anche la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi. «Le debolezze di questa legge elettorale sono tre» - ha detto - intervistata da Maria Latella su SkyTg24, annunciando battaglia in Parlamento. «Non può dare una maggioranza certa anche al Senato, e quindi è necessario vincolarla alla riforma della camera alta; non c’è la parità di genere; non è pensabile ripresentarsi agli italiani senza consentire loro di scegliere i propri parlamentari».
Ieri ci sono stati contatti, telefonate e sms, tra Alfano e Renzi. E anche tra il premier e Verdini, plenipotenziario di Berlusconi sulle questioni elettorali. Ognuno deve, a suo modo, salvare faccia e sostanza, le parole date e le promesse fatte. La soluzione individuata prevede che il governo non faccia proprio l’emendamento Lauricella, come invece è stato promesso ad Alfano, e dando invece soddisfazione alla parola data a Berlusconi che non vuole vincoli temporali per la legislatura. Al tempo stesso, però, il governo non può imporre alla sua maggioranza parlamentare di ritirare l’emendamento. Che a quel punto sarà votato con voto segreto e passerà a mani basse. Così si salvano le promesse a Berlusconi e ad Alfano. Che poi in fondo neppure il Cavaliere vuole andare a votare a breve (il 10 aprile iniziano i dieci mesi di detenzione). Soprattutto, il premier tutela se stesso. Almeno per un po’.
Claudia Fusani
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