Pensate che porre l’accento sulla scarsa efficienza della pubblica amministrazione sia esclusivamente una paranoia da integralisti keynesiani ? Niente di più sbagliato: la corte dei conti lascia pochi dubbi, in quanto nell’ultima relazione dei giudici contabili in materia di spending review afferma che “…non si tratta solo di eliminare gli sprechi ma di affrontare il tema del 'perimetro' pubblico".
Il procuratore generale Salvatore Nottola fa affermazioni chiare: "La corruzione può attecchire dovunque: nessun organismo e nessuna istituzione possono ritenersene indenni" e "nessuna istituzione che abbia competenze pubbliche può ritenersi scevra di responsabilità di fronte al suo dilagare". Expo 2015 con i suoi recenti scandali è "un caso emblematico" di deroghe a norme e controlli, "smantellati in virtù dell'urgenza, che hanno di fatto favorito la corruzione. Resta indubbio che parte di questi episodi sia da riferire se non alla connivenza perlomeno alla scarsa efficienza dei controlli da parte della pubblica amministrazione”.
La Corte dei conti rincara la dose: si legge infatti nella sua relazione sul giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato "(la razionalizzazione dei servizi pubblici) è un impegno che può essere affrontato solo alla luce di una chiara strategia di governo della spesa e di selezione dei terreni su cui è chiamato ad incidere l’intervento pubblico".
"Un ridisegno, quindi, frutto di una forte volontà politica e di un profilo ben definito di quello che deve essere il sistema pubblico dei prossimi decenni. Non si tratta solo di eliminare gli sprechi e di riorganizzare le modalità di produzione e di accesso ai servizi. Occorre affrontare direttamente il tema della sostenibilità futura di un sistema di prestazioni di servizi alla collettività (dalla salute e l’istruzione alle imprese e all’ambiente) originariamente concepito in un contesto economico, sociale e demografico più favorevole”.
Nella PA in particolare, “bisogna avere la capacità di ripensare l'organizzazione stessa delle funzioni pubbliche, attraverso l'effettiva attivazione di estesi meccanismi di mobilità e il concreto approntamento di moderni sistemi di incentivazione della produttività".
Quanto al quadro economico e ai conti pubblici, i magistrati contabili spiegano che è necessaria "una redistribuzione del carico tributario intesa a favorire i fattori produttivi, redditi da lavoro e impresa, oggi sbilanciato per carichi eccessivi dovuti a spese improduttive se non frenanti per l’economia quali quelle di alcune parti della PA".
Nel rendiconto dello Stato si parla di una "operazione decisiva anche nell'ottica della ripresa dell'economia, che è improprio subordinare a recuperi di gettito (da evasione, erosione, da mancata riscossione) sempre richiamati ma che si rivelano largamente incerti nei tempi e nelle dimensioni". Ancora Laterza ha sottolineato come sia necessario "il sostegno alla crescita, orientando le leve di bilancio verso obiettivi che superino il solo rigore, ma restando entro profili compatibili con i vincoli posti dall'appartenenza all'Europa e soprattutto, con l'urgenza di riassorbire l'eccesso di debito altrimenti a carico delle generazioni future".
Certo è anche che la magistratura contabile costa cara ai contribuenti: in termini di cassa, nel 2013 ha avuto uscite (“titoli di pagamento emessi”) per 313 milioni, con il Tesoro che le ha trasferito 280 milioni, quindi la Corte ha messo al lavoro il suo cospicuo bilancio che aveva un “avanzo di amministrazione” di 65 milioni.
Che 313 milioni di spese siano pochi o molti è per definizione discutibile. Un fatto certo è però che siano molto più di quanto spendono simili istituzioni in giro per l’Europa. Qualche esempio? In Gran Bretagna, un Paese con un bilancio pubblico e un prodotto lordo simili a quelli dell’Italia, il National Audit Office l’anno scorso ha ricevuto dal Parlamento 66 milioni di sterline (circa 80 milioni di euro), inclusi 4 per spese una tantum: ma soprattutto il lavoro dei revisori pubblici di Londra ha prodotto per il contribuente risparmi provati di spesa per oltre un miliardo, e questo mentre i magistrati italiani, con il quadruplo delle risorse, non hanno mai dimostrato dati alla mano risultati del genere.
In Francia la Cour des Comptes nel 2013 è costata 206 milioni, un terzo meno che in Italia, e i portavoce di Parigi sembrano persino scusarsi per l’enormità della cifra che ha garantito il rientro di circa 880 milioni nelle casse statali Francesi.
A livello Europeo, la Corte dei conti che ha sede in Lussemburgo l’anno scorso ha speso 142 milioni, benché controlli bilanci in ognuno dei 28 Paesi dell’Unione: e uno degli elementi che ha evidenziato nel rapporto 2013 è “la sostanziale bassa efficienza e scarsa assistenza agli utenti dei servizi pubblici Italiani, in particolare nelle fasi di autorizzative nonché nella gestione delle strutture locali”.
In altri termini, la pubblica amministrazione non solo è costosa, ma inefficiente e grazie a ciò al suo interno si annidano ampie aree di corruzione, evidenziate negli scandali EXPO e MOSE di cui abbiamo letto negli ultimi tempi.
Il problema, come dice Bruti Liberati “…non è il numero degli impiegati pubblici, ma nella loro efficienza: per esempio la tanto sbandierata “rivoluzione informatica” della PA è solo una chimera se la gestione dei servizi è solo formalmente affidata ad impiegati interni”.
Salvo ovviamente lasciare la gestione ai privati, come Aruba che oggi è il primario fornitore degli standard certificativi della PA: dovremmo domandarci allora a cosa servono le pletore di sedicenti “esperti” nel settore dell’informatizzazione della PA quando il processo telematico (obbligatorio da luglio 2014) in realtà è partito solo grazie ai professionisti che si sono dotati di strumenti di fatto non ancora disponibili alle amministrazioni in quanto i funzionari non hanno potuto (o voluto, qualche volta) adeguarsi alle nuove tecnologie.
Insomma, una pubblica amministrazione che costa molto ma rende poco o nulla, e che oggi permette un substrato grigiastro in cui si annidano sprechi e corruzione, come ammesso dagli stessi magistrati della corte dei conti.”
Axel
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