Così si uccide l'Ulivo, e Renzi è l'assassino (di Chiara Geloni)
Chiara Geloni ha lasciato in Gennaio la direzione di Youdem. Dopo le tante polemiche sulla sua posizione politica molto vicina a Pier Luigi Bersani e le accuse dei renziani, con molta eleganza l’ex giornalista del Popolo dice addio al canale del Partito Democratico, sostituita dal renzino di turno, Filippo Sensi. Uno dei tanti arrivati in soccorso del vincitore... Quello che segue è l'articolo di ieri di Chiara Geloni per lo Huffington Post. Tafanus
A rivederla in tv, l'ultima sequenza della Leopolda 5, quella in cui il segretario del mio partito aizza il suo pubblico e chiama la standing ovation contro il mio partito, la sua storia e i suoi protagonisti, assicurando che "non sarà consentito" a costoro di "riprenderselo", continua a provocarmi un'ondata di pensieri e sensazioni. Sono diverse ore che rimando l'appuntamento con la tastiera, perché non si dovrebbe scrivere quando si è arrabbiati. Ma ci devo provare.
Va bene ho capito: Matteo Renzi vuole solo applausi, vuole liberarsi da chiunque possa offuscare il suo splendore, considera insulto ogni critica, tratta come un nemico chiunque non si allinea al suo insindacabile - per quanto variabile - giudizio su cosa sia giusto, bello e buono, su quale sia il cambiamento che serve all'Italia. Dichiara di rispettare e poi disprezza. Non rispetta niente in realtà Renzi, non riesce a rispettare niente di quello che non può sottomettere. Purché tutto ciò abbia una caratteristica: stare dalla sua stessa parte. Se sono avversari no, va bene: allora Renzi diventa ragionevole, cordiale, capace di mediazione. Non so neanche se lo faccia apposta, se sia carattere o strategia. Tuttavia, ecco, mi chiedo: qual è la strategia di Renzi?
Qual è la sua analisi, voglio dire. Al di là delle sue antipatie, al di là del "non consentire" a qualcuno di poter ambire a contare in un partito che doveva invece un tempo - ricordate - essere "scalabile", e che lui infatti ha effettivamente scalato, dove vuole arrivare il segretario? Quale sistema politico, grazie al suo enorme potere, sta cercando di costruire?
Quando abbiamo fatto l'Ulivo e poi il Pd (perché lo abbiamo fatto in tanti l'Ulivo, fu un fatto di popolo e io mi sento fondatrice, non solo per aver partecipato un giorno alle primarie), volevamo unire i due grandi filoni del riformismo costituzionale italiano (dico due per semplificare, erano di più) per dare finalmente all'Italia la prospettiva di essere guidata da una forza di centrosinistra che competesse per il governo. Volevamo finalmente superare la democrazia bloccata della prima repubblica, volevamo un partito e un paese dove non ci fossero figli di un dio minore. Dalle mie parti, parti politiche dico, citando Aldo Moro si parlava di "includere la sinistra nell'area di governo". Lo abbiamo fatto, con alti e bassi, sconfitte e vittorie, limiti ed errori. Se ne fanno sempre, li farà anche Renzi.
Quando però (mi capita) qualcuno mi chiede "ma scusa, perché tu sei bersaniana", alludendo al fatto che i miei nonni e mio padre (e anch'io, a diciott'anni) votavamo Dc, io trasecolo: perché ho conosciuto Bersani nel Pd, mi fido di lui e mi piace quello che dice, dov'è l'anomalia? Non era questo il partito che volevamo fare?
Ecco io voglio sapere oggi, alla fine della seconda repubblica, dove ci vuole portare Matteo Renzi. Il suo "partito della nazione", che lui intende come partito pigliatutto, un partito inamovibile dal potere e dal governo, lascerebbe ai margini una destra residuale e una sinistra radicalizzata che non si confronta più con il tema del governo. Una sinistra spinta fuori da lui, stando a quello che si capisce. Questa, va detto, è la morte dell'Ulivo e del Pd, e Matteo Renzi se vuole questo ne è l'assassino. È un cambiamento, certo. Ma non è certo un cambiamento progressivo per la nostra democrazia, e bisogna che gli elettori del Pd e dell'Ulivo siano messi in condizione di giudicarlo e di esprimersi. Io, Chiara Geloni figlia e nipote di democristiani, non ho fatto il Pd per ammazzare la sinistra, ma per governare l'Italia da sinistra, e pretendo che il Pd sia questo, o non è.
Altro che "spirito originario". Walter Veltroni, con la sua vocazione maggioritaria, non avrebbe mai consentito una piazza come quella del 25 ottobre contro di lui e contro il Pd, e soprattutto non ne avrebbe parlato come di altro da sé, come fa il segretario del mio partito. A costo di andarci travestito, Veltroni in quella piazza ci sarebbe andato, non l'avrebbe mai criticata e controprogrammata convocando i suoi sostenitori e sfidandola "a dimostrare chi è di sinistra". Veltroni, come Renzi, fece un patto per le riforme con il suo principale avversario, scommettendo su una evoluzione in senso bipartitico del nostro sistema, su cui si può concordare o meno (non andò così, ma un veltroniano potrebbe legittimamente dire che è stato perché è andato via Veltroni). Tuttavia non si sarebbe mai sognato, Veltroni, di puntare a rappresentare indifferentemente la destra e la sinistra.
Verso quale assetto vuole fare evolvere il sistema politico italiano, oggi, il segretario del Pd, considerato che non è affatto detto che Berlusconi oggi sia il principale avversario, e soprattutto considerato che lui - Renzi - non fa mai una critica alla destra, non ricorda mai i danni che il berlusconismo ha fatto al paese, attribuendo invece, costantemente, i ritardi dell'Italia alle colpe della propria parte politica, tra gli applausi dei principali sostenitori storici di Berlusconi? Di cosa parla Matteo Renzi quando dice "bipartitismo"? Per quanto tempo pensa di prenderci in giro senza parlare mai sul serio di politica? Per quanto tempo il pubblico renziano esploderà ogni volta in un boato di entusiasmo al sentirsi dire "vi faccio vincere, gli altri vi facevano perdere", senza mai chiedersi perché, per fare cosa e come, e senza accorgersi di chi applaude con loro?
Chiara Geloni
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