Al confronto Monti era il carnevale di Rio. Ho guardato e riguardato l’unica intervista a Sergio Mattarella disponibile su YouTube, ambientata su un divano a fiori non vivacissimi. In quattro anni ha ricevuto zero commenti. Questo è il primo. Argomento della conversazione, il ruolo della cultura. Il Presidente designato della Repubblica parla per sei minuti senza mai variare il tono della voce né muovere un muscolo del volto. A metà, per alleggerire, racconta una storiella del quarto secolo avanti Cristo.
La sua dialettica è un riuscito mix tra la verve di Forlani e l’immediatezza di De Mita. «Credo che il bombardamento commercializzato di modelli di vita cui oggi siamo sottoposti abbia agevolato e accresciuto, se non la tendenza, il pericolo di un abbassamento dei valori di riferimento». Intendeva dire, con qualche ragione, che le tv di Berlusconi ci hanno lietamente rimbecillito. Però, vuoi mettere.
Oltre a Epitteto e Aristippo, che non sono due nazionali brasiliani, cita l’amato san Francesco. Non è difficile immaginare che le sue prime mosse sul Colle sarebbero il distacco delle prese dei televisori e l’abbassamento della statura dei corazzieri per risparmiare sulla stoffa delle divise. Dimezzerebbe i costi, gli sprechi e gli aggettivi, imponendo la dieta Bergoglio a tutto il Quirinale. Da cittadino un Presidente così mi entusiasma. Da giornalista mi getta nella disperazione più cupa. Per dirla alla Mourinho, Mattarella ci darà «zero tituli». Confido nell’effetto inebriante della carica, ma nel dubbio comincio a ripassare Aristippo. (di Massimo Gramellini)
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