Le "purghe" renziane contro chi non applaude ad ogni minchiata che spara. E ora speriamo che ciò che resta del PD capisca, e passi finalmente dai "penultimatum" agli ultimatum. Sempre che si sia ancora in tempo... (Fonte: International Business Times)
Forse perché oscurata dall’immane strage di migranti o perché sul banco degli imputati c’è il partito di Matteo Renzi e non uno di opposizione, la vicenda dell’epurazione dei 10 dissidenti in Commissione rischia di scivolare via come una mossa dura, al limite, ma necessaria. In realtà si tratta di un atto senza precedenti.
[...] Non è la prima volta che il governo Renzi elimina dalla sua strada gli ostacoli interni. Accadde qualcosa di simile la scorsa estate, vittime in Commissione al Senato i ‘critici’ Mineo e Chiti. Ora la mossa è molto più grave, politicamente e non solo. Sostituire 10 membri della Commissione (su un totale di 22 appartenenti al PD) perché contrari all’Italicum è una forzatura del regolamento della Camera.
Articolo 19.3: “Nessun deputato può essere designato a far parte di più di una Commissione. Ogni Gruppo sostituisce però i propri deputati che facciano parte del Governo in carica con altri appartenenti a diversa Commissione. Inoltre ogni Gruppo può, per un determinato progetto di legge, sostituire un commissario con altro di diversa Commissione, previa comunicazione al presidente della Commissione”.
Si evince che sostituire un commissario si può, ma è altrettanto evidente come nel caso Italicum non si stia parlando di una sostituzione dettata da uno spostamento in altra Commissione o di una promozione dei 10 ad una carica di governo. E’ il contrario: la maggioranza PD si sbarazza, in blocco, della corposa minoranza perché contraria alle sue volontà. In pratica c’è un “utilizzo politico dell’istituto della sostituzione” come ha sottolineato Pino Pisicchio (Misto).
Ci sarebbe anche la Costituzione di mezzo: l’esclusione del vincolo di mandato è espressamente citato nell’articolo 67. Anche la Consulta, ricorda il professore di diritto costituzionale Andrea Pertici intervistato oggi sul Fatto Quotidiano, si è espressa in tal senso, mezzo secolo fa (sentenza n.14 del 1964). “Il divieto di mandato imperativo importa che il parlamentare è libero di votare secondo l’indirizzo del suo partito, ma è anche libero di sottrarsene. Nessuna norma potrebbe legittimamente disporre che derivino conseguenze a carico del parlamentare per il fatto che egli abbia votato contro le direttive del partito”.
Ora diventa preminente, per ciò che resta del PD, l'obiettivo di liberarsi di qauesto dittatorello da strapaese. Non importa come. Facendogli prendere una batosta alle regionali (dova ha candidato il Gotha delle Procure), votando CONTRO (non non votando e basta) qualsiasi cosa, e soprattutto votando CONTRO eventuali voti di fiducia posti su materie che non rispondano ai requisiti di necessità e urgenza, e/o abbiano una forte connotazione costituzionale, e riguardano materie che dovrebbero essere sottratte a interessi da bassa bottega (vedi Italicum e marchette da 80 o da 12 euro).
Spero che di fronte a queste epurazioni il PD, che tanto aveva criticato quelle del M5S, trovi il coraggio di "sfoderare i coglioni", e di mandare a casa chi non si sta dimostrando degno e capace di lavorare con la cassetta degli attrezzi chiamata DEMOCRAZIA
Tafanus
1602/0630/1930
SOCIAL
Follow @Tafanus