Forse non siamo l'unica voce critica sull'Expo, sulla sua utilità, sull'indotto, sui costi, sulla opacità circa il numero di ingressi reali, sul saldo fra spese e ricavi, su "what's next" quando a fine ottobre calerà il sipario sul baraccone che, more italicus, ha già portato a San Vittore comitive di malviventi...
Dopo di noi (che ci poniamo da sette anni domande sui 36.000.000 di visitatori sparati da Moratti-Bossi-Berlusconi), con qualche annetto di ritardo hanno impugnato la calcolatrice anche all'Espresso, al Fatto Quotidiano, allo Huffington Post, e ora gli articoli poco entusiastici sulle'Expo stanno diventando valanga, anche perchè, fra mille reticenze, e senza un solo dato sul costo medio reale dei biglietti venduti, cominciano a circolare cifre da incubo sui visitatori.
Venghino, sior, venghino! dai 36 milioni morattian-berlusconiani, con un processo graduale e continuo, siamo scesi ai 24 milioni (non previsti, ma necessari per il break-even), del duo delle meraviglie Renzi-Sala. Intanto da voci documentate da parte di "insiders", cominciano a circolare numeri da incubo. Non ci saranno 36 milioni di visitatori, e forse neanche 24 milioni... Le cifre "segrete" sugli ingressi ai tornelli supertecnologici proiettate a fine ottobre lasciano temere persino che ci si possa attestare intorno ai 12/15 milioni. A questo punto gli unici che ci avranno guadagnato saranno i mazzettisti, e i caimani delle aree agricole diventate all'improvviso aree edificabili. Nei padiglioni mai finiti crescerà la sterpaglia, come sta già avvenendo alla Maddalena, per le strutture mai finite di un G8 mai nato.
A queste voci, crescenti in numero e insistenza, sui numeri, ora si aggiunge una voce (altre seguiranno) sugli aspetti qualitativi e sulla reale utilità di questa baracconata dedicata al fagiolo borlotto. Fra tutti, scegliamo l'articolo (documentatissimo... aprendo l'articolo si trova anche una significativa foto-gallery) scritto da Alessandro Da Rold e Luca Rinaldi (cliccare sulla foto per l'articolo integrale)
Immaginatevi una domenica in un ipermercato, a girare fra i corridoi con migliaia di persone, con la musica di Nek o Jovanotti in sottofondo. Quel senso di nausea, stanchezza e voglia di dormire. Metteteci l’architettura di una Biennale di Venezia, le attrazioni turistiche e il folklore di un parco divertimenti di terzo livello, tipo Viserbella di Rimini, l’illusione di visitare i paesi di mezzo mondo, ma avendo come panorama il carcere di Bollate. Aggiungete un po’ di sano nazionalismo, tra celebrazioni dei presidenti di Turkmenistan, Kazakhstan e Marocco. Contornate tutto di cibo, ovunque, a prezzi stratosferici, servito in tutti i modi possibili, da tutte le parti del mondo, per strada, nei negozi, nei padiglioni, negli anfratti. Mischiate e avrete l’Expo 2015 di Milano, evento mondiale nato per risollevare l’Italia dalla crisi economica, ma che al momento appare soprattutto come una delle più grandi cafonate mai viste. Alcuni padiglioni sono bellissimi per architettura, come quello tedesco o giapponese. Alcuni sono di particolare interesse, come quello del Vaticano, dove si può vedere l'Ultima Cena del Tintoretto. Expo va visitato, non c’è dubbio. Per capire che cosa i milanesi hanno atteso per sette lunghi anni, ma pure per scoprire dove sono nati i litigi tra la politica di centrodestra, le inchieste per corruzione sugli appalti e pure le manifestazioni che il primo maggio hanno messo a ferro e fuoco Milano. Girando viene in mente Alberto Sordi nel film Le Vacanze intelligenti, quando insieme alla “Buzzicona” si reca alla Biennale di Venezia.
Expo 2015 di Milano, evento mondiale nato per risollevare l’Italia dalla crisi economica, ma che al momento appare soprattutto come una delle più grandi cafonate mai viste
Arrivare a Expo non è difficile. Lo si può fare in metropolitana o in macchina. I lavori continuano senza sosta, ennesima dimostrazione del fatto che non sono stati finiti in tempo. Di fronte alla fermata della metro le ruspe vanno avanti e indietro. Sui ritardi ci scherzano pure i poliziotti. Prima della biglietteria ci sono i Testimoni di Geova che fanno proselitismo. Le code sono lunghe, estenuanti, non solo all’entrata ma soprattutto nei padiglioni dei paesi ospitanti. A ben guardare, appena entrati, non si capisce cosa sia finito e cosa no. Un esempio: il padiglione della Veneranda Fabbrica del Duomo, con una riproduzione della madonnina, è più che mai minimale. Ma è una scelta o anche questo era in ritardo? Non si saprà mai. In pochi minuti ci si butta nella mischia, padiglione dopo padiglione. C’è un uccello gigante in Repubblica Ceca, incastonato in un’automobile su una piscina. C’è birra a fiumi. Ci sono i ristoranti. Nei padiglioni, se va bene, si trova qualche foto in esposizione, un po’ di cristalli di boemia o una tastiera touch screen. In Sudan ci sono solo collanine e bracciali. E poi i poster, qualche foto, la spiegazione di come si fa il riso, le lezioni sul cioccolato e a quale temperatura va conservato.
Il Brasile va visto perché vanta una gigantesca rete metallica che imita l’Amazzonia: i ragazzi delle scolaresche amano saltarci sopra ma vengono rimproverati dalla sicurezza. In Estonia si va in altalena. In Etiopia c'è la riproduzione di una hostess, ma è solo una sagoma di cartone. Mentre negli Emirati Arabi Uniti si può vedere tramite ologrammi la storia del petrolio e del cibo arabo. Tutti sono vestiti a tema. I Thailandesi salutano da thailandesi. Gli arabi portano i vestiti da arabi. Ci sono gli addetti ai sorrisi, in una gigantesca bolgia dove al centro di tutto svetta il cibo. I prezzi sono alti, è cosa nota. Da Eataly un polipo con patate si paga 9 euro, mentre un piatto nemmeno troppo ampio di trofie al pesto arriva a costare 12 euro. In Giappone il conto è ancora più salato.
Bisogna spendere per mangiare. Ma se si vuole, si può mangiare e bere tutto il giorno, da far impallidire «La Grande Abbuffata» di Marco Ferreri. E poi, finito, si può smaltire tutto in una delle palestre offerte dalla Technogym, spesso vuote. Non è chiaro chi abbia arredato gli spazi della catena di Oscar Farinetti, perché ci sono statue di donne ammanettate in pose sessuali. Sempre a proposito di cibo, Mc Donald’s è il posto più frequentato. Coca Cola pure: non ne abbiano a male i cultori del cibo biologico. Tra gli stand dei cluster del Mediterrano sembra di stare in un classico mercatino greco. Ma di serie B, perché manca il mare e non siamo in Grecia, ma a Rho. Anche qui però ci sono gli abiti locali, i sorrisoni dalla Disney e i prezzi alle stelle.
Nutrirsi dove si nutre il pianeta, ma portarsi una bottiglietta da casa è meglio
Nutrire il pianeta, certo. Ma pure nutrirsi di petrolio. Nel padiglione del Turkmenistan sono esposti dei fusti di benzina e si celebra il presidente Gurbanguly Berdimuhamedow, a cavallo, di profilo, in versione saluto gigante. Il Padiglione Italia è senza dubbio quello più bello dal punto di vista architettonico. Ma a fare da contraltare sono i padiglioni regionali, sporchi e non finiti. In Calabria si parla di luglio, mentre in Sicilia gli operai al lavoro non sanno quando riusciranno a renderlo presentabile: cola l’acqua dai muri e c’è degrado ovunque. Che dire poi del padiglione del Qatar, sfarzoso e mastodontico, o di quello belga, dove si offrono birra e patatine. Chi va a Expo ci va per ingrassare e scoprire in che modo si ingrassa. Il padiglione della Birra Moretti è tra i più frequentati anche perché una pinta costa 3 euro, prezzo più che accessibile. Del resto nel padiglione brasiliano un caffè costa due euro, mentre un succo di pompelmo, marca italiana, arriva a toccare i 5 euro. L'acqua costa 4 euro. Nutrirsi dove si nutre il pianeta va bene, ma portarsi una bottiglietta da casa è meglio (Fonte: linchiesta.it)
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