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Scritto il 31 agosto 2015 alle 02:34 | Permalink | Commenti (0)
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Chi avrà il coraggio di raccontare questa storiella a Salvini e alla Santanscié? Nella ottusa normalità del "luogocomunismo" noi italiani siamo "bbrava ggente", e lo straniero stupra, ruba, è irregolare, vuole vivere a sbafo con i soldi dei padani, vuole Sky e la sim-card del telefonino, e la casa popolare gratis.
Roma: folla oceanica accoglie Salvini
Poi, ogni tanto, accadono quelle cose che rovinano il palinsesto... Come quel "guastatore" bengalese, ultimo fra gli ultimi, persino fra i diseredati "homeless" di Roma: Sobuj Khalifa, 32 anni, è l'eroe che non ha esitato neanche per un attimo a gettarsi nel fiume per salvare la vita a una israeliana di 55 anni che aveva tentato il suicidio. A lui, irregolare, i poliziotti del commissariato Celio e della Questura hanno ottenuto che fosse concesso un permesso premio di soggiorno di un anno per motivi umanitari. Ecco cosa vale la vita di una persona, se a restituirgliela è un barbone. Un anno di permesso di soggiorno. Poi, si torna alla routine del perenne gioco a "guardie e ladri".
Dopo il permesso di un anno (quando tornerà ad essere un "clandestino") per lui tutto ritornerà nella norma. Sobuj non ha niente: vive da sbandato sugli argini del Tevere, quando può si arrangia facendo il parcheggiatore abusivo a Trastevere, insieme ad altri desperados tunisini e marocchini che con lui dividono la fogna. Non ha una casa, non ha un vero letto, solo un cuore grande.
E veniamo a ieri, all'altro episodio di "turbativa del luogocomunismo"... in provincia di Napoli Anatolij Korov, un 38enne di origini ucraine, va a fare la spesa nel locale supermercato con la figlioletta di meno di due anni. Esce col carrello della spesa, e con la figlioletta nel carrello. Nota due criminali giunti a bordo di una moto, che stanno tentando di rapinare la cassiera. Non esita un momento. Lascia carrello e figlia fuori, si precipita dentro, e si avventa su uno dei due criminali cercando di fermarlo. L'altro gli scarica addosso a bruciapelo la sua pistola. Anatolij muore sul colpo. Lascia la moglie e tre figli piccoli.
Anatolij - leggo sulle pagine locali di Repubblica - era residente a Castello di Cisterna da diversi anni, con regolare permesso di soggiorno. Era molto conosciuto in paese così come tra i clienti del supermercato, che ricordano il 38enne come "un gran lavoratore". L'uomo, senza un lavoro fisso, si prestava ad ogni tipo di mansione per poter mantenere la famiglia. E' ricordato soprattutto per la sua disponibilità incondizionata verso quelli che ormai erano diventati i suoi compaesani.
Piccole storie, presto rimosse e dimenticate dalla nostra memoria. Storie scomode, storie che fanno a pezzi gli alibi al nostro latente o conclamato razzismo. Forse un giorno il Ministero dovrebbe pubblicare in dettaglio una statistica nota a tutti, che accuratamente nascondiamo sotto il tappeto: il tasso di criminalità fra i migranti regolarizzati è più basso di quello degli "italiani bbrava ggente". Salvini e la Santanscié non possono certo ignorarlo, vero?
Tafanus
Scritto il 30 agosto 2015 alle 22:47 | Permalink | Commenti (0)
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Con questo titolo provocatorio iniziava, il 1° Novembre 2011, un lavoro duro (è sempre duro, leggere e commentare scemate) di analisi delle "Cento Cose" (se volete, punti di programma) di Matteo Renzi - stranamente scritte dal PC di Giorgio Gori - raccolte in un "libro" intitolato, modestamente, il "Big Bang". Le idee che avrebbero dato il la alla creazione del mondo. Del Nuovo Mondo, quello targato Maria Elena Boschi, Marianna Madia e Graziano Delrio...
Analisi lunga e pesante, perchè analizzare 100 scemenze costa più sudore, lacrime e sangue che esaminare due cose serie e di peso. Invece le "Cento Cose" del Big Bang altro non erano che una accozzaglia inutile delle scemenze - senza alcuna selezione - emerse dai dotti oratori leopoldini (5 minuti di intervento a testa: q.b. per proclamare la scemenza, ma niente tempo per approfondirla e declinarla in termini di tempi, modi, risorse... De minimis non curat praetor).
Un duro lavoro che è andato avanti per tre mesi (da 1° Novembre 2011 a fine gennaio 2012). Undici puntate per analizzare 100 Cose Intelligenti del Renzismo: in media non più di 9 per puntata.
Alcuni mi hanno scritto per complimentarsi, dicendo che avevo fatto io quello che non aveva fatto la Grande Stampa; altri (ricordate il desaparecido "Ninomastro")?, si sono molto lamentati - senza spiegare il perchè - per questa analisi dettagliata, lunga pignolesca. Ninomastro era quello che almeno con Renzi si vince. Sic.
Renzi è quello che ama i "numeri tonti": un milione di lire all'anno a 10 milioni di persone. Cento cose (...ma se dopo la chiusura in bozza del libro avesse realizzato che mancavano sette cose intelligenti, le avrebbe aggiunte, rinominando il libro "Le Centosette Cose")? e, per converso: se ne avesse trovate 11 assolutamente cretine, avrebbe dato alle stampe le "89 cose" di Matteo Renzi? Centomila precari della scuola da assumere. Un milione di posti di lavoro. Diecimila scuole da ristrutturare.
Dura guerra a tre fra Berlusconi, Renzi e Cetto Laqualunque. Chi sopravviverà?
Ora ha minacciato 100 comparsate in cento teatri in cento città per spiegare meglio la bellezza delle cose fatte (evidentemente molti non ci sono arrivati neanche con l'aiuto de l'Unirenzità, a capire la magnitudo dell'ometto).
La cosa ha scatenato i miei più bassi istinti regicidi, e quindi ripropongo in questo post l'incipit del PRIMO post di analisi delle 100 renzinate datate 2011, e l'ultima parte, che contiene i link a tutte le puntate. Roba per masochisti, ma tant'è... Se c'è qualcuno che è riuscito a leggere i sette volumi de "À la recherche du temps perdu" di Marcel Proust, magari trovo qualcuno disposto a scorrere gli undici post dedicati all'annuncite ante litteram dello statista di Frignano sull'Arno. E' una istruttiva passeggiata nel "Parco del Non Fatto". E molto del "Non Fatto" viene riproposto adesso come roba nuova di pacca... Così iniziava la prima puntata della mia "Recherche":
Salve, sono Matteo Gori... cioè, scusate... Salve, sono Giorgio Renzi, e so gggiovane, tanto gggiovane... Da oggi incomincia la pubblicazione a puntate dell'analisi delle Cento Idee Findus. Abbiamo affidato l'analisi ad un nostro sicuro punto di riferimento: Tafanus. Un uomo che ha già dato prova di apprezzare come merita il lavoro di Giorgio... cioè no, quello di Matteo...
TEMA 1 – RIFORMARE LA POLITICA E LE ISTITUZIONI
-1) Basta con il bicameralismo dei doppioni inutili. Cominciamo dalla testa. Il Parlamento, la sede della rappresentanza in cui si riflette la sovranità popolare, è oggi tra le istituzioni più denigrate e discreditate, anche perché è inefficiente. Quasi mille componenti e due camere che fanno lo stesso mestiere, entrambe titolate a dare e togliere la fiducia al Governo, con due serie di Commissioni che operano sulle stesse materie, due filiere dirigenziali, doppie letture su tutte le leggi, non hanno nessuna giustificazione. Una delle due camere va semplicemente abolita. Ne basta una sola, veramente autorevole, composta da non più di 500 persone. Al posto dell’attuale doppione serve un organo di raccordo tra lo Stato e i governi regionali e locali che possa anche proporre emendamenti a qualsiasi proposta di legge su cui la Camera elettiva si esprime in ultima istanza a maggioranza qualificata.
Idea gggiovane e nuova? Leggiamo uno stralcio di intervista a Schifani dell’aprile 2010: “...vi è consenso unanime sulla semplificazione legislativa, attraverso l'abolizione del bicameralismo perfetto e l'istituzione del Senato federale...”
-2) Le elezioni diano potere ai cittadini non ai segretari di partito. Per ridare autorevolezza al Parlamento bisogna innanzitutto abolire il “Porcellum”, l’attuale legge elettorale che consente la nomina dei parlamentari da parte delle segreterie dei partiti, tornando ai collegi uninominali. (...sic... ahahahah!!! invece adesso siamo al Senato dei Nominati, pensionato di lusso per politici trombati, privo di qualsiasi potere reale. NdR)
E, in calce, l'incipit dell'ultimo capitolo della mia Recherche: capitolo prezioso, perchè contiene i links a TUTTE le puntate. Per chi volesse verificare quante delle cento minchiate sparate nel 2011 alla Leopolda (succursale di Palazzo Chigi, o viceversa? Palazzo Chigi succursale della Leopolda?
Analisi delle "Cento Idee Findus" di Matteo Renzi e Giorgio Gori - 11° e ultima puntata
Come promesso, con questa puntata finisce l'analisi (dolorosissima, perchè è un viaggio nella minchiata libera) delle "Cento Idee" di Matteo Renzi e Giorgio Gori) Si conclude con i link a tutte le puntate, ma una puntata speciale dedicheremo al peggio del Renzi-Pensiero. Una sorta di Bignami del neopeggio. Grazie per l'attenzione. Tafanus
Sommario clickabile di tutte le puntate
1405/0715/1345
Scritto il 30 agosto 2015 alle 17:40 | Permalink | Commenti (2)
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(Riprendiamo dal sito www.micromega.net” - copyright © Paolo Flores d’Arcais)
Al meeting di CL Matteo Renzi ha confessato pubblicamente di essere la prosecuzione del berlusconismo con altri mezzi. Dalla giustizia all’informazione, dal lavoro alla riforma istituzionale, non c’è un solo elemento della lobotomizzazione della democrazia tentata da Berlusconi che Renzi non stia realizzando. Contro la quale ora ha però poco senso indignarsi.
Occorre invece riflettere sul perché le straordinarie energie che l’antiberlusconismo aveva saputo suscitare nella società civile non abbiano trovato adeguata espressione politica. Se si trattasse di omosessualità diremmo che è stato un coming out. Ma trattandosi di un cattolico praticante, ed essendosi svolta in una location che più cattolica non si può, il meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, è d’uopo invece parlare di CONFESSIONE.
Matteo Renzi ha confessato pubblicamente di essere la prosecuzione del berlusconismo con altri mezzi, anzi di essere la realizzazione del berlusconismo adeguata ai tempi, cioè alla non implementazione del berlusconismo con i mezzi di Berlusconi (l'intermezzo dei governi-nullità Monti e Letta non merita menzione: de minimis non curat praetor). Confessione solenne, coram populo e urbi et orbi, che non a caso uno dei bracci armati del berlusconismo, le falangi devote di CL e del cattolicesimo di Mammona, ha salutato canonizzando il nuovo leader post Pd a punto di riferimento.
Che la confessione ci sia stata, e inequivocabile, si dimostra per tabulas. Nell’immediato dopoguerra, quando il regime di Mussolini è spazzato via dalla vittoria della Resistenza nell’ambito della vittoria militare alleata (Roosevelt Churchill Stalin), dopo la Liberazione cui fa seguito la Repubblica e la sua Costituzione (firmatari il comunista Terracini e il democristiano De Gasperi, giurista di riferimento l’azionista Calamandrei), i fascisti che vogliono combattere la Rottura e trovare i mezzi efficaci per ristabilire una Continuità non sono i rottami nostalgici di Salò ma quanti predicano l’ideologia delle non ideologie: oltre sia il fascismo che l’antifascismo. Così Renzi col berlusconismo e l’antiberlusconismo, papale papale. Ovviamente senza la tragedia del fascismo, i morti i torturati gli incarcerati gli esiliati … il berlusconismo non è stato il fascismo ( vedi “Fascismo e berlusconismo”, MicroMega 1/2011) è stato “l’equivalente funzionale e postmoderno del fascismo”, e il renzismo ne costituisce l’apoteosi effettiva (come già analiticamente dimostrato in “Sinistra e parresia”, MicroMega 8/14).
In realtà, quando dice che ci si deve liberare del berlusconismo e dell’antiberlusconismo Renzi ha di mira solo quest’ultimo, non c’è un solo elemento del berlusconismo che non abbia fatto proprio e non stia realizzando: giustizia, informazione, lavoro, riforma istituzionale, i quattro capisaldi della lobotomizzazione della democrazia (già in crisi da decenni di partitocrazia) tentata dal Cavaliere per antonomasia poi Criminale qualificato. Lobotomizzazione che implica la distruzione di tutti i contrappesi che fanno della democrazia liberale un sistema di governo limitato: magistratura autonoma, informazione indipendente, sindacati rappresentativi e forti, impossibilità di occupare a maggioranza le istituzioni di garanzia.
Di fronte a questa realizzazione del berlusconismo ha però poco senso indignarsi. È addirittura offensivo e vergognoso se a farlo sono quanti propiziarono o subirono le stagioni dell’inciucio (si pecca egualmente per atti e per omissioni, e più che mai per viltà). Non dimentichiamo che la “sinistra” di establishment è stata al governo quasi otto anni in questi ultimi venti, che pure chiamiamo giustamente “ventennio berlusconiano”, visto che tali governi niente hanno fatto “di sinistra” (il governo Prodi col suo pessimo ministro della giustizia si segnalò per una persecuzione contro "Mani pulite" da far invidia al precedente governo Berlusconi). I pochi che invece parlarono di regime, come era doveroso vista che si trattava di una verità fattuale, e che poi pochi non erano (oltre un milione a san Giovanni a Roma il 14 settembre del 2002 in una indimenticabile “festa di protesta”, ad esempio), benché da trovare col lanternino tra intellettuali e altri “opinion maker”, anziché piegarsi nella nostalgia dovrebbero provare a capire perché quelle straordinarie energie che suscitarono e catalizzarono nella società civile non hanno trovato espressione politica.
Espressione politica adeguata, che il 25% di voti al Movimento 5 Stelle è ancora l’onda lunga di quella stagione di lotta, dai girotondi ai popoli viola alle manifestazioni contro il bavaglio ai se non ora quando, ma un'onda che non metterà palafitte e dunque non sarà mai alternativa (benché in mancanza di essa resti il solo voto possibile del non piegarsi e non mollare). Questa riflessione abbiamo già avviato per tempo, nel numero 1/14 (dialogo con Rodotà) e nel numero 8/14 (Sinistra e Parresia), ma bisognerà tornarci, soprattutto dopo l’articolo di Rodotà su Repubblica del 25 agosto, che giustamente si scaglia contro “il risveglio tardivo dei critici di Renzi”, ricordando che “in politica i tempi contano per chi agisce e per chi discute” e “non basta fare la buona battaglia, bisogna farla al momento giusto”. Bisognerà tornarci, e presto, perché riguarda tutti noi che abbiamo combattuto Berlusconi e che quella alternativa non abbiamo saputo o voluto costruire, o addirittura abbiamo distrutto alternative in cantiere, malgrado ci siano state offerte parecchie occasioni, anche nei due o tre anni più recenti.
Paolo Flores d'Arcais (29 agosto 2015)
1305/0715/1830
Scritto il 30 agosto 2015 alle 15:53 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 30 agosto 2015 alle 08:01 | Permalink | Commenti (0)
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Ho voluto accostare in questo stesso post le recensioni di entrambe le prime opere dell’allora giovanissimo regista (nato nel 1989), poiché le unifica il tema, parzialmente autobiografico, dell’adolescenza difficile. I due film furono girati a un solo anno di distanza l’uno dall’altro, rispettivamente nel 2009 (J’ai tué ma mère) e nel 2010 ( Les amour imaginaires): essi, pur nella loro evidente e un po’ spigolosa immaturità, portano ben chiara la sua impronta, individuabile nel gusto per il colore acceso e violentemente espressivo; nella fascinazione per le opere famose delle arti figurative; nell’interesse per l’accompagnamento musicale coinvolgente e raffinato; nella predilezione, mantenuta anche nei film successivi (ma con maggiore compostezza), per le situazioni “borderline” e anche in un certo abbandonarsi al sentimentalismo drammatico, nonché nel tema autobiografico, ricorrente anche in Tom à la ferme, dell’omosessualità.
J’AI TUE MA MERE (di Angela Laugier)
Regia: Xavier Dolan
Principali interpreti: Xavier Dolan, Anne Dorval, François Arnaud, Suzanne Clément, Patricia Tulasne, Niels Schneider, Monique Spaziani, Bianca Gervais, Benoît Gouin – 96 min. – Canada 2009.
Hubert (Xavier Dolan) é un adolescente che cerca la propria identità ribellandosi violentemente, come molti altri suoi coetanei, alla famiglia, nel suo caso composta dalla sola madre separata (una magnifica Anne Dorval) che lavora tutto il giorno anche per provvedere a lui. Egli, apparentemente, la detesta: non ne sopporta il chiacchiericcio scontato e banale, il comportamento a tavola, rumoroso e poco educato, il moralismo predicatorio, la volontà ottusa di coinvolgerlo nelle sue abitudini e nelle sue amicizie, il fatto di accompagnarlo a scuola ogni giorno guidando spericolatamente l’auto e via elencando… Nulla gli piace di lei, perciò vorrebbe andare a vivere lontano, affittando un alloggio col suo amico Antonin (François Arnaud), col quale condivide aspirazioni e gusti, nonché un affettuoso e appassionato rapporto sentimentale, che naturalmente nasconde a lei. Anche Antonin ha una madre separata, una donna aperta ed evoluta, che, al corrente dell’omosessualità del figlio, l’ha accettata serenamente. Hubert, però, nonostante la rabbia che esprime con grande e insolente violenza, è un ragazzo fragile, che ha un disperato bisogno di quell’ascolto intelligente che una sua insegnante (una splendida Suzanne Clément) gli aveva offerto , purtroppo senza riuscire a evitargli l’ulteriore umiliazione del collegio. Come per Antoine Doinel, l’eroe di Truffaut (I 400 colpi), anche per Hubert la salvezza arriverà dalla fuga sulla riva del mare, dove ritroverà finalmente quella madre, che, lungi dall’aver ucciso**, come suggerisce l’iperbolico ma efficace titolo del film, ha sempre teneramente amato, poiché il suo cuore è, per lui come per tutti, quel “guazzabuglio” (ah, Manzoni!) in cui convivono inestricabilmente bene e male, odio e amore, generosi slanci e meschinità indicibili.
Il film, condotto con mano ferma e splendidamente recitato, si conclude, dunque, con un finale conciliante e un po’ mélò, ma contiene nel racconto non pochi aspetti pregevoli. fra i quali è degna di nota l’accurata indagine psicologica, che bene evidenzia le difficoltà di comunicazione fra madre e figlio, che il regista sviluppa con un realismo duro e urtante, spesso punteggiato da un ironico distanziamento, che salva la pellicola dal compiacimento estetizzante presente, invece, nel suo successivo Les amours imaginaires.
Il film fu presentato con grande successo al Festival di Cannes del 2009, nella Quinzaine des réalisateurs.
**l’aveva però “fatta morire”, dichiarando alla sua insegnante di essere rimasto orfano di madre!
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LES AMOURS IMAGINAIRES (di Angela Laugier)
Regia: Xavier Dolan
Principali interpreti: Xavier Dolan, Niels Schneider, Monia Chokri, Anne Dorval, Louis Garrel – 95 min. – Canada 2010.
Francis (Xavier Dolan) e Marie (Monia Chokri) sono da lungo tempo legati da una solida amicizia, che ora mettono in forse dopo l’incontro con Nicholas, un giovane di straordinaria e ambigua bellezza, il cui classico aspetto evoca il David michelangiolesco o alcuni disegni di Cocteau. Queste suggestioni culturali sono probabilmente all’origine del fascino che Nicholas esercita sui due giovani: attratti da lui cercano di entrare nelle sue grazie, che egli sembra concedere a entrambi, non tanto per l’indecisione della scelta, quanto per il suo carattere narcisistico e vanesio. Il cuore batte al ritmo suggestivo della voce di Dalida (Bang Bang) e i giovani diventano rivali dopo tanta amicizia, ma una breve lontananza e un successivo incontro sarà per entrambi sufficiente a chiarire la natura immaginaria di un amore che non è mai esistito.
Ha affermato più volte lo stesso regista che la storia raccontata, cui nel film fanno eco storie reali di sofferenza d’amore, non è altro che la rappresentazione di una condizione, assai frequente nei giovani, di infatuazione mentale che con l’amore ha poco da spartire, poiché si alimenta di immaginazione più che di realtà, ciò che dovrebbe escludere qualsiasi somiglianza con il magnifico Jules et Jim di Truffaut, che pure qualche critico ha indicato come probabile fonte di ispirazione di Dolan. Il film, per la verità, non mi è sembrato fra i migliori del regista: nasce, evidentemente, da un intento ambizioso, ma si trascina per un’ora e mezzo di estenuato compiacimento formale assai poco interessante.
Angela Laugier
1305/0715/1115
Scritto il 30 agosto 2015 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 29 agosto 2015 alle 01:37 | Permalink | Commenti (1)
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Scritto il 28 agosto 2015 alle 00:20 | Permalink | Commenti (0)
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Si aggrava, intanto, il bilancio dei migranti morti soffocati in un tir in Austria: le autorità hanno trovato nel camion 71 cadaveri, fra cui 8 donne e 4 bambini (una bimba di 1 o 2 anni e tre bambini fra gli 8 e i 10 anni). Lo ha reso noto il portavoce del ministero dell'Interno. Il mezzo è stato ritrovato giovedì, abbandonato lungo un'autostrada vicino al confine con la Slovacchia e l'Ungheria.
Per quella carneficina, la polizia ungherese ha annunciato l'arresto di quattro persone. Secondo gli inquirenti, sono il proprietario del camion e i conducenti: tre cittadini bulgari e un afgano.
Unhcr: "Da inizio 2015 nel Mediterraneo oltre 300mila migranti". Il numero di rifugiati e migranti che hanno attraversato il Mediterraneo dall'inizio dell'anno per giungere in Europa ha superato la soglia dei 300mila (nel 2014 erano stato 219.000) Il dato stimato dei morti e dispersi è di circa 2.500. Lo rileva l'ultimo bilancio aggiornato reso noto oggi a Ginevra dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr)
Nazioni Unite. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha rivolto un appello ai governi ad aumentare l'impegno per far fronte all'emergenza migranti in Europa. "Bisogna fare molto di più", ha sottolineato Ban.
1205/0715/1600
Scritto il 27 agosto 2015 alle 02:00 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 27 agosto 2015 alle 01:29 | Permalink | Commenti (4)
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...capita, a volte, che io non abbia voglia di parlare solo di politica, o di economia, o di criminali... e mi venga invece voglia di usare un modo velatamente polemico, ma dolcissimo, per dare la buona notte a tutti (amici e nemici). Capita che io, italiano, appassionato di jazz, debba apprendere dall'americano Hank Jones, che "la più grande voce jazzistica emersa nel mondo nell'ultimo decennio" sia quella dell'italianissima Roberta Gambarini, che in Italia non covre nessuno...
Capita agli italiani che se vogliono sentire Roberta Gambarini dal vivo devono spingersi fino al Blue Note di NY, o al Festival del Jazz di Singapore, o fino all'Auditorium di Wuhan...
E allora dedico questo dolcissimo "standard" a tutti coloro che pensano che certi talenti, in specifiche sezioni musicali - quale il jazz - possano nascere solo "altrove". Nascono spesso anche in Italia. Solo che ce lo devono segnalare gli altri, da fuori. Era già successo con Chiara Civello "endorsed" da Tony Bennett, e adesso succede con Roberta Gambarini "endorsed" da Hank Jones, da Roy Hargrove, da Dave Brubeck, da Dizzie Gillespie, da "Jazz World". Buona notte a tutti.
Scritto il 25 agosto 2015 alle 22:20 | Permalink | Commenti (3)
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Nelle pagine de l'Espresso non sono mai mancate, neanche nei giorni più cupi del filo-renzismo del gruppo debenedettiano Repubblica/l'Espresso, le covi critiche nei confronti del serial-twitter, malato di annuncite, "piccolo padre" nel nuovissimo PD 2.0, tanto nuovo, che sono sempre meno i vecchi elettori disposti a riconoscersi in esso.
Se oggi persino il Direttore Luigi Vicinanza scrive un editoriale alquanto critico nei confronti del Piccolo Padre, vuol dire che la "strambata" della barca debenedettianaè prossima al suo compimento. Che si stia attenuando davvero, la Vicinanza fra il gruppo editoriale in questione e il renzismo tutto fumo e niente arrosto? Questo l'editoriale in questione:
Con le promesse fiscali e l'abbraccio dei ciellini, è partita la campagna d'autunno di Renzi. Obiettivo: il blocco sociale che votava a destra (di Luigi Vicinanza - l'Espresso)
MENO TASSE, OVVERO PIÙ LIBERTÀ. Il pragmatismo ideologico del presidente del Consiglio rompe ogni schema. Rianima la sinistra. Solletica la destra. Diminuire la pressione fiscale - narra lo storytelling renziano - non è uno strumento per conquistare consenso elettorale. No. Manco a pensarlo. La riduzione delle tasse aumenta il tasso di libertà del Paese, aumenta il tasso di giustizia sociale. Applausi.
Il più sfrontato leader che un partito di centrosinistra potesse avere rifonda in pochi concetti anni e anni di interminabili dibattiti. Così oggi più che mai appare surreale interrogarsi se tagliare le tasse sia di destra o di sinistra. È un programma di governo. Punto. Dunque è giusto dar credito all'impegno preso da Matteo Renzi.
Il premier-segretario ha rilanciato la sua campagna fiscale da Rimini. Che apre una campagna elettorale non dichiarata: cento incontri in altrettante città italiane. Un tour continuo a sostegno dell'attività del governo. L'anno scorso Matteo il rottamatore aveva snobbato il meeting di Comunione e Liberazione. Martedì 25 agosto Matteo il riformatore è stato accolto dall'apparato ciellino come un amico. Termometro sensibile del potere acquisito. Da quella platea, come già anticipato all'inizio del mese, Renzi ha scandito il cronoprogramma delle buone intenzioni: tra un anno niente più Tasi e Imu per tutti; nel 2017 un sensibile abbattimento dei prelievi sui profitti delle imprese: dall'attuale 31 al 24 per cento, un punto sotto la Spagna; e infine nel 2018, alla conclusione naturale della legislatura, si metterà mano all'Irpef.
E ora avanti tutta, sintetizza "l'Unità", tornata di recente in edicola renziana come non mai. Poco importa se le coperture finanziarie siano incerte; se il contagio della crisi cinese metta a rischio la debole ripresa europea. Renzi, conquistando il cuore del conservatorismo cattolico, scompagina ancora una volta le truppe alla sua sinistra e alla sua destra. E accantona la fastidiosa incombenza del caso Roma dove l'evanescenza di Ignazio Marino, sindaco marziano, conduce nelle mani più ferme del prefetto Gabrielli la gestione del Giubileo.
AGLI AMICI-NEMICI della minoranza dem il messaggio è a muso duro: qualsiasi tentativo di far cadere il governo - sulla riforma del Senato, innanzitutto, o su altri provvedimenti indigesti prossimi venturi come regolamentazione degli scioperi e del sindacato - si ritorcerà sulla vecchia guardia. Perché se si dovessero sciogliere le Camere in anticipo, le tasse non potrebbero essere abbassate, secondo il felice cronoprogramma. Insomma un incidente di percorso, pur sempre in agguato, ed eventuali elezioni anticipate trovano ben agguerrito il partito del premier, pronto a regolare una volta per tutte le questioni con la sinistra interna.
ANCHE A DESTRA il pragmatismo del premier crea effetti collaterali. Intanto Comunione e Liberazione è una formidabile macchina del consenso. Con la quale fare i conti in vista delle prossime elezioni amministrative di primavera a Milano e in altre città del nord. Le cronache del dopo-meeting raccontano di un Pd potabile e votabile per l'esigente mondo ciellino.
L'effetto tasse mina il già sgarrupato quartier generale di Forza Italia. Da cui si entra e si esce attraverso comode porte girevoli. Se Denis si promette a Matteo portandogli in soccorso un manipolo di "responsabili", Nunzia si ripromette a Silvio e forse porta in dote qualche scontento dell'Ncd. Verdini e De Girolamo, crisi incrociate.
La campagna renziana, dopo il magro 4 a 3 delle elezioni regionali di maggio, solletica proprio l'elettorato del nord, piccoli imprenditori, artigiani, partite Iva. Quella che fu la base sociale del successo dell'ex Cavaliere.
Infatti se la narrazione del premier-segretario mira a far sentire meno tartassate quelle categorie, nulla si dice sul fronte della lotta all'evasione fiscale. Resta un tema ostico. Connaturato ai vizi italici. Che Renzi, con lucida visione, continua a non voler intaccare. È mestiere da gufi. Lui preferisce incantare.
Luigi Vicinanza
Grande accoglienza a Renzi da parte dei ciellini
...come ai tempi belli...
...e intanto continua ad imperversare lo "scintillomane" dell'Unirenzità...
Caro scintillomane, dovresti informare il tuo padrone che dei due milioni di voti persi (o sono di più?) non lo dice solo solo l'Istituto Dalemos, ma anche Demos, Ipsos, e persino Euromedia dell'alleato Berlusconi... Un'altra cosa... Il metodo di storpiare i nomi lo usavo in terza elementare, ma già in quarta mi vergognavo di averlo fatto. Poi lo avete ereditato prima Emilio Fede, poi voi. E vergognarsi, magari a giorni pari o dispari?
Questo "coso" è tornato in edicola!
Ora facciamo in modo che ci resti!
1105/0715/1330
Scritto il 25 agosto 2015 alle 16:31 | Permalink | Commenti (2)
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Scritto il 25 agosto 2015 alle 15:34 | Permalink | Commenti (0)
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Lettera aperta di Antonio Padellaro a Matteo Renzi. Con alcune domande imbarazzanti (FONTE)
Suscita qualche legittima curiosità ciò che ha dettoMatteo Renzi all’entusiasta platea di Cl sulle colpe storiche del “berlusconismo e dell’antiberlusconismo che hanno fatto perdere all’Italia vent’anni”. Una frase furba e anche abbastanza ignobile. Come nel carattere del personaggio, perché mette tutto e tutti sullo stesso piano (con lui al piano di sopra). Ma che lo espone ad alcune inevitabili domande sulle sue personali scelte di campo, tenendo conto che, a differenza del calcio, su certi argomenti non è possibile lo zero a zero e neppure mandare la palla in tribuna.
Per esempio, nei giorni del G8 di Genova quando la polizia del governo Berlusconi mandava all’ospedale le persone che sfilavano pacificamente – per non parlare della macelleria messicana nella scuola Diaz –, il cuore del Matteo già grandicello, batteva per i manganelli o per quelli a cui spaccavano la testa?
E nei giorni dell’editto bulgaro quando lesse (se leggeva i giornali) che Biagi, Santoro e Luttazzi erano stati cacciati dalla Rai perché invisi al presidente-padrone, Renzi continuò a giocare con le macchinine o pensò tra sé e sé (perché Verdini non sentisse): però, che schifo?
E se con gli amici del bar di Rignano il discorso cadeva sul conflitto d’interessi del presidente del Consiglio, proprietario di tre tv e controllore del servizio pubblico, la reazione di Renzi qual era? Che palle, non se ne può più?
E delle numerose leggi vergogna, e dei vari lodi Schifani e Alfano poi dichiarati incostituzionali, il giovanotto Renzi cosa pensava esattamente? Che costituivano utili innovazioni di un sistema giudiziario obsoleto? O che era un insopportabile uso del governo e del Parlamento per consentire all’Imputato di farla franca dimostrando che la legge non è affatto uguale per tutti?
Sappiamo invece da che parte stava quando il suo maestro Silvio cercò di smantellare a proprio uso la Costituzione. Il discepolo non è da meno.
E quando (andiamo a memoria) nella campagna elettorale del 2006, Berlusconi attaccò frontalmente Prodi dicendo che non poteva credere che “ci fossero in giro così tanti coglioni pronti a votare contro i loro interessi”, possibile che il futuro premier stesse dalla parte dei coglioni antiberlusconiani?
E quando all’apice del bunga-bunga, Dario Franceschini chiese agli italiani: “Fareste educare i vostri figli da quest’uomo?”, Renzi cosa rispose: sì, no o forse? Oppure pensava che il suo futuro ministro stesse parlando di Roman Polanski?
Infine (ma potremmo continuare a lungo), quando l’allora presidente Napolitano rifiutò di firmare l’infame decreto del governo Berlusconi che avrebbe vietato l’interruzione dell’alimentazione e idratazione artificiale di Eluana Englaro, Renzi rinunciò a provare vergogna per non contribuire alla paralisi del Paese?
Verrebbe da pensare che un premier cresciuto nella cultura dei Telegatti rappresenti la media di ignoranza (e di smemoratezza) vigente nel resto del Paese. Invece, il suo è puro cinismo. Renzi conosce troppo bene i guasti prodotti dal ventennio berlusconiano ma non gliene frega nulla. O meglio, ne fa un uso personale per azzerare tutto ciò che viene prima di lui e per alimentare la conveniente leggenda dell’“uomo nuovo”, senza scheletri nell’armadio e ignaro delle nefandezze di chi l’ha preceduto. Tutto già visto.
Ne sanno qualcosa Furio Colombo e chi scrive che ai tempi dell’Unità “antiberlusconiana” subirono lo stalking della dirigenza Ds e successivamente Pd (da Fassino a Veltroni) che con crescente irritazione ci andavano ripetendo: non si può dire solo no (slogan che fornì anche il titolo a un libretto renziano ante litteram che andrebbe ripescato). Fummo persino sottoposti a una sorta di mini-processo dai senatori diessini guidati da Franco De Benedetti che garbatamente minacciava di toglierci il finanziamento pubblico di cui il giornale si giovava. Rispondemmo: fate pure. Andò a finire che Colombo fu accompagnato alla porta e che un paio d’anni dopo toccò a me. Felix culpa, visto che anche da quella “spinta” nacque il Fatto.
La differenza è che, allora, pur nella fregola di farsi benvolere dal Sultano, quel gruppo dirigente agiva con un minimo di timore e di rispetto verso un elettorato di sinistra che non poteva certo mandare giù l’inciucio con un personaggio che aveva elogiato le “tante buone cose fatte da Mussolini”, che aveva definito l’Italia “un paese di merda” e che della sua affiliazione alla loggia di Gelli diceva: “Essere stato piduista non è titolo di demerito”. Mettendo sullo stesso piano Berlusconi e chi lo ha combattuto per anni in Parlamento, sulle piazze e su alcuni giornali, quel rispetto Renzi lo ha preso a calci. La storia, che lui fa finta di non conoscere, insegna che presto o tardi sarà ricambiato della stessa moneta.
Antonio Padellaro
1005/0715/1815
Scritto il 24 agosto 2015 alle 09:00 | Permalink | Commenti (3)
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Scritto il 24 agosto 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Succede che esce la settimana scorsa un articolo di Maria Zegarelli su l'Unirenzità. Una sorta di "apologia del renzismo", fatta però non direttamente a nome della giornalista stessa, ma fatta attraverso la notizia dell'uscita di una pagina a pagamento sul Corrierone, comprata da 209 personaggi (su chi siano questi disinteressati personaggi, torneremo), che sottoscrivono un - come chiamarlo - invito, tazebao, altro (marchetta?) - al sostegno della meravigliosa opera condotta da Renzi nei pochi mesi di Governo. Renzi as miracle man, uno che ha fatto tantissimo per il bene dell'Italia: l'Italicum che se entrerà in vigore lo farà fra un anno (...così ggiovane e già così incostituzionale...), le province abolite che sono ancora tutte li, il Senato riformato che non è stata riformato e non lo sarà mai, L'Italia che ha ritrovato un ruolo internazionale (quello di leggere sui comunicati dell'ANSA ciò che si dicono Merkel e Hollande quando si parla delle politiche sull'Europa senza neanche disturbarci con una convocazione), le magnifiche sorti e progressive del "Giobatta" che non ha creato un solo posto di lavoro, e via elogiando.
C'è ormai una sorta di coazione ad accrescere la "magnitudo" dello statista Renzi, inversamente proporzionale rispetto al crollo di tutti i parametri in tutti i sondaggi. Sicchè 209 personaggi si ritrovano (si saranno incontrati per caso in metrò, e all'unisono hanno pensato: "perchè non facciamo un bel comunicato di sostegno al Grande Operato di Matteo Renzi"? Oppure - molto più verosimilmente, qualcuno li avrà cercati, trovati, convinti a spendere quattro soldi e il loro nome per magnificare l'opera dello Statista di Frignano sull'Armo?
I soldi si sono trovati in un attimo. In fondo, immaginando il "profilo socio-economico dei firmatari", cosa sono 140 euri a testa? Diciamolo, una fesseria. A me interessava molto, conoscere i nomi degli "adoratores a pagamento" del renzismo, giusto per vedere se nell'immaginarne il profilo, ci avessi azzeccato o meno. E così ho pensato di scrivere all'autrice dell'articolo sull'Unirenzità, per chiedere un link sul quale poter leggere i nomi dei firmatari. Non siamo gentili. Questo il testo della mia email:
A: [email protected]
Inviato: Sun, 23 Aug 2015 13:20
Oggetto: Articolo-marchetta di Maria Zegarelli
Nell'articolo-marchetta in questione, si racconta di 140 personaggi (poi la cifrà sarà aggiornata a 209) che firmano una lettera di elogi al renzismo, ma si fa UN cognome (tale Zambeletti) e UN nome (Auro Palomba).
Poichè io sono uno curioso, mi piacerebbe leggere la lista dei nomi dei firmatari della marchetta. L'elenco completo. Così, giusto per valutarne curricula, provenienza, coloritura politica, interessi eventuali... Vorrei un link sul quale leggere l'elenco COMPLETO dei nomi. Chiedo troppo? Grazie
Antonio Crea
La signora Zegarelli mi risponde, senza rispondere. Questo il testo della sua non-risposta:
Gentile lettore, preferisco non rispondere al suo insulto, l'articolo in questione nasce da una intera pagina pubblica sul Corriere della Sera, ieri, a pagamento, da 209 imprenditori che hanno lanciato un appello. Da questo fatto è nato l'articolo, oltre a lanci di agenzia ansa. Se vuole leggere l'appello e i nomi per fare le dovute verifiche recuperi il Corriere della Sera di ieri. La prossima volta la prego di rivolgersi a persone che non conosce con maggiore rispetto. Gli imprenditori citati nel mio pezzo esistono, hanno attività imprenditoriali e ci ho parlato. Si procuri anche lei i numeri, come ho fatto io, senza inventare una parola. Come un giornalista deve fare. La ringrazio per la sua attenzione.
Maria Zegarelli
Non siamo gentili, signora. e lei non ha risposto. Procurarsi il "cartaceo" di uno o due giorni prima? Sa come funziona la distribuzione dei giornali? I distributori "consegnano" i giornali la mattina all'alba, e contestualmente ritirano i "resi", cioè l'invenduto. Acquistare l'arretrato contrassegno, al doppio o al triplo del costo del giornale, per leggere con dieci giorni di ritardo a spese mie la marchetta che gli "imprenditori" hanno regalato a Renzi??? E' come chiedere di pagare per avere nella cassetta delle lettere il volantino della Esselunga, non le pare?
Vede, signora, la sua reticenza e la sua irritazione hanno ottenuto il solo scopo di accrescere la mia curiosità e i miei sospetti. Chi cerca, trova. Gratis. e trova più di quanto non dica la pagina-marchetta del Corrierone, alla quale lei ha dato ampio risalto, dicendoci quanto bene avessero parlato di Renzi i gentili "promoters", ma evitando accuratamente di dirci chi siano.. Lei e l'Unirenzità chiamate questa cosa "giornalismo". Io la chiamo in un modo diverso. Chacun à sa façon...
Dunque... chi cerca trova, gratis. Provvede per primo lo Huffington Post a pubblicare una scansione (pessima) del titolo della marchetta (pardon... della "pagina") a pagamento, e ad informarci a grandi linee del "profilo" dei "gentili supporters" (i quali assicurano che il premier "nulla sapeva dell'iniziativa"... Si sa... i regali che arrivano a sorpresa sono sempre i più graditi...). Ma veniamo al "profilo":
Tratti distintivi: imprenditori (molti), ricchi (alcuni), del Nord (quasi tutti). È questo il profilo medio dei firmatari dell'accorato appello a sostegno del premier Matteo Renzi, pubblicato sabato sulle pagine del Corriere della Sera. "In soli 18 mesi - avevano scritto i firmatari invitando Renzi ad "andare avanti" - finalmente questo governo ha realizzato ciò che nessuno era riuscito a fare prima e senza i soliti compromessi al ribasso".
Ora, signoramia, se non si può chiamare "marchetta" questa roba, COSA potremo mai più definire "marchetta"?
Ma ciò che riporta lo Huffington Post non ci soddisfa... Vorremo un elenco più dettagliato, una specie di "repertorio critico", una sorta di "Who's Who". E allora andiamo alla fonte primaria: al "Fatto Quotidiano":
Ecco, l'articolo (a firma di Eleonora Bianchini) si può a buon diritto definire un "articolo". Perchè non si limita a pubblicare gli stralci più ridicoli dell'appello a sostenere Renzi, non si limita a citare solo un nome e mezzo degli stessi, ma "penetra" nel "chi è" dei firmatari, ne fornisce uno spaccato sociologico, che racconta meglio di mille talk-show a cosa sia ridotta oggi la sedicente "sinistra": un'accozzaglia di cascami della DC, del PSI, e di professionisti del "cambio di carro in corsa". La sinistra, quella dei militanti, Renzi l'ha esiliata, o si è esiliata da sola. Il crollo del tesseramento, l'Unirenzità che sembra la caricatura in peggio della defunto giornale della Margherita "Europa Quotidiano", con colonna sonora edita da "La Voce del Padrone"...
Una mia amica, "comunista" da sempre e "distributrice d'antan" de l'Unità nelle strade e porta-a-porta, leggendo le peggiori "scintille" e le peggiori vignette "satiriche" di Sergio Staino 2.0, da noi linkate, ha scolpito: Sono contenta che l'Unirenzità sia tornata in edicola. Ma che ora ci resti". (sic)
A scorrere l'elenco dei nomi di questi Nuovi Comunisti si capisce cosa sia il renzismo. Un ambizioso ragazzotto ha raccolto intorno a se i padroni del vapore, coi quali prima o poi dovrà sdebitarsi. Leggiamo qualche stralcio dell'inchiesta della Bianchini, tanto per capire chi sta reggendo il moccolo a Renzi, "a sua insaputa". Ed iniziamo dal sommarietto della "marchetta":
“In soli 18 mesi finalmente questo governo ha realizzato ciò che nessuno era riuscito a fare prima e senza i soliti compromessi al ribasso”. Pagina 22 del Corriere della Sera, sabato 22 agosto. In testa la scritta “Noi continuiamo a sostenere Matteo Renzi!” e sotto tutti gli obiettivi raggiunti o “in via di conclusione (sic)” dell’esecutivo guidato dal segretario Pd. Che, nel momento di maggiore difficoltà politica – tra calo dei consensi elettorali sotto il 30% fino alla minaccia del Vietnam parlamentare della minoranza Pd sul Senato elettivo e di una maggioranza che scricchiola a Palazzo Madama – incassa il sostegno della borghesia del Nord (...già... la mitica borgesia del Nord... quella che governana grandi aziende avendo in tasca lo zerivirgola del capitale... Quelli della Fiat con sede operativa a Detroit, e sedi legali e "fiscali" a Londra e in Olanda. E poi palazzinari, venditori di hamburger, tanti "banchieri" di quelli che in altri paesei chiamerebbero "bancarellieri" o bancarottieri, tanti doppi e tripli cognomi che fanno tanto "nobiltà del danaro", quelli con sedi a Londra ed alle isole Cayman... Si, è vero. Mancano i Cipputi, ma non si può mica avere tutto, dalla vita...)
Sono in tutto 209 i firmatari dell’appello sul quotidiano di Via Solferino, che lo sottoscrivono in calce – in piccolo – con nomi e cognomi. Tutti esponenti autorevoli del mondo della finanza, (inclusa Roberta Furcolo, la moglie dell’ad di Mediobanca Alberto Nagel) divisi tra avvocati d’affari, consulenti finanziari, manager e imprenditori. Chiedono a Renzi “e ai parlamentari che dicono di sostenerlo ad andare avanti” e a opporsi con decisione ai professionisti del no”, ma vogliono coinvolgere anche i “cittadini interessati alle sorti del Paese“. Vorrebbero che si manifestassero “pubblicamente”, ad esempio con “lettere al giornale, interventi sui blog o altro”.
(Ecco... Noi ci stiamo manifestando pubblicamente. Forse non nella "direzione auspicata". Ma lorsignori non vorramo mica imporci non solo di "manifestarci", ma anche la direzione nella quale manifestarci, vero? A me intanto piacerebbe che questo comunicato a 418 mani fosse sintatticamente meno trafelato. Se lorsignori vogliono davvero rispettare l'Italia e gli italiani, inizino dalla cosa meno costosa: il rispetto della lingua italiana).
L’elite economico-finanziaria del Nord che “tifa” per il premier gli riconosce i risultati raggiunti ed evidenzia in particolare quattro elementi. Il suo “coraggio” per “la volontà di cambiare le cose”, sottolineano il traguardo raggiunto della Buona Scuola che “finalmente utilizza la meritocrazia e rende ogni preside responsabile della scuola che deve dirigere”. Poi c’è “il Senato” per rendere con la riforma “più efficiente l’attività parlamentare”. E infine il capitolo “emergenza” migranti. L’unico, però, in cui non compare nessun risultato incassato dall’esecutivo, ma che diventa il gancio per attaccare “le vergognose e ipocrite proposte demagogiche dei partiti di opposizione” che “mirano soltanto ad attirare facili consensi“.
Per chi firma sono tanti i risultati raggiunti, anche se ammettono che “molto, certamente, rimane da fare”. Ad esempio? “Interventi decisi che impongano la moralizzazione della classe politica“, continuo contrasto “alla corruzione e alla criminalità organizzata” – anche se tra gli obiettivi raggiunti elencano l’approvazione del ddl Grasso – e interventi per porre al centro “una autentica cultura della responsabilità“. Poi invitano l’esecutivo a “impostare una strategia di comunicazione continuativa e mirata per mantenere un filo diretto con il Paese“
(FATTO! L'Unirenzità è roba loro. La Nuova RAI pure. Con quelli di Mediaset sono tanto amici... Si incontrano spesso al "Nazareno" per il tè alle 5 della sera... Ma... manca mica qualcosa??? che so... l'invito a varare una norma sull'evasione fiscale seria ed attuabile? Va bbè... Renzino ha fatto tante cose buone, ma mica può fare tutto lui... Lo sapete a che ora si è svegliato, stamattina? Alle sette e un quarto!).
Nella lista dei firmatari, poi, c’è Chicco Testa, presidente – tra le varie cariche – di Sorgenia e Assoelettrica. (per capirci... quello che durante la fase iniziale del disastri infinito di Fukushima veniva mandato da Berlusconi in tutti i talk-show a difendere il bello e il buono del nucleare...) E poi Guido Roberto Vitale (consulente finanziario e fondatore della Vitali&Co.), Giovanni Tamburi (ex banchiere d’affari e finanziere), Andrea Casalini, amministratore delegato di Eataly Net, società di e-commerce legata al gruppo di Oscar Farinetti (per capirci... quello tanto amico di Renzi, Star di Tutte le Leopolde, ricambiato con "ricchi appalti e cotillon ad Expo), Auro Palomba (esperto di comunicazione finanziaria e fondatore della società di “reputation” Community) e il nobile Gaddo della Gherardesca.
Si aggiungono anche Paolo Colonna (ex presidente della società di investimento Permira) e Paolo Cuccia (presidente del Gambero Rosso holding con un passato in Capitalia, Eur, Citicorp, Bulgari, Abn Amro e Acea). Ma questi sono solo alcuni. In attesa del test al Senato, per ora Matteo Renzi può contare sul sostegno della borghesia del Nord. Con tutti i suoi nomi e cognomi.
...e noi restiamo in trepida attesa che si faccia avanti anche una che su "nomi e cognomi" non ha rivali al mondo... Come Letizia Dolcizia Moratti Brichetto Viendalmere, che dovrà fare i conti col Ministro Paolo Gentiloni, Nobile di Filottrano, Nobile di Cingoli e Nobile di Macerata, discendente della famiglia dei conti Gentiloni Silverj...
...esticatzi!...
1005/0715/1100
Scritto il 23 agosto 2015 alle 09:16 | Permalink | Commenti (12)
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...ormai inguardabile, questo Sergio Staino 2.0, impegnato solo nella crociata "i nemici del mio amico sono miei nemici"... Non riesce più a fare una vignetta decente, che non sia un manifestino da sacrestia contro i nemici del "Nuovo De Gasperi" 'de noantri... Ormai la sua "satira" è ridotta alla "grecizzazione", stilicamente sforzata, dei nomi dei politici non-striscianti ai piedi del renzino. Il quale nel frattempo è riuscito a portare il PD (quello suo) al 29%...
Scritto il 23 agosto 2015 alle 08:01 | Permalink | Commenti (7)
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Recensione del film "LAURENCE ANYWAYS" (di Angela Laugier)
Regia: Xavier Dolan
Nathalie Baye, Melvil Poupaud, Yves Jacques, Catherine Bégin, Suzanne Clément, Monia Chokri, Patricia Tulasne, Guylaine Tremblay, Sophie Faucher, Mario Geoffrey – 159 minuti -Canada, Francia 2012.
Sul numero 680 dei Cahier du Cinéma (luglio/agosto 2012), Stephane Delorme raccolse, in una lunga intervista a Xavier Dolan, alcune sue dichiarazioni molto interessanti su Laurence Anyways, che era stato da pochissimo presentato con grande successo a Cannes e che ora veniva distribuito nelle sale francesi. L’interesse nasce dal fatto che le parole del regista non solo illuminano la curiosa origine di questa insolita e staordinaria pellicola, nonché la difficoltà della sua elaborazione, ma ci dicono molto di lui, del suo modo di lavorare, della sua concezione del cinema e del ruolo che egli intende esercitare all’interno dei suoi film.
Egli racconta, dunque, che all’origine di questo lavoro è un episodio vero: stava lavorando da due giorni alle riprese di J’ai tué ma mère (il suo primo film-rivelazione, uscito nel 2009), quando una donna dello staff gli aveva confidato la propria grave depressione: il suo compagno l’aveva lasciata, avendo deciso di cambiare sesso. “De retour chez moi, j’ai écrit trente pages d’un jet” * L’urgenza di trasformare in cinema una vicenda colta al volo da un racconto occasionale non potrebbe essere detta meglio. Aveva in mente già un titolo: Laurence Anyways (Lorenzo, in ogni caso). Dolan nella medesima intervista preciserà che Laurence in lingua canadese è un nome proprio maschile e anche femminile, al contrario di quanto avviene in francese, in cui il nome Laurence è femminile (il corrispettivo maschile è Laurent). Molto interessante che, fin dal titolo, il regista-ragazzino intendesse mettere in evidenza l’umanità del personaggio, che, al di là del sesso (o del genere, come molti usano dire), è se stesso, cioè una persona che conserva nel tempo il suo carattere mite, i suoi affetti, la sua vasta cultura e soprattutto l’amore per la donna con la quale aveva condiviso un certo periodo della propria esistenza. Il protagonista del film è Laurence Alia (Melvil Poupaud), un professore di letteratura che nel giorno del suo trentasettesimo compleanno aveva deciso di farla finita con le ipocrisie, diventando, finalmente, la donna che aveva sempre desiderato di essere. La sua vita, che fino a quel momento sembrava dirigersi lungo il percorso tranquillo del successo letterario (aveva vinto un importante premio), della serietà professionale e della pienezza amorosa con Frédérique (Suzanne Clément), ne sarebbe stata sconvolta. Il regista ci risparmia le tappe della sua trasformazione fisica, ma ci parla del suo calvario, della progressiva emarginazione dalla famiglia d’origine, dalla scuola, e, infine, dalla società degli uomini veri e delle persone per bene, che dopo averlo respinto, con molta violenza, ricorrendo anche all’aggressione fisica, rifiutavano di accettarlo anche a trasformazione compiuta, quando al suo passaggio in abiti femminili quasi tutti continuavano a osservarlo quasi fosse un fenomeno da baraccone. Frédérique, detta Fred, la sua compagna, il grande amore della sua vita, invece, dopo il comprensibile e umanissimo disorientamento iniziale, decide di aiutarlo nell’impresa, di difenderlo, ma soprattutto di continuare ad amarlo, senza condizioni, com’era accaduto prima di conoscere la verità, quando il loro rapporto era fatto di tenerezza, amicizia, condivisione, confidenza e, naturalmente, di attrazione profonda. L’aspetto più straordinario di questo bellissimo film è proprio nel racconto di questo amore tenace, vivo per tutti i dieci anni durante i quali si andava completando la trasformazione di lui e durante i quali entrambi avevano dato una svolta alla propria vita, come se, anche lontani nello spazio e per lungo tempo, l’antica fiamma non si fosse mai spenta. Rivedendosi, infatti, essi ritrovavano la magia di un tempo, e si amavano ancora con immutata passione, con la stessa volontà di condivisione, con la tenerezza, l’amicizia e anche le baruffe che avevano caratterizzato fin da subito il loro rapporto, cosicché il film, che inizia presentandoci Laurence ormai diventato donna, termina circolarmente evocando il momento del loro primo incontro, con un flash back sorprendente per bellezza e naturalezza, che ci riporta alla sostanza di un amore che non può finire, anyways, appunto!
*Al mio ritorno a casa ho scritto trenta pagine di getto
Angela Laugier
0905/0715/1545
Scritto il 23 agosto 2015 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 22 agosto 2015 alle 01:22 | Permalink | Commenti (0)
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Il fantastico (o fantasioso?) Partito della Nazione - o se preferite Partito Nazional Socialista di Matteo Renzi & Maria Elena Boschi, a fine luglio scende sotto il 30%. Ora la coalizione di centro-destra, resuscitata dal renzismo, è sempre più vicina (a due punti dal Magnifico Centro-Destra-Sinistra di Renzi. Due punti. Meno del margine d'errore.
Dell'indagine, fatta da "Scenari Politici" con metodologia CAWI, su un campione di 4.000 intervistati, stranamente sull'Unirenzità non c'è traccia. Allora provvediamo noi a pubblicare la "scintillante" tabella riassuntiva:
NOTE - Il PD scende sotto il 30% per la prima volta da molto tempo. Rimane primo partito ma la posizione é insidiata dal M5S che cresce fortemente fino a raggiungere il 26%. Meno di 3 punti separano i due partiti. Lontana terza la Lega Nord.
Nell’Area di centrodestra si registrano variazioni millimetriche rispetto ad aprile, cresce la Lega e gli Altri di CDX (in cui e’ incluso il nuovo partito di Fitto: Conservatori e Riformisti).
Al Centro censiamo per la prima volta Fare (il nuovo movimento di Tosi) e Italia Unica (dell’ex ministro Passera). Entrambi sembrano piuttosto deboli sotto l’1%. Stabile invece NCD-UDC intorno al 3%.
Nell’Area di Centrosinistra al calo del PD non corrisponde crescita degli alleati.
Affluenza in pesante calo al 65%. (Fonte: ScenariPolitici.com)
Azzardiamo una previsione... questi dati favoriranno la crescita del numero e del coraggio dei "dissidenti, gufi e rosikoni" all'interno del PD, perchè FORSE faranno finalmente capire agli eroici "dissidenti a parole" ma "votanti fiducia" nei fatti, sempre e comunque, che l'era Renzi volge rapidamente al termine.
Tafanus
0905/0715/0830
Scritto il 21 agosto 2015 alle 09:00 | Permalink | Commenti (20)
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Scritto il 21 agosto 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Fa furore il vitigno che assomiglia alla Passerina e al Pecorino. E i produttori di Barolo dicono che nel 2015 le uve hanno un forte aroma di brasato (di Michele Serra - l'Espresso)
Ed eccoci, come ogni anno, al tradizionale appuntamento con la vendemmia e le previsioni enologiche, mai così promettenti.
BAROLO - Questo vino non smetterà mai di sbalordirci. Ormai ha assunto una tale potenza aromatica, una personalità così vigorosa, un carattere così prepotente che molti sommelier rifiutano di degustarlo senza l'assistenza di un medico. Il lungo, elaborato protocollo (tre anni in barrique, tre anni nella camera da letto di una vergine, un anno di master in un'università estera) non ci consente di sapere in anticipo come sarà il Barolo del 2015; ma i vigneron delle Langhe assicurano che le uve di Nebbiolo, grazie al caldo cocente di luglio, già emanano un beneaugurante aroma di brasato.
SASSICAIA - La risposta dei vini toscani è all'altezza. Tappo della Gherardesca promette un Sassicaia sensazionale, con un bouquet di profumi talmente ricco (da quest'anno anche ascella di atleta e mina di lapis sminuzzata) che i sommelier, per elencarli tutti, si alterneranno in una lettura pubblica sulla piazza di Castagneto che durerà ventiquattro ore. Per non trascurare nessuno degli aromi che un solo sorso di Sassicaia contiene, si procederà in ordine alfabetico, dalla A di "Abba, disco degli" fino alla Z di "zucchero rovesciato al tramonto su un tavolo di legno di ulivo". Oltre a Sassicaia e Ornellaia in produzione, da quest'anno, anche il Rotaia, da uve coltivate sulla vecchia massicciata dismessa della ferrovia Firenze-Scandicci costruita da Leopoldo di Toscana per raggiungere l'amante senza farsi notare. Ha un forte aroma ferroso e un inconfondibile retrogusto di biglietto strappato. L'enologo francese Patrick Lesoul ha suggerito di mettere in barile, per una migliore definizione del vino, anche un berretto di capostazione dell'epoca.
FRANCIACORTA - L'eccellenza degli spumanti italiani è ormai fuori discussione. Sono state sorprese dalla vigilanza diverse spie francesi, nascoste tra i tralci con vestiti mimetici, che cercavano di carpire il segreto delle nostre bollicine. Ma non c'è segreto, non c'è trucco: l'acino delle uve di Franciacorta è già naturalmente gassoso prima ancora di essere raccolto. Piccole esplosioni, simili a minuscoli rutti, annunciano che è tempo di vendemmiare, prima che tutti i grappoli scoppino come mortaretti. Molto attese le nuove norme europee: da quest'anno per tenere una bottiglia di Franciacorta in casa non è più necessario avere il porto d'armi, e per stapparla non sarà più obbligatorio ricorrere a un artificiere.
LAGUNELLO - Si deve al nuovo sindaco di Venezia, Brugnaro, il lancio di questo simpatico vinello da tavola, che si ottiene dalla attenta scolatura dei fondi di bottiglia e dei bicchieri mezzo pieni delle grandi navi da crociera che stazionano in Laguna. Raccolti da apposite barche con grosse botti a bordo, e mescolati sapientemente dal dondolio delle onde, i resti di centinaia di vini diversi, invece di essere sprecati, danno vita a un prodotto molto gradevole, dal colore grigio-rosa e dal tipico retrogusto di rossetto lasciato sul bicchiere dalle crocieriste.
FANGHINA - In concorrenza con la Falanghina ecco la Fanghina, che alcune famiglie camorriste hanno messo sul mercato per rilanciare l'agricoltura nelle Terre dei Fuochi. Vigne piantate sulle discariche abusive, per dimostrare che quel terroir non solo non danneggia le piante, ma può dare al vino sapori insoliti, molto raffinati, come olio esausto, acido per batteria, arsenico. Ancora ignoto l'esito delle prime degustazioni perché il sommelier è morto già annusando il vino.
PISELLINO - Questo antichissimo vitigno abruzzese è stato riscoperto recentemente dagli stessi produttori che hanno rilanciato il Pecorino e la Passerina. È un bianco secco, piacevole, intenso, identico al Pecorino e alla Passerina e molto simile al Pirulino e alla Patacchina, che verranno riscoperti nel 2016 e nel 2017. Colpisce, di questi vini semplici e piacevoli, l'iter di produzione ridotto all'osso: si coltiva l'uva, si vendemmia, si lascia fermentare, si imbottiglia, si stappa e si beve, senza rompere troppo i coglioni.
Michele Serra
0805/0715/1315
Scritto il 20 agosto 2015 alle 10:00 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 20 agosto 2015 alle 01:03 | Permalink | Commenti (0)
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Qualche giorno fa (era ferragosto) abbiamo dedicato un articolo al dramma della professoressa e madre di famiglia parleminata - Maria Sparacino - 52 anni, sposata, due figli (10 e 14 anni), insegnante di francese alle medie, che "sta preparando la
valigia". Grazie a #labuonascuola renziana, è stata deportata (si, DEPORTATA) a Torino. A Palermo lascia il marito e i due figli (10 e 14 anni). A 52 anni, una vita da precaria da sempre, è stata "deportata" a Torino, dove con il ricco stipendio di 1100 euro al mese dovrebbe prendere in affitto una camera, mangiare, lasciare la famiglia in balìa di se stessa, e magari anche farsi "avanzare" i soldi per un paio di viaggi aerei al mese, per rivedere i figli.
Qualche mia amica professoressa ha cercato, invano, di farmi capire la ratio del meccanismo della "buona scuola", che per ora ha indotto un terzo dei fortunati professori destinati a deportazioni di vario tipo a dire "no, grazie". Un fallimento totale, e forse un meccanismo voluto, proprio per scoraggiare le assunzioni, e lasciare in vita solo l'annuncio. Ma "accà nisciuno è fesso".
Renzubblica (ieri o l'altro ieri) ha pubblicato un articolo dal cui titolo si evince che in rete la lettera della professoressa di Palermo, nella quale si definiva "deportata", aveva avuto molti commenti, alcuni che concordavano, molti di critica e disaccordo.
"Deportata!" che diamine, parola grossa! Ma come si permette! Una che ha appena "vinto", a 52 anni, un incarico a tempo pieno, a ben 1100 euro al mese! Che ingrata!
L'articolo di Renzubblica metteva in rilievo il grande successo dell'articolo stesso (insomma... si lodava da solo), evidenziando come l'articolo avesse avuto più di 300 commenti. Nel corpo dell'articolo, erano pubblicati stralci di commenti pro e contro, ma per puro caso quelli di critica alla sedicente "deportata" erano nettamente prevalenti.
Poche righe, e neanche feroci nella misura dovuta, contro la "scintilla" (di scintillante stupidità) apparsa sulla questione sull'Unirenzità (il giornale fondato da Antonio Gramsci, e sfondato da Matteo Renzi). La riporto perchè la "vergogna" non
deve addormentarsi:
Fra i tanti stralci di commenti contro la "deportata" uno in particolare mi ha colpito, e dirò perchè. Un "ggiovane" di 38 anni che infieriva, concordando con lo "scintilloforo" dell'Unirenzità: "la signora ringrazi il cielo di essere stata assunta... e io, allora, che ho un figlio e per lavorare sono andato in Norvegia"?
Fine dello "stralcio". Il ggiovane non dice (e "Renzubblica" si guarda bene dal chiedere) cosa faccia in Norvegia, quanto guadagni, se sua sua moglie deve lavorare o può farne a meno, dove abiti in Italia, o se ha seguito il marito in Norvegia...
Parliamoci chiaro... Lavorare in Norvegia è un dramma da deportato??? Dipende...
In questi giorni ho sentito molti acritici (o solo acefali?) giannizzeri del serial twitter tessere le lodi della legge definita dallo stesso autore "#labuonascuola" (per la serie: chi si loda, si imbroda). Ma basta ascoltare i diretti interessati, per scoprire che si tratta di deportazione forzata di massa, specie dalle regioni del sud al Nord, dove ai deportati è lasciata però la scelta se prendere i lasciare. Generoso, il serial twitter...
Ma a questo punto mi è venuto in mente che la moglie del "Premier" è anche lei una povera diseredata precaria della scuola... Sarà stata costretta anche lei a sottoporsi alla riffa, e ad accettare ciò che ordina il computer, strumento noto come un "cretino veloce"? Insomma, se la riforma è degna di chiamarsi #labuonascuola, l'autore non dovrebbe accettare (dico di più! pretendere!) che sua moglie dia il buon esempio a quelle fannullone del sud che reputano "deportazione" l'essere "comandate a Torino, lasciando la famiglia? Non dovrebbe mettersi in coda, col rischio di essere mandata, che so... a Misilmeri, o a Brunico, o ad Oristano?
Io non so se lo abbia fatto, ma facendo una elementare ricerca in rete ho capito che la moglie del premier ha tutte le fortune. La Signora Agnese Landini (!) in Renzi è una donna fortunata! Non solo le è capitato in sposo un ggiovane bello, alto, auto e sci munito, ottimo italglese, e per di più Primo Ministro, ma ha anche "vinto" un incarico "non molto lontano" da casa. Ecco come riporta la notizia Leggo.it:
FIRENZE - Torna a insegnare Agnese Landini, moglie del presidente del Consiglio Matteo Renzi. La signora Renzi ha ottenuto un incarico part time nel liceo scientifico e tecnico sociale di Pontassieve. Nel marzo scorso, Agnese Landini, docente precaria, aveva chiesto l'aspettativa dall'incarico di insegnante di italiano e latino all'educandato Santissima Annunziata di Firenze, ma a settembre si era presentata alla convocazione dei docenti precari per l'assegnazione delle supplenze nelle scuole medie e superiori. Il suo impegno lavorativo consiste per il momento in quattro ore settimanali di supplenza di italiano e latino»" (sic).
Insomma, la legge su #labuonascuola è non solo un'ottima legge, ma è una legge uguale per tutti. Dunque è solo un caso se per alcuni sia un po' più uguale che per altri.
Per curiosità, ho voluto verificare quanto "non molto lontano da casa" sia il posto di lavoro della first sciura (a tal fine, prezioso il sito distanzechilometriche.it. In calce, la piantina del percorso:
Effettivamente, "non molto distante". Il sito, nei dettagli, ci informa che Frignano sull'Arno dista da Pontassieve 11,9 kms... Ora, anche ammesso che la Signora sia una prudente, e che viaggi ad una media di 70 all'ora, nel percorso da casa al "posto di lavoro" (se così può definirsi un impegno di quattro ore a settimana, cioè di 34' 17" al giorno) impiegherebbe ben 10 minuti per coprire la distanza di 11,9 chilometri. Neanche il tempo di ascoltare il giornale radio.
No, la signora Landini in Renzi non può essere definita una "deportata". Ma allora perchè quelle piagnone del Sud si lamentano? In fondo fanno la stessa cosa, secondo la stesse legge, no?
Tafanus
0705/0715/1800
Scritto il 19 agosto 2015 alle 22:57 | Permalink | Commenti (4)
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Scritto il 19 agosto 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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...qualcuno potrebbe spiegarmi dove si ride????
da
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La Satira Vera (quella di Fortebraccio)
UN GRANDE PSICOLOGO - Intervistato dal «Geniale» di Montanelli, il democristiano Oscar Luigi Scalfaro, vicepresidente della Camera, un uomo la cui frivolezza è proverbiale, e al cui confronto il vescovo Lefèbvre pare Brigitte Bardot, ha detto che
bisogna far finire al più presto l'astensione dei comunisti, che è molto pericolosa, nella misura in cui risulta e risulterà sempre più condizionante. In quello che l'on. Scalfaro chiama "il suo gioco", il nostro partito «potrà giovarsi, fra l'altro, del datto che occupa per la prima volta alcune presidenze di commissioni, e soprattutto la presidenza della Camera, dove siede con astuzia Pietro Ingrao».
«Con astuzia», dove «astuzia», qui, sta peggiorativamente a significare «furbizia». Si tratta di un apprezzamento talmente originale e inedito, che non riusciamo a passarlo sotto silenzio. Se c'è un comunista al mondo (macché comunista, addirittura un esemplare della specie umana) al quale non si possa applicare l'attributo di furbo, costui è Ingrao. Gli sono sconosciuti il gioco, la facilità e persino la disinvoltura. Egli è timido fino alla scontrosità, sensibile fino alla durezza, per difesa, e non crediamo che in tutta la sua vita abbia mai fatto qualche cosa per piacere, per rendersi gradito. Nulla, per onestà e scrupolo inntellettuali, deve essergli riuscito senza fatica, e se non operasse che lui al mondo, non crediamo che ci divertiremmo molto, ma certo non avremmo mai occasione di pronunciare la parola «ruffiano», che d'altronde non esisterebbe. Se i gomiti servissero soltanto per farsi avanti, Ingrao avrebbe potuto benissimo nascerne privo.
Orbene, sapete che cosa ha saputo dire quel gigantesco psicologo dell'on. Scalfaro nella sua intervista? Che il presidente della Camera, bonaccione come abbiamo provato a descriverlo, lo «corteggia» (lui, sì, Scalfaro), per facilitare il PCI a impadronirsi sempre più del potere. Infatti, secondo l'intervistato, Ingrao si dimostra molto cortese con Scalfaro, e presta viva attenzione alle proposte che questo ullimo espone in sede d'ufficio di presidenza. Quale diabolica a opera di seduzione. Ma l'on. Scalfaro non ci casca, e nota anz,i testualmente, con rara acutezza: «Ma i comunisti sono comunisti anche quando dormono in pigiama». Ecco quella che Benjamin Constant avrebbe forse chiamato "suggestion vètimentaire". I comunisti restano comunisti inche in pigiama, quegli ostinati: è una regola disumana. Mentre i democristiani sono più alla mano, con loro si vive meglio. "Papà - dice scandalizzato il ragazzo al genitore consigliere nazionale DC - hai prinunciato una bestemmia".
"Si, caro, ma mi ero già tolto il gilé".
Fortebraccio - 9 settembre 1976
0705/0715/1045
Scritto il 18 agosto 2015 alle 14:32 | Permalink | Commenti (5)
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Incredibili giovani azzurrine del volley! Mondiale nel silenzio dei media!
L'Italia trionfa ai Mondiali femminili di volley Under 18. Le azzurrine, guidate in panchina da Marco Mencarelli, si sono laureate campionesse del mondo in Perù grazie al successo in finale contro gli Stati Uniti per 3-0 (25-20, 25-18, 25-16) (Federvolley)
Nel frattempo l'Italia pallonara discute sotto ombrelli e/o ombrelloni... "Llorente deve accettare di passare dalla Juve al Monaco, o fa bene ad insistere col Real Madrid? ...eh...so' problemi grossi!...
Tafanus
Scritto il 18 agosto 2015 alle 02:05 | Permalink | Commenti (0)
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I due hanno fatto l'accordo sulla Rai. Ma per la riforma del Senato il premier non può affidarsi al soccorso dell'ex Cav., altrimenti perde il partito (di Piero Ignazi - l'Espresso)
Cosa c'è in comune tra Forza Italia e il PD? Nulla. E tra Renzi e Berlusconi? Beh, proprio nulla no. Però fino a che punto si può spingere una affinità elettiva?
Certamente i due leader si assomiglino per stile, capacità comunicativa ed egocentrismo. Poi c'è da aggiungere un approccio spesso superficiale e sbrigativo ai problemi, soprattutto quelli complessi, e un vitalismo proteico che viene proposto come modello di azione. Questi aspetti sono sufficienti a creare una "entente cordiale" tra i due leader, ma non si traducono automaticamente in consonanza politica.
Per compiere questo passaggio manca una visione comune. Di Berlusconi è già stato detto tutto e nulla è cambiato negli ultimi tempi. Il Cavaliere bada al sodo, ai suoi interessi privati, e piega la sua politica a tal fine. E quindi può vestire allo stesso tempo i panni del "presidente operaio" o del capo di tutti gli imprenditori, tanto, sotto il vestito non c'è nulla. Renzi, invece, ha delle coordinate ideali, magari un po' confuse, che spaziano dal riferimento al cattolicesimo ispirato di Giorgio La Pira alla fascinazione per l'intrapresa in qualunque forma. Ma soprattutto si può definire un tardo-blairiano che recupera molti argomenti dalla terza via, quando oggi è contestata radicalmente all'interno dello stesso Labour, e per questo entra in rotta di collisione con la componente più tradizionale del Pd, quella di impostazione socialdemocratica. Purtroppo gli manca quella schiera di collaboratori di alto profilo che circondava Tony Blair (oltre ad un Cancelliere dello Scacchiere della caratura di Gordon Brown), ed è anche per questo che spesso il premier dà l'impressione di navigare a vista.
Ad ogni modo, se sorvoliamo su alcuni aspetti epidermici in sintonia con la destra berlusconiana, il rapporto non può che essere strumentale e di breve periodo. Al momento delle scelte decisive è inevitabile che l'intesa si rompa, pena l'implosione del Pd. Così è stato quando è stato scelto il candidato alla Presidenza della Repubblica. Se Renzi non avesse (magistralmente) agito per compattare il partito su un candidato condiviso, rompendo gli ormeggi con Berlusconi, la sua leadership, e forse la sua premiership, avrebbero subìto un colpo devastante.
...comprereste un'auto usata da uno di questi due?...
A settembre si riproporrà una situazione analoga, in occasione del voto sulla riforma del Senato. Anche in questo caso è probabile che alla fine Renzi, obtorto collo, debba acconciarsi a trovare un compromesso con la minoranza interna. Perché l'alternativa è quella di riportare il Pd alle condizioni di servaggio in cui si è trovato dopo le elezioni del 2013, e cioè ostaggio di Berlusconi. Difficile vedere Renzi che si mette nelle mani di un Cavaliere declinante o del suo scudiero Verdini. Sia per ragioni di autostima, sia , soprattutto, per calcolo politico. Il costo di un Nazareno al cubo – in sostanza di cambio di maggioranza cacciando fuori la minoranza dem e imbarcando i forzisti di complemento - supera di gran lunga i benefici della sopravvivenza del governo.
Al di là di una eventuale scissione formale, si aprirebbe una frattura profonda nel rapporto tra il leader e il suo partito in termini di militanti, iscritti ed elettori. Il Pd si percepisce tuttora come un partito di sinistra, non di centro. Un conto è una alleanza di necessità come nel 2013, un conto una scelta contro una parte del proprio partito. E Renzi guida una formazione politica che non vuole spartire nulla con chi rappresenta tutto il contrario dei suoi valori. Allora, perché l'accordo di basso profilo sulla Rai e la scomparsa dall'orizzonte della norma sul conflitto di interessi, annunciato a sorpresa dal ministro Elena Boschi qualche mese fa? E perché gli abboccamenti con Verdini? Tattica politica?
In effetti, Renzi non può – non vuole - essere il capo di un partito dimezzato o spaccato verticalmente. Il suo prestigio e la sua forza politica si ridimensionerebbero. Pensi al Labour e alla sua capacità di tenere sotto uno stesso tetto sindacalisti radicali alla Corbyn e frequentatori della City. La leadership non si esercita solo con la spada di Brenno.
Piero Ignazi
0605/0715/1530
Scritto il 17 agosto 2015 alle 09:00 | Permalink | Commenti (6)
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Scritto il 17 agosto 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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La caduta degli dei (Fortebraccio - 2 settembre 1976)
Noi siamo personalmente restii a mutare opinione sulle persone, amici o avversari che siano, ma temiamo fortemente che dovremo cambiar parere sui fratelli Agnelli, i quali più passano i giorni e più si rivelano un disastro. Una volta se ne sapeva poco e se ne parlava sempre al plurale. Si diceva: gli Agnelli, come si sarebbe detto: i Krupp, e un alone tra misterioso e fantastico li circondava. Ora vediamo che essi, essendo celebri, dovevano rimanere sconosciuti. La loro rovina, forse oramai irreparabile, è cominciata da quando, ci sia permessa questa espressione dozzinale, abbiamo cominciato a ritrovarceli sempre tra i piedi.
L'Avvocato, per cominciare dal maggiore, ha una di quelle facce che non vanno mai viste di seguito: troppe basette, troppa « erre », troppa attenzione all'interlocutore. Si vede benissimo che è finta e che pensa al golf. E poi troppa disponibilità: non c'è più festicciola, in qualsivoglia famiglia, alla quale l'Avvocato non intervenga: «C'era anche l'Avvocato...». Quando ha presieduto la Confindustria, si leggeva ogni giorno che le dava un impulso, ma di quale impulso si trattasse nessuno è mai riuscito a capire. Aveva ragione il vecchio borbonico Costa che chiamava Agnelli, con gli intimi: «Quellu li» e lo guardava come avrebbe squadrato Panatta.
Dopo l'Avvocato, viene il senatore Umberto. Sembra un bambino cresciuto soltanto dal collo ai piedi, la faccia gli rimasta quella degli omogeneizzati. Ha condotto una campagna elettorale, a quanto si è letto sui giornali suoi amici, "nel segno dell'incontro con la gente». Ma con chi volevate che s'incontrasse, coi lampioni? Quando è stato eletto ha dichiarato che avrebbe abbandonato Torino e la Fiat per la politica. Poi visto che Andreotti, persona seria, non lo ha nominato ministro, ha deciso di tornare a Torino. Insomma, tra noi che rischiamo, come già si legge, di riaverlo nella capitale, e i torinesi che corrono il pericolo di tenersello, i soli che non hanno guai finora mino quelli di Moncalieri.
Questi fratelli Agnelli sono una frana. Ora si vede che per quanto riguarda la Fiat essi hanno compiuto una sola fatica: ereditarla, e adesso il maggiore si pettina le basette e il minore indice convegni a Roma. Scrivono i giornali che il senatore ha avuto anche un colloquio «riservato» col suo amico, anche lui democristiano, Rossi di Montelera. Immaginiamo che i due, incontrandosi, si saranno salutati. Ma dopo, gran Dio, dopo, che cosa si saranno detti?
0605/0715/0815
Scritto il 16 agosto 2015 alle 14:45 | Permalink | Commenti (2)
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Lo confesso... ero quasi pentito di aver assimilato le "Scintille" dell'Unirenzità a delle scorreggde, "voci dal cul fuggite". Poi, in un attacco di curiosità (volevo sapere che fosse il geniale autore di questa raffinata rubrica) ho iniziato a smanettare su google (o, se preferite, sul berlusconiano gogol), e ho trovato che c'è chi ha fatto più di me: ha creato una pagina ad hoc su facebook, la cui "mission" è quella di promuovere con le "Scintille" l'accensione delle scorregge (che, come è noto, possono essere altamente infiammabili)...
Questa la testata, cliccando sulla quale si può accedere valla pagina. C'è anche una fotina di Gramsci che piange lacrime di sangue. Posso capirlo...
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Non ero quindi solo, nel farmi venire in mente lo sconcio parallelo. O che forse sia sconcia solo la rubrica? Tanto sconcia da far venire in mente a diverse persone le scorregge? Sarà anche per questo che Antonio Gramsci piange lacrime di sangue?
Nel frattempo, in un commento su feisbuc al mio post sulla scorreggia (pardon... "Scintilla") riguardante la professoressa separata da marito e figli da 1590 chilometri, una mia amica (R.C.) ha così commentato:
"E' importante che l'Unità sia ritornata in edicola. L'importante è però che adesso ci resti"
Come darle torto?
Tafanus
P.S.: Un'altra domanda mi perseguita da quando l'Unirenzità è tornata in edicola: perchè cazzo l'indirizzo URL di una testata non video si debba chiamare "unità.TV", e non unità.it, o .com, o .org, o .eu... Qualcuno riesce a placare la mia ansia? 0505/0715/1300
Scritto il 16 agosto 2015 alle 13:55 | Permalink | Commenti (2)
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Scritto il 16 agosto 2015 alle 08:01 | Permalink | Commenti (0)
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Recensione del film "TOM A LA FERME" (di Angela Lauguer)
Regia: Xavier Dolan
Principali interpreti: Xavier Dolan, Pierre-Yves Cardinal, Lise Roy, Évelyne Brochu, Manuel Tadros 105 minuti – Canada, Francia 2013.
In questo agosto, privo per lo più di buoni film nelle sale, vorrei dedicare alcuni post ai film del regista canadese Xavier Dolan, l’enfant prodige del cinema internazionale, che in Italia abbiamo finalmente potuto conoscere grazie alla proiezione di Mommy, ma che il pubblico degli spettatori europei e americani conosceva da qualche anno, poiché Mommy era ormai il suo quinto film.
Tom à la ferme fu presentato al festival di Venezia nel 2013, dove ebbe accoglienze calorosissime da parte del pubblico e della critica, così come era accaduto un anno prima a Cannes con l’eccezionale Laurence Anyways. Io credo che la qualità del cinema di questo giovanissimo regista (nasce nel marzo 1989) meriti di essere conosciuta anche in Italia, dove è impossibile trovare i DVD dei suoi film, che pure sono ormai in libera vendita, raggruppati in un cofanetto, appena fuori dai nostri confini occidentali (ma senza sottotitoli: posso garantire che la comprensione del franco-canadese non è sempre facile!). Qualche distributore coraggioso, forse, potrebbe pensarci…
Tom (Xavier Dolan) arriva alla fattoria (ferme) in auto, attraversando le sterminate e semi-deserte campagne canadesi. Di lui si sa davvero poco, se non che è un ragazzo che viene da Montreal; apprendiamo quasi subito, però, che nella capitale egli aveva condiviso la propria esistenza con un collega di lavoro, Guillaume, che era stato anche il grande amore della sua vita. La fattoria alla quale è diretto all’inizio del film è quella della famiglia di Guillaume, la madre e anche un fratello, del quale Tom ignorava l’esistenza. Ora Guillaume è morto; anche di questo fatto si sa davvero poco, se non che Tom lo piange amaramente: ha preparato frettolosamente la scaletta di un discorso per ricordarlo in chiesa, il giorno dopo, alla cerimonia funebre per partecipare alla quale, appunto, egli è lì.
Giunto all’improvviso, Tom non trova chi lo accolga alla fattoria: la casa è vuota, né si vede anima viva nei pressi o nelle grandi stalle che ricoverano gli animali. Più tardi, l’incontro con Agathe (la madre – Lise Roy) e soprattutto con Francis (il fratello – Pierre Yves Cardinal) non dissipano l’atmosfera cupa e inquietante di queste prime scene, che, abilmente costruite con un progressivo avvicinarsi della ripresa dall’alto sul protagonista, tratteggiano a grandi linee il suo percorso solitario dalla città alla campagna, che è anche la scoperta, a ritroso, del mondo del suo amante sfortunato.
Non si tratta di una scoperta felice: in quel mondo nessuno conosceva davvero Guillaume: Agathe ne ignorava l’omosessualità; il fratello la aborriva come una vergogna indicibile, da tenere ben nascosta, fra i segreti di famiglia, soprattutto ad Agathe, per non aggiungere il disonore al dolore per la perdita. Nessun discorso di Tom al funerale, dunque, per evitare l’emergere di qualsiasi sospetto, anche del più lontano, in merito: questo ordine di Francis, categorico e indiscutibile, è accompagnato da atti di violenza sadica e perversa, per ottenere non solo l’obbedienza di Tom, ma anche la sua umiliazione.
Da questo momento il film ci appare particolarmente spiazzante: le reazioni di Tom alla crudeltà di Francis diventano sempre più deboli: non solo egli ne accetta passivamente la malvagità, ma sembra che non voglia reagire, oscuramente attratto, come in una sorta di “sindrome di Stoccolma“, probabilmente per qualche senso di colpa o per un desiderio insano di espiazione, come talvolta accade quando il cuore straziato non si rassegna alla morte imprevista della persona amata.
L’atmosfera del film, ora, è quella di un noir sinistro, angoscioso e coinvolgente, che cattura fortemente la nostra attenzione, fino alla conclusione catartica, che corrisponde, sul piano simbolico, all’avvenuta elaborazione del lutto.
Tratto da una pièce teatrale di Michel Marc Bouchard, che l’ha sceneggiata per il cinema, insieme a Xavier Dolan, il film affianca alla vicenda, che è un thriller serrato ed emozionante, alcuni temi che le si legano assai strettamente: la contrapposizione città – campagna, principalmente, rovesciando, finalmente, però, il luogo comune, molto presente nella cultura occidentale, secondo il quale la vita della campagna, più vicina alla natura, sarebbe più adatta a chi apprezza l’autenticità e la verità. In realtà Francis, che in campagna continuava a vivere e a lavorare, aveva fondato la propria esistenza sulla violenza, sulla sopraffazione e anche sull’ipocrisia: da questo era fuggito Guillaume e da questo, infine, si accingerà a fuggire anche Tom, a gambe levate, per rispetto di sé, della propria purezza ingenua e dell’amore che lo aveva legato a Guillaume, quell’amore che non aveva manifestato in chiesa, ma che avrebbe dichiarato a tutti, in una scena bella e dolorosa, fingendo di raccontare le confidenze di una donna. Un bel film potente e originale nella narrazione, accompagnata da una funzionale colonna sonora, realizzato grazie anche alla recitazione affiatata di tutti gli attori.
Angela Laugier
0405/0715/1745
Scritto il 16 agosto 2015 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Ormai questa specie di giornale, che abusa del patrimonio culturale della Sinistra, continuando a definirsi "L'Unità", è diventato un ricettacolo prima di idiozie, e ora di cattiverie e di sadismi che superano ogni nostra capacità di comprensione.
la cartina di tornasole di quanto sia diventato osceno questo giornale, è una rubrica fissa giornaliera, "Scintille". Io non so chi sia il titolare di questa ifdozia quotidiana, anche se ho una mia idea... Fatto sta che da iniziali tentativi di ironia - cretina ma lecita - oggi siamo arrivati ad ironizzare su un vero e proprio dramma familiare, e allora diciamo BASTA. Questo giornaletto dev'essere lasciato in edicola. C'è una sola soluzione al problema: farlo fallire per azzeramento delle vendite, sia del cartaceo, che della versione online.
E veniamo al caso: #labuonascuola del serial twitter sta producendo drammi a non finire. Questi drammi c'erano anche prima, ma nessun idiota del governo o del giornalismo "embedded" al potere politico si era mai spinto fino ad ironizzare su questi drammi. Ecco una storia esemplare, riportata oggi da Repubblica cartaceo, in una intervista di Alessandra Ziniti:
"Ho scelto di lasciare Palermo per Torino, ma mi sento deportata"
«L'amarezza più grande è quella di non essere riuscita a festeggiare quel traguardo inseguito per tanti anni».
Maria Sparacino, 52 anni, sposata con due figli, insegnante di francese alle medie, sta preparando la valigia. Per lei la destinazione che equivale ad una cattedra a tempo indeterminato, è Torino. A Palermo lascia il marito e due figli di 10 e 14 anni.
Anche lei si sente deportata?
«Assolutamente sì. Deportata, costretta a lavorare praticamente gratis se si considera che lo stipendio se ne andrà via tutto per l'affitto di una stanza, le bollette, i viaggi per vedere ogni tanto i miei figli. E non sono certo una che non capisce che il lavoro può portarti anche altrove. Mio marito, rientrato a Palermo da poco, ha sempre lavorato fuori e io ho cresciuto da sola i miei figli, ma almeno la casa ero io. Adesso non so come potranno arrangiarsi».
Eppure lei ha deciso subito di accettare il trasferimento. Perché?
«Non certo per la pensione. Ho preso l'abilitazione nel concorso del 2000 e ho cominciato ad insegnare a 40 anni. So che la pensione non la prenderò mai, ma io amo questo lavoro, lo faccio con passione, e allora, con tutto il sacrificio che costerà a tutti noi, non me la sento di rinunciare a priori. Ci proverò, ma non è detto che arriverò fino in fondo. Se dovessi constatare che i miei figli pagano un prezzo troppo alto, tornerò giù. Potevano almeno darci la possibilità di scegliere prima, invece di costringerci al ricatto: o il lavoro o la famiglia».
Lei cosa avrebbe scelto: rimanere precaria in Sicilia?
«Meglio continuare a sperare in un incarico annuale o in supplenze che sfasciare una famiglia a 50 anni. Quando io ho presentato la domanda per il Piemonte sapevo che avrei potuto chiedere l'assegnazione provvisoria a Palermo. Invece ora, se dovessi rifiutare il ruolo, perderei tutto, e se mai un giorno dovessi ottenere il trasferimento, il mio contratto passerebbe da tempo indeterminato a triennale, sottoposto alle decisioni di un preside che dovrebbe decidere della mia vita».
Si, lo so... la scuola è un dramma antico, ma almeno la politica fingeva di capire, di cercare soluzioni... Ora invece alla lettera - che ho trovato disperata e commovente - di questa donna senza speranze, la politica risponde con uno sberleffo, con un rutto, con una scorreggia. Si, scorreggia, non scintilla. Voce dal cul fuggita:
Sono sicuro che Renzi non ha niente a che vedere con questa "scintilla d'idiozia". Lui è uno bravo, buono, intelligente, e scrive l'hastag #labuonascuola. Non può essere lui, l'autore dui questa scemenza, ne sono certo!.
Ma se la considera anche lui una scemenza, non deve fare altro che cacciare a pedate dall'Unirenzità l'autore di questa scemenza. Se invece la reputa una cosa intelligente, bene farebbe a premiare l'autore rendendone noto il nome, e promuovendolo almeno al ruolo di vicedirettore dell'Unirenzità.
Di più: se reputa umano, fattibile, intelligente spezzare una famiglia di Palermo con due ragazzini di 10 e 14 anni, mandando la mamma ad insegnare a Torino, dia prova della sua buona fede mandando sua moglie, insegnante precaria, ad insegnare a Palermo.
Lo so, lo so... Fra Torino e Palermo ci sono 1590 chilometri, mentre fra Firenze e Palermo ce ne sono solo 1171. Ma noi siamo generosi, e ci accontentiamo anche se lei manderà sua moglie a 1171 chilometri anzichè a 1590. Però ad una condizione: non è che - ovviamente per ragioni di sicurezza - farà andare avanti e indietro la Signora Agnese Landini in Renzi col Falcon di stato, vero???
E mentre sull'Unirenzità ci si diletta con oscene battute su drammi umani, che ricordano tanto le belle barzellette d'antan di Berlusconi sui malati terminali di AIDS, un'altra colonna portante del giornale 'de sinistra, Sergio Staino, ormai riesce a fare solo "vignette" contro la sinistra. Staino vittima della "sindrome Giampalo Pansa", che lo aveva logorato fino al punto di farlo transitare dall'Espresso al "Geniale" di Paolo Berlusconi. Non corra, Staino... A destra c'è posto!
L'unirenzità: chi lo conosce, lo evita
0405/0715/1030
Scritto il 15 agosto 2015 alle 18:58 | Permalink | Commenti (4)
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Ha ricattato la Grecia e l'ha resa disperata" - L'economista dell'università del Texas: "Il piano approvato è una menzogna fin dalle prime righe. Va contro il volere del popolo ellenico" (di Eugenio Occorsio - Repubblica)
BRUXELLES. "Il piano approvato con tanta fanfara è una vergogna per l'Europa e per l'intera comunità internazionale ". L'irritazione di James Galbraith, economista dell'università del Texas, supera ogni immaginazione. "Leggete il documento approvato. E' una menzogna fin dalla prima riga: "La Grecia - c'è scritto - ha chiesto aiuto ai suoi partner europei per risolvere i suoi problemi". Niente di più falso. La Grecia è stata ricattata, spinta alla disperazione e poi costretta ad approvare un piano del genere, che va contro il volere del suo popolo espresso col referendum".
Professore, non le sembrano un po' forti, per usare un eufemismo, questi giudizi?
"Macché. Lo scopo, quasi dichiarato, della Germania e del potere costituito in Europa, era dimostrare che non c'è alternativa alla linea politico- economica prevalente, e che nessun Paese si può permettere di deviare perché viene schiacciato. Era sbarazzarsi di Syriza, e forse ci sono riusciti. Ma, la prego, continui a scorrere con me il documento...".
Andiamo avanti, allora.
"Stiamo sempre sulle prime righe. C'è scritto che l'accordo servirà per ritrovare la crescita, per creare posti di lavoro, per ridurre le disuguaglianze e scongiurare i pericolo di instabilità finanziaria. Sono sconcertato. I risultati saranno esattamente l'opposto. Rilegga punto per punto e s'immagini il risultato opposto. La crescita sarà abbattuta, il lavoro diminuirà, le diseguaglianze si accentueranno, eccetera".
Però come negare che l'instabilità della Grecia costituisca un problema?
"Ma certo. Però il modo per risolverlo era tutt'altro. Lo sanno tutti: andava finanziato un grande piano di investimenti in Grecia senza inseguire una solidità fiscale che comunque era perduta, solo allora si poteva pensare alla crescita. Ora tutto diventa più difficile. Ma l'ha letto il paragrafo successivo?"
Ancora?
"Legga con me. Il successo del piano richiederà " ownership" delle misure da parte del governo greco. Vuol dire che Atene sarà padrona delle sue azioni e le deciderà liberamente. "Il governo perciò è pronto a prendere tutte le misure che riterrà opportune a seconda delle circostanze". Quale menzogna. Per colmo d'ironia poche righe più sotto c'è scritto: "Il governo si impegna a consultarsi e concordare con l'Ue, l'Fmi e la Bce tutte le azioni rilevanti". Eccola qui, la verità: a comandare sarà la Troika".
Perché Tsipras ha accettato?
"Perché non aveva scelta. Voleva tenere la Grecia nell'euro ma era ricattato dalla Bce che minacciava di confiscare tutti i risparmi bancari e lasciare il Paese sul lastrico".
0305/0715/1515
Scritto il 15 agosto 2015 alle 17:32 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 14 agosto 2015 alle 23:46 | Permalink | Commenti (2)
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Scritto il 14 agosto 2015 alle 19:58 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 14 agosto 2015 alle 01:07 | Permalink | Commenti (0)
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Il Direttore dell'Unirenzità D'Angelis, "vicino, anzi incollato a Renzi", corre - secondo me - il serio pericolo di diventare una macchietta destinata a trovare un posto d'onore nella stampa di partito, a livelli (che sembravano irrangiungibili) di Emilio Fede, Paolo Del Debbio, Artuto Diaconale, Giampaolo Pansa, Mario Adinolfi, Vincino, Magdi "Ex-Cristiano" Allam, "straccio" Liguori... Siamo nel campo dell'impossibile che si tramuta in realtà. Anzi, in un incubo.
Qualche giorno fa, come molti sanno, Sergio Staino ha fatto "outing" in favore del renzismo, con un pesante attacco ai "gufi" della sinistra (che poi sarebbero tutti quelli che non la pensano come lui, come Renzi, come D'Angelis, e come la patetica Debora(h) Serracchiani). Si poteva risparmiare la fatica. La sua conversione al Renzismo l'avevamo capita PRIMA che la capisse persino lui. Solo uno che è già sulla "via di Damasco" avrebbe potuto restare nell'Unirenzità versione "serial twitter" per un solo minuto di più...
L'Unirenzità si è affrettata a pubblicare la letterina di Staino, piena di insulti ai "gufi", e particolarmente livorosa con Gianni Cuperlo, di professione "persona perbene". Come nel cineclub di Fantozzi, "segue dibattito".
Il dibattito dovrebbe essere un "forum" in stile Repubblica d'antan, dove i commenti dei lettori venivano pubblicati anche a centinaia, per giorni di seguito, senza "selezione preventiva" delle opinioni, ma in rigoroso ordine cronologico. I moderatori provvedevano a eliminare solo commenti sconci, offensivi, off-off-topics, ma MAI col criterio di "selezione delle opinioni". I "favorevoli" in pagina, i "contrari" dietro la lavagna.
Anche il "Direttore d'Orchestra" D'Angelis ha aperto alle lettere dei lettori (perchè, anche se la cosa può sembrare incredibile, dovete sapere che la nuova Unirenzità ha dei lettori! Ma purtroppo sono arrivate "tantissime email" (quanto tantissime D'Angelis non specifica, quindi non conosciamo l'ordine di grandezza). Tantissime. Fidatevi. Tanto tantissime che ovviamente l'Unirenzità non poteva certamente pubblicarle tutte. E allora il povero D'Angelis, che rischiava di morire soffocato sotto la slavina di commenti, è stato costretto a fare una selezione.
Ma - parola di D'Angelis - la selezione è stata fatta in modo da dare voce a tutte le opinioni (quelle favorevoli a Staino, e quelle contrarie a Cuperlo)e quelle contrarie a Staino) curando che le lettere pubblicate rappresentassero in maniera abbastanza proporzionale i diversi pareri. Ecco comde D'Angelis illustra la politica seguita:
"La lettera di Sergio Staino a Gianni Cuperlo ha aperto un dibattito tra i militanti del Partito Democratico. Ecco alcune dalle tantissime email di commento che ci sono arrivate. Un tappo che salta. È stato questo l’effetto della pubblicazione su l’Unità in edicola della lettera rivolta da Staino a Gianni Cuperlo. Noi di Unità.tv ce ne siamo accorti dalle tantissime email di commento che ci sono arrivate, un numero che va al di là di ogni immaginazione per una domenica di inizio agosto (D'Angelis non farebbe opera giornalistica nel dirci quale sia questo numero? Non è difficile. NdR)
E quasi tutte contengono apprezzamenti per le parole del “papà” di Bobo [...] (...ma va??? non lo avremmo mai immaginato! Che sorpresa, se le lettere si fossero divise fra renziani e antirenziani nelle stesse proporzioni che si stanno verificando nel paese... NdR)
Pubblichiamo qui di seguito stralci di alcune email giunte a [email protected]. Siamo stati costretti a fare una selezione, sforzandoci di mantenere intatta la proporzione tra le diverse opinioni [...]
Per sforzarsi, D'Angelis si è sforzato. Speriamo che questo sforzo non crei effetti deleteri a livello inguinale... Ma per quanto si sia sforzato, D'Angelis è riuscito a "selezionare" solo o quasi lettere favorevoli allo stainismo brand-new, al renzismo post demitiano, e al d'angelismo post tutto...
Non posso riprodurre integralmente le lettere scelte da D'Angelis "col criterio della rappresentatività di tutte le opinioni". Quindi per ogni lettera pubblico un piccolo stralcio che consenta di metterle "con Staino" o "con Cuperlo":
-1) Condivido totalmente quanto scritto da Staino, concreto e lucido, un monito a tutti i vecchi dirigenti del PD, ex PCI, che pensano che il mondo non vada avanti senza di loro [...] Loretta Gallorini
-2) Articolo bello ed accorato. Ed ora ne vuoi fare uno per il segretario Renzi, invitandolo a tenere unito il partito e ad (almeno) ascoltare le critiche che gli vengono mosse, senza chiamare gufi o peggio chi non condivide a pieno le sue idee? Rino Schettini
-3) Che ci sia un difetto di programma nella sinistra Pd – non un’assenza, un difetto parziale – lo penso anch’io. D’altra parte difficile fare una specie di “governo ombra” in condizioni estreme, volute certamente dal premier con il suo uso politico della maleducazione e dell’offesa [...] Maria Laura Bufano
-4) Ho 70 anni, tanta attività politica da sempre, alle ultima primarie ho votato Renzi e come me tanti compagni di età e giovani stufi di solo chiacchiere (vedi Bersani che avevo votato e sostenuto) [...] Maiolini Giuseppe
-5) Caro Sergio, condivido totalmente la tua lettera a Cuperlo [...] Devo però riconoscere che senza le modifiche proposte dalla nostra minoranza, ed accettate dal Governo, avrei avuto difficoltà a sostenere, con piena convinzione, riforme come la legge elettorale e quella sulla scuola, Per questo motivo trovo strumentali, ipocrite e fastidiose le continue esternazioni pubbliche di parlamentari come Mineo, D’Attorre ed altri che ci raccontano di pericoli per la democrazia ed altre amenità di questo genere [...] Marino Spagnolini
-6) Condivido in pieno il tono ed il contenuto dell’articolo [...] Felice Baio
-7) Buongiorno, condivido pienamente quanto emerso nella lettera di Staino indirizzata a Cuperlo [...] Liliana Casasola
-8) Concordo pienamente con quanto scritto da Staino a Cuperlo [...] Donato Cocuzzo
-9) Caro Sergio, prima di tutto voglio ringraziare te e l’Unità per la pubblicazione della lettera. Finalmente parole e una posizione onesta e oserei dire soccorrevole (sic) per chi, come me, è culturalmente di sinistra ed elettore del PD [...] Renzi ha sparigliato le carte, ha destabilizzati (sic) i giochi sicuri e perdenti (sic) [...] La presenza nella maggioranza dell’NCD a chi la dobbiamo? [...] Matelda Abate (...a Renzi, purtroppo... Dobbiamo ringraziarlo anche per essere venuto in nostro soccorso, con le sue truppe sicilianuzze cammellate? E dobbiamo ringraziare Renzi per questa magnifica e lungimirante alleanza? NdR)
-10) La sinistra è già morta. E il responsabile è Renzi. Se il PD in un anno perde, nei sondaggi, il 10% dei voti che aveva preso alle Elezioni Europee una ragione ci sarà. Io non voto PD da quando Renzi è diventato Segretario Nazionale. Non ci voleva molto a capire quale fine avrebbe fatto fare al partito [...] Leonardo Tomassoni
-11) Carissimo Sergio, La mia “L’Unità”, che distribuivo ai crocicchi la domenica, la considero come quella che oggi leggo comodamente in panchina. Anche io come te vengo da lontano anche se i i riferimenti erano Secchia, Ingrao, poi Berlinguer, poi Napolitano, ecc. Anch’io condivido parola per parola la lettera accorata che hai spedito a Cuperlo [...] Come è possibile che noi (almeno io) vecchi riusciamo a vedere il nuovo in questi giovani che legiferano e cercano di trasformare il Paese mentre per i DEM è tutto sbagliato? Non rispoderanno ai dettami ortodossi del Marxismo-leninismo, ma che cosa c’è di errato nelle manovre che stanno facendo bene al paese? [...] Lamberto
(...Egregio, non ci descriverebbe brevemente - con parole sue, e non con twitter renzini, quale sia il "bene" finora fatto al paese? NdR)
-12) Hai ragione, compagno Staino. Ce l’hai quando affermi che Renzi è anche la risultante non complice di un vuoto lasciato dalla sinistra, capace di sedursi ma non di sedurre raccontando una storia troppe volte immaginaria ed ai limiti di una comoda autoassoluzione. Anche se, personalmente, ritengo che Renzi sia anzitutto una risorsa per tutti ed un vero innovatore [...] Emiliano Liberati
(...l'ultima frase di questo tizio è, sintatticamente e logicamente, ai limiti del surrealismo e del "catalanismo"... "Hai ragione a parlar bene di Renzi, compagno Staino, "anche se" Renzi è un "vero innovatore"... NdR)
-13) Cara Unità, mi è piaciuta la lettera di Staino a Cuperlo e vi comunico che ricomincerò a seguirvi e acquistare il vostro quotidiano dopo tanti anni[...] E, ancora, non riesco a capire la scelta di lanciare e sostenere la candidatura di De Bortoli alla Rai - Sergio (...ma certo...vuoi mettere con la Maggioni? NdR)
-14) Quanta verità nelle amare parole di Staino. Però su una cosa non sono d’accordo con lui: Renzi non è “ il frutto amaro del nostro partito “. Renzi è uomo di sinistra e fa cose di sinistra [...] Maurizio
-15) Caro Staino. Con la tua lettera a Cuperlo mi hai anticipato [...] Sentire D’Attorre (nato 1973) affermare davanti alle telecamere che le proposte di riforma elettorale proposte dal governo del PD sono “un attacco alla Democrazia” è devastante (...io trovo "devastante" la legge elettorale che si tenta di far passare. Devastante e centro-americana. Non il giudizio di D'Attorre, che "condivido" - per usare una parola molto sprecata per Staino in questa "raccolta. NdR)
[...] Ma non si rendono che quello che sta disgustando una gran parte del “popolo della sinistra” è quello che stanno facendo senza avere progetto una alternativa , con il solo fine di mettersi per traverso al Segretario e Capo del Governo che guarda caso è del PD ma che a loro non piace - Maddalena (... già... è la minoranza che allontana gli elettori dalle urne... Per far dispetto a Fassina, due terzi degli ex elettori PD dell'Emilia-Romagna non vanno a votare per il PD di Renzi. Complimenti per la lucidità dell'analisi, cosa... NdR)
P.S.: Un tentativo di analisi del linguaggio non porta da nessuna parte. Speravo di trovare maggior omologazione... I lettori -1) e -5) "condividono totalmente", mentre il lettore -6) "condivide solo "in peno". Questa difformità di linguaggio testimonia che le lettere sono autentiche, e non "selezionate" ad usum delrenzi.
Resta il fatto che la nuova Unirenzità resta un giornale insuperabile sia per incartare il pesce, che per proteggere mobili e pavimenti se si deve imbiancare la casa.
Comunque non sarebbe stata una cosa scandalosa se, dopo la replica di Cuperlo a Staino, si fosse aperto un forum di commenti ANCHE sulla replica di Cuperlo, prendendo come moderatore un cuperliano, così come per il precedente "dibattito" si è preso come moderatore e "selezionatore" il Direttore dell'Unirenzità, la cui indipendenza di giudizio è certificata dalla sua patetica presenza a TUTTE le Leopolde che la vita ci ha inflitto...
Tafanus
0305-0715-0800
Scritto il 13 agosto 2015 alle 14:13 | Permalink | Commenti (3)
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Finalmente l'Unirenzità affronta i veri problemi dei ceti meno abbienti, con un articolo-inchiesta da non perdere:
Da un'inchiesta de
...estikatzi... qualcuno, con superficialità, pensa che sia un problema minore. Noi, invece, a casa mia, non ci dormiamo la notte... Io penso con terrore a come potrebbe essere la mia "quarta età" (della terza non mi preoccupo già più), se Rete4 e feisbuc non troveranno alla svelta un alfabeto comune...
Mia moglie si addormenta con la TV accesa, sincronizzata su RaiNews, e ogni due/tre ore mi sveglia, mi scuote, e mi informa, terrorizzata, che la TV e i social neanche stanotte hanno trovato un alfabeto comune...
Cosa ne sarà dei nostri nipoti?
Tafanus
Scritto il 13 agosto 2015 alle 00:19 | Permalink | Commenti (2)
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Tutti i retroscena del matrimonio dell'anno. Tra selfie, interventi estetici e il viaggio nello spazio. Peccato per l'esclusione della starlette Maruska (Michele Serra)
...Robbbe di VIP (Very Irrelevantant People)
Pierre e Beatrice
Stando all'entusiasmo della stampa, che ha dedicato all'evento più spazio che alla questione israelo-palestinese negli ultimi vent'anni, il matrimonio tra Pierre Casiraghi e Beatrice Borromeo, celebrato dieci giorni fa a Montecarlo e proseguito con una grande festa sul Lago Maggiore, è ancora in corso in queste ore. Gli sposi potranno finalmente partire per il viaggio di nozze (che sarà breve e semplice, un week-end in un resort senza particolari pretese ma con una vista unica: è in uno dei crateri di Marte) solo quando la security sarà riuscita a snidare tutti gli ospiti e tutti i giornalisti convincendoli a tornare a casa loro.
L'ECO - L'evento è stato così prestigioso, così sfarzoso, che oltre al consueto cerchio di curiosi che facevano "vip-watching" cercando di fotografare gli invitati, c'era un altro cerchio più esterno formato dai curiosi che fotografavano quelli che facevano vip-watching. E così via, a cerchi concentrici, fino all'ultimo cerchio, a un centinaio di chilometri di distanza dalla cerimonia, costituito da quelli che chiedevano l'autografo a quelli che erano riusciti a farsi un selfie con persone che raccontavano di avere visto da vicino qualcuno che aveva stretto la mano a uno degli invitati.
LE PIÙ BELLE - Ammiratissime, oltre alla sposa, Cherie di Coburgo con la sorellina Poupette, Garrula Agnelli con le figlie Ridente e Luminosa, Paula di Ramazzino, Violante Pignatelli Pignatoni, Helga di Hoenstaufen, Silviamaria Garattani Peplo, Oltremontana Oltremontani e Pia di Po. I cronisti che sono riusciti a trascrivere correttamente tutti i nomi sono stati ospitati gratuitamente nei garage di Villa Borromeo e hanno potuto dormire, sia pure dopo un accurato lavaggio, nelle Audi degli invitati.
LA CENA - Quella ufficiale è stata affidata allo chef Mario Pirillo, della trattoria "da Mario" di Marina di Frosinone, una località di recente istituzione a una cinquantina di chilometri dal mare. Pirillo è l'inventore del "basic cooking", la nuova corrente gastronomica che si oppone alla cucina destrutturata e al suo eccesso di ricercatezza. È considerata il massimo della cucina di tendenza, e i ricchi e le teste coronate di tutta Europa ne vanno pazzi. Il menù prevedeva affettati in busta di cellophan, maccheroni al pomodoro, pollo arrosto (petto o coscia) con patatine fritte, mela o pera, semifreddo al caffè, limoncello in bottiglia caratteristica a forma di limone. Ogni coperto offriva, oltre al tovagliolo piegato a cono, il classico sacchetto di carta con tre grissini torinesi (quattro in alcuni sacchetti, con grande sorpresa e risate degli ospiti), pane a volontà e un camionista, seduto accanto, che spiegava come annodare il tovagliolo al collo e come mangiare tutto con la stessa forchetta. Le bibite erano a parte. Per i più tradizionalisti era comunque prevista, in alternativa alla cena ambitissima e molto spiritosa preparata da Mario Pirillo, il solito menù di uno chef parigino a tre stelle, che è stato preso d'assalto.
RICERCA MEDICA - E' andata molto bene la raccolta di fondi a sostegno della ricerca su alcune delle più gravi malattie che funestano la nostra epoca: le borse sotto gli occhi, il doppio mento, il ginocchio rilasciato, il seno floscio, la natica abbassata, il gomito ruvido e molte altre gravissime sindromi che solo squarciando il velo dell'indifferenza potranno, un giorno, essere sconfitte. Generosissime, molte delle signore presenti si sono offerte come cavie per interventi estetici ancora mai tentati, per esempio l'impagliatura integrale usando la tecnica degli antichi egizi, o la sostituzione delle labbra con i nuovi copertoni da bicicletta senza camera d'aria, dunque senza le antiestetiche valvole che fuoriescono.
I VESTITI - Vere fragole di bosco applicate sulle fragole finte cucite su preziosa organza color fragola: è l'idea della maison "Traveggole" che ha vestito la damigella d'onore della sposa, purtroppo aggredita dalle vespe dopo pochi passi. Scollatissimo lo strepitoso bolerino della starlette Maruska Ruzovic, che però purtroppo non era invitata alla festa e si esibiva a pochi chilometri in un localino sul lago.
Reportage esclusivo di Michele Serra
0305/0715/1515
Scritto il 12 agosto 2015 alle 09:30 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 12 agosto 2015 alle 01:40 | Permalink | Commenti (0)
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Agli insulti dei giorni scorsi del neo-renzino Sergio Staino (unica "firma storica" dell'Unità vera traslocata nell'Unirenzità dell'accoppiata Renzi - D'Angelis), Gianni Cuperlo risponde con una civilissima, argomentata lettera, da cui trasuda un elevato tasso di civiltà politica. Sergio Staino, che purtroppo sta percorrendo a lunghe falcate la stessa strada a suo tempo percorsa da Vincino (da "Cuore" al "Foglio"), da Rondolino (da D'Alema al "Giornale" di Berlusconi), anche oggi pubblica la sua vignetta - carica di livore nei confronti di chi non la pensa come lui & Renzi. Ovviamente sull'Unirenzità:
Trovo in questa vignetta un elevato tasso di oscenità. Caro Staino, fra il Senato "riformato" da Renzi e quello "intatto" con Salvini-Grillo c'è qualche differenza di etica politica? Trovo sinceramente difficile trovare in Renzi+Berlusconi+Alfano+Verdini un tasso di moralità più elevato di quello che si può trovare nel grillismo e nel patanismo.
Mi consenta, Staino, per me sono la stessa merda, e a far risorgere la Patania e il grillismo non è stato Cuperlo, è stato Renzi, e sono stati i seguaci di Renzi come lei.
Ma come... lo da per già "riformato", il Senato, quando col 99% di probabilità passerà difficilmente l'esame del Parlamento, e col 100% di probabilità non supererà il referendum confermativo? Malato anche lei di "annuncite"? Anche dei da per fatte cose che non lo sono? Brutta malattia, il renzismo... malattia contagiosa! Si riguardi...
Ancora: è diventato così manicheista che non vede vie di mezzo fra il Senato non già "riformato" dal suo Renzi, ma trasformato, nelle intenzioni, in un inutile pensionato di ben remunerati "trombati" nominati dal partito (pagati solo per scuotere il capino in avanti da bravi "assentitori" organizzati in claque), e un eventuale governo con Salvini-Grillo, che peraltro mi farebbe schifo?
Vede, Staino, torniamo alla realtà... Con Berlusconi non stanno giocando a "culo e camicia" Cuperlo, Bersani, D'Alema, ma Renzi e i suoi cari, nonchè i suoi "fedeli ed acritici seguaci" dell'ultima ora. Quelli, tanto per capirci, del "Franza o Spagna purchè se magna". E chi gioca a culo e camicia col pregiudicato di Arcore, per la proprietà transitiva gioca a culo e camicia anche con Salvini, vusto che il 10% di Berlusconi, senza il 15% di Salvini, non conta un cazzo.
Caro Staino, la sua non è una vignetta, non è satira, non è niente. E' un volantino propagandistico, oltretutto fatto abbastanza male e di qualità abbastanza scadente. Parere personale. Roba che fa meglio la Conad coi suoi volantini sul 2x3.
E ora facciamo una tuffo nella civiltà politica leggendo la lettera che Cuperlo le ha inviato. Una lezione di buona educazione politica, ma anche di buona educazione tout-court. Tenti di capirla, e di trarne vantaggio. Tutti abbiamo da imparare.
Tafanus
La risposta di Cuperlo a Staino
Caro Sergio, non sono di gomma. Linguaggio e asprezza del giudizio lasciano il segno. Per parte mia fatico nell’accordarmi a toni che non siano di rispetto e conservo l’affetto per un’amicizia da non bruciare malgrado tutto. Se l’occasione serve a chiarire degli snodi è giusto farlo, ciascuno per come sa e come vuole. Sul passato. È vero, ho detto per tempo che la realtà di adesso è anche figlia degli errori di prima. L’ho affermato – un paio di volte c’eri pure tu – e l’ho fatto con qualche costo sul piano umano che per me conta. Ma era serio non rimuovere perché non pianti nulla nel futuro se non sei altro dal passato.
Con la stessa sincerità trovo sbagliato datare la nascita del mondo a stamane e sbianchettare la storia. Hai citato Gramsci. Ecco, lui il legame che motiva il flusso delle generazioni lo ha spiegato in modo mirabile. Sull’oggi. Non ho da difendere nulla perché non è indietro che voglio tornare. Fino dal giorno dopo la vittoria di Renzi non ci siamo tirati fuori. Ricordo la scelta fatta allora, stare nel nuovo con un punto di vista e la coerenza di una sinistra anch’essa da ripensare. Non bastava contentarsi del già visto e neanche salvarsi la coscienza con una casacca di corrente o qualche incarico. Da lì anche la scelta di vincolare il temine Sinistra a un campo aperto e tutto da arare. Lo abbiamo fatto quando quella parola – sinistra – a molti pareva polverosa e in diversi amici e compagni prendevano altre strade.
Oggi mi pare che anche quella liquidazione appaia meno scontata. Si torna a cercare, forse anche sospinti dal dramma dell’Europa. Ma al netto di questo sono io a dirti che una svolta serve e che in questi mesi non siamo riusciti a fare ciò che sarebbe stato necessario. Penso però che i nostri limiti non siano quelli indicati da te. Credo non sia stato un errore dire la nostra quando si battezzavano come riforme scelte che in altri tempi e fatte dai nostri avversari avremmo definito strappi irricevibili. O affermare che la legge elettorale non si vota ponendo la fiducia. Il limite invece è non essere riusciti a raccontare e far vivere un’altra idea di democrazia, economia, diritti. Quella che dovrebbe orientare la bussola di una sinistra in Europa e oltre i suoi confini. Il limite è stato lasciare l’impressione di una sinistra del Pd intristita e aggrovigliata in rivalse o rimpianti. Ma questo, forse lo sai, non è il sentimento mio e di tanti. Ed è la ragione per cui, oltre al dispiacere, l’uscita di persone care mi preoccupa. È perché quegli abbandoni non mi paiono, come sembra a te, riflessi di egoismi antichi. La via dell’uscita di quelle biografie per me è un segno che riguarda il Pd tutto.
Sai il punto qual è? Che la combinazione tra alcune scelte di una maggioranza a volte senza pudori e le nostre difficoltà ha finito con il ridurre la fiducia di tanti. Quelli che non ci hanno votato più. O che non si sono più iscritti. O che senza poterlo dire dalle colonne di un giornale o al microfono di una tv semplicemente si son fatti di lato, magari dopo una vita spesa a stare dalla parte giusta.
E però vedi Sergio, fa differenza poter difendere le proprie ragioni col potere della maggioranza, del governo, del partito, o farlo con la voce di chi, come nel mio caso, sceglie comunque di non brandire mai l’ascia di guerra e toni incendiari. Fosse solo per questo io non potrei mai paragonare le tue critiche a Berlusconi a quelle che farei o non farei a Renzi. Per il fatto banale che non ho mai paragonato Berlusconi a Renzi. E per il fatto ancora più sensato che non ho contestato al leader del Pd il ruolo che ricopre. Conteso sì, ci ho provato. Contestato no. E dunque il mio problema non è far cadere il governo che sostengo. Il mio problema è quale Paese abbiamo in mente. E la domanda riguarda le ragioni di un partito e la sua natura. Ciò che sei, chi vuoi rappresentare e come provi a spendere la tua forza e il consenso che aggreghi.
Renzi ha vinto il congresso? Di più, lo ha stravinto. Su quella base lui guida l’Italia e il Pd. Potrei dire che non ha vinto le primarie anticipando che sotterrava l’articolo 18, anzi diceva l’opposto, e neppure che cambiava la scuola nel modo che una maggioranza contrasta. Su questo mi inviti a stare tra la gente. Per quanto posso capire a contestare quella riforma non sono vecchie corporazioni ma seicentomila docenti che aderiscono a uno sciopero. Merita ascoltare anche loro? Ma ti dicevo che il mio problema è cosa lasceremo in dote. E su questo la vedo così.
La strategia del Pd per guidare l’Italia fuori dalla crisi peggiore della sua storia non è chiaro quale sia. A meno di pensare che tutto sta a scrollarsi di dosso i panni del disfattismo. La realtà è che a noi questa crisi ha fatto così male perché è entrata come lama nel burro di guai più antichi. Se è così non torneremo quelli di prima per cui qualcosa di diverso è bene immaginare oltre l’emergenza. In questi mesi cose buone il governo ha fatto e altre ne annuncia, ma lo stesso premier sostiene che non basta. E allora non è assurdo se da sinistra si chiede di avere più radicalità e coraggio scegliendo di portare in cima alla lista un pacchetto di misure sulla cittadinanza, una forma di reddito minimo e contrasto universale alla povertà a cominciare da quella minorile, una legge non bislacca sulle unioni civili, una nuova strategia per il Mezzogiorno, a meno di pensare che i ricercatori dello Svimez siano assoldati al nemico. E fare dei diritti indivisibili – umani civili sociali – la leva formidabile di una nuova pagina dello sviluppo e del Paese. Ora, l’idea di un’Italia e un’Europa diversa fa di solito pendant con la missione del Pd. La traduzione è un programma di governo ma senza la retorica dell’esserci già riusciti. Perché la sfida è nella capacità di prendere quel programma e dargli una strategia. Calarlo in un patto sociale e alleanze buone a farlo vincere nelle urne.
Allora, in breve, dove andiamo adesso? E come ci si va? Da soli o con chi? Ecco perché il mio cruccio non è Matteo Renzi. Il problema è dove siamo diretti e in nome di che. Spiegarlo conta perché se la risposta è condivisa anche le differenze tra noi non saranno traumi. È quando si tira in direzioni opposte che la comitiva può spezzarsi. E io temo che senza un ascolto vero, senza stima reciproca, con campagne dal sapore denigratorio che sono più facili da supportare per chi di più potere dispone, ci si possa trovare distanti o separati senza neppure dirselo. Ma a quel punto qualcuno potrà dire d’aver vinto? Anche per questo sono per tenere il ponte levatoio abbassato e cercare quel pizzico di verità che c’è in ognuno di noi, anche in chi oggi è fuori da noi. Lo dico per un’ultima ragione. Perché più o meno dappertutto i confini, quelli classici, tra destra e sinistra paiono incrinarsi con parlamenti colonizzati da vincoli stabiliti altrove e una sovranità monca. Le grandi crisi producono anche questo. Sconquasso di regole, istituti, categorie.
Qualcuno l’ha chiamata post-democrazia e basterebbe questo a indurre la sinistra, tradizionale e non, a porsi il tema di cosa significa governare oggi, con quali strumenti e leve effettive a partire dall’Europa. La stessa riforma costituzionale si può leggere sotto questa lente. Non sarà una deriva autoritaria ma un enorme pasticcio sì. Tanto più nel combinato con la nuova legge elettorale (e forse col senno del dopo non eravamo provocatori nel chiedere la possibilità – possibilità, mica l’obbligo – di apparentamento al secondo turno). Con un Senato né carne né pesce e con uno squilibrio di poteri che è puro buon senso sanare. Come altri voglio la riforma e la voglio nel segno della fine del bicameralismo. Che altra prova dovremmo dare dopo che alla Camera non abbiamo votato l’articolo 2 ma in quell’Aula mutilata abbiamo comunque garantito a notte fonda il numero legale? Chiedo: si possono rimettere in ordine le cose? E non per l’interesse di una parte, ma nel nome di una idea dello Stato e della nostra democrazia. Al fondo la responsabilità di replicare al timore di una minoranza numerica nel Paese e che pure potrebbe impadronirsi di un potere smisurato senza i contrappesi e le garanzie che esistono ovunque riguarda tutti. Non parliamo di una legge a capocchia ma della Costituzione, della Bibbia laica della Repubblica. E allora facciamo un accordo serio su questo e marciamo spediti. Poi certo, resta il nodo: cosa vuol dire governare la complessità e come si fa.
Qui da noi l’ultimo esecutivo scelto da un voto risale al 2011. Da lì tre premier si sono succeduti. Tutto regolare ma anche tutto fuori norma. Conseguenza? Che le larghe intese, o comunque alleanze di impianto moderato, per alcuni non sono più emergenza ma strategia. Il ragionamento scorre, ma temo contro una parete. Dice più o meno che se a destra prevale la rissosità della Lega e a sinistra una forza radicale, cosa meglio di un Partito della Nazione, centrale e centrista, ha diritto a guidare l’Italia senza precipitarla nel caos? Non per polemica, ma se direzione e carovana fossero queste parecchi non sceglierebbero di partire e se ne sentirebbe la mancanza.
L’alternativa? C’è. È ricostruire il campo largo di un centrosinistra civico, dove il Pd non basta a se stesso e che per questo diventa perno di una coalizione con altri. Come per una fase fece l’Ulivo. Come dovremmo fare per indicare una nuova alleanza ideale, sociale, culturale. Dovremmo anche aggiungere che non siamo perfetti. Che questo partito ha bisogno di una vera e propria rigenerazione. Anche qui nessun rimpianto, ma io non mi rassegno a una forza fondata sulla somma di mille comitati elettorali, a potentati che sviliscono la passione, a una selezione di classi dirigenti agganciata alla vogue. Temi non risolti da anni, lo so. Ma non per questo da subire. Allora si dovrebbe lavorare assieme. Costruire quel centrosinistra unitario che vince a partire dalle prossime amministrative. Ecco, un discorso così è premessa per recuperare la fiducia di tanti. Per dire al tempo giusto ciò che siamo, ciò che vogliamo.
Infine su questo giornale. Quando mi è stato fatto cenno all’ipotesi di dirigerlo per prima cosa ho ringraziato. Non solo perché ritengo giusto farlo ogni volta che ti viene offerta una chance. Ma per una ragione diversa. Perché se un sogno ho coltivato nella mia esperienza di uomo di partito era, un giorno, di poter dirigere un giornale. Oddio, non un giornale. Questo giornale. E allora se con discrezione e senza polemica ho declinato l’invito è stato anche per non spezzare il filo.
In Parlamento stavo esprimendo il mio dissenso su temi che il giornale e il premier hanno messo al centro della loro campagna. Accettando avrei aggiunto benzina all’incendio, anche perché non avrei rinunciato, come chiunque altro, a una mia idea del giornale e della sua autonomia. Che mi si creda o no rinunciare mi è costato. Poi quando ho letto su queste colonne la candidatura di Ferruccio De Bortoli alla Rai descritta come una provocazione, mi sono convinto che non avendo accettato il mio contributo a non spezzare quel filo lo avevo dato perché mai avrei potuto sottoscrivere quelle parole.
Mi fermo qui. Certo, se a tutto questo tu rispondi che distruggo la sinistra, che sto sulle palle al mondo e sono un parassita narciso e presuntuoso io non credo di avere le parole per replicare. Spero solo tu non sia proprio nel giusto. Comunque ho fatto come mi hai detto di fare e ieri sono salito su un autobus a Trieste, mi sono piazzato al centro e ho testato l’umore urlando “questa Sinistra Dem ci sta veramente scassando….”. Sarà la tradizione della Mitteleuropa ma la sola reazione è stata di una signora anziana che mi ha detto “giovinoto, fa sai caldo, no la xe senti ben?”. Allora ho cambiato test e sulla linea di ritorno, sempre piazzato al centro, ho urlato “Il Pd sta cambiando l’Italia come nessuno mai. Morte ai gufi”. Tu non ci crederai ma si è girato l’autista e mi ha detto, “Staino, ma va in mona”. Però ti voglio bene lo stesso.
Gianni Cuperlo
0205-0715-1245
Scritto il 11 agosto 2015 alle 12:34 | Permalink | Commenti (9)
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Scritto il 11 agosto 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Della vecchia compagine di giornalisti dell'Unità (quando non era ancora diventato il tazebao di Renzi), solo Sergio Staino è "rientrato", ma è rientrato con delle vignette che da quando è tornata in edicola quella "cosa" abusivamente chiamata l'Unità, hanno bisogno del foglietto illustrativo che ne spieghi il significato.
Capita a quasi tutti gli ex-migliori. Prima di Staino, era successo a Vincino, Una volta era "Cuore" e le sue vignette si capivano senza leggere il manuale d'istruzioni. Poi, da quando è passato al berlusconiano "Il Foglietto", la complessità della convivenza fra la sua vecchia storia di sinistra e le esigenze dei nuovi padroni, ha reso le vignette di Vincino stantie, come certe barzellette che te le devono spiegare, e ti devono fare un segno per farti capire dove si ride.
Ieri, prima che Staino aprisse una sterile ed incomprensibile polemica nei confronti di Cuperlo, avevo preparato questa "composizione", destinata agli "off-topics" di domani. Le circostanze mi spingono ad utilizzarla "hic et nunc":
"Mi consenta", Staino... come direbbe uno dei suoi nuovi "referenti"... Prendersela coi dissidenti di sinistra (e cioè con ciò che resta della sinistra) dalle pagine del giornaletto di Renzi, è già una cosa squallida. Prendersela con Cuperlo, che fra i "vietcong" che osteggiano il Senato dei Nominati, è una delle persone più civili, educate, moderate, e farlo con un livore degno di miglior causa, mi dice che la sua "vincinizzazione" è un processo ormai compiuto.
Dall'attuale "Unirenzità" è sparita la sinistra, anche in tracce. Via Maria Novella Oppo e il suo "Fronte del Video", via vignettisti seri e coerenti come Maramotti, via editorialisti colti come Furio Colombo, ormai dovremmo accontentarci di Sergio Staino 2.0, e del Direttore D'Angelis (quello che ha dedicato una marchetta di oltre 5 pagine word a Maria Elena Tacco12 Boschi, ed alla sua trionfale giornata ad una c.d. "Festa dell'Unità": l'unità del renzismo.
Si rilassi, Staino. Noi che siamo rimasti di sinistra (e senza per questo essere definibili vietcong, palude, gufi ed altre carinerie del genere) se proprio saremo costretti a scegliere fra lei, Renzi, Verdini, Berlusconi, Alfano, e i "vecchi" d'Alema, Bersani, e i giovani servi come Fassina e Cuperlo, non avremo la minima esitazione. Non saliremo MAI su quel "treno per lecco", con terza fermata ad Arcore. Noi prenderemo il treno che viaggia in direzione opposta, in allontanamento da Arcore, chiunque sia a condurlo.
Questo resoconto della sua polemichetta unilaterale contro Cuperlo mette i brividi, perchè fa capire, meglio di un trattato di psichiatria, come il mammifero Homo Sapiens (?) possa essere pronto a tutte le nefandezze pur di difendere il suo territorio. Vecchio o nuovo che sia.
Mi stia bene. Tafanus
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Il vignettista: "La minoranza rischia di fare la fine di Ingroia. Non si rendono conto che Matteo è il frutto dei loro errori" (di Giuseppe Alberto Falci - Repubblica)
Sergio Staino, a destra: "Non mi sono venduto a Renzi e non sono un renziano".
Sergio Staino, perché questa lettera al suo "ex" amico Gianni?
"Nasce da una delusione profonda che ho avuto da lui e dalla sinistra dem. Io sono sempre amico di Gianni. Mi sono speso per lui in occasione dell'ultimo congresso del Pd. Ho sperato che attorno a lui si coagulasse un partito nuovo e di sinistra. Era la nostra unica speranza".
E adesso?
"Da come si comporta tutto lascia presagire che sia sempre al guinzaglio di Massimo D'Alema".
Ancora D'Alema?
"D'Alema e Bersani si sentono spodestati ingiustamente. Continuano a sentirsi due persone estromesse non dal gruppo dirigente ma da un marziano che si chiama Matteo Renzi".
Lo stesso premier che aveva proposto Gianni Cuperlo direttore de L'Unità.
"Ecco, Renzi mi mandò un sms che recitava così: "Voglio un direttore che non si schiacci sul governo". E Gianni cosa fa? Si consulta con D'Alema e Bersani, i quali gli sconsigliano di accettare. Un gesto di apertura quello di Renzi".
Staino, allora è vero: è diventato renziano?
"Renzi è il risultato della loro politica. Insomma, se il segretario è un danno, è stato provocato da questo gruppo dirigente".
A questo punto come dovrebbe comportarsi la minoranza del Pd?
"Sono due le strade: o diventano compagni del partito a tutti gli effetti, come fanno Matteo Orfini, Maurizio Martina e Andrea Orlando. O faranno la fine di Pippo Civati. Si pesino, però. Perché non contano nulla in Italia. Così otterranno percentuali pari a quelle di Antonio Ingroia e di Paolo Ferrero".
SIAMO TUTTI CUPERLO - Caro Staino, se è ridotto ormai a misurare il valore delle idee dal "peso" elettorale, fra un po' sarà costretto a traslocare nel M5S o nella Lega... Nella seconda metà del secolo scorso avrebbe dovuto ritagliarsi un posticino nella Balena Bianca anzichè fra gli Azionisti, e nel "ventennio" avrebbe fatto #lasceltagiusta a schierarsi con eia eia alalà anzichè con Matteotti. I numeri sono numeri, si sa. Misurano il valore delle idee. Vuole mettere quei quattro gatti di dissidenti PD col glamour dell'appartenenza alla parrocchia delle Boschi, delle Paita, delle Madia, delle LadyLike e delle Alessie Rotte?
0105-0715-1730
Scritto il 10 agosto 2015 alle 21:19 | Permalink | Commenti (1)
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Scritto il 10 agosto 2015 alle 00:40 | Permalink | Commenti (0)
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Quei birilli in movimento sul tavolo della nostra democrazia - Al centro del biliardo c'è Matteo Renzi, il castello dei birilli bianchi che lo attorniano, cioè i co-protagonisti del gioco, sono Berlusconi, Salvini, Grillo, Bersani. Ai bordi, alcuni personaggi che suggeriscono le mosse della partita. Il più autorevole di tutti è Giorgio Napolitano (di Eugenio Scalfari - Repubblica)
La lettura dei giornali in questo inizio d'agosto è piena di fatti drammatici o comici, talvolta comici per la loro drammaticità, soprattutto quando toccano non più la cronaca ma la politica. "Hanno distrutto la Rai", ha detto Walter Veltroni dopo le nomine fatte dal governo e dai partiti. "Mi viene da ridere pensando alla Rai", ha detto Renzo Arbore che cinquant'anni fa la rinnovò da capo a fondo. A leggere queste cose ti viene da pensare.
Ma ancora di più il turbamento aumenta su temi che riguardano la struttura di fondo del paese: il Mezzogiorno, l'occupazione, le tasse. Tre ferite aperte e purulente che concorrono alla mancata crescita del paese, antiche quasi come l'unità d'Italia. La nostra storia nazionale ha avuto anche aspetti positivi, altri pessimi, ma Mezzogiorno, occupazione e fisco sono state tre zavorre permanenti che hanno ostacolato il nostro cammino verso la modernità facendo aumentare la corruzione, le mafie, la tendenza verso regimi autocratici e addirittura dittatoriali.
Cristo si è fermato ad Eboli? Purtroppo no, se con la parola Cristo intendiamo il bene pubblico; si è fermato molto prima, a Cuneo, come disse alcuni anni fa il sindaco di quella città, oppure a Verona, a Bergamo, a Bologna, ma non più oltre. E adesso stiamo attraversando un guado assai rischioso. L'ha scritto Roberto Saviano su questo giornale a proposito di mafie e di corruzione, l'ha detto Ezio Mauro valutando la fragilità della nostra democrazia, l'hanno raccontato Michele Ainis e Angelo Panebianco sul "Corriere della Sera": siamo ad una svolta, ad un passaggio cruciale.
Ed è forse una delle rare occasioni che la maggioranza dei cittadini ne è consapevole, sia pure da posizioni diverse ed anche opposte.
Il birillo rosso al centro del biliardo è Matteo Renzi, il castello dei birilli bianchi che lo attorniano, cioè i co-protagonisti del gioco, sono Berlusconi, Salvini, Grillo, Bersani. Ai bordi del biliardo ci sino alcuni personaggi che suggeriscono le mosse della partita. Il più autorevole di tutti è Giorgio Napolitano. Mi sono spesso domandato - fuor di metafora - perché lo fa e me lo chiedo ancora una volta dopo aver letto la lettera da lui inviata qualche giorno fa al "Corriere della sera". Il tema - di capitale importanza - è la legge costituzionale di riforma del Senato che arriverà in terza lettura ai primi di settembre a palazzo Madama. Sarà, così sembra, la battaglia decisiva che vede quasi tutte le opposizioni ed anche i dissidenti del partito democratico contrari, con un Berlusconi in posizione di attesa, decisiva ai fini del risultato.
La tesi di Napolitano è radicale: la legge deve essere approvata così com'è, nel testo già approvato da Camera e Senato nelle prime due letture: il Senato trasformato in una Autorità di controllo e di rappresentanza territoriale senza più alcun potere legislativo nazionale, ridotto a cento componenti. Questo suggerisce il Presidente emerito e per lui non è certo un'improvvisazione: è su questa posizione da molti anni ed ora gli preme più che mai vederla portata a buon fine da Renzi che di un appoggio così autorevole ha certo molto bisogno.
Personalmente ho grande stima e amicizia per Napolitano. Ma su questo tema sono in totale disaccordo. L'ho già scritto in numerose occasioni perché si tratta di un tema che domina da mesi la politica italiana insieme alla riforma elettorale che vi è strettamente connessa. Purtroppo debbo ripetermi perché la lettera di Napolitano ripropone l'argomento e riapre il dibattito.
È senz'altro opportuno che il Senato sia privato del potere di votare la fiducia al governo, ma tutti gli altri poteri legislativi debbono restare integri. La nostra è una Repubblica parlamentare e la linea politica è indicata dal Parlamento mentre al potere esecutivo spetta - come dice il nome - il mandato di tradurre in atti esecutivi coerenti con la linea indicata dal Parlamento, che rappresenta il popolo sovrano. In Parlamento si approvano le leggi che attuano la linea indicata dalla maggioranza che il Parlamento esprime; sicché il sistema elettorale deve essere analogo in entrambe le Camere. Analogo ma non identico, a cominciare dall'età dei componenti e da altre accettabili difformità.
Naturalmente è anche possibile che il Senato scompaia e si attui un sistema monocamerale; in gran parte d'Europa è così. In tal caso però le elezioni alla Camera debbono essere totalmente libere e rappresentare fedelmente il popolo sovrano.
Il sistema monocamerale previsto dall'"Italicum" di Renzi è in larga misura un monocamerale di "nominati" dal governo in carica; la conseguenza è evidente: il potere legislativo è declassato e subordinato all'esecutivo, il presidente del Consiglio diventa così il personaggio che "comanda da solo" esattamente il contrario della democrazia parlamentare.
Mi pare molto singolare che Napolitano non veda questo risvolto della abolizione di fatto del Senato. Un monocamerale in gran parte "nominato" dall'esecutivo ci avvia inevitabilmente all'autocrazia. E questo che si vuole? Non sono in grado ovviamente di conoscere in proposito il parere del presidente Mattarella, ma supponiamo per pura ipotesi che egli ravvisi un'illegalità in questa soluzione e rinvii la legge costituzionale alle Camere. La posizione di Napolitano sarebbe in quel caso estremamente imbarazzante e sarebbe come se il papa emerito Benedetto XVI facesse pubblicamente affermazioni teologiche diverse da quelle di papa Francesco. Vi sembra possibile una situazione simile?
Naturalmente la dissidenza del Pd si rende ben conto che la posizione critica che ha deciso di assumere di fronte alla legge del governo può portare ad uno strappo e addirittura ad una scissione del partito. Perché lo fa? Perché non si limita ad astenersi dal voto o a non presentare emendamenti profondamente diversi dal testo della legge in discussione?
Se il motivo fosse soltanto quello connesso alla legge sul Senato, la dissidenza del Pd potrebbe ancora una volta chiuder gli occhi ed accettare l'amaro boccone che Renzi ha deciso di farle trangugiare.
Ma in realtà ci sono due altri motivi: la vocazione autocratica che si esprime attraverso le due leggi elettorale e costituzionale e lo spostamento in corso del Pd da partito di centrosinistra a partito di centro. Non a caso Renzi ha come punto di riferimento storico Tony Blair, che trasformò il partito laburista inglese e proseguì portandola a compimento la politica di Margaret Thatcher.
Quello spostamento consentì a Blair di governare per due legislature di seguito e ancora ne mena vanto sostenendo che i voti in una società moderna si prendono al centro e non a sinistra. Sarà pur vero, ma quella che allora si chiamava Inghilterra non sembra abbia fatto passi da gigante dopo i lunghi anni di governo di Tony Blair; è rimasta un ex impero coloniale senza più colonie, ai margini dell'Europa e ormai diviso in una federazione dove l'Inghilterra convive con le sovranità della Scozia, del Galles e dell'Irlanda. Tony Blair ha un bel passato personale ma storicamente è stato una foglia al vento e il suo Paese conta ben poco nell'Europa di oggi; nella società globale, conta niente del tutto. Ha scritto a questo proposito Angelo Panebianco: "Il partito della Nazione ha bisogno di sostituire il mancato radicamento sociale con la crescita di potere dell'esecutivo. Per questo la riforma del Senato è oggi così importante e per questo la minoranza intende fare di tutto per batterlo e garantire la propria sopravvivenza. Sa che Renzi è uno che non fa prigionieri".
Tutto comprensibile. Ma che fine farà la democrazia parlamentare? Che fine farà la sinistra? E soprattutto che fine farà un Paese che sembra ricordarsi dell'Europa solo per ottenere libertà di "deficit spending"? Il "deficit spending" è importante, ma gli Stati Uniti d'Europa lo sono ancora di più. Quel tema però interessa assai poco. Gli immigrati interessano molto di più, ma sul quel tema non è stato compiuto nessun passo avanti e l'altro ieri sono morte in mare altre centinaia di persone. Sono questi i risultati?
Eugenio Scalfari
Non posso non condividere questo articolo di Eugenio Scalfari, ma non posso non fargli alcune domande...
Caro Scalfari, lei è sulla buona strada, ma purtroppo ancora non è riuscito a compiere un "percorso netto". Ci provi. Un uomo della sua esperienza e della sua cultura politica può farcela.
Tafanus
0105-0715-1015
Scritto il 09 agosto 2015 alle 18:25 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 09 agosto 2015 alle 08:01 | Permalink | Commenti (0)
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Recensione del film "FUOCHI D’ARTIFICIO IN PIENO GIORNO" (di Angela Laugier)
Titolo originale: Bai Ri Yan Huo
regia: Yinan Diao
Principali interpreti: Liao Fan, Lun Mei Gwei, Xuebing Wang, Jingchun Wang, Yu Ai Lei, Ni Jingyang – 106 min. – Cina 2014.
L’Orso d’oro al film e l’Orso d’argento al suo protagonista Liao Fan suggellavano, alla Berlinale del 2014, la qualità di questo lavoro del regista cinese Yinan Diao, quarantenne al suo terzo lungometraggio, mentre l’Asian Film Awards del 2015 ha aggiunto anche i propri riconoscimenti all’attore Liao Fan e alla sceneggiatura del film, scritta dallo stesso regista. In Italia, però, un consistente numero di amanti del cinema rischia di non vederlo affatto, dato che è proiettato in poche sale semi-deserte del Centro-Nord durante questa infuocata estate. No comment!
Il giovane regista che, senza ignorare l’ironia di Hitchcock e dei fratelli Coen, mostra di aver appieno assimilato la tecnica narrativa dei più famosi noir americani degli anni ’40, quali Il mistero del falco o Il terzo uomo, talvolta anche apertamente citati, racconta una vicenda che si svolge in due momenti distinti ma collegati fra loro, rispettivamente nel 1999 e nel 2004.
Nell’estremo nord-est della Cina, in una cava carbonifera della Manciuria, ha inizio nel 1999, infatti, la storia da cui il film prende le mosse: allora erano stati trovati, forse per caso, alcuni resti umani insanguinati, frammisti al carbone appena scaricato dal vagone di un treno. Una rapida indagine aveva permesso di accertare che altri brandelli erano stati disseminati lungo un percorso molto ampio e irregolare, con l’evidente intento di far perdere le tracce di un delitto efferato e di difficile ricostruzione. Un intelligente poliziotto, l’ispettore Zhang Zili, tuttavia, aveva messo le mani su una coppia di giovanotti sospetti e, probabilmente, in qualche modo implicati nell’oscura vicenda. Ne era uscito, però, con le ossa rotte: in un imprevedibile scontro a fuoco era stato gravemente ferito, mentre i due colleghi che lo avevano affiancato nell’operazione di arresto degli indiziati erano stati uccisi.
Nel 2004, quando Zhang era ormai tornato alla vita dopo la lunghissima convalescenza, tutto in Cina era profondamente cambiato, a cominciare da lui, che aveva dovuto licenziarsi dalla polizia ed era diventato un detective privato, ora dedito smodatamente al bere, cosicché era accaduto che, nella sua nevosa Manciuria, un uomo lo avesse scorto mentre, ubriaco, dormiva sul bordo di una strada ghiacciata e lo avesse “soccorso”, derubandolo poi della bella moto parcheggiata accanto a lui: un episodio quasi emblematico della deriva che l’intera Cina si accingeva a percorrere, nella corsa sfrenata all’arricchimento individuale, e nell’oblio di ogni forma di solidarietà sociale.
L’incontro con alcuni vecchi colleghi della polizia di stato aveva indotto Zhang, però, a occuparsi ancora di quell’antico e mai risolto omicidio, che era diventato, almeno all’apparenza, il primo di una lunga serie di delitti simili, tutti misteriosamente legati a una donna graziosa, la vedova dell’assassinato del treno: Wu Zhizhen (Lun Mei Gwei). Wu è timida, malinconica, dai modi gentili e riservati; conduce un negozio di lavanderia in una cittadina non lontana dal percorso dei treni che trasportano il carbone.
Non rivelerò altro del film: è un noir, piuttosto ben congegnato ed è giusto che rimanga avvolto nel mistero, proprio come Wu, la bella e ambigua protagonista che, com’è ovvio, farà perdere la testa a Zhang. D’altra parte il film, pur con tutti i richiami e le citazioni di cui ho parlato, a cui potrei aggiungere anche quelli della letteratura gialla, da Chandler a Simenon, è di sorprendente e insolita bellezza, non tanto per l’originalità del racconto, che rimane un racconto di genere, sia pure Made in China, quanto per la straordinaria cura della sua realizzazione. Ciò che maggiormente colpisce, infatti, è l’eleganza delle sue immagini: quelle degli interni, dai colori laccati e sfavillanti, che appartengono davvero alla sensualità di certo cinema cinese tradizionale, ma anche quelle molto insolite e originali del gelido inverno locale in cui vengono meno i toni più accesi, e in cui i colori della tavolozza del regista sembrano ridursi a cogliere le infinite sfumature dei neri (il carbone) e dei bianchi diafani del ghiaccio sottile, che imprimono al film la loro nota dominante, metafora del progressivo raggelarsi dei rapporti sociali all’interno di un paese che sta perdendo le sue peculiarità e che diventa sempre più simile al mondo occidentale, difetti compresi (come ci racconta anche un ‘altra coeva pellicola cinese bellissima: Il tocco del peccato). Nessuna meraviglia, perciò, se la provincia cinese narrata da Yinan Diao è solo apparentemente sonnolenta, percorsa com’è da tensioni e inquietudini che ci sembrano familiari: nel mondo globalizzato il processo di omologazione sta investendo ogni angolo del pianeta, cosicché la Cina, nel bene e nel male, è vicina davvero. Da vedere, sempre che sia possibile!
Angela Laugier
3004-0700-1500
Scritto il 09 agosto 2015 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Tutto andò liscio fino a quando la presenza di una mucca con le corna storte insospettì il senatore Fanfani, facendogli scoprire l’imbroglio. Analoga cosa aveva fatto, in epoca antecedente, Mussolini con gli aerei... (Fonte: Mario Oliverio)
A 24 ore dalla frana che ha ucciso tre persone a San Vito di Cadore, il governo ritira fuori il piano che aveva già presentato il 20 novembre 2014, 5 giorni dopo l'alluvione che mise in ginocchio il capoluogo ligure. 654 milioni sono stati finanziati dal Cipe il 20 febbraio. E gli altri 650? "Ancora non ci sono - spiega Mauro Grassi, direttore della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico di Palazzo Chigi - cercheremo di farli stanziare con la legge di Stabilità". Intanto però da mesi il ministro dell'Ambiente Galletti annuncia lo stesso piano in ogni occasione pubblica.
Questa volta l’annuncio è arrivato all’indomani della frana che il 5 agosto ha colpito la zona di San Vito di Cadore, in provincia di Belluno, causando tre morti, tra cui una ragazzina di 14 anni. "Risorse per 1.303 miliardi per avviare cantieri nelle principali città" – ha promesso il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti - come fosse una novità dirompente. "Un piano vero, con risorse spendibili da domani”. Obiettivo: combattere il dissesto idrogeologico. Ma il governo aveva già presentato un piano identico – stesse cifre e stessi destinatari – già il 20 novembre 2014. E la promessa di 1,3 miliardi è stata reiterata come cosa fatta negli ultimi 7 mesi almeno 10 volte in occasioni pubbliche, intervallate dal mantra secondo cui la lotta a smottamenti e alluvioni è una “priorità assoluta del governo”.
“Il piano nazionale 2015-2020” per la messa in sicurezza delle città metropolitane contro il dissesto idrogeologico “ammonta a 1,303 miliardi ” con “654,3 milioni già deliberati dal Cipe per i lavori nelle principali città”, ha spiegato giovedì il ministro Galletti in conferenza stampa a Palazzo Chigi. Il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica aveva stanziato la cifra il 20 febbraio con la delibera 32/2015, tanto che il giorno seguente il ministro annunciò per la prima volta al Sestriere che erano stati “stanziati dal Cipe 600 milioni per il dissesto idrogeologico. Queste risorse andranno per le grandi opere nelle aree metropolitane, come per esempio Genova” (Ansa, 21 febbraio). Tempi tecnici, si dirà: la delibera è passata al vaglio di Corte dei Conti e Ragioneria dello Stato e ora possono partire le gare. Vero, ma giovedì, a 24 ore dalla tragedia del Cadore, il governo ha ripresentato per nuovi fondi di cui parla ormai da mesi.
Il miliardo e 300 milioni di cui parla Galletti, infatti, era già stato annunciato dal governo a novembre: "E’ stato presentato questa mattina a Palazzo Chigi il primo stralcio del piano nazionale 2014-20: oltre un miliardo di euro per 69 interventi già cantierabili per la sicurezza nelle dieci città metropolitane e in altre città delle regioni a statuto speciale", si legge in un comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri datato 20 novembre 2014, giusto 5 giorni dopo l’alluvione che mise in ginocchio Genova il 15 novembre. Soldi a disposizione dei cantieri, che sono "già pronti a partire" – spiegava Erasmo D’Angelis, allora capo della task force di Palazzo Chigi ‘Italia Sicura‘ e oggi direttore de L’Unità – entro il 4 dicembre, quando i presidenti delle Regioni consegneranno al governo l’elenco delle opere, indicando le priorità faremo partire il piano”.
Sono gli stessi fondi annunciati da Galletti giovedì: “Sì, perfetto, sono quelli. Ma questa volta ci sono i 654 milioni finanziati dal Cipe – spiega Mauro Grassi, direttore della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico della Presidenza del Consiglio dei Ministri – a ottobre i soldi arriveranno alle Regioni, a inizio 2016 partiranno le prime gare”. Gli stessi 650 milioni di cui Galletti parla da febbraio.
E gli altri 650? “Quelli ancora non ci sono, dobbiamo trovare i finanziamenti – continua Grassi – cercheremo di farli stanziare con la legge di Stabilità”. Poi dice che il governo Renzi viene accusato di "annuncite": "Noi vogliamo lavorare su piani di lungo periodo, creare un contenitore in cui vengano dirottate le risorse non appena vengono trovate, indipendentemente dal collegio elettorale del parlamentare che le trova. Gli annunci servono a questo: è stato questo battage continuo che costringe noi, il governo, il Mef a far sì che i soldi vengano trovati e i progetti realizzati" (Fantastico! è l'annuncio che crea la necessità di reperire i fondi, e non il reperimento dei fondi che genera l'annuncio! Non è meraviglioso, io Governo Renzite dell'Annuncite? Ma allora perchè non annunciare che abbiamo debellato il cancro, o la povertà, o il ginocchio della lavandaia, così poi siamo costretti a debbellare questi mali sul serio? NdR)
Così di questo miliardo l’esecutivo parla da inizio anno. Già il 5 febbraio, infatti, il governo annunciava come fosse una novità assoluta di aver trovato “1-1,2 miliardi che serviranno per gli interventi più urgenti tra cui Genova, l’Arno, il Seveso e il Sarno”, scandiva ancora Erasmo D’Angelis in occasione di un convegno dell’Anbi, Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni (Ansa, 5 febbraio). A seguire l’annuncio di Galletti al Sestriere il 21 febbraio e il 6 marzo a margine della riunione del Consiglio Ue a Bruxelles, il ministro ripeteva: “Abbiamo stanziato i primi 600 milioni” (Ansa, 6 marzo).
Il 24 aprile a Rimini Galletti tirava fuori dalla borsa lo stesso discorso dei 600 milioni perché “il contrasto al dissesto idrogeologico è una priorità per questo Governo”. (Ansa, 24 aprile). Il copione rimane lo stesso anche l’11 maggio, quando a Cuneo il ministro alzava il tiro: “Il governo è pronto a stanziare 7 miliardi in 7 anni. I primi 600 milioni, già finanziati, sono destinati alle grandi aree metropolitane del centro nord (...perchè... i disastri idrogeologici del sud sono di serie B? O sono di serie B solo i meridionali? Solo per sapere. NdR)
Altri 600 milioni saranno disponibili per fine anno” (Ansa, 11 maggio). Concetto ribadito il 9 maggio a Monghidoro, sulla montagna bolognese: “Il primo miliardo e 200 milioni è già stato messo a disposizione per l’anno 2015. Seicento milioni ci sono già, mentre altri 600 verranno stanziati entro fine anno”. (Ansa, 9 maggio).
Due settimane dopo, il 25 maggio, durante un incontro elettorale a Monselice (Padova), Galletti fissava addirittura una scadenza: “Il problema del dissesto idrogeologico è prioritario. Entro giugno firmerò con tutte le Regioni del centro nord un accordo di programma molto importante che prevede 600 milioni di euro già disponibili per le grandi aree metropolitane e altri 600 milioni che verranno dati entro fine anno” (Ansa, 25 maggio). Neanche un mese più tardi, il 22 giugno, D’Angelis tornava a promettere: ”Nei prossimi giorni”, il premier Matteo Renzi, il ministro dell’Ambiente Galletti e il ministro delle Infrastrutture Delrio firmeranno ”la prima spesa stralcio per 1,2 miliardi per le città metropolitane per interventi anti-dissesto suolo” (Ansa, 22 giugno).
Ma anche il 23 luglio a Milano, durante una visita a Expo, il ministro annunciava che il governo stanzierà “nelle prossime settimane 1,2 miliardi per il dissesto idrogeologico”. Ovviamente “di questa somma, 600 milioni sono già disponibili. Gli altri 600 milioni saranno utilizzabili da fine anno” (Ansa, 23 luglio). E poi il 3 agosto, giusto 48 ore prima che una bomba d’acqua causasse la frana nel bellunese, Galletti annunciava a Roncade, nel trevigiano: “Nelle prossime settimane firmerò degli accordi di programma con tutte le Regioni d’Italia, compreso il Veneto, per l’erogazione di finanziamenti ingenti, si parla di 1,2 miliardi, di cui 600 milioni già disponibili per intervenire contro il dissesto idrogeologico” (Ansa, 3 agosto 2015). Gli accordi di programma ancora non ci sono però, vista la nuova frana, il ministro ha preferito annunciare di nuovo il miliardo e due.
“Nell’ultimo anno abbiamo messo in cantiere 870 lavori per un miliardo e 90 milioni di euro – continua Grassi – e restano a disposizione un miliardo e 600 milioni del piano 2000-2014″. “E’ stato fatto un passo in avanti – spiega Massimo Gargano, direttore generale dell’Anbi – il governo ha avuto il merito di semplificare le procedure affidando ai governatori il ruolo di commissari e gestori delle risorse: ora le Regioni hanno i soldi e possono gestirli, senza chiedere al governo gli stati di emergenza o di calamità naturale. Quello che però deve cambiare è l’approccio alla questione, che da emergenziale deve diventare di tipo preventivo. Per questo occorre che veda la luce la legge sul consumo del suolo“. Che giace in Parlamento dal 2013 nonostante il mantra ripetuto dopo ogni tragedia: “Il dissesto idrogeologico è una priorità assoluta di questo governo”.
(di Mario Pasciutti - Il Fatto)
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Scritto il 08 agosto 2015 alle 16:07 | Permalink | Commenti (1)
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