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Scritto il 31 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (2)
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Scritto il 30 dicembre 2015 alle 15:54 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 30 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 29 dicembre 2015 alle 14:06 | Permalink | Commenti (0)
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Se si volesse davvero valutare un amministratore, per esempio un politico, si dovrebbe osservare come affronta i problemi della città da lui amministrata: è per questo che quando leggo dello "sdegno di Pisapia sinceramente mi faccio delle domande sulla competenza del sindaco e dei suoi consiglieri.
In effetti, dopo il servizio di “Striscia la notizia” che evidenziava che gli uffici pubblici del comune di Milano sforino abbondantemente i 19 °C imposti come limite termico negli appartamenti e negli uffici, e la disarmante (o forse meglio ignorante) risposta di Pisapia che dopo la misura di 22,3 gradi nel suo ufficio dichiarava: “vero, ma io apro la finestra” (è vero, ha risposto proprio così…) personalmente mi sono fatto un’idea abbastanza precisa delle competenze del sindaco di Milano e della sua ciurma.
Il Comune di Milano, infatti, a seguito di un livello di polveri sottili oltre la norma per più di due mesi ha deciso di bloccare il traffico: una decisione davvero geniale che infatti non ha portato a nessun risultato, come facilmente intuibile da chi dispone di un minimo di competenza tecnica sulla dispersione di inquinanti.
Mi spiego meglio: Pm 10 e Pm 2,5, come abbiamo imparato a chiamarli, sono la definizione di quelle che chiamiamo “polveri sottili, cioè polveri composte di particelle solide e liquide rispettivamente con un diametro inferiore a 10 e a 2,5 micron. Queste polveri sono per circa il 30% rappresentate dal residuo diretto dei processi di combustione e per il 70% circa causate dall’ossidazione di pulviscolo atmosferico: a causa dell’alta pressione presente sulla pianura padana da ottobre ed alla mancanza di flussi ventosi (che disperdono le PM, non le fanno sparire come per incanto) le poveri rimangono intrappolate e si accumulano nei primi 3-400 metri di atmosfera.
Secondo i dati di Rse (Ricerca sul Sistema Energetico) Il traffico di autoveicoli, il riscaldamento domestico, l’agricoltura e l’allevamento intensivo sono i principali responsabili: a Milano, in particolare, le caldaie di casa produrrebbero il 35-40% delle polveri sottili presenti in città, mentre il restante 60% sarebbe causato dalle autovetture e da fattori terzi (emissioni di aree produttive, combustioni non autorizzate, camini a legna).
Va sottolineato che le caldaie a gasolio, pur diminuite rispetto a qualche anno fa, rappresentano ancora un terzo del totale dei sistemi di riscaldamento nel milanese: sui circa 30mila impianti centralizzati, per lo più in abitazioni, il catasto del Pirellone stima che a Milano siano ancora 10mila quelli alimentati a gasolio e che vi siano ancora (incredibile !) circa 45 impianti a carbone.
Per abbattere il Pm10 si è ha puntato, negli anni scorsi, sulla trasformazione degli impianti di riscaldamento dal gasolio al metano, ma oggi si sta concentrando con più energie sull’altro fronte, quello dello smog da traffico, con il nuovo blocco dei diesel e gli incentivi dai 600 fino ai 3mila euro, per cambiare l’auto, e dai 200 ai 2mila euro per le moto ecologiche.
Se consideriamo che fino ad aprile i caloriferi resteranno accesi, il riscaldamento sarà responsabile di oltre il 40 per cento del Pm10 emesso in città, che arriva al 50 per quanto riguarda le emissioni invece di ossidi di azoto (Nox).
Angelo Giudici, direttore settore Aria e agenti fisici di Arpa Lombardia, afferma: «Se distribuita durante l’anno la percentuale scende intorno al 16 per cento — spiega— ma durante la stagione invernale l’incidenza si può dire che raddoppi».
La stima di Giudici in realtà appare ottimistica, in quanto l’incidenza relativa alla presenza di PM10 e PM2,5 a Milano durante l’inverno quadruplica: poiché il traffico estivo ed invernale non è particolarmente differente appare interessante notare che i problemi di inquinamento si verificano in inverno ed in particolare gli andamenti di concentrazioni variano in maniera sostanziale solo all’accensione delle caldaie, all’inizio di novembre. Su tutti i combustibili, tolta la combustione a legna che è la più tossica ma che a Milano è stata sostanzialmente annullata, sono i bruciatori a gasolio che hanne le peggiori prestazioni in termini di inquinamento da riscaldamento domestico, come evidenziato nelle immagini che seguono:
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Come si vede dai dati ISPRA, se il PM10 causato dalle autovetture è sostanzialmente sceso dal 1990 ad oggi (identicamente alle emissioni necessarie alla produzione di energia, anche grazie alle migliorie tecnologiche imposte ai produttori) in termini assoluti le emissioni delle autovetture causano a Milano circa il 25% del particolato presente in aria, l’agricoltura il 12% circa, le industrie il 7% mentre il riscaldamento domestico (che in termini assoluti è aumentato a dismisura dal 1990 ad oggi) contribuisce per oltre il 52%.
In altri termini, considerati i numeri assurdi di impianti a gasolio presenti sul territorio del comune di Milano (oltre 10.000…), ipotizzando di passare a sistemi di riscaldamento a pompa di calore in luogo del carbone e del gasolio da valori di PM10 pari a 200 (nel 2010) si passerebbe a valori inferiori a 120 nel caso peggiore a valori inferiori a 90 nel caso migliore.
Analizziamo con un po’ di attenzione i dati disaggregati ARPA sulle concentrazioni: per esempio quelli della stazione Milano – Pascal Città studi, li potete trovare QUI
si evince che in media le concentrazioni di PM salgono dopo le 17 per poi scendere sostanzialmente durante la notte (mediamente di un 50%), risalire verso le 6,30 del mattino per scendere leggermente durante la giornata e risalire sempre verso le 17, andamento che si ripete in maniera sostanzialmente simile anche durante i Week end. Un caso? Se possiamo suggerire modestamente una possibile causa sottolineeremmo che questi sono gli orari in cui le caldaie dei condomini della zona si riaccendono… Pare evidente però che questa pensata non abbia mai sfiorato le argute menti comunali, per cui basta fermare le auto et voilà, tutto si risolve.
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Osservate bene gli andamenti relativi alle differenze dal 1990 al 2010 e vi renderete conto che se tutti i settori produttivi e del trasporto hanno evidenziato trend in decremento il riscaldamento domestico ha invece mostrato trend in incremento in termini di emissioni complessive.
L’ingegner Nerio Negrini, ex presidente dell'Associazione Italiana Tecnica del Gas (Atig) che riunisce tutte le organizzazioni del settore, commentava nel lontano 1992 i dati relativi alle polveri sottili:
''Il gasolio - sottolineava Negrini - è uno degli attori principali dell'inquinamento da riscaldamento in citta, data la sua notevole diffusione. A Milano, per esempio, il 65% degli impianti funziona con questo combustibile contro il 35% che va a metano, mentre a Roma, per esempio, sono ancora in funzione circa 400 impianti a carbone, che e il combustibile più inquinante in assoluto. Un'ordinanza dell'allora sindaco Rutelli aveva stabilito la loro graduale chiusura, ma e stata annullata dal Tar''.
Al Nord, poi, diversi ospedali e grandi condomini dell'Iacp sono tornati all'utilizzo dell'olio denso, che è un altro combustibile inquinante. ''Questo combustibile, impiegato soprattutto a livello industriale - diceva ancora il presidente dell'Atig - e tornato in voga a causa del forte incremento dei prezzi dei combustibili tradizionali''.
Una stima su quanto il riscaldamento influisce sull'inquinamento in citta, secondo Negrini, ''non si può fare, anche perché l'avvio della liberalizzazione del gas ha reso più difficile fare questo tipo di calcoli''.
Continuava Negrini “Quello che pero è certo è che le emissioni di riscaldamento, come pure quelle dei trasporti, sono intrappolate nelle citta che hanno particolari condizioni orografiche: a Milano, ad essendoci bassa ventilazione, gli inquinanti vengono intrappolati più facilmente, mentre il contrario avviene in centri come Roma e Genova''.
Va sottolineato che l’Italia insieme alla Polonia è il Paese europeo dove sono più alte le concentrazioni di polveri sottili, sia perché ad oggi non vi è una precisa normativa Italiana sulla qualità dell’aria, ma anche perché il tasso di motorizzazione in città, se pur in calo, rimane elevato con 613 veicoli ogni mille abitanti (erano 635 nel 2011).
Sentiamo Guido Visconti, professore di Fisica dell’Atmosfera all’Università dell’Aquila: «Il miglioramento della qualità dell’aria è stato comunque così marginale che bastano periodi di condizioni climatiche avverse perché venga del tutto cancellato. E questo perché le regole sono molto scadenti rispetto a quelle degli altri Paesi. Negli Stati Uniti l’Agenzia nazionale per l’ambiente ogni 5 anni si rivedono le regole sulle emissioni sulla base delle tecnologie disponibili. L’Italia non ha ancora una legge sull’inquinamento sull’aria».
Secondo il presidente dell'Atig Negrini: “Per quanto invece riguarda i combustibili più inquinanti come carbone e olio denso, la soluzione non e nella loro messa al bando, ma nell'attivare una carbon tax. 'Ci vorrebbe cioè un meccanismo fiscale che penalizzi questo tipo di combustibili e consenta quindi un minor danno ambientale in seguito al loro conseguente minor utilizzo: E' importante che i cittadini rispettino le normative, non tanto per le multe in cui potrebbero incorrere, ma per le esigenze della collettività di respirare un'aria più pulita''.
Il comune di Milano ha imposto che dal 2014 i nuovi edifici vengano costruiti seguendo il criterio della classe energetica di massima efficienza e dell' utilizzo di fonti energetiche alternative, nel rispetto delle norme europee, ma (guarda caso) nessuna accelerazione, invece, sull' adeguamento degli edifici più vecchi, per i quali viene chiesto da tempo anche dalle associazioni di categoria del settore edile un regolamento e degli incentivi fiscali. Di conseguenza anche l'abbattimento delle emissioni di C02 dovute agli impianti più inquinanti (quelli dei palazzi costruiti negli anni Sessanta e Settanta) non viene né incentivato né (e questa è la cosa ancora più misteriosa) reso obbligatorio: e identicamente non viene disincentivato l’utilizzo di sistemi ad alta emissione di polveri sottili.
Peraltro il Comune non ha stanziato risorse per convertire gli impianti delle proprie sedi, che continuano a mantenere gli attuali impianti vetusti e fortemente inquinanti, oltre che utilizzati a temperature troppo elevate con i facilmente comprensibili sprechi di energia, né prevede di provvedere attraverso l’ALER al riscaldamento degli appartamenti tramite impianti all’avanguardia: vero che ALER ha ben altri problemi di gestione, ed anche lì un paio di domandine sulla competenza dei personaggi messi a gestire il patrimonio immobiliare del comune se le dovrebbe fare, il signor sindaco.
Già nel 2011 il comune di Milano aveva realizzato una sorta di referendum cittadino che leggiamo sotto:
Referendum n. 4 (scheda di votazione di colore blu), richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per il risparmio energetico e la riduzione della emissione di gas serra:
“Volete voi che il Comune di Milano adotti il piano per l’energia sostenibile ed il clima che lo impegni negli obiettivi europei di riduzione di almeno il 20% delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra nel dimezzamento delle principali emissioni inquinanti connesse al riscaldamento degli edifici?
All’interno del piano devono essere previsti i seguenti interventi:
Giusto per la cronaca, sappiate che una ricerca approfondita sulla rete ha dato esito nullo: in altri termini non si è mai saputo quali fossero gli esiti di questo referendum propositivo. Chissà se in comune a Milano qualcuno vorrà gentilmente fornirci i risultati di questo referendum consultivo… Ad occhio i Milanesi hanno risposto picche, perché le indicazioni nel caso di vittoria dei “sì” non sono state assolutamente rispettate. Certo è che di obbligo di trasformazione dei vetusti impianti a gasolio in impianti a metano non si vede traccia finora, e quindi (come al solito) si provvede a realizzare blocchi sul traffico che, e qui ve lo certifico, non serviranno a nulla se non a buttare fumo negli occhi ai cittadini per dimostrare che la politica “vede e provvede”.
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In effetti basterebbe una semplice analisi delle concentrazioni al variare delle stagioni e delle emissioni relative alle differenti tipologie di utilizzo per rendersi conto che il riscaldamento domestico è il vero responsabile dei livelli di particolato elevatissimi che stanno respirando i cittadini milanesi: basterebbe ricordare al signor Pisapia che l’esposizione a PM10 ed a PM2,5 secondo svariati studi epidemiologici, mettono in evidenza una chiara relazioni tra il carico di Pm10 e l'insorgere di malattie cardio-vascolari o respiratorie.
Da una prima analisi statistica la frazione grossolana delle Pm10 è più strettamente correlata con fenomeni quali la tosse, le crisi d’asma e la mortalità respiratoria, mentre le frazioni fini hanno un’incidenza maggiore sulle disfunzioni del ritmo cardiaco o sull'aumento della mortalità cardiovascolare.
I dati disponibili indicano che l'esposizione al Pm10 è associata con l'aggravamento della patologia asmatica, inducendo una risposta infiammatoria nelle vie respiratorie ed una diminuzione della funzionalità polmonare.
I meccanismi alla base degli effetti respiratori del PM10 implicano il fatto che il particolato, entrato nelle vie respiratorie, innesca processi di infiammazione a carico dei tessuti con cui viene a contatto, con processi ossidativi, mediati da radicali liberi.
La correlazione tra smog e malattia respiratoria è stata dimostrata dal fatto che le impennate di Pm10 provocano un rialzo del 2% negli accessi ai pronto soccorso dovuti a malattie respiratorie.
Da studi effettuati in diverse località, comprendenti i dati provenienti da ospedali di 8 agglomerati urbani (Barcellona, Birmingham, Londra, Milano, Parigi, Roma, Stoccolma e i Paesi Bassi) si evince un aumento dei ricoveri per patologie cardio-vascolari quando il valore medio delle PM10 aumenta su un periodo breve.
Anche studi mostrano che il rischio d’infarto del miocardio aumenta con il carico delle polveri fini, mentre nei giorni seguenti a un’esposizione a concentrazioni elevate può insorgere un’aritmia cardiaca in pazienti sui quali sono impiantati defibrillatori automatici.
Gli effetti cardio-vascolari si manifestano con maggiore intensità all'incirca dopo 4 giorni mentre le persone sofferenti d’affezioni alle vie aeree inferiori, d’insufficienza cardiaca e le persone con più di 65 anni presentano un rischio maggiore.
L’esposizione a PM10 può portare altre alterazioni a carico dell'apparato circolatorio, quali l'aumento della concentrazione di fibrinogeno e piastrine nel sangue, il sequestro di globuli rossi nel polmone: i danni cardiovascolari da inquinanti dell’aria sarebbero dovuti all'attivazione delle cellule dell’infiammazione sia nei polmoni che nell'intero organismo, all’aumento della coagulazione del sangue, all'attivazione di riflessi del sistema nervoso simpatico e quindi la possibile insorgenza di aritmie.
Sono chiare le correlazioni fra presenza di PM10 ed insorgenze di patologie cancerogene il cui rischio di generazione cresce di 1,3 volte per un abitante d’una città fortemente inquinata, oltre che un forte legame tra fra la concentrazione media di particelle sul lungo periodo e la diminuzione della speranza media di vita, anche di 1-2 anni.
Tra le altre malattie imputabili alle particelle fini si elencano: arteriosclerosi, indotta da un'infiammazione della superficie dei polmoni, infarto, o malattie del cervello con alterazioni indotte dal PM2.5 pari a quelle di pazienti soffrono d’Alzaheimer.
I dati ci sono, la diagnosi è chiara e le patologie evidenti. Manca la voglia di una diagnosi corretta oppure la capacità di farla, signor Sindaco Pisapia?
Ing. Alessandro Cariani
Scritto il 29 dicembre 2015 alle 13:02 nella Alex Cariani, Ambiente | Permalink | Commenti (25)
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Scritto il 28 dicembre 2015 alle 12:33 | Permalink | Commenti (3)
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Scritto il 27 dicembre 2015 alle 08:01 | Permalink | Commenti (7)
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Recensione del film "PERFECT DAY" (di Angela Laugier)
Regia: Fernando León de Aranoa
Principali interpreti: Benicio Del Toro, Tim Robbins, Olga Kurylenko, Melanie Thierry, Fedja štukan, Eldar Residovic, Sergi López – 106 min. – Spagna 2015.
L’articolo indeterminativo del titolo originale si è perso per strada, perciò A perfect Day è diventato in Italia Perfect Day, per ragioni che sfuggono, e per le quali, purtroppo, si perde il riferimento espressivo a una giornata, una delle tante, perfetta per diventare l’emblema stesso della paradossale assurdità della guerra. Nel 1995, nel luogo montuoso e sperduto dei Balcani in cui i protagonisti di questo film si muovono, erano arrivati i segnali dell’accordo raggiunto tra Serbi e Bosniaci, dopo i massacri della terribile guerra civile. In vista della pace, l’Onu aveva ordinato ai suoi ispettori di verificare che tutti gli uomini delle ONG presenti sul territorio si attenessero, senza discutere, alle direttive emanate per evitare qualsiasi atto foriero, anche involontariamente, di nuove tensioni e di nuovi attriti. Naturalmente si trattava di direttive generali, che, mentre ordinavano di lasciare le cose come si trovavano, non consideravano l’esistenza di problemi solo in apparenza poco rilevanti, la gravità dei quali, invece, era ben nota agli operatori umanitari impegnati a rendere meno duri gli effetti della guerra sulla popolazione e che, nonostante la tregua, sentivano, in coscienza, di dover risolvere. Sono il portoricano Mambrù (Benicio Del Toro) e l’americano B. (Tim Robbins) i volontari dell’ONG protagonisti della giornata raccontata da questo magnifico film, entrambi, dopo anni di logorante e poco gratificante lavoro, stanchi e disillusi avendo visto i loro ideali scontrarsi con la realtà e avendo constatato l’impraticabilità degli ordini impartiti dall’alto dai burocrati dell’Onu lontani dalla popolazione che è tanto bisognosa di aiuto, quanto diffidente e riluttante a collaborare.
La giornata di questo film inizia con l’inutile tentativo di Mambrù (gli si spezza la corda) di estrarre da un pozzo, che fornisce acqua alla zona, il cadavere di un uomo che qualcuno aveva buttato lì dentro con l’intento probabile di renderlo inutilizzabile; prosegue con il viaggio verso il villaggio dove ha sede l’unità di coordinamento delle ONG e dove forse è possibile acquistare un’altra corda. Partito con B, con Sophie (Mélanie Thierry), una francese molto giovane, appena arrivata, ben fornita di istruzioni politicamente corrette, ma del tutto inapplicabili, Mambrù dovrà accogliere sull’auto due nuovi passeggeri: un bambino alla ricerca del pallone (si troverà la corda e perciò anche un pallone per lui!), nonché un’altra ispettrice dell’Onu, Katia, una graziosa russa, più rigida di Sophie nell’attenzione che i colleghi applichino, senza discutere, regolamenti e norme che non servono a nulla. Il viaggio, di pochi chilometri, ma disseminato di tranelli, imboscate, e anche di tragedie terribili, sarà concluso solo il giorno successivo, per l’impossibilità di percorrere al buio una strada sempre più rischiosa.
Anche questo, come gli altri viaggi del cinema e della letteratura, è un simbolico racconto di formazione, almeno per le due giovani donne che impareranno, a loro spese, quanto la guerra trasformi la realtà delle cose, come cambi il nostro sentire e il nostro pensare, come grottescamente metta allo scoperto, dietro l’apparenza dei torti e delle ragioni, la natura ferina degli uomini, che non sono buoni per natura e che è bene conoscere a fondo, senza illusioni.
I registri narrativi utilizzati da questo eccellente regista oscillano tra la rappresentazione grottesca delle contraddizioni della guerra, che inducono spesso a ridere, come è giusto fare di fronte alla stoltezza assurda degli uomini impegnati a farsi molto male, e quella della crudeltà più atroce, cosicché, quando si ride, si viene subito richiamati alla realtà dall’agghiacciante visione delle scene successive, per le quali non basterebbero le lacrime. L’impressione complessiva è quella di un film che, con ammirevole equilibrio, riesce a convincere profondamente, senza troppe parole e senza strilli propagandistici, dell’orrore della guerra: un film davvero pacifista da vedere, rivedere e mostrare nelle scuole. Insieme a La Isla minima (ancora nelle sale grazie, credo, al passa parola degli appassionati) è anche la testimonianza dello stato di grazia in cui vive il cinema spagnolo in questo momento.
Angela Laugier
Scritto il 27 dicembre 2015 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 26 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Giuseppe "vasavasa" Sala si applaude
“A breve vedremo i dati completi del bilancio di Expo” (...l'Expo è terminata da deu mesi. NdR) Lo assicura Giuseppe Sala, amministratore delegato di Expo e neo candidato alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato sindaco di Milano. Questa la risposta a chi gli chiede dati più trasparenti dopo la comunicazione da parte della società di un margine operativo lordo di 14,9 milioni di euro che, però, non tiene conto di diverse voci di costo, tanto da non permettere di dire se Expo chiuderà l’anno in utile o in rosso. Il candidato sindaco di Italia Unica, Corrado Passera, nei giorni scorsi ha accusato Sala di non essere trasparente sui numeri. Anche Francesca Balzani, sfidante di Sala alle primarie e assessore milanese al Bilancio, ha fatto notare che “i conti si guardano non attraverso le parole, ma i numeri”. Balzani ha aggiunto con ironia di avere fiducia che entro pochi giorni Expo sarà in grado di dare dati completi. Sala a margine della presentazione della sua candidatura al teatro Franco Parenti garantisce che ciò avverrà. Ma perché sinora non è stato comunicato l’utile o l’eventuale rosso atteso per il 2015? Sala non risponde, meglio continuare a salutare i fan
(Fonte: Luigi Franco - Il Fatto)
N.B.: Aprendo il link qui sopra sui può accedere anche al filmato che mostra un nervosissimo Sala esibirsi in un ampio "vasavasa" di supporters, e preferisce dare nervose "non-risposte" ai giornalisti che fanno domande indiscrete sul bilancio ufficiale e completo dell'Expo.
Tafanus
Scritto il 25 dicembre 2015 alle 12:47 | Permalink | Commenti (5)
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Scritto il 25 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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"...Il premier Matteo Renzi ha ufficialmente aperto la Variante di Valico della A1, nel tratto tra La Quercia e Barberino. Da oggi gli automobilisti potranno viaggiare su 59 chilometri di rete potenziati, scegliendo se utilizzare il tracciato già esistente o attraversare l'Appennino percorrendo i 32 nuovi chilometri realizzati in variante. Un percorso, quest'ultimo, diretto con una quota di Valico più bassa di 226 metri che, si calcola, consentirà di risparmiare 15-20 minuti di tempo e ogni anno complessivamente 100 milioni di litri di carburante. «È arrivato il giorno che sembrava non dovesse arrivare mai, che manda in soffitta i professionisti del “tanto non ce la farete mai”, del piagnisteo e della lamentazione, è il giorno che sembrava talmente lontano l’anno scorso», ha detto Renzi alla cerimonia di inaugurazione, aggiungendo che si tratta del «modo migliore per chiudere il 2015, un segnale di ripartenza»..." (Fonte: IlSole24Ore)
Caro Fiò Renzino,
forse non è il caso di fare lo "sborone"... mi dice il mio esperto in varianti di valico che quest'opera, bloccata da un quarto di secolo di diatribe burocratiche, è stata sbloccata con la posa della prima pietra 9 ani fa, soprattutto per meroito di Romano Prodi e di Tonino di Pietro, allora Ministro dei Lavori Pubblici.
Mi dicono che l'opera, more solito, è costata 4,1 miliardi, contro i previsti 2,5 (un piccolo 64% in più).
Mi dicono che per fare 32 chilometri di REALE variante (per il resto si parla di modifiche minori sul veccho tracciato) sono serviti 9 anni, e che quindi sono stati costruiti la bellezza di 3,55 chilometri all'anno.
Mi dicono che con questa velocità di costruzione, l'autosole Milano-Napoli (755 chilometri) anzichè essere completata in otto anni dalla posa della prima pietra (1956/1964), avrebbe richiesto 216 anni. Iniziata nel 1956, sarebbe diventata interamente percorribile entro il 2172 (cioè fra 157 anni).
Renzi, ci parli del successo epocale della Pedemontana, dove i ragazzi, fra il passaggio di un'auto e di quella successiva, possono tranquillamente giocare a calcetto, e farsi pure un selfie...
Caro Gesù Bambino, per Natale non voglio niente, per me. Vorrei solo che trovassi il modo di mettere al governo una persona seria. Chiedo troppo?
Tafanus
Scritto il 24 dicembre 2015 alle 14:38 | Permalink | Commenti (4)
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...cresce l'albero del Tafanus... (secondo il database usato per costruire l'abituale albero di Natale del Tafanus 527 persone hanno interagito col Tafanus, dal 1° ottobre 2015 ad oggi sui blog e sulle pagine facebook, con commenti, email o condivisioni. Mi scuso con coloro che hanno interagito su Google+ e su Twitter, che seguo poco o niente. Il numero degli errori e delle omissioni sarà proporzionale alla crescita del nostro alberello. Mi scuso in anticipo coi "dimenticati" e cogli "storpiati", ai quali invio a titolo risarcitorio auguri doppi...
P.S.: Per il 2016 chiederò - per evitare errori ed imprecisioni - che ad occuparsi della costruzione dell'albero sia il dottor Cantone, sempre che non sia impegnato come commissario per il Presepe ad Assisi.
Tafanus
Scritto il 24 dicembre 2015 alle 11:19 | Permalink | Commenti (10)
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Scritto il 23 dicembre 2015 alle 23:50 | Permalink | Commenti (0)
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Cari renziani da tastiera, care tigri del social network, cari draghi della community, mettetevi un attimo seduti che vi devo spiegare una cosa. Mettiamo, per dire, che Matteo vada in Libano a incontrare i nostri soldati. Mettiamo che ci vada con la mimetica, peraltro poco donante e indossata malino, senza fazzoletto al collo e abbinata coi jeans (ma questo è il giudizio gufo e rosicone di un'osservatrice prevenuta e malevola, e vi prego di non tenerne conto ai fini della comprensione di questo post). Mettiamo, può capitare, che qualcuno lo sfotta un po' sui social. Mettiamo, per esempio, che uno, o una - io, diciamo - faccia una battutina, anche scemina e nemmeno particolarmente cattiva, niente di che, su questo fatto di Renzi in mimetica.
A questo punto voi avete di fronte alcune alternative. Potete ignorarmi dall'alto della superiore capacità comunicativa del vostro capo, naturalmente a me incomprensibile in quanto limitata, prevenuta e incapace di comunicare, ma che sarà elogiata adeguatamente domattina sull'Unità da Velardi o Rondolino. Potete sfottermi a vostra volta con un qualche argomento del tipo: vedi, anche stavolta sei costretta a parlare di lui, lui ha bucato lo schermo anche stavolta. Potete fare anche voi un tweet spiritoso, casomai vi riuscisse, magari più spiritoso del mio.
Quello che non dovete mai, mai, mai fare, amici è prendermi sul serio e rovinare la mia giornata e la vostra inondandomi di notifiche nel tentativo di spiegarmi:
a) che Renzi in quanto premier è capo delle forze armate e quindi è suo dovere mettere la divisa in queste circostanze. (No, sbagliato, il capo delle forze armate è il capo dello stato, c'è scritto pure su wikipedia oltre che nella Costituzione)
b) che TUTTI i premier prima di Renzi sono andati a visitare le truppe in mimetica. (No, non è vero e a qualcuno potrebbero anche girare le scatole e potrebbero saltar fuori le foto di Prodi, D'Alema, Letta, Monti che passano in rassegna le truppe tutti rigorosamente in giacca e cravatta. Ah, amici, sconsiglio anche di ribattere mostrandomi foto di La Russa e Alfano in mimetica dal momento che:
1) La Russa e Alfano non sono mai stati premier;
2) c'è un limite anche alla scelta degli argomenti e dei modelli)
c) che i giornalisti cattivi parlano di com'è vestito Renzi anziché del suo importante discorso di politica estera. (Perché per non spostare l'attenzione dal suo discorso, importante o meno che fosse, bastava che Renzi si vestisse normale).
D'Alema, Prodi, Letta, Monti (premier non mimetici)
Per cui Matteo, sappi questo: questa gente non ti merita. Non ti aiuta, non ti apprezza, non ti capisce. Ed è pure fastidiosa. Vedi di fare qualcosa. Lo dico per te.
Chiara Geloni
frondolinate
P.S.: Siano ansiosi di vedere se quando Papa Francesco andrà a trovare i carcerati a Rebibbia, si metterà il pigiama a righe, e la targhetta col numero di matricola... Almeno Larussa esibiva un maschio atteggiamento guerriero, col suo pizzetto alla Italo Balbo... Renzino sembra una brioche scongelata per sbaglio due volte, o se preferite un soufflé nato male... E quei blue jeans sotto la mimetica, poi... non si possomno guardare...
Tafanus
Scritto il 23 dicembre 2015 alle 18:06 | Permalink | Commenti (6)
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Scritto il 23 dicembre 2015 alle 13:46 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 23 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (6)
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Scritto il 22 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Siamo salvi. Anche oggi @frondolino è riuscito ad occuparsi (ancora, sempre e solo) del "Fatto Quotidiano". Incarico a tempo indeterminato e ad oggetto determinato. Solo che questa volta c'è una grande novità: non si occupa solo del Fatto e di Travaglio, ma attacca anche quel bolscevico di Furio Colombo.
Frondolino, ci faccia la grazzzzia! ci dica a quanto è arrivata la diffusione de "l'Unirenzità", grazie ad opinionisti del suo valore. Grazie
Tafanus
Scritto il 21 dicembre 2015 alle 20:52 | Permalink | Commenti (3)
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A volte, a leggere certi titoli di giornali ormai diventati organi ufficiali della narrazione renziana, c'è da rimanere allibiti (specie quando poi si passa dagli "strilli" in prima pagina, al titolone dell'articolo, e ai contenuti dell'articolo stesso). Un esempio di scuola vergognoso? L'articolo di Riccardo Luna su Repubblica cartaceo di ieri, domenica 20 Dicembre. Leggi lo strillo in prima pagina, leggi il titolone, leggi poi l'articolo, e scopri che... Ma andiamo con ordine. Guardo oggi (ieri non ho avuto tempo), e un "richiamo" in prima pagina mi colpisce agli occhi (e al naso...). Potete vederlo (e valutarlo) nella riproduzione fotografica a sinistra in alto.
Leggete lo strillo (che invita a proseguire l'articolo a pag.23) e scoprite - non senza un certo senso di stupore - che l'Italia in un anno è diventata il paese N° UNO in Europa. Azz... se non è un miracolo questo! L'anno scorso per diffusione di Internet l'Italia era al terzultimo posto nella UE a 27. Peggio dell'Italia facevano solo Romania e Bulgaria. E oggi siamo al PRIMO posto! Non è un vero miracolo renziano, come quello dell'Italia locomotiva d'Europa???
Inorgogliti, stupiti, quasi increduli, ci precipitiamo a Pag. 23. e dal titolone dell'articolessa di Riccardo Luna (vedi fotona centrale in basso) scopriamo che...
"C'è un milione di italiani che nel corso del 2015 ha fatto una cosa non prevista: ha usato Internet per la prima volta. Un milione di persone sono tante e sono il motivo per cui nella classifica dei Paesi europei, appena rilasciata da Eurostat, su questo specifico indicatore (...ahi ahi ahi...), per la prima volta siamo primi. Siamo quelli che hanno registrato l'aumento maggiore: 4 punti percentuali, dal 64 al 68 per cento (e i non utenti sono passati dal 32 al 28 per cento). La Germania, la Francia e il Regno Unito sono aumentate di un punto appena, la mitica Estonia (Paese simbolo del digitale ), cresce di tre.
Ma va detto che questi Paesi partono da molto più in alto di noi, hanno percentuali di utenti attorno al 90 per cento. Insomma, siamo in due campionati diversi, purtroppo. Eppure il dato italiano, comunque lo si guardi, è uno scatto in avanti, simile a quello che facemmo nel 2010.
E ora andiamo nel corpo dell'articolo, di cui riprendiamo ampi stralci... Intanto leggiamo con un certo stupore che siamo passati dal 25° poso al 1° posto in un anno, "anche se la svolta ancora non c'è"... Non è magnifico????
Di quanti italiani stiamo parlando? I nostri 4 punti equivalgono ad un milione e ottocentomila nuovi utenti nella fascia di età che va dai 16 ai 74 anni [...] Ma restiamo ai dati Eurostat: un milione e ottocentomila nuovi utenti sono un milione tondo in più della media statistica con cui siamo cresciuti negli ultimi anni. Cosa cambia? Cambia tutto, cambia la prospettiva con cui il Paese guarda al suo futuro. Con ottocentomila nuovi utenti della rete ogni anno, per colmare il digital divide, ci sarebbero voluti quasi trenta anni; così, ne bastano poco più di dieci (...caspita! un successone! da qui al 2026 alcuni di voi - io no... non ci sarò più - potranno provare l'ebbrezza di aver colmato il digital divide. Sempre che gli altri restino fermi ad aspettarci. Digital divide rispetto a cosa? Ai paesi migliori? alla media Europea, abbassata dai paesi-zavorra? Luna non dice, e noi non sappiamo. NdR)
Ed in realtà ci sono motivi per sperare che nel 2016 questa crescita si consolidi e si faccia più sostenuta. Il primo è il Piano Nazionale Scuola Digitale, che ha già stanziato un miliardo di euro per innovare didattica e strumenti. E a gennaio parte finalmente il sistema di identità digitale SPID che consentirà di accedere a tutti i servizi della pubblica amministrazione con un'unica password. Se funzionerà, può essere la svolta di cui abbiamo bisogno (...se funzionerà come il mitico 730 precompilato, stiamo freschi...)
Perché nonostante lo scatto del 2015, la svolta ancora non c'è. Infatti se si guarda la classifica complessiva degli utenti della rete, l'Italia è sempre negli ultimi posti, davanti soltanto a Bulgaria e Romania, allo stesso livello di Grecia e Portogallo. Insomma non siamo più in zona retrocessione (...caro Luna, nel campionato di Calcio a 20, col quartultimo posto si retrocede, e noi in un campionato a 27 non siamo "in zona retrocessione??? Per usare un francesismo: ma che cazzo voleva dire??? NdR)
[...] Insomma, c'è da festeggiare, ma con moderazione. Per arrivare al 90 per cento di utenti di Internet degli altri paesi c'è una sola strada: usare la Rai che ogni giorno entra nelle case degli italiani per quattro ore. Come negli anni '60, quando fu la Rai lo strumento per insegnare a leggere e a scrivere a milioni di italiani con uno storico programma tv, "Non è mai troppo tardi", adesso serve una analoga campagna di alfabetizzazione di massa. Serve un altro maestro Manzi, o qualcosa di analogo, in tv tutti i giorni. Perché non è mai troppo tardi, ma se non si sbrighiamo, rischia di diventarlo (...oddio no...)
Riccardo Luna
Meglio tardi che mai. Nell'ultimo paragrafo dell'articolessa Riccardo Luna si sveglia, e ci comunica qualcosa di cui siamo ben consapevoli: nella media degli altri paesi europei l'uso di Internet riguarda il 90% della popolazione; in Italia il 68%, dopo il travolgente aumento del 2015. Certo, Luna, ma si rilassi... Essere diventati per un anno i Number One in Europa per tasso di crescita non significa assolutamente nulla. Certo che un paese che è già al 90% di utenti, difficilmente potrà guadagnare ancora, essendo già vicino alla saturazione... O no? Se qualcuno legge un libro ogni tre anni, e passa ad un libro ogni due anni, aumenta il proprio "tasso di frequentazione" dei libri del 50%, ma non per questo diventa la persona più colta d'Europa. Afferra? Se un altro legge 12 libri all'anno, e continua a leggere 12 libri all'anno, non cresce di un accidenti, ma legge 24 volte più libri di quell'altro... Quello che lei chiamerebbe il "N° Uno d'Europa".
Caro Luna, certe sciocchezze tipo "Italia locomotiva d'Europa" le lasci alla narrazione renziana... Un'ultima cosa: salga ogni tanto su una vettura del metrò a Milano. Le capiterà spesso di vedere che su otto persone sedute di fronte a lei, sette strisciano il dito su qualcosa che usa internet. Stanno "progettando, leggendo Proust, studiando Eurostat"? No. Stanno, 9 volte su dieci, cazzeggiando su watsapp, su feisbuc, stanno chattando, stanno facendo di tutto. Tranne che leggere Proust. Vuole una conferma nel nostro stato "promordiale" nell'uso di Internet, nonostante "siamo i primi in Europa" (per tasso di crescita di un anno????). Eccola: quando si usa internet per cose utili e serie (tipo i rapporti con la PA, noi "vantiamo" valori - rispetto alla media dei paesi europei, di cui dovremmo solo vergognarci:
Non me ne voglia, Caro Luna... ma a noi il fatto che da sempre l'Italia detenga strabilianti records nell'uso dell'Internet inutile... beh, non ce ne potrebbe fregare di meno...
Tafanus
Scritto il 21 dicembre 2015 alle 17:59 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 21 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 20 dicembre 2015 alle 08:01 | Permalink | Commenti (2)
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Recensione del film "DIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES" (di Angela Laugier)
Titolo originale: Le Tout Nouveau Testament
Regia: Jaco Van Dormael
Principali interpreti: Pili Groyne, Benoît Poelvoorde, Catherine Deneuve, François Damiens, Yolande Moreau, Laura Verlinden, Serge Larivière, Didier de Neck, Marco Lorenzini, Romain Gelin, Anna Tenta, Johan Heldenbergh – 113 min. – Lussemburgo, Francia, Belgio 2015
Giacomo Leopardi, ponendosi il problema del dolore nel mondo, si era chiesto se gli dei dell’Olimpo non ne fossero i crudeli responsabili, quando, per vincere la noia della loro esistenza oziosa, avevano deliberato di godersi, dal cielo, lo spettacolo dei nostri travagli e delle nostre sofferenze. Non credo che il regista di questo film ne sia stato ispirato, ma i versi famosi* del nostro poeta mi sono tornati alla mente all’inizio della mia visione.
Il dio di questo film, forse lontanamente identificabile con quello del Vecchio Testamento, vive a Bruxelles in una casa di poche stanze, una delle quali è solo sua: un agghiacciante luogo claustrofobico, che tra le pareti, arredate con cassetti inaccessibili pieni delle memorie millenarie delle sue malefatte, ospita il computer, grazie al quale egli progetta le peggiori catastrofi per l’umanità, quelle che, in seguito, per divertirsi, osserverà alla TV, davanti alla quale passa le sue giornate. Egli è un dio molto strano, trasandato e sporco, prepotente e dispettoso, oltre che terribilmente maschilista: dopo aver creato il mondo, egli aveva plasmato l’uomo a propria immagine e gli aveva affiancato una donna, col compito di sottometterla, come aveva fatto lui con sua moglie, una casalinga infelice, obbligata a ubbidirgli, sempre e comunque, senza alcun diritto, né sindacale, né di parola. Gli aveva dato due figli quella poveretta: un maschio, JC, che se n’era andato per agire di testa propria (infatti, con l’aiuto degli Apostoli si era permesso di scrivere un Nuovo Testamento) e una femmina, ancora piccola ma con idee ben chiare, ribelle e riottosa, di nome Ea. Anche la piccina vorrebbe fuggire come JC; ci terrebbe, anzi, ad aggiornare il Nuovo Testamento: a questo scopo si era impadronita di soppiatto delle chiavi della stanza paterna, dalla quale, via sms, aveva inviato a ciascun uomo la comunicazione anticipata della data di morte, dopo di che, in modo avventuroso, seguendo un disagevole percorso, era arrivata, come Alice, dall’altra parte del suo (fortunatamente perduto) paradiso. Non le sarebbe stato difficile trovare gli apostoli (parecchie le donne), che col racconto della loro vita le avrebbero permesso di mettere insieme il Nuovo Nuovo Testamento.
Il film procede accumulando personaggi e situazioni: ogni nuovo evangelista ha una storia da raccontare, nonché un lasso di tempo più o meno breve per continuare a vivere: conoscendone la scadenza, si organizzerà al meglio, sotto gli occhi benevoli di Ea, che, in quanto donna, è mite (!) e intende lasciare al mondo un messaggio di giustizia e di compassione. Il grande tema del dolore sembra dunque risolversi in una rappresentazione leggera e ironica, quasi stemperandosi in una favola natalizia per adulti graziosa e a tratti assai divertente. Gli aspetti dissacranti sono lontani da qualsiasi blasfemia, nonostante qualche citazione di Buñuel, il cui corrosivo e graffiante agnosticismo rimane, comunque, molto esterno al film. Le invenzioni argute e brillanti non mancano e neppure gli sprazzi di intelligente osservazione che, pur rendendo il film assai gradevole, non ne fanno un capolavoro. La sua innegabile piacevolezza è dovuta in gran parte alla grande e spiritosa interpretazione degli ottimi attori, fra i quali spiccano una invecchiata e ancora bellissima Catherine Deneuve, nella parte dell’evangelista sposa di un tenero gorilla, nonché l’eccellente Benoît Poelvoorde, nella parte di Dio.
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*Forse i travagli nostri, e forse il cielo
I casi acerbi e gl’infelici affetti
Giocondo agli ozi suoi spettacol pose?
(Leopardi: Bruto minore vv: 49-51. – dicembre 1821)
Angela Laugier
Scritto il 20 dicembre 2015 alle 07:59 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Riceviamo il rapporto dai Servizi Segreti, con l'impegno a non rilevare il nome della fonte. Da come si sono svolti i fatti, si capisce come l’Italia sia al sicuro da attacchi terroristici. La stessa Isis ha dichiarato: “E’ molto difficile fare un attentato in Italia”. Ma veniamo ai fatti.
Due terroristi, provenienti da un Paese del Medio Oriente, arrivano a Napoli con la ferma determinazione di eseguire il “castigo divino” per gli infedeli italiani”. Ecco com’é andata:
Domenica, ore 23.47 - Arrivano all’aeroporto internazionale di Napoli dalla Turchia; escono dall’aeroporto dopo otto ore perché non si trovavavo le valigie le valige. La società di gestione dell’aeroporto non si assume la responsabilità della perdita e un impiegato consiglia ai terroristi di provare a ripassare il giorno dopo: “chissà, con un pò di fortuna …”
Prendono il taxi: il tassista (abusivo) li guarda dallo specchietto retrovisore e, vedendo che sono stranieri, li scarrozza per tutta la città per un’ora e mezza. Dal momento che non si lamentano, neanche dopo che il tassametro raggiunge i 200 Euro, decide di fare il colpo gobbo: arrivato alla rotonda di Villaricca, si ferma e fa salire un complice. Dopo averli derubati e "sfrantummati" di mazzate, li abbandonano esanimi al Rione 167.
Lunedì, ore 4.30 - Al risveglio, dopo la mazziata, i terroristi riescono a raggiungere l’albergo in zona piazza Borsa. Decidono di noleggiare un’auto presso la Hertz di piazza Municipio. Quindi si avviano in direzione aeroporto, ma giusto prima di arrivare a piazza Mazzini, rimangono bloccati da una manifestazione di studenti uniti alle tute bianche no-global e ai disoccupati orgamizzati napoletani che non li lasciano passare.
Lunedì, ore 12.30 - Arrivano finalmente in piazza Garibaldi, decidono di cambiare dei soldi per muoversi più liberamente: i loro dollari vengono cambiati in biglietti da 100 euro falsi.
Lunedì, ore 15.45 - Arrivano all’aeroporto di Capodichino con la ferma intenzione di dirottare un aereo per farlo cadere sulle torri dell’Enel al centro direzionale. Ma i piloti Alitalia sono in sciopero perché chiedono la quadruplicazione del salario e la contestuale riduzione dell'orario di lavoro. Stessa cosa per i controllori di volo che pretendono anche la pinza obliteratrice per tutti (“altrimenti che controllori saremmo”, hanno dichiarato). L’unico aereo disponibile che c’é in pista è uno della Ryanair con destinazione Alghero ed ha 18 ore di ritardo.
Gli impiegati ed i passeggeri sono accampati nelle sale d’attesa, intonano canti popolari, gridano slogan contro il governo e i piloti! Arrivano i celerini, cominciano a dare manganellate a destra e a manca, contro tutti, ma si accaniscono in particolar modo sui due arabi.
Lunedì, ore 19.05 - Finalmente si calmano un pò gli animi. I due figli di Allah, coperti di sangue, si avvicinano al banco della Ryanair per acquistare i biglietti per l’aereo con destinazione Sassari, dirottarlo e farlo schiantare contro la torre Enel. Il responsabile della Ryanair che gli vende i biglietti evita di avvertirli che il volo, in realtà, è già stato cancellato.
Lunedì, ore 22.07 - A questo punto i terroristi discutono se continuare oppure no. Non sanno più se distruggere Napoli sia un atto terroristico o un’opera di carità.
Lunedì, ore 23.30 - Morti di fame, decidono di mangiare qualcosa al ristorante dell’aeroporto: ordinano panino con la frittata e impepata di cozze.
Martedì, ore 4.35 - In preda ad una salmonellosi fulminante causata dalla frittata finiscono all’ospedale Cardarelli. Passano tutta la notte nel corridoio del pronto soccorso. La cosa non sarebbe durata più di due giorni se nel frattempo non fosse subentrato un sospetto di colera dovuto alle cozze. Successivamente, a causa di un banale scambio di cartelle cliniche ad uno dei terroristi viene asportato un rene sano, all’altro viene applicato un doppio pacemaker di fabbricazione cinese acquistato sul mercato nero.
Domenica, 17.20 - Dopo dodici giorni escono dall’ospedale e si trovano nelle vicinanze dello stadio San Paolo. Il Napoli ha perso in casa con il neopromosso Palermo per 3-0, con due rigori assegnati alla squadra siciliana dall’arbitro Concettino Riina da Corleone. Una banda di ultras della “Masseria Cardone”, vedendo i due scuri di carnagione, li scambiano per tifosi del Palermo e rifilano loro un’altra caterva di legnate. Per di più il capo degli ultras, un tale detto “Peppo o Ricchione”, abusa sessualmente di loro.
Domenica, 19.45 - Finalmente gli ultras se ne vanno. I due terroristi decidono di ubriacarsi per la prima volta nella loro vita (anche se è peccato!). In una bettola della zona portuale rifilano loro del vino adulterato con metanolo, e i due rientrano al Caldarelli per l’intossicazione. Viene anche riscontrata la sieropositività (Peppo non perdona).
Martedì, 23.42 - I due terroristi fuggono dall’Italia in gommone in direzione della Libia, semiorbi per il metanolo ingerito e con una dozzina di infezioni a causa del virus HIV. Giurano che non tenteranno mai più nulla contro il paese italiano.
Scritto il 19 dicembre 2015 alle 22:33 | Permalink | Commenti (2)
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Il procuratore di Arezzo Roberto Rossi ha aperto un fascicolo con l'ipotesi di truffa sulla vicenda della vendita delle obbligazioni secondarie di Banca Etruria. Secondo quanto appreso non ci sono al momento indagati. Nel fascicolo c'è la documentazione presentata dalle associazioni dei consumatori (Fonte: repubblica.it)
...simpatico, il procuratore di Arezzo... Apre un "fascicolo" per truffa (ma senza indagati) sulla Banca Etruria, solo DOPO che i giornali rivelano che lo stesso era anche consulente giuridico della Presidenza del Consiglio (cioà di Matteo Renzi)... Taf
Ma la procura di Arezzo stava già indagando da tempo su quello che accadeva in Banca Etruria. Tre i filoni di inchiesta oggetto dell'attenzione dei magistrati. Uno vede indagati l’ex dg Luca Bronchi e l’ex presidente Giuseppe Fornasari per i crediti deteriorati che però non figurano mai svalutati nel bilancio. Sofferenze che in Etruria ammontavano a 2 miliardi, pari a tre volte il valore del capitale, come si legge nella relazione di Bankitalia. In più le fatture false sarebbero servite a pagare, tra il 2013 e il 2014, consulenti per almeno 15 milioni.
Il secondo filone di inchiesta ha il suo perno dell'attività svolta dal cda presieduto da Lorenzo Rosi (compresi gli otto mesi in cui è stato vicepresidente Pierluigi Boschi, padre del ministro Maria Elena). Qui la contestazione è per un ipotetico conflitto di interessi per 13 ex amministratori e 5 ex sindaci che avrebbero accumulato 198 posizioni di fido per un monte di ben 185 milioni. Di quel tesoretto sono stati impiegati 142 con perdite per la banca di 18 milioni. La terza inchiesta è quella che parte dagli esposti presentati dalle associazioni dei consumatori e va da indagare perchè la banca ad un certo punto abbia dato ordine alla rete di vendita di offrire obbligazioni subordinate, cioè titoli ad alto rischio a una clientela di pensionati e professionisti, gente che aveva profili di rischio molto prudenti.
L'ineffabile ministra tacco 12 Maria Elena, durante il discorsetto da libro Cuore fatto alla Camera in difesa di se stessa e del Babbo, non ha detto una parola sul PERCHE' Bankitalia abbia inflitto al babbo una salata sanzione pecuniaria da 144.000 euri. Non è curiosa, la Ministra? Noi si...
Tafanus
Scritto il 19 dicembre 2015 alle 17:01 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 19 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 18 dicembre 2015 alle 17:03 | Permalink | Commenti (1)
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Agua de março
Scritto il 18 dicembre 2015 alle 16:28 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 18 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (1)
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La Cassa depositi, di cui all'epoca era dg Matteo Del Fante, lo pagò 23 milioni. La scorsa estate l'ha rilevato, mettendone sul piatto 25, la Nikila Invest di Ilaria Nicolai. Protagonista del sistema outlet di Reggello insieme alla Castelnuovese di Lorenzo Rosi, ex presidente di Banca Etruria (di Cardone & Scacciavillani - Il Fatto)
La "qultura" renziana: Il Teatro Comunale sarà trasformato in appartamenti da 8.000 euro al mq.
Lì dove si esibiva Zubin Metha ci saranno appartamenti di grande prestigio. Dalla cultura al lusso. E a costruire sono sempre gli stessi imprenditori del sistema outlet di Reggello. Il Teatro comunale di Corso Italia, infatti, la scorsa estate è stato acquistato – al momento siamo a un preliminare d’acquisto, in attesa dell’approvazione del piano di recupero per cui dovranno dare parere favorevole 12 enti tra cui il Comune – dalla Nikila Invest di Ilaria Niccolai. La Niccolai è il nome di punta del sistema The Mall che va da Leccio Reggello a Fasano, in provincia di Brindisi, passando per Sanremo.
Ma soprattutto - nome salito nei giorni scorsi all’onore delle cronache - per Party, la società immobiliare costituita nel 2014 con Tiziano Renzi, il padre del premier. Dieci mesi dopo Nikila Invest ha messo sul piatto 25 milioni di euro per assicurarsi il palazzo ottocentesco nel centro del capoluogo toscano che è stata la sede storica del Maggio Fiorentino. Obiettivo: demolire la vecchia struttura (tranne la facciata principale) e costruire 120 appartamenti di lusso da rivendere con ampi margini: si parla di 8mila euro a metro quadrato, per una superficie di 14mila metri quadrati (...pari ad un totale di 112.000.000 di euro. NdR)
Da chi compra la Nikila Invest? Direttamente dalla Cassa Depositi e Prestiti, società pubblica fresca di ricambio al vertice che aveva acquistato il teatro nel dicembre 2013 dal Comune di Firenze, allora retto dal sindaco Matteo Renzi. Prezzo? 23 milioni di euro: troppo pochi per l’opposizione, visto che nel 2009 la struttura era stata valutata 44 milioni di euro, ma dopo 3 aste andate deserte il prezzo era comunque sceso fino a 26 milioni, manna dal cielo per Palazzo Vecchio, che con quei soldi è riuscito a non sforare il patto di stabilità. Riassumendo: il Comune di Renzi ha bisogno di liquidi e vende il teatro alla Cdp, che a sua volta rientra nella spesa cedendo tutto a una società vicina alla famiglia del premier.
Al momento dell’acquisto, alla direzione generale di Cassa Depositi e Prestiti siede Matteo Del Fante, da più parti indicato come manager molto vicino a Renzi e che, una volta terminato il suo compito a Cdp, nella girandola di nomine fatta dal governo ad aprile 2014 viene promosso ad amministratore delegato di Terna, il gestore della rete elettrica che fa capo alla stessa Cassa. È lui a curare l’operazione immobiliare, che non ha bisogno neppure di passare il vaglio del consiglio di amministrazione: il veicolo che ha tecnicamente perfezionato l’acquisto è la Cdp Investimenti sgr, guidata all’epoca proprio da Del Fante.
Quanto al futuro del teatro, va notato che il tecnico progettista della ristrutturazione è Marco Casamonti, architetto molto conosciuto nel capoluogo fiorentino e nelle cronache giudiziarie italiane: a ottobre 2015 è stato condannato in secondo grado a due anni di reclusione per corruzione.
Il processo era quello sull’urbanizzazione di zona Castello, a Firenze: per lo stesso reato sono stati dati due anni di carcere anche all’ex patron di Fondiaria Sai, Salvatore Ligresti. Ma questa è un’altra storia. Come quella degli interessi di Nikila Invest a Milano, dove la società sta facendo un’altra operazione immobiliare, questa volta da 150 milioni di euro: la costruzione del nuovo quartier generale di Gucci nell’ex area Caproni. Le opere edili sono state affidate alla Castelnuovese, società di cui Lorenzo Rosi – l’ex presidente di Banca Etruria, di cui era il vice il padre del ministro Maria Elena Boschi – è stato presidente fino a luglio 2014. Ruolo che è costato all’ex banchiere una menzione speciale da parte di Bankitalia nell’ambito di una sanzione ai vertici di Banca Etruria, visto che l’istituto di credito ha concesso finanziamenti milionari – oggi all’attenzione della Procura di Arezzo – proprio alla Castelnuovese del suo presidente.
Il nome della cooperativa di costruzioni compare anche in un’altra società che unisce molti protagonisti del sistema outlet: è la Egnazia Shopping Mall, costituita a febbraio 2015 con lo scopo di replicare a Fasano, in provincia di Brindisi, il successo degli outlet di Reggello. Le quote fanno capo alla Nikila Invest, ad Andrea Bacci, a due società panamensi e alla Castelnuovese. Amministratore unico: Rosi. Il quale, da aprile è alla guida anche della Corso Italia Firenze, società candidata alla realizzazione del progetto del teatro Comunale di Firenze e partecipata dalla Castelnuovese e dai soci di Tiziano Renzi nell’immobiliare Party: Focardi e Niccolai.
N.B.: Caro @frondolino, anzichè scrivere delle battutine, domani non potrebbe dedicarsi a dimostrare che i fatti elencati sono privi di fondamento? Insomma, sa... l'antica arte di separare i fatti dalle pugnette?. Grazie
Tafanus
Scritto il 17 dicembre 2015 alle 12:54 | Permalink | Commenti (0)
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Fabrizio Frondolino, e l'informazione a 3,6 gradi
Ormai nel "giornale dei contadini e dei lavoratori", fondato da Antonio Gramsci e Matteo Renzi, manca solo una rubrica fissa: "Consigli per gli Appalti". Poi c'è tutto. Da qualche tempo il mitico "frondolino" (al secolo Fabrizio Rondolino, quello passato con nonchalance da D'Alema a Berlusconi e a Renzi), ha trasformato la sua rubrica in un dorso monotematico, che si occupa sempre e solo del "Fatto" e di Marco Travaglio.
@frondolino nella sua rubrica non si occupa - come qualche ingenuo potrebbe pensare - di cercare riscontri sulle accuse che ormai a valanga (e documentatissime) piovono sul clan dei rignanesi. No. Frondolino vive attaccato tramite un cavetto USB che finisce nel lobo destro del suo cervello (si fa per dire), e marca strettissimi sia il Fatto che Travaglio, e chiunque altro si avventuri in critiche - persino documentate e fondate - al "Giglio Magico, sezione Amicissimi".
Non appena Travaglio o il Fatto osano parlare dei mattei , o dei boschi, scatta immediata la rubrichetta di frondolino. Per verificare? NO! Per condannare! I mattei? No, i travagli. Sui fatti? No, a prescindere. Con battutine da oratorio dei salesiani che frondolino deve aver metabolizzato dai tempi in cui giocava a calcio-balilla nelle sedi del PCI.
Frondolino, non ci direbbe, finalmente, a quanto è crollata la diffusione dell'Unirenzità? Noi non la conosciamo, perchè il suo giornaletto da oratorio renziano è fuggito via a gambe levate dagli accertamenti ADS, e quindi ci serviamo di altri strumenti. Per esempio di Alexa.com, che mentre scriviamo piazza l'Unirenzità online al 1054° posto in Italia, e il "Fattaccio Quotidiano" al 21° posto.
Si riguardi, frondolino, e cominci a guardarsi intorno... Non crediamo che l'Unirenzità - quando i costruttori Pessina avranno perso abbastanza soldi e pazienza - possa andare avanti con prestiti della "Nuova Banca Etruria di B, B & B.
Tafanus
Scritto il 17 dicembre 2015 alle 12:29 | Permalink | Commenti (4)
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Scritto il 17 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Perché e come Maria Elena Boschi è coinvolta nella vicenda del cosiddetto “decreto salva banche”? - Il padre del ministro, Pierluigi, faceva parte del consiglio di amministrazione di Banca Etruria. Entrato in consiglio nel 2011, da 2014 era vicepresidente dell’istituto. L’11 febbraio del 2015 l’istituto è stato commissariato dal ministero dell’economia su proposta di Bankitalia e il consiglio è quindi decaduto. Il 22 novembre scorso il consiglio dei ministri ha varato il decreto salva banche, che ha comportato la creazione di una “nuova” Banca Etruria liberata dal peso dei crediti “cattivi”, finiti in sofferenza. Nell’istituto ha lavorato in passato anche il fratello del ministro, Emanuele. Mentre lavora tuttora la moglie dello stesso Emanuele.
C’è un conflitto d’interessi nel governo? - In linea di principio, ci sono ragioni di opportunità politica che rendono quantomeno scivoloso il profilo della vicenda per la Boschi, per la presenza di suoi familiari tra consiglieri e dipendenti della banca. E’ vero peraltro che il commissariamento di febbraio, arrivato a sorpresa, è stato di fatto deciso dal ministero dell’economia e dunque dal governo. Decisione che sicuramente non ha né agevolato né favorito Pierluigi Boschi.
La famiglia Boschi ci ha guadagnato? - Dal punto di vista politico sicuramente no. Dal punto di vista economico, il ministro risultava titolare di un pacchetto di 1500 azioni della banca, il cui valore di circa mille euro è stato azzerato dal decreto. Gli altri familiari, compresi il padre e il fratello, non hanno autorizzato la pubblicazione della propria dichiarazione dei redditi e non è dunque possibile sapere se abbiamo tuttora o avessero in passato azioni o obbligazioni Etruria.
Il padre della Boschi o altri suoi familiari sono direttamente coinvolti nelle indagini? - Al momento né il padre né tantomeno altri familiari risultano indagati nell’inchiesta della procura di Arezzo che coinvolge direttamente invece due ex presidenti e un ex direttore generale. Il padre è destinatario di una sanzione Bankitalia, emessa come esito dell’ispezione conclusa nel 2013. Anche nel filone sui conflitti d’interesse dei consiglieri, che si sarebbero concessi prestiti violando di fatto le previsioni del Testo unico bancario, non risultano a oggi addebiti a carico di Pierluigi Boschi.
Il procuratore capo di Arezzo Roberto Rossi
Dopo le polemiche sul decreto per il salvataggio delle banche in fallimento, il governo finisce nel mirino per un presunto conflitto d'interessi che riguarderebbe il pm di Arezzo Roberto Rossi, che sta conducendo l’inchiesta sul crac di Banca Etruria. A sollevare il caso sono stati il Fatto Quotidiano e il consigliere Periantonio Zanettin (Forza Italia) che ha chiesto al Csm di fare una verifica sull’incarico di consulenza (agli affari giuridici) che il magistrato svolge per il governo.
In pratica il magistrato a capo della Procura che sta indagando su uno scandalo che coinvolge anche il papà del ministro Boschi, Pier Luigi (già vicepresidente della Banca Etruria) è stato nominato nel febbraio di quest’ anno tra i consulenti del governo Renzi. «Rossi- scrive Zanettin- risulta consulente agli affari giuridici di Palazzo Chigi». Di qui la richiesta di aprire una pratica in Prima commissione «per valutare se sussistano profili di incompatibilità, sotto il profilo dell’appannamento dell’immagine di terzietà e imparzialità, tra l’incarico extragiudiziario assegnato al magistrato e la funzione requirente da lui svolta, anche e soprattutto in relazione alla funzione di coordinamento delle indagini svolte dall’Ufficio» [...]
Scritto il 16 dicembre 2015 alle 22:42 | Permalink | Commenti (2)
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Il business è ricco e per questo ha attirato imprenditori di ogni tipo. Sono stati della partita Andrea Bacci, finanziatore della fondazione Big Bang di Matteo Renzi, e poi nominato da Matteo Renzi alla testa di alcune partecipate fiorentine; Andrea Moretti un imprenditore di Arezzo imparentato con un ex socio di Licio Gelli e Ilaria Niccolai, un'immobiliarista da circa un anno socia del padre e della madre del premier nella Party srl. Tutti loro devono la loro fortuna non solo all'abilità imprenditoriale, ma alle scelte della politica. Ecco come
Scritto il 16 dicembre 2015 alle 11:14 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 16 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 15 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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I CONTI CHE NON TORNANO - Mi chiedo se nel ceto politico, e persino in quello giornalistico, ci sia ancora qualcuno dotato di calcolatrice. Quando il Fiò Renzino aveva annunciato in finanziaria 300 milioni per gli aumenti adi dipendenti pubblici (poi ridotti a 200 milioni) siamo stati per giorni gli unici a sottolineare che stavamo parlando di meno di 5 euro al mese, dopo sei anni di blocco degli stipendi.
Adesso cominciano a "dare i numeri" sui fottuti dal "salvabanche amiche". Renzi ha annunciato che in legge di stabilità saranno messi 100.000. Per sanare quante posizioni? per quale percentuale?. Dovremmo sapere dalla Banca d'Italia, dall'Abi o dal Governo quanti sono quelli che sobo stati fregati, e per quale ammontare complessivo. Invece gli unici dati che abbiamo arrivano dal Sole24Ore, e pongono domande irrisolte...
Dunque, se le cifre riportate dal Sole sono esatte, il Governo si accinge a rubare in via definitiva ai risparmiatori fottuti l'80% del dovuto. Una mancetta, come quella sul mancato adeguamento delle pensioni.
Se le cifre riportate dal Sole sono esatte, vuol lire che ognuno dei 12.500 fregati aveva investito in media 38.480 euro, e ne riceverà indietro 8.000 (forse, e a discrezione di non si sa chi, e solo se "l'Europa non ci chieda" qualcosa di diverso.
Ma, come precisa il sottotitolo dell'articolo del Sole, si sta parlando solo "delle posizioni più delicate". Che significa? Chi decide quali siano le posizioni "più delicate", quella del suicida fottuto per 110.000 euro era delicata o no? E' più "delicata" la situazione di un signore che è stato rapinato di 100.000 euro su un patrimonio personale di due milioni di euro, o quella di un poveraccio che ha perso tutti gli 8.000 euro che aveva, e aveva solo quelli?
La verità è che se - come emerge sempre più chiaramente - si è trattato di una truffa di massa, fatta con l'avallo di Governo, Consob e Bankitalia, nessuno dovrebbe acettare transazioni discrezionali e al ribasso. Paghi chi deve. Paghino gli amministratori delle banche, pagli lo stato per le omissioni della Consob, paghi Bankitalia per la mancata o insufficiente vigilanza.
Tafanus
Scritto il 14 dicembre 2015 alle 22:33 | Permalink | Commenti (10)
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E' bastato che "il Fatto" non si unisse al "Cantico degli Uccelli" (o dei piccioni) dei media, in gloria di Matteo Renzi da Frignano sull'Arno, perchè Fabrizio Rondolino, ex-tutto, scatenasse tutta la sua resistibile ironia contro Marco Travaglio. Ecco il suo brillantissimo articolo odierno (rubrica "Il Fattone", su l'Unirenzità). Articolo dal quale si deduce che @frondolino, pur avendo una certa esperienza, essendo passato con disinvoltura da D'Alema alla Stampa di Agnelli, da Vanity Fair a Donna Moderna (sic), dal Grande Fratello a "TheFrontPage", dal "Geniale" di Berlusconi (Paolo) ad Europa dei margheriti, da consulente per la comunicazione di Santanscié alla nuova Unirenzità, non ha ancora imparato - nonostante si sia cimentato in questa durissima serie di chicanes, a documentarsi prima di impugnare la penna a mo' di clava, e di scrivere con cautela fregnacce che diventanto inevitabilmente dei boomerang... Questa l'ultima fatica di frondolino sull'Unirenzità:
Dunque, scrive oggi l'ineffabile frondolino:
"La verità fa male, qualche volta fa malissimo e può spingere anche galantuomini abitualmente misurati come Marco Travaglio a perdere il controllo. È bastato che Matteo Renzi proponesse alla Leopolda un gioco sui titoli di giornale più surreali degli ultimi mesi per scatenare un’ira scomposta. Tutti sanno che il Fatto è il bollettino dei Pm (soprattutto di quelli che non riescono mai a portare a sentenza un processo) e il megafono di Casaleggio, di cui condivide il metodo squadrista: ma se qualcuno lo fa notare, che peste lo colga (...quanto a "squadrismo", vorrei che gli attenti lettori del Tafanus non trascurassero alcuni articoli ispirati da Renzi, alcuni "fondi" del Direttore", alcuni articoletti di frondolino, alcune "Scintille", alcune vignette del fù sinistro Staino... Così, solo per evitare lo strabismo di vedere lo squadrismo altrui, e non quello proprio... NdR)
La differenza fra il giornale di Travaglio e tutti gli altri sta proprio qui: il Fatto si considera intoccabile perché portatore di verità. È qui la sua radice totalitaria e illiberale: nell’incapacità di accettarsi come una parte anziché come il tutto, nell’indisponibilità a riconoscere la parzialità delle proprie opinioni, nell’arrogante pretesa di essere il solo depositario della verità.
Ma il bollettino dei Pm e dei grillini è, appunto, un bollettino: utile a comprendere gli umori malmostosi della parte peggiore del Paese, ma privo di peso nel dibattito pubblico degli adulti; raffinato nell’interlocuzione con gli avversari (la Leopolda, scrive oggi l’innamorato deluso Travaglio, è popolata di “parecchie sciure in botox, pelliccia e menopausa”) ma povero, poverissimo di fatti; prigioniero di un rancore sordo e triste ma, proprio per questo, costretto a spingersi ogni volta più in basso, a sguazzare nell’insulto e nella diffamazione, a grufolare nella polvere sperando di essere notato dalle persone rispettabili (...dove per "persone rispettabili" dobbiamo intendere, of course, lo stesso frondolino, papà Boschi e figlia, De Luca, Carrai, Davide Serra, Oscar Farinetti, i fratelli Pessina, e tutti gli adoratores del renzino della prima, ma soprattutto della seconda ora... NdR)
Intanto le copie vendute [del "Fatto"] continuano pericolosamente a scendere: a ottobre sono calate del 2,6% rispetto al mese precedente, su base annua il crollo è dell’8,6%. Dev’essere per questo che oggi lo regalano alla Leopolda."
Così @frondolino, che parla come un Giampaolo Pansa precocemente e rancorosamente invecchiato... Certo. frondolino può parlare dei dati di diffusione de "Il Fatto", perchè il Fatto, come decine di altri quotidiani, ha ancora il coraggio di far controllare i dati della propria diffusione dall'ADS (Istituto per l'accertamento della diffusione della stampa). Anche l'Unità - quando era il "giornale fondato da Antonio Gramsci" - aveva questo coraggio. Non si può dire altrettanto della "Unirenzità", giornaletto rifondato dal renzismo, coi soldini dei costruttori Pessina. Infatti l'Unirenzità si è sottratta - per il momento - all'accertamento della PROPRIA diffusione, sì da permettere ai geni come frondolino di ironizzare sulla diffusione altrui. Chi volesse verificare ciò che dico, non ha che da aprire il file excel cogli ultimi dati ADS sulla diffusione della stampa, che d'ora riporteremo sistematicamente sul blog, affinchè tutti i frondolini del mondo possano ironizzare sulla diffusione dei giornali altrui, magari senza trascurare i dati - ove mai avessero il coraggio di farseli controllare - del proprio tazebao.
Ma torniamo a frondolino. Anche se l'Unirenzità non si fa controllare, frondolino, come penna di punta (e di tacco) del giornaletto, conoscerà senz'altro i dati di diffusione del tazebao. Noi glieli chiediamo, ma siamo sicuri che non ce li darà. Ma vede, frondolino, dovrebbe darceli, in fondo siamo colleghi, vero? gestiamo entrambi un blog politico (io da solo, lei con Claudio Velardi). Insomma... Colleghi è parola grossa, perchè si da il caso che secondo i dati odierni di Alexa.com, il blog condotto da lei e da Velardi, The Front Page, è classificato in Italia in 64.290° posizione (nonostante il fatto che lei e Velardi siate dei personaggi molto famosi, e perennemente assisi sulle poltroncine di qualche talk-show), mentre il misero Tafanus, viaggia indegnamente in 7.295° posizione, senza neanche sapere dova vengano prodotto i talk-shows, località dove lei probabilmente ha dovuto farsi piazzare una brandina nello sgabuzzino delle fotocopiatrici, visto che è presente a tutte l'ore... Ma pubblichiamo gli screen-shots dei dati Alexa, tanto per evitare di essere accusati di postare dati falsi...
Va bene... c'è una certa differenza di ranking fra il sito che lei gestisce con Velardi e il mio, ma dato che sono persona gentile e generosa, accetto di farmi considerare suo "collega", anche se viaggiamo su pianeti diversi. Ma la avverto...Non venga a dirmi che no, che adesso lei con "FrontPage non c'entra, che ne è uscito da tempo... Aprendo oggi The front page scopriamo che non solo il sito è aggiornatissimo al "last minute", ma andando alla sezione CHI SIAMO leggiamo testualmente quanto riportato in questo screenshot (di oggi, non del 2013)...
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Ma parliamo di cose semiserie, e non di blogs... Visto che l'Unirenzità - di cui ella è colonna portante, non si fa rilevare da ADS, confrontiamo attraverso Alexa anche i dati de "Il Fatto" (quel giornaletto del quale lei sta celebrando il funerale"), e l'Unirenzità (quel giornalone proiettato - anche grazie all'apporto di grandi giornalisti come lei, verso "magnigiche sorti e progressive":
Afferra, frondolino???? E' come se lei, appartenente ad un giornaletto che nella maratona di New York arriva 109°, ironizzasse su chi arriva 2°. Frondolino, non sia così coraggioso - anzi - temerario. Cerchi di conservare, per i tempi duri che aspettano il suo giornaletto attuale, un minimo di senso dello "sprezzo del ridicolo".
P.S.: Vedo che dall'Unirenzità, dove ho chiesto più volte senza risultato i dati sulla diffusione, non arrivano risposte. Sono sicuro che se le faccio l'onore di definirla "collega blogger", mi sarà grato, e questi dati - magari in forma riservata, me li darà lei. Da parte mia, posso assicurarle che se lo farà, li renderò noti. Così come renderò noto l'eveltuale silenzio. La saluto, e le raccomdando di aver cura di se, del suo blog, e del tazebao sul quale scrive oggi lei, reduce del "Geniale".
Tafanus
Scritto il 14 dicembre 2015 alle 20:03 | Permalink | Commenti (2)
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Scritto il 14 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (1)
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Finora dalle kermesse di Firenze erano usciti i fedelissimi destinati a ministeri e aziende di Stato. Quest'anno nei piani di Renzi c'è la selezione dei futuri deputati. Via i vecchi parlamentari, ecco il nuovo Pd sognato dal premier (di Marco Damilano - l'Espresso)
Obiettivo: individuare i candidati, fin da ora. Cento nomi bloccati, i capilista. E altri 240 da far eleggere con le preferenze. Non sono i nomi che correranno alle elezioni amministrative della primavera 2016. Nei piani di Matteo Renzi quel voto sarà l'ultimo giro di valzer per il vecchio Pd. L'ultima fermata. Il capolinea. Alla sesta edizione dell'ex stazione Leopolda a Firenze, il luogo dove ogni anno si riuniscono gli stati generali del renzismo, l'unico partito veramente riconosciuto dal premier, la partita è già spostata in avanti. Verso le elezioni politiche: nel 2018, quando arriverà la scadenza naturale della legislatura, o più probabilmente prima, tra tredici-quindici mesi. È per quell'appuntamento che deve essere pronto il nuovo Pd. Da cercare alla Leopolda. Con un'avvertenza: in tutte le edizioni precedenti della kermesse gli emergenti, i personaggi in ascesa raramente sono tornati in posizione di primo piano nell'anno successivo.
I leopoldologi, gli studiosi dei micro-spostamenti nella nomenclatura renziana, simili a quelli che in tempi di guerra fredda scrutavano il Cremlino per individuare promossi e sommersi, elencano che nel 2010, prima edizione, anno zero del renzismo, concluse i lavori Pippo Civati, era il gemello di Renzi, ora milita in un altro partito. Nel 2011 nell'ultima giornata parlò l'ex direttore di Canale 5 Giorgio Gori, qualcuno incautamente osò definirlo il guru di Renzi, ora fa il sindaco di Bergamo. Nel 2012 spopolarono i deputati Andrea Sarubbi e Mario Adinolfi, ma poi non furono neppure ricandidati. Nel 2013 Graziano Delrio affiancò Matteo al tavolo della presidenza. Un sodalizio finito: oggi Delrio è ministro delle Infrastrutture, lontano da Palazzo Chigi. Nel 2014, furono lanciati quattro giovani deputati: Edoardo Fanucci, Lorenza Bonaccorsi, Luigi Famiglietti, Silvia Fregolent. Chi li ha più visti? Anche Andrea Guerra, l'ex amministratore delegato di Luxottica, super-applaudito alla Leopolda, ha avuto vita breve a Palazzo Chigi. Ora si è accasato a Eataly con Oscar Farinetti.
C'era una volta la Leopolda, il regno di Camelot della rottamazione. C'erano una volta Alessandro Baricco e Fausto Brizzi e Pif, gli intellettuali organici, i profeti del nuovo corso. L'operazione è stata compiuta, l'ex sindaco di Firenze ha conquistato il trono, Matteo il giovane regna e governa. E l'appuntamento annuale alla Leopolda cambia pelle, in vista delle elezioni politiche, quando saranno. Nella sesta edizione nessun parlamentare sarà chiamato a intervenire sul palco: brutto segnale per chi spera di essere riconfermato nel prossimo Parlamento. Via i tavoli di lavoro in cui negli anni precedenti si erano accalcati ministri e semplici militanti, sono stati invitati gli esponenti della società civile che piace al premier, i campioni, i vincenti: Samantha Cristoforetti, Flavia Pennetta, Roberta Vinci, Federica Pellegrini. La consacrazione di un partito di numeri uno. Il contrario di quello che nelle grandi città e nei piccoli comuni si spacca sulle primarie e sulle candidature, il Pd che a Roma, Milano, Napoli non riesce a trovare tra i suoi iscritti un personaggio degno di essere proposto all'elettorato come sindaco. Vano sperare che dalla Leopolda possa arrivare un'indicazione. Non è quella la sfida elettorale che interessa al premier (...già... peccato che - come avevamo pronosticato con largo anticipo - TUTTE queste "number one", Samantha, Federica, Flavia, Roberta, gli abbiano dato buca... Povero Matteo!... queste donne hanno capito benissimo che Renzi a loro non può dare nulla. Può solo privarle dei sostenitori antirenziani - un fiume in piena... E hanno capito che erano solo loro a poter dare la loro faccia a Renzi, in cambio di niente. Sono andate altrove... L'unico che si è presentato - tiene famiglia? - + stato il presidente del CONI Malagò. Si, proprio lui... quello della laurea farlocca NdR)
La prima regola del renzismo è che tutto può ruotare, tranne il leader. Sempre lo stesso anche il comitato direttivo della fondazione BigBang che organizza l'evento e che gestisce i finanziamenti privati: presidente l'avvocato Alberto Bianchi, da un anno e mezzo nel cda dell'Enel. E poi ci sono Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Marco Carrai. La Trinità che affianca Renzi a Palazzo Chigi e nelle relazioni con il mondo esterno. Il sancta sanctorum di Matteo che incarna la seconda regola implicita del renzismo realizzato. Tutto al governo, niente al partito. Dopo due anni di leadership di Renzi il Pd e la Leopolda continuano a essere pianeti che non si incrociano mai. La classe dirigente uscita in cinque anni dall'ex stazione fiorentina ha conquistato ministeri, direzioni generali, consigli di amministrazione, enti pubblici, collegi sindacali: Fabrizio Landi (Finmeccanica), Marco Seracini (Eni), Federico Lovadina (Ferrovie), Simonetta Giordani (Ferrovie), Guelfo Guelfi (Rai). Più in alto di tutti, quest'anno, è salito Antonio Campo Dall'Orto, leopoldino da sempre, direttore generale della Rai da quattro mesi, in attesa di diventare amministratore delegato di viale Mazzini con l'approvazione definitiva della nuova legge. Con lui nella ex stazione ci sarà la regista Simona Ercolani, Renzi l'avrebbe voluta presidente della Rai, ora è candidata alla direzione di Raiuno. Nell'attesa delle nomine le è stata affidata la direzione creativa della tre-giorni alla Leopolda: luci, inquadrature e tempi di intervento (...e meno male che uno dei 100 punti-minchiata del BigBang predicava, con toni stentorei: "Fuori la politica dalla RAI"! Forse intendeva dire "Fuori i politici non strettamente renzino-osservanti"... NdR)
Un'occupazione sistematica del potere. Con un'assenza importante: gli incarichi di partito. Forse sono considerati fonte infinita di guai e di rogne da sbrigare, senza nessuna gloria. Tra i leopoldini doc a presidiare il Pd sono rimasti il vice-segretario Lorenzo Guerini e il tesoriere Francesco Bonifazi: ruoli strategici ma più in difesa che in attacco. E i renziani della prima ora rimasti nel partito si sentono snobbati. Dopo qualche ripensamento il deputato Matteo Richetti sarà presente alla Leopolda, ma ha denunciato in pubblico la fine della rottamazione. Molti altri, invece, hanno deciso di restare a casa. Uno sforzo inutile andare a Firenze in cerca di una benedizione per le scalate ai posti di comando del Pd. E tutti quelli che hanno provato a esportare nel Pd a livello locale il modello Leopolda hanno fallito. La Fonderia delle idee a Napoli, organizzata da Francesco Nicodemo e Pina Picierno, e la Fabbrica del sottosegretario Davide Faraone a Palermo sono iniziative consumate in un fine settimana. Nicodemo è stato assoldato a Palazzo Chigi per la comunicazione internet. E il sito di Faraone siciliaduepuntozero.it, con la scritta «Il futuro è già presente, è fermo al 28 febbraio 2015, come una lapide. L'ultimo dirigente del Pd uscito dalla Leopolda è il segretario cittadino di Milano Pietro Bussolati, renziano da tempi non sospetti, ma nella vicenda delle primarie sul candidato sindaco, Giuseppe Sala, Francesca Balzani o Pierfrancesco Majorino, non l'hanno coinvolto granché.
Eppure gli assenti hanno torto. È dall'edizione 2015 della stazione Leopolda che arriverà il Pd di domani. Le elezioni amministrative di primavera del prossimo anno nei piani di Renzi sono un ostacolo da superare senza troppi danni, sono l'ultimo voto con il vecchio Pd. L'ultima corsa per notabili, apparati, signori della guerra reduci da mille battaglie. Poi si cambia. Alla fine del 2016, nella tabella di marcia del premier, è indicato il referendum confermativo sulla nuova Costituzione che elimina il bicameralismo e il Senato, così come l'abbiamo conosciuto finora. E poi, primi mesi del 2017, le probabili elezioni, in anticipo di un anno rispetto alla scadenza naturale della legislatura. Con l'Italicum, la nuova legge elettorale, il partito che vince conquisterà 340 seggi alla Camera. Cento saranno i nomi bloccati, i capilista, tutti gli altri dovranno correre per prendere i voti degli elettori con le preferenze. Ecco perché il Pd e il partito della Leopolda, finora rette parallele, sono inevitabilmente destinati a incontrarsi. I prossimi deputati renziani saranno scelti qui, nella platea di Firenze più che nelle agonizzanti federazioni di partito, come si chiamavano un tempo. I cacciatori di teste renziani sono già all'opera, guidati dal sottosegretario Luca Lotti. Bisogna individuare i nomi dei candidati, fin da ora. Collegio per collegio. I fedelissimi e i nomi da vetrina tra i capilista. I più competitivi saranno inseriti nella seconda parte delle liste dove si devono prendere i voti, le preferenze. Sarà quello l'esordio del partito renziano che da sempre gioca in casa alla Leopolda. Davanti agli occhi del Capitano Renzi. E all'unica che davvero ha i titoli per dirigerlo: Maria Elena Boschi. Oggi e soprattutto domani, quando Matteo penserà a lasciare il doppio incarico segretario-premier. E il Pd e la Leopolda si riuniranno in un solo partito. Guidato da lei.
(Marco Damilano - l'Espresso)
Scritto il 13 dicembre 2015 alle 17:11 | Permalink | Commenti (1)
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Scritto il 13 dicembre 2015 alle 08:01 | Permalink | Commenti (0)
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Recensione del film "La ìsla minima" (di Angela Laugier)
Regia: Alberto Rodríguez
Principali interpreti: Javier Gutiérrez, Raúl Arévalo, María Varod, Perico Cervantes, Jesús Ortiz, Jesús Carroza, Salva Reina, Antonio de la Torre, Nerea Barros, Ana Tomeno – 105 min. – Spagna 2014.
Siamo nel 1980. E’ morto da soli cinque anni Francisco Franco, il feroce dittatore che dal 1939 aveva governato ininterrottamente la Spagna, i cui abitanti, ora, avrebbero voltato volentieri pagina. Non tutti, naturalmente, perché difficilmente un regime, durato quasi quarant’anni, lascia dietro di sé solo oppositori e scontenti: questa dittatura aveva avuto, infatti, tutto il tempo per radicarsi profondamente nel tessuto sociale del paese, aveva favorito abitudini e comportamenti non ispirati certo alla democrazia, si era servita di funzionari docili e ubbidienti che ancora occupavano i gangli vitali dello stato. Il passaggio alla democrazia, perciò, non fu tra i più facili. La Spagna, inoltre, per la sua conformazione geografica e per la sua storia, non era e non è neppure oggi un paese omogeneo: un conto è vivere a Barcellona, a Madrid, o a Siviglia, grandi città nelle quali, per quanto diversissime tra loro, penetra la curiosità per il mondo moderno e anche la voglia di libertà; un altro conto è vivere nelle zone montuose o nelle sperdute campagne del sud Ovest della penisola iberica dove ci si sente dimenticati da Dio e dagli uomini. Di questa parte del mondo parla questo bel film che, descrivendoci l’estuario del Guadalquivir, il grande fiume che attraversa l’Andalusia, ce ne mostra le paludi e gli acquitrini che rendono l’atmosfera mefitica e soffocante, nebbiosa anche in piena estate, e la gente scontrosa e diffidente, tanto ripiegata su se stessa da non voler collaborare con le autorità locali neppure per risolvere il clamoroso caso della scomparsa di due giovani sorelle, durante una festa paesana, la sola occasione di svago da quelle parti. Si trattava di due ragazze belle e giovani, che sognavano di andarsene di lì e che perciò avevano cercato un lavoro a Malaga: erano così insofferenti del luogo e così belle e vivaci, da aver scatenato maldicenze e pettegolezzi sul loro conto, tanto che neppure il padre era disposto a cercarle. Solo la madre, con una lettera alle autorità madrilene, aveva ottenuto che le indagini si avviassero davvero: la capitale aveva mandato due ispettori, Juan e Pedro (Javier Gutiérrez e Raúl Arévalo, rispettivamente) per affiancare la polizia locale. Juan era un uomo di mezza età, con un passato apertamente franchista: il regime se ne era servito spesso per la sua spietatezza, che non arretrava neppure davanti alle torture più efferate pur di ottenere le confessioni di presunti colpevoli; Pedro era, invece, un giovane interessato a battersi, anche nelle forze di polizia, per i diritti e la democrazia: entrambi dunque, sia pure per opposte ragioni, scomodi al potere che si stava formando ma che non aveva trovato ancora la propria stabilità. Meglio, dunque, allontanarli entrambi.
Naturalmente le indagini non si presentavano facili, sia perché non esisteva accordo sui metodi per condurle, essendo Juan e Pedro in dissenso profondo a questo proposito, sia perché lo stesso magistrato che avrebbe dovuto favorirli, diffidava di entrambi nel timore che offuscassero la sua popolarità, dovuta anche alla sostanziale sua connivenza con i gruppi di potere locali, in qualche modo oscuramente coinvolti nel “caso”. La speranza di inabissare le indagini, impaludandole negli acquitrini impraticabili del Guadalquivir, si era però arrestata proprio quando il grande fiume aveva restituito i corpi orrendamente mutilati e seviziati delle due giovani, poi di un’altra, che era stata una loro amica e poi oggetti e brandelli di cose diverse che facevano pensare alla presenza di un serial-killer che avrebbe potuto continuare indisturbato a uccidere mettendo a rischio l’intera popolazione femminile della zona.
Il film diventa dunque un noir assai appassionante, carico di tensione, ben sottolineata non solo dal crescere della diffidenza sospettosa di ciascuno in una realtà sociale dove nulla è ciò che appare, ma anche dalla corrispondenza sempre molto convincente fra l’ambigua oscurità dei fatti e dei comportamenti e i tratti sfuggenti di un paesaggio quanto mai adatto alle insidie e alle trappole senza sbocco, i cui contorni si precisano solo dall’aereo, a una distanza che renda evidente la mappa dei luoghi. Analogamente saranno allora, proprio i due “esterni”, a dover trovare il compromesso “alto” necessario per venire a capo del difficile problema, che è la ragione stessa della loro presenza. Mi è sembrato, dunque, l’intero film una trasparente metafora politica, che contiene anche l’invito alla conciliazione in vista delle sorti di una Spagna che non avrebbe potuto disgiungere i propri destini dalla democrazia.
A leggere le recensioni diffuse sul web (e non solo), ci si convince che questo film, che è molto bello e ottimamente costruito, abbia molti padri: qualcuno dà per certa la sua derivazione dalle opere cinematografiche o televisive di famosi registi, come Fincher o Lynch; altri, assai paludati giudici, esprimono (su cartacee riviste prestigiosissime) la convinzione che si tratti di una pallida copia di un vecchio film coreano di Joon-ho Bong, Memories of Murder ; io stessa, se proprio mi ci metto posso trovarci intere sequenze ispirate dal film di Xavier Dolan Tom à la ferme. Mi chiedo però, che senso abbia questa ossessiva ricerca delle prove di un plagio che mi sembra davvero inesistente: che Alberto Rodriguez abbia conosciuto molto del cinema girato prima del suo non mi sembra una colpa, perché testimonia semmai una ottima cultura cinematografica sulla quale, in modo originale e puntuale, egli ha costruito un importante aspetto della storia del proprio paese. Ben dieci premi Goya lo hanno riconosciuto, così come il pubblico europeo, che gli ha tributato un successo ben meritato, che spero incontri anche in Italia.
Angela Laugier
Scritto il 13 dicembre 2015 alle 07:59 nella Altan, Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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Ne avevo già scritto, perchè tenendo sistematicamente il database di TUTTI i sondaggi registrati nel sito ufficiale governativo, senza fare alcun calcolo, ma ad occhio, e da molto tempo, mi sembrava che il PD di Renzi fosse molto fortunato quando i sondaggi erano firmati da iXé, meno quando i sondaggi erano firmati da altri. Ma dato che il motto della "casa" è sempre stato "tenere i fatti separati dalle pugnette", ho voluto confrontare ben tre mesi di dati (tredici sondaggi settimanali) del PD dipinto da ixé, con i dati dipinti dalla MEDIA di TUTTI gli altri sondaggisti. Ecco cosa è emerso:
Ma spendiamo qualche parola sulla metodologia: iXé lavora praticamente solo per Agorà (Rai Tre), per cui fa un sondaggio a settimana. Monocommittente (una situazione molto pericolosa, perchè se scontenti quello...). Dunque, abbiamo confrontato, per ogni dato settimanale di iXé sul PD, i quattro sondaggi "vicini di casella": i due cronologicamente fatti subito prima, e i due fatti subito dopo.
Bene. Fra le due serie di dati c'è una differenza media di due punti. Due punti su 30/35 non sono una catastrofe. O meglio, non sarebbero una catastrofe se la differenza fosse una volta in più, un'altra volta in meno degli altri sondaggisti. In fondo, due punti rientrerebbero nella famosa "forchetta" (margiine d'errore, per gli addetti ai lavori). Ma se SISTEMATICAMENTE la differenza pende per privilegiare UNA (e sempre la stessa) delle parti in causa, noi, che non siamo gentili, diventiamo sospettosi.
Dunque, in 13 settimane la iXé non ha sbagliato un colpo. A loro non è capitato neanche una volta di sbagliare nell'altra direzione. Niente. Cosa bisogna dedurne? Che o la sola iXé, o tutti gli altri sondaggisti messi assieme, non sanno fare il loro mestiere. Ora, tutto è possibile. Ma come persona "non digiuna" di metodologie sulle ricerche sociografiche, propendo per esperienza a pensare che se nove assaggiatori dicono che un certo vino sa di tappo, e uno - uno solo - lo trova invece ottimo, ci sono elevate probabilità che a sbagliare sia quell'uno, e non TUTTI gli altri nove.
Non me ne voglia, la iXé, ma dietro le mie parole non c'è alcuna accusa di "compravendita" di sondaggi truccati. Solo, mi sia consentito, la cosa mi sembra abbastanza strana. E faccio due domande:
Ora, succede che di molte società di ricerche io sappia "chi c'è dietro". Tutti conosciamo, nel bene e nel male, i vari Piepoli, Crespi, Diamanti, Ghisleri, ecc. ecc... Mi sarebbe piaciuto capire chi c'è dietro iXé ma - come ho scritto già in un post dal titolo "
Niente - assolutamente niente - è dato sapere sui membri e sul "comitato scientifico" (?) di questo istituto, sui suoi clienti diversi da Agorà, sulle sue credenziali... Perchè allora ne riscrivo adesso? Perchè la "quota-premio" assegnata al PD renzino da iXé, rispetto agli altri sondaggisti, poi ovviamente usata da altri per farne marketing virale, lungi dall'attenuarsi nel tempo, si aggrava sempre più. Insomma, che si tratti di irrisolvibile errore metodologico, o di altre "necessità" (del committente o dell'Istituto) non stiamo migliorando, ma peggiorando.
Un piccolo segnale dell'aggravamento della "malattia"? Tre mesi fa iXé assegnava al PD renzino un "premio" (rispetto agli altri istituti) di 1,6 punti. Oggi siamo ormai arrivati a 3 punti tondi tondi: il PD vale il 33,1% per Ixé, il 30,1% per la media di tutti gli altri.
A questo punto abbiamo superato anche il margine d'errore statistico, l'errore è sempre nella stessa direzione (quindi non è insito al calcolo delle probabilità, ma siamo o nel campo di un errore metodologico sistematico - e allora un istituto serio e attrezzato cerca la causa dell'errore e corregge la metodologia - oppure siamo - ma non voglio neanche farla, questa ipotesi! - nel campo, peraltro non rarissimo, dei sondaggi prefabbricati).
Certamente non è così, e attendiamno fiduciosi che la iXè - alla quale abbiamo dedicato questo secondo post - voglia e sappia fornirci chiarimenti convincenti. Lo farà sicuramente. Forse lo farà. O forse no?
Tafanus
Scritto il 12 dicembre 2015 alle 18:44 | Permalink | Commenti (3)
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Scritto il 12 dicembre 2015 alle 16:04 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 12 dicembre 2015 alle 14:29 | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 12 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (2)
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Oddio no!!!!!!!!!!!!!!!! l'ennesima Leopolda! Ricordo ancora quella del big-bang del 2012, che mi ha fatto perdere alcuni "amici" (...oddio... sono sopravvissuto... ce la farò ancora una volta...) Dopo quella sagra dell'annuncite raccolta in un libercolo dal titolo molto renziano di "Big Bang" (molto modestamente, il "parto dell'Universo"), avevo osato chiosare punto per punto i cento punti della Madre di Tutte le Minchiate, attirandomi le ire di alcuni amici, i quali non entravano nel merito delle demolizioni dei singoli punti, ma mi contestavano già il fatto di aver osato analizzarli... Più tardi, attenti informatici scoprivano che il pdf del BigBang veniva - guarda caso - la PC del mediasettino Giorgio Gori... Prossima Fermata Arcore non era una battuta.
Per gli amanti dell'orrido, fornisco il LINK all'ultima puntata dell'analisi, nella quale sono contenuti i links a tutte le puntate precedenti. Avevo intitolato quel servizio "Le cento idee Findus di Matteo Renzi" (cento. Non una di più, non una di meno) perchè era fatta da evergreens surgelati, alcuni raccattati addirittura dal cesto dei giochi di Pannella in fasce, come, ad esempio, l'abrogazione del valore legale del titolo di studio, spacciata per una novità assoluta e rivoluzionaria...
Oggi che - a tre anni di distanza - inizia l'afflizione dell'ennesima sagra dell'annuncite chiamata Leopolda, ho voluto impietosamente riportare (ma solo per "titoli") l'elenco del "non-fatto", che include praticamente il 99% del BigBang. Chi volesse entrare nei dettagli, può andare ai post originari. Da parte mia, mi limito ad assegnare l'Oscar dell'annuncio-minchiata supremo al punto in cui, solo tre anni fa, Renzi si impegnava a portare il debito italiano al 100%. Bene, stiamo facendo piccolo cabotaggio fra il 135% e il 140%. Solo per non dimenticare.
LA SAGRA DEL NON-FATTO
Basta con il bicameralismo dei doppioni inutili (...magari sull'Italicum attendiamo il referendum confermativo, e il parere della Corte Costituzionale?)
Le elezioni diano potere ai cittadini non ai segretari di partito
La politica non sia la via breve per avere privilegi e una buona pensione - Aboliamo tutti i vitalizi per i Parlamentari (detto da uno che da oltre dieci anni incassa contributi figurativi "aggratis", non è male...)
Un costo standard per le Regioni
Abolizione delle province (Aboliti i consigli, non le sedi, i funzionari, le funzioni)
L’unione fa la forza: mettiamo insieme i piccoli comuni
I partiti organizzino la democrazia, non siano enti pubblici (Vedi democrazia interna nel PD renzino)
Le camere di commercio regolino il mercato, non siano imprese (???????????)
Il consiglio inutile - Il CNEL (...sembra che il CNEL esista ancora...)
Meno poltrone, più efficienza (si deve volere bene alla mamma, non ci sono più le mezze stagioni...)
Gli altri costi della rappresentanza (vedi 600.000 euro spesi dal sindaco di Firenzr, tale Renzi, in spese di rappresentanza, in meno di una legislatura; la sciatina in Falcon con famigliola al seguito; la finale win-win degli US Open...)
Eliminiamo la classe politica corrotta - Lo strumento è una amnistia condizionata (eliminiano la corruzione con le amnistie?...)
Razionalizzare le missioni italiane all'estero (fatto? cosa?)
Cambiare la Rai per creare concorrenza sul mercato tv e rilanciare il Servizio Pubblico (fatto? cosa?)
Fuori i partiti dalla Rai (...hahahahah hahahah... Scusate... adesso mi ricompongo...)
Portare il rapporto debito/Pil al 100% in 3 anni (...hahahahaha... hahahahahah... hahahahahaha... Scusate, non riesco a ricompormi!)
Riformare le pensioni per avere ancora le pensioni (sociali)
Nuove regole per evitare il cumulo delle pensioni (Vedi alla voce "Renzi: pensioni da Presidente di provincia, cumulate a quelle da sindaco, da presidente de consiglio, e da "Dirigente"Azienda" che ha pagato contributi veri solo per un mese...)
Una rivoluzione copernicana per il fisco (innalzamento sella soglia penale dell'evasione da 50.000 a 150.000 euro)
Uscire dal sommerso (E' aumentato)
No ai condoni (Ultimo: quello sul rientro dei capitali illecitamente esportati)
Riformare gli ordini professionali (non fatto)
Liberalizzare i servizi pubblici locali (non fatto)
Antitrust obbligatorio (non fatto)
Liberalizzare le assicurazioni su infortuni e malattie (non fatto)
Ridurre il numero delle norme (non fatto)
Mettere in competizione il pubblico con il pubblico (???)
Una Delivery Unit sul modello UK (...che cazz'è?...)
Superare il precariato attraverso il contratto unico a tutele progressive (abolito l'art. 18 - "tutuele crescenti = vecchio TFR)
Un fondo nazionale per la ricerca gestito con criteri da venture capital (non fatto)
Una terapia d’urto per la giustizia civile (non fatto)
Avvocati pagati solo su preventivo (non fatto)
Entri (più spesso) la corte (non fatto)
Accorpamento delle sezioni giudiziarie staccate (non fatto)
Entri l’informatica nel tribunale (non fatto)
Il merito in tribunale (non fatto)
Giustizia penale nei tempi giusti (non fatto)
Le città rinnovabili (non fatto)
Ammodernare la rete elettrica e il mercato per ridurre il costo della bolletta (raddoppiata)
I rifiuti da problema a risorsa (non fatto)
Agribusiness italiano. Incentivare nuove imprese dell’agribusiness (non fatto)
Puntare su internet (dimezzato il bilancio per la digitalizzazione)
Coordinare il marketing turistico (non fatto)
Semplificazione delle norme sulle gare d’appalto (semplificatotssime: adesso non si fanno praticamente più gare d'appalto, se non truccate)
Liberalizzazione del trasporto pubblico regionale (non fatto)
Istituire gli “affitti di emancipazione” (non fatto)
Consentire a tutti gli studenti universitari di finanziarsi gli studi e le tasse (non fatto)
Regolamentazione dei contratti di lavoro per gli studenti (non fatto)
Diritto di voto a 16 anni (per fortuna, non fatto)
Abolizione del “valore legale” del titolo di studio (non fatto)
Restituire prestigio e reddito agli insegnanti capaci (5 euro di aumento al mese dopo 6 anni di blocco dei contratti)
Ebook per tutti (non fatto)
Introdurre il quoziente fami(g)liare (non fatto)
Detrazione della spesa familiare (non fatto)
Una regolamentazione delle unioni civili (non fatto, Alfano non vuole)
Promuovere la natalità (non fatto - la natalità non si aumenta "bucando" i preservativi, ma abbassando l'età di ingresso nel lavoro dei giovani, e dimezzando la disoccupazione giovanile)
Più Nidi e Asili d’infanzia (non fatto)
Progetto DAVID per la sicurezza stradale - (Oddio, no!!! questa minchiata renzina girava già nel Febbraio 2011! con una tale precisione di previsione – il morto minuto per minuto – da risultare assolutamente ridicola!) Vedi Tafanus: L'ultima Renzata
Adozione dello jus soli (non fatto)
Immigrazione intelligente (non fatto)
Servizio civile obbligatorio (non fatto)
Sequestrare più rapidamente, gestire meglio immobili, patrimoni e aziende (non fatto)
Tafanus
Maria Elena Boschi alla Leopolda
Siamo molto curiosi di capire quali saranno gli annunci di questa ennesima Leopolda... Vedrete, prima o poi attingerà alla Berluskoni kultur...
Scritto il 11 dicembre 2015 alle 15:38 | Permalink | Commenti (0)
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Etruria, banca spolpata fra fidi ai consiglieri e yacht "fantasma"
Una famiglia di ggiovani ggeni
Maria Elena Boschi, ministressa renziana per le riforme a 32 anni. Prima era daleminana, poi lei e Renzi sono stati reciprocamente folgorati alla Leopolda. Nessuna competenza in materia "riforme". Accanto, il fratellino Emanuele, a 25 anni già in Banca Etruria, in posizione di grande responsabilità. Anche lui, esperienze precedenti pari a zero. Insomma, una familgia di ggiovani ggeni.
"Come è umano lei!" Se non ci fosse già la mestizia per un morto suicida, verrebbe da usare le parole di Giandomenico Fracchia ne "La belva umana" per giudicare "le misure di tipo umanitario" annunciate dal ministro Pier Carlo Padoan a favore dei risparmiatori più poveri, il parco buoi che con le obbligazioni "subordinate" di quattro banche ha perso tutto.
Ruggisce la Chimera di Arezzo verso i 13 ricchi ex amministratori e 5 ex sindaci di Banca Etruria che invece probabilmente non restituiranno mai i 185 milioni che si sono auto-concessi con 198 posizioni di fido finiti in "sofferenza" e in "incaglio", settore che in banca curava Emanuele Boschi, fratello del super-ministro Maria Elena. Né, visti i precedenti, restituiranno i 14 milioni riscossi di gettoni negli ultimi cinque anni. Figurarsi poi i 20 primi "sofferenti" per oltre 200 milioni. A cominciare da Francesco Bellavista Caltagirone dell'Acqua Antica Pia Marcia, "un dono fatto all'Urbe dagli dei" (Plinio il Vecchio) esposta con le sue controllate per 80 milioni o la Sacci (40 milioni) della famiglia Federici, passata adesso all'Unicem, o la Finanziaria Italia Spa del Gruppo Landi di Eutelia (16), o ancora la Realizzazioni e Bonifiche del Gruppo Uno A Erre (10,6), l'Immobiliare Cardinal Grimaldi, titolare di un mutuo di 11,8 milioni a 40 anni, una durata che non esiste sul mercato, e Acquamare srl (17,1) sempre del gruppo Bellavista Caltagirone.
Tra le storie più deliranti tra quelle nelle quali ci si imbatte percorrendo i sentieri delle quattro banche fallite, la più sconclusionata è quella del panfilo più lussuoso al mondo che doveva essere costruito dalla Privilege Yard Spa a Civitavecchia, lungo 127 metri e già opzionato - si diceva - da Brad Pitt e Angelina Jolie. Dal 2007, quando fu costituito il pool di banche capeggiato dall'Etruria, esiste solo il rendering della nave di carta e la società è fallita con un buco di 200 milioni. L'inventore del bidone si chiama Mario La Via, che si definisce "finanziere internazionale", e che esibiva come suoi soci l'ex segretario generale dell'Onu Perez de Cuellar, il sultano del Brunei e Robert Miller, azionista Louis Vuitton e CNN. L'inaugurazione del cantiere fu benedetta dal cardinale Tarcisio Bertone. Nel consiglio figuravano Mauro Masi, ex direttore generale della Rai, Giorgio Assumma, ex presidente della Siae, e il tributarista Tommaso Di Tanno. Per non farsi mancare niente, tra gli sponsor c'era anche Giancarlo Elia Valori, l'unico massone espulso a suo tempo dalla P2 di Lido Gelli. D'altro canto, la Banca Etruria è da lustri teatro dello scontro e anche degli incontri d'interessi tra finanza massonica e finanza cattolica. Quasi tutte storie che vengono dalla notte dei tempi.
La Banca dell'oro, come era chiamata per il ruolo nel mercato dei lingotti, nasce nel 1882 in via della Fiorandola come Banca Mutua Popolare Aretina. Ma è cent'anni dopo, nel 1982, che comincia l'espansione con l'acquisto della Popolare Cagli, della Popolare di Gualdo Tadino e della Popolare dell'Alto Lazio, feudo di Giulio Andreotti che era sull'orlo del default. E comincia il trentennio del padre-padrone Elio Faralli, classe 1922, massone, che rinunciò alla presidenza con una buonuscita di 1,3 milioni e un assegno annuale di 120 mila euro perché a 87 anni non facesse concorrenza alla sua ex banca. Scomparso nel 2013 e sostituito dal cattolico Giuseppe Fornasari, Faralli sponsorizzò tutte le prime venti operazioni in sofferenza di cui abbiamo dato conto, salvo 20 milioni deliberati ancora per la nave di carta durante la presidenza Fornasari. Risale poi al 2006 l'acquisto di Banca Federico Del Vecchio. Doveva essere la boutique bancaria che portava in Etruria i patrimoni delle ricche famiglie fiorentine, ma si è rivelata un buco senza fondo. Un giorno Faralli si rinchiuse da solo in una stanza col presidente della Del Vecchio e ne uscì con un contratto di acquisto per 113 milioni, contro una stima di 50, mentre mesi fa veniva offerta in vendita a 25 milioni.
"La Banca Etruria non si tocca", andava proclamando il sindaco di Arezzo Giuseppe Fanfani, nipote del leader storico della Democrazia Cristiana Amintore e figlio del leader locale Ameglio, alla vigilia di lasciare l'incarico per trasferirsi nella poltrona di membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura. Un sindaco aretino, chiunque egli fosse, era costretto a difendere "per contratto" l'icona bancaria cittadina, 186 sportelli e 1.800 dipendenti, con un modello fondato su un groviglio di interessi intrecciati tra loro. Lo stesso modello ad Arezzo, come nelle Marche, a Chieti e Ferrara, con banchieri improvvisati, politici locali, imprenditori, azionisti, grandi famiglie feudatarie, truffatori, a spese dei piccoli correntisti spinti ad acquistare prodotti a rischio per loro incomprensibili. Ma il mito della banca semplice, radicata sul territorio, per clienti semplici, dove tutti si fidano, si è infranto definitivamente un mercoledì del febbraio scorso, quando ad Arezzo, di fronte ai capi-area convocati per avere comunicazione dei tragici dati di bilancio, irrompono due commissari nominati dalla Banca d'Italia, Riccardo Sora e Antonio Pironti. Il presidente vuole annullare la riunione, ma i commissari dicono: "No, la riunione la facciamo noi." E di fronte ai dirigenti esordiscono così: "Qualcuno in Consiglio d'amministrazione insiste nel non voler capire bene la situazione". E dalla sala si alza un commento: "Meglio i commissari che il geometra", che non è altri che il presidente commissariato Lorenzo Rosi, affiancato dal vice Pier Luigi Boschi. Ma la Banca d'Italia finalmente muscolare non fa miglior figura. Passano due o tre giorni e si scopre che il commissario di Bankitalia Sora è indagato a Rimini, dove era stato commissario della locale Cassa di risparmio per l'acquisto di azioni proprie "a un prezzo illecitamente maggiorato".
Adesso, con il pellegrinaggio di ieri ad Arezzo di Matteo Salvini ed altri raccogliticci salvatori della patria, le polemiche tutt'altro che ingiustificate sulla Banca d'Italia, che era finora un tabernacolo inviolabile, si spostano dritte dritte sul governo Renzi. Il capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo evoca i 238 miliardi di aiuti alle banche messi dalla Germania, che poi ha promosso i vincoli per impedire interventi analoghi agli altri paesi, contro il nostro miliardo. E lamenta gli inadeguati poteri d'intervento e sanzionatori. Ma non spiega perché il commissariamento non fu fatto dopo la terribile ispezione del 2010 o dopo quelle altrettanto tragiche del 2013 e 2014. Quanto al governo, ci ha messo non più di venti minuti per approvare il salva-banche. Ma, attenzione. Così com'è, c'è chi teme che rischi di provocare altri monumentali guai.
(Alberto Statera - Repubblica dell'11/12/2015)
Scritto il 11 dicembre 2015 alle 12:26 | Permalink | Commenti (2)
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Scritto il 11 dicembre 2015 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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Ci voleva il morto, tenuto fuori dai media per ben 11 giorni, perchè finalmente i talk-show TV smettessero per un attimo di parlare di Bossetti e della Gambirasio, e cominciassero a parlare della legge salva-banche; a chiedersi perchè solo quattro banche su circa 130 siano state "salvate"; quali siano le competenze bancarie specifiche del padre della Ministra Boschi, tali da portarlo da semplice membro (uno dei tanti) del CdA della Banca Popolare dell'Etruria, alla carica di Vicepresidente; quali siano le competenze specifiche del fratello della Boschi, anche lui entrato nella stessa banca come responsabile di un ufficio molto delicato: quello che si occupa delle "sofferenze" (che, per inciso, in Banca Etruria non sono l'eccezione, ma la regola: l'87% degli impieghi della Banca Etruria sono "in sofferenza").
Il modo in cui i tre maggiori giornali italiani, tutti abbastanza "non ostili" al renzismo e al "nuovo che avanza" hanno non-trattato l'argomento, è da vergogna. Facciamo i nomi? Facciamoli. Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa (e mettiamoci anche l'Unirenzità) riescono TUTTI a non scoprire il suicidio del correntista pensionato rovinato per ben 11 giorni, ma riescono a scoprirlo solo DOPO che il fatto finisce su un giornaletto di provincia, e dilaga in rete.
Ci vuole tutto il "cauto servilismo" di certi giornali per riuscire a scrivere pagine intere (a scoppio ritardato) sul suicidio del pensionato rovinato dalla Banca Etruria, senza mai digitare la "parola proibita: "Boschi". Non ci credete? Io vi fornisco il link agli articoli di questi giornali sul suicidio; voi scrivete la parola "Boschi" nella finestrella "CERCA". Il primo che trova la parola "Boschi in un articolo di questi giornali sul suicidio mi mandi il link, e mi affretterò a smentirmi. Ecco gli articoli:
Questi omertosi silenzi fanno pensare... O no? Eppure la Banca Etruria ha una lunga e ingloriosa storia che arriva da lontano... Esattamente dalla P2, da Licio Gelli, dal suo "conto "Primavera" che serviva gli interessi del Venerabile Maestro, dal suicido di Mario Lebole, fondatore di una allora grande bella industria tessile, e passato anche lui dal CDA della Banca Etruria. Un articolo, questo de "LINCHIESTA" , che consigliamo di archiviare a futura memoria. Anche perchè non scritto oggi, sotto la spinta anche emotiva degli eventi, ma nel febbraio 2015, ben nove mesi fa:
Ultima chicca: Anche la Ministra Boschi è rimasta "impastata" nel crack dell'Etruria, avendo in portafoglio ben 1500 euro di azioni della Banca. Un valore "comico", ad essere gentili. Perchè con un padre vicepresidente e un fratello alto funzionario dell'Etruria, e lei cuore destro di Renzi, non poteva non sapere se i destini dell'Etruria fossero rosa o grigi... Se erano rosa, è ridicolo che abbia investito solo 1500 euro; se erano "grigi", è strano che non si sia disfatta per tempo di questo tesoretto.
Morale? Io che andreottianamente "penso spesso male, faccio peccato, ma spesso indovino", sono convinto che i 1500 euro di azioni Etruria persi siano stati un bel colpo di culo per la Boschi; che oggi può presentarsi su tutti i media che la vita ci infligge, per "cerificare" che nulla sapeva, e che il suo governo non ha certo favorito l'Etruria, visto che persino lei ci ha smenato ben 1500 euro... Come direbbe Iva Zanicchi: "OK, il prezzo è giusto".
Vorrei concludere con questo intervento su "Servizio Pubblico" di Marco Travaglio, che spesso mi sta sugli zebedei, ma altrettanto spesso gli capita di fare impietose e lucide analisi su fatti controversi...
Tafanus
Scritto il 10 dicembre 2015 alle 14:47 | Permalink | Commenti (11)
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