Perché e come Maria Elena Boschi è coinvolta nella vicenda del cosiddetto “decreto salva banche”? - Il padre del ministro, Pierluigi, faceva parte del consiglio di amministrazione di Banca Etruria. Entrato in consiglio nel 2011, da 2014 era vicepresidente dell’istituto. L’11 febbraio del 2015 l’istituto è stato commissariato dal ministero dell’economia su proposta di Bankitalia e il consiglio è quindi decaduto. Il 22 novembre scorso il consiglio dei ministri ha varato il decreto salva banche, che ha comportato la creazione di una “nuova” Banca Etruria liberata dal peso dei crediti “cattivi”, finiti in sofferenza. Nell’istituto ha lavorato in passato anche il fratello del ministro, Emanuele. Mentre lavora tuttora la moglie dello stesso Emanuele.
C’è un conflitto d’interessi nel governo? - In linea di principio, ci sono ragioni di opportunità politica che rendono quantomeno scivoloso il profilo della vicenda per la Boschi, per la presenza di suoi familiari tra consiglieri e dipendenti della banca. E’ vero peraltro che il commissariamento di febbraio, arrivato a sorpresa, è stato di fatto deciso dal ministero dell’economia e dunque dal governo. Decisione che sicuramente non ha né agevolato né favorito Pierluigi Boschi.
La famiglia Boschi ci ha guadagnato? - Dal punto di vista politico sicuramente no. Dal punto di vista economico, il ministro risultava titolare di un pacchetto di 1500 azioni della banca, il cui valore di circa mille euro è stato azzerato dal decreto. Gli altri familiari, compresi il padre e il fratello, non hanno autorizzato la pubblicazione della propria dichiarazione dei redditi e non è dunque possibile sapere se abbiamo tuttora o avessero in passato azioni o obbligazioni Etruria.
Il padre della Boschi o altri suoi familiari sono direttamente coinvolti nelle indagini? - Al momento né il padre né tantomeno altri familiari risultano indagati nell’inchiesta della procura di Arezzo che coinvolge direttamente invece due ex presidenti e un ex direttore generale. Il padre è destinatario di una sanzione Bankitalia, emessa come esito dell’ispezione conclusa nel 2013. Anche nel filone sui conflitti d’interesse dei consiglieri, che si sarebbero concessi prestiti violando di fatto le previsioni del Testo unico bancario, non risultano a oggi addebiti a carico di Pierluigi Boschi.
...e per completare il quadro...: “Il pm che indaga su Banca Etruria è consulente del governo”, Fi chiede una verifica al Csm"
Il procuratore capo di Arezzo Roberto Rossi
Dopo le polemiche sul decreto per il salvataggio delle banche in fallimento, il governo finisce nel mirino per un presunto conflitto d'interessi che riguarderebbe il pm di Arezzo Roberto Rossi, che sta conducendo l’inchiesta sul crac di Banca Etruria. A sollevare il caso sono stati il Fatto Quotidiano e il consigliere Periantonio Zanettin (Forza Italia) che ha chiesto al Csm di fare una verifica sull’incarico di consulenza (agli affari giuridici) che il magistrato svolge per il governo.
In pratica il magistrato a capo della Procura che sta indagando su uno scandalo che coinvolge anche il papà del ministro Boschi, Pier Luigi (già vicepresidente della Banca Etruria) è stato nominato nel febbraio di quest’ anno tra i consulenti del governo Renzi. «Rossi- scrive Zanettin- risulta consulente agli affari giuridici di Palazzo Chigi». Di qui la richiesta di aprire una pratica in Prima commissione «per valutare se sussistano profili di incompatibilità, sotto il profilo dell’appannamento dell’immagine di terzietà e imparzialità, tra l’incarico extragiudiziario assegnato al magistrato e la funzione requirente da lui svolta, anche e soprattutto in relazione alla funzione di coordinamento delle indagini svolte dall’Ufficio» [...]
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