Il portone del circolo del Partito Democratico di piazza Vittorio Emanuele, a Bisceglie, si apre otto minuti dopo le 10. Una discreta fila di persone è già lì, pronta a ritirare la propria tessera del partito. Un’ora dopo i tesserati erano già 25. La procedura in sé non è lunga, cinque minuti a testa: tempo di controllare i dati anagrafici, il documento, l’indirizzo email e la non iscrizione ad altri partiti nei due anni precedenti.

Il parterre dei democratici che aspirano a diventare titolari di tessera è variegato: anziani, giovani appena diciottenni, qualche uomo di mezza età e famiglie intere. I sorvegliati speciali sono quelli che si presentano con il modulo stampato on line: i famosi 363 che ruotano attorno al sindaco Francesco Spina. Pochi quelli che hanno scelto la mattina del sabato per rinnovare semplicemente la vecchia ommissario per il tesseramento, Domenico De Santis, dirige le operazioni.

Ma si capisce subito che non tutto va liscio. Una donna bruna esce dalla stanzetta, si precipita per le scale e dopo una breve telefonata chiama a raccolta un gruppo in attesa fuori dalla porta (padre e figlia 18enne, tre donne sulla quarantina): “Se vi chiedono l’indirizzo email dite che l’avete fatto stamattina e che non lo avete aperto”. La procedura va a buon fine, ma ci vorrà più di mezz’ora. Quello delle mail è un nervo sensibile. Le 363 domande, infatti, sarebbero partite dagli stessi indirizzi e le iscrizioni sarebbero state pagate dalle stesse carte di credito. “Dov’è quella che ci deve dire come fare?” chiede un uomo sui 55 anni con aria un po’ persa. Non la trova e va via. E’ chiaro che chi affolla le scale in attesa di entrare non fa parte dei 600 biscegliesi che, a fine 2014, hanno chiesto di tesserarsi senza che il minimo polverone si alzasse.

I democratici della prima ora, intanto, si radunano davanti al portone, guardano un po’ sconfortati il via vai di persone che mai in quella sede avevano visto. Si confrontano, commentano l’accaduto, parlano della situazione politica del partito a ogni latitudine, da Matteo Renzi a Michele Emiliano. “Ma che c’entra Spina qui? Ma se ne tiri dentro 400 tutti insieme è normale che la cosa ti esploda in mano!”.

Alle 11,30, dopo 25 tessere assegnate, diventa chiaro a tutti che la situazione è sfuggita di mano. Una donna addetta al tesseramento raggiunge il gruppetto e si sfoga: “E’ una vergogna – dice agli interlocutori che la ascoltano annuendo, già sapendo dove porterà quel discorso – i numeri di cellulare sono tutti diversi (rispetto a quelli indicati al momento dell’iscrizione on line ndr). Io ho chiesto a Domenico (De Santis ndr) di sospendere, ma non vuole sospendere. Vuole continuare. Ora sfoltiamo la gente che sta e poi decidiamo che fare. I numeri di cellulare sono tutti diversi. A uno ho chiesto: “Chi è il nostro segretario nazionale?” Non mi sapeva rispondere”.

Il gruppetto si anima: “Che schifo”, commenta il primo. “Ecco quello che ti dicevo, chiedi chi è il nostro segretario, sai qual è il codice etico del partito?”, propone un altro. La donna, continua: “Mi hanno pure detto: “Ma lei deve essere contenta che passiamo dal 4-8 al 40 (per cento ndr). Io devo sentirmi dire pure questo”. Un uomo del gruppetto si rivolge ad un altro dei responsabili del tesseramento, sceso in strada per prendere una boccata d’aria: “Prendi le distanze da questa operazione – gli consiglia – che ti trovi coinvolto. Attenzione, attenzione all’anima nera. C’è tempo per fermare questo scempio, la sinistra non può prestarsi a questo scempio”.

Il tesseramento, al momento, va avanti. C’è tutto questo pomeriggio e la mattinata di domani per diventare a pieno titolo, democratici.