Affondo del presidente della Commissione: il premier italiano "ha detto che è stato lui a introdurre la flessibilità, ma sono stato io. Io mi tengo il mio rancore, ma non sono ingenuo". Il presidente del Consiglio: "E' finito il tempo in cui Bruxelles telecomandava l'Italia"
Se finora lo scontro era rimasto nei retroscena dei giornali e nelle dichiarazioni da interpretare, ora il confronto tra Bruxelles e Roma è aperto. E a tirarlo fuori è il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Oggetto del contendere: i fondi da dare alla Turchia per i migranti siriani sui quali l’Italia si è dimostrata a dir poco fredda e la flessibilità sui conti pubblici. “Ritengo che il primo ministro italiano, che amo molto, abbia torto a vilipendere la Commissione a ogni occasione – ha detto Juncker – non vedo perché lo faccia”.
Prima è arrivata la risposta del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: “Nessuna volontà di offesa, ma un atteggiamento costruttivo”. Poi la replica, più netta di Matteo Renzi: “Non ci facciamo intimidire. L’Italia merita rispetto – dice il presidente del Consiglio in un’intervista al Tg5 anticipata dal direttore Clemente Mimun su Twitter – La flessibilità è arrivata dall’Ue solo dopo molte insistenze da parte dell’Italia”. Renzi sottolinea che “l’Italia ha fatto le riforme e quindi il tempo in cui si poteva telecomandare la linea da Bruxelles a Roma è finito. E’ finito il tempo in cui si andava con il cappello in mano“. Per il presidente del Consiglio, insomma, “la flessibilità l’ha introdotta Bruxelles dopo che in modo molto molto molto insistito l’Italia l’ha chiesta. Flessibilità vuol dire buonsenso, avere una politica economica che pensa più all’occupazione e meno all’austerity e alle regole ferree del budget“.
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