Renzi vuole "un amico" ai servizi segreti. Perchè?
Cosa lega Renzi a Carrai? Di questi due sappiamo che Carrai ha speso un fiume di soldi per finanziare la "carriera politica" di Renzi; sappiamo che è arrivato a pagare l'affitto di un attico a due passi da Piazza della Signoria, dove abitava poi "aggratis" il signo Renzi. Sappiamo che Carrai ha vinto un sacco di appalti per assegnazione diretta a Firenze e dintorni, e che si è guadagnato persino un posto nel CdA degli "Aeroporti di Firenze". Ma mai e poi mai avremmo immaginato che l'impudenza del potere arrivasse al punto da consentire a Renzi di chiedere per Carrai una importante carica nel controllo della "cyber security" italiana...
A cosa serve? Non abbiamo già un efficientissimo servizio (la Polizia Postale) per fare i controlli di comprovata utilità pubblica? Ed è mai concepibile che in un punto di snodo delle comunicazioni private Renzi abbia pensato di mettere un suo "uomo-bancomat"? Per ottenere cosa? Non lo sappiamo, ma sappiamo che da quello snodo è possibile controllare amici e nemici.
Una vergogna infinita, che ci illudevamo si stesse fermando perchè persino Renzi sembrava in grado di capire che questa cosa avrebbe superato i limiti della tolleranza delle istituzioni. Invece il progetto sembra prendere nuovo vigore, e solo Mattarella - se uscirà dal letargo che ha finora contraddistinto la sua presidenza (minuscolo), potrebbe tentare di fermare. Temiamo che non lo farà, e che l'Italia stia per andare incontro a qualcosa al cui cospetto anche lo scandalo del Watergate finirebbe col sembrare un giochino da playstation.
Pubblichiamo l'inchiesta condotta dal Fatto Quotidiano, ed attendiamo, senza molte speranze, di vedere quali siano le reazioni della Presidenza della Repubblica, e della c.d. "minoranza PD", che da due anni grida NO e poi vota SI. E' ora di rottamare il rottamatore.
Tafanus
Il premier va al Colle per difendere l'incarico di "Marchino" alla cyber-security. Dietro di lui una rete di banchieri, costruttori e società estere costruita nel corso degli anni, in cui è arrivato un fiume di denaro da uomini legati al renzismo. Soldi e società in Lussemburgo e Israele
Il premier Matteo Renzi salirà al Colle per confrontarsi con il Capo dello Stato sulle nomine dei vertici militari. La partita delle nomine è fondamentale, per sbloccare la casella a cui tiene di più, quella dell’intelligence informatica, destinata a Marco Carrai. L’incarico potrebbe essere ufficializzato già in giornata. Ma chi c’è dietro Carrai? Quali sono i suoi soci?
E soprattutto: perché Renzi non può rinunciare alla sua nomina? La risposta è proprio nella rete di rapporti, soldi e uomini, legati a doppio filo con Carrai. Una rete che il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare. Grandi imprenditori delle infrastrutture pubbliche, consiglieri di Finmeccanica, capi di importanti gruppi bancari, ex agenti dei servizi segreti israeliani, uomini legati ai colossi del tabacco. Oltre al solito fedelissimo renziano Davide Serra, finanziere trapiantato a Londra e creatore del fondo Algebris. Persino un commercialista accusato di riciclaggio.
Una rete che si snoda intorno a Carrai proprio dal 2012: negli stessi giorni in cui Renzi avvia la scalata al Pd e poi al governo. Una rete che arriva sino a oggi, alla Cys4, la società di Carrai per la cybersicurezza. La stessa società a cui il governo si è aggrappato per giustificare le competenze di “Marchino”, come lo chiamano gli amici, per guidare il comparto dell’intelligence. Persino il ministro Maria Elena Boschi ne ha dovuto rispondere in aula. Eppure, è proprio la presenza sul mercato della Cys4 a rendere Carrai un uomo in pieno conflitto di interessi.
Quell’estate calda in Lussemburgo. Torniamo quindi al giugno 2012. Renzi annuncia la sua candidatura alle primarie contro Pier Luigi Bersani. Due mesi dopo Carrai vola in Lussemburgo. È il primo agosto. Il Richelieu del premier crea una società, la Wadi Ventures management Capital sarl, con poche migliaia di euro e un pugno di soci. C’è la Jonathan Pacifici & Partners Ltd, società israeliana del lobbista Jonathan Pacifici, magnate delle start up che dalla “silicon valley” di Tel Aviv stanno conquistando il mondo.
A Carrai e Pacifici si uniscono la società Sdb Srl di Vittorio Giaroli e i manager Renato Attanasio Sica e Gianpaolo Moscati. I cinque della Wadi Sarl sono gli stessi che oggi controllano il 33 per cento della Cys4, la società di intelligence di Carrai. Un dato che in questa storia non bisogna mai dimenticare. Ma perché Carrai crea in Lussemburgo la Wadi sarl? La risposta arriva dalle visure camerali lussemburghesi. Fine principale: sottoscrivere e acquisire le partecipazioni di un’altra società, omonima e sempre lussemburghese, che in quel momento ancora non esiste: Wadi Ventures Sca. Nasce nel novembre 2012. Renzi è in piena campagna elettorale. Il 27 novembre l’amico Serra, già finanziatore della Fondazione Big Bang di Renzi, versa i primi 50 mila euro nella Wadi Sca. E nelle stesse settimane Carrai, in Italia, pone le basi della futura Cys4.
Il 26 ottobre “Marchino” crea l’embrione della sua futura creatura, quella dedita alla cybersecurity, e che vede Renzi, proprio oggi, impegnato ad affidargli il settore informatico della nostra intelligence.
La ramificazione israeliana. L’embrione della Cys4 si chiama Cambridge Management Consulting Labs. È una società di consulenza aziendale, iscritta alla Camera di commercio il 6 novembre, un mese prima delle primarie. I soci della Cambridge? Gli stessi della Wadi Sarl lussemburghese. Che così controllano anche la cassaforte Wadi Sca. Nella quale, dopo Serra, entra la Fb group Srl, di Marco Bernabé, già socio della Cambridge.
Stessi uomini, società diverse, che dal Lussemburgo portano anche in Israele. Bernabè è socio di un’altra Wadi Ventures, con sede a Tel Aviv, al 10 di Hanechoshet street. È la stessa sede israeliana dell’italianissima Cambridge. Il 2 dicembre Renzi perde le primarie. Le società lussemburghesi legate a Carrai conquistano invece nuovi soci. Non dimentichiamo la squadra: gli uomini della Cambridge, sono gli stessi della Wadi sarl, che controlla la Wadi Sca. E in pochi mesi arriva un altro milione. Con quali soci?
A marzo 2013, nel capitale sociale, entra la Equity Liner con 100 mila euro, creata nel 2006 da tre società (Global Trust, Finstar Holding srl, Regent Sourcing Ltd) rappresentate da Annalisa Ciampoli. La Finstar Holding, è del commercialista e faccendiere romano Bruno Capone. La signora Ciampoli, pur non essendo indagata, è definita, in alcuni atti d’indagine – quelli su un’associazione per delinquere dedita al riciclaggio transnazionale – la collaboratrice di Capone. Capone, invece, è indagato dalla Procura di Roma per riciclaggio in relazione a ingenti trasferimenti di denaro in Lussemburgo che non riguardano la Wadi.
Nel marzo 2012, dunque, il nuovo socio del gruppo di Carrai è un presunto riciclatore, tuttora indagato. Sei mesi dopo, la Equity Liner riconducibile a Capone, viene venduta a un’altra società, la Facility Partners Sa. E Renzi torna a candidarsi per le primarie.
Signori del tabacco e delle banche. In quei mesi, la lobby del tabacco è impegnata nella battaglia sulle accise. Il collegato alla Legge di stabilità prevede un aumento di 40 centesimi sui pacchetti più economici. L’operazione però salta. Renzi in quel momento non è ancora al governo. Ma è in corsa per le primarie, stavolta può vincere. Il presidente della Manifattura Italiana Tabacco, in quel momento, si chiama Francesco Valli. È lo stesso Valli che, fino al 2012, è stato a capo della British American Tobacco Italy. Non è di certo un uomo legato al Pd. Anzi. Presiede per tre anni, dal 2009 al 2012, la Fondazione Magna Charta creata dal senatore allora Pdl Gaetano Quagliarello. È lui il prossimo uomo ad aprire il portafogli. È il nuovo socio della Wadi Sca e del gruppo Carrai. Che la lobby della nicotina avesse finanziato Renzi, attraverso la fondazione Open, diventa noto nel luglio 2014, quando la British American Tobacco versa 100mila euro. Il Fatto può rivelare che l’interesse della lobby risale a un anno prima: tra aprile e settembre, Valli versa 150 mila euro alla Wadi Sca, diventando anch’egli socio di Carrai e Serra. Valli, contattato dal Fatto, ha preferito non commentare.
In pochi giorni si aggiunge anche Luigi Maranzana, che acquista azioni per 100 mila euro. È lo stesso Maranzana che oggi riveste la carica di presidente della Intesa San Paolo Vita, ramo assicurativo del gruppo bancario guidato da Giovanni Bazoli. Interpellato, non se n’è accorto: “Socio di Carrai e di Serra? Non ne so niente, Carrai non lo conosco, sono sempre stato lontano dalla politica – risponde al Fatto –. Ho solo fatto un investimento”. Chi gliel’ha suggerito? Clic.
Alla fine del 2013, quando Renzi diventa segretario del Pd e si avvicina a scalzare Enrico Letta, è il caso di fare qualche conto. Nella Wadi Sca, in un solo anno, sono entrati un milione e 50 mila euro e cinque nuovi soci. A controllare il tutto c’è Carrai. Non solo. Gli stessi soci di Carrai in Lussemburgo – Moscati, Bernabé, Pacifici, Sica e Giaroli – sono già attivi da un anno, in Italia, nella Cambridge, che a fine 2013 matura un utile di appena 46 mila euro. È destinato a salire vorticosamente nell’anno successivo. Quando Renzi diventa premier. Ed è proprio il 2014 a segnalare le novità più interessanti sul fronte lussemburghese.
Nominato in Finmeccanica, arriva il nuovo socio. Nella primavera del 2014, dopo aver conquistato la segreteria del Pd e varcato la soglia di Palazzo Chigi, Renzi è già impegnato nella sua prima tornata di nomine per le aziende di Stato. E nel cda di Finmeccanica entra un uomo che l’ha sostenuto sin dall’inizio: Fabrizio Landi, esperto del settore bio-medicale, tra i primi finanziatori della Leopolda con 10 mila euro. “Ma lei pensa che con 10 mila euro ci si compra un posto nella società più tecnologica del Paese?”, dice Landi all’Huffington Post. In effetti, tre mesi dopo la sua nomina in Finmeccanica, Landi versa altri 75 mila euro comprando altrettante azioni della Wadi Sca.
Non è l’unico a incrementare il capitale della Wadi e, soprattutto, a diventare socio del gruppo legato a Carrai. C’è anche un importante imprenditore che, proprio in quelle settimane, fatica a farsi ascoltare dall’ex ministro per le Infrastrutture, Maurizio Lupi, nonostante gestisca appalti pubblici per miliardi. Il suo nome è Michele Pizzarotti, costruttore.
“Sostegno all’estero” per l’uomo delle strade. Ad aprile Pizzarotti ha un problema: riuscire a parlare con l’ex ministro Maurizio Lupi. Per riuscirci, deve passare attraverso tale Franco Cavallo, detto “zio Frank”, amico di Lupi, che organizza tavoli con visione del ministro, annesso dialogo e strette di mano, in cene da 10mila euro: “Inizia alle 7? A che ora finirà? Si cena in piedi?”, chiede Pizzarotti a “zio Frank”, il 19 marzo 2014, annunciandogli la sua presenza. Dodici giorni dopo – il primo aprile 2014 – “zio Frank” gli fissa un appuntamento telefonico con Emanuele Forlani, della segreteria di Lupi, ma l’aggancio non funziona. “Mi ha detto ‘devo vedere’…”, spiega Pizzarotti a zio Frank, “per l’amor di Dio sarà impegnatissimo, però, ragazzi, stiamo parlando di un’impresa che ha in ballo 4 miliardi di opere bloccate per motivi burocratici assurdi”. Ecco, nell’aprile 2014, Pizzarotti ha un problema: tenta di parlare con Lupi perché vede le sue “opere bloccate per assurdi motivi burocratici”. Cinque mesi dopo, versa 100 mila euro in Lussemburgo, alla Wadi Sca, diventando socio degli uomini più vicini a Renzi. Eppure il business delle start up non è mai stato il suo core business. Due mesi dopo questo versamento Renzi è a Parma, nell’azienda Pizzarotti, dove lo accolgono il patron Paolo con i figli Michele ed Enrica: “Occorre far ripartire l’edilizia”, dice davanti alle tv, “il governo vuol sostenere le imprese italiane all’estero”.
Di certo, in quel momento, c’è che è proprio Pizzarotti a sostenere un’azienda all’estero, per la precisione la Wadi sca. Contattato dal Fatto, l’imprenditore spiega che i problemi sono rimasti anche con l’arrivo al posto di Lupi di Graziano Delrio che però, a differenza del predecessore, almeno l’ha ricevuto. “Ci ha accolto, sì, ma senza alcun vantaggio per i nostri lavori”. Chi l’ha invitata – chiediamo – a investire nella Wadi? “Pacifici. Non sapevo fosse controllata da Carrai”. E sono due. Poi aggiunge: “L’ho scelta perché investe in start up in Israele, Paese più innovativo assieme alla California, dove peraltro la mia impresa lavora, nella convinzione di fare un affare azzeccato. Pacifici mi invia periodicamente report sull’andamento dei nostri investimenti”. E Israele, in questa storia, è davvero centrale.
Dal Mossad agli affari. Alla Wadi Sarl, nell’estate del 2014, si aggiunge un’altra società, la Leading Edge, riconducibile a Reuven Ulmansky, veterano della unità 8200 dell’esercito israeliano, creata nel 1952, equivalente alla National Security Agency (NSA) degli Usa, dedita da sempre alla guerra cibernetica e alla “raccolta dati” per l’intelligence israeliana. Ulmansky è socio di Carrai e degli stessi uomini che, pochi mesi dopo, nel dicembre 2014, partecipano con il 33 per cento alla neonata Cys4 che, guarda caso, vanta tre sedi in Italia e una a Tel Aviv.
Chi sono i soci della Cys4? Per il 33 per cento, appunto, sono Sica, Moscati, la Fb di Bernabè, Pacifici e Carrai. Quali sono i soci della lussemburghese Wadi Sarl? Sica, Moscati, Bernabé, Pacifici, Carrai. E Sica, Moscati e Carrai, amministrano la cassaforte Wadi sca, dove hanno investito i loro soldi Serra, il futuro capo di San Paolo Vita, Maranzana, il futuro consigliere di Finmeccanica Landi, l’uomo della lobby del tabacco Valli, il grande imprenditore Pizzarotti.
Con i nuovi soci si cresce. Il 30 novembre 2014 la società porta il capitale a 1,5 milioni e delibera aumenti fino a 3 milioni. Gestiti dagli stessi uomini che controllano, attraverso la Cambridge, il 33 per cento della Cys4. E sul fronte italiano? La Cambridge, amministrata dallo stesso gruppo, nel 2014 vede esplodere l’utile da 46 mila euro a 1,5 milioni.
Ieri Il Fatto ha contattato Carrai, che ha preferito non rispondere alle nostre domande. È per lui che il premier Renzi sta ridisegnando l’intelligence del Paese, ridistribuendo poteri e rischiando disequilibri e frizioni con il Quirinale. Il tutto solo per creare un ruolo chiave da assegnare a Marco Carrai.
(Fonte: Antonio Massari e Davide Vecchio - Il Fatto)
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