Lorenzo Guerini, Debora Serracchiani e Matteo Orfini (la banda del buco)
I fenomeni storici accadono sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa.
(Karl Marx)
[...] Non di rado l' archeologia offre rimarchevoli affinità fra gli eventi, e a scavare nei ritagli di un' epoca ormai remota si scopre che corrono esattamente vent' anni e tre giorni tra la scadenza che mette a rischio il berlusconismo e il voto che il 9 giugno del 1991 determinò il crollo del ciclo di potere craxiano. Risale ad allora il celebre invito di Craxi, «Andate al mare», rivelatosi di lì a poco il più fragoroso boomerang della storia elettorale italiana. L' anno prima erano andati a monte un paio di referendum (caccia e pesticidi), a via del Corso le agenzie demoscopiche di fiducia registravano un clima di estraneità e di stanchezza. Finì invece che 27 milioni di italiani, il 62,6 per cento respinsero la campagna astensionista [...] (Da un articolo di Filippo Ceccarelli del Giugno 2011)
Guardate e memorizzate i nomi e i volti di "quei tre": sono la "banda del buco", le truppe d'assalto dei petrolieri, disposti a far correre al lago Mediterraneo, chiamato impropriamente Mare, cento volte i rischi dell'incidente occorso alla BP (ma principalmente al Messico e agli Stati Uniti del sud-est). Per qualche dollaro in più. Le riserve ACCERTATE ammontano, in tutto e per tutto, a SETTE settimane di fabbisogno petrolifero italiano, e a SEI MESI di fabbisogno di gas.
Ricordate queste facce, perchè questi tre, servi di Renzi e dei petrolieri, stanno boicottando con tutta la loro disonesta impudenza il referendum anti-trivelle del 17 aprile. Lo stanno boicottando col silenzio sull'esistenza stessa del referendum, facendo brevi servizi TV che non spiegano neanche su cosa si debba votare, lo boicottano dicendo che stiamo buttando via 300 milioni (dopo che hanno rifiutato l'accorpamento con le amministrative, che avrebbe fatto risparmiare soldi, e aumentato la partecipazione al voto).
Renzi e i suoi scherani si stanno comportando esattamente come Bettino Craxi, quando ci invitava ad "andare al mare". Per una volta gli italiani al mare non ci sono andati, e forse fu quello l'inizio della fine del craxismo. Quindi domenica 17 Aprile portiamo a braccia, se necessario, anche il bisnonno a votare; prendiamo a calci in culo i nostri figli se non lo faranno.
Renzi e i suoi scherani stanno impartendo una brutta lezione di "delinquenza politica" alla gente. Qual è l'obiettivo? Il solito, e col solito sistema da "trecartari": essendovi in Italia un astensionismo fisiologico di circa un terzo degli italiani, basta convincere un altro 20% di cittadini ad "andare al mare", per far mancare il quorum, e per far fallire il referendum. Delinquenza politica aggravata dal fatto che nessun organo collegiale del PD ha espresso un voto su questa politica criminale. E' una decisione presa da Renzi e dai suoi ossequiosi camerieri.
ROTTAMIAMOLI VOTANDO E FACENDO VOTARE
Andrea Fabozzi sul "Manifesto"
«L’astensione è la scelta dei gruppi dirigenti, non dei cittadini, militanti ed elettori del Pd. Che non la rispetteranno». È arrabiato Pietro Lacorazza, presidente del Consiglio regionale della Basilicata e frontman del comitato promotore del referendum sulle trivellazioni in mare. Il quesito è stato voluto da nove regioni, sette delle quali a guida Pd. «In totale sono oltre cento i consiglieri regionali democratici che si sono espressi per il Sì, e sto parlando di gente votata da migliaia di elettori, io ho avuto 11mila preferenze. Chi ha deciso di schierare il Pd per l’astensione? Chi rappresenta?».
«Scontro nel Pd» è più un revival che una notizia, le liti sono magma bollente nel corpaccione del partito, ma questa volta trovano nel referendum del 17 aprile un cono di risalita velocissimo. Anche perché il segretario non fa nulla per limitare l’eruzione. La nota dei suoi due vice dopo le prime proteste della minoranza è durissima. Alla domanda che arriva un po’ da tutti – «chi ha preso questa decisione?» – la risposta è «noi due». Firmata Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini.
I due vice devono dare corpo alla finzione, persino per questo presidente del Consiglio, e segretario Pd, sarebbe un po’ troppo invitare ad andare al mare direttamente da palazzo Chigi. Bettino Craxi quando lo fece, e gli andò male, era solo segretario del Psi; nemmeno Berlusconi osò tanto, disse solo che il referendum sulla legge 40 era «demagogico». «È inutile» dicono adesso i due vice, non il titolare, contraddicendosi un attimo dopo spiegando che il referendum è pericoloso per l’economia nazionale. Dicono poi, loro, che farà sprecare 300 milioni, ma è stato il governo a non volere l’election day per sperare nell’astensionismo.
Le correzioni però sono solo il preludio: «Vedremo lunedì in direzione chi ha i numeri a norma di statuto per utilizzare il simbolo del Pd». Frase durissima, da frazionismo di maggioranza si sarebbe detto un tempo. O più da Grillo e Casaleggio che da Serracchiani e Guerini, si potrebbe dire oggi.
Ma mentre la minoranza si sgola – «la segreteria non si riunisce da mesi», dice il senatore Miguel Gotor – Legambiente e Greenpeace condannano la scelta astensionista – «scandalosa», «incoerente» -, su tutto il partito scende una cappa di imbarazzo. Mercoledì sera, richiesto di confermare la notizia apparsa sul sito dell’Agcom, lo sventurato Lino Paganelli (il dirigente Pd già adetto alle feste del partito) al quale era toccata la comunicazione burocratica, rispondeva solo: «È corretto», rifiutando ogni commento. Ieri il presidente della Puglia Michele Emiliano preferiva esorcizzare la notizia, mentre il lucano leader dei bersaniani Roberto Speranza faceva domande che potrebbero essere rivolte anche alla stessa minoranza: «Fino a quando si può andare avanti così?». Già, ma chi ha votato prima lo Sblocca Italia e poi la legge di stabilità contro la quale tenterà di agire il referendum? Lacorazza ha una sua lettura: «I parlamentari del Pd hanno votato tutta la manovra con la fiducia, non un singolo provvedimento, devono sentirsi liberi di votare anche Sì al referendum. Del resto, può un partito che si dichiara democratico fare l’appello all’astensione?».
È giornata di domande senza risposta, ma quantomeno la polemica serve a far parlare del referendum – siamo ormai al sedicesimo giorno di una teorica campagna elettorale. E ieri il direttore per l’offerta informativa della Rai Carlo Verdelli ha risposto alle proteste del movimento 5 Stelle. Promettendo che la tv pubblica darà «sempre maggiore spazio al tema del referendum abrogativo con l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale». Come prova di buona volontà le 9 tribune politiche previste diventano 13. E saranno trasmesse non più in orari morti ma a ridosso dei Tg.
L'editoriale del Direttore Norma Rangeri
I CARABINIERI AL NAZARENO
Nella lunga, gloriosa e travagliata storia dei referendum, dal divorzio all’acqua pubblica, non era mai successo che il Pci-Pds-Ds-Pd si dichiarasse ostile alla consultazione popolare usando motivazioni sempre fatte proprie dalle destre. Ma il partito di Renzi ci regala anche quest’altro inedito capitolo della sua mutazione antropologica.
In coppia come i classici carabinieri, i due vicesegretari, Serracchiani e Guerini, sparano a zero contro il referendum anti trivelle, la consultazione popolare che chiama gli italiani a dire la loro su un tema ambientalista molto importante. La contrarietà del governo è palese, ma non risulta che i due siano stati nominati ministri.
Contro questo voto, fissato il 17 aprile, la coppia di portaordini di Renzi attacca a testa bassa uno degli strumenti di democrazia diretta della tradizione laica e progressista. Se ne denuncia l’inutile spreco di denaro pubblico, gli si imputa di minacciare l’occupazione.
Una volta era la destra a lamentare i costi esorbitanti di questa nostra malconcia democrazia che non si accontenta di un leader bravo e buono, libero dagli intralci del parlamento, delle corti costituzionali e della magistratura. Si ricordano le appassionate denigrazioni dei riti elettorali e parlamentari del decisionismo berlusconiano, e, ancora prima, di quello craxiano, fino alle più recenti crociate astensioniste ruiniane. Adesso invece sono gli zelanti portavoce renziani a vedere un appuntamento referendario come «inutile spreco di soldi». Dimenticando che proprio i promotori della consultazione contro le trivelle proposero di abbinare la scheda ambientalista con quella delle prossime elezioni amministrative, ricevendo
ne un netto rifiuto.
La posizione astensionista del Pd si esprime con tutta la volgarità di una deriva che se non invita gli elettori ad andare al mare il 17 aprile è solo perché non siamo nella stagione giusta. Molti nel partito vorrebbero sapere chi ha deciso che la posizione del Pd sarà quella dell’astensione quando numerosi presidenti delle regioni che hanno promosso il referendum sono proprio dello stesso partito dei due vicesegretari. Che, oltretutto, lanciano una specie di diffida all’uso del simbolo del Pd. Si sa, i carabinieri non si pongono domande, tengono l’ordine pubblico e al massimo fanno la spola tra palazzo Chigi e la televisione.
Norma Rangeri
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