Un giornaletto da vergogna. Rinato con squilli di tromba il 1° Luglio 2015, con Renzi che "ci mette la faccia" (tanto per cambiare), e coi palazzinari Pessina che "ci mettono i soldi", l'Unità in meno di un anno è di nuovo in procedura fallimentare. Solo che questa volta non c'è nessun Pessina che ci metta i soldi, e Renzi sta "ritirando la faccia" che ci aveva messo.
Ma davvero Renzi pensava che la ggente si sarebbe precipitata ogni mattina in edicola a comperare quel vergognoso tazebao del renzismo che era diventato "Il giornale dei contadini e dei lavoratori", fondato da Antonio Gramsci, ma gestito dal maggiordomo Erasmo D'Angelis, con colonne portanti come Staino (che ormai produce delle vignette comprensibili solo previa lettura del manuale d'istruzioni), con @frondolino prima comunista e poi editorialista del "Geniale", e altri specialisti di "salto sul carro del vincitore" di questo genere???
La "Comare Secca" si porta via - come da noi ampiamente previsto da mesi, questa parodia dell'Unità che fu. Viva la Comare Secca.
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Tutto era ricominciato meno di un anno fa, con l'annuncio trionfalistico di Renzi, che annunciava, tronfio come sempre, di aver "riportato in edicola" il giornale fondato da Antonio Gramsci. "Era un impegno"...
Un entusiata Sergio Staino, dimentico del suo passato a "Tango" e a "Cuore", dove pure avrebbe dovuto imparare cosa sia la satira di sinistra, si fionda senza un momento di esitazione sul carro vincente del renzismo, e si produce in una vignetta augurale "sognante", che per evitare querele, ci limiteremo a definire "imbarazzante:
In questo pot-pourri c'è tutto il tronfio trionfalismo del Nuovo Grande Comunicatore, ma ci sono anche le impronte digitali caratterizzanti il familismo seriale di Renzi. Direttore diventa tale Erasmo D'Angelis, che passa con nonchalance e impudicizia dalla Società "Pubbliacqua (per puro caso toscana...) a libro-paga di Renzi a Palazzo Chigi, alla direzione del tazebao renziano. E dire che l'Unità aveva conosciuto ben altri direttori... fra gli altri, vorremmo ricordare, pescando a casaccio:
Girolamo Li Causi, Pietro Ingrao, Alfredo Reichlin, Mario Alicata, Elio Quercioli, Giancarlo Pajetta, Aldo Tortorella, Gerardo Chiaromonte, Massimo D'Alema, Renzo Foa, Walter Veltroni, Furio Colombo, Antonio Padellaro, Concita De Gregorio...
Ma niente paura. Adesso abbiamo Erasmo D'Angelis (che ci piace immaginare collegato perennemente via cuffietta acustica con Renzi, come Ambra Angiolini con Boncompagni...)
Questa baracconata torna il edicola il 1° Luglio 2015, con squilli di trombette e vuvuzelas. La tiratura del primo numero dell'era Renzi ("tiratura, da non confondere con la "diffusione") è di circa 250.000 copie. andranno in grandissima parte al macero. Tempo una settimana dalla ri-nascita, e dopo averne con molta attenzione (e molta apprensione) osservato i primi passi, lo abbiamo condannato a morte certa a breve scadenza. La malattia? Una invasiva, insopportabile metastasi di renzismo. Vedi tafanus del 5 luglio 2015
Nel frattempo la creatura di Renzi, D'Angelis, New Staino e @frondolino, confermava con altri sintomi la sua malattia. Intanto per la prima volta nella sua storia degli ultimi decenni di cancellava dall'ADS, l'Istituto che certifica e pubblica i dati sulla DIFFUSIONE dei giornali (vendite in edicola + abbonamenti). Ho provocatoriamente chiesto questi dati all'Unità praticamente tutti i mesi. Sapevo che non mi avrebbero risposto perchè non erano più abbonati, ma speravo di sentirmelo dire. Non hanno mai risposto. Il che non significa che non sapessi quale fosse l'andamento della testata... Lo sapevamo in molti, e lo abbiamo anche scritto. In fondo, le relazioni che si stabiliscono in decenni di lavoro nel campo della comunicazione, servono a qualcosa...
Lo sapevano anche molti altri (ad iniziare dal "Fatto", dallo Huffington Post). In fondo, basta avere un amico presso lo stampatore, o presso la società di distribuzione... E' stato per questo che sapevamo come sarebbe finita la storia: con un nuovo fallimento. In pochissimi mesi la diffusione (se così la si può chiamare), era precipitata intorno a 10.000 copie, ma attualmente fatica a vendere 8.000 copie. Un "ciclostile".
A metà gennaio, poco più di sei mesi dalla ri-nascita, il tazebao era già in stato comatoso (vedi Tafanus del 19 gennaio 2016):
Ora, finalmente, lo stato di dissesto è certificato. Siamo al tentativo di una nuova liquidazione, di una improbabile vendita all'asta del giornaletto, andata praticamente deserta. I Fratelli Pessina non ci stanno più a perdere 270.000 euro al mese, e Renzi sta cercando di "chiamarsi fuori" da questo fallimento clamoroso a meno di un anno dagli annunci trionfalistici.
Ecco come riporta i fatti Alessandro da Rold su lettera43.it del 23 marzo:
Unità, l'asta per la testata è andata deserta -Nessuno ha fatto un'offerta. I Pessinacostretti a comprarla per 10 milioni di euro. Servono altri 2 milioni di euro entro 20 giorni.
È andato deserto il bando d'asta per aggiudicarsi la testata de
l'Unità, ovvero quel che rimane della vecchia gestione della Nie, tra cui l'archivio storico, alcune scrivanie e computer (leggi
la risposta dei Pessina a Lettera43.it).
La scadenza era prevista per le 12 del 22 marzo, ma nella mattinata del 23 il notaio non ha potuto far altro che constatare che nessuno aveva avanzato offerte per accaparrarsi il quotidiano fondato da Antonio Gramsci.
A questo punto i costruttori Pessina, che hanno la maggioranza di Unità Srl (80%), attuale società editrice, saranno costretti a ripianare gli ultimi debiti e a prendersi il quotidiano, dopo aver già assicurato una fidejussione di 10 milioni di euro con Intesa San Paolo per onorare i debiti pregressi della vecchia gestione: entro 20 giorni dovranno essere versati già 2 milioni e 200 mila euro per coprire una parte del debito e soprattutto le spese di affitto che sono di 90 mila euro al mese.
D'ANGELIS: «L'ASTA? COME IL PASSAGGIO DEL MAR ROSSO» - Erasmo D'Angelis, il direttore, in un editoriale del 3 marzo scorso aveva spiegato che l'asta del 23 marzo rappresentava «uno snodo cruciale». E aggiungeva: «Sarà come un passaggio del mar Rosso la conclusione della lunga e travagliata vicenda legata al concordato, che darà certezze e renderà possibile finalmente programmare gli investimenti e le sinergie per rafforzare il prodotto, l'informazione on line e consolidarlo». Il pezzo di D'Angelis era di risposta a quelli usciti all'inizio di fine febbraio sul Corriere della Sera e su Lettera43.it sulla difficile situazione delle vendite e dei conti del giornale, come sull'irritazione del premier Matteo Renzi per come era stata gestita la questione dal tesoriere Francesco Bonifazi.
I PESSINA e LA FIDEJUSSIONE - A quanto pare proprio il segretario del Partito democratico si era impegnato a garantire 1,5 milioni di euro per ridare un po' di ossigeno al quotidiano. A questo punto bisognerà capire cosa vorranno fare i Pessina che già a fine gennaio avevano cercato di sfilarsi dalla fidejussione, provando a sostituire Intesa con Gbm Finanziaria, società di consulenza finanziaria, che dall'ottobre del 2015 è in amministrazione straordinaria.
C'è da dire che la Pessina Costruzioni ha fatto molta strada da allora. Tanto che, proprio a gennaio, l'azienda che costruisce ospedali soprattutto in Lombardia è stata tra i protagonisti della spedizione in Iran con l'Ice dell'ex sottosegretario Carlo Calenda. All'epoca l'amministratore delegato Guido Stefanelli firmò un memorandum di intesa con il ministero della Sanità iraniano per la costruzione e la gestione di cinque ospedali. A quanto risulta a Lettera43.it però non ci sarebbe ancora nulla di definitivo. E negli ultimi tempi sarebbero emersi problemi amministrativi per l'investimento iraniano.
Profetico un articolo scritto dallo stesso Alessandro Da Rold il 29 febbraio:
L'Unità, Renzi prepara la fuga - Il quotidiano perde 270 mila euro al mese. La fila di creditori si allunga. E non ci sono nuovi investitori. Così il premier cerca di sfilarsi. Per non farsi travolgere [...]
Quanto potrebbe pesare sul Pd di Matteo Renzi il fallimento del quotidiano L'Unità? Quanti punti potrebbe costare alle prossime elezioni amministrative il flop del rilancio della storica testata fondata da Antonio Gramsci?
Sono le domande che in queste ore circolano tra vecchi e nuovi addetti ai lavori di quello che è stato uno dei giornali che ha accompagnato la storia italiana, a poco più di tre settimane dall'asta indetta dal liquidatore fallimentare (il 23 marzo, ndr) che dovrebbe verificare se ci siano nuovi investitori intenzionati a rilevarlo.
ASTA DESERTA? RISCHIO CONCRETO. La situazione è drammatica. E la possibilità che l'asta vada deserta, dato l'ammontare a fronte di vendite attestatesi intorno alle 8 mila copie giornaliere, è molto probabile. I dubbi si sono fatti ancora più insistenti dopo un articolo del Corriere della Sera del 29 febbraio in cui si dà conto di una certa irritazione del premier per la situazione in cui versa il quotidiano. Tanto che il segretario del Pd avrebbe battuto i pugni sul tavolo chiedendo chiarezza, e addossando parte della responsabilità della debacle ai circoli dei democratici che avrebbero sottoscritto pochi abbonamenti. Non solo. Renzi sarebbe disposto a investire 1,5 milioni di euro del partito incassati grazie al 2 per mille.
UN QUADRO DESOLANTE. L'articolo del corriere Corriere si ferma qui, e non dà conto del quadro ben più desolante in cui versa il quotidiano diretto da Erasmo D'Angelis, il quale potrà vantare un rapporto molto stretto con il presidente del Consiglio, ma che non ha mai presentato un piano editoriale o industriale ai giornalisti e che, per questo motivo, non ha mai ricevuto la fiducia della redazione [...]
BILANCIO DA CHIUDERE A BREVE. L'Unità perderebbe circa 270 mila euro al mese, non 200 mila come riferito dal quotidiano di via Solferino (cifre smentite da una nota ufficiale dell'editore). A breve si dovrà redigere un bilancio. E non sarà facile coprire i vecchi debiti con i nuovi che a meno di un anno dal ritorno in edicola de L'Unità ammontano a quasi 3 milioni di euro. A questo si aggiunge il rischio che presto qualche creditore possa decidere di riscuotere i pagamenti inevasi rivolgendosi al tribunale fallimentare. Un po' di ossigeno potrebbe arrivare dai fondi pubblici, ma il Durc del 2014 è ancora fermo all'Inps. Senza il via libera, non si potrebbe neppure mettere mano a circa 1 milione di euro che potrebbe aiutare a pagare pure i crediti vantati dalla vecchia redazione.
LA STRATEGIA DI RENZI - Chi conosce bene il mondo renziano sostiene, a microfoni spenti, che con l'articolo sul Corriere Renzi abbia voluto sfilarsi da una situazione che sta diventando sempre più incandescente e che potrebbe esplodere a breve con un rischio inevitabile: un nuovo fallimento del quotidiano. E c'è chi aggiunge che in futuro L'Unità potrebbe non esistere più: rimarrebbe solo il marchio buono per le feste. Profezie apocalittiche. Se si avvereranno lo si saprà solo nei prossimi mesi, con la possibilità che questa volta l'hashtag renziano #lavoltabuona per L'Unità si riveli una velleitaria ambizione.
Parliamoci chiaro. Non è bello augurare il fallimento a chicchessia. Ma quando ci troviamo di fronte a qualcuno che cerca di far diventare il "giornale dei contadini e dei lavoratori" organo del renzismo, allora non possiamo che augurare al giornaletto di Renzi una morte per inedia. Siamo stufi di vedere renzini d'accatto - possibilmente toscani, meglio se fiorentini, infilati in tutte le pieghe del potere. La questione morale sta trasferendo le statistiche dei mattinali della questura, che a lungo hanno caratterizzato socialisti, DC e berlusconidi, negli "almanacchi" del potere del piddì renzino. Un coacervo di "buoni a nulla, ma capaci di tutto". E voglio chiudere in bruttezza sottolineando che quando l'Unità vendeva oltre 200.000 copie, e ancora quando era sceso sotto le centomila, era redatto da personaggi che a citarne alcuni a caso, e pensando al presente, viene il magone...
Con maggiore o minor frequenza, per le pagine dell'Unità (quella vera) sono passati Alberto Asor Rosa, Vauro, Ellekappa, Altan, Giorgio Bocca, Arrigo Boldrini, Italo Calvino, Nando dalla Chiesa, Margherita Hack, Miriam Mafai, Dacia Maraini, Fortebraccio, Maria Novella Oppo, Moni Ovadia, Pier Paolo Pasolini, Cesare Pavese, Lidia Ravera, Stefano Rodotà, Michele Serra, Antonio Tabucchi, Aldo Tortorella, Nicola Tranfaglia, Gianni Vattimo, Elio Vittorini...
Adesso ci tocca accontentarci delle vignette insulse di Sergio Staino, degli scritti di @frondolino (che ormai ha solo una rubrica monotematica contro "Il Fatto Quotidiano"), e di teste d'uovo come quelle Stefano Ceccanti, Carmine Fotia, Vladimiro Frulletti, Claudia Fusani, Sandro Gozi, Paolo Hendel, Gigi Marzullo, Ermete Realacci, Mila Spicola, Filippo Taddei, Chicco Testa...
A quando gli editoriali di Sallusti, di Belpietro e di Pippo Baudo?
Buona Eutanasia!
Tafanus
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