Imprenditori, manager, professionisti, gran dame si schierano tra Sala e Parisi. Senza drammi, perché entrambi sono espressione dell'establishment (di Denise Pardo - l'Espresso)
Giuseppe Sala e Dulcizia Moratti - Dulcizia Moratti e Stefano Parisi
(Franza o Spagna, purchè se magna)
Sarà la prima tappa allegra e autoironica, anarchica e colorata, dalla parte di Beppe Sala ma un po' più lontano, tendenza arancione, in una campagna elettorale finora molto aziendale nei modi, forse perché i manager non si scompigliano mai troppo. Il modello politico ora è diventato Marchionne? Hasta la Fiesta! finalmente. E il nome la dice già lunga. Nell'asta del 18 maggio alla Rotonda della Besana organizzata dalla compagine della lista Sinistra x Milano, zoccolo duro non Pd, che, secondo i laboratori politici, potrebbe fare la differenza come la fece cinque anni fa, ci sono: le calze rosse che Giuliano Pisapia s'è messo per tutta la mitica e vittoriosa presa di Palazzo Marino. Gli stivali di gomma che Claudio Bisio, la notte del concertone di fine campagna elettorale, dovette infilare quando di ritorno a casa la trovò mezza allagata. La giacca da smoking indossata da Roberto Vecchioni la sera in cui vinse Sanremo (sua moglie la scrittrice Daria Colombo, ex girotondina, è numero uno della lista). La prima pagina di Repubblica dell'indimenticabile 30 maggio 2011. La valigia di vernice verde da riempire di sogni e materiale elettorale... In tutto trenta oggetti, ricordi, simboli e auspici per dare ossigeno a una lista dal valore stimato un sette per cento definitivo e vitale (con candidati come Rosellina Archinto, editrice dell'aristocrazia gauche e della cultura milanese e poi da Sel fino ai Verdi) che sta a cuore al sindaco uscente. E che forse contiene anche la formula di una possibilità politica nuova.
Intanto Milano vive una campagna duale dall'anima borghese. La pace dei sensi elettorali rispetto alla mischia del Colosseo romano. Una competizione dai toni generalisti che nella città s'intercetta e si avverte. Ma non ci si va mai a sbattere contro. Gareggiano due manager simili, per certi versi interscambiabili e ben visti in Assolombarda (dove il presidente Gianfelice Rocca, al vertice di Techint e della clinica Humanitas, penderebbe per la scelta Pd): Stefano Parisi, il prescelto di Silvio Berlusconi, è stato lo stimato city manager di Gabriele Albertini che lo sostiene insieme a Letizia Moratti. Beppe Sala il candidato di Matteo Renzi che ha lavorato anche lui con l'ex sindachessa, è la madonnina del Duomo Expo.
Ma a determinare, come ammettono in molti, la scelta dell'uno a discapito dell'altro sono gli chaperon assai impresentabili, alcuni apparsi nelle aule dei tribunali, che i leader della destra hanno imposto a Parisi (argomento dell'unica polemica con Sala e il Pd). In più, ovunque vada, accanto a lui si materializza Mariastella Gelmini, capolista diretta emanazione di Arcore, osservata con sufficienza da un bel pezzo di establishment «viene da Brescia, non si è mai vista a Milano» e ricordata non proprio con affetto da studenti, laureati e professori che non dimenticano gli anni e la riforma da ministro dell'Istruzione.
Nonostante il numero dei candidati, nove, la partita è a due - Gianluca Corrado il grillino arranca mille percentuali indietro - i sondaggi sono a filo (Parisi ha avuto una rimonta formidabile) e il potere cittadino è in fase di grande cambiamento. Il Pd registra un desolante ribasso. Il rimpianto per la decisione di Pisapia di non ricandidarsi si fa sentire eccome. I pesi e gli equilibri delle forze economiche, finanziarie e culturali cercano un nuovo assetto. Sono successe molte cose, in poco tempo e proprio alla fine del mandato del sindaco uscente. C'è stata la cessione di Rcs Libri alla rivale Mondadori. La Fiat di John Elkann ha lasciato Via Solferino. L'ombra dell'editore Urbano Cairo si staglia sul "Corriere della Sera". E Giovanni Bazoli, storico banchiere di Intesa-San Paolo è uscito definitivamente di scena. La fine di un'epica, nel bene e nel male.
Così molte poltrone dei salotti buoni sono rimaste vuote e sono da rioccupare. Ma l'aria che tira è più da sedie di Ikea che da antichi divani. Sullo sfondo si sentono ancora gli echi del successo planetario di Expo mentre si profila più netta la ghiotta prospettiva della riconversione dell'area entrata nell'orbita e nell'interesse del governo renziano. Chi meglio di Sala?, è il refrain. In questo clima di futuri ballottaggi e nuovi assestamenti si provano a contare e a ricontare i sostenitori dei due candidati per cercare di immaginare l'effetto che farà la vittoria dell'uno o dell'altro. Le sorprese non mancano dietro le apparenze e le maschere composte.
Sembra che Fedele Confalonieri strizzi l'occhio a Sala. Davvero? L'ha detto? Lo fa capire, tanto in queste cose Berlusconi è laico. Sarà. Aldo e Piero Bassetti, Luigi Roth (anche lui, da sempre vicino a Comunione e Liberazione e a Roberto Formigoni?), Alessandro Profumo (sua moglie Sabina più a sinistra) si sa, tifano per il manager Pd. L'imprenditore Piero Maranghi, nome emblematico dei templi milanesi, si è addirittura candidato. Suo padre Vincenzo è stato il delfino e il successore di Enrico Cuccia a Mediobanca. I Moratti? Divisi, come d'ordinanza. Milly la moglie di Massimo è in campo con Sala, devoto interista. Gianmarco e Letizia stanno con Parisi. Come i Brivio Sforza. Quel che resta dei Ligresti? Idem, mentre Manfredi Catella, l'immobiliarista del lodatissimo sky line di Porta Nuova, ex socio di don Salvatore, ha scelto Sala.
Durante il cocktail del Premiolino, il prestigioso riconoscimento giornalistico a firme di rango, free lance coraggiosi, inchiestisti sotto scorta, c'è chi nicchia, chi ammicca, chi è decisamente schierato. In uno dei tavoli di lato è seduto Gian Arturo Ferrari, il vice presidente di Mondadori Libri. Vicino a lui Elena Bardin la sua bella moglie candidata nella lista Beppe-Sala Noi Milano. In piedi circondata da un capannello di persone Inge Feltrinelli sorride, cappotto giallo, cuore rosso. Francesco Micheli, vice presidente della Scala, già entrato nel promettente business del dopo Expo, è piazzato al centro del cortile. In passato è stato al fianco di Parisi nell'avventura di Fastweb. Lo sostiene? Pare di no. No? Lo adora ma, secondo la vulgata, tifa Sala. Per le primarie Pd Micheli organizzò due serate nelle sue due fastose case. In una, l'incontro con l'assessore Pierfrancesco Maiorino. Nell'altra, il vice sindaco Francesca Balzani (doveva essere la capolista di Sinistra x Milano prima di ripensarci). Che delicatezza, offrire a ciascuno un salotto diverso. Forse per evitare una loro reciproca contaminazione?
A quasi tre settimane dal voto, i due candidati girano periferie e mercati con diligenza. Parisi assaggia il salmone, Sala parcheggia la Smart e mangia il gelato. Nessuno dei due scalda cuori, infiamma piazze, provoca duelli. Parisi più empatico di Sala e più televisivo (è consigliato a titolo gratuito da Daniele Renzoni ex direttore Rai, suo ventennale amico) è riuscito a ricompattare le anime, si fa per dire, perse, del centro-destra. In suo onore c'è un via vai nelle case dei grandi professionisti, dal commercialista Roberto Spada al ricchissimo e potente avvocato Salvatore Trifirò, gli uomini delle parcelle d'oro, le centrali del network che assiste la finanza internazionale.
Sia Parisi che Sala sono la rappresentazione dell'anestesia della politica. Così oggi a Milano l'identità della sinistra si traduce in una sola domanda: che farà Pisapia dopo? Lui tace e rimanda la risposta. È riuscito a chiudere bene il bilancio comunale (Parisi ha commentato subito che è grazie all'aumento delle tasse) e in città ci si prepara a sentire la sua mancanza e quella della sua bella moglie, la giornalista Cinzia Sasso, nella vita pubblica. Intanto la lista di Hasta la Fiesta! sembra avere le carte e i nomi (da Filippo Del Corno, responsabile della Cultura alla coordinatrice Sel Anita Pirovano, a Paolo Limonta, braccio destro del sindaco) per comunicare la continuità del metodo Pisapia, quadratura riuscita del disarmo tra governo e sinistra. Tra i lotti da battere all'asta (sommario: «Veniamo da lontano e andiamo lontano, 2011-2021») c'è anche un bandierone del Quarto Stato. E un culatello di Zibello, offerto da Eataly «perché ne abbiamo molto bisogno».
Denise Pardo
...Ecco a cosa è ridotta la "sinistra" a Milano... a Berlusconi che candida Parisi, ex maggiordomo della Moratti, e a Renzi che candida Sala, ex maggiordomo della Moratti. E ai milanesi, poveracci, resta solo la facoltà di scegliere uno dei due maggiordomi, che stanno facendo a gara a chi dice meno, e a chi addormenta meglio l'uditorio. Sono felice di aver lasciato per tempo Milano per la "verde Brianza"... Ed ora a me viene in mente una celebre canzone di Giorgio Gaber...
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