
...a nome del Governo, pongo la questione di fiducia...
La Ministra Per Caso pone la 50° richiesta di voto di fiducia. Non ha più neanche bisogno di leggere la formuletta magica.. A furia di "porre la questione di fiducia a nome del Governo" ha imparato a memoria la formuletta di rito, che ripete come un disco rotto, senza neanche più collegare le "parole di rito" al significato che hanno...
....ambaraba-cici-coco, tre civette sul comò, che facevano l'amore con la figlia del dottore, il dottore si ammalò, ambarabacicicocò...
"Renzi vuol dire fiducia", come il famoso formaggio Galbani...
I dati del Dossier Openpolis, illustrati da Paolo Fantuzzi - l'Espresso
Matteo Renzi lo ripete come un mantra: «La fiducia è fondamentale». Di certo il suo governo ne sa qualcosa: in due anni appena l’ha chiesta alle Camere 50 volte. In media ogni due settimane. Nessuno nella Seconda Repubblica è ricorso così tanto al voto blindato che, pena la caduta dell’esecutivo, tronca il dibattito parlamentare, fa decadere gli emendamenti e impone di approvare un provvedimento così com’è, prendere o lasciare. L’unica eccezione è quella di Mario Monti, che però era alle prese con inedite larghe intese e una crisi senza precedenti: 51 volte in un anno e mezzo. Con la notevole differenza, inoltre, che moltissime fiducie furono necessarie per varare leggi difficili da digerire come la riforma Fornero (che ne richiese otto), la Severino e il Salva Italia (cinque ciascuna), il decreto Sviluppo e la riforma fiscale (quattro).
Tranne alcuni casi particolarmente delicati come l’Italicum o il Jobs Act, il governo Renzi l’ha invece utilizzata per una vasta platea di provvedimenti, dal Milleproroghe alle missioni internazionali, dal decreto Stadi al Giubileo, dalle carceri all’Ilva. Spesso unicamente per fare prima, dal momento che la "blindatura" è stata posta 24 volte alla Camera, dove pure la maggioranza è amplissima. In pratica un terzo delle leggi sono state approvate in questo modo, come si evince dal dossier che Openpolis ha realizzato per l’occasione e che l’Espresso presenta in anteprima [...]
Stesso discorso per i decreti, che da strumento di straordinaria necessità e urgenza da tempo si sono trasformati in un mezzo ordinario. Anche in questo caso, il governo Renzi è in linea con tutti i più recenti inquilini di Palazzo Chigi, avendone sfornato in media uno ogni due settimane. Proprio come l’ultimo di Berlusconi (2008-2011), all’epoca criticato duramente dal centrosinistra.
Malgrado gli annunci rottamatori rispetto alle pratiche del passato, insomma, con Renzi è aumentato lo squilibrio di poteri a favore del governo. A tutto discapito del Parlamento, che riesce a mandare in porto meno dell’1 per cento delle proposte (impiegandoci peraltro più di un anno), contro il 29 per cento dell'esecutivo. Al quale bastano invece cinque mesi per veder approvato un ddl.
Contrariamente alla vulgata sulla lentezza dovuta al bicameralismo, però, le Camere hanno dimostrato di saper lavorare assai celermente sui disegni di legge del governo. Dando il via libera, quando si trattava di temi caldi come le imprese o la giustizia, nel giro di un mese e mezzo appena.
In ogni caso il Parlamento non riesce ad avere voce in capitolo nemmeno quando un provvedimento non è blindato. Difatti solo una minima parte degli emendamenti vengono approvati, anche come conseguenza dell’ostruzionismo, che porta a presentarne migliaia (vedi la riforma Boschi): meno del 3 per cento hanno successo se sono presentati da deputati o senatori, contro il 47 per cento di quelli del governo.
IN ALTO LE SPESE - Dopo i fasti di Silvio Berlusconi, Mario Monti ed Enrico Letta avevano imposto una cura dimagrante che aveva iniziato a dare i suoi frutti, col taglio di varie centinaia di milioni. Nel primo anno di insediamento di Renzi (il dato più recente disponibile) le cifre impegnate da Palazzo Chigi sono tornate a crescere, fino a sfiorare i 3,7 miliardi.
Ad aver registrato un autentico boom è il Segretariato Generale, il cuore pulsante della Presidenza del Consiglio, che svolge opera di coordinamento e raccordo organizzativo tra le varie strutture: nel 2014 è costato 755 milioni, quasi il doppio rispetto a un anno prima [...]
(di Paolo Fantuzzi - l'Espresso - 16 febbraio 2016)
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