L'ex segretario dei Ds in diversi incontri ha attaccato il premier annunciando l'adesione ai comitati per il No al referendum. "Direi sì anche a Lucifero per mandarlo via. Dopo di lui possibile ricostruire il campo della sinistra" (Di Goffredo De Marchis - Repubblica.it)
Pur di mandare via Renzi, Massimo D'Alema, con un sorrisetto, dice che sarebbe disposto a votare "Lucifero", figuriamoci se può tirarsi indietro davanti alla candidata grillina di Roma Virginia Raggi. Nei colloqui con gli amici, durante la campagna elettorale che ha fatto in giro per l'Italia nei comuni dove lo hanno chiamato i fedelissimi, l'ex premier ha svelato la sua scelta romana: "Voto per la Raggi e invito chi mi chiede un consiglio a fare altrettanto". Sfoghi, battute, sarcasmi distribuiti a pioggia, perché non vi è traccia di dichiarazioni ufficiali. Ma l'obiettivo è abbastanza chiaro: indebolire l'attuale segretario del Pd, far cadere il suo governo "e dopo mettersi al lavoro per ricostruire la sinistra riformista". Sulla strada di questo traguardo si passa da due tappe: quella di domenica, i ballottaggi di Roma e Milano, e il referendum costituzionale di ottobre. Già dalla prossima settimana D'Alema si prepara a costituire i comitati del No.
Agli atti, finora, ci sono la ruvida replica pubblica, divenuta virale sul web, alla richiesta di un commento sulle amministrative ("No" secco) e le parole della dalemiana Livia Turco che ha ammesso: "D'Alema è contro Renzi ma voterà Giachetti". Può darsi che abbia ragione l'ex ministro del Welfare, o forse è un auspicio, visto che lei sarà nella giunta del candidato romano del Pd in caso di vittoria. Non è quello però che hanno ascoltato altri dalemiani in questi giorni. Al riparo dalle telecamere e dai taccuini, il presidente della Fondazione Italianieuropei ha tenuto molte riunioni. Due si sono svolte a Bari, il feudo pugliese del dalemismo. Altre nel "fortino" di Piazza Farnese, dove ha sede la fondazione del leader.
Se perde Roma e Milano, è il ragionamento di D'Alema, Renzi uscirà molto ridimensionato. La doppia sconfitta, a dispetto dei proclami del premier sul voto dal "valore esclusivamente locale", avrebbe un effetto immediato sulla politica italiana. "Verrebbero ribaltati tutti i rapporti di forza. Cominciando dal Pd". Secondo D'Alema, e non soltanto per lui, siamo lontani anni luce dal dato delle Europee, ovvero dal 41 per cento grazie al quale il premier-segretario ha potuto fare il bello e il cattivo tempo in Parlamento. "Quel risultato è figlio di un terrore del vuoto, pochi mesi dopo le elezioni politiche. Oggi è cambiato tutto", ripete D'Alema. Che smonta la narrazione secondo cui fuori dal Pd renziano esiste solo il diluvio, il populismo, l'ingovernabilità, nella versione sempre predicata dal premier. "Non è così. Una sconfitta del premier non provocherebbe affatto una crisi di sistema. Dopo di lui un'alternativa c'è, eccome". Insomma, se Renzi va a casa non è vero che si torna a votare, come dicono gli amici del segretario. Ci sarà un nuovo governo, nascerà un'altra stagione.
Ma far vincere la Raggi non significa portare acqua al mulino di Grillo e toglierla alla sinistra da ricostruire? Quello è solo un passaggio intermedio. Dal dato delle amministrative, soprattutto a Roma e Milano, si può partire per un viaggio diverso. Senza Renzi, naturalmente. All'indomani dei ballottaggi, comunque vadano, D'Alema tornerà in pista sul referendum costituzionale. Il No è scontato. "La riforma crea un sistema presidenziale", ha detto pubblicamente, e le parole di Renzi a "Repubblica delle Idee" gliel'hanno confermato. "L'idea del limite di due mandati, totalmente sgrammaticata sul piano istituzionale, cos'altro è se non l'ammissione di una specie di elezione diretta?".
D'Alema si attiverà nella formazione di comitati contro la legge Boschi. Lo vuole fare senza uscire dal Pd, ma nelle riunioni spiega che "l'obiettivo ora è riunire tutti i pezzi della sinistra, partendo dalle varie anime della minoranza dem". Non vuole entrare in altri comitati ma crearne uno nuovo "per occupare lo spazio della sinistra riformista. Non possiamo partecipare ai gruppi di Zagrebelsky o di chi si limita a difendere la Costituzione attuale". Del resto non potrebbe farlo chi ha guidato la Bicamerale. Si cercherà di coinvolgere alcuni esponenti di spicco del partito. D'Alema continua ad avere contatti con Michele Emiliano, il governatore pugliese, con la suggestione che potrebbe essere lui un sostituto credibile di Renzi. A Roma si confronta spesso con l'ex sindaco Ignazio Marino e con il direttore della Treccani Massimo Bray. In questi comitati potrebbe confluire Area socialista, la componente del Psi costituita da Bobo Craxi in opposizione al segretario Riccardo Nencini schierato con il Sì.
La rete si sviluppa, ma tutto dipende da come si chiuderanno le urne domenica sera. All'ombra del Campidoglio e del Duomo, soprattutto. Bray, a proposito del voto alla Raggi, parla di "scenario poco credibile. Le battaglie, Massimo, le fa alla luce del sole. E vedrete che dopo le comunali si farà sentire". Bray accenna anche alla disciplina di partito, che per uno della scuola di D'Alema ha un peso. Altri fedelissimi però gli hanno sentito dire che ormai si sente sciolto dalla tradizionale disciplina comunista o ex comunista. Si sente libero di fare le sue scelte e ha ben chiaro che la partita è quella finale per far cadere il premier. Ora o mai più.
Goffredo De Marchis
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PER I DISTRATTI E GLI IMMEMORI - Il Signor Renzi, alle famose elezioni europee del 2014, precedute di poche settimane dalla "marchetta 80 euro", si è intestato il successo, "comprato" con una cambiale annuale di 10 miliardi di euro (20.000 miliardi annuali del "vecchio conio"). Il famoso, mitico 40,8%.
Il mitico 40,8% attualmente è "scivolato", in due anni, sotto il 30%
In quella occasione, Renzi si è guardato bene dal distinguere le europee dalle politiche, e ha deciso che le europee non servivano per eleggere i parlamentari europei, ma per avallare il consenso POLITICO a se stesso. Prendiamo atto che oggi ha cambiato idea, e che le amministrative in 25 città-capoluogo di provincia non hanno un valore politico. Quam mutatus ab illo...
Ma le "strambate" del renzino non finiscono qui. Il renzino è capace di fiutare l'aria che tira. Ma, al contrario dei bravi velisti, non è capace di fiutarla in anticipo (e magari di non aspettare il "coup de vent" prima di "prendere una mano di terzaruoli", ma di anticipare gli eventi). Fuor di metafora, è andato avanti per mesi forzando la mano e le regole della buona educazione istituzionale, per portare a casa l'orrendo ed incostituzionale "Italicum", costruito sulla convinzione che il mitico 40,8% altro non fosse che il punto di partenza per altre vette ancor più alte. L'inarrestabile marcia del Leader Massimo verso le "magnifiche sorti e progressive".
Eppure sarebbe bastato pazientare un mese per capire che il 40,8% era solo il frutto della marchetta, e che l'allontanamento da quel magnifico traguardo era cominciato subito, e una schifosissima legge "ad partitum" tagliata sulla convinzione di aver acquisito per la vita il superamento del 40% era solo un abbaglio, un "wishful thinking", una pia illusione.
Ora che le amministrative "senza valore politico" si avviano al disastro, Renzi - che è il responsabile unico delle scelte fatte, ci sorprende con atti e dichiarazioni che mai nella vita ci saremmo aspettati da questo arrogante strapaesanotto il cui motto è sempre stato "o così o cosà" (alternativia: "prendere o lasciare; qui comando io")
Ora addirittura ha resuscitato gli odiati "tavoli" cogli orrendi "gufi&rosikoni" chiamati "sindacati"; ci ha sorpresi un po' tutti informandoci che lui non è innamorato dell'Italicum (quella cosa che fino a ieri "non si toccava"... ci ha stupiti dicendo che lui preferiva il Mattarellum. Chissà chi ha voluto l'Italicum...).
A me, velista di lungo corso, il renzino ricorda quei velisti della domenica (quelli che chiamavamo con disprezzo "banchinisti", perchè lasciavano l'amata banchina del porto sicuro solo con le bonacce assicurate, "motore e randa in mezzo", bagnetto in rada e ritorno in porto...
La specialità dei "banchinisti era quella di non riuscire MAI a fiutare il vento in anticipo, ma solo quando arrivava loro addosso un colpo di maestrale forza nove, e a quel punto non riuscivano, per il panico, neanche a ridurre la velatura, o ad immaginare una qualsiasi exit-strategy...
Renzi è tutto questo, e anche di più e di peggio. E' quello che adesso sta tentando di intestarsi una improbabile uscita anticipata dal lavoro verso la pensione, senza riduzione dell'importo della pensione. Chi paga la differenza? Il pensionato. Le banche "prestano" al pensionato la differenza, che il pensionato dovrà poi restituire, raggiunta l'età del pensionamento pieno, in "comode rate" ventennali.
Praticamente, in un paese in cui per la prima volta dal dopoguerra l'attesa di vita è diminuita a 80,3 anni (grazie all'aumento esponenziale della povertà, ed alla diminuzione continua delle risorse per la Sanità pubblica), il pensionato potrà restituire in venti comode rate l'anticipo di pensione. Pagherà solo fino ai 97 anni, poi sarà libero. E se dovesse avere il cattivo gusto di morire - come da statistiche ISTAT - a 80,3 anni? Nessun problema... pagheranno gli eredi, o il governo rimborserà le banche prestatrici, facendo nuovi debiti. Geniale. Renzi potrà affermare di aver accorciato i tempi della pensione - prima allungati; senza decurtazioni per il pensionato. Contestualmente, le banche godranno di un fiume di milioni di "impieghi a rischio zero", e le future generazioni avranno il piacere di superare il debito greco.
LAST BUT NOT LEAST - Il renzino ci ripete cinque o sei volte al giorno che se perderà ai ballottaggi non si dimetterà, perchè si tratta di "elezioni amministrative", attraverso le quali "non si sceglie il governo, ma i sindaci". Esattamente il contrario della filosofia delle europee. Renzino, alle europee si scelgono gli europarlamentari da mandare a Bruxelles e a Strasburgo, e non chi incollare alla poltrona di Palazzo Chigi col Vinavil... E a tal proposito, vorrei sottolineare - anche ad uso degli "antipatizzanti" di D'Alema, la diversa statura dei due uomini:
ELEZIONI REGIONALI 2000 - Si vota in 15 regioni. In 10 regioni le coalizioni di CXS e di CDX ottengono lo stesso risultato del 1995. In Piemonte, Lombardia, Veneto, Puglia viene riconfermato il centro-destra; in Emilia-Rpmagna, Marche, Umbria, Toscana, Molise, Basilicata viene riconfermato il centro-sinistra. Il centro-sinistra consegna agli avversari la Liguria, il Lazio, l'Abruzzo e la Calabria, e strappa al centro-destra la Campania. Saldo negativo di tre regioni. Oddio... volendo fare i pignoli, si potrebbe far notare che la Campania da sola vale più di Liguria, Abruzzo e Calabria sommate... ma lasciamo perdere... D'Alema non si attacca al fatterello che si è votato per le regionali e non per le politiche. D'Alema sa che anche le regionali - come le comunali - hanno implicazioni politiche, e si dimette:
[...] "ho ritenuto giusto prendere atto che la conclusione del duro confronto politico per le elezioni regionali ha visto il successo di una opposizione che aveva chiesto fin dall'inizio le dimissioni del governo. Pertanto, ritengo giusto portare in Parlamento il confronto politico" [...] (Vedi fonte)
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