È di pochi giorni fa la notizia che Fuocoammare sia stato candidato dalla commissione apposita a concorrere per l’Oscar al migliore film straniero in lingua non inglese. Invano da qualche giorno cerco la notizia sui siti specializzati. La minimalizzazione, quando non il silenzio, si sta facendo assordante, anche se qua e là emerge qualche dichiarazione sprezzante, o il disappunto di un noto regista nostrano (non intendo soffermarmici) per la circostanza di non averlo candidato fra i documentari.
Rosi ha girato un film, che è anche molto ben documentato, sulla tragedia dei profughi dall’Africa e dal Medio Oriente, che a Lampedusa arrivano dopo che le segnalazioni di prammatica avvisano la Capitaneria di Porto del naufragio di qualche barcone super affollato sul quale donne, bambini, vecchi sognano sfuggire agli orrori che stanno per travolgerli. Come ho scritto, però, a suo tempo, il film non è un’inchiesta giornalistica su questi sbarchi, perché Rosi “è un regista che si esprime in modo molto personale… attraverso il racconto cinematografico”. Rosi, cioè, racconta e non si limita a descrivere. Un vero film, dunque, a cui personalmente auguro molta fortuna, e anche uno sguardo più benevolo non solo da parte della nostra altezzosa critica cinematografica sempre pronta, però, a perdonare il vuoto desolante della nostra produzione con giudizi un po’ troppo generosi, ma di quel pubblico che, sempre più impaurito dagli sbarchi, dimentica facilmente la propria umanità e lascia sul web, intorno a questa designazione, commenti davvero irriferibili .
Chi è interessato a leggere la mia recensione di SACRO GRA, Leone d’oro a Venezia nel 2013, può leggere QUI
Principali interpreti: Pierre Niney, Paula Beer, Ernst Stötzner, Marie Gruber, Johann von Bülow, Anton von Lucke, Cyrielle Clair, Alice de Lencquesaing – 113 min. – Francia 2016.
Due brevi premesse: – eviterò, per quanto possibile, qualsiasi anticipazione sugli sviluppi della vicenda, perché l’effetto sorpresa, al termine dei molti depistaggi intenzionalmente disseminati nel corso del film, è fondamentale per comprenderlo e apprezzarlo;
– credo che per capire bene le ragioni dei depistaggi di Ozon sarebbe utile ripensare al complesso gioco dei rapporti fra realtà e finzione che lo stesso regista mette in scena e teorizza nel corso di quel film, cosparso di trappole per lo spettatore, che porta il titolo italiano Nella casa(2012)*.
Siamo in una località tedesca nel 1919, all’indomani della bruciante sconfitta della Germania dopo la Prima guerra mondiale. La pesantezza dell’umiliazione subita si unisce al dolore per la perdita dei figli: il lutto è in tutte le famiglie del villaggio; la birreria, per molti anziani, costituisce il luogo dell’aggregazione possibile dove, magari, coltivare accesi propositi revanscisti.
Una giovane donna, Anna (Paula Beer), ha perso il proprio fidanzato, Frantz, caduto, come si apprende nel corso del film, in una trincea nei pressi della Marna. Ora Anna vive con i genitori di lui, gli Hoffmeister, ovvero il medico Hans (Ernst) e la moglie Magda (Marie Gruber) che l’hanno accolta come una figlia: anche lei, come loro, è legata profondamente al ricordo di quel giovane speciale che la guerra si era portato via. Frantz infatti era un giovane pacifista per educazione familiare, colto e cosmopolita, violinista di valore; per rispetto della sua memoria Anna rinnovava ogni giorno i fiori freschi al cimitero. Qualcun altro, da qualche tempo, quotidianamente stava portando fiori su quella tomba: era il parigino Adrien Rivoire (Pierre Niney), che aveva già tentato, invano in quanto francese, di farsi ricevere da Hans per parlargli del figlio. Anna, ritenendo che probabilmente Adrien avesse conosciuto Frantz durante il suo lungo soggiorno parigino prima della guerra, aveva convinto Hans ad accoglierlo e ad ascoltarlo. Ne era nata, a poco a poco, un’amicizia profonda: Frantz veniva costantemente fatto rivivere attraverso il ricordo doloroso di Adrien che evocava l’antica conoscenza parigina, le visite al Louvre, le soste davanti alla pittura di Manet, la sua passione per il violino… Tutti nella famiglia Hoffmeister, la stessa Anna, erano incantati alle sue parole, commossi per il pudico imbarazzo che le accompagnava e sembravano aver ritrovato un po’ di serenità.
Il soggiorno nel piccolo paese, per Adrien, non era facile, tuttavia: l’odio anti-francese era troppo diffuso e stava diventando aggressivo, ciò che lo avrebbe indotto a tornare in Francia, dopo aver lasciato una lettera di spiegazioni, finita tra le mani di Anna. Da questo momento si avviano gli importanti sviluppi del film, sui quali, come ho già detto, non rivelerò alcunché. Vorrei precisare, però, che tutto quello che lo spettatore immagina, per quanto smaliziato e conoscitore di Ozon, non corrisponde al gioco intrecciato degli eventi e dei personaggi, poiché come ho già detto, il regista ci porta volentieri su false piste, mantenendo viva la nostra attenzione fino all’ultima scena. Chi sia davvero Adrien, che cosa faccia nella vita, come abbia conosciuto Frantz, quale sia il suo futuro in Francia, lo scopriremo un po’ alla volta, con Anna, l’unico personaggio che alla fine del film avrà completa coscienza di tutto ciò che era accaduto e che di conseguenza potrà decidere liberamente di sé.
Il film, un vero racconto di formazione per Anna, narra in modo equilibrato e lineare una storia a tratti assai difficile, condotta con tecnica narrativa attentissima, così da mantenere vivo e teso l’interesse in sala per circa due ore, lasciando qualche spazio alle morbidezze del mélo. Il regista utilizza un raffinato e bellissimo bianco e nero, ravvivato a tratti da un tenue colore di forte impatto emotivo. La ricostruzione storica e sociale è molto scrupolosa, ma non neutra, perché avviene dal punto di vista tedesco di Anna, che, non diversamente dagli Hoffmeister, continua a coltivare quegli ideali di pace e di dialogo che le avevano reso caro Frantz. Questo le avrebbe permesso di percepire la pericolosità dei fermenti nazionalistici presenti nella Germania sconfitta e umiliata dopo Versailles, e di scegliere per il proprio futuro. Nella grandissima recitazione di tutti gli attori, si segnalano quelle superbe di lei, Paula Beer (che per questo ha ricevuto il premio Mastroianni a Venezia dove il film è stato presentato in concorso), e di Adrien, credibilissimo nel suo tormento e nella sua pietà. Da vedere sicuramente.
*se, comprensibilmente, i miei lettori non hanno voglia di leggere quella mia vecchia recensione, mi perdonino, allora, l’auto-citazione:
“Le correzioni di Germain (è il professore protagonista del film) si spostano dal piano formale (come si potrebbe raccontare meglio ciò che si è osservato) a quello più sostanziale (come si potrebbe costruire meglio il racconto, spostando situazioni e personaggi, non tanto secondo verità o verosimiglianza, ma secondo l’invenzione e l’immaginazione dello scrittore). Nella pellicola di Ozon, che tali correzioni mette in scena per noi, pertanto, compaiono, diventando film esse stesse, le diverse infinite possibilità che dall’osservazione della realtà si aprono non solo alla scrittura, ma anche al fare cinema: in una parola alla creazione artistica.”
BALLISTI ON STAGE - Ieri, durante il confronto sulla riforma costituzionale fra Zagrebelsky e Renzi, una delle prime interruzioni in "tamarro's mode" subite dal mite Zagrebelsky, è servita ad "ingiungere" al costituzionalista di non seccarlo spiegandogli le sue idee su alcuni punti della Costituzione, perchè "io, per sua informazione, conosco a memoria le sue idee, avendo studiato Diritto Costituzionale all'Università sui suoi testi"
Davvero, Signor Renzi? Andiamo con ordine, perchè la cosa mi aveva parecchio incuriosito. E sa perchè??? Perchè nella mia esperienza universitaria, non ho trovato UNA SOLA VOLTA un professore ordinario di una materia che - autore di un libro sulla materia stessa - adottasse come libro di testo un libro di un "concorrente", e spesso "nemico"...
Ora si da il caso che il Prof. Zagrebelsky non abbia MAI insegnato a Firenze, ma marginalmente a Sassari e Napoli, e per lungo tempo - ed in particolare durante gli anni da universitario del ggiovane fenomeno rignanese, sia stato ordinario dei Diritto Costituzionale a Torino.
Come molti sanno, io ho il pregio della stronzaggine... E così, insospettito dalla "generosità" dei docenti di Firenze che - pur avendo dato alle stampe dei propri Manuali di Diritto Costituzionale - adottavano i libri di un Professore di un'altra Università, mi sono preso la briga di verificare...
Ebbene, a Firenze, in tutti gli anni che coprono il probabile periodo di "soggiorno" del fenomeno (che si è laureato nel 1999, a 24 anni e mezzo) si è studiato sul "Corso di Diritto Costituzionale" del Prof. Paolo Barile, e MAI a Firenze è stato adottato il "Manuale di Diritto Costituzionale" di Gustavo Zagrebelsky".
N.B.: Naturalmente al Pres. del Cons. non mancheranno gli strumenti per smentirmi, documentando l'adozione, in qualsiasi anno dei suoi studi universitari, del "Manuale" di Gustavo Zagrebelsky.
Tafanus
Post Scriptum: Ho avuto già modo di smascherare il ggiovane fenomeno nel 2009, con un post di inchiesta che ha costretto qualcuno a cambiare in tutta fretta il miracoloso curriculum del Renzino su Wikipedia (immagino scritto sotto dettatura...). Dopo il nostro post, ripreso da decine di siti e giornali, misteriosamente la miracolistica biografia del ggiovane Renzi viene letteralmente cancellata e sostituita con una molto più modesta... In un fiat sparisce la "notizia" che il "ggiovane Renzi abbia CREATO a 19 anni un'azienda che "fatturava 3 milioni di euro", aveva quattro sedi, quindici dipendenti fissi e "circa 2000 collaboratori esterni", e viene sostituita dalla notizia che il ggiovane Renzi "lavora nell'azienda di famiglia". Si scoprirà poi che l'azienda - fallita - era la Chil srl; che si occupava solo di organizzare gli strilloni dei giornaletti di destra del Gruppo Monti-Riffeser in Firenze e provincia; che il ggiovane fenomeno era solo un co.co.co,., poi inquadrato come "dirigente" alla vigilia dell'ingresso in politica. Conseguente, fortunata coincidenza? Aspettativa, con contributi INPDAI che continuano a "correre" a spese del contribuente, fino al 2014.
Perchè la "fondazione" di un'azienda a 19 anni era una balla colossale? Beh... leggendo la riproduzione del mio post del 2009 (l'originale è misteriosamente sparito dalla rete), vi divertirete di più, e mi eviterete di raccontare nuovamente di questa balla, eguagliata solo da quella di Berlusconi studente alla Sorbona (che nessuno è mai riuscito a rintracciare nei registri della Sorbona)... Trovate questa edificante balla su QUESTO LINK
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