La battaglia sui voucher ricompatta le sinistre I referendum della Cgil sul lavoro. Mercoledì partono i camper della Cgil: "Libera il lavoro con due Sì". Ma i referendum sui ticket e gli appalti non mobilitano solo il sindacato della Camusso. Tutto ciò che si muove alla sinistra del Pd è pronto a sposare quella battaglia di primavera. Con un occhio ai temi e agli elettori (Valentina Conte - Repubblica)
Una sinistra anti-voucher. La battaglia di primavera sui referendum promossi dalla Cgil si candida a diventare il collante di tutto ciò che si muove a sinistra. Da Campo Progressista, la nuova creatura dell'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, a Sinistra italiana, il neonato partito di Nicola Fratoianni. Passando per i probabili scissionisti dell'ex minoranza Pd. Mercoledì partono i camper del sindacato in giro per l'Italia. Lo slogan è "Libera il lavoro con 2 Sì", in riferimento al doppio quesito, per abolire i buoni lavoro e per la piena responsabilità solidale negli appalti. Ma c'è da scommettere che il tentativo di mobilitare il popolo del No al referendum della Costituzione del 4 dicembre non sarà lasciato alla sola iniziativa della Cgil. Quel bacino di idee, partecipazione e certo voti può diventare l'interlocutore privilegiato e la massa critica di Pisapia-Fratoianni-Emiliano. Specularmente alla Cisl, compagine ormai orientata al Pd a trazione renziana e dunque favorevole al Jobs Act, ai ticket seppur temperati e alla riforma costituzionale.
Straordinaria opportunità. Mai come ora le posizioni sono chiare. Al congresso fondativo di Sinistra italiana, sabato a Rimini, lo ha detto chiaro Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, i metalmeccanici della Cgil: "La campagna referendaria deve diventare il terreno largo di mobilitazione, non solo per cancellare i voucher ma per tornare a unire il mondo del lavoro, oggi diviso e frantumato e in cui i giovani precari non si sentono rappresentati". Fabio Mussi - ex Pci, poi Pds, Democratici di sinistra e ora Si, nonché ministro dell'Università nel secondo governo Prodi - va anche oltre e definisce i voucher come "forma di schiavismo nell'industria moderna" e la politica dei bonus di Renzi come "l'Achille Lauro 4.0". In contemporanea, al teatro Vittoria di Roma, Roberto Speranza, minoranza Pd e scissionista in pectore, accusava "il gruppo dirigente del Pd" di avere paura: "Dice che dobbiamo scappare perché c'è il referendum. Ma un milione di cittadini che firma per più diritti è una straordinaria opportunità". Mentre Enrico Rossi,
governatore della Toscana e altro scissionista, invoca "un partito partigiano": "Non possiamo che essere favorevoli alle richieste di rivedere i voucher. Una forza come la nostra non può fare a meno di un confronto con i sindacati". Appunto.
Valentina Conte
Ovviamente speriamo che la campagna referendaria sia organizzata in modo da costituire un potente strumento di comunicazione per ciò che rimane della sinistra, al fine di sottolineare "chi sta con chi", in Italia, dal punto di vista della difesa dei più deboli e della legalità negli appalti. Sull'esito della doppia consultanzione, invece, nutriamo un sano pessimismo. Il quorum difficilmente sarà raggiunto, perchè al 30/35% di astensionismo fisiologico, si aggiungerà ciò che resterà del PdR (PD Renzino), che non vedrà l'ora di far fallire una iniziativa degli "scissionisti e della odiata CGIL. Per ragioni diverse (protezionato del precariato e del padronato, si aggiumgeranno agli "astensionisti attivi" anche i partiti di destra.
Se mai un giorno la sinistra dovesse tornare al governo con gente di sinistra e non con cascami della DC più becera e del berlusconismo, spero che fra le prime iniziative prendano quella di modificare l'abominio del "quorum", che regala ai contrari al referendum uno zocco, lo duro di partenza di 30/35/ di astensioni. Un paese serio potrebbe aumentare il numero di firme, ma abolire contestualmente il quorum. Chi non vota, ha sempre torto.
Tafanus
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