Dall'intervista del "Fatto" a Marco Carrai, benefattore ricambiato dal renzismo, emerge il quadro di un supercattolico, vicino a Comunione & Liberazione, ex fondatore di circoli di Forza Italia, grande collettore di fondi per le varie leopolde, "prestatore" di un bell'appartamento a due passi da Piazza della Signoria Matteo Renzi. E' un puro. "Mai accettato di lavorare per aziende pubbliche". Caso mai, lavora "solo" per delle "partecipate". E' tuttora in affari con Luigi Berlusconi. E' quest'uomo che Renzi voleva mettere a capo di una nuova struttura per il controllo del web. Un esperto di informatica? No. Un amico fidato. Al quale affidare una struttura-doppione della efficientissima Polizia Postale. Dicono le male lingue che se qualcuno non avesse fermato questa folle idea, ci saremmo avviati verso una sorta di watergate alla fiorentina...
Quella che segue è un'intervista molto "prudente" rilasciata da Marco Carrai al "Fatto Quotidiano", piena zeppa di interessanti "non-risposte"
Tafanus
Parla Carrai: “Io, Renzi, il Mossad e quando fondai un club Forza Italia”. Marco Carrai - L’imprenditore: “Soldi all’ex premier da Israele? Chiedete ai tesorieri” (di Carlo Tecce - Il Fatto)
Quand’è che Marco Carrai, il ragazzo di provincia da Greve in Chianti, diventa l’uomo d’affari Marco Carrai con relazioni dagli Stati Uniti a Israele?
“La mia vita è in due atti. Il primo da giovane appassionato di politica, assessore a Greve e consigliere comunale a Firenze, oltreché nel Partito Popolare e nella Margherita. Poi ho scoperto che non faceva per me e ho alimentato la mia passione: creare impresa”.
Perché non ha seguito l’ascesa politica di Renzi?
Ognuno ha una aspirazione, La mia non era quella politica. Mi dava troppo stress.
È sempre il migliore amico di Renzi?
Perché me lo chiede?
Anche le amicizie cambiano.
Quando sono sincere e solide, no. Le circostanze non interferiscono, altrimenti che amicizie sarebbero.
Ascolta i suoi consigli?
Questo lo deve chiedere a lui. Non sono il suo consigliori.
Qual è l’ultimo?
Andare in giro in Italia a scovare uomini e idee. E poi gli ho suggerito l’attenzione a coloro che da soli non ce la fanno e la cui rabbia aumenta. Tutte cose che già sa bene.
Perché non l’ha portata nel governo?
Io avevo deciso di fare altro.
Ma poi ha pensato di affidarle la struttura di cyber security. Chi ha bloccato la nomina?
Non mi interessa sapere. Era per un ruolo tecnico, non politico. È una cosa che non cercavo e che, se fosse andata a buon fine, avrebbe comportato di fare un trust (credo di essere l’unico in Italia a porsi il problema di un possibile conflitto) e di dimettermi da tutte le mie cariche sociali e diminuire le mie entrate economiche. Non è successo e ne sono sollevato. È stato scritto che non ero competente. Forse lo ero anche troppo.
Chi dai servizi segreti americani e italiani fino al Quirinale – che sembrava perplesso – ha impedito il suo arrivo a Chigi?
Dubito che su di me si sia scatenato un complotto internazionale.
Renzi ha insistito parecchio. Perché? Temeva di essere spiato?
Chi spia il presidente commette un reato. Quello che mi era stato proposto, non era in alcun modo di andare a occuparmi di servizi segreti o di intercettazioni o di altri aspetti che stanno in capo (e bene) al Dipartimento per l’informazione e la sicurezza e ai due servizi operativi. Io non dovevo entrare nei servizi segreti, per intenderci, ma coordinare la parte “civile” della cyber, allora frammentata. C’era un’urgenza per i continui attacchi alle strutture sensibili dell’Italia, Renzi se ne rendeva conto.
Marco Carrai e Agnese Renzi
Luigi Bisignani ha scritto un articolo in cui faceva riferimento a sua figlia e le sconsigliava di guidare la sicurezza cibernetica.
Questo è un bel Paese frequentato a volte da brutte persone. Mi sono chiesto perché, ma non ho voluto scoprirlo. A me non piace nuotare in acque melmose. Mi piace nuotare in quelle sconosciute e scoprire cose quando ho chiare le regole del gioco.
Qualche anno fa, Naor Gilon, ambasciatore di Israele in Italia, presentò un ospite ai suoi commensali romani: “Non sapete neanche il suo nome, ma vi assicuro che è tra gli uomini più importanti del vostro Paese”. E apparve lei. Quali interessi ha in Israele, perché viene accostato al Mossad?
Sono molto legato a Israele e mi riconosco nella sua storia e identità. È un luogo sempre sull’orlo di una guerra, dove però si riesce a creare innovazione come solo in California. Le mie società trovano lì larga parte del loro sapere. Non sono purtroppo il primo né sarò l’ultimo che, essendo vicino a Israele, viene dipinto come vicino al Mossad. Preferisco essere accostato impropriamente al Mossad piuttosto che al Ku Klux Klan. E quindi me ne faccio una ragione.
Investitori israeliani hanno finanziato le campagne elettorali di Renzi?
Io non gli ho mai presentato israeliani per le donazioni. La domanda è da rivolgere ai tesorieri.
Però gli ha presentato il premier Netanyahu.
No. Renzi ha conosciuto Netanyahu durante un incontro con alcuni sindaci a Gerusalemme. Era sindaco di Firenze.
E c’era anche lei?
No, era un appuntamento istituzionale. C’ero in quel viaggio perché Matteo voleva capire a fondo Israele e gli organizzai degli incontri.
Che bisogno aveva Renzi di un’abitazione a Firenze, peraltro affittata a suo nome?
Io non ho mai affittato la casa a Renzi. Quella era la casa che io avevo affittato per me, a volte ospitavo Matteo. Rispettando il codice civile, lì ha preso la residenza. È stato detto che in cambio mi ha nominato Ad di Firenze Parcheggi. Peccato che lo fossi già tempo, indicato dai privati per sanare l’azienda.
I renziani – il Giglio magico – hanno danneggiato Renzi?
Credo che la narrazione dei giornali l’abbia fatto.
Ma Carrai è un petalo del Giglio magico?
Ho da sempre in tasca solo una tessera: quella dell’Azione cattolica italiana.
Ha apprezzato la promozione a sottosegretario di Palazzo Chigi di Maria Elena Boschi dopo la bocciatura della “sua” riforma.
È competente, tuttavia non commento faccende politiche.
Il renzismo assomiglia al Castello dei destini incrociati. Alberto Bianchi, presidente della renziana Fondazione Open, è anche consulente legale di Ferrovie e Consip. Non è un conflitto di interessi di sistema?
Bianchi è legale di questi due soggetti giuridici da prima dell’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi. Una democrazia non deve impedire a professionisti di contribuire con il proprio impegno a un’idea di Paese.
Assieme a Bianchi è in Open e assieme avete fondato una società.
Con Bianchi e altri abbiamo creato una società che mirava a valorizzare dei brevetti farmaceutici. Questa società, però, non è mai partita. È in liquidazione.
Il capo di Consip, Luigi Marroni, le ha chiesto di aiutare la sua compagna Frati Gucci o l’ha fatto tramite Bianchi?
È barbaro rispondere alle domande basate su intercettazioni pubblicate sui giornali. Quello che Laura Frati Gucci voleva – secondo Marroni – non l’ha ottenuto. Io conosco Laura, questa vicenda non ne dovrebbe minare le aspirazioni. Al plauso della folla preferisco il fattore umano. A Barabba, Gesù.
Quali ambizioni coltivava Frati Gucci?
Laura è uno storico socio dell’ente Cassa di Risparmio di Firenze – di cui sono socio e consigliere in Cda – ben prima di conoscere Marroni. Voleva entrare nel Cda. Frati Gucci – non Bianchi – ha fatto presente la sua volontà a molti soci e membri dei vari organi per capire come provarci. Nelle elezioni di cariche associative, funziona così: ti candidi e devi raccogliere consenso.
È amico di Marroni?
Lo conosco bene.
Conosce il presunto faccendiere Carlo Russo? Aveva aperto un centro estetico in una palestra di sua proprietà.
Ho appreso dell’esistenza di Russo dai giornali. Io sono azionista di una società che gestisce alcune palestre e un albergo in centro a Firenze. Ignoravo che la sua compagna, che non conosco, fosse stata affittuaria per un brevissimo periodo di un locale di una palestra. Dopo due o tre mesi, è stata sfrattata per morosità.
L’indagine coinvolge pure Tiziano Renzi. Avete mai parlato di affari o di imprese?
Mi spiace molto, provo dolore. Non abbiamo mai fatto impresa.
I renziani sostengono che la stagione di governo di Renzi sia sotto attacco della magistratura.
Non commento. Le racconto, però, una storia. Io mi sono avvicinato alla politica nel ‘94. A 19 anni. Una mattina di febbraio arrestarono il padre di uno dei miei migliori amici per una presunta tangente in una azienda pubblica dove era amministratore. Erano gli anni di Tangentopoli, anche a me ripugnava la corruzione. I miei miti erano Falcone e Borsellino. Però dopo l’arresto di una persona che conoscevo benissimo e sulla cui moralità avrei potuto giurare, successe un fatto strano. Il mio amico fu trattato da reietto da molti e la cosa mi indignò. Arrivò Berlusconi che prometteva una nuova Italia e noi fondammo uno dei primi club di Forza Italia. L’avventura fu breve, la mia estrazione era un’altra. Il padre del mio amico fu assolto su richiesta dei magistrati perché il fatto non sussisteva.
Anche lei vorrebbe secretare gli avvisi di garanzia?
L’Italia è affetta dal malaffare, ma tante volte la giustizia è arrivata troppo tardi per chi per sbaglio era stato ingiustamente colpito. Va trovato il giusto equilibrio tra la sacrosanta azione repressiva e il diritto delle persone a essere tutelate di fronte al linciaggio pubblico. Si chiama avviso di garanzia perché è una garanzia nei confronti dell’indagato e non una condanna preventiva.
È ancora in società con Luigi Berlusconi?
Sì. Si tratta di una società di analisi dei dati del web.
Il Paese dei poteri – mi dica lei se forti – ha già rinnegato Renzi?
Io credo nelle idee forti, più che nei poteri forti. Quando uno è al potere è più adulato. I poteri forti, se mai ci fossero, sono dei follower e non dei following. Ti seguono, non devi seguirli.
Quando ha conosciuto l’ex agente segreto Michael Ledeen?
Ho conosciuto Michael anni fa, lo invitai a un convegno. Non ricordo se la prima volta fosse per la presentazione di un libro su Machiavelli di cui lui in America è un cultore oppure per un convegno sulle grandi ideologie degli anni Duemila. Lo organizzai con la fondazione Eunomia che si occupa della formazione politica, ai tempi del comune di Firenze. A quel convegno portai Michael, Richard Perle e Massimo D’Alema. Erano i tempi dei neocon da una parte e della terza via blairiana dall’altra.
Tutto qui?
Ledeen per me è un intellettuale, un amante di Napoli (di recente ci ha scritto un libro). Ciascuno ha le sue idee. Comunque, a Michael voglio bene e non ho mai esplorato il suo lato oscuro ammesso che esista.
Pensa che l’amicizia con Ledeen l’abbia penalizzata?
Quando è vera, l’amicizia non penalizza mai.
Di quante aziende si occupa?
Una decina.
Quanti dipendenti ha?
Circa cento, e non calcolo i collaboratori.
Le sue società lavorano per aziende pubbliche?
Per mio espresso ordine, non lavoriamo e non accettiamo contratti con aziende interamente pubbliche. Semmai lavoriamo per quelle che sono partecipate dallo Stato o quotate (...ahahah...)
Ha ricevuto commesse da Enel?
È quotata. Sì, abbiamo fatto dei lavori per Enel.
Che lavoro ha svolto?
Di innovazione tecnologica. Penso sia stato molto gradito.
In una sua antica biografia si parlava di un giovane scapolo che viaggiava in Punto.
Mi sono sposato e ho messo su famiglia. La Punto non basta più. Se viene a Firenze molto spesso mi trova in Panda (l’unica mia macchina) e fino a poco tempo fa su una Fiat 500, benefit di una mia azienda e che ora ho cambiato con una piccola Jeep. In garage ho una Audi, il benefit che ricevo come presidente di Toscana Aeroporto.
Una volta ha detto: “I pesci muoiono dalla bocca”. E cioè che parlare troppo è letale.
Scherzavo con un giornalista. Mi venne in mente questa battuta perché l’avevo sentita da una bocca ben più importante della mia e mi aveva impressionato.
Chi era il proprietario di tale bocca?
Un ex direttore della Cia. Ero a un matrimonio.
Quanto incide la massoneria in Italia?
Non so dire se abbia un ruolo. Io non ne faccio parte. Non minimizzo la questione, sono consapevole dei danni che in passato le logge deviate hanno arrecato al Paese. Conosco alcuni massoni che fanno della loro filosofia un motivo di crescita ed elevazione personale. Studiano sui testi sacri e su Réné Guenon. Ho fatto lunghi dibattiti con massoni cattolici ai quali chiedevo come conciliano l’essere credenti con l’adesione alla massoneria.
Anche lei venera la Madonna di Medjugorje come la famiglia Renzi?
Non ci sono mai andato. Cerco Dio come Elia, che lo incontrò sul monte Oreb. Non nel frastuono. Nel silenzio. Non disprezzo, però, chi usa altri modi. Ed è scandaloso che Tiziano Renzi sia stato seguito anche lì.
Opus Dei o Cielle, quale sceglie?
Ho frequentato e talvolta frequento Comunione e Liberazione, dove ho alcuni cugini membri attivi della fraternità. Non sono un esperto di Opus. Ho partecipato anni fa a un ritiro perché mi invitò un professore, che si era intestardito a farmi finire Economia.
Ha trascorso sei anni in ospedale. Cosa le resta?
Mi manca molto non aver fatto la maturità con i miei amici. Mi mancano tutte le cose che uno fa dai 17 ai 23 anni. Mi resta il forte attaccamento all’amicizia e alla famiglia che mi hanno restituito la gioia di vivere. A un certo punto si era affievolita. Per distrarmi, dal letto giocavo in Borsa guardando le azioni sul televideo.
Dove sarà Renzi fra dieci anni?
Lontano dalla politica. E non per un fallimento, ma perché avrà terminato la missione.
E dove sarà Carrai?
Con mia moglie e i miei figli in giro per il mondo. Loro sono il mio presente e il mio futuro. Fino a qualche tempo fa guardavo soltanto indietro.
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