Quattro anni dopo, uno su tre lascia Renzi. I numeri delle primarie del Pd regione per regione. Un milione di elettori resta a casa. Crollo di partecipazione nelle zone rosse, tiene solo il sud (Fonte: Huffington Post)
Una foto "con sprezzo del ridicolo": per caso, a sinistra nella foto i ggiovani adulti (quattro); a sinistra le ggiovani adoratrici (quattro), stranamente alquanto "nane", in altezza e larghezza, rispetto ai maschietti e al Profeta che sta porgendo il verbo; a destra in secondo piano gli "attempati signori", tutti con la testa inclinata allo stesso modo... Insomma, una fantastica "photoshoppata"... Persino un "fotografo comunioni e cresime" avrebbe potuto far meglio... (tafanus)
Pare una caccia al tesoro la ricerca dei dati a queste primarie, in attesa che mercoledì la commissione nazionale certifichi i dati definitivi. Quello più definitivo, comunicato ufficialmente dal Pd, riguarda il numero totale dei partecipanti: una flessione rispetto alle primarie del 2013, quando i votanti erano stati 2.805.695. In cifre assolute meno 957 mila. Meno 34 per cento, in percentuale. Uno su tre.
Un dato che, di conseguenza, riguarda i consensi del segretario eletto. La volta scorsa Matteo Renzi prese il 67,6 per cento, che equivale – in termini assoluti – a 1.895.000 voti. Stavolta il 70 per cento equivale a 1.283.000 voti. Si può anche dire, nel raffronto tra il 2013 e il 2017, che i consensi al segretario di allora coincidono con i partecipanti totali di questa volta alle primarie. Il che dà l'idea di un partito più "stretto" in termini di partecipazione. Dunque in termini assoluti rispetto al 2013 Renzi raccoglie, complessivamente, 600.000 voti in meno. Un elettore su tre, appunto.
I dati regione per regione, ufficialmente, non sono stati ancora comunicati. Però, interpellando più fonti delle varie mozioni, si ricavano numeri già attendibili. Ebbene, sono dati che fotografano un calo generalizzato della partecipazione, particolarmente forte nelle zone rosse e nel Nord.
In Emilia Romagna si passa da 405.505 votanti nel 2013 a 216.000 mila circa, ovvero il 47 % in meno.
In Toscana da 393.513 a 210.897: meno 46,4%.
In Umbria dal 71.176 a 40.562: meno 43%.
Nelle Marche da 93.486 a 47.350: meno 49,4%.
Si dimezza quasi la partecipazione proprio dove era più stretto il rapporto del Pd col suo popolo e al tempo stesso più stretto il rapporto tra appartenenza al partito e consenso elettorale. Un dato particolarmente eclatante nelle storiche roccaforti rosse.
In provincia di Firenze, capitale dell'Italia renziana, i votanti passano da 112.966 a 59.21: meno 47,4%.
A Bologna si passa da 97.900 a 54.000: meno 45%.
A Reggio Emilia, altro feudo che fu rosso e patria di Graziano Delrio, da 55411 a 30096: 45%.
Meno eclatante, ma comunque consistente il calo dell'affluenza nelle regioni del Nord. In Piemonte si passa da 164.578 a 90.285: meno 46%.
In Liguria da 81.870 a 47.92: meno 41,4%.
In Lombardia da 377.806 a 226.377: meno 40,1%.
In Veneto si passa da 177.621 a 90.000: meno 48%. In Friuli da 46.928 a 25.536: meno 45,6%.
Fanno notare maliziosamente le vecchie volpi delle altre mozioni che, sulla base di questo andamento nel centro-nord, il risultato finale sarebbe stravagante, a meno di un forte boom al sud. E chissà se è un caso, aggiungono, che a meno di 24 ore dalla chiusura delle urne è stato già ridimensionato rispetto ai "due milioni" sparati a caldo. In questo clima di sospetti, in cui tra l'altro il Primo Maggio ha rallentato il lavoro di elaborazione di dati, il portavoce del comitato Orlando Marco Sarracino dichiara che, secondo i dati in loro possesso, la mozione del Guardasigilli si è attestata al 22,6, dato superiore al 19,5 fornito dal Nazareno.
Sia come sia, al netto di polemiche e sospetti, è evidente che la partecipazione a queste primarie è stata trainata al Sud. Ovvero in quella parte d'Italia dove – a differenza delle zone rosse – è più debole il rapporto del Pd con la società italiana, come si è visto il 4 dicembre, con il risultato plebiscitario del No proprio nel Mezzogiorno. Puglia e Basilicata sono le uniche regioni in cui la partecipazione aumenta.
Nella terra di Michele Emiliano si passa dai 123.000 della volta scorsa a quasi 151.000 votanti: più 23%. In Basilicata da 32.541 a 41.000 circa. Nelle altre regioni, poi la flessione è molto ridotta. In Calabria nel 2013 votarono in 89.580 stavolta in 70.000 circa. In Sicilia la volta scorsa erano 128.992, stavolta 110.000. In Campania hanno votato in 151.000 circa rispetto ai 192.463 della volta scorsa. Proprio le terre di Vincenzo De Luca, rappresentano la Bulgaria del nuovo segretario, col 90% a Salerno, dove i votanti sono stati 6.300 ma, sussurrano i rappresentanti delle altre mozioni, non si sono viste tutte queste code. Pare che anche a Catania, dove il Pd è trainato da giovani rampolli tirati su da Totò Cuffaro e il sindaco Enzo Bianco non è stato ricandidato, ci sia stato un boom di partecipazione: da 18.000 della volta scorsa a 27.000 (...un bel risultato in controtendenza, nelle terre di Totò Vasa-Vasa Cuffaro 'de Cannoli e di Angelino Alfano, non c'è che dire... NdR)
Complessivamente. Renzi stravince ovunque, con picchi dell'80 per cento in Umbria, 78 nelle Marche, 79 in Toscana. Emiliano, praticamente, non esce dalla Puglia dove prende la metà dei suoi voti: 83.000 su 198.000, pari al 54%. Andrea Orlando ha il suo punto più alto nella sua terra, in Liguria, col 37%. I suoi voti complessivi sono 357.000., 38.000 in meno di Pippo Civati che arrivò terzo, col 14%. Però è arrivato secondo, col 20% circa. Funzionano così i numeri nei partiti quando cala la partecipazione e i partiti si restringono.
P.S.: ho ricontrollato la home-page dell'Unirenzità. Ancora adesso, per trovare sulle primarie uno strillino da 5cm x 6cm si deve scendere fino alla fine del secondo "scroll". Che non sia più, per caso, l'avvenimento del secolo?
Tafanus
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