Questo l'annuncio "funerario" apparso mesi fa su REPUBBLICA , e da me scoperto per caso e con colpevole ritardo. Apro spesso il sito della "Salumeria", per tenere d'occhio la programmazione, ma l'altro giorno non l'ho aperta dai miei bookmarks, ma da google, e l'occhio mi è andato per caso su riferimenti vecchi di alcuni mesi, ad articoli che annunciavano la decisione della chiusura dello storico locale. Ma dopo quegli articoli, la notizia sembrava rientrata. Non c'era più nessun cenno a questo evento su giornali e siti, la programmazione continuava ad essere regolarmente pubblicata, e ho avuto per un attimo l'impressione che si fosse trattato di una notizia frettolosa, o di una decisione rientrata.
Quello che segue è il testo dell'articolo pubblicato in novembre da Repubblica, a firma di Paolo Zonca:
Dopo 18 anni il fondatore e gestore Massimo Genchi Pilloli decide di lasciare: "Il locale va bene ma sono stufo"
Il primo concerto fu quello del crooner Nicola Arigliano, il 31 dicembre 1999, ma nei suoi diciotto anni di storia sul palco della Salumeria della musica sono passati i più grandi artisti italiani e stranieri. Ora quello che nacque come un jazz club in un'ex fabbrica di catene d'oro, in via Pasinetti, chiude i battenti. La programmazione proseguirà fino a metà aprile, poi l'addio definitivo a quelle serate che erano un punto di riferimento per chi voleva ascoltare buona musica (jazz, sì, ma anche rock e cantautorato), e accontentare pure il palato con un buon salume e un calice di vino come si deve.
Nessuno screzio con i proprietari, le eredi dei gioiellieri Tavazza, e nessuna crisi economica. Solo "stanchezza ", dice il fondatore e gestore Massimo Genchi Pilloli, 50 anni, a cui si deve la scelta di abbandonare la sua creatura. "Il locale va bene - spiega - . Sono io ad essermi stufato di questo mondo. Tanto è vero che non so cosa farò in futuro. Non ho neppure pensato a qualcuno che potesse rilevare la Salumeria: a Milano c'è poca gente disposta a investire sulla musica di qualità ". E il problema è proprio questo: "Noi abbiamo cominciato col jazz, ma via via, per far andare avanti l'azienda, abbiamo dovuto cambiare. Sono costretto a mettere in programmazione serate più lontane dal mio gusto, come i tributi a grandi del passato, ad esempio Lucio Battisti. Qui il pubblico viene, ma dieci anni fa non l'avrei mai fatto, preferendo di gran lunga un concerto di Renato Sellani. Gradualmente il livello del pubblico, e della musica, si è abbassato. E anche per me c'è un limite a tutto".
I giovani disertano? "Sono incuriositi, ma da altri generi: rock, pop. E se parliamo dei giovani artisti, non andiamo meglio: diventano subito star e non si accontentano dei club". Certo, è un pezzo di storia musicale di Milano che se ne va. L'elenco di chi ha animato i circa 4.000 concerti è interminabile: Pat Metheny, primo gran nome alla Salumeria nel maggio del 2000, Joss Stone, Arto Lindsay, Billy Cobham, Keith Emerson, per non parlare degli italiani Enrico Rava, Stefano Bollani, Gianna Nannini, Laura Pausini, Samuele Bersani, Gino Paoli, Folco Orselli, Fabrizio Bosso, Enzo Jannacci, che animò anche una scuola di cabaret, così come Diego Abatantuono creò nel 2002 una compagnia stabile di comici che si ispiravano al vecchio Derby. Insomma, "Colorado Café", che poi passò in televisione.
A Norah Jones, lanciata proprio alla Salumeria nel 2002, si deve l'aneddoto più bello. Due anni più tardi era già al Forum di Assago. Durante il concerto ricordò con affetto il locale del suo debutto milanese e raccontò: "In quell'occasione un giornalista capì fischi per fiaschi e scrisse che avevo cantato in una macelleria". Del resto il nome, Salumeria, qualche equivoco (o scherzo di cattivo gusto) l'ha creato: a lungo dei furboni hanno chiamato il locale per ordinare tre etti di mortadella a domicilio.
Questo lo scarno articolo, poi il silenzio. Mi sono quindi sentito autorizzato a sperare che si fosse trattato solo di uno sfogo, poi rientrato. Ma alla fine ha prevalso il bisogno di avere certezze, e così ho mandato due righe alla unica fonte certa di notizie: a Massimo Genchi.
Caro Massimo,
non ci posso credere. La notizia della chiusura risale a circa sei mesi fa, ma l'ho letta solo adesso. La "Salumeria" rappresenta per la mia generazione ciò che è stato negli anni della mia gioventù il Capolinea. Dimmi che non è vero. Dimmi che è stato uno sfogo, e che tutto è rientrato. Grazie
Antonio Crea
La risposta non si è fatta attendere. E' arrivata a giro di posta. Purtroppo è quella che temevo, e suona come una sentenza irrevocabile:
Buongiorno, Antonio
Ciao, Massimo,
innanzitutto grazie per aver risposto. Preferirei non averla mai letta, la tua risposta. Sono parecchio più vecchio di te, e ho vissuto la mia gioventù in una Milano diversa da quella di oggi. Ho vissuto l'epoca bella (forse tu non eri manco nato), in cui da casa mia potevo andare a piedi, in cinque minuti, al mitico "Intra's Derby Club" che - pochi lo ricordano - non era solo il "Derby" culla della comicità surreale, ma anche un luogo dove al Trio di Enrico Intra, si accodavano, ogni sera, nelle "after hours", i migliori jazzisti di allora (uno su tutti: Franco Cerri). A Milano potevi spaziare dal primo Capolinea (fatto da una stanzetta di 50 metri quadri, presenza quasi fidda del trio di Mario Rusca), al Cabianca, alla Taverna Greca, al Due in Piazza Madonnina, dove erano di casa Paolo Tomelleri e Laura Fedele (poi hanno ucciso il locale trasformandolo in un postaccio da karaoke mai decollato), al Santa Tecla dove ho sentito per la prima volta Enrico Rava giovane e già talentuoso (ora c'è uno scarparo), e poi in Piazza Duomo al Jazz Power, dove erano di casa Basso & Valdambrini, e dove per la prima volta ho sentito un grande Guido Manusardi (ora c'è una orrenda tavola calda), e poi al Ponte di Brera, dove non saltavo una settimana senza andare a sentire il compianto amico Renato Sellani, e Roberto Blegi, e dove spesso si mostrava il compianto figlio di Franco Cerri...
Nella Milano d'allora persino la musica c.d. "leggera" aveva una sua dignità. Potevi andare tipo il Charlie Max, dove potevi ascoltare dal vivo il suono vellutato del quintetto di Bruno Martino e di altri di questa caratura (ora c'è anche li una tavola calda...)
Caro Massimo, non credo di poterti far cambiare idea. La chiusura di un posto come il tuo, entrato di diritto nella lista dei 100 migliori jazz-club al mondo, l'avrai meditata, ma io continuerò a sfogliare la programmazione della "Salumeria" con la segreta speranza che un giorno vi possa trovare i programmi di maggio, di giugno, di luglio... No, Massimo, la Salumeria non è solo tua, è anche nostra, e non puoi togliercela. E non puoi toglierla a quei giovani precari ai quali resterà quasi soltanto il BlueNote a 60.000 lire tutto escluso per 75 minuti di musica.
Antonio
Scritto il 29 marzo 2018 alle 15:27 | Permalink | Commenti (0)
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25 marzo 2018
Oggi parliamo di operatori telefonici e internet. Ho conosciuto magliari molto più presentabili
La mia storia (con lieto fine, almeno per ora...) parte da Infostrada. Un operatore internet che ho tenuto per anni, all'epoca dell'ADSL dominante. Finchè un brutto giorno Infostrada crea una joint venture con Wind, ed iniziano i guai. Collegamenti internet già non velocissimi in partenza, crollano regolarmenta a livelli inaccettabili. Le disconnessioni, e la necessità di reinstallare il software del modem, sono pluriquotidiane. In compenso, l'assistenza è pronta e gentile. Spiego di non poter andare avanti così, e anzichè attaccarsi a cavilli da azzeccagarbugli, accolgono la mia richiesta di passare ad altro operatore senza penali.
Cosa fare? La nostra palazzina confina col parco. Dall'altra parte del parco c'è il Municipio. Sul tetto del municipio spunta come un fungo una antenna multipla. Chiedo di cosa si tratti, e un mio amico mi spiega che sono antenne ripetitrici di molti operatori wi-fi, fra cui la TRE, alla quale lui è abbonato. Me ne parla benissimo, e mi presta per alcuni giorni il suo "cubo", per provarlo. Ottimo. Conosco velocità che mai avevo conosciuto prima. Venti mega in download, mai meno di 5 in upload, disconnessioni quasi nulle. Mi sembra di sognare. Con due blog e una intensa attività social, ne ho davvero bisogno. Inoltre, scopro un punto-vendita a pochi chilometri da casa, il cui gestore è un concentrato di cortesia e competenza. Passo cinque anni tranquilli. Mi abbono. Un "cubo" fisso per casa, un "WebPocket" per le connessioni fuori casa, smartphone mio e di mia moglie. Tutto bene per oltre 5 anni. Anzi, benissimo.
...poi un brutto giorno...
Poi un brutto giorno telefono, il mio ormai amico mi dice che la TRE stava fondendosi con la Wind. Sembra quasi una buona notizia. Sembra di capire che unificheranno le due reti fisiche, raddoppiando copertura ed estendendo l'offerta anche alle connessioni via linee materiali (rame e fibra). Invece non è così. TRE passrà rapidamente alle strutture hardware Wind. Tremo, "...et pour cause...". Poche settimane, e la velocità delle mie connessioni crolla. Tutto quello che tocca Wind (prima Infostrada, adesso TRE), è destinato ad infettarsi. Si "infetta" anche il servizio di assistenza. Conoscete gli sketches della serie "...se vuole xy, prema il tasto 1, se vuole wz, prema il tasto 2..."? Bene: dalla TRE è sparito qualsiasi tasto che risponda alle mie esigenze. Finalmente, dopo qualche telefonata minacciosa, mi mettono in contatto con un fantastico centro di assistenza... in Albania. Operatori pieni di buona volontà, meno pieni di esperienza tecnica, che mi fanno fare giorni di prove assurde, e spesso ripetitive. Mai funzionanti.
Mi viene il lampo di genio. Cerco su google "blackout tre wind", e trovo decine di articoli sulla cecità ormai quasi totale di Wind-TRE in tutta Italia. Mi incazzo. Non tanto per il disservizio (se due reti si fondono, si può capire un periodo di disagio, Ma basta informare i consumatori con un comunicato stampa, e dare una previsione sui tempi - area per area - dei disagi). Mi incazzo per il tempo che mi hanno fatto perdere con prove inutili e a volte assurde, sapendo che il problema non era MIO, ma LORO. La portata del disastro Wind-TRE è epocale. Più di mezza Italia è al buio sia per i servizi voce che per i servizi dati. In calce l'immagine del disastro, e il link al sito che monitorizza il disastro. Si fa prima a citare le aree senza problemi che quelle con problemi
Molte zone d'Italia sono al buio da mesi. Non posso permettermelo. Decido di cambiare operatore sia che io riesca, sia che io non riesca ad uscirne senza penali economiche. Vedo la pubblicità della fibra TIM. Sono un felice cliente di TIM da sempre per la telefonia fissa, mi fido. Non mi fido dei contratti fatti via telefono. Vado in un negozio TIM, controllano la copertura della mia zona, e mi confermano: "lei è fortunato. il "cabinet" con la fibra ottica è arrivato nel suo comune, e lei ha un cabinet a 119 metri da casa sua". Perfetto. Firmo subito un contratto per la "Iperfibra" a 200 mega. Mi informano che arriverà un sms per concordare l'appuntamento con un tecnico che verificherà a casa mia la situazione delle linee. L'SMS arriva già il mattino seguente, e il tecnico già nel pomeriggio. Tutto troppo bello
Nel pomeriggio non arriva un tecnico per un sopralluogo, ma un tizio di una società appaltante esterna, già armato di modem, cavi, cavetti... Tutto troppo perfetto. Infatti, il "tecnico del sopralluogo" è un installatore, che arriva con ciò che serve per installarmi una simil-fibra "fino a" 30 mega, con minimo garantito per legge di ben UN mega. Gli chiedo di telefonare subito alla TIM per verificare che io abbia firmato un accordo per il 200 mega, senza subordinate. Lo fa, e mi informa che la TIM provvederò a correggere il contratto. Mi faranno sapere.
Passano i giorni, e non li sento più. Chiamo io, e una gentile signorina mi informa che la richiesta è stata "congelata", perchè non possono darmi il 200 mega. Anzi no. Possono, ma devo prima passare per il 30/1 mega per un periodo indefinito. Non capisco la ratio, e non capisco il periodo indefinito. Li mando a cagare, e chiudo qualsiasi ipotesi di contratto con loro. Per inciso, questa cagata di finta fibra imbrogliona stanno cercando, per ragioni che mi sfuggono, di sbolognarla coi sistemi che ho descritto, e con fiumi di pubblicità contestuale online.
Non passano 24 ore, e ricevo un sms col quale mi si comunica che la mia richiesta del 200 mega è stata accolta. li ri-mando a cagare, spiegando che "hanno accolto" la mia richiesta troppo tardi. Cinque minuti dopo la richiesta di passare per il 30/1 prima di avere il 200, avevo già stipulato un contratto con la Vodafone, la cui fibra arriva allo stesso "cabinet" vicino a casa mia. Nessun problema ad avere il 200 mega. Passo a loro anche la telefonia fissa. Il tutto avviene l'8 marzo. La Vodafone si prende 60 giorni di tempo massimo per l'attivazione del tutto. Per contratto, la Vodafone paga una penale di 10 euro al giorno oltre il 60°, in caso di ritardo. La signorina con cui tratto mi spiega che raramente ci impiegano trenta giorni, spesso di meno. Contratto firmato l'8 marzo. Una settimana dopo mi avvisano che la linea è in fase di attivazione. Due giorni dopo mi consegnano la Vodafone Station, e una chiavetta con sim 4g con la quale posso connettermi fino a 15 giga al giorno fino al momento dell'attivazione della fibra. Due giorni, e mi avvisano che la mia linea sarà attivata il 22 marzo. Il 22 marzo mi sveglio alle 7, sento il bip del telefonino, guardo i messaggi, e c'è già la comunicazione che la linea era stata attivata, e che potevo attaccare il modem. Ci metto dieci minuti a configurarlo (una cosa di semplicità estrema). Mi connetto, misuro la velocità della connessione, e non credo ai miei occhi... Dai 15/25 mega di un mese fa con la TRE, e dai 3/5 mega degli ultimi desolanti giorni, passo stabilmente a 130/150 Mega effettivi in download, senza particolari cadute nelle ore di maggior traffico!
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L'AGCOM - Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - La "protezione" dell'utente internet è una insipiente presa per il culo
Da anni si parla di offrire all'utenza uno strumento con valore legale per la misurazione delle connessioni internet, che possa consentire di misurare le inadempienze contrattuali, e la risoluzione senza spese dei contratti di servizio non rispettati. Ora provo a spiegarvi perchè è la più grande ed inutile miscela di insipienza statistica e tecnica dell'ultimo decennio.
Gli "esperti" dell'AGCOM hanno messo a punto con loro consulenti un sistema di misurazione delle prestazioni internet che avrebbe valore legale per la risoluzione dei contratti. Un sistema che non ha mai funzionato, che mai funzionerà, e anche qualora funzionasse, resterà un bidone per i consumatori. E vi spiego perchè. QUI è illustrato in dettaglio il sistema AGCOM
Il sistema messo a punto da questi geni si chiama Ne.me.sys, e funziona così: si scarica il programma, si fa andare il programma per 48 ore, alla fine si scaricano i risultati (uno ogni 15 minuti), e se i risultati espressi come media delle 192 misurazioni sono inferiori ai minimi garantiti dal provider, il contratto può essere risolto senza costi. Suona bene, vero??? Però c'è un però... Anzi, una miriade di però, che rendono praticamente impossibile l'uso di questo strumento propagandistico. Avete qualche minuto ancora di pazienza? Bene:
-a) Per misurare la velocità del collagamento internet, c'è bisogno di un collegamento internet. Se il collegamento va via, voi non misurate un cazzo (come dicono i francesi).
-b) Le misurazioni devono essere COMPLETE. Il che significa che se vi salta - magari per una disconnessione - una misurazione, questa dovrà essere fatta il giorno dopo alla stessa ora. Quindi la prova può anche - in presenza di una connessione scadente - non terminare MAI. Magari perchè qualche furbetto di gestore si premura, una o due volte al giorno, di far mancare la connessione in un orario di misurazione.
-c) Il PC non dev'essere usato, durante TUTTA la prova, per applicazioni "high-consuming" (ad esempio streaming video). E se io apro Repubblica e questi mi mandano un video pubblicitario? E' streaming.
-d) Durante tutta la durata della prova, nessun apparecchio dev'essere collegato in wi-fi all'utenza principale. E se viene a trovarmi mia figlia, e il suo smartphone si collega automaticamente alla rete di casa, perchè è così configurato? Fallo! prova annullata, perchè qualcuno si è "connesso", anche se non ha fatto niente.
-e) Ma mettiamo che tutto funzioni alla perfezione. Poichè negli ultimi tempi dalla mia connessione TRE-wi-fi in piena notte (diciamo dall'una alle sette di mattina) ricevevo a volte fino a 110 mega in download perchè agganciavo il segnale LTE, e poniamo che dalle sette all'una il segnale piombasse a zero. Qual è la velocità media di connessione??? Semplice: 100 mega per sette ore, zero mega per 17 ore. Media? 29 mega, più che sufficienti per far dire all'AGCOM che ho un fior di connessione. Ma io di notte cerco di dormire!
-f) Il sistema Ne.Me.Sys ha valore probatorio legale solo per le connessioni fisse (cavo+ethernet), ma nessun valore per le connessioni mobili. Chi è connesso in mobilità, si fotta pure tranquillamente. Anzi no, perchè la previdente AGCOM si è preoccupata di misurare lei per me la velocità, in tutte le aree del paese, delle connessioni mobili, ,e di mettere i risultati a disposizione degli utenti. Che bello! Finalmente una cosa che funziona! Questo IL LINK AL SITO
Sono andato a cercare la connessione mobile del mio paesello (10.000 abitanti, ma nella pancia della Brianza ricca, e sede di prestigiose aziende). Niente da fare. Nel mio paesello altamente industrializzato, in ANNI dall'avvio delle misurazioni del sistema, non è stata ancora effettuata alcuna misurazione. Allora mi sposto su Vimercate, che è il secondo più importante comune della provincia "Monza e della Brianza". Stesso risultato. Nessuna misurazione. Provo col capoluogo, Monza. Buio totale.CONTROLLARE QUI per credere.
Ora sono felicemente passato a Vodafone, e questi sono i risultati nei primi giorni (metà sinistra del grafico riguarsa tre-wind, metà a destra Vodafone):
Magari domani si fonderanno con la Wind-TRE e creperanno anche loro, ma una lezione l'ho imparata: non fare mai un contratto con vincoli lunghi, ma solo contratti risolvibili con costi di disarttivazione accettabili, in modo da poter cambiare operatore come si cambia linea del metro o del tram.
Tafanus
Scritto il 25 marzo 2018 alle 23:23 | Permalink | Commenti (2)
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24 marzo 2018
Cinema - "Oltre la notte" (Recensione di Angela Laugier)
Recensione del film "Oltre la notte" (di Angela Laugier)
Titolo originale: Aus dem Nichts
Regia: Fatih Akin
Principali interpreti: Diane Kruger, Denis Moschitto, Johannes Krisch, Samia Muriel Chancrin, Numan Acar – 100 min. – Germania, Francia 2017.
La famiglia, la giustizia, il mare - Con questi sottotitoli Fatih Akin suddivide in capitoli (come fa spesso) questo suo film, dal quale, personalmente, mi aspettavo qualcosa di meglio dopo le deludenti ultime sue opere.
La crudeltà di un attentato terroristico di matrice neonazista aveva cancellato in un solo momento la famiglia di Katja (Diane Kruger), provocando l’orribile morte delle due persone che la donna aveva amato sopra ogni altra: suo marito Nuri (Numan Acar) e il piccolo Rocco (Rafael Santana), il figlioletto.
Si erano sposati in carcere, dove lui, turco e curdo, scontava una pena per spaccio di droga. Per rispetto di sé, per lei e in vista del loro futuro, Nuri, una volta libero, aveva cambiato vita: ad Amburgo, dove abitavano, aveva aperto un’agenzia di servizi (pratiche immobiliari e finanziarie) e finalmente svolgeva un lavoro pulito, alla luce del sole.
Lì, in quell’ufficio, un maledetto pomeriggio, Katja gli aveva affidato il piccolo Rocco; lì, una ragazza, che lei aveva visto benissimo, aveva parcheggiato la bici su cui era sistemata la valigetta metallica, ovvero la bomba piena di chiodi che avrebbe provocato l’esplosione disastrosa in cui padre e figlio sarebbero stati spazzati via. Katja, che l’aveva incrociata e le aveva anche parlato, era stata in grado di riconoscerla subito fra le foto segnaletiche dei neonazisti che la polizia le aveva mostrato. Nonostante questa sua testimonianza e nonostante le schiaccianti prove raccolte dalla polizia nel garage della residenza del suo compagno, neonazista come lei, i due criminali erano stati assolti con pretestuose e ridicole motivazioni garantiste, lasciando Katja disperata e determinata a farsi giustizia da sé. Nella terza parte del film, i luoghi luminosi della Grecia e la riva di quel suo limpido mare diventano lo sfondo della vendetta atroce di Katja, che aveva raggiunto i due assassini mettendosi sulle tracce del loro complice di Alba Dorata, nobilitando il proprio gesto col cosciente sacrificio di sé.
Il film - Questo film ha avuto un prestigioso riconoscimento internazionale ai Golden Globe 2018, dove è stato considerato il migliore film straniero del 2017; l’attrice Diane Kruger, da parte sua, aveva ricevuto qualche mese prima la Palma d’oro a Cannes per la migliore interpretazione femminile. Per quanto poco possa contare esprimo il mio dissenso in entrambi i casi.
Non mi ha convinta né l’enfasi, a tratti insopportabile, dell’interpretazione di Diane Kruger, né la diffusa pornografia del dolore che vorrebbe giustificarla, né la faciloneria della seconda parte del film, relativa al processo, nella quale gli imputati, il loro avvocato, per non parlare del testimone di Alba Dorata sono tutti così brutti e cattivi da sembrare caricature, nazisti con “stigmate” da assassini talmente vistose da dover essere riconosciuti colpevoli prima ancora di aprir bocca. La sentenza, eccessivamente garantista, non poteva che provocare lo sdegno che in lei assumeva la forma di uno scellerato disegno di vendetta, quale unica soluzione per risarcire le vittime innocenti la cui memoria lo stato tedesco non aveva saputo difendere con la forza delle sue leggi.
Discutibile e disomogeneo racconto di una bruttissima storia di terrorismo e di una vendetta privata in puro stile kamikaze.
Angela Laugier
Scritto il 24 marzo 2018 alle 23:37 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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18 marzo 2018
M5S, un master americano nel curriculum di Casalino. Ma l'università smentisce. E lui dice: "Non so cosa sia successo"
INTRO - Questo post lo dedico a tutti coloro che ci accusavano di aver consegnato il governo dell'Italia ad una banda di populisti alquanto ignoranti per 5 anni. Si tranquillizzino. Gente così non durerà neanche 5 mesi, ma intanto ci siamo liberati del "tennista" di Frignano sull'Arno e dei suoi articolati approfondimenti politici in 280 battute spazi inclusi. Siamo stati accusati persino di voler consegnare il governo alla mummia di Arcore. Forse non era mai capitato loro di leggere qualche resoconto sui patti del Nazareno per una futura coalizione PdR/Forza Italia. Poi questa Grosse Ammukkiaten Renzi Verdini Berlusconi Alfano è stata distrutta prima di nascere. In fondo, anche il 40% di italiani con la terza media inferiore o meno ha un cervello.
L'Italia abbonda di lauree e masters comprati o semplicemente vantati. Qualcuno ricorda il famoso master ad Harward di Oscar Giannino, "non ostile" a Forza Italia? O lo stage alla Sorbona di Silvio Berlusconi? E della laurea del "trota" Renzo Bossi comprata per corrispondenza in Albania, vogliamo parlarne? E della "laurea" della Fedeli, la ministra della "Pubblica Istruzzzione" più migliore che abbiamo mai avuto? In questo divertente articolo potete trovare la collezione di strafalcioni del peggior ministro della Pubblica Istruzzzione che l'Italia abbia mai avuto. E c'è anche da chiedersi come abbia fatto una "sindacalista", preposta al sindacato dei tessili, a guadagnare tanto da essere la seconda più ricca parlamentare italiana...
Sempre nel ramo dei "se sarebbe" troviamo l'aspirante premier Di Maio: quello che sembra un commesso dell'outlet della Facis, e invece è uno che ha fatto ingegneria (per qualche mese), poi è passato a giurisprudenza (non completata), e infine è entrato di prepotenza in politica, con 189 click alle "parlamentarie" di Pomigliano d'Arco. E ora Di Maio (grande esperienza come steward allo Stadio San Paolo di Napoli) andrà a trattare con Mattarella su chi dovrà governare l'Italia. Colpa del potente Tafanus? No. Colpa di quei quattro italiani su cinque che hanno optato per questa banda di incompetenti, dopo che metà degli italiani si era premurata di distruggere la sinistra in Italia, scambiando Renzi per un uomo di sinistra, e consegnando il paese ai Renzi, alle Boschi, ai Verdini, agli Alfano, a CL, a Marchionne e a Farinetti, a Carrai ed al finanziere delle Bahamas Serra.
L'Italia tutta inneggia ai laureati ad Harward dove non sono mai stati, e hanno sotterrato l'Italia di quelli che si sono laureati alla Bocconi o alla Normale di Pisa (Fabio Mussi)... Tipico, no? il caso di #fassinachi... Il quale, con la sua aria da contadino, ha fatto la Bocconi, ha fatto (e ad Harward risulta) un dottorato di ricerda da quelle parti, e conosce così male l'economia da essere stato per anni consulente della Banca di Sviluppo Inter-Americana, e dal 2000 al 2005 economista al Fondo Monetario internazionale.
Cari amici del cljub #almenoconrenzisivince... Rassegnatevi. L'Italia ai laureati per corrispondenza della Kristall Universitat di Valona l'avete consegnata VOI, non NOI. E ora mettetevi in fila ai CAF, che vi arriveranno subito redditi di cittadinanza, redditi d'inclusione, sostegno per i disabili, fiumi di soldi per ogni figlio, dentiere, flat-tax al 15%, bonus bebé-cicì-cocò, rottamazione delle cartelle Equitalia, e cchiù pilu pi tutti...
Tafanus
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M5S, un master americano nel curriculum di Rocco Casalino. Ma l'università smentisce. E lui dice: "Non so cosa sia successo"
La pagina Linkedin che conteneva il titolo falso è stata fatta bloccare dallo stesso responsabile della comunicazione Cinquestelle: "Non mi occupo personalmente dei miei social" (Fonte: Emanuele Lauria - repubblica.it)
Imbroglione a sua insaputa - E' stato un imprenditore toscano, Paolo Polverosi, a insospettirsi e a chiedere informazioni all'Università statunitense. Casalino, fra l'altro, avrebbe dovuto frequentare i corsi nello stesso anno, il 2000, in cui ha partecipato al Grande Fratello. Falso. Tutto falso. E, seppur senza riferimenti specifici, il "master in economia negli Stati Uniti" è un titolo che Casalino aveva scritto nel curriculum allegato alla scheda di candidatura alle Regionali lombarde del 2013. "Non so cosa sia successo, non mi occupo io dei miei social e dopo l'esperienza del Grande Fratello, facendo il giornalista, non ho posto grande attenzione all'elaborazione dei miei curriculum", dice Casalino. "L'unica cosa vera è che ho una laurea in ingegneria elettronica con indirizzo gestionale e ho fatto il giornalista. Ho già provveduto a fare bloccare tutto". Resta la gaffe, se non l'onta, di quei titoli fantasma, dichiarati per anni. Lo show, adesso, sembra non piacere più neppure all'interessato: "Mi spiace davvero per quello che è accaduto".
Scritto il 18 marzo 2018 alle 11:52 | Permalink | Commenti (1)
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Cinema - "Quello che non so di lei" - Recensione di Angela Laugier
Recensione del film "Quello che non so di lei" (di Angela Laugier)
Titolo originale: Based On a True Story
Regia: Roman Polanski
Principali interpreti: Emmanuelle Seigner, Eva Green, Vincent Perez, Damien Bonnard, Dominique Pinon – 110 min. – Francia, Belgio, Polonia 2017.
Delphine Dayrieux era l’autrice di un romanzo di grande successo, Vienne la nuit, che aveva incontrato i suoi lettori per gli autografi con dedica personalizzata, finendo travolta dal fanatismo dilagante nella folla che sgomitava per avvicinarsi a lei, per vederla, per parlarle, per raccontarsi. La stanchezza per la serata in suo onore, però, si aggiungeva alla spossatezza che, dopo la scrittura di quell’opera, ne aveva prosciugato ogni energia creativa. Aveva perciò chiuso, con un po’ d’anticipo, l’incontro col pubblico, escludendo involontariamente, con suo dispiacere, una donna giovane e affascinante per la singolarità della sua bellezza, che ne aveva accettato la decisione con rincrescimento dignitoso, sedendo in disparte nei locali della libreria che aveva promosso l’evento.
Così Polanski, senza molti preamboli, ci introduce in medias res, presentandoci le due attrici protagoniste di quest’ultima sua fatica: Emmanuelle Seigner (che è anche sua moglie), qui nella parte della scrittrice Delphine ed Eva Green, ovvero Elle, la deuteragonista-antagonista, l’ammiratrice alla quale Delphine aveva negato in un primo tempo l’autografo e l’ascolto. Delphine, però, poco più tardi, aveva firmato anche la copia nelle sue mani e aveva ascoltato le sue confidenze, poiché Elle non era un’ ingenua e sprovveduta fan, ma una scrittrice a sua volta, una “ghostwriter”, ovvero una scrittrice-fantasma che si guadagnava da vivere pubblicando, per conto di altri, storie vere o apparentemente vere, dietro le quali era costretta a nascondersi, rimanendo ignota. Fra le due donne era nata un’amicizia strana, asimmetricamente connotata: da una parte l’ingenua Delphine, che viveva sola, nonostante un marito, un giornalista televisivo molto noto fra gli intellettuali, sempre all’inseguimento, in tutto il mondo, dei più grandi scrittori del nostro tempo per intervistarli; dall’altra parte Elle, giovane donna, con un passato costellato di lutti e di disgrazie, che Delphine avrebbe generosamente accolto nella propria grande casa in un momento di difficoltà. Dopo le prime confidenze e l’amicizia iniziale, si paleseranno ai nostri occhi le perfide intenzioni di Elle, il tentativo di amareggiare la gioia dell’amica per il successo del suo romanzo mettendone in discussione la verità e sminuendone il valore letterario connotato, secondo lei, da profonda insincerità; allo stesso modo diventerà sempre più evidente la sua perversa volontà di farla soffrire e, quasi spinta dall’invidia, di impadronirsi della sua mente per coglierne i segreti nascosti e indurla a scrivere una storia vera e scomoda, quella che finora Delphine aveva tenuto solo per sé.
In questa vicenda di potere e di follia (che ovviamente non racconterò), ottimamente costruita e sviluppata, ritroviamo molto dei vecchi grandi film di Polanski, riconosciamo il riproporsi, per molti aspetti, di antichi schemi e situazioni, nonché la razionalità narrativa attentissima, indizio della volontà del regista di dominare ossessioni e paure attraverso la limpidezza della rappresentazione, sostenuta da una sceneggiatura impeccabile.
Un po’ di storia della sceneggiatura di questo film e qualche legittima(?) domanda.
Riappare nel film il tema inquietante dello scrittore che si muove nell’ombra, ma che deve necessariamente conoscere tutta la verità a proposito del suo committente, per decidere che cosa dire e che cosa tacere e talvolta addirittura come consigliarlo: era stato sviluppato nel penultimo film polanskiano (2010), L’uomo nell’ombra, il tema ambiguo dello scrittore “fantasma” investito di un compito difficilissimo pericoloso per lui e altrettanto rischioso per chi ne utilizza le competenze, che continuamente paventa di essere spossessato di se stesso. Per trattare ancora una volta di questo (l’argomento è comunque onnipresente anche in film meno espliciti ma non dissimili nell’insistere su un disturbo ossessivo che si impossessa della volontà dei personaggi), Polanski ha condiviso, si dice con qualche screzio, col regista Olivier Assayas la sceneggiatura di un romanzo di successo: D’apres un’histoire vraie, pubblicato nel 2015 dalla scrittrice Delphine de Vigan… ciò che sembra suggerire un ironico gioco di specchi col soggetto di questo film. Polanski ha utilizzato il lavoro di Assayas, grande narratore di presenze fantasmatiche nel recente Personal Shopper, nonché nel precedente Sils Maria in cui lo stesso tema si intrecciava con quello del rapporto fra realtà e finzione nella creazione artistica! Singolari coincidenze, per la gioia di noi cinefili, che dopo aver visto un bel thriller teso e pauroso, ci avventuriamo con piacere nella ricerca dei significati chiari e di quelli nascosti, come se il gioco di specchi non dovesse finire mai! Grandissima prova di tutti gli attori, di Emmanuelle Seigner sopra ogni altra!
Da vedere.
Da vedere.
Angela Laugier
Scritto il 18 marzo 2018 alle 08:00 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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17 marzo 2018
AVVISO AI NAVIGANTI
Ancora per una settimana avrò una connessione alla rete pressoché assente, quindi sarò spesso impossibilitato a postare o rispondere. Fra una settimana circa dovrei essere collegato alla fibra ottica, quindi le cose dovrebbero migliorare notevolmente.
Mi scuso per ritardi e assenze.
Tafanus
Scritto il 17 marzo 2018 alle 23:38 | Permalink | Commenti (0)
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15 marzo 2018
Se questo è un leader di sinistra (Una diagnosi di Matteo Renzi fatta da Angelo Cannatà col "senno del prima")
Il PD è passato dal 40 al 19 per cento. Un disastro, e il de profundis di Renzi oggi sanno scriverlo anche gli “opinionisti” di regime che lo scaricano; non se ne può più delle “grandi firme” che capiscono tutto dopo, con infinito ritardo, ma sono sempre pronti a dare lezioni. Siamo stati tra i primi a dire che il bullo di Rignano avrebbe portato la sinistra a una sconfitta storica. È brutto citarsi ma qualche volta necessario: abbiamo pubblicato il 10 novembre 2014 il pezzo che altri scriveranno oggi: titolo, Se questo è un leader di sinistra. Le ragioni della sconfitta elencati con tre anni e mezzo d’anticipo.
Sintetizzo:
“Renzi politico o della demagogia. Potrebbe titolarsi così un libro sul Premier… furbizie, tradimenti… Renzi ingannatore. Il suo ‘Enrico-stai-sereno’, poco prima di pugnalarlo, non è da meno per efferatezza (psicologica, certo, non è più tempo d’omicidi politici) dell’azione di Oliverotto da Fermo che uccise lo zio Fogliani e i notabili che ‘li andorono drieto’. Inoltre: cos’è se non un tradimento quel rifiutarsi ostinato di guardare la sofferenza della gente, mentre duetta amorevolmente con Confindustria? Da che parte deve stare, sui temi del lavoro, dell’economia, delle questioni sociali e civili, un leader di sinistra?
Come non vederlo: colloca il partito nell’area del socialismo europeo, ma difende in ogni circostanza – ‘ce lo impone la crisi’ – le posizioni delle destre europee. Questo è l’uomo. Da posizioni ultraliberiste distrugge lo Stato Sociale. Siamo in presenza del capolavoro politico della borghesia imprenditrice orientata a destra: si fa rappresentare dal leader della sinistra. E’ l’odierna anomalia italiana. D’altronde, mentre gli operai erano a piazza San Giovanni, il demagogo, da Firenze, consentiva al finanziere Davide Serra di cimentarsi sulla necessità di limitare il diritto di sciopero.
Renzi rappresenta il nuovo? Forse: a) se nuovo significa scavalcare il Novecento e tornare a rapporti sociali denunciati da Marx, a un lavoro senza diritti e dignità (Grundrisse); b) se nuovo significa svilire il dialogo interno al partito (discutiamo pure, ma la mia posizione non muta e decido io); c) se nuovo significa licenziare senza giusta causa: negare Rawls: la giustizia ‘è il primo requisito delle istituzioni sociali, come la verità lo è dei sistemi di pensiero’. È inutile farsi illusioni… questo concentrato di cinismo e opportunismo, questa capacità sorprendente di tradire uomini e idee, non è un bene per il Paese” (micromega.net, 10-11-2014).
Scritto il 15 marzo 2018 alle 11:27 | Permalink | Commenti (2)
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12 marzo 2018
Il PdR, e l'ultima magliarata
Oggi doveva essere il Giorno del Giudizio. Non lo sarà. Il Boy Scout sta preparando l'ultima truffa. Oggi il Bischero è assente non solo dalla Direzione del PD, ma persino da Roma, a sottolineare il fatto che lui non sarebbe interessato alla sua stessa sorte. Mente, come mentiva Berlusconi quando usciva dal Consiglio dei Ministri in caso di discussioni su frequenze TV o sul conflitto d'interessi (ma usciva dopo aver debitamente addestrato i suoi scherani sul da farsi).
Mente, come mentiva la Boschi quando faceva finta di disinteressarsi ai destini di Banca Etruria.
Renzi non c'è, ma c'è il suo fantasma. Alla Presidenza del Consiglio la sua badante Gentiloni, e alla Segreteria sarà oggi nominato reggente il suo fedelissimo Martina.
In un partito a livello medio di decenza, il 18,7% che certifica la distruzione della sinistra avrebbe imposto la presentazione in massa di TUTTI i dirigenti del PD dimissionari con effetto immediato, e disposti a restare in carica solo per la gestione degli affari ordinari, e per la indizione di un congresso straordinario, previa la nomina AGGIORNATA AL DOPO ELEZIONI di tutti i delegati.
Invece questi magliari sono li per decidere se far nominare (senza fretta, fra un mese e mezzo) il nuovo segretario dall'assemblea di aprile (assemblea che ovviamente è sempre quella a maggioranza bulgara renziana), oppure se indire nuove primarie. Ma tranquilli. Renzi - colui che ha lottato come un lenone per varare le primarie, facendo cambiare all'allora pavido Bersani lo statuto e il regolamento delle primarie, aprendole a cani e porci, a cinesi e ospiti dei centri di accoglienza - le primarie o ordinerà che non siano fatte, o che siano fatte con apertura, questa volta, a cani, porci e lombrichi.
Riepiloghiamo? Un presidente del PD imparziale come Orfini, e un ministro avversario giurato di Renzi come Martina, si riuniscono per cercare di far sembrare normale che i responsabili della Caporetto del PD facciano nominare il nuovo segretario non attraverso le primarie fortemente volute da Renzi, ma attraverso un voto di un'assemblea in formato "Cominform Renziano", coinvolta quanto e più di Renzi nel disastro epocale del PCI-PDS DS-PD-PdR
Questa sinistra di derivazione renziana è la vergogna della politica. Renzi ha impiegato pochi anni per rottamare la sinistra italiana, e adesso serviranno decenni per ricostruirla (sempre ammesso che si sia ancora in tempo a provarci). Nel frattempo il paese potrà essere portato tranquillamente al compimento dello sfascio da statisti del calibro di Berlusconi, Salvini, Grillo, Meloni. Ma niente panico. Non è colpa di Renzi e dei Renzini. La colpa è del Fatto, del Tafanus, di Civati, e ovviamente di Grasso, Boldrini, d'Alema, Bersani. Colpevoli di aver provato a chiudere la stalla quando i buoi erano già fuggiti, e quando non c'era realisticamente il tempo di costruire una nuova stalla per le vacche in cerca di un nuovo rifugio. Troppo tardi.
Noi non ci rassegneremo ad esser governati da un branco di incompetenti raccattati fra i cascami del post-fascismo, del razzismo, dell'egoismo sociale, del craxismo e della vetero-DC. Personalmente, non so quanto filo mi resti ancora da tessere, ma dedicherò il tempo che mi resta a lottare contro questa masnada di senza-vergogna. Forse (quasi certamente) il mio contributo sarà insignificante, e quando sentirò di non aver più la forza, o la testa, o gli occhi per combattere, voglio poter guardare in faccia le mie figlie e i miei nipoti senza arrossire, e cosciente di aver fatto fino in fondo tutto il poco che posso fare per aiutarli ad uscire da questa porcilaia di paese, e a ritrovare un paese decente in cui vivere.
Tafanus
Scritto il 12 marzo 2018 alle 18:15 | Permalink | Commenti (12)
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Cinema - "Lady Bird" - Recensione di Angela Laugier
Recensione del film "Lady Bird" (di Angela Laugier)
Regia: Greta Gerwig
Principali interpreti: Saoirse Ronan, Laurie Metcalf, Tracy Letts, Lucas Hedges, Timothée Chalamet, Beanie Feldstein, Lois Smith, Danielle Macdonald, Monique Edwards, Christina Offley, Roman Arabia, Odeya Rush, Jake McDorman, Kathryn Newton, Laura Marano, Jordan Rodrigues – durata 93 min. – USA 2017
È il primo film da regista di Greta Gerwig, già interprete di alcune buone pellicole firmate da Noah Baumbach*, di cui era diventata la musa, la co-sceneggiatrice, e infine la moglie, continuando, tuttavia, parallelamente, a essere attrice anche per altri registi, fra cui Woody Allen (To Rome with love), Rebecca Miller (Il piano di Maggie) e anche il grande Pablo Larrain, che le aveva affidato una parte secondaria nel suo bellissimo Jackie.
Molto apprezzata per la sua intelligenza interpretativa, non solo dagli estimatori del cinema americano a bassissimo budget, G.G. ha dato vita in passato a personaggi femminili problematici: donne sui trent’anni, in difficoltà nel chiarire il proprio ruolo sociale e le proprie scelte sentimentali, ambiziose nelle aspirazioni, decise ad affrontare un futuro incerto con un atteggiamento grintoso che spesso nasconde insospettabili fragilità; donne spesso convinte della necessità di realizzare i propri progetti anche allontanandosi dalle proprie origini familiari. Essere californiana di Sacramento, con l’aspirazione di affermarsi come ballerina a NewYork, nonostante le difficoltà e il dolore inevitabile della separazione dagli affetti, era l’obiettivo dalla protagonista del bellissimo Frances Ha (2012), diretto da Baumbach, ma scritto da lei, che aveva attinto a questo scopo anche alla propria memoria autobiografica.
G.G. torna su questa stessa memoria in Lady Bird, questa volta firmato e scritto da lei, film che sembra quasi precedere il racconto di Frances Ha, poiché tratta dell’adolescenza della protagonista, lasciandola a NewYork, laddove avevano invece avuto inizio le avventure di Frances. Lady Bird si chiamava, in realtà, Christine Mc Pherson (Saoirse Ronan) e viveva a Sacramento, ma, volendo allontanare da sé ogni traccia di condizionamento familiare e sociale, si era ribattezza con questo nomignolo col quale provocatoriamente voleva essere riconosciuta anche nelle aule del liceo cattolico che frequentava per volontà dei genitori. Aveva la speranza di condurre di lì, anche partecipando alle attività extra-curricolari del collegio, la propria battaglia per l’emancipazione di sé: il suo obiettivo era di conquistare un buon diploma, e alcuni crediti utili per la borsa di studio, grazie alla quale avrebbe ottenuto l’iscrizione a qualche prestigiosa università dell’East Coast.
Il film, che anche troppo si dilunga sul conflitto dell’adolescente con sua madre (la bravissima Laurie Metcalf), presenta due aspetti che a mio avviso sono interessanti e sorprendenti: il primo è la risposta inattesa degli educatori cattolici, che avevano accettato benevolmente le sfide di Christine e avevano dato segno di comprenderne l’impazienza e la vitalità, incoraggiandone l’ambizioso progetto; il secondo è la rappresentazione non retorica del graduale impoverirsi della piccola e media borghesia americana, attraverso la descrizione emblematica delle rinunce dolorose della famiglia Mc Pherson, costretta a risparmiare su tutto, persino sul parcheggio all’aeroporto di San Francisco, dove la madre avrebbe voluto uscire dall’auto almeno per salutare Christine alla partenza per NewYork, dove l’attendevano i difficili test di ammissione all’Università
Per qualche giorno, i rumors da Los Angeles, avevano dato per certo che Lady Bird fosse in pol-position in vista dell’Oscar per il miglior film, addirittura!
L’evento, come tutti sappiamo, non si è verificato, per fortuna del cinema e anche per fortuna sua, poiché anche questa piccola pellicola, che è interessante e quasi sempre piacevole da vedere, e che certamente non è un capolavoro, ha il diritto di essere valutata per quello che è, lontana dalle polemiche che stavano per trasformarla nel capro espiatorio dello scontento diffuso prima e dopo le assegnazioni, che questa volta, secondo me, hanno raggiunto livelli un po’ troppo alti di attenzione al politically correct.
*Lo stravagante mondo di Greenberg, (2010) Frances Ha, (2012) Mistress America (2015)
Angela Laugier
Scritto il 12 marzo 2018 alle 08:00 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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08 marzo 2018
Qualcuno se ne faccia una ragione: il Rottamatore, Genio della Politica, ha distrutto la Sinistra.
Ragazzi, la guerra è finita. Il Bischero di Frignano pensava di essere un'aquila, e invece ha dimostrato di essere solo un piccione. Ai miei amici (e alle mie amiche mariateresameli-mode) chiedo un atto di generosità. Non verso di me, ma verso se stessi. La guerra è finita, e vi fareste un regalo se non rimaneste nella giungla, a guardia di un bidone di benzina, perchè non sapevate che la guerra era finita. Per conferma, chiedere ai caporali Sala, Richetti, Orfini, Delrio, Giachetti, Calenda, Emiliano, Finocchiaro...
La guerra è finita, e ha lasciato dietro di se solo macerie. Il Rottamatore ha svolto benissimo il suo ruolo di sfasciacarrozze. Ora non ci resta che metterci alla ricerca di un bravo carrozziere, che cerchi di rimettere insieme i pezzi. Ci vorranno anni, e non è neanche detto che si riesca a rimettere insieme qualcosa di compiuto.
Last but not least: chi non è mai sceso dal carro del renzismo (ma anche chi - come la sinistra - ne è sceso troppo tardi), non dia tutta la colpa al Bischero. Queste masse di "chi? Io ??? Mai stato renzino!" mi ricordano tanto quelli che dopo la fine ingloriosa del fascismo sono scesi in piazza a dire "chi? Io? Sempre stato antifascista!". Mancava un attimo per sentir loro rivendicare di essere stati partigiani in Val d'Ossola...
Fra questi, le indimenticabili masse di idioti filmate dall'Istituto Luce mentre a milionate scendevano nelle piazze a fare il maschio saluto romano, e ad invocare in coro "Duce! Duce! Duce!"... Un attimo dopo Piazzale Loreto, non si riusciva più a trovare un fascista neanche a pagarlo a peso d'oro. E' successa la stessa cosa con la DC (qualcuno conosce un amico o un parente disposto a ricordarsi di aver votato Fanfani, o Andreotti, o Flaminio Piccoli? Eppure la DC esisteva... era costituita da un italiano su tre). E qualcuno ha mai sentito un amico dire "io sono stato craxiano, e ancora adesso credo che Craxi sia morto non da latitante, ma in esilio"?
Fra un mese persino i Mattei più vicini a Renzi (Richetti, Orfini) ci diranno "chi? io?" Intanto il Matteo Piccione si godrà lo stipendiuccio e i privilegi da Senatore di quel Senato di cui parlava tanto bene da volerlo abolire. Sic transit gloria immundi. Intanto, a questi "saltacarrozza" vorrei dare in pasto i dati definitivi del voto-camera 2013 (quello della coalizione del ridicolo e perdente Bersani), e confrontarli coi dati finali dell'impavido statista di Frignano che - con sprezzo del ridicolo - voleva continuare a guidare il partito che ha cancellato dalla geografia politica del paese.
E ora, a beneficio di chi è refrattario ai numeri, diamo una lettura semplificata: ecco le variazioni fra i risultati dell'imbelle e ridicolo smacchiatore di giaguari, e i risultati ai quali ci ha condotti l'ineffabile "perseguitore di magnifiche sorti e progressive"...
Il PdR porta a casa 6.134.727 voti (-2.511.307)
Il PdR porta a casa 86 deputati, contro i 292 del PdB
La coalizione Renzi porta a casa 112 deputati, contro i 340 della coalizione Bersani
I "cespugli" di Renzi portano a casa 2 seggi, contro i 48 dei cespugli di Bersani
LE PRIMARIE DELLA VERGOGNA
Immigrati neri autotrasportati al seggio dal sindaco renzino di Ercolano
A Milano folle di cinesi impazienti di votare Renzi alle primarie. Dieci euro il compenso
Tafanus
Scritto il 08 marzo 2018 alle 18:09 | Permalink | Commenti (68)
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05 marzo 2018
Il Segretario Matteo Renzi ha una data di scadenza: come lo stracchino. Si dimette(rà)
LE DIMISSIONI CON LA DATA DI SCADENZA SECONDO ZANDA - Una presa di posizione che provoca già le prime scosse dentro al partito, come prevedibile.
“La decisione di Renzi di dimettersi e contemporaneamente rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile. Serve solo a prendere ancora tempo” dice il capogruppo Pd al Senato Luigi Zanda, franceschiniano. “Le dimissioni di un leader sono una cosa seria: o si danno o non si , e quando si decide, si danno senza manovre”.
Il tono è quello della dichiarazione di guerra: “In un momento in cui al Pd servirebbe il massimo di quella collegialità che è l’esatto opposto dei cosiddetti caminetti, annunciare le dimissioni e insieme rinviarne l’operatività è impossibile da spiegare. Quando Veltroni e Bersani si sono dimessi lo hanno fatto e basta. Un minuto dopo non erano più segretari“.
LE DIMISSIONI CON LA DATA DI SCADENZA SECONDO ANNA FINOCCHIARO "Penso che annunciare le dimissioni, e non darle, dopo avere subito una sconfitta di queste dimensioni sia vistosamente in contrasto con il senso di responsabilità, di lealtà e di chiarezza dovuti al partito ai suoi militanti ai suoi elettori”. Così Anna Finocchiaro commenta la conferenza stampa di Matteo Renzi.
RENZI ORGOGLIOSAMENTE SENATORE - Nessuna fuga, assicura. “Farò un lavoro che mi affascina: il senatore semplice, il senatore di Firenze, Scandicci, Signa e Impruneta“.
Ma come... il Senato non era una schifosissima ed inutilissima baracca da abbattere? Renzi sembra provare schifo e desiderio di abbattimento verso le istituzione da cui ha tratto cospicue prebende. La Provincia, e ora il Senato. Chissà se un giorno riuscirà nell'exploit di provare schifo per essere stato Renzi...
Tafanus
Scritto il 05 marzo 2018 alle 20:10 | Permalink | Commenti (3)
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Il PdR non riesce a tenere neanche quota 19%. E il confronto fra il 2018 di Renzi e il 2013 di Bersani è assolutamente impietoso
Oggi non voglio fare analisi, ma soltanto fornire dati. Poi, ognuno li interpreti come vuole. Ai dati (e a beneficio di alcuni amici ed amiche che mi accusavano di aver fatto outing per LEU, e quindi di essere stato corresponsabile - coi miei potentissimi mezzi d'informazione - causato la morte del PdR), aggiungo una sola considerazione: la prima analisi sui flussi di voto già uscita (SWG) afferma che LEU prende un terzo dei voti dall'astensionismo, un terzo dai giovani per la prima volta al voto, e un terzo dal PD. Quindi Renzi avrebbe perso clamorosamente nella stessa misura o quasi, anche senza la scissione, perchè LEU ha portato via al PD poco più di un punto.
Questi i dati, impietosi, che mettono a confronto lo sbeffeggiato Bersani 2013 e l'osannato Renzi del 2018:
Bersani 2013
Renzi 2018
# La coalizione dello sbeffeggiato Bersani nel 2013 ha preso il 35% in più della coalizione di Renzi nel 2018
# Il PD di Renzi nel 2018 prende 6.004.579 di voti. Il PD di Bersani nel 2018 ne aveva presi 8.646.034, cioè il 44% in più del Prode Renzi.
# In percentuale, il PD di Renzi vale il 18,7%; quello di Bersani 2013 valeva il 25,4%, e cioè il 35% in più del PdR
...e tutto il resto è noia... una vera tragedia per l'Italia che non ce la fa, o che ce la fa a stento e senza certezze per il futuro, senza la possibilità di avere un progetto di vita. Spero solo che almeno questo prezzo altissimo pagato dai ceti meno forti serva a convincere Renzi a lasciar perdere con la sinistra, con la quale non ha niente da spartire, e torni a fare lo strillone dei giornaletti di destra del gruppo Monti-Riffeser. E se proprio non gli riesce di uscire dalla politica (visto che non ha un mestiere alternativo), chieda asilo politico ai cascami della DC dai quali proviene. Grazie
Tafanus
Scritto il 05 marzo 2018 alle 14:58 | Permalink | Commenti (0)
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04 marzo 2018
Se Dio vuole, oggi, dopo le 23:00, potremo "separare i fatti dalle pugnette"
Finalmente finirà la sagra delle "Cento Cose Fatte", delle "Cento Cose Da Fare", delle promesse di azzeramenti delle tasse, di milioni di posti di lavoro, di abrogazione di questo e di quello. Non parleremo più di #almenoconrenzisivince, e neppure di #bersanivecchiorincoglionito, sapremo - parlando coi numeri e non con le "slides", quanti voti in più o in meno, dopo le mille mancette, avrà preso il PdR del nuovo genio della politica rispetto al vecchio, obsoleto, stantio PD del Bersani di #abbiamononvinto.
Stasera, se Dio vuole, dopo fiumi di parole al vento e di promesse di fantastilioni di nuovi posti di lavoro, di "Italia locomotiva d'Europa", sapremo una cosa molto, ma molto semplice:
- Quanta gente, nel marzo 2013, si è scomodata per andare a mettere una crocetta sul PD di Bersani
- Quanta gente, nel marzo 2018, si è scomodata per andare a mettere una crocetta dul PdR di Renzi
Sapremo quanti voti aveva preso la coalizione di Bersani, e quanti voti in più o in meno avrà preso la coalizione di Renzi. Nessun timore: #matteostaisereno. Sapremo quanto abbia fatto bene alla sinistra la politica della rottamazione, e dopo aver letto i numeri (non le "slides", i "Big Bang" o i "Cento Passi"), se la tremenda ammucchiata di cespugli che ruota intorno al tuo PdR avrà preso un voto in più di quella rottamanda che ruotava intorno a Bersani, ti faremo clappete clappete e ti renderemo gli onori delle armi dovuti al Vincitore.
Ma se dopo la lettura dei numeri, dopo millanta "marchette e mancette" (guarda caso tutte consegnate nei quindici giorni prima di ogni elezione), avrai preso anche un solo voto in meno della coalizione vecchia, che sapeva di muffa e di naftalina, del 2013, ti pregheremmo caldamente, ma con delicatezza e gentilezza, di riempire gli scatoloni con le tue cose, e di togliere doverosamente il disturbo. Ricordandoti, tanto per darti dei punti di riferimento, che Bersani lo aveva fatto per avere "non vinto", e che l'ammuuffito, perfido D'Alema, si era dimesso da Presidente del Consiglio per aver perso qualche consiglio regionale in più del previsto.
Come dici? che D'Alema non era stato eletto da nessuno? Hai ragione. Ma era stato eletto deputato, presentandosi all'uninominale in UN SOLO collegio, e senza il paracadute del proporzionale. Un atto di coraggio che tu e i tuoi cari non avete avuto. E se non erro neanche tu sei stato eletto "qualcosa", dopo l'elezione a Sindaco di Firenze.
Metto in calce i risultati di Camera, Senato e Lombardia nel 2013, così stasera avremo qualcosa di concreto su cui discutere:
Risultati 2013 Camera
Risultati 2013 Senato
Risultati 2013 Reg. Lombardia
(credits: queste tabelle sono tratte dallo "Speciale Elezioni" 2013 di Repubblica)
Tafanus
Scritto il 04 marzo 2018 alle 10:59 | Permalink | Commenti (29)
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Celeste Ingrao, e la sua idea di sinistra - Celeste vota LeU perchè...
A proposito di noi vecchie pensionate e della nostra libertà
di Celeste INGRAO
Sono una pensionata. E sono una nonna. Mi piace passare del tempo con i miei molti nipotini e sono felice che la mia condizione di pensionata mi permetta di farlo senza eccessivi sacrifici.
Ciò nonostante ho trovato le parole di Renzi su questo tema volgari, reazionarie e inaccettabili. Non dico offensive perché nulla di ciò che egli dice ha il potere di offendermi.
Penso anch’io che consentire una certa flessibilità nell’età di pensionamento, anche a costo di una (modesta) decurtazione della pensione, sia una buona idea. Costringere la gente – uomini e donne – a lavorare fino allo stremo è un assurdo e serve solo a rendere più difficile quel ricambio generazionale che a parole si dice di auspicare ma poi nei fatti si nega.
La flessibilità deve però servire per permettere a ciascuna e a ciascuno di dare spazio al proprio personale progetto di vita, qualunque esso sia. In un mondo in cui il lavoro, per chi ce l’ha, è sempre più alienato, e spesso totalizzante, la vecchiaia può essere un’occasione preziosa di libertà che permette di valorizzare le nostre parti “improduttive”, mortificate in una società che riconosce valore solo a ciò che produce reddito.
In questo tempo “liberato” è bello che ci possano essere spazi, per tutti, uomini e donne, da dedicare alla “cura”. Cura della famiglia, certo, anche. Ma anche – forse prima di tutto – cura di sé, dei propri desideri e delle proprie inclinazioni. Cura degli affetti, anche i più privati. Cura del luogo in cui si vive, della propria casa, del proprio quartiere e della propria città. Cura delle relazioni personali. Cura degli altri – anche gli altri “sconosciuti” – con il volontariato. Cura dei beni comuni. Cura della politica, che di cura ha tanto bisogno. E’ bello anche che in questo tempo “liberato” ci possano essere spazi vuoti. Spazi liberi, appunto, in cui ciascuno o ciascuna possa lasciarsi vivere – per il tempo che ancora gli resta – senza obblighi di orari e doveri imposti da altri.
L’essenziale è che siano scelte libere. Questa libertà vale per tutti. E prima di tutto deve valere per le donne lavoratrici, per le quali invece il nostro amato premier già delinea una seconda carriera “a servizio”.
Grazie, Renzi, ma abbiamo già dato. Abbiamo dato quando ci siamo sbattute cercando di tenere in qualche modo insieme – con alterni risultati – il lavoro, una casa da mandare avanti, i figli da crescere, l’impegno politico, le relazioni umane. E quel famigerato “tempo per sé“, la tessera in più, quasi sempre impossibile da collocare in uno schema già troppo fitto. Abbiamo già dato, come solo le donne sanno, e tutto quello che ancora potremo e vorremo dare sarà un dono e una scelta.
E se al governo stanno a cuore le donne giovani e la loro possibilità di lavorare, non pensi di poterne scaricare il peso solo su noi vecchie. Si occupi invece di quel che serve alle giovani coppie che hanno – o vorrebbero avere – figli piccoli: servizi all’infanzia efficienti e di qualità, flessibilità di orari, stabilità del lavoro, sostegno del reddito, una nuova legislazione che protegga anche le lavoratrici precarie, permessi di paternità degni di questo nome, città a misura di bambino. E – soprattutto – eviti se gli riesce di perpetuare vecchi stereotipi sessisti che ricordano i libri di lettura degli anni Cinquanta. I figli, dovrebbe saperlo, non sono responsabilità solo delle mamme; i nipotini hanno anche nonni, non solo nonne; e le donne, le donne hanno imparato da tempo a scegliere da sole cosa è meglio per loro.
PS. Ho un marito pensionato anche lui e anche lui nonno. Insieme a me trascorre molte ore con i nipotini. Come me ne è felice e come me non vorrebbe dover dedicare a loro tutto il suo tempo, per sostituire servizi carenti o baby-sitter a pagamento.
Questo è quanto scriveva qualche mese fa Celeste Ingrao sul SUO BLOG
A queste sue parole di alcuni mesi fa, voglio aggiungere ciò che ha scritto a proposito del voto di domani. C'è gente che pensa che si possa votare LeU solo per protesta, e in parte ha ragione. Ma il voto a LeU è anche, per molti, una scelta di qualità. E per altri (come il sottoscritto) anche la scelta di arrecare il maggior danno possibile a chi in questi anni ha creduto di poter portare la sinistra a Berlusconi e Verdini, a Marchionne e Farinetti, ad Alfano e alla Boschi.
IO VOTO LEU PERCHE' non posso votare né per la destra reazionaria e fascista, né per i traversatori a nuoto dello Stretto di Messina. Non sopporto le sparate di Grillo come non sopportavo la demagogia di Mao Tse Tung e quella di Mussolini. Voto LeU perchè, come ripete Bersani, non sono io che sono uscito dalla sinistra, ma sono LORO che hanno trascinato il PD nella destra, e io a destra non ho MAI votato. E quindi ho dato - per quel poco che vale - il mio piccolo contributo per "svitare i mozzi" del carro di Renzi, sul quale in tanti sono saltati alla ricerca di piccoli o grandi mance , di poltrone, strapuntini e persino di posti in piedi.
Ringrazio di cuore la mia attivissima amica Enrica Asti che mi ha segnalato queste ragioni di Celeste Ingrao:
IL MIO VOTO A LIBERI E UGUALI (di Celeste Ingrao)
Io voto LEU perché mi sono stufata di compatibilità, pareggi di bilancio, mercati … Perché penso che bisogna rivoltare il discorso corrente e ripartire dalle persone, dalle loro vite e dai loro bisogni..
Io voto LEU perché mi sono stufata di “privato è bello” e penso che la civiltà di un paese si giudichi dalla bontà della sua sfera pubblica.
Io voto LEU perché mi sono stufata di grandi opere inutili o dannose. Perché penso che bisogna ripartire dalla conservazione e manutenzione del territorio e dalla rinascita delle nostre città.
Io voto LEU perché voglio che si ricominci a parlare di riduzione dell’orario e di un nuovo rapporto tra tempi di vita e tempi di lavoro.
Io voto LEU perché penso che sia una vera tragedia per un paese avere nuove generazioni senza speranza e che già sanno che vivranno peggio dei loro genitori.
Io voto LEU perché non sopporto più di vedere cancellate tutte le cose buone che abbiamo conquistato con anni di lotte.
Io voto LEU perché anche a me piacerebbe avere come un tempo una casa “grande” in cui riconoscersi. Ma se quella che avevamo è stata distrutta si può solo , con pazienza, provare a ricostruirne una nuova.
Io voto LEU perché misurarmi con altri che non la pensano proprio come me mi piace e mi stimola. E se qualche volta mi fanno rabbia, non importa. Fa parte della lotta politica.
Io voto LEU perché lì ci sono tante compagne e compagni che conosco da sempre e tanti e tante che ho imparato a conoscere e ad apprezzare in questi anni e altri che sono curiosa di conoscere.
Io voto LEU perché la politica è stata ed è uno dei grandi amori della mia vita e voglio continuare a provarci, a riprovarci e riprovarci ancora.
Io voto LEU perché non è il “meno peggio” ma è una speranza. E le speranze bisogna coltivarle. Con la cura e la passione che serve a farle diventare realtà.
P.S.: Un piccolo dettaglio, per dimostrare, per acta, l'idiozia di tutto ciò che ruota intorno al renzismo: dopo aver fatto carte false per infliggerci una legge elettorale che fa schifo (convinto che dopo il 40,8% della "marchetta 80 euro" il suo PdR fosse avviato alle "magnifiche sorti e progressive" del 51% da solo, adesso sul sito del PdR è costretto a mettere un manifesto per invitare gli elettori a mettere solo il voto di lista, ignorando le preferenze, perchè "è facile sbagliare, e in tal caso la scheda verrebbe annullata" (guardare il dettaglio del manifesto del PdR per credere). Come dire: abbiamo difeso con le unghie e coi denti una coglionata, mentre "gli scissionisti" ci cantavano in tutte le tonalità che il Rosatellum era una coglionata. E ora, dopo aver voluto la coglionata "contro i Santi e contro i Fanti", vorrebbe che fossero gli elettori a tirargli via le castagne dal fuoco!
...e ora qualche renzino rimasto a guardia del bidone, mi dica, in tutta sincerità, se si può essere più coglioni di così!...
Tafanus
Scritto il 04 marzo 2018 alle 01:25 | Permalink | Commenti (3)
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Cinema - "Il filo nascosto" (Recensione di Angela Laugier)
Recensione del film "Il filo nascosto" (di Angela Laugier)
Titolo originale: Phantom Thread
Regia: Paul Thomas Anderson
Principali interpreti: Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps, Lesley Manville, Sue Clark, Joan Brown, Camilla Rutherford, Gina McKee – 130 min. – USA 2017.
È Alma (Vicky Krieps), la protagonista del film, a raccontare nella prima scena, a un amico medico, il suo rapporto difficile con Reynold Woodcoock (Daniel Day-Lewis), l’uomo che era diventato suo marito dopo che un loro casuale incontro aveva cambiato la vita di entrambi.
Questo implica due conseguenze: la prima è che tutti i fatti di cui veniamo a conoscenza sono ricostruiti solo attraverso le parole di lei, della cui attendibilità tocca a noi decidere; la seconda è che le ultime scene del film non ci dicono nulla circa il seguito della loro storia, che rimane aperta alle nostre interpretazioni.
Reynolds, Cyril e la Maison - Nella Londra del secondo dopoguerra (anni ’50) l’atelier di Reynolds Woodcock vestiva le donne della casa reale inglese, nonché molte signore della più alta nobiltà europea: alla creazione degli abiti-capolavoro, esclusivi per l’inventiva e per il sontuoso pregio dei tessuti, si dedicava, con tutto se stesso Reynolds, che personalmente li disegnava e della cui perfetta realizzazione si faceva completamente carico, curandone anche i più piccoli particolari e intervenendo durante le prove, quando conferiva loro l’inconfondibile impronta della suo gusto infallibile.
La Maison che portava il suo nome era diretta in modo deciso e inflessibile da sua sorella Cyril (Lesley Manville), che, profondamente comprendendolo, sapeva come liberarlo dai problemi che avrebbero potuto limitarne la creatività: era lei la segretaria che organizzava e controllava gli orari di lavoro dello staff, o che gli fissava appuntamenti e impegni; era lei che si occupava della cucina, dei cuochi, del cibo, nonché del lindore e del decoro discreto delle molte stanze della casa. Era sempre lei, infine, ad accogliere e a congedare, con poche parole e senza spiegazioni, le signore che avevano occupato per breve tempo il cuore (forse) arido di lui, divorato dalla passione creativa, alla quale egli sacrificava ogni piacere e ogni affetto, in una sorta di ascetico slancio, alla ricerca della perfezione e della bellezza assoluta. La sua passione crudele lo stava allontanando dalla vita e gli procurava ora una stanchezza triste, da cui, per una volta, seguendo il suggerimento di Cyril, egli si sarebbe sottratto durante il tempo breve di un weekend.
Alma - Reynolds, dunque, aveva vissuto quel fine settimana fra le brume del paesaggio attorno a Londra, nell’antica casa di campagna, con le fotografie di famiglia e con i numerosi ricordi di sua madre, morta troppo presto: la sola donna che egli avesse molto amato, quella che lo aveva iniziato ai segreti della sartoria e che gliene aveva trasmesso la passione. Nei pressi della casa era il locale in cui, insolitamente sereno, Reynolds avrebbe ordinato il suo breakfast, sotto l’urgenza di una fame inusitata, sconosciuta da tempo, ciò che aveva colpito la cameriera, pronta ad accontentarlo e anche ad accettarne la corte nonché l’invito a cena per la sera stessa. Si chiamava Alma ed era una bella e giovane creatura che, un po’ intimidita, era riuscita a strappare, finalmente, a quel volto scavato e triste, il sorriso e uno sguardo speciale, annuncio dell’amore nascente e segnale, anche nel successivo svolgersi del film, dei momenti belli di un rapporto sempre più difficile, quasi una… storia d’amore e di tenebra spiazzante e sorprendente.
All’origine del conflitto era l’impossibilità per entrambi di rinunciare a se stessi: la cenerentola, che aveva incontrato e sposato il suo principe azzurro, ora presentava il conto delle rinunce e delle umiliazioni che non le erano state risparmiate, trasformando il suo amore in una sfida crudele per imporre a lui la propria visione del mondo.
L’arte era stata per lui la malattia ossessiva necessaria per ritrovare, senza soluzione di continuità, il filo segreto, cucito negli abiti meravigliosi, che lo legava alle proprie origini, alla memoria della madre venerata, fantasma grazie al quale l’intera sua vita si colorava di senso.
Non esisteva, al contrario, alcuna memoria positiva per lei, il cui passato le ricordava la propria marginalità irrilevante, le insofferenze mortificanti della propria vitalità poco tollerata e spesso compressa. Per Alma, dunque, il senso della vita si esauriva nei piaceri del momento, nella “normalità” quotidiana, in una continuità che poteva trovare un senso solo nel suo naturale perpetuarsi. Si faceva strada nella sua mente un delirante e perverso progetto di dominio (quasi una volontà di potenza), al fine di rendere il marito inerme, indifeso e pronto ad abbandonarsi completamente nelle sue mani. Il finale del film, che come ho detto non è quello della loro storia, ci presenta alcune immagini allusive della capitolazione umana di lui, che sembrano prefigurare il loro futuro possibile secondo le speranze di lei, che sadicamente lo aveva indotto ad accettare, con piena consapevolezza, la sofferenza e il sacrificio di sé. Quelle immagini ci parlano anche della solitaria inattualità della sua arte, sopravvissuta ma senza prospettive, in un mondo che cominciava a sostituire alle immortali creazioni dell’artista prodotti di consumo privi di ogni pregio e di ogni bellezza.
Il film* - La visione dei film di P.T.Anderson mi lascia ogni volta una sensazione mista di ammirazione e di sgomento inquieto. All’ammirazione sono indotta dall’eccezionale qualità di ogni sua opera, dalla perfezione tecnica, dalla quasi amorosa attenzione a ogni particolare, dalla naturalezza fluida della narrazione che non ci lascia cogliere il dilatarsi del tempo, che scorre molto velocemente. I suoi racconti, inoltre, sfuggono a qualsiasi tentativo di frettolosa interpretazione, ci spiazzano, ci interrogano, ci inquietano, sollecitano la nostra riflessione, ciò che costituisce, secondo me, uno degli aspetti più affascinanti del suo cinema. Il regista è sempre presente, ma è abilissimo nel non comparire: suggerisce i possibili collegamenti, soprattutto evocando atmosfere, molte delle quali ci riportano ai grandi registi del passato, mai citati esplicitamente: c’è un po’ di Hitchcock in Cyril, ma il thriller è ancora lontano e ci suggerirà un inaspettato collegamento: Siegel e il suo Soldato Jonhatan; c’è un po’ di Shining nei lunghi corridoi, ma Kubrick sarà invece indirettamente ricordato con la musica di Schubert, quella del Piano Trio op. 100 che, col secondo movimento, accompagna la resistibile ascesa di Barry Lyndon, il piccolo arrivista che forse rassomiglia ad Alma, o forse no… Certo è impressionante e stupefacente l’attacco schubertiano al primo arrivo di Alma nella Maison…
Da vedere, da rivedere e da meditare. Un film capolavoro, anche senza gli Oscar: peggio per l’Academy se, ancora una volta, non saprà distinguere il grano dal loglio.
Non ho parlato degli attori, interpreti davvero tutti eccezionali: spero che Daniel Day Lewis non mantenga la parola e che non ci abbandoni.
Avverto che la visione in lingua originale ci aiuta a liberarci dal birignao del fastidioso doppiatore che trasforma Reynold Woodcoock in un insopportabile snob.
______________
*Il film è ispirato liberamente alla figura di C. Balenciaga da tempo al centro della curiosità di P.T. Anderson.Sull’ispirazione del film e sulle ricerche d’archivio condotte per la sua realizzazione, può essere utile e interessante questo articolo del Corriere della Sera che contiene, una bella intervista a Daniel Day Lewis, l’eccezionale interprete del personaggio di Reynolds.
Angela Laugier
Scritto il 04 marzo 2018 alle 01:21 nella Angela Laugier, Cinema | Permalink | Commenti (0)
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02 marzo 2018
Metà delle minchiate del mitico "Big-Bang" non sono state neanche iniziate. L'altra metà è stata fotocopiata nei "Cento Passi" - Fermatelo
Gallina vecchia non fa buon brodo
Correva l'anno 2011... Fior da fiore: una "selezione antologica" delle migliori promesse-minchiata di Renzi. Anche allora si chiamavano con un nome grandioso: "Big-Bang" (quello della creazione dell'Universo). Anche allora le idee "erano cento, eran giovani e forti, e sono morte"......
Chi volesse rinfrescarsi la memoria, e verificare quante di quelle minchiate siano state attuate, e quante sono "fotocopiate" negli attuali "Cento Passi", dia uno sguardo a quanto scrivevamo 6 anni fa......
Già quanto sproloquiava Renzino a fine 2011 sapeva di surgelati andati a male... Oggi ripropone ancora metà di quelle cose, neanche mai affrontate, e ne spara di fresche-freschissime, come il "Ponte sullo Stretto di Messina...
Per non dimenticare: ecco una selezione delle idee grandiose del renzismo, "diversamente realizzate:
-1) Basta con il bicameralismo dei doppioni inutili. (Fra due giorni votereno per i due doppioni inutili)
-2) Le elezioni diano potere ai cittadini non ai segretari di partito (Sarà per quello che ci hanno tolto il voto di preferenza e il voto disgiunto?)
-4) Un costo standard per le Regioni /senza fretta...)
-5) Abolizione delle province
-10) Il consiglio inutile - Il CNEL
-12) Gli altri costi della rappresentanza (come il milione di lire al giorno spesp in media da Renzi presidente della "Provincia Inutile"... Ma che cazzo se so magnati? O come il volo di stato agli US Open per intestarsi la "vittoria certa" di una italiana. Renzi, quanto è costato quel viaggetto?
-13) Eliminiamo la classe politica corrotta - Lo strumento è una amnistia condizionata (CAZZO! Eliminare la corruzione tramite una amnistica ai corrotti. Grandiosa idea!) Ora nel PD ci sono più corrotti, pregiudicati, indagati, rinviati a giudizio, di quanti non ce ne siano stai nel PSI di Craxi o in Forza Italia)
-18) Portare il rapporto debito/Pil al 100% in 3 anni (Già... oggi siamo al 132%)
-25) No ai condoni (Infatti! Adesso li chiamiamo "rottamazione delle cartelle Equitalia"- C'est plus jolie)
-30) Ridurre il numero delle norme
-32) Una Delivery Unit sul modello UK (????????????????????????????)
-34) Mezzogiorno: investire solo sullo sviluppo
-35) Superare il precariato attraverso il contratto unico a tutele progressive (Ed è stato così che siamo arrivati ad avere 127.456.262 forme di precariato)
-37) I contratti aziendali contro i salari poveri
-42) Chiudere tutti gli ospedali con meno di 100 posti letto e che non abbiano un servizio di anestesia e rianimazione aperto 24 ore su 24
-45) Un fondo nazionale per la ricerca gestito con criteri da venture capital
-47) Una terapia d’urto per la giustizia civile
-48) Avvocati pagati solo su preventivo
-49) Entri (più spesso) la corte - Riduzione a 30 giorni della sospensione dell’attività giudiziaria (20 giorni in estate, 10 giorni nel periodo natalizio)
-56) Ammodernare la rete elettrica e il mercato per ridurre il costo della bolletta (da allora le bollette sono raddoppiate)
-57) I rifiuti da problema a risorsa (Risorsa per Mafia Capitale)
-59) Non auto blu, ma auto verdi (tal quale nei "Cenpo Passi, sette anni dopo)
-60) Puntare su internet (questa è nuova ancora oggi)
-69) Una sola voce per la cultura italiana all’estero
-71) Scegliere le grandi opere che servono davvero (come, ad esempio, il Ponte sullo Stretto? o come il traforo della Torino Lione, sul quale persino la Francia sta facendo marcia indietro?)
-74) Istituire gli “affitti di emancipazione” (???????????)
-75) Consentire a tutti gli studenti universitari di finanziarsi gli studi e le tasse
-76) Premio ai laureati meritevoli da investire in formazione (...vediamo... mi sa che ci siano già, e si chiamino "borse di studio... Renzino, non si intesti cose esistenti cambiano nome...)
-77) Regolamentazione dei contratti di lavoro per gli studenti (E cos' inventarono gli "stage gratis")
-79) Diritto di voto a 16 anni (....ahahahah... andrenno a votare con la playstation...)
82) Abolizione del “valore legale” del titolo di studio ("pannellata vecchia di trent'anni già nel 2011... Vale anche per gli oncologi e per gli ingegneri che fanno dighe e ponti?)
-83) Restituire prestigio e reddito agli insegnanti capaci (e fu così che il contratto degli insegnanti fu bloccato per otto anni, e resuscitato adsesso, sotto elezioni, con l'elemosina di 80 euro lordi - 56 netti - dopo otto anni dei blocco. Un aumento medio di 7 euro per ogni anno dall'ultimo rinnovo. Io, se fossi stato un insegnante, questa offensiva elemosina data una settimana prima del voto l'avrei rifiutata)
-85) Ebook per tutti
-86) Inglese sin da piccoli (Bella idea. C'era già. Ma siamo ancora a "the pen is on the table". Renzi, comincia tu a stuudiare l'englishish, e a non mandare in giro un ministro degli esteri che deve mimare il "vento contratio")
-87) Introdurre il quoziente fami(g)liare (invece arrivarono 80 euro: 160 per chi ha in casa due stipendi in zona 80 euro)
-93) Progetto DAVID per la sicurezza stradale
-94) Adozione dello jus soli (....ahahahahahahahahahahahhhhhhh... Ehm... scusate. Mi ricompongo)
-95) Immigrazione intelligente (FATTO, col "minnitismo". Anzichè ammazzare i migranti in Italia, li facciamo ammazzare dalla Libia, un tanto al morto)
-96) Regolare? Permesso veloce (...e come, no???? Infatti i centri di accoglienza si svuotano in un attimo)
-99) Servizio civile obbligatorio (c'è anche nei cento passi)
-100) Sequestrare più rapidamente, gestire meglio immobili, patrimoni e aziende
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Renzì... per piacere!... Ma ripetere sempre le stesse minchiate, non ti viene la nausea? E poi ridiamo di Berlusconi che rifà dopo mezzo secolo il "contratto cogli italiani" da Bruno Vespa??? Ma almeno Berlusconi ha l'alibi del presumibile rincoglionimento da età e da "abuso di bunga bunga"...
Tafanus
Scritto il 02 marzo 2018 alle 18:00 | Permalink | Commenti (0)
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01 marzo 2018
Matteo Renzi, e i "Cento Passi" verso l'affondamento del buonsenso e del Paese . Quarta puntata
Devo affrettarmi, perchè il giorno delle elezioni si avvicina, e non vorrei far mancare a nessuno (neanche a Maria Teresa Meli) delle ottime ragioni per non votare per il Bischero... Non vale la pena di esaminare tutti i punti. Moltissimi non si possono neanche analizzare perchè non vengono forniti né i dati sui costi, né quelli sulle fonti di finanziamento. Che vuoi discutere??? Allora esaminiamo le più demagogiche ecretine delle idee.
I "passi cretini"
In questa schermata, uno dei passi più demagocici e cretini è quello sulle colonnine per la ricarica delle auto elettriche. Riportiamo un test fatto da "Altro Consumo" sull'autonomia delle auto elettriche, e sui tempi di ricarica.
Auto elettriche: l'autonomia non è quella dichiarata
Abbiamo testato tre modelli di auto elettriche (Opel Ampera-e, Nissan Leaf e Renault Zoe) e tutti hanno un’autonomia nettamente inferiore a quanto dichiarato dalle case automobilistiche. Colpa dei test di omologazione, poco verosimili.
L'autonomia reale è ben diversa
Tutte le auto hanno mostrato un’autonomia reale molto più bassa del dichiarato. Nelle condizioni del test, Nissan Leaf può percorrere un massimo di 144 km contro i 250 km dichiarati; Opel Ampera-e 304 km invece di 520; Renault Zoe 232 km al posto di 400. Queste auto erano state omologate con il ciclo NEDC, un test su rulli (non su strada) poco realistico, perché accelerazioni e decelerazioni sono troppo modeste e non prevede l’accensione del climatizzatore né la presenza di carico a bordo: insomma un'auto in vetrina, non su strada.
I consumi sono falsati
Un altro dato falsato è quello sui consumi. Tra i consumi dichiarati e quelli misurati nel nostro test ci sono forti differenze: questi ultimi sono sempre più alti di quanto dichiarato dalla casa automobilistica (problema che riguarda sempre anche le automobili a benzina o diesel).
Tempi di ricarica lunghi
Infine, c'è il problema dei tempi di ricarica: ci vogliono diverse ore se pensiamo di fare il pieno di elettricità a casa (a una potenza di 230 V, utilizzabile con i normali impianti elettrici domestici). Il tempo di ricarica dipende anche dalla capacità della batteria dell’auto (più è grande, più tempo ci vuole per riempirla). Installando nel box sistemi di ricarica a potenza maggiore si può risparmiare tempo, ma è necessario sostenere costi maggiori per l'impianto potenziato. Durante il rifornimento si disperde in media un 5-10% di energia e anche questo incide, seppur indirettamente, sui consumi dell'auto.
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Ma parliamo adesso di cose serie in rapporto al "passo" renzino n° 42:
-a) Lasciamo fuori dal calcolo le auto ibride, utilizzate quasi esclusivamente a benzina, e solo in casi eccezionali e su brevissime distanze in modalità elettrica. Le immatricolazioni di auto elettriche in Italia, dopo clamorosi "incrementi percentuali", sono la follia di... 150 al mese.
-b) Cosa significano 15.000 colonnine di ricarica sul territorio nazionale?. Il conto è presto fatto: la rete stradale italiana è composta da 6.800 chilometri di autostrade, e da 858.000 chilometri di strade statali. NESSUNO conosce il chilometraggio di strade provinciali e conunali, ma le stime ad cazzum fanno salire il totale delle strade a circa 10.000.000 chilometri.
-c) Mano alla calcolatrice! Renzi promette, per fine legislatura (altrui) l'installazione di 15.000 colonnine, cioè di UNA colonnina ogni 67 chilometri. Come dire: Partite da Milano per andare a Parma, e in tutto il percorco trovate UNA colonnina. Mi direte: ma tanto le macchine elettriche sono poche, quindi quasi sempre si arriva alla colonnina e non cìè da aspettare : si mette la spina, si carica, e si riparte.
-d) E sti cazzi! La ricarica dura ORE, non minuti. L'autonomia è quella che è. Un'auto di prezzo abbordabile ha un'autonomia di circa 200 chilometri. E se dovete andare da Milano a Napoli?. Nessun problema: ogni ora e mezza di viaggio, vi fermate per un paio d'ore per ricaricare, e poi ripartite: freschi, riposati e incazzati. Proviamo a immaginare: partiamo da Milano, e venti chilometri prima di Bologna ci fermiamo. Un paio d'orette se tutto va bene, e poi possiamo fare un bel tratto da Bologna a poco dopo Firenze. Altre due orette di sosta, e siamo pronti a ripartire fino a Orte. Ancora due ore di ricarica, e siamo a metà strada fra Roma e Napoli. Qui ci fermiano solo un'ora, perchè siamo quasi arrivati. Fatto il conticino? 8 ore vi viaggio, più 9 ore di ricariche, seduti comodamente nella nostra bella auto elettrica a bestemmiare. In fondo, però, non è tanto scomodo! Basta partite alle 8 da Milano, e all'una di notte siamo già a Napoli.
-e) Però non inquinano! E sti ricazzi! Perchè, guarda caso, l'elettricità che compriamo nelle mitiche 15.000 colonnine, sono prodotte per due terzi non dal vento, dall'acqua, dal sole o dal mago Zurl', ma da comsudtibili fossili (petrolio e carbone). L'anidride carbonica che non produciamo noi, è prodotta dalle centrali a gasolio o a carbone. Noi spostiamo solo i punti di produzione di CO2 dalle nostre macchinette, a Vado Ligure. O no? Poi dobbiamo aggiungere i costi (e l'inquinamento ambientale) per il trattamento delle batterie morte. In fondo, si tratta solo di trattare robetta come il piombo, il litio, il manganese, il cadmio... e cché ce vò...
Caro Renzino, l'auto elettrica ha un senso solo come auto da città, per i pendolari che fanno massimo - per alcuni modelli - un centinaio di chilometri fra andata e ritorno dal posto di lavoro. Poi mettono la macchina nel box, e durante la notte ricaricano. Oppure per le signore che potranno andare a prendere l'aperitivo in centro anche nei giorni di blocco del traffico. E se così non fosse, resterebbe da spiegare perchè l'auto elettroica-elettrica rappresenti solo un mercato da meno di 2000 auto all'anno vendute, contro un milione e mezzo di auto vere. Comunque suona bene: "abbiamo (?) aumentato le vendite di auto elettriche, in un anno, del 20%! (traduzione: siamo passati da 125 auto al mese a 150. Un successone).
Andate avanti voi, che a me scappa da ridere, e sono morto di stanchezza, a furia di occuparmi delle minchiate di Renzi. Solo, per oggi un ultimo esempio sul valore degli aumenti percentuali delle spese: se Renzi dice: "Raddoppieremo i contributi per le famiglie con un disabile in casa", tutte le marieteresemeli d'Italia fanno clappete clappete. Nessuna di loro si accorgerà che Renzi starebbe parlando di portare i contributi PER OGNI DISABILE da 13 euro all'anno a 26.
Mi raccomando, adesso non correte a comprare per l'invalido di casa una sedia a rotelle elettrica firmata Pinin Farina, con cuscini Gucci e fodere Prada. Contenetevi
Tafanus
Scritto il 01 marzo 2018 alle 15:46 | Permalink | Commenti (5)
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