Certo. Come si sono già affrettati a dire stamattina a reti unificate nei talk-show i difensori d'ufficio del renzismo e del boschismo, le (eventuali) colpe dei padri non possono essere caricate sulle spalle dei figli. Ma il ceto politico italiano dimentica un vecchio aforisma sempre valido, anche se soi fa risalire a Plutarco: "La moglie di Cesare deve non solo essere onesta, ma anche sembrare onesta".
Ora si da il caso che spetti alla Magistratura definire le eventuali colpe di papà Renzi, di papà Boschi, di papà Di Maio. Lo si farà, sempre che la legge sulla prescrizione voluta da questo governo di "Coristi di Onestà Onesta" non funzioni come il fustino del "Nuovo Dixan", che rende tutto così bianco che più bianco non si può". E non per mezzo di una sentenza definitiva passata in giudicato, ma per via di prescrizione.
C'è chi si è impadronito di un paese distratto e politicamente semi-analfabeta e privo di memoria promettendo tutto a tutti (da pagare con soldi che non ci sono), esibendo cappi in Parlamento, facendo i coretti "Onestà Onestà", facendo comizi con la ramazza in mano (alternata ai forconi).
Adesso si scopre, un pochino alla volta, che dalle casse della Lega sono spariti 49 milioni di soldi pubblici, che ai tempi belli dei Bossi e dei Belsito hanno preso strade diverse da quelle istituzionali. Fatti ammessi dagli eredi del bossismo, visto che il "nuovo che avanza" ha concordato con l'erario di restituire questi soldi. sottratti alle destinazioni istituzionalmente lecite, con una comoda rateazione distribuita in 81 anni. Se ci sarà ancora l'Italia, nel 2100 l'Italia rientrerà in possesso del maltolto. O forse no, perchè non risulta che il nuovo leader della Lega Ex Nord si sia costituito parte civile entro i limiti di tempo previsti dalla legge. Chissà perchè. Quindi tutto rischia di finire a tarallucci e vino (soprattutto vino).
E ora esplode il caso "Famiglia Di Maio". Il figlio (quello con la faccia sempre stirata da "fidanzato d'Italia", sempre vestito da funzionario delle Pompe Funebri, sempre con qualche problemino di troppo in geografia, in storia, sui congiuntivi) ha un "caso papi", "donatore di lavoro in nero". Certo, che il papi del Ministro del Lavoro abbia l'aziendina che assume personale in nero è abbastanza imbarazzante. Ecco come racconta la vicenda il non-estremista Corrierone, noto per essere - parole dell'Avvocato buonanima - "governativo per definizione":
«Lavoro nero nell’azienda di famiglia di Di Maio»: l’inchiesta de Le Iene. Renzi: «Le colpe dei padri non ricadono su figli» La denuncia di Salvatore Pizzo, concittadino di Pomigliano d’Arco del ministro del Lavoro, che ha lavorato nell’azienda edile portata avanti dal padre del vicepremier. La replica di Di Maio: «Mio padre ha fatto degli errori, ma resta sempre mio padre» (di Fulvio Bufi - corriere.it)
Secondo un servizio della trasmissione Le Iene andato in onda ieri sera su Italia 1, nell’impresa di Antonio Di Maio, padre dell’attuale vicepremier e ministro del Lavoro, c’erano operai che prestavano la loro opera in nero. E non solo: un testimone racconta che quando rimase vittima di un incidente in un cantiere, Antonio Di Maio gli raccomandò di non dire ai medici del pronto soccorso dove si era infortunato perché temeva che altrimenti avrebbe potuto subire una ispezione e una multa. L’impresa è la Ardima, una srl che appartiene alla famiglia Di Maio da oltre trent’anni. Oggi le quote societarie sono suddivise al 50% tra Luigi Di Maio e sua sorella Rosalba. Il vicepremier, però, non svolge alcun ruolo operativo all’interno dell’azienda. (...Eh no, caro Luigino! Nella migliore delle ipotesi, lei svolge consapevolmente il ruolo di "copertura" per conto di suo padre, che evidentemente ha un qualche interesse a non fare tutto alla luce del sole. O no?...)
La ricostruzione della vicenda - La vicenda ricostruita nel servizio di Filippo Roma risalirebbe a quando la Ardima era gestita soltanto da Antonio Di Maio. La trasmissione di Italia 1 ha intervistato Salvatore Pizzo, di Pomigliano d’Arco (il paese dei Di Maio), che avrebbe lavorato in nero per l’Ardima tra il 2009 e il 2010 guadagnando circa 1.100 euro al mese pagati in contanti direttamente da Antonio Di Maio. Pizzo racconta l’episodio dell’incidente e della richiesta del suo datore di lavoro che lo invitava a mentire. Ma in ospedale l’operaio riferì i fatti esattamente come erano andati, specificando quindi di essersi ferito mentre lavorava in un cantiere della Ardima. Secondo il suo racconto nelle settimane successive Di Maio continuò a pagarlo, accompagnandolo anche in ospedale per le medicazioni, ma appena guarì lo mandò via. Poi, dopo l’intervento di un sindacalista della Cgil che prospettò all’allora titolare dell’Ardima i rischi che avrebbe corso se l’operaio si fosse rivolto al giudice, Pizzo fu assunto per sei mesi, con regolare retribuzione. Alla scadenza del contratto, però, fu licenziato con la motivazione che l’impresa non aveva più commesse. Prima, sempre secondo la testimonianza dell’operaio, accettò per il periodo in nero una transazione da 500 euro. Roma ha chiesto a Luigi Di Maio cosa ne pensasse. Il vicepremier ha risposto che si documenterà, ammettendo però che se i fatti sono andati così sono da stigmatizzare (...un governo dei Re Travicello... certo che se Di Maio "deve informarsi" - altrove? - sui fatti di un'azienda i cui proprietari sono al 50% lui e sua sorella, siamo messi proprio bene... NdR)
La replica del vicepremier - Subito dopo la messa in onda del servizio è arrivata la replica del vicepremier con un post su Facebook. Prendendo le distanze dal padre: «Mio padre ha fatto degli errori nella vita e da questo comportamento prendo le distanze, ma resta sempre mio padre». Ancora: «A maggior ragione — aggiunge — se, come ho detto nel servizio, abbiamo anche avuto un rapporto difficile, che sono contento sia migliorato negli ultimi anni. Come sempre, manterrò gli impegni presi e domani consegnerò a Filippo Roma i documenti su questa vicenda in particolare, che intanto ho chiesto di procurare a mio padre, e faremo tutte le verifiche che servono su quanto raccontato da Salvatore nel servizio» (...e siamo messi bene anche se un Ministro del Lavoro chiede al presunto autore degli illeciti la documentazione sugli illeciti di cui si parla... Per la serie "acquaiò, è fresca l'acqua?"... Caro "stiuart", accà nisciuno è fesso... NdR)
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E continuiamo con la storia non propriamente limpida dell'abusivismo della famiglia Di Maio a Pomigliano d'Arco, nella casa dove abita il Ministro di "Onestà Onestà", tifosissimo delle "sanatorie" dell'abusivismo edilizio. A raccontarla è una giornalista con le palle come Conchita Sannino, da sempre nel mirino della camorra, sulle pagine di Repubblica. Una giornalista al di sopra di ogni sospetto.
Casa Di Maio a Pomigliano d'Arco, la storia del condono - La ricostruzione della vicenda che riguarda l'abitazione in cui risiede il vice premier (Fonte: Conchita Sannino per repubblica,it)
POMIGLIANO D'ARCO - Sanatorie edilizie, il tallone d'Achille dei pentastellati. Il leader del M5S e vicepremier Luigi Di Maio continua a non pronunciare la parola 'abusi' né il termine 'condono' quando parla delle norme salva-abusi per Ischia infilate dal governo nel decreto Genova. Eppure inciampa in un contrappasso quasi plastico. La casa dove risiede a Pomigliano d'Arco - hinterland ad altissima densità di costruzioni fuorilegge e ancora da abbattere - è stata oggetto di condono per opere abusive realizzate in anni diversi. E "perdonate" su istanza di suo padre, il geometra Antonio Di Maio, imprenditore edile, grazie ai condoni dell'85 (legge numero 47) e del 1994 (legge numero 724)
LA CASA - Tre piani, oggi. Con studiolo panoramico in cima, e poi distinti appartamenti con nuove cubature (camere da letto, tinello, bagni) e balconi e terrazzi che non esistevano. Sono, in tutto, 150 metri quadri fuorilegge. Pratica numero 1840, richiesta depositata nel 1986. Gli ampliamenti risalgono a due distinti decenni.
LA VERSIONE DI DI MAIO - Di Maio si è così giustificato con il Movimento, in una diretta Fb: "Ho detto a mio padre: cosa hai combinato. E lui mi ha detto che nel 2006 ci è arrivata la risposta a una domanda fatta nel 1985 su una casa costruita nel 1966. La casa era stata costruita da mio nonno in base al Regio Decreto del '42". Ma non è così.
I DATI - Oggi questa palazzina è un immobile ben diverso da quello in cui, a quanto pare, è vissuto il nonno del vicepremier. Non solo. Se Di Maio legge le carte nel suo Comune scopre che non il nonno, ma il padre ha depositato e sollecitato il condono. Più volte. E che gli abusi si riferiscono ad anni successivi. Anche nel decennio che arriva agli anni Ottanta.
ESPERTO DI CONDONI - Dunque il vicepremier spiega, ma non può smentire il dato: nella sua casa di famiglia, ci sono 150 metri quadri di abusi edilizi perdonati con condoni di Stato e regolarmente pagati (appena 2mila euro) solo dal padre di Di Maio. Che, peraltro, a Pomigliano d'Arco, è considerato un esperto di condoni e di pratiche: tanto da essere stato retribuito dal Comune , in quota Msi, nei pieni anni Novanta del boom di domande, come stimato tecnico. Era stato incaricato dall'allora sindaco come membro sia nella commissione edilizia, sia nella commissione condoni.
L'11 ottobre 2006, quando il giovane Di Maio ha vent'anni, al Comune di Pomigliano d'Arco la pratica si chiude, l'amministrazione rilascia la concessione in sanatoria: papà Antonio ha pagato anche quel 'saldo' che aveva dimenticato perché alcuni metri quadri, per banale dimenticanza evidentemente, non erano stati conteggiati. A firmare l'atto è l'architetto Lucia Casalvieri, un'ex collega di Di Maio senior nelle commissioni in cui si occupavano dei condoni degli altri. E, nel frattempo diventata responsabile del servizio Condono del Comune.
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E in Ministro "Onestà Onestà" vuole sanare lo sfascio edilizio abusivo di Ischia
D’accordo, non c’è una proposta di legge su un condono a Ischia a prima firma di Luigi Di Maio. C’è invece un decreto legge, attualmente al vaglio del Parlamento, approvato dal Consiglio dei Ministri che porta anche la firma del Capo Politico del MoVimento 5 Stelle. In quel decreto – il decreto emergenze o decreto Genova – c’è proprio un articolo che riguarda la ricostruzione post terremoto ad Ischia. E si tratta di un vero e proprio condono edilizio perché l’articolo 25 del decreto legge numero 109 del 28 settembre 2018 consente di accedere ai fondi per la ricostruzione anche a quei proprietari di case abusive che hanno subito danni durante il terremoto del 2017 ad Ischia.
Cosa prevede il condono nel decreto firmato da Luigi Di Maio - Il MoVimento 5 Stelle sostiene che quel condono però non ci sia. Però di condono edilizio non hanno parlato solo le opposizioni e Legambiente. Nei giorni scorsi anche la senatrice pentastellata Elena Fattori ha parlato di condono edilizio e tempo fa il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva definito quella per Ischia una sanatoria annunciando di aver dato mandato ai suoi «di opporsi a quella roba lì». In Parlamento però la Lega non si è opposta alla sanatoria.
Questo non significa che non ci sia, perché il comma 1 dell’articolo 25 non è stato abrogato. Ed è proprio quel comma che reca il riferimento al condono voluto nel 1985 dal governo Craxi e che consentirebbe agli abusivi di poter condonare le proprie abitazioni, anche se costruite in zone a rischio sismico o idrogeologico e poterle ricostruire e riparare grazie ai fondi pubblici. Questo non significa che tutte le case crollate o danneggiate sono abusive ma semplicemente che quelle oggetto di abusi edilizi, quindi realizzate illegalmente, potranno essere condonate e ricostruite coi soldi dello Stato.
Per Di Maio non ci sono abusivi ma solo terremotati
Filippo Roma delle Iene ieri ha cercato di “aiutare” Luigi Di Maio a mantenere una promessa fatta appena due giorni dopo il terremoto del maggio 2017: quella di iscriversi al Partito Democratico. Ovviamente Di Maio non ha alcuna intenzione di farlo, ma non è tanto la consegna della tessera del PD a fare notizia quanto le risposte date dal vicepremier pentastellato. Risposte e giustificazioni che dimostrano che il Capo Politico del M5S non ha ben chiaro quanto scritto nel decreto.
Certo, non è l’unico, anche la ministra per il Sud Barbara Lezzi quando è stato il momento di rispondere nel merito del condono su Ischia ha preferito dire di non aver letto il decreto Genova. Di Maio però il testo l’ha letto, solo che preferisce raccontare agli italiani una storia diversa. Ad esempio quando Roma gli chiede se ha firmato il decreto che regolamenta il condono edilizio sull’isola il ministro dello Sviluppo Economico risponde «Ma non lo regolamenta! Noi stiamo parlando di persone terremotate che devono ricostruire la propria casa e basta!». Oppure «non stai parlando delle case in piedi, stai parlando delle case dei terremotati!»; una frase che lascia intendere che per il ministro le case abusive in piedi, per le quali lo Stato non deve spendere un euro, siano peggio delle case abusive crollate, che invece lo Stato è pronto a condonare e pagare. Insomma per Di Maio si stanno solo aiutando le persone che hanno perso la propria casa: i terremotati. Poco importa che all’interno di questa categoria ci siano anche furbetti ed abusivi. Secondo il Capo Politico del MoVimento degli onesti invece nel Decreto «stiamo parlando di case di terremotati crollate» Fonte: nextquotidiano.it
...Cose che capitano, quando un terzo di una nazione decide di trasformare "Giggino 'o stiuart" in Ministro e Vice-Presidente del Vice Presidente Conte...
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