Grandissimo Di Maio! Più bravo di Matteo Renzi, come rottamatore, il che è quanto dire. Renzi per incenerire il 56% dell'elettorato del PD ha impiegato tre anni. Il MòViMento in 11 mesi ha disintegrato un terzo del suo elettorato. E' quindi pienamente in corsa per superare la performance del Maestro Rottamatore.
Riportiamo in calce alcune delle considerazioni fatte da Emiliano Fittipaldi su l'Espresso di questa settimana.
Il Big Bang del Movimento: come esplodono le stelle. L'imbarazzo sul processo a Salvini. Il declino di Di Maio. Le ambizioni di Dibba e Conte. Gli affari di Casaleggio. E i consensi sempre più giù. Inchiesta su un partito in crisi di nervi Un sondaggio riservato: sei elettori grillini su 10 pronti a passare alla Lega [...]
(credit: Emiliano Fittipaldi - l'Espresso)
L'uomo della Casaleggio seduto al bancone del bar non ha né la grisaglia né l'aplomb di Giuseppe Conte. Così, mentre il premier ha ammesso ad Angela Merkel - in un colloquio rubato dalle telecamere di Piazza Pulita - che i capi del M5S «sono preoccupati per i sondaggi negativi», il dirigente è più esplicito: «Se la stanno facendo sotto. Il problema è che, per inseguire la propaganda di Matteo Salvini, stiamo letteralmente scoppiando. La "Bestia" di Luca Morisi, lo stratega della sua comunicazione, corre molto più veloce di noi».
Il grillino di stanza a Palazzo Chigi posa la tazzina del caffè. E indica con la penna dei fogli con alcuni sondaggi riservati fatti da Movimento. Sintetizzano con numeretti quello che è sotto gli occhi di tutti: piaccia o non piaccia il contenuto del messaggio, il leader sovranista arriva prima e meglio su tutto, azzecca ogni dichiarazione, ogni post sui social. Un dato, tra quelli evidenziati, è sorprendente: segnala che il 60 per cento di coloro che hanno votato Di Maio e compagni non esclude, in futuro, di passare alla Lega.
Un'enormità. i sondaggi vanno giù, più cresce l'ansia da prestazione. E, conseguentemente, il tasso di confusione nelle mosse e nelle tattiche. Anche nella comunicazione, dove i grillini erano maestri, non c'è più una linea chiara e vincente. Le giravolte sul sì o il no alla richiesta di autorizzazione a procedere contro Salvini - nella vicenda della nave Diciotti - sono solo l'ultimo esempio. «Alle Europee rischiamo grosso. Perché se vanno male, ci sarà in ballo qualcosa di più della leadership di Gigi. Ci giochiamo il futuro di tutto il Movimento Cinque Stelle».
Stelle cadenti - Che cosa sta succedendo dentro la prima forza politica italiana? Com'è possibile che ci sia tanta apprensione all'interno del partito che solo il 4 marzo scorso è riuscito a trionfare alle elezioni, guadagnando 10 milioni di voti e il 32,6 per cento di consensi?
Alla Casaleggio Associati e negli uffici romani di Di Maio le rilevazioni dei trend elettorali e l'andamento del "sentiment" degli italiani su questioni di ogni tipo sono studiati senza sosta. E i risultati che arrivano sulle scrivanie non sono tranquillizzanti: per le Europee qualche sondaggio li dà addirittura sotto il 24 per cento, mentre quasi tutte le ricerche evidenziano che il M5S potrebbe finire a dieci punti di distanza dalla Lega, che meno di un anno fa aveva circa la metà dei voti dei grillini.
Altre stime recenti sono ancora meno incoraggianti: alle prossime elezioni regionali in Abruzzo la candidata pentastellata, Sara Marcozzi, potrebbe giocarsela (quasi) alla pari con quello del centrodestra, ma in Sardegna un recente sondaggio della Swg vede il grillino Francesco Desogus arrancare parecchio e il partito precipitare a un misero 23,5 per cento. Venti punti in meno rispetto al risultato trionfale ottenuto sull'isola alle Politiche.
Oltre ai sondaggi nefasti, però, quello che gli alti papaveri temono di più è lo stato comatoso in cui si trova, da mesi, la ex formidabile macchina da guerra che ha fatto la fortuna della creatura di Grillo. Uno stallo dovuto a tanti fattori. Come l'incapacità di alcuni ministri a svolgere efficacemente il proprio compito (vedi il caso del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli); gli scontri interni (i rapporti tra Di Maio e Fico sono ai minimi termini); gli errori a catena (l'«abbiamo abolito la povertà» urlato dal balcone dal capo politico resta leggendario); i "tradimenti" su dossier sensibili come quelli sulla Tap, l'Ilva di Taranto o quello sui migranti, che ha allontanato molti elettori di sinistra nauseati dall'appeasement di fronte alla xenofobia leghista [...]
I fasti dei "restitution day" o i battage online sulle rendicontazioni dei parlamentari (a proposito, che fine hanno fatto?) sono archeologia. E persino occasioni ghiotte, come l'happening per l'approvazione della legge sul reddito di cittadinanza, vengono buttate via con sciatteria: il contemporaneo annuncio di Di Maio, che nominava Lino Banfi commissario all'Unesco, ha oscurato la festa per un risultato politico effettivamente storico.
Di Maio in peggio - Sono più concause, che, come granelli di polvere, hanno inceppato la macchina del consenso. La strategia unitaria era affidata fino a pochi mesi fa alla regia militare della Casaleggio e ai diktat di Rocco Casalino. Arrivato al governo, nel M5S tutto è invece diventato pulviscolare; e la catena di comando più sfocata. La propaganda, che ha bisogno di direttive centrali e non polifoniche, è diventata più discontinua, improvvisata, poco incisiva [...]
In caso di elezioni anticipate entro un anno, considerate probabili in caso di vittoria schiacciante della Lega alle Europee, il divieto di ricandidarsi dopo i primi due mandati metterebbe fuori gioco l'intera attuale classe dirigente. Una prospettiva che può essere esiziale per il destino del M5S: ecco perché all'Espresso risulta che Pietro Dettori, fedelissimo di Di Maio e Casaleggio e inventore dell'hub grillino con cui viene diffuso il verbo dei capi sulla rete, abbia fatto nelle scorse settimane alcune analisi sul web per capire che effetto avrebbe sulla base il superamento ufficiale del limite dei due mandati. È andata meglio del previsto: anche se si tratta di una pietra miliare del Movimento, in molti chiedono che Di Maio e i leader più conosciuti si candidino anche in futuro. «Se modifichi la regola rischi certamente una rivolta interna, e sono certo che diranno che ogni ipotesi di cambiare la norma è una fake news. Ma se non superiamo questo feticcio alle prossime elezioni politiche potremmo scomparire», chiosa un altro dirigente grillino piazzato al ministero dello Sviluppo.
La cattiva salute del partito è figlia di altri elementi. Il Blog delle Stelle, organo ufficiale del partito, non ha la potenza di fuoco del vecchio blog di Grillo. Che tra l'altro è fuori da qualsiasi decisione operativa [...]
Ma quello che pesa più di ogni cosa è, ovviamente, il declino di Di Maio, che sta perdendo la guerra di logoramento con Salvini. «Puntare tutto sulla sua leadership è stato un grave errore di calcolo strategico: ora che Gigi è in difficoltà politica e mediatica, rischia di venire giù tutto», spiega il dirigente al suo terzo caffè. «La responsabilità è anche di Casalino e Casaleggio junior, che hanno avallato la scelta all'origine». Da un lato snaturando la filosofia dell'uno vale uno. Dall'altro non dando una struttura più solida a un organismo politico che è cresciuto a dismisura in pochissimi anni: l'assenza di ceti dirigenti intermedi costringe Di Maio non solo a occuparsi delle questioni primarie del governo e del partito, ma anche a dover dar retta (dice chi ha sbirciato le chat del suo WhatsApp) all'ultimo degli assessori o consiglieri comunali sparsi sul territorio. Il caos.
La crisi di Di Maio sta provocando reazioni a catena: ha costretto Alessandro Di Battista a tornare sulla scena nel doppio ruolo di testa d'ariete nei talk show e di stratega della comunicazione (sua l'idea di attaccare i francesi sul franco africano); e sta consentendo al premier Conte di ritagliarsi un suo spazio d'azione autonomo sempre più evidente.
Lobby Casaleggio - Anche Davide Casaleggio è indicato come uno dei principali colpevoli del big bang politico della creatura inventata dal padre. Le critiche sono svariate. Ci i "frustrati", che gli imputano di aver ascoltato soltanto i consigli dei fedelissimi, Casalino e Dettori su tutti. E gli "abbandonati", che gli contestano di concentrarsi esclusivamente sull'Associazione Rousseau (la piattaforma informatica del partito di cui il numero uno della Casaleggio Associati è il presidente), invece che sulla crisi del movimento e sul necessario rilancio della comunicazione e di una linea comune. Migliorare ed esportare oltre confine il sistema operativo per la democrazia diretta è in effetti in cima ai pensieri del figlio del fondatore: è su questo progetto che verranno investiti tutti i soldi che parlamentari grillini devono girare ogni mese in direzione Milano (oltre un milione di euro l'anno) [...]
Davide, però, nelle ultime settimane è tornato attivo anche sul fronte politico. Si sta occupando dello scouting per le candidature alle Europee insieme a Casalino, Dettori e Silvia Virgulti. È lui che avrà l'ultima parola sui candidati da mandare a Bruxelles, che dovranno poi essere votati dagli iscritti su Rousseau. La lista dei prescelti è ancora aperta: la difficoltà maggiore - pare - è quella di trovare donne con un curriculum adeguato. «Quelle più brave che chiamiamo» chiosa un interno «per ora ci hanno detto di no».
Ma il biasimo peggiore rivolto a Casaleggio riguarda il suo presunto conflitto di interessi. Leader politico, presidente di Rousseau, capo di una società di consulenza (la Casaleggio Associati srl), Davide è anche guida dell'Associazione Gianroberto Casaleggio, che organizza ogni anno un convegno a Ivrea, il Sum. Il Fatto un mese fa ha intervistato alcuni imprenditori che hanno donato 5.000 euro per l'organizzazione dell'evento, che hanno ammesso come le dazioni di denaro siano state fatte, come ha detto uno di loro, «in totale trasparenza per perorare le mie cause e quelle della mia categoria».
«Perorare», traducendo, significa però fare lobby. Parola poco amata nell'universo grillino. Davide, che cura gli affari insieme al suo socio più importante, Luca Eleuteri, sembra fregarsene delle critiche: se è noto che alcune ricerche elaborate dalla Casaleggio sulla Blockchain siano state finanziate (oltre che da colossi come Amazon, Mediaset e Unicredit) anche dalle Poste (per 30 mila euro), e se qualcuno ancora storce la bocca quando ricorda il ristorante romano in cui Davide cenò insieme, tra gli altri, all'avvocato Luca Lanzalone, il facilitatore della giunta Raggi, in pochi sanno che anche potenti manager del settore italiano delle costruzioni hanno chiesto e ottenuto incontri con lui [...]
Anche la gestione della variabile Conte è una novità che i maggiorenti grillini non hanno ancora capito come maneggiare. L'autoproclamato "avvocato del popolo", scovato in realtà tra gli adepti della potente lobby di Guido Alpa, ha nel corso degli ultimi tempi cambiato profilo. Era solo il 7 giugno dell'anno scorso quando il premier, nel discorso d'insediamento di fronte alle Camere, chiedeva a Di Maio, seduto alla sua destra: «Posso dire che...?», ricevendo un «no» secco dal capo politico che l'aveva scelto. Oggi, a sette mesi da quel giorno, quelli che molti definivano "un burattino", «un vaso di coccio", "un pupazzo" nelle mani dei due vicepremier, s'è ritagliato un ruolo assai più autonomo.
Ovviamente la ricerca di un posto al sole da protagonista della politica non è facile. Conte sa che deve quasi tutto agli uomini della Casaleggio, che dal nulla gli hanno cucito addosso, attraverso un accorto storytelling, l'immagine di uomo normale, di "avvocato della porta accanto", di abile mediatore e garante del contratto di governo. Ed è sempre i ragazzi di Davide che Conte deve ringraziare, guardando la sua pagina Facebook che in poche settimane è riuscita a toccare il milione di follower (numeri simili a quelli che Matteo Renzi ha raggiunto in anni e anni di lavoro sui social) e se il suo tasso di gradimento monstre (piace al 62 per cento degli italiani, secondo l'ultima ricerca Ipsos) è superiore di 10 punti rispetto a quello di Salvini e 20 a quello di Di Maio [...]
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Fittipaldi ha scavato, con la consueta capacità di approfondimento, fra i motivi meno conosciuti della débacle del M5S. Noi, più modestamente, torniamo a sottolineare il fatto che non si può mettere in posizione di vice presidente del Consiglio, ed affidargli un Ministero economico di peso, ad un ragazzotto che non ha mai visto l'interno di un'azienda, ha un curriculum di studi moooolto migliorabile, ma ciò non gli impedisce (brutta bestia, la presunzione associata all'ignoranza...) di mettersi a polemizzare da pari a pari con un Cottarelli (una vita nel Fondo Monetario Internazionale), o con l'Ufficio Stufi di Bankitalia. La statura di Di Maio la si può misurare anche dalla statura dei suoi uomini. Ad esempio il Tony Nelly: animale mitologico che, non pago di essersi inventato l'inesistente tunnel del Brennero, pochi giorni fa ha deciso (dopo il maxi ingorgo per neve della strada del Brennero) di nazionalizzare con urgenza questa autostrada... senza sapere che era GIA' nazionalizzata, avendo lo Stato l'85% del capitale azionario, e nessun azionista esterno di blocco.
Qualcuno mi ha scritto che "però Di Maio è un bravo ragazzo". Anche il mio idraulico è un bravo ragazzo, per non parlare della mia stupenda colf albanese. Però non mi sognerei mai di affidare un Ministero all'uno o all'altra.
Di Maio. How do you spell it? Un tizio entrato in politica con qualche decina di click su un meetup. Siamo un paese fantastici! (Copyright Checco Zalone). Questo ragazzotto che ha abolito la povertà con un semplice post su facebook, ha costretto il povero Vis-Conte dimezzato (sul quale non condivido i giudizi tutto sommato positivi di Fittipaldi); uno che ha fatto una legge - pomposamente definita "reddito di cittadinanza", sulla quale, per il momento, tutto di riduce alla ridicola ostensione della "Prima Tessera" per il Reddito di Cittadinanza, presentata dentro una specie di Sacra Ampolla o di Ostensorio, che ricorda anche la Sacra Ampolla di Bossi con l'acqua del Fiume Sacro.
Dietro l'ampolla, niente (mi ha fatto venire in mente i "fedeli" alla cerimonia annuale dello scioglimento del sangue di San Gennaro). Centri per l'impiego neanche l'ombra. 10.000 "navigators" (?) da selezionare, assumere senza concorso, rendere operativi in poche ore, e probabilmente segati in un fiat dal primo ricorso di un escluso. Un tizio che, dismessa la pettorina di steward del San Paolo, con l'economia tecnicamente in recessione, straparla di boom economico, costringendo il Vis-Conte Dimezzato - che nella gara alla Balòla del Secolo non ci sta ad arrivare secondo, a straparlare di 2019 "anno magnifico". Da non credere.
E non vorrei neanche dimenticare - absit iniuria verbis - la nomina di Lino Banfi a rappresentate l'Italia presso l'UNESCO, sepolto sotto una valanga di premi Nobel. Per essere surclassati in termini di consenso in meno di un anno da un politico della statura di Salvini il felpomane, è necessario un grande impegno e una naturale predisposizione. Di Maio, passato dalla pettorina del San Paolo alla grisaglia ministeriale, possiede queste doti in grande, esuberante quantità. Dategli ancora qualche mese, e riuscirà far impallidire persino le performanced del Bischero di Frignano sull'Arno.
Tafanus
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