...e per le "madamine" rappresentanti del disagio sociale con villona a Superga, Zingaretti faro del "nuovo" nuovo che avanza...
Da sinistra: Donatella Cinzano, Roberta Dri, Patrizia Ghiazza, Giovanna Giordano,Simonetta Carbone,Adele Olivero e RobertaCastellina
Per la prima volta in sessant'anni da "elettore seriale", non sono andato a votare alle primarie del PD che hanno visto la vittoria col botto di Zingaretti. Zingaretti ha stravinto. O hanno straperso gli altri??? Credo che contro Cocorito Martina (noto anche come il ventriloquo di Renzi) e l'inguardabile Giachetti, avrebbe vinto persino mia zia Cesira.
Da anni, e cioè da alcuni mesi PRIMA della PRIMA Leopolda - vox clamantis in deserto - avevo pronosticato la distruzione della sinistra da parte di quel capetto democristiano di nome Renzi, e di conseguenza avevo invocato un bombardamento a tappeto che radesse al suolo il renzismo. Solo dalle ceneri fredde del renzismo avrebbe potuto iniziare la ricostruzione di una parvenza di sinistra. Invece è successo ciò che temevo: è stato il renzismo a rendere irrespirabile l'aria del PD a coloro che pretendevano di restarci "da sinistra", costringendoli a sloggiare.
Il mitico 40,8% - I primi risultati sembravano dare ragione al renzismo. Elezioni europee (di cui in genere non frega niente a nessuno, visti i rapporti incestuosi che ne fanno i partiti): il PD di Renzi trionfa come mai successo neanche sotto Berlinguer. La chiave? si chiama "mercimonio". Peggio della scarpa destra e della scarpa sinistra del laurismo. Io ti do 80 euro a te, te li evidenzio nella busta paga che precede di meno di una settimana il voto, e tu mi ringrazi col voto.
Ha funzionato? Si. Per ben 60 giorni. Dopo due mesi se n'era già andato un quarto del nuovo, "disinteressato" elettorato neorenzista. Da allora in poi, solo una serie indicibile di catastrofi elettorali: dalle regionali, alle amministrative (con la perdita di tutte le grandi città), al referendum sulla riforma costituzionale scritta non da Longo e De Gasperi, ma dalla Boschi e da Verdini. La promessa di andare lontano non solo dal governo, ma anche dalla politica, buttata silenziosamente nel cesso.
Ma Renzi è Renzi, e si deve prenderlo per quello che è: uno che non si abbasserà mai ad ammettere un errore. Cosa ci resta, oggi, di quel 40,8% che ancora oggi Renzi rivendica? Fondamentalmente:
-a) un aggravio permanente sul bilancio dello stato di dieci miliardi di euro all'anno;
-b) lo stravolgimento anticostituzionale della curva della imposizione fiscale, non più "progressiva", ma aggiustata per essere più "comoda" per i ceti socio-economici supposti più vicini al renzismo;
-c) Uno schifo di legge elettorale che non ci lascia neanche la più piccola speranza di tornare al voto con serie probabilità di cambiare l'esistente;
E dire che in tutto ciò, qualcuno veniva a chiedermi (e non gli scappava neanche da ridere): "...chi se non Renzi?..."
Per la serie "Après Renzi le deluge". Invano ho tentato di produrre lunghi elenchi di alternative a Renzi. ISSO rimaneva l'unico faro della sinistra di destra.
Altri, in perfetta buonafede, mi accusavano di spianare la strada al ritorno della Mummia. Just in case, non sarebbe stata la Mummia a vincere, ma il Bischero a perdere così tanti milioni di elettori (nonostante la perdurante marchetta "80 euri" ) che la Fossa delle Marianne del 16% nelle quali aveva affondato il partito hanno rivalutato il 25,3 di Bersani, col quale aveva "non vinto", e che per un paio d'anni il Bischero non ha perso l'occasione di irridere.
E ora il partito si sente ringalluzzito perché grazie al congresso (meglio tardi che mai) ha riguadagnato una minima frazione dei punti persi dai giorni dei fasti del 40,8% ad oggi. Espungendo dal numero degli "aventi diritto al voto (circa 48 milioni) e facendo il confronto coi soli "esercitanti" il diritto di voto (circa 32 milioni) dai fastosi momenti (ma proprio "momenti... una sessantina di giorni) del 40,8%, il PD renziano è riuscito a tracollare da 13,1 milioni di elettori fino ad un minimo storico 5,3 milioni. Praticamente i "Rottamatori" hanno rottamato il 60% dei rami su cui stavano seduti.
Lo confesso: avrei preferito un tracollo ancor più clamoroso, perchè sembra che un -60% per alcuni embedded al renzismo non sia ancora abbastanza per far capire che il crollo del renzismo non è dovuto ai reprobi Grasso, Orlando, Bersani (che messi assieme vagano intorno al 2,5% dei consensi), ma ha un nome solo: quello del Bischero che ha distrutto un partito che era stato protagonista per 60 anni della storia italiana del dopoguerra, un partito che fra alti e bassi aveva tenuto insieme un tessuto fatto dall'Unità (Giornale dei Contadini e dei Lavoratori fondato da Antonio Gramsci), dalle omonime feste (dove non ci limitava a mangiare le salamelle, ma anche a fare dibattiti su cose serissime ai quali partecipavano, in tutta Italia, milioni di militanti). E' riuscito a distruggere le "sezioni" (ribattezzate "Circoli", che fa più figo). E' riuscito a riempire fino all'orlo del recipiente con "parentes" ed "amigos" tutte le poltrone e gli strapuntini di governo e di sottogoverno. Come dice il sempre immaginifico Bersani, il problema del governo Renzi è consistito nel che la lingua ufficiale era diventata il fiorentino.
E veniamo alle primarie - Chi mi segue da un po', sa che non avrei potuto votare per Giachetti (modellino in scala 1:0 del peggior pannellismo), e neanche per Martina, che da quando ha deciso di candidarsi a segretario (ma solo dopo essere stato sicuro che non avrebbe disturbato Renzi, impegnato solo a mangiare pop-corn in favore di telecamera), da tranquillo interlocutore d'antan, si era messo addosso il vestito, i decibel, l'aggressività da talk-show, e persino una ridicola barbetta alla Che Guevara. Ma in termini di idee, quelle rare volte che lo si metteva all'angolo chiedendogli - su qualsiasi cosa - il suo punto di vista, veicolava come sue, a mo' di cocorito, le idee di Renzi.
Restava l'alternativa Zingaretti, che però - per un certo sesto senso che ho maturato con la vecchiaia nel distinguere il vino buono da quello sofisticato - non è riuscito a farmi arrapare (scusate per il francesismo) fino al punto da andare in un seggio per votare per qualcuno che - da quando si è candidato - ha lasciato intravvedere un personaggio sempre più deludente.
Sono troppo cattivo? Vediamo:
-a) Ho sempre giudicato la TAV una delle più inutili stronzate degli ultimi decenni, in lotta per il podio col Ponte sullo Stretto e col Mose. Catastrofi annunciate e in parte consumate. Sulla TAV ci ha messo un attimo a schierarsi coi paladini delle Opere Morte. Non ripeterò qui cose che ho scritto mille volte sul mio "perchà-no-TAV". Chi fosse masochista abbastanza da voler sapere cosa e quando scrivevo, può rileggersi un mio post del 2011 , molto documentato, che in 8 anni ha dimostrato come al momento di scriverlo io fossi stato fin troppo poco pessimista sull'argomento.
Ebbene, le prime dichiarazioni da segretario del PD di Zingaretti sono state un cantico al buco in Val di Susa, recitato in coro con Salvini e con le "madamine" che sono diventate di colpo migliaia di esperte di economia dei trasporti, che, se interrogate, sanno dirvi tutto ma proprio tutto sulla imprescindibilità del frequentatissimo "asse" 5 da Valencia a Kiev.
Come rafforzativo della ipotesi TAV, Zingaretti non ha trascurato di omaggiare col bacio della pantofola Chiamparino (che un tempo stimavo) e che oggi, grazie alle sue idee modernissime, ha già perso un terzo dei consensi elettorali, nonostante il supporto sorprendente delle "madamine" con villona a Superga.
Debora Serracchiani
Iguardabile, Inascoltabile, Insopportabile
Da mezze frasi, dai "qui lo dico e qui lo nego", apprendiamo che esiste già una specie di veto a futura memoria sul rientro nel "partito largo e plurale" degli estremisti della ferocia di Grasso, Orlando, Bersani. E allora, in un partito nel quale per avere una probabilità su cento di rinascita, sarebbe stato necessario il compimento preliminare del rito della cremazione, apprendiamo che al numero due del partito arriverà (come siamo fortunati, noi reduci del PCNCEP - Partito che non c'è più) tale Debora Serracchiani. Colei che si è costruita una carriera grazie ad uno storico ed insulso discorsetto di 13 minuti, mille anni fa, che ha folgorato il cuore tenero di Franceschini. Un discorsetto che, in puro stile Nanni Moretti ("Con questa classe dirigente non vinceremo mai") la Debora Senzacca si era limitata a criticare tutto e tutti (compito facile facile), ma senza che sia nota alle cronache di quei tredici minuti una sola proposta originata dalla mente della Nuova Souffragette.
Debora Serracchiani. Il Nuovo che Avanza. Colei che, nominata Governatrice di una Regione fra le più piccole, facili, ricche, meglio organizzate da sempre, coi privilegi dello Statuto Speciale, è riuscita a fare così bene che a fine mandato era ULTIMA in assoluto, in termini di gradimento e fiducia, fra tutti i leaders di TUTTE le regioni italiane.
No, Zingaretti, la Serracchiani è esattamente l'ultimo dei segnali che avresti dovuto inviarci. E ora attendiamo con ansia il richiamo in SPE della Boschi, di Luca Lotti, della Madia e del Comandante Pinotti. Ah... dimenticavo: per piacere, non lasciare fuori la Picierno, e neanche Lady Like, mi raccomando...
Tafanus
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