Non conoscevo l’ospedale di Vimercate, nel quale ho avuto il piacere di soggiornare per 36 giorni quest’anno, in due tranches da 16 e 20 giorni, più una serie di sedute “spot” per visite di controllo, analisi, pronto soccorso.
L’ospedale è bellissimo. Progettato dall’architetto Mario Botta, è pregevole dal punto di vista estetico, gode di spazi molto vasti (sia interni – camere e servizi comuni) che esterni (parcheggi immensi). Percorrerne i corridoi, anche se spinto su una lettiga e diretto verso una broncoscopia che ti aspetta, è – non datemi del matto – un piacere estetico. Quasi tutti i percorsi offrono ampi squarci, attraverso grandi vetrate, su spazi verdi immensi. E’ la cifra stilistica di Botta: largo uso del mattone ripieno e delle vetrate continue, volume complessivo dell’edificio diviso in blocchi che lasciano spazi fra l’uno e l’altro.
C’è qualcosa che non mi è piaciuto? Si. Una scoperta tardiva. La costruzione dell’ospedale (completata in tre anni) è stata affidata ai fratelli Pessina, i noti palazzinari bergamaschi poi lanciatisi nelle acque minerali. Avranno certamente vinto una gara d’appalto, ma “a pelle” non mi è piaciuta la concatenazione degli eventi. L’appalto ai Pessina avviene alla vigilia del kirieleison delle “Leopolde” renziane, e – sarà certamente un caso – appena Renzi compie la sua prima demolizione scientifica di un pezzo di sinistra (il primo fallimento della gloriosa “Unità”, il “Giornale dei Contadini e dei Lavoratori, fondato da Antonio Gramsci”), in soccorso di Renzi chi arriva? I Fratelli Pessina, con una carrettata di miliardi. Ci sarà sotto un aspetto da bassa cucina politica? Non posso affermarlo, ma il risultato netto è che viene fatto morire il vecchio azionariato, e viene sostituito con un altro azionariato, più comodo.
Come diceva il geniale Ennio Flaiano, “gli italiani sono sempre pronti a correre in soccorso del vincitore”. Ma i giornali per sopravvivere hanno bisogno o di lettori, o di “aiutini”. E neanche i Fratelli Pessina riescono a compiere il miracolo. I soldi non bastano. I lettori svaniscono, non appena si accorgono che non è più il LORO giornale, ma è diventato il giornale di Renzi, di Rondolino (ex “Il Giornale” e “Grande Fratello”), di Alessia Rotta, di Staino... La trasformazione de “l’Unità” in “Unirenzità” si è compiuta, e l’eutanasia non tarderà ad arrivare. La seconda volta, il coma sarà irreversibile. Fortebraccio bestemmia nella tomba.
P.S.: Se qualcuno pensa che i miliardi spesi dai Pessina siano il frutto di un “animus” di sinistra”, sia molto cauto in questo giudizio. I Pessina li ho conosciuti personalmente, quando loro collezionavano concessioni di sorgenti di acque minerali, a prezzi – diciamo così – non esosi. Ma avevano un problema: per legge, il marchio delle acque deve riportare o il nome della sorgente, o la ragione sociale dell’azienda. O Pessina avevano decine di concessioni di fonti diverse, e altrettante società. Non avrebbero MAI, con questa struttura, potuto trovare delle sinergie, in comunicazione.
In quel periodo ero un dirigente della LPE-Sigla (agenzia di pubblicità nata dalla fusione dell’italianissimo “Studio Sigla” del Cav. Bellavista, con la britannicissima “London Press Exchange”; il tutto, qualche anno dopo, sarebbe diventato “Leo Burnett”). Ma intanto mi era stato affidato il progetto di ristrutturare la comunicazione dell’impero Pessina, e avevo persino trovato una soluzione: se non si può spezzettare la comunicazione fra decine di marchi, e non si può marchiare un’acqua o dieci acque come “Fratelli Pessina”, non resta che trovare un marchio che “comunichi”, e cambiare la ragione sociale della parte del business Pessina operante nel settore bevande. Questo sarebbe stato il nome della ragione sociale, ma anche e soprattutto il marchio unificante del settore ”acque”.
Nasce così, anche grazie ad un bravissimo designer da me scelto per per il progetto (si trattava di Giò Rossi), il marchio “NORDA”, che campeggiava sulle confezioni di tutte le acque di tutte le sorgenti, ed era anche la nuova ragione sociale della azienda che si occupava di acque.
Dunque li conoscevo, ma non mi hanno MAI, neanche dato l'impressione vaga che potessero essere "de sinistra", spinti a spendere miliardi a fronte di ideali.
Poco tempo dopo sono andato via dalla LPE, in partenza verso lidi più stimolanti. Ho telefonato a tutti i clienti per avvertirli e salutarli. Tutti hanno avuto parole di ringraziamento. Tutti. Con una sola eccezione. Indovina, indovinello... Qualcuno non ha neanche fatto finta di dirmi "grazie".
Tafanus
(continua alla 3° puntata)
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