Intrigo a casa Renzi - Il prestito di 700 mila euro per la villa di Firenze da una famiglia di imprenditori toscani. e la lista dei finanziatori della fondazione Open. Così l'ex premier va in trincea
Il bonifico è datato 12 giugno 2018. Il giorno dopo il senatore e la moglie vanno a ritirare gli assegni circolari per versare la caparra. Matteo dice di aver restituito i soldi (sarebbe interessante, data la piega presa dall'affaire, sapere se Renzi abbia o meno prodotto prove documentali della restituzione. Una ricevuta, la contabile di un bonifico, un estratto conto... NdR). Questi venivano dal conto della madre dei fratelli Maestrelli. che avevano già donato 300 mila euro alla sua fondazione. Ora la procura indaga su tutti gli affari del "Giglio Magico", al centro dei quali c'è sempre il fedelissimo Marco Carrai. Tra i finanziatori emergono nomi potenti: la casa farmaceutica Menarini, l'armatore Onorato, il re degli stampatori Vittorio Farina, ex socio di Bisignani [...]
Un prestito da 700 mila euro ricevuto dalla madre di un imprenditore che ha finanziato la fondazione Open, nominato in una società pubblica durante il governo di cui Matteo Renzi era premier. Denaro utilizzato in parte per comprare la nuova villa immersa tra le colline fiorentine. È l'intrigo che avvolge la casa dell'ex premier, acquistata a luglio dell'anno scorso grazie ai soldi prestati da una famiglia toscana di grossisti di ortofrutta amici dell'ex premier.
Renzi, in quell'estate del 2018, era furioso. Aveva appena comprato la casa da 1,3 milioni di euro in una delle più belle zone di Firenze, ma non si capacitava degli attacchi violenti lanciatigli via social. «Il web da giorni è pieno di spazzatura», spiegò nella sua e-news. «Mi dicono: perché hai detto che avevi solo 15 mila euro in banca e adesso compri casa? Vi svelo un segreto: sono stato eletto parlamentare e prendo un ottimo stipendio. Queste entrate mi permettono persino di prendere un mutuo. Funziona così, da qualche secolo!». Per rintuzzare le critiche, l'ufficio stampa confermò in una nota che tutta l'operazione dell'acquisto della villa di quasi 300 metri quadri più giardino sarebbe stata cristallina. Nessuno scandalo, dunque: «Quando il percorso sarà concluso tutte le informazioni saranno rese pubbliche, come peraltro prevede la normativa per la trasparenza dei parlamentari».
Qualche domandina mia a Renzi sul contenuto di questo paragrafo:
-1) Chi ha ordinato a Renzi di andare a mostrare in TV un foglietto che avrebbe dovuto dimostrare che lui aveva in banca solo 15.000 euro?
-2) Qualcuno di voi conosce qualche demente di banchiere che vi apre un mutuo da 900.000 euro a fronte di uno stipendio da senatore garantito nella migliore delle ipotesi per tre anni e mezzo, e nella peggiore (scioglimento anticipato delle Camere) per un paio di mesi?
-3) Ma la banca non si è fatta il conticino che - anche a fronte di uno scioglimento delle Camere alla scadenza naturale, e anche nel caso dell'inesistente "tasso zero", Renzi avrebbe dovuto restituire più di 20.000 euro al mese? Più di quanto guadagna da senatore? E che con lo stipendio deve non solo pagare il mega-mutuo, ma anche campare la famiglia? (NdR)
Ma parliamo anche delle "conferenze". Anzi, facciamo parlare Calderoli:
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Renzi Renzi in giro per conferenze, è polemica
"Starò fuori dal giro per qualche mese". Così l'ex premier Matteo Renzi, in una conversazione con il 'Corriere della Sera', annuncia la sua nuova vita da conferenziere in giro per il mondo sollevando un polverone di polemiche. "Matteo Renzi annuncia che starà via per qualche mese? Ne siamo lieti, finalmente ha deciso di andare a fare danni altrove, possiamo immaginare il comprensibile sollievo negli iscritti del Pd", ha commentato il senatore della Lega Roberto Calderoli, prima di lanciare un durissimo affondo contro l'ex presidente del Consiglio.
"Detto questo se Renzi vuol girare per il mondo liberissimo di farlo, ma ci attendiamo che, con coerenza, presenti immediate dimissioni dal Senato, perché è inaccettabile che Renzi faccia il turista con lo stipendio pagato dai contribuenti italiani - ha sostenuto il senatore del Carroccio - Renzi prenda esempio da Alessandro Di Battista che, con onestà e rispetto verso i cittadini, ha preferito rinunciare allo scranno in Parlamento per dedicarsi ad altro: se Renzi non vuol lavorare in Senato si dimetta e non scrocchi uno stipendio che non si guadagna stando in Aula".
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Dopo un anno e mezzo, però, dei dettagli dell'affare immobiliare sappiamo (ufficialmente) ancora poco. Nell'ultima dichiarazione patrimoniale depositata a Palazzo Madama Renzi segnalava solo la proprietà del 50 per cento della nuova casa (l'altra metà è intestata alla moglie Agnese Landini), mentre alcuni giornali hanno raccontato - grazie agli atti del catasto - che Matteo e Agnese avevano pagato ai venditori una caparra di 400 mila euro, e acceso un mutuo con il Banco di Napoli per i restanti 900 mila.
Tutto chiaro, dunque? Non proprio - L'Espresso ha scoperto che la compravendita nasconde più di un'ombra. Anomalie che emergono da alcuni documenti dell'inchiesta della Procura di Firenze sulla renzianissima fondazione Open, informative della Guardia di Finanza e l'analisi dei flussi finanziari di alcuni conti correnti segnalati alla Uif (l'ufficio antiriciclaggio della Banca d'Italia) dalla banca Cassa di Risparmio di Firenze. Matteo e Agnese infatti hanno comprato la grande villa anche con i denari girati a loro dalla famiglia Maestrelli, ricchi imprenditori toscani amici e finanziatori della fondazione Open di Renzi. Tanto intimi da girare ai Renzi - attraverso il conto corrente dell'anziana Anna Picchioni, madre dei fratelli Maestrelli - un bonifico da ben 700 mila euro datato 12 giugno 2018. Ecco: parte del "prestito" (questa la causale del bonifico) il giorno dopo, il 13 giugno, viene usata da Matteo e moglie proprio per chiedere l'emissione di quattro assegni, per un totale di 400 mila euro. Quelli necessari a pagare la caparra. Possibile che il capo di Italia Viva abbia usato i soldi dei Maestrelli per comprarsi la villa? Possibile che il senatore Renzi non ricordasse che Riccardo Maestrelli fu nominato dal suo governo nel consiglio di amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti Immobiliare SpA, società pubblica di Real Estate controllata dal ministero dell'Economia, e che quindi il rischio di un conflitto d'interessi era enorme?
Contattato dall'Espresso, che gli ha chiesto dettagli sull'operazione e se e quando ha restituito il prestito, Renzi risponde: «Vi risulta il prestito e non vi risulta la restituzione? Non confermo e non smentisco nulla». Per poi aggiungere: «Andremo in causa». Successivamente, in una conferenza stampa, ha dichiarato di aver restituito il prestito «in quattro mesi» e ha annunciato di voler denunciare L'Espresso per «violazione di segreto bancario». Inoltre, ha rivelato di aver guadagnato più di 800 mila euro nel 2018 e oltre un milione quest'anno, grazie alla sua attività professionale.
IL PRESTITO DELLA VEDOVA - Andiamo con ordine. Anna Picchioni è una signora di Firenze anziana e sconosciuta al pubblico. Secondo l'analisi del suo conto corrente sulla Cassa di Risparmio di Firenze, il 12 giugno 2018 riceve 700 mila euro. Arrivano dalla Pida SpA, una holding fiorentina attiva nel commercio all'ingrosso di frutta, nel settore immobiliare e in quello alberghiero, fondata da suo marito Egiziano e oggi, dopo la sua scomparsa, controllata dai suoi tre figli: Riccardo, Giulio ed Elena Maestrelli. E dalla stessa signora Picchioni, che detiene il 5 per cento delle azioni.
La causale del bonifico recita «Pagamento in conto acquisto 25 partecipazione Mega srl». Gli investigatori che hanno lavorato sui flussi hanno scoperto che nel 2015 i figli avevano in effetti comprato dalla madre il 25 per cento di un'altra società di famiglia, la Mega appunto, e che lei avrebbe dovuto avere 719 mila euro. Da incassare in 15 rate annuali, da poco meno di 50 mila euro l'una.
Il 12 giugno 2018, invece, i fratelli (che negli anni passati le avevano già versato tre rate per un totale di 150 mila euro) decidono di indennizzare la madre in un solo colpo. Versandole, attraverso la loro holding altri 700 mila euro, e dunque dandole alla fine molti più soldi (circa 158 mila, secondo i calcoli degli analisti della Uif) di quanto le sarebbe spettato secondo gli accordi contrattuali conosciuti. Come mai quest'urgenza? Non sembra che la signora Picchioni avesse bisogno di una somma così rilevante per necessità personali: i denari sostano infatti poche ore sul conto della donna settantenne, e ripartono con un bonifico di pari importo verso un conto corrente aperto al Banco di Napoli dal senatore Matteo Renzi e da Agnese Landini. Che il giorno successivo, dopo aver incassato il tesoretto, corrono nell'istituto chiedendo l'emissione di 4 assegni circolari non trasferibili del valore di 100 mila euro ciascuno. Il motivo di tanta fretta è che i due sono in procinto di stipulare il rogito per acquistare la prestigiosa villa di via Tacca tra le colline fiorentine: 285 metri quadri, 11 vani e mezzo e annesso terreno di 1580 metri quadri venduti da Natalia Gajo e dai figli Giusto e Oretta Puccini. Il primo, 68 anni, è il papà dell'attrice Vittoria Puccini ed è docente di Istituzioni di diritto pubblico, collega del presidente del Consiglio Giuseppe Conte all'Università di Firenze. La sorella Oretta, invece, è stata dipendente della Provincia di Firenze, la stessa governata da Matteo Renzi dal 2004 al 2009 (quando si dice la combinazione! NdR) L'atto del notaio con cui si conclude la compravendita tra i Puccini e i Renzi è datato 23 luglio 2018. Il prezzo finale pattuito con i venditori è di 1,3 milioni di euro.
TU MI NOMINI, IO TI AIUTO - Perché una settantenne dovrebbe prestare una somma così ingente all'ex premier? Come mai, stando ai documenti, i fratelli Maestrelli - veri finanziatori dell'operazione immobiliare - hanno schermato il bonifico attraverso il conto della madre? E se i Renzi hanno usato 400 mila euro per la caparra, che fine ha fatto il resto della somma prestata, cioè 300 mila euro che Renzi non usa né per l'anticipo né per provare a strappare un mutuo più leggero?
Renzi dice di aver restituito il prestito a Picchioni. Di certo i Maestrelli sono da sempre molto generosi nei confronti del senatore ed ex presidente del Consiglio. Oltre ai 700 mila euro del bonifico della vedova, infatti, le carte dell'inchiesta sulla fondazione Open evidenziano che Egiziano, il fondatore dell'impero di famiglia, nel marzo del 2017 ha girato all'organismo renziano una donazione da 150 mila euro. Non solo: a febbraio 2018, pochi giorni dopo la morte del capostipite (al funerale erano presenti sia il senatore che Luca Lotti) la Frama Fruit, la Tirreno Fruit e la Fondiaria Mape, tutte srl controllate dai fratelli, versano alla Open altri tre bonifici, per un totale di 150 mila euro. In tutto 300 mila euro: una somma che permette ai Maestrelli, dunque, di essere annoverati tra i principali finanziatori della vecchia cassaforte del leader, chiusa qualche mese dopo.
La chiusura, tuttavia, non ha allontanato lo tsunami giudiziario dal Giglio Magico, travolto in pieno nelle ultime settimane dall'inchiesta della procura di Firenze guidata da Giuseppe Creazzo. L'incubatrice della Leopolda renziana, infatti, presieduta dall'avvocato Alberto Bianchi - e animata dal cda composto da Marco Carrai, Luca Lotti e Maria Elena Boschi - è finita nel mirino dei pm fiorentini, che indagano per finanziamento illecito, riciclaggio e traffico di influenze. Un'inchiesta che nei giorni scorsi ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati dello stesso Bianchi e di Carrai. E a perquisizioni in tutta Italia, con magistrati e finanzieri impegnati a scandagliare i flussi finanziari della Open, foraggiata, appunto, anche dai Maestrelli. Dei tre fratelli Maestrelli, il più in vista è sicuramente Riccardo, presidente di Pida, la spa - ricordiamolo - che ha liquidato i 700 mila euro a favore della madre poi finiti sul conto di Renzi. Matteo e Riccardo si conoscono da tempo. Era noto che l'imprenditore lo ha sempre sostenuto fin dalle campagne elettorali per le comunali di Firenze. Ma quasi nessuno sa che Riccardo siede nel Cda di Cassa Depositi e Prestiti Immobiliare da fine 2014, nominato proprio dal governo Renzi. Una società pubblica che ha commercializzato, da quando è nata, immobili per due miliardi di euro. Un incarico di prestigio. Per questo il prestito dei Maestrelli per l'acquisto della villa sulle colline fiorentine, monitorato anche dalla Banca d'Italia, potrebbe configurare per il capo di Italia Viva quantomeno un grave conflitto di interessi. Aggravato dal fatto che i Maestrelli sono tra i maggiori finanziatori della Fondazione Open.
Non è tutto. La carriera imprenditoriale di Maestrelli junior incrocia spesso la vita dell'ex premier di Rignano. La holding di famiglia, Pida, è anche azionista di aziende che fanno capo a gruppi della grande distribuzione - Conad per esempio - e dell'industria ortofrutticola del calibro di Orsero, famoso marchio di Albenga quotato in Borsa. Maestrelli, attraverso la Millenaria Srl, gestisce due hotel Hilton nel capoluogo toscano, attività redditizia che ha portato utili per oltre 5 milioni alla srl di cui in passato ha fatto parte anche l'imprenditore Riccardo Fusi (intimo di Denis Verdini e amico di Matteo, Fusi fu intercettato mentre parlava di Riccardo Maestrelli nell'inchiesta dei pm toscani sulla cricca delle grandi opere). Ma Riccardo insieme ai fratelli è il proprietario anche della Egan Immobiliare, che controlla al 50 per cento Palazzo Ruspoli, B&B di lusso a pochi metri dalla cupola del Brunelleschi, che nel 2012 ospitava pure la sede della fondazione Big Bang, e del comitato elettorale renziano, embrione di quella che sarà la Open.
Socio di Riccardo in Egan srl era poi, fino al 2017, Andrea Bacci, anche lui storico amico dell'ex premier. E La Pida è anche proprietaria di Villa Roma Imperiale, un hotel di lusso a Forte dei Marmi, dove Renzi è stato ospite per una vacanza da sogno ad agosto 2014. Il rottamatore, criticato su alcuni giornali, fece trapelare sui giornali che la vacanza, lui, nonostante l'amicizia antica, la pagò di tasca sua (Sicuramente, anche quella volta, Renzi avrà mostrato ai giornalisti la fattura di Villa Romqa Imperiale, e la ricevuta del pagamento del conto. Come usava Formigoni. O no? - NdR)
Impossibile verificare. L'ex premier dice di aver restituito il prestito avuto dai Maestrelli. Perché nel 2018 ha guadagnato benissimo. Di certo, a maggio di quest'anno, è riuscito a vendere la vecchia casa di Pontassieve. L'Espresso è in grado di rivelare, documenti catastali alla mano, che l'abitazione da 295 metri ha fruttato a lui ed Agnese 830 mila euro. I compratori hanno versato 551 mila euro direttamente alla coppia, mentre i restanti 278 sono stati usati dai Renzi per estinguere due mutui accesi dall'ex premier in due banche differenti.
SOLDI, CARRAI E TANTI GUAI - Se i magistrati romani indagano sull'ex tesoriere renziano Francesco Bonifazi e la Fondazione Eyu (organismo del Pd finito nei guai per le donazioni avute dal costruttore Luca Parnasi), nei giorni scorsi la procura di Firenze ha perquisito decine di imprenditori e finanziatori di Open: tranne Carrai e Bianchi, nessuno per adesso risulta indagato. Renzi ha gridato al complotto sui social, attaccando i pm di Firenze che stanno cercando prove per capire se davvero la fondazione (beneficiaria in sette anni di donazioni per quasi 7 milioni) fosse «un'articolazione di partito». E se si siano commessi reati gravi come finanziamento illecito alla politica e traffico di influenze.
Vedremo. Al netto del rilievo penale dell'inchiesta, tutto ancora da dimostrare, le carte consultate dall'Espresso evidenziano come gli investigatori si stanno concentrando su alcuni passaggi di denaro effettuati da alcuni protagonisti della vicenda. Transazioni che potrebbero imbarazzare non poco il senatore e il suo Giglio Magico. Un mese e mezzo prima di ricevere i 700 mila euro dai Maestrelli, per esempio, Renzi ha ricevuto, il 24 aprile 2018, un altro "prestito infruttifero" da 20 mila euro da Carrai. Marchino, come lo chiamano gli amici, è un sodale di vecchia data di Renzi: suo ex capo di gabinetto alla provincia di Firenze e poi membro del consiglio direttivo di Open, fu nominato nel 2009 (quando Renzi era il dominus delle municipalizzate fiorentine) presidente di Aeroporti di Firenze. Dove siede ancora oggi.
Oltre a Carrai, baricentro delle indagini è Alberto Bianchi, l'ex numero uno della Fondazione. È stato indagato per traffico illecito di influenze e finanziamento illecito a causa di consulenze ottenute dal gruppo Toto Costruzioni Generali. Contratti legati a un contenzioso da 75 milioni di euro che gli imprenditori avevano con Anas ma che, questa l'ipotesi dei magistrati, nascondevano in realtà un sistema per «dissimulare» il finanziamento alla politica, e in particolare alla Open: parte importante dei soldi dei Toto ottenuti da Bianchi sarebbe stata infatti girata dall'avvocato sia alla Open (200.838 mila euro) sia al Comitato per il Sì, creato dai renziani per la campagna referendaria di fine 2016, che ne ricevette 200 mila a titolo di «contributo volontario». Bianchi ha negato ogni addebito, spiegando di non essere un facilitatore dei Toto. E ha spiegato di aver versato i soldi alla fondazione che presiedeva solo come semplice prestito, restituito quasi per intero tra dicembre 2017 e febbraio 2018. Di certo Bianchi avrebbe ricevuto, il 2 agosto 2017, 100 mila euro anche dal Comitato nazionale "Basta un sì".
LIBRANDI, "MISTER 800 MILA" - Anche Patrizio Donnini, altro imprenditore vicinissimo a Renzi, è indagato. Ma in un'inchiesta parallela. Reati ipotizzati: appropriazione indebita e riciclaggio. Donnini, leggendo le carte dei giudici del Riesame, avrebbe ricevuto dal gruppo Toto una somma importante (se Bianchi ha avuto quasi 3 milioni di euro, Donnini arriva a 4,3 milioni) «in parte per operazioni di compravendita di quote societarie effettuate dalla società Immobil Green prive di valide ragioni economiche e, in effetti, dissimulatorie di un mero trasferimento di denaro». Per i giudici anche la società di Donnini Dot Media (che ha ricevuto da Open per prestazioni varie centinaia di migliaia di euro) ha poi bonificato oltre 120 mila euro al Comitato "Basta un sì".
Ora L'Espresso ha scoperto altre anomalie. Su uno dei conti della Open aperto il 15 febbraio 2017 presso la Cassa di Risparmio di Firenze (conto 1000/862) sul quale è delegato ad operare Bianchi, ci sono movimenti in entrata per circa 1,7 milioni di euro. Quasi tutte le donazioni provengono da pochi centri di interesse: 300 mila euro dai Maestrelli e dalle loro aziende; tre bonifici per complessivi 160 mila euro arrivano proprio dal Comitato Basta un Sì, e sono giustificati con la causale "restituzione finanziamento" (in effetti, sul conto del comitato referendario, si scopre che la Open aveva girato tra ottobre e novembre 2016 200 mila euro a titolo di contributo). Ma il finanziatore più munifico è, a sorpresa, un parlamentare. Gianfranco Librandi, tra febbraio 2017 e giugno 2018, ha regalato alla fondazione renziana la bellezza di 800 mila euro, attraverso la Tci Telecomunicazioni Italia e la Tci Elettromeccanica, due società a lui riferibili. Librandi è un ex berlusconiano, nel 2013 eletto alla Camera con Scelta Civica, il partito fondato da Mario Monti e di cui Librandi è stato tesoriere. È pure uno dei più generosi finanziatori della politica: in 9 anni, dal 2008 al 2017, ha donato 499 mila euro un po' a tutti i partiti dell'arco parlamentare. Da onorevole è rimasto poco in Scelta Civica, spostandosi prima nel Misto, per approdare poi al Pd nel luglio del 2017. Un autentico trasformista che Renzi ha voluto a tutti i costi nelle liste del partito per le politiche del marzo 2018: l'imprenditore Librandi, che ha finanziato Open con una somma monstre quasi doppia rispetto a quanto girato nel corso degli anni ai vari partiti che ha via via aiutato, è stato rieletto con il Pd in una comoda circoscrizione lombarda. Tuttavia la folgorazione per i Dem è durata poco. Qualche settimana fa ha lasciato Zingaretti e ha seguito Renzi e Italia Viva. «Il sistema delle "erogazioni liberali"» sospetta la banca che segnala i movimenti sospetti alla Uif, potrebbe essere «utilizzato anche in funzione di tramite, per interrompere la riconducibilità di somme di provenienza illecita agli effettivi titolari con finalità di riciclaggio, oppure il passaggio di denaro di cui illecita sia eventualmente la finalità corruttiva».
Librandi, dunque, risulta così essere nettamente il primo contributore di Open, superando di slancio Davide Serra, (Fondatore del fondo d'investimenti Algebris, con sede alle Isole Cayman, chissà perchè... NdR) l'armatore Vincenzo Onorato e Alfredo Romeo (proprietario di un denso fascicolo giudiziario - NdR), poi in ottima posizione ci sono non solo i Maestrelli, ma pure la famiglia Aleotti. I patron della casa farmaceutica Menarini in una sola settimana, tra il 15 e il 23 febbraio 2018, hanno versato nelle casse della cassaforte di Bianchi e Renzi otto bonifici, per un totale di 300 mila euro. I Menarini, famiglia fiorentina, sono tra gli imprenditori perquisiti martedì mattina dalla Guardia di Finanza.
A sorpresa, tra i grandi finanziatori di Open, spunta anche Vittorio Farina. Non un imprenditore qualunque, ma il "re degli stampatori" ed ex socio del faccendiere Luigi Bisignani. Farina ha donato a maggio 2017 alla Open 100 mila euro, quattro mesi prima che la Guardia di Finanza lo arrestasse per bancarotta fraudolenta della Ilte, (Bisignani ne è stato dirigente fino al 2011), la società che stampava giornali, periodici e le Pagine Gialle. I pm hanno chiesto il suo rinvio a giudizio a giugno di quest'anno. Nulla di nuovo, per i renziani: come chiosano gli investigatori specializzati in flussi finanziari, una parte consistente dei finanziamenti di Open «deriva da donazioni di imprenditori privati che, spesso, sono coinvolti in vicende giudiziarie legate ad illeciti di natura fiscale-finanziaria». Pecunia non olet.
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Da "Big Bang" a "Open": la Cassaforte del rottamatore - La fondazione Open non esiste più da un anno. Il suo sito è scomparso dalla rete. Finché è esistita sulla pagina web era possibile monitorare i finanziatori. Una lista, tuttavia, incompleta, perché non tutti i donatori della Open avevano dato il consenso a comparire. La fondazione renziana nasce nel 2012, erano gli anni in cui il tormentone "Rottamare" iniziava a crepare il già fragile equilibrio del Pd. All'inizio Open aveva un altro nome: "Big Bang", sigla profetica se riletta alla luce della scissione che ha portato all'esplosione della galassia renziana trasformandola in una nuova entità chiamata "Italia Viva". Il nuovo gruppo guidato da Matteo Renzi, che si è portato tutto il giglio magico toscano, non ha più ufficialmente una cassaforte del peso di Open, creata per sostenere le iniziative politiche come la Leopolda e le plurime campagne elettorali: dalle primarie del Pd alle politiche, fino ai comitati per il Sì al referendum costituzionale. In sei anni è riuscita a raccogliere quasi 7 milioni di euro. Armatori, costruttori, imprenditori d'ogni settore. Finanziatori in parte noti, grazie all'elenco presente sul sito, altri tenuti riservati. E proprio la lista segreta è quella che interessa alla procura di Firenze. Per questo nei giorni scorsi ha perquisito una dozzina di imprenditori che hanno foraggiato la fondazione renziana presieduta dall'avvocato Alberto Bianchi, ingranaggio cruciale per le finanze del "Giglio magico".
Su Open c'è poi un dato politico rilevante. In concomitanza alla nascita della fondazione e l'ascesa di Renzi ai vertici del partito, sono calate di un terzo le donazioni private ricevuta dal Pd. Contemporaneamente sono quasi triplicate quelle incassate dalla sua fondazione: Dal 2013 al 2016 le contribuzioni liberali ricevute dalla Open sono passate da 672 mila a 1,9 milioni di euro, mentre quelle incassate dal Pd sono calate dagli 11,6 milioni del 2013 agli 8,1 milioni dell'anno scorso. Un dato che in parte spiega il boom finanziario della creatura parallela di Matteo Renzi, che ha viaggiato a una media di più di un milione all'anno incassato da aziende, finanzieri, industriali e amici. Un successo. Fino al nuovo big bang, quello giudiziario.
Credit: l'Espresso del 1° Dic. 2019
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(dal sito del giurista Bruno Saetta)
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