Focus sulle contromisure dell'Unione Europea: insidie legali, rischi finanziari e risorse esigue
Un pregevole articolo di Claudio Paudice sullo Huffington Post spiega perchè ciò che vogliono Germania e Olanda sia l'esatto contrario di ciò che serve a Italia, Francia e Spagna. Una sbobba incommestibile, del valore di quattro soldi, che in compenso metterebbe l'Italia nella mani di una troika modello Grecia. "No grazie" è l'unica risposta da dare (Tafanus)
La "trimurti" che ucciderà l'Europa
Il Mes - Il piatto forte del pacchetto Ue per rispondere all’epidemia e alla grave recessione in arrivo è il Mes a condizioni “light”. Il documento redatto dai tecnici dell’Eurogruppo prevede due possibili contromisure: una linea di credito (Eccl) a condizioni rafforzate, già prevista dallo Statuto, e un nuovo strumento (RFI) più rapido che, nell’ottica dei proponenti, si attaglia all’emergenza attuale da solo o combinato con l’Eccl. Diversi Paesi membri, in primis la Germania, e il capo del Mes Klaus Regling hanno assicurato che le condizionalità previste per l’erogazione del credito ai Paesi in difficoltà saranno “molto limitate”. Quanto all’entità dell’aiuto, sul totale dei 240 miliardi a disposizione l’orientamento è quello di consentire al Paese che ne fa richiesta prestiti pari al 2% del suo Pil, che per l’Italia si tratta di un sostegno potenziale di circa 36 miliardi di euro. Una cifra assolutamente insufficiente da sola contro una crisi che analisti e diversi capoeconomisti di istituti finanziari europei quantificano in una perdita del Pil tra l′8 e il 15%. I dubbi sul ricorso al ricorso al Mes derivano però non solo da controindicazioni economiche, quanto soprattutto dalle potenziali trappole legali disseminate nello Statuto del Fondo, nei trattati e nei regolamenti.
Lo Statuto del Mes prevede che i prestiti siano concessi dopo la stipula di un memorandum modello Grecia. In questo caso, come detto, le condizionalità sarebbero “light”. Le rassicurazioni di questi giorni cozzano però con l’architettura legale del Fondo Salva-Stati che, tra le altre cose, consente al Consiglio dei governatori di modificare in modo unilaterale le condizioni del prestito concesso anche in un momento successivo all’erogazione. L’articolo 7 del Regolamento 472/2013 attuativo del Two Pack stabilisce che, di concerto con Commissione Europea e d’intesa con la Bce, nella fase di monitoraggio, il Consiglio dei ministri finanziari dell’Eurozona “deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, decide in merito alle modifiche da apportare a tale programma”.
L’accesso agli aiuti del Mes senza condizionalità, come richiesto in ultima istanza dall’Italia, è invece proibito non solo dallo Statuto del Fondo, più facilmente aggirabile, ma anche dai trattati Ue. L’articolo 136 del TFUE prevede infatti che la concessione di “qualsiasi” assistenza finanziaria sia soggetta “a rigorose condizionalità”. Per non infrangere la legge europea, bisognerebbe cambiarla attraverso una procedura che, per quanto semplificata (art.48 TUE), prevede comunque l’unanimità nel Consiglio Ue e poi l’approvazione di ogni Parlamento nazionale.
Non è finita. La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza C-370/12 (causa Pringle) ha stabilito che la “rigorosa condizionalità” del Mes stabilita dai trattati serve a rispettare il diritto dell’Unione, “comprese le misure adottate dall’Unione nell’ambito del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri”. In altre parole, la disciplina di bilancio.
Altre insidie possono poi derivare dalle caratteristiche del prestatore: il Mes è infatti un creditore privilegiato, i suoi crediti (senior) verrebbero rimborsati prima rispetto a tutti gli altri titoli detenuti da investitori privati, con conseguente svalutazione. Ancora: prima di riceverli, il Paese che ne fa richiesta deve sottoporsi a una Dsa, ovvero a una valutazione di sostenibilità del debito pubblico che già tanto ha messo in allarme il Governo italiano durante le trattative sulle nuove Cacs previste dalla riforma del Fondo Salva-Stati. L’accesso al Mes rischia infine di indurre il cosiddetto effetto “stigma”. Da giorni l’ex vicepresidente della Bce Vitor Constancio si sgola via twitter per mettere in guardia l’Ue dal fare affidamento al Mes come strumento primario nella lotta alla recessione: “Il Mes verrebbe utilizzato solo dai Paesi più deboli, che porterebbero lo stigma e lancerebbero un cattivo segnale ai mercati”. Per quanto diluite, le “condizionalità light” di cui si discute non metterebbero al riparo l’Italia da trappole legali e finanziarie.
Il Piano Sure contro la disoccupazione - Il Sure è l’arma messa a disposizione dalla Commissione Europea per combattere la disoccupazione in Europa, presentata qualche giorno dalla presidente Ursula von der Leyen. E’ uno strumento temporaneo che nasce sulla base dell’articolo 122 del TFUE e servirà ai governi per finanziare regimi come la Cassa integrazione in Italia o il Kurzarbeit in Germania, con l’obiettivo di limitare i licenziamenti. Grazie all’emissione di bond, garantiti dagli Stati membri, la Commissione dovrebbe raccogliere sui mercati 100 miliardi da prestare ai Paesi più in difficoltà. Sarebbero dei mini-Eurobond di scopo, con scadenze di lungo periodo, al termine del quale gli Stati membri saranno chiamati a rimborsare il prestito.
Come per il Mes, anche gli aiuti del Sure sarebbero quindi debito pubblico aggiuntivo, il vero ostacolo per l’Italia a finanziarsi autonomamente in deficit (al netto della Bce). Lo strumento dovrebbe partire con 25 miliardi di garanzie versate dagli Stati membri “su base volontaria” per poi finanziarsi sul mercato con tassi bassi e concedere crediti a condizioni favorevoli. Ma prima che entri in funzione, tutti i Paesi devono versare la loro quota. Non solo: stando alla bozza che istituisce lo strumento contro la disoccupazione, (articolo 9 comma 2) l’utilizzo complessivo in un anno non dovrebbe superare il 10% dei 100 miliardi garantiti dal Fondo. In pratica, secondo il deputato di LeU Stefano Fassina, “per la fase più acuta della recessione e fino alla sua conclusione, potremo avere a disposizione, nello scenario ottimale ma altamente improbabile, qualche centinaio di milioni in prestito, sui quali risparmiare qualche milione di spesa per interessi, ma dopo aver impegnato 2 o 3 miliardi in garanzie. Un affarone”.
D’altronde, come si legge nei documenti tecnici, “dati i vincoli del bilancio dell’UE, lo strumento dovrebbe essere integrato con contributi aggiuntivi degli Stati membri per garantire un sostegno credibile e continuo”.
I finanziamenti della Bei - Nel ventaglio degli strumenti a sostegno delle economie dei 27 Paesi Ue ci sarà poi l’intervento potenziato della Banca Europea degli investimenti. La Bei ha dato il suo ok a un fondo di garanzia da 25 miliardi che consentirà alla banca di erogare risorse supplementari fino a 200 miliardi. Ciò si aggiunge al pacchetto di sostegno immediato fino a 40 miliardi annunciato a marzo.
I prestiti dovranno servire alle piccole e medie imprese dell’Unione in crisi di liquidità ma sono giocoforza complementari agli aiuti messi in campo dai singoli governi nazionali. Anche questo fondo, come il Sure, dovrà essere finanziato dagli Stati membri in modo proporzionale. “Abbiamo bisogno di una risposta paneuropea alla pandemia. Abbiamo bisogno che questa risposta sia ambiziosa e ne abbiamo bisogno in fretta ”, ha detto il presidente Werner Hoyer. Tuttavia lo stesso Hoyer ha affermato che, con il sostegno degli Stati membri, “la risposta del gruppo Bei sosterrebbe l’1,5% del Pil europeo per fronteggiare questa crisi unica a complemento degli sforzi straordinari compiuti dai singoli Paesi”. Insomma, un po’ poco.
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