Il Comitato Tecnico Scientifico: «C’è l’impatto dei nuovi contagi». Draghi potrebbe firmare il decreto domani
ROMA. La stretta sulla scuola sembra sempre più probabile. Il Comitato tecnico-scientifico (Cts) si è riunito ieri sera per discutere proprio di lezioni in classe. L’ipotesi su cui si lavora è un inserimento nel nuovo Dpcm di una chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, nelle zone rosse e nei luoghi dove ci sono soglie alte di contagio, a prescindere dai colori delle regioni.
Per le scuole, quindi, si valuterà la situazione non a livello regionale ma per porzioni di territorio più piccole, come Comuni o Province. Nelle zone rosse, anche quelle presenti in regioni gialle, la scuola verrà chiusa. Per le zone arancioni e gialle dovrebbero restare i protocolli in uso che consentono la didattica in presenza al 50% per le scuole superiori, anche se non si escludono restrizioni maggiori in base al numero dei contagi in quelle aree in cui si registrano 100 casi a settimana su 100mila abitanti (invece degli attuali 250).
La chiusura degli istituti è stata valutata dal Cts dopo la richiesta avanzata dalle Regioni. In queste ore il Comitato trasmetterà un verbale al governo. E il decreto della Presidenza del Consiglio potrebbe essere firmato presto dal premier Mario Draghi, anche già domani. Nelle nuove disposizioni ci si avvia verso un passo indietro sulle lezioni in presenza in diversi territori, una possibilità già emersa dall’analisi dell’Istituto Superiore di Sanità e invocata da diversi governatori, e soprattutto messa in pratica in alcune Regioni come la Campania o la Puglia con ordinanze regionali in deroga alle regole previste dalle fasce di colore.
Secondo ambienti del Cts ci sarebbe «un impatto dei nuovi contagi nelle scuole, ma differenziato. Per questo sarebbe auspicabile una modulazione delle misure a seconda delle zone, variabile in base a Comuni o Province e non soltanto su base regionale». Perciò l’ipotesi prevalente è di prevedere lezioni a distanza in tutte le scuole nelle zone rosse regionali o in quelle locali, ma anche laddove si registri il superamento di una determinata soglia di incidenza, a prescindere dal colore. La soglia di cui si è parlato nella riunione dei tecnici si attesta sui 250 contagi settimanali ogni centomila abitanti, numeri che comunque già determinano il passaggio in zona rossa.
È un cambio di passo rispetto a quello che il Cts ha sempre sostenuto sui contagi nelle scuole ma il diffondersi delle varianti con la loro velocità di contagio anche nelle fasce di età più giovani sta creando nuovi scenari da affrontare. È la direzione verso cui si stanno dirigendo già alcune regioni. La Campania è zona arancione ma da domani il presidente Vincenzo De Luca ha ordinato la chiusura di tutte le scuole. In Basilicata da domani si passa in zona rossa e il presidente Vito Bardi spiega di star «valutando la possibilità a titolo prudenziale di chiudere le scuole di ogni ordine e grado, oltre a quelle già previste per le regioni in zona rossa». Anche Stefano Bonaccini è pronto alla linea dura in Emilia-Romagna. In caso di aumento dei contagi «come ho firmato giovedì l’ordinanza nella città metropolitana di Bologna, sono pronti a fare lo stesso anche in altri territori».
C’è, infatti un legame diretto fra l’aumento dei ricoveri per Covid-19 nelle unità di terapia intensiva e la riapertura delle scuole: «L’analisi delle curve del numero dei ricoverati nei reparti di terapia intensiva in Italia indica che il ritorno all’attività didattica in presenza dopo le vacanze di Natale sta veicolando l’attuale aumento della diffusione dell’epidemia in Italia», rileva il matematico Giovanni Sebastiani dell’Istituto per le applicazioni del Calcolo Mauro Picone del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac). «Allo scopo di limitare la diffusione dell’epidemia nel nostro Paese - spiega il matematico - penso che sia importante interrompere quanto prima l’attività didattica in presenza in tutte le scuole, indipendentemente dalla fascia d’età, e nelle università» [...]
[...] Del tutto contraria Francesca Morpurgo del movimento Priorità alla Scuola: «Ancora una volta si pensa di chiudere la scuola confermando il fatto che non viene ritenuta essenziale. Abbiamo una riunione per decidere le iniziative di protesta. Di sicuro ci faremo sentire».
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Che paura! Di sicuro la Signora Morpurgo e i membri del movimento Priorità alla Scuola "si faranno sentire!". Speriamo che si facciano sentire, e che a questa signora venga in mente il fatto che le priorità vanno messe in fila, per ordine gerarchico, e che in quest'ordine la priorità non è la scuola, ma la vita. Lo chieda per piacere ai 500.000 parenti stretti dei 100.000 morti, quale sia la priorità.
E' da agosto 2020 (da quanto è diventata certezza la riapertura di tutte le scuole di ogni ordine e grado a metà settembre) che predichiamo che avremmo aggravato enormemente gli indici pandemici, e dopo averlo fatto, avremmo comunque dovuto sbattere contro la chiusura delle scuole,, ma in un contesto enormemente peggiorato.
Il 30 luglio 2020, avevamo in tutto 12.300 attualmente positivi; dopo la serie di scemenze "Caran d'Ache" collezionate, nel giro di tre mesi e venti giorni - complice primario la riapertura delle scuole - eravamo piombati nel buco nero di 805.900 attualmente positivi: la bellezza di 66 volte i fatti di luglio.
Tutta colpa della Azzolina? No. Colpa di chi aveva voluto ministro una incompetente (il M5S), di chi aveva accettato (Conte), di chi non si era fermamente opposto (il PD). Franza o Spagna, purchè se magna.
La "messa in sicurezza totale" delle scuole si è nutrita di uno stupidario lungo e duro da ricordare, ma è doveroso farlo. Ne abbiamo sentite di tutti i colori, e mettere alla berlina gli autori dello stupidario non è fatto per il gusto di ferire, ma per la necessità di fermare in tempo lo stupudario nascente della c.d. "Priorità alla Scuola".
Un piccolo campionario dei "worning" che abbiamo lanciato prima che la riapertura diventasse un fatto compiuto? Eccolo. E non si tratta di "senno del poi", come quello dei pentiti del febbraio 2021, ma di "senno del prima". Abbiamo iniziato a lanciare i nostri allarmi, lo ripeto, un LUGLIO.
-1) Abbiamo scritto che non si potevano gettare di colpo sui mezzi di trasporto 10 milioni di viaggiatori al mattino e gli stessi dieci al pomeriggio. Aumentare del 50% di colpo gli utenti dei mezzi pubblici era pura follia.
-2) Quando, per le esigenze scolastiche, si è deciso di portare la utilizzabilità dei mezzi di trasporto pubblici (metrò et similia) dal 50% dei posti a sedere, al 100% dei posti a sedere e del 50% dei posti in piedi, abbiamo avuto la tentazione di estrarre la pistola (che non abbiamo). Per fortuna, questa prova di demenza è durata solo mezza giornata, per essere subito revocata il giorno stesso dell'entrata in vigore.
-3) Abbiamo scritto che il distanziamento dei banchi in classe era un palliativo, perchè nei locali chiusi finisce comunque col prevalere l'aerosol che supera come ridere il metro o anche i 5 metri di distanziamento.
-4) Abbiamo scritto che bambini e ragazzi sarebbero stati i migliori untori inconsapevoli su piazza, annoverando la stragrande maggioranza di infetti asintomatici.
-5) Abbiamo detto che non si potevano fare tripli turni (a che ora tornerebbero a casa i ragazzini del terzo turno?).
-6) Abbiamo scritto che non si potevano dimezzare o quasi i numeri di alunni per classe, perchè mancavano le classi, e mancavano gli insegnanti necessari.
-7) Alla ministra che ipotizzava di cambiare aria alle aule per 10 minuti ogni ora, abbiamo spiegato che nei mesi invernali con temperature bassissime, questa sarebbe stata una scemenza assoluta. Non avremmo salvato nessuno dal covid, e ne avremmo ammazzati diversi per broncopolmoniti acute.
-8) Abbiamo sparato a zero contro i mitici "banchi a rotelle", perchè se si vuole fissare il distanziamento in classe, i banchi bisognerebbe inchiodarli al pavimento nelle posizioni predefinite, onde evitare facili ed arbitrari spostamenti, e non facilitare gli spostamenti dei banchi, aggiungendone anche di dovuti a movimenti involontari fatti in buona fede.
-9) Abbiamo inutilmente chiesto alla Azzolina da dove c.... avesse ricavato il dato che il tasso d'infezione a scuola era solo dello 0,57% (un record mondiale), e con quale metodologia, e da chi, fosse stato calcolato. Ovviamente nessuno ha risposto.
-10) Abbiamo sparato a zero contro gli inutili (ma costosissimi) pannelli di plexiglas, che certamente non fermano l'aerosol in ambienti chiusi (scuole, ristoranti etc..)
-11) Infine, a quelli che obiettavano che la scuola a distanza avrebbe "cancellato" una generazione, abbiamo inutilmente tentato di spiegare che avrebbe danneggiato (e non cancellato) un anno di una generazione, e non una generazione. E che comunque è meglio perdere un anno o due, ma restare vivi, che crepare e perderne 80, di anni. O no?
Ora il tempo (che è - come sempre - galantuomo) e gli studi fatti da chi conosce l'uso della matematica e della statistica, affermano che la riapertura delle scuole sia stato forse il maggior veicolo di trasmissione delle infezioni.
E ora, tremiamo, perchè la Signora Morpurgo e i suoi associati "si faranno sentire". Lo facciano. E' loro diritto. Come è nostro diritto pensare che che alcune associazioni lobbistiche di un certo tipo nascano non per promuovere l'interesse collettivo, ma il proprio.
Tafanus
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