Sempre peggio. Mi chiedo se ci sia una ragione comprensibile per essere sottoposti per ore e ore ad una sanscemata dalla quale non si può sfuggire. perchè su qualsiasi canale si vada, ti ritrovi o un Achille Lauro vestito da cespuglio, o un Fiorello che - ormai ultrasessantenne - replica ancora il "se stesso" di quando faceva l'animatore alla Valtur. Le stesse mossette, la stessa inguaribile tendenza al protagonismo, le stesse battute surgelate che ormai rischiano di liquefarsi persino nel surgelatore.
Una insopportabile tendenza alla caccia di voti col metodo del "troppo originale". Una Loredana Berté che ho amato quando cantava, benissimo, delle bellissime canzoni (una per tutte: la bellissima versione di "'Cu mme" di Gragnaniello, cantata in duetto con Roberto Murolo), e che mi imbarazza adesso che, alla tenera età di 71 anni, si presenta vestita da Loredana Bertè (un inguardabile mix fra una madonna del Perugino, Platinette e un cocorito dei Caraibi)
Sarebbe anche interessante capire che senso abbia la presenza del pedatore Zlatan ibrahimovic ad un festival musicale. Una persona modesta e sensibile, che ha dato alle stampe un libro autobiografico dal titolo"Zlatan Ibrahimović, Io sono il calcio" (Rizzoli, 2018).
Il signor "Io sono il calcio" si è immediatamente prodotto in un attacco a freddo, e senza alcuna relazione con un Festival della Canzone, contro la star della NBA James Lebron, senza che il Reuccio dei Conduttori, tale Amadeus, pensasse di stopparlo. Questa la pisciata fuori dal vaso de "Io sono il calcio":
"Mi piace tanto -aveva detto Zlatan di LeBron- è fenomenale quello che sta facendo, ma non mi piace quando la gente che ha un certo tipo di status fa politica allo stesso tempo". Il riferimento è chiaramente all'impegno mostrato dalla stella dei Los Angeles Lakers durante la fase più calda del movimento Black Lives Matter, una questione che per la verità ha riguardato in maniera piuttosto trasversale tutti i grandi nomi dell'Nba, con le proteste inscenate nella bolla di Orlando, tra giocatori inginocchiati prima di scendere in campo, partite rinviate, inviti al voto e slogan politici stampati sulle maglie al posto dei nomi. "Io gioco a calcio perché sono il migliore a giocare a calcio, non faccio il politico, aveva detto Ibra. Intendo: fai quello in cui sei bravo, fai il tuo mestiere. È il primo errore che fa chi diventa famoso"
Si potrebbe dire che "il secondo errore" è quello di sparare a zero e a freddo contro chi si ritiene pericoloso rivale in popolarità, rifugiandosi nella vigliaccheria di non stare né coi poliziotti che ammazzano a freddo un nero soffocandolo con un ginocchio sul collo, né con la vittima. Il più comodo dei qualunquismi.
La risposta di Lebron (che condivido al 100%) non si è fatta attendere:
"Non c'è modo che io stia zitto di fronte alle ingiustizie e mi limiti allo sport - ha ribadito LeBron James - io sono parte della mia comunità e ho oltre 300 ragazzi nelle mie scuole che hanno bisogno di una voce e io sono la loro voce". E ancora: "mi occuperò sempre di temi come l'uguaglianza, la giustizia sociale, il razzismo, l'assistenza medica e il diritto al voto. So quanto è potente la mia voce e la 'piattaforma' da cui parlo e la userò sempre per occuparmi di certe cose, nella mia comunità, nel mio Paese e in tutto il mondo". Infine una stoccata: "È buffo che lui dica queste cose, perché è lo stesso ragazzo che nel 2018 ha parlato di razzismo in Svezia legato alle sue origini e al suo cognome".
Personalmente, se dovessi scegliere da chi dei due comprare una macchina usata, non avrei il minimo dubbio.
Tafanus
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Sanremo o Sanscemo? Il trionfo dell'idiozia
Sempre peggio. Mi chiedo se ci sia una ragione comprensibile per essere sottoposti per ore e ore ad una sanscemata dalla quale non si può sfuggire. perchè su qualsiasi canale si vada, ti ritrovi o un Achille Lauro vestito da cespuglio, o un Fiorello che - ormai ultrasessantenne - replica ancora il "se stesso" di quando faceva l'animatore alla Valtur. Le stesse mossette, la stessa inguaribile tendenza al protagonismo, le stesse battute surgelate che ormai rischiano di liquefarsi persino nel surgelatore.
Una insopportabile tendenza alla caccia di voti col metodo del "troppo originale". Una Loredana Berté che ho amato quando cantava, benissimo, delle bellissime canzoni (una per tutte: la bellissima versione di "'Cu mme" di Gragnaniello, cantata in duetto con Roberto Murolo), e che mi imbarazza adesso che, alla tenera età di 71 anni, si presenta vestita da Loredana Bertè (un inguardabile mix fra una madonna del Perugino, Platinette e un cocorito dei Caraibi)
Sarebbe anche interessante capire che senso abbia la presenza del pedatore Zlatan ibrahimovic ad un festival musicale. Una persona modesta e sensibile, che ha dato alle stampe un libro autobiografico dal titolo"Zlatan Ibrahimović, Io sono il calcio" (Rizzoli, 2018).
Il signor "Io sono il calcio" si è immediatamente prodotto in un attacco a freddo, e senza alcuna relazione con un Festival della Canzone, contro la star della NBA James Lebron, senza che il Reuccio dei Conduttori, tale Amadeus, pensasse di stopparlo. Questa la pisciata fuori dal vaso de "Io sono il calcio":
"Mi piace tanto -aveva detto Zlatan di LeBron- è fenomenale quello che sta facendo, ma non mi piace quando la gente che ha un certo tipo di status fa politica allo stesso tempo". Il riferimento è chiaramente all'impegno mostrato dalla stella dei Los Angeles Lakers durante la fase più calda del movimento Black Lives Matter, una questione che per la verità ha riguardato in maniera piuttosto trasversale tutti i grandi nomi dell'Nba, con le proteste inscenate nella bolla di Orlando, tra giocatori inginocchiati prima di scendere in campo, partite rinviate, inviti al voto e slogan politici stampati sulle maglie al posto dei nomi. "Io gioco a calcio perché sono il migliore a giocare a calcio, non faccio il politico, aveva detto Ibra. Intendo: fai quello in cui sei bravo, fai il tuo mestiere. È il primo errore che fa chi diventa famoso"
Si potrebbe dire che "il secondo errore" è quello di sparare a zero e a freddo contro chi si ritiene pericoloso rivale in popolarità, rifugiandosi nella vigliaccheria di non stare né coi poliziotti che ammazzano a freddo un nero soffocandolo con un ginocchio sul collo, né con la vittima. Il più comodo dei qualunquismi.
La risposta di Lebron (che condivido al 100%) non si è fatta attendere:
"Non c'è modo che io stia zitto di fronte alle ingiustizie e mi limiti allo sport - ha ribadito LeBron James - io sono parte della mia comunità e ho oltre 300 ragazzi nelle mie scuole che hanno bisogno di una voce e io sono la loro voce". E ancora: "mi occuperò sempre di temi come l'uguaglianza, la giustizia sociale, il razzismo, l'assistenza medica e il diritto al voto. So quanto è potente la mia voce e la 'piattaforma' da cui parlo e la userò sempre per occuparmi di certe cose, nella mia comunità, nel mio Paese e in tutto il mondo". Infine una stoccata: "È buffo che lui dica queste cose, perché è lo stesso ragazzo che nel 2018 ha parlato di razzismo in Svezia legato alle sue origini e al suo cognome".
Personalmente, se dovessi scegliere da chi dei due comprare una macchina usata, non avrei il minimo dubbio.
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