Zhang Zhan aveva documentato la negligenza del regime a Wuhan. Nel maggio 2020 è stata arrestata, è in sciopero della fame da 16 mesi

Un attivista per la democrazia a Hong Kong tiene in mano un cartello a favore di Zhang Zhan
TAIPEI. Un metro e 77 centimetri per meno di 40 chilogrammi. Sono altezza e peso attuali di Zhang Zhan, blogger cinese che si trova in carcere a Shanghai dopo una condanna a quattro di anni per «aver provocato problemi» a causa del modo in cui ha raccontato le prime fasi dell'epidemia di Covid-19 a Wuhan.
Secondo quanto scritto su Twitter dal fratello, Zhang Ju, l'ex avvocatessa di 38 anni sarebbe in pericolo di vita dopo aver fatto uno sciopero della fame che va avanti a più riprese da oltre un anno. Zhang si è recata nel primo epicentro pandemico nel febbraio 2020 e ha criticato le metodologie di contenimento del virus attraverso dei video girati col suo smartphone, in cui accusava le autorità di negligenza e denunciava detenzioni di reporter e pressioni sulle famiglie dei malati. I suoi contenuti non sono passati inosservati: nel maggio 2020 è stata arrestata e a dicembre condannata.
Secondo una denuncia di Amnesty International, che ha lanciato una petizione per chiederne la liberazione, Zhang ha partecipato al suo processo in sedia a rotelle in quanto troppo debole a causa dello sciopero della fame. Uno sciopero che la blogger prosegue ora in forma parziale, nonostante i rischi per la salute, dopo che secondo i suoi legali sarebbe stata alimentata a forza attraverso dei tubi nasali. Lo scorso luglio è stata ricoverata 11 giorni in ospedale a causa della grave malnutrizione, prima di essere ricondotta in cella. Secondo fonti citate da «France Presse», le richieste della famiglia di Zhang di poterla incontrare sarebbero senza risposta da diverse settimane, così come quelle del suo avvocato. «Reporter senza frontiere» sostiene invece che la blogger non sia in grado di camminare e nemmeno di alzare la testa senza aiuto.
Quello di Zhang non è l'unico caso. Almeno altri tre cittadini cinesi sono stati arrestati dopo aver raccontato in maniera indipendente la diffusione del coronavirus a Wuhan. Si tratta di Chen Qiushi, Fang Bin e Li Zehua.
I media di stato, però, hanno sempre rifiutato la definizione di “citizen journalism” applicata al lavoro di Zhang, che aveva già attirato l’attenzione su di sé supportando le proteste di Hong Kong nell’ottobre 2019. In un commento pubblicato a fine dicembre 2020, il direttore del «Global Times» Hu Xijin ha scritto che Zhang «è stata resa uno strumento dalle forze occidentali» per «dividere l’opinione pubblica cinese». Per poi sostenere la non veridicità delle sue accuse, sottolineando la maniera brillante con la quale Pechino era uscita dalla prima ondata di contagi, al contrario degli Stati Uniti e di tanti altri paesi occidentali.
Eppure, a distanza di tempo, sui media cinesi iniziano ad apparire delle critiche alla politica di "zero contagi" che il governo continua a perseguire con test di massa, chiusure ed estesi lockdown all'insorgenza di poche decine di casi. Un metodo che finora ha pagato, ma che ha anche isolato la Cina.
Su «Caixin» è apparso un editoriale a firma di Zhang Fan nel quale si sostiene che le misure di contenimento eccessivo stanno producendo «più danni che benefici». L'opinionista cita nuove misure ancora più severe di quelle passate, come lo stop a due treni ad alta velocità dopo che due membri dell'equipaggio sono stati indicati contatti stretti di un malato Covid. Tutti i passeggeri sono stati fatti scendere e portati in quarantena centralizzata come contatti secondari. «La chiave per assicurare che l’economia e la società vadano avanti in modo normale sta nella prevedibilità delle politiche di prevenzione pandemica», scrive Zhang. Prevedibilità assente dall'invito a fare scorta di beni di prima necessità, derubricata dai media di stato a «normale prassi» in vista dell'inverno. Altrimenti, conclude Caixin si rischia che prima o poi arrivi «una piccola falla che affonda la grande nave». Al cui timone c'è sempre più Xi Jinping, che attende il sesto plenum che nei prossimi giorni proporrà una nuova risoluzione sulla storia che cementerà la sua visione di Cina.
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