Franco Nicolazzi - Breve ritratto d'un inesistente. Alla maniera di Gandolin che molti anni fa, a Genova, raccontò come vide giungere Sarah Bernhardt al teatro Carlo Felice, noi diremo come ci è capitato l’altro giorno di vedere capitare un ministro (il ministro dell’industria, nientemeno) a Montecitorio. Eravamo fermi sui gradini del portone maggiore del palazzo, quando arrivò, fermandosi davanti all’entrata, una grossa macchina blu. L’autista, rapidamente, corse a spalancare la portie¬ra posteriore di destra. Non ne scese nessuno. Era Nicolazzi.
Lieti di non rivederlo, dopo tanto tempo, ormai, che non lo avevamo mai visto, il ministro socialdemocratico Nicolazzi è un uomo gentile. Ma capita che il solo caso in cui lo prendono in parola è quando, dovunque vada o si trovi, ripete questa sua frase cortese: «Faccia come se io non ci fossi» e infatti non esiste documento alcuno sulla terra, da quelli dell’ufficio meteorologico dell’aeronautica a quelli dei lavoratori di genetica, che abbia mai previsto l’esistenza di Nicolazzi, che in realtà non c’è. Egli, senza offesa, è un accidente, come la peste per don Ferrante, e noi che siamo stati apposta a Gattico (Novara), paese spensieratamente natale del nostro, abbiamo potuto accertare che mentre tutti gli altri nativi di quell’ameno luogo possono affermare qualche buona ragione per esservi venuti al mondo, Nicolazzi non può produrre alcuna prova convincente: si impappina, si contraddice, non ricorda piu chi c’era. Sottoposto a lunghi, estenuanti interrogatori, si è deciso infine ad ammettere che lui, quando è nato, era presente, ma aggiunge, per onestà, che nessuno si preoccupò di chiedere il suo parere. Si ribella soltanto quando sente dire che viviamo in tempi difficili. Difficili? Ma in che senso, se Nicolazzi è diventato ministro?
Leggevamo ieri sul «Geniale» che il segretario socialdemocratico on. Longo sostiene che la prima ragione per la quale il suo partito è andato al governo è «per rendere un servizio alla nazione». A noi piace l’on. Longo perché ha una faccia che pare un identikit. E il solo, nel suo partito, che ci spinga all’azione: vorremmo pareggiargli gli occhi, drizzargli la bocca, arrotondargli meglio la testa. Sembra sempre che lo abbiano mandato li all’ultimo momento e non abbiano fatto in tempo a finirlo e questo spiega che quando si è trattato, come dice lui, di “rendere un servizio alla nazione”, ha deciso tutto in quatrro e quattr’otto, senza tener conto che Nicolazzi non c’era.
Fortebraccio – 25 Aprile 1979
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