Siamo grati a Giuseppe Salvaggiulo de "lastampa.it" per il suo esaustivo articolo odierno, che fa a pezzettini le dichiarazioni del nostro governo su una inesistente attitudine al silenzio delle navi delle ONG, che operano nel Mediterraneo, e in particolare della "Ocean Viking". Sono riportare le comunicazioni dettagliate delle segnalazioni di allarme. La richiesta di coordinare i soccorsi. La ricerca di un porto sicuro. I report delle operazioni. Decine di messaggi per quindici giorni. Senza risposta.
Ne pubblichiamo qualche stralcio. Forse questo non servirà a dissolvere tutti i dubbi che ci sono sulle motivazioni del "volontariato" di queste ONG, ma servirà a fare chiarezza sulle menzogne e sui silenzi a raffica delle autorità e dei politicanti italiani
Tafanus
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Davvero la Ocean Viking, una delle tre navi di soccorso delle Organizzazioni Non Governative messe sotto accusa dal governo italiano, si è mossa come una «nave pirata» che ha trasbordato «migranti e non naufraghi» (Giorgia Meloni, 2 novembre) e ha «agito in modo autonomo, senza coordinarsi con le autorità competenti scambiando flussi informativi tempestivi e completi» come ha detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in Parlamento?
La Stampa ha ricostruito i movimenti e le comunicazioni della notte e delle prime ore del 22 ottobre, quando la Ocean Viking, nave della Ong SOS Méditerranée battente bandiera norvegese [...] il 18 ottobre è arrivata nella zona libica di ricerca e soccorso il 20 ottobre, ha effettuato il primo salvataggio.
La prima mail è delle 2,14 Oggetto: Ocean Viking – received distress alert via email
È la formula standard per segnalare alle autorità degli Stati che coordinano i soccorsi che è stato ricevuto un segnale di allarme su un’imbarcazione in pericolo. È la situazione che, secondo il diritto internazionale sia consuetudinario che convenzionale, impone al capitano di ogni altra nave l’obbligo di prestare soccorso.
Nel corpo della mail, il riferimento alla posizione della Ocean Viking; i dettagli della segnalazione ricevuta alle 22,40 della sera precedente da Alarm Phone, la piattaforma non governativa nata nel 2014, dopo il naufragio di Lampedusa, per consentire alle barche in pericolo di chiedere aiuto; la segnalazione del cambio di rotta per raggiungere l’imbarcazione in pericolo.
Ecco il testo della segnalazione di allarme di Alarm Phone, riportata testualmente nella mail ma in realtà già conosciuta dalle autorità marittime degli Stati, perché Alarm Phone invia sempre a loro, prioritariamente, questi alert, e mette in copia le navi delle Ong:
Boat in distress in position 331307 123221 @00.13 CEST 2 Oct 22.
La barca in pericolo si trova a 40 miglia nautiche a nord della città libica di Sabratha. C’è una ragionevole certezza che le persone a bordo siano minacciate da un grave e imminente pericolo di essere disperse in mare e richiedano immediata assistenza. Ocean Viking sta navigando verso l’obiettivo, a circa 10 miglia nautiche, pronta a garantire assistenza.
Segue l’indicazione della posizione e della velocità della Ocean Viking. Poi la ricostruzione di due tentativi infruttuosi di contattare la Libia.Il primo numero non funzionava, al secondo non rispondeva nessuno.
La mail si conclude così: Vi terremo informati. Per favore date riscontro di aver ricevuto il messaggio e informateci del vostro piano di azione per l’operazione di ricerca e soccorso.
Nessuna risposta. Trascorre un’ora. La seconda mail è delle 3,16.
Vi informiamo che all’1,00 la Ocean Viking ha individuato nella posizione 33 31 N 012 25 E la nave in difficoltà e ha lanciato due gommoni di soccorso per valutare la situazione. L’imbarcazione di legno non è sicura per la navigazione, sovraffollata, con circa 50 persone a bordo senza giubbotti di sicurezza, donne, tutti esposti alle intemperie. Abbiamo cercato di contattare il Centro di coordinamento dei soccorsi della Libia ai seguenti numeri, ma senza risposta. Non abbiamo informazioni sulla disponibilità nella zona di altre imbarcazioni capaci di recuperare prontamente queste persone in difficoltà e portarle in un porto sicuro.
Segue il richiamo delle norme internazionali:
È pacifico che lo stato di emergenza esiste quando le persone a bordo sono in imminente e grave pericolo di essere disperse in mare e richiedono assistenza immediata. Questa è causa di forza maggiore che impone di recuperare le persone in pericolo, come previsto dalle convenzioni internazionali.
Poi il capitano della Ocean Viking dichiara che dispone della dotazione per provvedere al salvataggio senza mettere a rischio la sua stessa barca e le persone a bordo, come richiesto dalle convenzioni internazionali.
Infine la comunicazione:
La Ocean Viking procederà ad assistere e salvare queste persone in difficoltà immediatamente, tenendo le autorità degli Stati debitamente informate. Anche in questo caso la mail si conclude con una richiesta di avere una risposta di avvenuta ricezione. Anche in questo caso la risposta non arriva.
La terza mail viene inviata dalla Ocean Viking alle 3,56.Stesso oggetto, stessi destinatari.
Vi informiamo che alle 1,45 in posizione 3329 N 012 24 E, la Ocean Viking ha completato il salvataggio della barca in difficoltà. Trentaquattro (numero da confermare) naufraghi sono stati portati al sicuro a bordo. L’analisi dettagliata dei sopravvissuti e le informazioni complete seguiranno.
Per la terza volta, la richiesta di risposta per ricevuta cade nel vuoto.
La quarta mail alle 6,54.
Alleghiamo il report dell’operazione di soccorso effettuata. Al momento a bordo della Ocean Viking ci sono 34 persone salvate: 28 uomini, 1 donna, 5 minori tra cui 1 minore non accompagnato e 1 bambino con meno di 5 anni.
A questo punto la Ocean Viking chiede di poter completare l’operazione portando i naufraghi sulla terraferma. - Stiamo chiedendo l’indicazione di un place of safey (luogo sicuro, come definito dalle convenzioni internazionali) per sbarcare al più presto tutti i 34 sopravvissuti che sono attualmente a bordo.
Per la quarta volta segue la richiesta di una risposta, che non arriva. Nei quattro giorni successivi, con modalità sostanzialmente analoghe (salvo differenze sulla ricezione dell’allarme: segnalazione da aerei, individuazione autonoma, email, Alarm Phone…), la Ocean Viking effettua altre cinque operazioni di soccorso, in zona libica e maltese, di barchini alla deriva.
Le fotografie documentano situazioni di oggettivo pericolo per sovraffollamento, linea di galleggiamento molto bassa, instabilità, inclinazione. Tra i sopravvissuti, alcuni hanno ustioni da benzina sul corpo. L’ultimo soccorso avviene alle 18,35 del 26 ottobre, sulla base di un allarme lanciato alle 9 del mattino. Alla fine i naufraghi salvati sono 234 di una decina di nazionalità. Tra loro 55 minori dei quali 43 non accompagnati.
Come la prima, anche le altre cinque operazioni di soccorso vengono comunicate dettagliatamente, fase per fase, alle autorità degli Stati: Libia, Malta, Italia. La situazione a bordo viene comunicata con aggiornamenti periodici, documentando anche il peggioramento delle condizioni di salute di una parte dei naufraghi.
Dopo ogni soccorso, la Ocean Viking invia alle stesse autorità competenti richieste di indicazione di luogo sicuro per attraccare e portare in salvo le persone soccorse, attendendo invano una risposta fuori dalle acque territoriali di Italia e Malta.
Infine muove verso la Francia, dove sbarca i naufraghi mentre scoppia un caso diplomatico tra Roma e Parigi.
Le zone di ricerca e soccorso sono acque internazionali, non territoriali. Quindi lo Stato a cui è assegnata la zona è responsabile dei soccorsi solo in via prioritaria, ma non esclusiva. Se non provvede, l’onere del soccorso passa allo Stato «più in grado di fornire assistenza», come previsto dalle convenzioni internazionali.
Per quindici giorni nessuno ha mai risposto, né da Malta né dall’Italia, alle mail della Ocean Viking. Che ora viene accusata di essersi comportata come nave pirata.
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