Migranti, il neonato annegato mentre Roma regala motovedette a Tripoli

Il gommone soccorso in acque Sar maltesi da una motovedetta della Guardia costiera italiana: a bordo otto cadaveri, 42 i superstiti (ansa)
Sono morti di fame e di freddo, mentre nel buio abissale della notte speravano di trovare la salvezza, pregando in direzione di qualche lontanissima stella. Soli davanti all’immensità del mare, davanti a un’Europa avida e distante che sulla tragedia che continua a segnare i suoi confini continua a tenere spente le luci della speranza.
Una madre che sembrava svenuta stava in realtà morendo. Abbandonandosi ha lasciato scivolare in mare il suo bambino, un fagotto di quattro mesi. «Lo hanno portato via le onde, era ancora vivo», raccontano i superstiti. Che a Lampedusa sono arrivati ieri con i loro racconti disperati e 8 cadaveri al seguito. Erano tutti partiti da Sfax, in Tunisia, la notte di sabato scorso, dopo essere stati per mesi rinchiusi in una safe house di Mahdia.
Questa è la cornice dietro alla politica che va avanti. Mentre la guardia costiera portava a riva quei corpi, mentre a Lampedusa c’è un padre che non si dà pace per aver visto morire davanti ai suoi occhi la moglie e il figlio, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, nell’incontro con Giorgia Meloni, ha dichiarato che «per contrastare l’immigrazione illegale servono accordi con i Paesi d’origine». Chi non ha il diritto di restare «deve poter tornare al proprio Paese – dice – ma ci devono essere vie legali per entrare nell’Ue perché abbiamo bisogno di forza lavoro in Europa».
Scholz è forse uno dei pochi che dice una verità (la Germania ha anche aperto ai flussi quest’estate) che pochi hanno il coraggio di dire, a partire dalla nostra Meloni. Perché a parte il giro in Africa in cambio di gas, la questione del viaggio legale per gli africani è una porta che dovrà essere prima o poi aperta, anche per rispondere al contrasto del lavoro nero e allo sfruttamento che esiste ed è sempre sul corpo dei migranti.
Molte le note e i buoni propositi in politichese, ma quello che è sempre più concreto sul terreno è l’innalzamento dei muri e l’esternalizzazione delle frontiere, nella sempre più visibile consapevolezza che nessuno è interessato al riconoscimento di un fenomeno epocale e umano che andrebbe gestito in modo razionale.
Il ministro dell’Interno Piantedosi ha iniziato questa legislatura preferendo prolungare l’agonia dei profughi mandandoli in porti sempre più lontani e facendo la guerra alle navi Ong. Il risultato sono meno aiuti in mare, e quindi più tragedie. Così, nelle stesse ore in cui si scopriva la tragedia di quella barca e di quel neonato, è arrivata la nota del Viminale a ricordarci che lunedì si svolgerà la cerimonia di consegna alle autorità libiche di una motovedetta “classe 300” di nuova fabbricazione, nell’ambito del progetto europeo Sibmmil. Non so se è chiaro: una cerimonia per una motovedetta da consegnare a quella stessa guardia costiera libica accusata con filmati e prove schiaccianti di crudeltà inammissibili e aberranti verso i profughi. In 6 anni abbiamo speso 124 milioni di euro per fermare i migranti, riportarli indietro nell’inferno libico e tenerli nei centri di detenzione che – abbiano scoperto – sono veri e propri lager. E mentre per la motovedetta si organizza una cerimonia in pompa magna, attendiamo che qualcuno del governo sia sfiorato da un sentimento di compassione e pietà per queste ennesime vite spezzate, magari concedendo loro un funerale e una sepoltura degni. Ma si sa, sono esseri disumanizzati. Corpi estranei che valgono meno di un pezzo di ferro. Meno di una motovedetta da celebrare.
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