Meloni scarica Sangiuliano: un confronto, poi l’addio. Alla Cultura arriva Giuli. La premier torna sui suoi passi e sceglie un nome del suo “clan” politico. L’obiettivo è che nuove rivelazioni non danneggino Palazzo Chigi.
E' questo il titolo di un articolo di Ilario Lombardo su "lastampa.it" di ieri
PARIGI. Vedono Antonio Di Maio, segretario particolare di Gennaro Sangiuliano, in un corridoio con le lacrime agli occhi, e capiscono che è finita. Giorgia Meloni ha chiesto al ministro della Cultura di dimettersi.
Lo chiama al telefono, gli dice quello che non gli ha detto 48 ore prima, quando entrambi pensavano di poter resistere allo stillicidio di rivelazioni sapientemente dosate da Maria Rosaria Boccia, ormai ex amante di Sangiuliano, furibonda per essere stata messa alla porta dopo promesse di incarichi ministeriali.
È una storiaccia di corna, dolore, ricatti, istituzioni strapazzate via social, che stava ormai dirigendosi dritta verso Palazzo Chigi, dove Meloni si era asserragliata, come fa sempre quando si sente sotto attacco, convinta di poter resistere indicando sempre altrove i mandanti e i nemici, la sinistra e i giornali. Questa volta no. Questa volta la premier ha capitolato, stravolgendo le intenzioni iniziali, che pure sembravano forzate quasi da una difesa d’ufficio del clan, tipica di una certa retorica della destra nazionalista italiana.
lO SCRIVE CORRETTAMENTE LEI STESSO. , quella della cospirazione immaginaria e poi della separazione a mezzo stampa, che ad agosto sono state la prima e la seconda puntata di un’estate ad alto tasso di melodramma e manipolazione politico-sentimentale.
Intervista esclusiva a Maria Rosaria Boccia: "Vi dico tutto sul caso Sangiuliano, lui è sotto ricatto" - Nell’intreccio parentale della presidente del Consiglio la scelta è parsa ovvia ai più. Quello che invece nessuno sa è che mentre Giuli già preparava giacca e cravatta per salire al Colle da ministro, Sangiuliano – in una sorta di trance autoillusoria – continuava come se nulla fosse a esercitare le sue funzioni, presenziando a eventi e firmando nomine al ministero.
La scelta, che contraddice quanto deciso fino al giorno prima, Meloni la compie alla luce di diverse considerazioni, dopo un mix di ulteriori rivelazioni e sospetti, prima di prepararsi al viaggio che la porta a Cernobbio, per il Forum Ambrosetti, e poi a Parigi per la conclusione della Paralimpiadi. Li mettiamo in fila uno dopo l’altro. I giornali, scavando, stanno arrivando fino a Palazzo Chigi, che pare sapesse della liason almeno da giugno. La figura di Boccia è nota al partito, ai vertici, ai deputati e a sottosegretari di Fratelli d’Italia che partecipano alle sue iniziative parlamentari e non solo. Circola l’ipotesi che la donna possa aver piratato l’intero whatsapp di Sangiuliano, con colloqui privati e top secret, magari anche tra lui e la premier. L’intervista a La Stampa, poi, è dirompente. Boccia sembra alludere ad altre sorprese, e a comportamenti poco chiari del ministro, parla di ricatti nei palazzi e da parte di direttori dei settimanali. Lascia intendere, senza andare oltre. Ma nell’entourage di Sangiuliano sanno di cosa si parla. Della rivista Chi, diretta da Alfonso Signorini, che – stando a quanto riferito da collaboratori del ministro e da notizie di stampa – a fine luglio/inizi agosto lo avrebbe avvertito di essere in possesso o a conoscenza di alcune foto compromettenti di lui e Boccia, però mai pubblicate. Non è più una questione di soldi pubblici spesi per amori privati, che è stata la linea difensiva adottata per due giorni assieme a Meloni.
L’inopportunità di questa soap opera a discapito delle istituzioni deflagra e la premier non può farci più nulla. Da Palazzo Chigi ieri raccontavano di mormorii percepiti anche al Quirinale su un “romance” che sta assumendo contorni tragicomici, lesivi dell’immagine del governo. Anche perché le interviste di Boccia continuano (ieri su La7) e alcuni passi falsi di Sangiuliano pesano. Come lo sfogo raccolto sempre da questo giornale, due giorni fa, con cui il ministro evocava la relazione del vicepremier e leader leghista Matteo Salvini prima con Elisa Isoardi e poi con Francesca Verdini; e ancora le recriminazioni rivolte alla ministra Daniela Santanchè e al sottosegretario Andrea Delmastro, inseguiti da guai giudiziari ma ancora al loro posto.
E così a Meloni non resta che «prendere atto» – come scrive nella nota in cui annuncia di aver accettato le dimissioni – e ringraziarlo «sinceramente» come «persona capace e uomo onesto». Nella stessa nota, la leader annuncia la nomina di Giuli che avrà il mandato di proseguire «il rilancio della cultura nazionale, consolidando quella discontinuità rispetto al passato che gli italiani ci hanno chiesto». Discontinuità che Meloni non specifica rispetto a cosa. Altre volte aveva accusato «l’amichettismo di sinistra» che a dire suo e di Sangiuliano – suo pallino da sempre – ha plasmato l’egemonia culturale in Italia. Ma proprio oggi, forse, non è aria per questi argomenti.
Ilario Lombardo
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Gentile Signor Ilario Lombardo,
mi complimento per il suo articolo, ma mi permetto di rimproverarle due errori concettuali.
IL PRIMO - La premieressa, tornando sui suoi passi, non fa assolutamente nulla che sia in contrasto con le sue abitudini. Dalla belinata degli anni di galera per i rave-parties al divieto di "adunate" con più di 50 persone, ai 200.000 euro di multa per i funzionari pubblici che fanno uso di termini inglesi laddove esistano gli equivalenti in italiano, non c'è forse un solo argomento sul quale la premieressa non abbia cambiato idea.
IL SECONDO - Lo scrive correttamente lei stesso:
...al clan Meloni non rinuncia, mai. E al posto di Sangiuliano, con una nomina lampo, sceglie Alessandro Giuli, direttore del Maxxi. Un giornalista organico al posto di un giornalista organico. Un altro nome della galassia personale della premier, un amico stretto e di fiducia, parte integrante della famiglia allargata, con una sorella, Antonella, già portavoce di Francesco Lollobrigida, e ora al servizio dell’ex moglie Arianna, l’altra Meloni, quella piazzata ai vertici del partito...
IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO - Speriamo di non essere a rischio di caduta dalla padella dell'uomo che mette Times Square a Londra, nella brace della Cultura affidata a un ex appartenente al movimento estremista di matrice neofascista "Meridiano Zero"... Uno della cerchia stretta dell'amichettismo, che ha studiato filosofia alla Sapienza (ma senza conseguire la laurea)... Niente di male. C'è sempre tempo, e la Unicusano online per rimediare. Così fan (quasi) tutti, a destra.
Tafanus
P.S.: Giuli era stato nominato Presidente della MAXXI da Sangiuliano, in che insinua forti dubbi sulla sua indipendenza culturale. Dubbi aggravati dalla coincidenza - da Settamana Enigmistica - per la quale il cognome GIULI è solo una piccola parte del cognome SanGIULIano
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