Oggi, davanti al TG1 ho avuto la ventura di assistere ad un servizio su una madre che veniva intervistata a proposito del figlio gravemente ammalato ed incapace di fare qualunque cosa: una donna che (naturalmente) avendo un figlio totalmente non autosufficiente era costretta ad accudirlo H24 con l’aiuto diurno di assistenti pagati dal comune ed un indennità di accompagnamento della cui entità possiamo immaginare.
La fulgida intervistatrice chiedeva con una espressione contrita, come da specifica necessità di storytelling, cosa ne pensasse la signora degli enormi emolumenti elargiti dal governo alle persone che accudiscono parenti: e qui scoppi di petardi ed applausi a non finire, benchè la signora rispondesse con un asciutto “è un piccolo inizio che va incontro a necessità oggettive”.
Inutile dire che un servizio sulle grandi azioni di un governicchio a guida remota Renzi che magnifica l’erogazione di ben 20 milioni l’anno per circa 1 milione di persone non autosufficienti (stime MOLTO al ribasso, ma tant’è) farebbe sorridere se non fosse per il fatto che proviene da uno storytelling che non è solo offensivo, ma anche incapace.
A chiunque, dotato di una intelligenza media, verrebbe in mente di chiedere quanto possano cambiare le sorti di una famiglia che ottiene ben 20 (VENTI !!!!) euro l’anno per un parente non autosufficiente: se anche ipotizzassimo di eliminare il 90% dei no autosufficienti destinando i fondi esclusivamente ai casi più gravi (diciamo circa 100.000 ?) si otterrebbero ben 200 euro l’anno a famiglia: lo vogliamo dire che questo servizio è una fake news oppure se lo dice il TG1 va tutto bene ?
Pensate, quel genio della Maggioni (insieme ai massimi dirigenti RAI) da diversi mesi parla della possibilità che il servizio pubblico crei una struttura destinata al fact checking, cioè un’organizzazione che verifichi le notizie false (cioè le famose “fake news”) pubblicate sulla rete.
Di per sé una buona idea, peccato che in perfetta assonanza con la logica del “fate quello che dico e non quello che faccio” provvede a discutere sulle pagliuzze altrui e non sulle proprie travi: una vergogna che viene incredibilmente evidenziata da uno spot radiofonico sentito su Radio 1 e che riporto:
“Abbiamo visto blog che rifiutano farmaci ed altri credere in cure miracolose…
Abbiamo visto mostri in prima pagina ed eroi in ultima…
Abbiamo visto social manipolare menti e corpi con microchip nascosti…
Abbiamo visto la Terra piatta e prove che non siamo mai stati sulla Luna…
Abbiamo visto l’odio crescere e l’amore ridursi a emoticon…
Abbiamo visto tutto e il contrario di tutto e non abbiamo ancora visto niente…
Basta fake news, riprendiamoci la verità.”
https://drive.google.com/file/d/0BwYsaQ_4psX7SG02VjdyMG1NRjQ/view
Il Prix Italia è il premio internazionale annuale per i prodotti radio-televisivi-web creato dalla RAI, ed il tema dell’ultima edizione attuale è stato “Back to Facts“, una chiamata alle armi contro le cosiddette “fake news” e una rivendicazione del ruolo e della credibilità del giornalismo professionale, in particolare del giornalismo di servizio pubblico.
L’ineffabile presidente della RAI Monica Maggioni scrive la seguente prefazione: “Riflettere sul lavoro concreto ed essenziale che c’è da fare per bloccare le informazioni scorrette, non controllate, o inventate del tutto è al centro dell’edizione 2017 del Prix Italia. (…) La preoccupazione è grande: le fake news assediano l’informazione e occupano il dibattito pubblico. La verità sfuma nella battaglia delle idee. Giornalisti contro social network, media tradizionali contro piattaforme internet, politici contro tv e giornali. Chi cerca le notizie e chi i fatti alternativi. A rischio non è solo il giornalismo, ma l’intero sistema democratico”.
La mia amata nonna Giacoma fin da bambino mi ha insegnato che nella stragrande maggioranza dei casi chi accusa altri di gravissimi misfatti è chi in realtà ha le stesse abitudini: in altri casi “ci vuole un ladro per riconoscerne un altro”
Chiedo aiuto al Tafanus, che ben capisce di pubblicità e di comunicazione in genere: l’unico messaggio che sostanzialmente passa è che “blog” e “social” ci hanno rovinato la vita e che dobbiamo “riprenderci la verità”, (esattamente ciò che pensa gran parte della politica e del giornalismo italiano) e, guarda caso, questo riprendersi la verità passa esclusivamente dal servizio pubblico.
In RAI questo spot lo hanno commissionato, approvato, e messo in onda. Senza alcuna vergogna.
Tutti i complici di questo spot hanno giocato con le paure e le pulsioni anti-digitali che vanno per la maggiore, ed il Tafanus mi confermerà che, a chiunque abbia un minimo di dimestichezza con le storie legati alla pubblicità, viene in mente una bella regia occulta che ha deciso di giocare contro la rete dopo che da anni il parlamento tenta di mettere un bel bavaglio ai blogger ed ai siti di informazione non allineati.
Monica Maggioni ne ha parlato ripetutamente dall’inizio dell’anno, sottolineando in modo generico la necessità di combattere le fake news riqualificando l’offerta giornalistica in termini di credibilità (ad esempio il 31 gennaio 2017, 10 febbraio 2017, 10 marzo 2017, 17 marzo 2017, 17 marzo 2017, 2 maggio 2017).
Ci è tornata il 9 settembre, parlando a un convegno sulla sicurezza della rete alla Camera dei deputati, per auspicare che la RAI “si metta al centro della costruzione di un sistema di fact checking insieme alle altre emittenti europe”:
Monica Maggioni ha sottolineato di “aver chiesto da giornalista e da direttore che la RAI si metta al centro della costruzione di un sistema di fact checking insieme alle altre emittenti europe”:” e ha aggiunto che ci sta “lavorando da presidente: E’ fondamentale la rimessa al centro dei fatti come senso del servizio pubblico che si ristruttura come luogo dell’affidabilità (…) Invito il sistema dell’informazione a non usare mai più il termine bufale, perché per le bufale non si va in galera, invece per il falso sì: quindi chiamiamole con la durezza che si meritano”.
“Per il falso si va in galera“? No, purtroppo di per sé no, a meno che non si tratti di cose tipo truffa, contraffazione di marchi o di diffamazione, ma cosa dovremmo dire dei servizi (come quello appena nominato sul TG1) in cui si raccontano balle spaziali, oppure sulle continue presentazioni di film, concerti, libri e cantanti a fine TG che dovrebbero far parte della pubblicità ed invece sono parte delle marchette giornalistiche e dei giochini di potere degli stipendiati ad mentula canis presenti in RAI ?
E’ evidente che al di là del giusto appello alla verifica delle fonti, al di là della sacrosanta ricerca di una maggior credibilità da parte dei giornalisti professionisti, resta qualcosa di non detto, una cultura del controllo che pensa di poter in qualche modo fare azione di pulizia/polizia nella terribile “apocalisse digitale” richiamata dallo spot radiofonico senza che si senta il bisogno di farlo prima a casa propria: mai sentito gli anchor men del TG nazionale (mai sentito Lucia Annunziata beccare anche per sbaglio un congiuntivo?).
Solo una settimana prima che Milena Gabanelli si “auto-sospendesse” polemicamente dalla RAI, il direttore generale della RAI Mario Orfeo dichiarava a Repubblica “Ho chiesto a Milena di sviluppare e rilanciare subito Rai News.it, potenziato da nuove risorse e dalla struttura dedicata al data journalism che lei stessa ha costruito e che ha già prodotto alcune inchieste di pregio. Questo polo vuole avere anche l’obiettivo di contrastare il virus delle fake news“.
Abbiamo capito bene ? Lavorare smontando le fake news è roba che non riguarda le redazioni dei telegiornali e dei giornali radio perché è nel digitale che si generano le “fake news” (i “blog”, i “social”…) e quindi è all’espressione digitale della RAI cui si affida il compito di combatterle.
Fantastico: quindi questo signore non riesce neppure a immaginare strutture trasversali che servano le testate interne oltre che il pubblico esterno, verificando ed evidenziando le “fake news” dovunque essi si generino o siano diffuse, in primis nelle stesse testate RAI.
Graham Ellis (vicedirettore della BBC Radio) sottolinea che “non possiamo correggere internet e allo stesso tempo non possiamo stare in disparte mentre alcune cose continuano ad accadere e alcuni errori a essere commessi: dobbiamo fare in modo che le persone che ascoltano i nostri programmi o guardano i nostri telegiornali possano fare affidamento su quello che sentono e vedono. Per questo motivo alla BBC abbiamo organizzato un’unità chiamata Reality Check, che individua storie false mascherate da news online”.
Andrebbe detto che questa unità BBC ha “controllato” ultimamente non “bufale” online, ma il discorso del primo ministro May sulla Brexit, le affermazioni del ministro degli Esteri Inglese, la strana similitudine delle promesse elettorali di Berlusconi e Renzi ed altri temi di attualità… ve la immaginate una RAI che fa lo stesso sulla banda bassotti di parlamento e senato?
In attesa di arrivare a un servizio pubblico che sveli una bugia del ministro degli Esteri, senza affidarsi ai commenti degli avversari, si potrebbe provare a replicare un’altra struttura della BBC: lo UGC Hub, il desk trasversale dotato di una ventina di giornalisti chiamati a verificare ogni singolo pezzo di “User Generated Content” (video su YouTube, post su Facebook, foto inviate direttamente dai cittadini alla redazione…) prima che i programmi radiofonici, i programmi televisivi o le pagine web della BBC possano utilizzarlo.
In questa maniera, scimmiottando il direttore Fede, eviteremmo ai TG nazionali molte “figure di m….” che giornalmente vediamo su programmi come “Striscia la notizia”.
Signora Maggioni, una modesta proposta: facciamo che la struttura “anti Fake News” la appaltiamo al Tafanus?”
Axel
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Caro Axel, ti ringrazio per la fiducia, ma "non ho l'età", e non ho la resistenza fisica che avevo nel 2009, quando di anni ne avevo solo 72, e ancora non avevo assaporato le gioe di broncoscopie, biopsie, pet, tac, tomoterapie, e poi di nuovo, pet, tac... Oggi non avrei la forza di fare quel grosso lavoro d'inchiesta per smascherare una delle più grosse bufale (pardon... fake-news) del secolo: la famosa manifestazione "No-B-Day" nata dal signor dalbasso, di cui un po' alla volta abbiamo scovato (io col concorso di altri - come Giosbi, Pejrano ed altri) il coinvolgimento di Di Pietro, di Pancho Pardi, di Corradini, di Mannino, e di tanti altri)...
Ricordo (sono vanitoso) che persino Il Geniale di Berlusconi attinse alla nostra lunga inchiesta, e a seguire un Forum sul sito della RAI. E pazienza se né il Geniale, né la Rai, ebbero il buon gusto di citare la fonte...
La Maggioni paladina dell'anti-fake fa ridere, se si pensa che presiede la più grande industria editoriale che ha contribuito a creare la bufala del Renzi Rinnovatore, e che senza vergogna partecipa prima al Gruppo Bieldeberg, e poi alla Trilaterale (fondata, per chiarie, dalla Chase Manhattan Bank).
Comunque continuerò privatamente a lottare contro le bufale. Operazione sempre più difficile, perchè i c.d. "social" usa-e-getta, da consumare in un secondo, hanno rubato molto spazio ai blogs, fove l'approfondimento e la discussione approfondita erano la cifra editoriale. Oggi su porhcerie come Twitter (meritatamente sull'orlo del disastro economico), la filosofia del "fare presto" ha ucciso quella del "fare bene". Non fai in tempo a leggere un teklegramma, e accingerti a commentarlo, che è già sparito decine di scrolls sotto. E questo tipo di siti li detesto con tutte le mie forze. Leggo piccoli segnali di stanchezza verso questo tipo di comunicazione che non comunica, e non escludo che ci possa essere una inversione di tendenza, a favore dei siti dove si fanno le maratone, e non i 50 metri piani.
In quel momento, se sarò ancora di questo mondo, farò la mia parte.Ma per ora la Maggioni gaccia da sola la caccia alle bufale. Iniziando dalle sue.
Tafanus
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