Mossa politica o smania di protagonismo, ora è ufficiale: è tornata l’Italietta
Sia come sia, qualunque sia il “movente” – raccattare qualche voto a urne aperte perché l’aria che tira è contro la guerra o dare l’ennesimo segnale politico di amicizia a Putin - vista con gli occhi di osservatori internazionali poco avvezzi alla psico-politica, le sue parole sono un macigno sulla credibilità del governo. Perché, proprio alla fine della settimana orribile della premier all’estero, manifestano in modo clamoroso una “doppia linea” (e le linee sono opposte): Meloni che si arrabbia con Macron perché non è nell’“Europa di serie A” e che incontra Zelensky a Parigi, lui che non lo incontrerebbe nemmeno se potesse. Molto peggio di Salvini che non voleva Zelensky a Sanremo (ed è stato accontentato), ma insieme all’affaire sanremese questa storia restituisce l’immagine di una incrinatura su un terreno dove Giorgia Meloni finora aveva tenuto una posizione granitica.
Sommando il Festival che ha nascosto Zelensky, Berlusconi che l’ha offeso e l’isolamento europeo di Meloni, è ufficiale: è tornata l’Italietta.
Scritto il 13 febbraio 2023 alle 12:33 nella Berlusconi, Guerra, Meloni, Politica | Permalink | Commenti (0)
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15 luglio 2022
La crisi di governo: l'analisi di Giannini (...e la nostra...)
In tutta questa storiaccia, il perdente N° UNO sarà il patetico Giuseppi Conte. L'ho sempre apprezzato pochissimo, da quando si è presentato al pubblico con un curriculum lungo quanto Anna Karerina (curriculum che parlava anche della sua frequenza ad Harward sconosciuta agli archivi di quella Università), a quando sfoggiava delle inguardabili pochettes che sembravano il profilo del Resegone; da quando ha iniziato a mostrarsi in quelle sfilate televisive nei corridoi di Palazzo Chigi, sempre uguali, con lui che camminava con passo deciso - alla John Wayne - a fatica seguito da giovani guardie del corpo e lecchini di diverse specie... Da quando è diventato campionissimo del "si ma anche", prima governando con l'elogiatissimo Salvini, poi governando contro lo spregevolissimo Salvini. Da quando ha iniziato a cambiare ogni due settimane le regole di lotta alla pandemia, finchè la gente si è stufata di capire/aggiornarsi a settimane alterne sui nuovi comportamenti da adottare, ed ha iniziato ad adottare il Piano B: quello di non leggere più neanche l'elenco delle regole sempre nuove, piene di incomprensibili distinguo. Quello dei provvedimentini-ini-ini, tutti piccolini, ma che sommati producevano un totale mica da ridere (dai monopattini, ai decoder da 30 euro, ai banchi a rotelle che marciscono in qualche deposito, al cash-back con lotteria).
Questa minchiata di crisi sarà l'arma del suicidio di ciò che resta dei 5 Stelle, ma anche da chi la sta sposando, come la Regina dei Borgatari, che non ha ancora capito che i voti di pietra non obbediscono ai sondaggi.
Last AND least, il Bischero di Frignano sull'Arno, che sta tentando disperatamente di riesumare il cadavere di Italia Viva Nata Morta. Da quando si è aperto il capitolo "Crisi di Governo", in media ogni due o tre ore si trova a passare per caso vicino ad una troupe televisiva. Dichiara. Non dice niente, ma lo fa molto bene. Sempre col carisma e l'empatia che possiamo apprezzare in un pugno di sabbia nelle mutande. Lo capisco. L'ex Signore del 40,8% (mai avuto; era figlio di una coalizione, alle elezioni europee che sono un'altra cosa, comprato coi dieci miliardi all'anno della marchetta 80 euro, e dall'effetto sparito entro due mesi), cerca di capire se per caso ci sia una fessura sicura, nella slavina che potrebbe precipitare, dove ficcarsi per cercare di rinascere.
Poche parole le merita anche l'ex Patania Libera Matteo Salvini. Per ora, in attesa degli sviluppi delle correnti d'aria, non chiarisce, e non promette miracoli (che sappia di non poterli eventualmente fare?). Si limita a criticare a destra e a manca chi non ha fatto - tutte insieme - le riduzioni del cuneo fiscale, l'abbassamento delle aliquote IRPEF, il raddoppio delle pensioni, la sanatoria delle grosse evasioni fiscali, la cacciata degli immigrati, l'omaggio a Putin - ma anche alla pace - il reddito alle casalinghe, ai boy-scouts, alle baby-sitter, agli idraulici in bianco e a quelli in nero, la cancellazione del canone RAI. Poi, ove mai dovesse entrare nel prossimo governo, just in case non riuscisse a fare tutto ciò, potrà sempre dire che lui non lo aveva promesso, ma si era limitato a sottolineare che i komunisti non lo avevano fatto.
Nel frattempo i primi effetti della trovata di Giuseppi si sono già avvertiti. Una per tutte: lo spread in due giorni è aumentato del 100%, a 240 punti-base. Una bazzecola. Il tutto costerà 17 miliardi di euro, pari a 34.000 miliardi di lirette. Una finanziaria d'antan.
Una piccola speranza? Si chiama "vitalizio". I peones senza mestiere dei 5 Stelle (ma anche di altri partitini e partitoni) sanno benissimo che servono ancora 9 mesi per il diritto alla pensione da parlamentari. Nel segreto dell'urna, Dio ti vede, ma Giuseppi no. Quanti senza-mestiere sapranno rinunciare alla pensioncina (ex "vitalizio") per andare incontro ad un nuovo futuro da supplenti di educazione fisica, o da bibitari?
Che dire? Che Dio ce la mandi buona.
Silvio, smetti di correre... non precipitarti! Ho detto "buona", non "bbona" !
Tafanus
Scritto il 15 luglio 2022 alle 22:50 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (0)
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09 maggio 2014
Expò 2015: "Come prima, più di prima" (di Gian Antonio Stella, Giuseppina Piano, Vittorio Zucconi, Tafanus)
Per piacere: evitateci lo stupore scandalizzato, «chi se lo immaginava?», «non l’avrei mai detto...». Tutto sono, gli arresti di ieri per l’Expo 2015, tranne che una clamorosa sorpresa. Perché, ferma restando l’innocenza di tutti fino alle sentenze, le cose stavano procedendo esattamente come era andata troppe altre volte.
Il solito copione. Recitato per i Mondiali di nuoto, le Universiadi, la World Cup di calcio, l’Anno Santo... Anni perduti nei preliminari, discussioni infinite sui progetti, liti e ripicche sulla gestione e poi, di colpo, l’allarme: oddio, non ce la faremo mai! Ed ecco l’affannosa accelerazione, le deroghe, il commissariamento, le scorciatoie per aggirare lacci e lacciuoli, le commesse strapagate, i costosissimi cantieri notturni non stop.
Sono sei anni, dal 31 marzo 2008, che sappiamo di dovere organizzare l’Expo 2015. E anni che sappiamo, dopo i trionfi di Shanghai 2010 dove il nostro padiglione fece un figurone, che l’impresa è difficile se non temeraria. Eppure solo Napolitano, all’ultimo istante, si precipitò alla grandiosa esposizione cinese per ricevere il passaggio del testimone e mettere una toppa sulle vistose assenze del nostro governo. Dopo di allora, tanti proclami, annunci, rassicurazioni... Mentre cresceva, nonostante l’impegno generoso di tanti, la paura di non farcela.
È una maledizione, la fretta. E ci caschiamo sempre. O forse è peggio ancora: c’è anche chi scommette sui ritardi e sulla accelerazione febbrile col cuore in gola. Quando il rischio che salti tutto fa saltare le regole che erano state fissate e i prezzi schizzano sempre più su, più su, più su. Proprio come previde nel 2010 la presidente degli architetti milanesi denunciando «perplessità in merito al rispetto delle scadenze per il completamento dei lavori, alla trasparenza delle procedure e alle modalità che saranno utilizzate per affidare gli appalti». Già la prima di quelle gare, del resto, fu un’avvisaglia: vinse un’impresa con un ribasso enorme da 90 a 58 milioni ma l’anno dopo già batteva cassa per averne 88. Per non dire delle infiltrazioni nei subappalti di imprese in odore di mafia: il capo della polizia Pansa, mesi fa, comunicò che 23 aziende erano state escluse (...ma come... il Ministro degli Interni Maroni non aveva escluso, indignato, che in Lombardia non ci fossero infiltrazioni mafiode e 'nranghetiste? E quante volte il "Governatore per l'Eternità" ci aveva sfrantumato i coglioni parlando delle variegate "eccellenze lombarde"? NdR)
Lo stesso sindaco Pisapia, però, spiegò d’essere sulle spine: troppi, sei mesi di analisi burocratiche, per verificare la serietà di una ditta. Tanto più se la fretta si fa angosciosa.
L’unica sorpresa, nella retata di ieri che segue il fermo un mese fa del Direttore Generale di Infrastrutture Lombarde Giulio Rognoni, sono i nomi di alcuni degli arrestati. Già tirati in ballo vent’anni fa, nella stagione di Mani pulite, come se non fosse cambiato niente. Dal costruttore Enrico Maltauro all’ex pci Primo Greganti fino all’ex dicì Gianstefano Frigerio, poi candidato da Forza Italia (lifting anagrafico...) col nome d’arte di Carlo. Ma come, direte: ancora? Ancora, accusano i magistrati. E parlano d’«una cupola» che «condizionava gli appalti» in favore di «imprese riconducibili a tutti i partiti». Cosa significa «tutti»? Mancano solo un paio di settimane alle elezioni europee. E un anno all’apertura dell’Expo: i dubbi su quello che è oggi il più grande investimento nazionale e rischia di trasformarsi da vetrina della speranza e del rilancio in una vetrina infangata devono essere spazzati via in fretta.
Mi sorprende molto la meravilia dei meravigliati. Scripta manent. Della "Expò del Fagiolo Borlotto" abbiamo scritto, con toni preoccupati, tutto il male possibile, ed abbiamo espresso le nostre fondate preoccupazioni quando ancora i "vincitori" del Gran Premio Expò 2015" erano con la coppa di Champagne in mano, intenti ad autocongratularsi. Correva l'anno 2008, addì 31 Marzo, quando abbimo scritto il post il cui incipit trovare nell'immagine sottostante.
Noi ci eravamo presi la briga di commentare questo in toni non entusiastici questo articolo di Giuseppina Piano, per un mix di ricordi di avvenimenti passati, e per la nostra inguaribile tendenza ad usare la testa e la calcolatrice, nel tentativo - che a volte riesce - di separare "i fatti dalle pugnette". Per i più pigri: ecco cosa scrivevamo in calce all'articolo summenzionato:
[...] Prima di dedicarci a masturbazioni collettive, a orgasmi di gruppo, a seghe circolari, vorrei invitare ad un attimo di riflessione, e di ritorno alla memoria. Dunque, una mostra di durata infinita e su un tema limitato (l'alimentazione) attirerà per cinque mesi dalle 160.000 alle 250.000 persone al giorno a Milano. Tutti ad adorare salami e mozzarelle per 150 giorni?
Una città nella quale la popolazione aumenterà del 20% al giorno in media, vedrà il miracolo della riduzione delle emissioni di CO2 del 15%. Stiamo parlando di una riduzione di emissioni pro-capite che, miracolosamente, passano da 100 a 70. In quale film? Con quali strumenti? forse con le tre Panda elettriche messe in circolo dalla Regione Lombardia, o con la BMW personale a idrogeno di Formigoni?
Un milione di metri quadri solo per le strutture ricettive e di servizio. In pratica, per ognuno dei 200.000 pellegrini giornalieri, ben 5 metri quadri: pochissimi per ogni pellegrino; tantissimi, un milione, una volta finito questo fantasmagorico flusso di assaggiatori di mozzarella.
Ma leggete l'ultimo passaggio dell'articolo, che è addirittura terrorizzante:
"...Le aree date in prestito al Comune torneranno ai loro proprietari, privati, ovvero...la Fiera e il gruppo Cabassi. E là dove fino a oggi non si poteva costruire, in una zona vincolata dal piano regolatore per uso agricolo, potranno farci un nuovo quartiere residenziale..."
Per concludere con questo possibile film dell'orrore, vorrei ricordare, a chi è sufficientemente anziano per averne memoria, la storia allucinante di "Italia '90". All'inizio dei Mondiali, non c'era una sola struttura ricettiva, sovvenzionata dallo stato, che fosse arrivata a completamento. Il parcheggio coperto di Cascina Gobba venne ridicolmente inaugurato tre giorni prima dei mondiali (era al rustico), in pompa magna, per essere richiuso il giorno dopo la fine dei mondiali. Per CINQUE anni il parcheggio non è stato lavato, perchè non era stato appaltato il servizio di pulizia. Per CINQUE anni gli ascensori per i piani superiori non sono entrati in funzione. Quando sono entrati in funzione, avevano delle strane pulsantiere dove il tasto "2°" corrispondeva al 3° (scritto col pennarello); il tre all'uno, l'uno al Terra. Italia 2008: sono passati 18 anni. Nel parcheggio, dopo 18 anni, le toilette brillano per la loro assenza, e chi proprio non ce la fa ad affrontare la tangenziale, piscia dietro un pilastro.
Lo spettacolo calcistico, a stadi vuoti, è stato uno dei più deprimenti degli ultimi 50 anni. Quasi tutti i biglietti erano stati venduti agli sponsors, i quali li avevano regalati a clienti improbabili visitatori. Sicchè c'era lo spettacolo dei bagarini all'opera fuori dagli stadi, e contemporaneamente gli spalti desolatamente vuoti.
Quindi, per piacere, prima di "toccarci" e di commettere "atimpuri", aspettiamo un momento, tanto per capire cosa sia, quanto costi e a cosa serva una Expo Universale di cinque mesi sui fagioli borlotti. Tafanus
Interessante anche questa notizia del 2009 di Vittorio Zucconi:
...a famigghia padana: Renzo Bossi "consulente" per l'Expò 2015
"Ma per coinvolgere 28 milioni di visitatori", osserva Davide Corritore del Pd, vicepresidente del consiglio comunale, "oltre all'Expo bisogna rendere attraente il prodotto Milano. Milano dovrà essere appetibile in sé. Un collettore di eccellenze: non solo i nuovi metrò e la Tav, ma una città più vivibile, attraente e pulita, con una migliore offerta turistica e culturale. Il marketing territoriale sarà marketing politico, si svolgerà su reti politiche: questa è la grande partita dei prossimi anni". Che cosa offrirà la Milano del 2015? Il recupero delle vie d'acqua tra il Naviglio e l'area Expo, fascinoso ma con serie difficoltà tecniche. Due nuove linee di metrò, M4 e M5, che saranno realizzate solo in parte. Alcuni musei nuovi: il Museo di arte contemporanea di Libeskind al quartiere City Life, il Museo del Novecento all'Arengario, la Città delle culture all'ex Ansaldo. Nuovi alberghi e ristoranti, le seduzioni dello shopping, la Scala scintillante, Brera si spera rinnovata. La Moratti promette il raddoppio dei chilometri di metrò, dai 75 di oggi (paragonabili a Vienna e Atene) a 142: assai azzardato. Il turista di Mosca o di Seul non verrà a Milano per visitare il prolungamento del metrò da San Donato a Paullo. Per vendere nel mondo il brand Milano occorre uno sforzo straordinario di comunicazione. Ma tra le agenzie c'è diffuso timore che non vi sarà alcuna gara internazionale (i precedenti di Glisenti al ministero dell'Istruzione con la Moratti non incoraggiano).
Altra nota dolente: i denari. La crisi economica è seria, e la coperta è corta. Il budget della società di gestione, 4 milioni, è da completare. Tredici sono le opere 'essenziali' per 1,8 miliardi (l'area, i collegamenti, le vie d'acqua), e va bene. Ma ben 17 sono le opere 'connesse' (esterne all'area: come le autostrade Pedemontana e BreBeMi, i metrò M4 e M5) per 11,7 miliardi. Il 18 dicembre il Cipe non ha firmato le delibere di finanziamento. Il sottosegretario alle Infrastrutture Roberto Castelli ha dichiarato che di miliardi ne mancano solo 2 e si troveranno (ma non ha voluto approfondire con 'L'espresso'). Sul terzo elenco, le 35 opere definite 'necessarie', c'è il più vivo pessimismo: quegli altri 11,3 miliardi difficilmente salteranno fuori, non basta certo la legge obiettivo per il Nord. Al tutto si aggiunge la crisi di Malpensa e Linate. Sulfureo il commento dell'economista Marco Vitale a 'L'espresso': "Oggi l'Expo è il nulla. E lo sviluppo di Milano si basa su due falsità: che l'Expo sia un evento importante su cui proiettare le proprie aspirazioni, un'idea ottocentesca; e che per far crescere la città si auspichi il trasferimento coatto di 700 mila abitanti".
Intanto Milano freme: al suo sindaco chiede più trasporto pubblico, case a prezzi bassi, asili nido, lotta al traffico, all'inquinamento, alla sporcizia; e meno zingari, meno questuanti, meno violenza. È imminente un rimpasto di giunta, tre assessori da sostituire, e i partiti premono famelici. No, Letizia Moratti non può tirare il fiato, l'apnea è ancora lunga.
Ventinove milioni di visitatori. Per sei mesi, dal 1° maggio al 31 Ottobre 2015, oltre 160.000 persone al giorno, tutti i giorni, arriveranno a Milano, per poi trasferirsi a Rho-Pero per ammirare il culatello, il salame di Felino, e il biscotto Rovagnati. Se poi immaginiamo che, dopo un viaggio così impegnativo (magari dagli antipodi), uno voglia persino visitare Milano e restare tre giorni, per sei mesi, tutti i giorni, Milano avrà il 50% di popolazione in più, rispetto a quella che già ora non regge. Ma questa donna fa finta di essere scema, o è proprio così, in natura? Tafanus
Scritto il 09 maggio 2014 alle 14:30 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (6)
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Off Topics del 9 Maggio
Scritto il 09 maggio 2014 alle 08:00 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (3)
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02 maggio 2014
No Euro: malafede e memoria corta (l'Espresso)
Oggi conviene criticare la moneta unica. Perché porta voti. Ma dalla Lega all'ex Cav tutti votarono i diktat della Ue (di Vittorio Malagutti - l'Espresso)
NON POSSIAMO NON DIRCI NO EURO . C' è da scommetterci: qualcuno, prima o poi, finirà per rispolverare perfino Benedetto Croce, riadattandolo al momento storico con la moneta unica al posto del cristianesimo. Il ritorno alla lira, descritta come la medicina magica per tutti i guai d'Italia, è uno zuccherino propagandistico che va per la maggiore in queste settimane di campagna elettorale.
Per alcuni leader a caccia di voti la battaglia contro il mostro dell'euro è una scorciatoia demagogica formidabile, un capro espiatorio pronto per l'uso a cui addossare tutta la colpa del grave impoverimento del Paese. Prendete per esempio Matteo Salvini, che l'anno scorso ha ereditato la guida di una Lega Nord ridotta ai minimi termini dopo gli scandali (diamanti, Trota, Belsito, Tanzania). Adesso il capo dei lumbard sta rimontando alla grande nei sondaggi sventolando la bandiera dei no-euro. Un discorso simile vale anche per Fratelli d'Italia. Basta aggiungere un po' di pepe antitedesco alla solita minestra della destra popolare. Ed ecco che il partito di Giorgia Meloni può perfino sperare di superare il quorum del 4 per cento necessario per essere rappresentati al parlamento Ue.
Questi sono i duri e puri, quelli senza se e senza ma a cui va riconosciuta una certa coerenza, quantomeno negli ultimi mesi. Se invece si va più indietro nel tempo si scopre che leghisti ed ex An, ora impegnati a sbraitare contro la schiavitù della moneta unica, negli anni dei governi berlusconiani approvarono senza fiatare tutti i provvedimenti europeisti che (dicono loro) ci hanno messo nei guai.
I voti no-euro, però, fanno gola anche ad altri partiti che ufficialmente dichiarano che sarebbe un disastro tornare alla lira. Quindi, appena possibile, conviene smarcarsi, fare dichiarazioni contraddittorie tra loro per far capire che - ma sì, dai - alla fine quando saremo a Bruxelles ci pensiamo noi a sabotare i perfidi piani dell'oligarchia bancaria. Questa, per dire, sembra la linea (una linea con molti avanti e indietro) scelta da Forza Italia, con Berlusconi che a giorni alterni recita la parte del valoroso combattente contro la dittatura dei burocrati Ue.
Anche Beppe Grillo, a proposito di moneta unica, ha fatto dichiarazioni poco coerenti tra loro. Si parte con «l'euro non è il problema» per poi lasciare aperta la porta a un eventuale referendum popolare sulla valuta europea. Per questo nella base Cinquestelle ha provocato un certo disorientamento l'intervento di Gianroberto Casaleggio che in una recente intervista ha tagliato corto: «Noi non diciamo: l'euro è sbagliato». Visti i precedenti, non è escluso che questa affermazione possa venire corretta o addolcita da qui al voto del 25 maggio.
In Italia e in altri Paesi Ue come Francia con il Front National, Olanda (Partito della libertà), Austria con l'Fpo, si sono molto rafforzati movimenti che offrono soluzioni facili a problemi complessi. Gridano «No Europa, No Euro» con una forza che azzera il dibattito perché riduce ogni argomentazione al grado zero del dualismo bianco/nero, amico/nemico. E a volte, in mancanza di argomenti, alcuni di questi capipopolo non si fanno problemi ad accompagnare gli slogan con una buona dose di violenza verbale. Sono palloni gonfiati a caccia di visibilità.
Intanto, milioni di persone che hanno visto crollare le certezze economiche del passato se la prendono, a ragione, con la gestione irresponsabile delle istituzioni finanziarie. Per loro è molto più semplice aggrapparsi a un'illusione piuttosto che provare a ragionare sui rischi colossali di un ipotetico ritorno al passato, alla lira. È una reazione giustificabile, certo. Ma non è detto che non ci porti al disastro. Anzi.
Vittorio Malagutti
Scritto il 02 maggio 2014 alle 12:57 nella Berlusconi, Economia, Politica | Permalink | Commenti (4)
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29 aprile 2014
Se questo è uno statista (di Massimo Giannini)
Quello che segue è l'articolo di Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica, sui folli sproloqui dell'ormai irredimibile pregiudicato di Arcore, che si accinge a pagare il gravissimo reato di frode fiscale con una insopportabile pena di 7 lunghi giorni da trascorrere coi vecchietti. Non a cambiare il pannolone, ma a raccontare magari oscene barzellette su quelli che - poverini - hanno bisogno del pannolone e della ceratina...
Poi, però, dopo aver pubblicato integralmente l'articolo di Massimo Giannini (che ho sempre stimato, almeno fino a metà del 2013), avrei qualche domandina da fargli... Tafanus
Se questo è uno statista (di Massimo Giannini - Repubblica.it)
Se questo è un uomo di Stato. Ad ascoltare i deliri con i quali Silvio Berlusconi ha aperto la sua campagna elettorale, non si può trarre una conclusione diversa. Nessuno si faceva troppe illusioni: un Ventennio di autocrazia populista e di macelleria costituzionale parla per lui. Ma dopo l'assegnazione ai servizi sociali per la condanna al processo Mediaset ci si aspettava almeno una modica quantità di autocontrollo. Non un "ravvedimento", troppo generosamente auspicato dal tribunale di sorveglianza nelle motivazioni con le quali l'ex Cavaliere è stato "affidato" all'Istituto di Cesano Boscone. Ma almeno un po' di misura, nell'apprezzare l'insostenibile leggerezza della pena finale (7 giorni di "assistenza" spalmati sui prossimi 11 mesi), rispetto alla comprensibile pesantezza della pena iniziale (4 anni di carcere). Invece no. Il senso dello Stato, il rispetto delle istituzioni, il principio di legalità: nulla di tutto questo appartiene alla cultura politica di Berlusconi (...già... lo sospettiamo da circa 40 anni, caro Massimo... NdR)
L'accusa ai tedeschi, secondo i quali "i lager non sono mai esistiti", è un insulto alla Storia, prima ancora che alla Germania. La frase, falsa e sconclusionata, è molto più che l'ennesimo "infortunio" di un gaffeur planetario. È invece uno scandalo diplomatico, che fa un danno enorme all'immagine dell'Italia, e non solo al capo di Forza Italia. Le reazioni indignate, che uniscono la Merkel e i rappresentanti di Ppe e Pse, confermano la gravità dell'incidente. E solo la malafede manipolatoria può spingere Berlusconi a replicare che si tratta dell'ennesima "trappola" ordita delle sinistre, e a ribadire la sua "profonda amicizia con il popolo ebraico". Qui in gioco non c'è un presunto "antisemitismo" berlusconiano, che nessuno ha denunciato. C'è invece l'assoluto cinismo del leader di una destra irrecuperabile, che per lucrare una miserabile rendita elettorale in vista del voto del 25 maggio non esita a inventare il solito "nemico esterno", cioè la Germania. A evocare il "non evocabile", cioè i lager. Ad accostare l'inaccostabile, cioè il Fiscal Compact con la Shoah. C'è dunque lo stesso nichilismo morale dell'ex premier di un governo impresentabile, che per difendersi dalle critiche dei socialisti europei dà del "kapò" a Martin Schulz.
L'accusa al presidente della Repubblica e ai magistrati, colpevole il primo di avergli negato la grazia e i secondi di averlo infangato con una "sentenza mostruosa", è un'offesa alla legalità, prima ancora che alla verità. Sono tristemente note, le spallate continue che lo "statista" di Arcore ha tentato di assestare al sistema dal 1994 ad oggi, tra leggi ad personam e intimidazioni ai pm, alla Consulta, al Quirinale. Ma non erano altrettanto note le rivelazioni fatte dallo stesso ex Cavaliere, che a "Piazza pulita" afferma impunemente di aver detto al Capo dello Stato "tu hai il dovere morale di darmi la grazia motu proprio". In questo "atto sedizioso" si racchiude, tutto intero, il berlusconismo. L'idea malsana che l'unzione popolare purifica da tutti i reati e da tutti i peccati. Che le istituzioni ne debbano solo prendere atto, compiendo di propria iniziativa il passo che il pregiudicato non vuole richiedere, perché questo equivarrebbe a riconoscere la sua responsabilità penale. Che la Costituzione, formale e materiale, si debba snaturare per questo, introiettando l'anomalia cesarista di un cittadino che si pretende diverso da tutti gli altri, dentro e fuori dalle aule di giustizia, e che pertanto va considerato "legibus solutus" per il passato, il presente e il futuro. Se la rivelazione berlusconiana è vera (e non c'è ragione di credere che non lo sia) bisogna ringraziare una volta di più Giorgio Napolitano, per non aver ceduto di un millimetro e non essersi prestato a questo scempio etico, giuridico e politico.
Quanto alla "sentenza mostruosa", in un Paese che perde troppo facilmente la memoria non finiremo mai di ricordare che la condanna dell'ex Cavaliere nasce dalla gravità del reato commesso, accertato senza alcun ragionevole dubbio nei tre gradi di giudizio: una frode fiscale da 7 milioni di euro, parte di una provvista in nero da 370 milioni di dollari con i quali il condannato pagava mazzette a magistrati, funzionari pubblici e parlamentari. Cosa ci sia di "mostruoso", nell'espiare un delitto così grave assistendo gli anziani per un pomeriggio a settimana, lo vede chiunque. Berlusconi è l'opposto che un "perseguitato". Pur essendo riconosciuto come "persona ancora socialmente pericolosa", ha beneficiato di uno "statuto speciale" che non limita la sua "agibilità politica" né preclude la sua campagna elettorale (cominciata infatti proprio con le armi distruttive dell'anti-europeismo e dell'anti-Stato).
Resta da chiedersi perché Berlusconi continui imperterrito a sparare sul Colle e sulle toghe, dal momento che la Sorveglianza gli ha concesso i servizi sociali purché si attenga alle "regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni" ed eviti le frasi "offensive" e di "spregio nei confronti dell'ordine giudiziario". La risposta può essere una sola: l'ex Cavaliere provoca, e forse spera che la magistratura sia costretta suo malgrado a dovergli revocare l'affidamento alla Sacra Famiglia, e a disporre gli arresti domiciliari. Sarebbe il famoso "finale da Caimano". Il pretesto definitivo per lanciarsi da "martire della libertà" nel fuoco della battaglia elettorale. La scelta estrema per cercare di risalire l'abisso dei consensi in fuga, per sottrarsi all'"abbraccio mortale" con Renzi e per recuperare posizioni su Grillo che il 26 maggio rischia di diventare almeno il più grande partito italiano dopo il Pd, pronto per l'eventuale ballottaggio previsto dall'Italicum. È questo, dunque, il grumo di rabbia sociale e politica con il quale il governo e il Pd renziano devono fare i conti nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Un gioco al massacro tra il populismo berlusconiano e il populismo grillino. Il terreno peggiore, per costruire e tenere in piedi il cantiere delle riforme.
Massimo Giannini
bentornato fra di noi. Bentornato fra coloro che - forse - finalmente "si stanno accorgendo". Non che la cosa sia provata, ma... Ma andiamo con ordine.
Caro Giannini, io non ho niente contro di lei. Anzi. Ho sempre parlato bene di lei (almeno fino al 2013) e il numero di links ai suoi articoli che ho spesso postati, nonchè il numero di volte che ho ripreso parti di suoi articoli, sono li a testimoniare la mia (passata) stima nei suoi confronti. Ma c'è un ma.... Io appartengo a quella categoria di imbecilli che sono sempre pronti a cambiare idea, quando la forza dei fatti sovrasta l'eterea leggerezza delle pugnette.
E' esattamente quello che mi è successo con lei. Da quando ha preso vigore il fenomeno del renzismo, la corsa a salire sul carro del "vincitore del momento", Repubblica (che leggo dal primo numero, 14 gennaio 1976) sta diventando sempre meno il MIO giornale. Continuo a leggerlo, nonostante tutto, faute de mieux. Che non sarebbe, a ben guardare, una grande motivazione. Non è difficile fare meglio del Corrierone di Galli della Loggia e Panbianco, dell'Ambasciatore Romano e di Piero Ostellino; non è difficile far meglio del "Geniale" di rigor-mortis Sallusti" o di Libbbero di Littorio Feltri... Vogliamo dirla tutta? Continuo a leggere Repubblica grazie a pochi "superstiti" della quarantennale guerra di Repubblica: il "padre nobile" Eugenio Scalfari, Federico Fubini, Francesco Merlo, Sebastiano Messina, Federico Rampini, e pochi, pochissimi altri.
E, mi duole dirlo, da circa un anno fra "le residue ragioni" per leggere Repubblica non c'è lei. Niente di personale. Ma per lunghi mesi ho aspettato, ho sperato di leggere un suo scritto da "indignato speciale" sull'osceno patto fra Berlusconi (persino il suo articolo odierno dimostra come lei sia molto conscio di chi sia Berlusconi), e il Matteo Renzi da Frignano sull'Arno, questo ridicolo Mr. Bean che da mesi promette una grande riforma al mese ma, come sappiamo lei, io, il Sole24Ore, e chiunque legga qualcosa, fin qui ha solo parlato, parlato, parlato, e prodotto solo promesse, chiacchiere, tweet ed auto-incensazioni. Un redisuato da oratorio dell'Azione Cattolica, tutto "chiacchiere e distintivo".
Caro Giannini, la reputo troppo intelligente per non essersi accorto di chi sia Renzi. A me ricorda un perdibile film: "Sotto il vestito, niente". A lei cosa ricorda? Berlinguer? Moro? De Gasperi? Longo? A me ricorda il figlioccio di Forlani, l'esibizionista che da sindaco di Firenze passava più tempo in TV e ad inaugurare fontanelli, che non a Palazzo Vecchio. A me ricorda un sindaco che in un anno, secomdo l'annuale ricerca del Sole24Ore, è riuscito a passare da "Sindaco più amato dagli italiani" (fra i sindaci delle città-capoluogo, alla 57° posizione. IN UN ANNO.
A me sembra di non ricordare una sua sola articolessa che abbia condannato il ggiovane statista, per aver fortemente contribuito alla resurrezione politica del pregiudicato di Arcore. Dimenticanza? Oppure giudica normale che uno Statista della Statura di Renzi firmi patti di legislatura con un criminale? Oppure lo ha fatto, e a me è sfuggito? E in tal caso non mi manderebbe gentilmente un link, affinché io possa pubblicare la sua articolessa, e chiederle umilmente scusa? Mi farebbe un grande favore, perchè ad oggi non riesco a ricordare niente. Ogni volta che leggo un suo editoriale, spero di trovare finalmente un paio di righe che chiedano conto allo Statista di Frignano sull'Arno del fatto di essersi scelto un pregiudicato - uno che è esattamnente ciò che lei ha descritto nell'editoriale di oggi - come compagno in questa oscena avventura politica.
Niente da fare. Ogni volta che, da mesi, la leggo, sono assordato dal suo silenzio. Anche oggi, dopo aver descritto magnificamente chi sia Berlusconi, dimentica di fare il nome del suo compagno di strada e di inciuci.
Caro Giannini, mi creda: il suo silenzio continuo sui rapporti fra Renzi aspirante statista, e Berlusconi sedicente statista e pregiudicato certificato, è qualcosa di assordante. Rompa questo silenzio. Ci spieghi, una volta e per tutte, se non vede l'oscenità di questo rapporto preferenziale fra uno che si dichiara di sinistra, e questi imbarazzanti cascami dell'italo-forzutismo.
Tafanus
L'oscena accoppiata
Scritto il 29 aprile 2014 alle 17:33 nella Berlusconi, Media , Politica | Permalink | Commenti (4)
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20 aprile 2014
Evasione fiscale a 120 miliardi. Fra le tante riforme "una al mese", sapete dirmi in che mese c'è quella sull'evasione fiscale?
Evaso un euro ogni 4 pagati. Sottratti 120 miliardi all'anno - Stime dall'elaborazione dei dati Bankitalia e Istat. Peggio di noi solo la Grecia. Gdf: Iva perno degli illeciti, falso in bilancio torni reato (Fonte: Repubblica Affari & Finanza)
In tre decenni la sua forza di fuoco in termini finanziari è quasi triplicata. Oggi l'evasione vale circa l'8 per cento del Pil, rispetto a un livello inferiore al 4 per cento dei Paesi europei più efficienti e capaci di conciliare crescita, conti in ordine e equità.
Secondo la maggior parte delle stime, peggio dell'Italia fa solo la Grecia. Ma non c'è alcun dato certo perché nessun governo ha mai osato una stima pubblica e ufficiale della massa di risorse sottratte al fisco, o meglio delle tasse scaricate sui contribuenti onesti o incapaci di sottrarsi da quelli che invece sono capacissimi di farlo. Per quanto incredibile possa sembrare, questo Paese colpito e affondato dall'evasione non ha mai fatto lo sforzo di misurarla e poi informarne i cittadini.
"Non esistono stime ufficiali", ha spiegato di recente ai membri della Commissione Finanze del Senato il generale della Guardia di Finanza Saverio Capolupo, augurandosi che presto si arrivi a formularla. Non dev'essere impossibile, dato che per esempio ogni anno in Gran Bretagna il governo calcola con precisione (e pubblica) la sua stima. Qui, niente. In realtà la cosiddetta delega per la riforma fiscale appena approvata in parlamento prevederebbe che si cominci a farlo, ma per attuarla servirà almeno un anno. Per ora si sa solo che l'Agenzia delle entrate ha stimato un "tax gap" (mancato gettito da evasione) intorno agli 80 miliardi, tenendo conto di Irpef, Ires, Irap e Iva. Ma non dell'evasione contributiva e di quella relativa alle imposte locali.
Un'elaborazione sui dati forniti da Banca d'Italia e dall'Istat permette comunque di fissare fra i 100 e i 120 miliardi di euro il volume delle risorse sottratte grazie alle più svariate forme di evasione e elusione illegale. Per intendersi, è una somma superiore al costo degli interessi sul debito pubblico, al monte retribuzioni lorde dell'intero personale dello Stato centrale, e pari a tre volte il bilancio dell'istruzione in Italia.
Alla commissione Finanze del Senato, di recente Salvatore Chiri e Paolo Sestito della Banca d'Italia hanno ricordato che il gettito evaso dell'Irap, l'imposta regionale sulle imprese, è quasi un quinto di tutto ciò che dovrebbe essere pagato. Per l'Iva, il prelievo sui consumi, l'Agenzia delle Entrate stima l'evasione al 28%. E dell'Irpef, l'imposta sui redditi personali che nel 2013 da sola ha portato 157 miliardi all'erario, sparisce circa il 14%. Visto il gettito di queste voci, significa che ogni anno mancano all'appello (almeno) 5 miliardi di Irap, circa 40 miliardi di Iva e altri venti o 25 di Irpef. Fino a settanta miliardi di tasse evase su tre sole voci che pesano circa due terzi del totale delle entrate tributarie dello Stato. Nel complesso, è dunque molto probabile che l'evasione sottragga almeno cento miliardi l'anno.
Poiché le entrate fiscali nel 2013 sono state di 426 miliardi, di fatto ogni quattro euro regolarmente pagati in tasse dagli italiani uno è illegalmente sottratto.
La situazione è tale che anche la Guardia di Finanza chiede ormai al governo interventi precisi. Quello più delicato è la revoca delle scelte compiute da Silvio Berlusconi più di dieci anni fa: è ora di fare (di nuovo) del falso in bilancio un reato penale, qualcosa per cui si può andare in prigione, in modo da dissuadere un'infinità di piccole frodi sull'Iva. Ha ricordato il generale Capolupo nella sua audizione in Senato: "Se le misure cautelari amministrative si sono rivelate finora poco efficaci, gli strumenti offerti dalla legislazione penale invece ci hanno permesso di arrivare a risultati importanti". Le Fiamme Gialle chiedono poi al governo anche di scoraggiare ulteriormente l'uso del denaro contante, ben oltre il tetto a mille euro.
Resta da vedere se questa maggioranza sarà pronta a recepire il messaggio di chi combatte l'evasione in prima linea o prenderà una strada diversa. Nell'ultimo Documento di economia e finanza la lotta all'evasione fiscale compare, ma legata all'attuazione delle delega fiscale in tempi non immediati. Non c'è alcuna enfasi e l'intero tema dell'evasione fiscale appare scolorito nell'agenda della politica. L'approccio rispetto ai precedenti governi a maggioranza di centro sinistra è diverso, come spiega il sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti: "Questo governo non intende usare la lotta all'evasione fiscale come scusa per evitare la spending review", dice il sottosegretario di Scelta Civica. "Pensiamo anche che i blitz anti-evasori, tipo quello di Cortina, possano essere utili purché scompaia quella deleteria spettacolarizzazione. È come se l'Agenzia delle Entrate pensasse ad operazioni di marketing anziché al risultato, come dovrebbe fare un'istituzione", è la sua accusa.
Non che l'Agenzia delle Entrate non abbia avuto dei successi negli ultimi anni. Gli incassi derivati da quella che definisce l'"attività di controllo" sono progressivamente saliti da 2,1 miliardi di euro del 2004 fino a 13,1 miliardi del 2013. Ma non tutti sono convinti che si stia facendo tutto il possibile. "La verità è che dopo l'ultimo governo Prodi non si è più seguita una linea di controllo dell'evasione", sostiene l'ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, oggi tornato all'insegnamento universitario.
Con il suo centro di ricerca Nens, Visco sta preparando un rapporto analitico sull'evasione con alcune proposte per combatterla. Peraltro anche l'ex ministro è critico sui metodi seguiti di recente. "C'è stato un blocco della lotta contro l'evasione, compensato con i blitz modello Cortina, che non danno risultati. Invece, andrebbe ripresa con una strategia di medio-lungo periodo agendo su più leve: modifiche alle leggi, incrocio delle informazioni e delle banche dati, rapporto preventivo con i contribuenti".
Nel frattempo l'evasione fiscale continua ad agire sulla società come una sostanza tossica che ne erode i connotati. Basta dare un'occhiata al confronto europeo per capire fino a che punto l'evasione stia producendo disoccupati in questo Paese. L'Italia è ai vertici, seconda nell'Unione europea a 28 Paesi dopo il Belgio, per il peso del fisco sul costo del lavoro: oltre il 30. Dunque le imprese fanno meno assunzioni e quando si possono si liberano del personale. Per un motivo, fra gli altri, si cui sono responsabili esse stesse: evadono l'Iva, dunque lo Stato tiene alte altre imposte, soprattutto sul lavoro.
L'Italia è infatti fra le ultime (dopo Spagna e Irlanda) per gettito Iva nella Ue. E il perno dell'evasione è qui: circa 36 dei 100-120 miliardi di evasione. Questa è la tassa più evasa, anche per la diffusione del lavoro autonomo con oltre 5 milioni di partite Iva. "Sottrarsi a questa imposta consente di occultare base imponibile per il pagamento di altri tributi", sostiene la Banca d'Italia. Chi evade su determinate operazioni non si può che farlo, a cascata, sul reddito frutto di quelle operazioni. Nel 2013 la Guardia di Finanza ha accertato 4,9 miliardi di euro di Iva non pagata, di cui 2 miliardi riconducibili alle cosiddette "frodi carosello" basate su fittizie transazioni commerciali con l'estero.
Un caso scoperto a Taranto all'inizio di quest'anno dalle Fiamme Gialle: tre società servivano formalmente ad acquistare automobili e ad emettere fatture fittizie ai reali venditori. Questi hanno dedotto l'Iva sulle fatture emesse dalle società fittizie ottenendo un vantaggio che ha permesso di rivendere le vetture ad un prezzo impraticabile per i concessionari corretti. Era un giro di 16,5 milioni di fatture false per oltre tre milioni di Iva evasa. Un caso tipico di un popolo di santi, poeti e inventori delle più innovative tecniche di evasione con cui l'Italia finirà per affondarsi da sola.
(di Federico Fubini e Roberto Mania)
Scritto il 20 aprile 2014 alle 11:44 nella Berlusconi, Economia, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (0)
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15 aprile 2014
Matteo Renzi, le nomine in stile Gattopardo, e la finta parità uomo/donna
Siamo donne o caporali? Il solito Renzi: sotto l'annuncio, niente. Parità uomo/donna sticazzi. Alle donne solo poltrone decorative da "Presidente". Potranno avere un bell'ufficio, la macchina blu, un lauto stipendio, e convocare le assemblee dei soci. Firmare i verbali delle decisioni prese da altri, ed avere un biglietto da visita molto affascinante per i gonzi.
Le poltrone da Amministratore Delegato, infatti, sono andate tutte ai maschietti. E fra questi, anche a quel Moretti che avrebbe dovuto - secondo l'opinione pubblica prevalente - essere cacciato a calci in culo dalla Direzione delle Ferrovie. Invece viene spostato dalle Ferrovie a Finmeccanica. Non prenderà, forse, i 2,2 milioni di euro all'anno del suo predecessore, ma certamente prenderà più degli 850.000 euro da AD delle Ferrovie, la cui riduzione, annunciata da Renzi, aveva fortemente contestato. Capovolgendo un vecchio adagio: Abmoveatur ut promoveatur. E tutti vissero felici e contenti. Ma tranquilli. Per incrementare il tasso di competenza tecnica nell'industria degli armamenti (esperienza di Moretti pari a ZERO), arriva Marta Dassù, un'altra donna per tutte le stagioni, con lo sterzo che tira a destra. Dopo una breve vicinanza a D'Alema, è stata con Monti, quindi con Letta, (viceministro agli Esteri). Editorialista di giornali progressisti come il Corsera (Rizzoli), La Stampa (Fiat), IlSole24Ore (Condindustria). Esperienza nell'undustria degli armamenti? ZERO. Ma Renzi non vuole scontentare nessuno, specie adesso che comincia a realizzare che a Palazzo Chigi non c'è il volante al quale aggrapparsi facendo brum brum con la bocca
Alla Presidenza dell'ENI va la Marcegaglia, ex falchetta di Condindustria e berlusconiana di ferro. Una scelta anche eticamente molto opportuna, visto che il fratello maggiore della Emma Minigonnata (Antonio) ha patteggiato una condanna evasione fiscale, riferita a quando dirigeva l'azienda di famiglia con Emma, che tuonava contro le mazzette e la corruzione. Un patteggiamento per 11 mesi di carcere, oltre alla restituzione allo Stato di sei milioni di euro. Una Marcegaglia la cui ultima prova di efficienza manageriale l'ha data rilevando praticamente a costo zero l'inutile (e mai utilizzata) mega-struttura turistica della Maddalena, costruita per ospitare un G8 mai fatto alla Maddalena. In quella fantastica struttura, abbandonata a se stessa, crescono le sterpaglie, e gli unici ospiti (non paganti) sono topi e gabbiani. Per rinfgrescarsi la memoria, rinvio ad un nostro post sull'argomento. Da un altro nostro post, pubblico le foto del "rendering" del MITA Resort della Maddalena che mostra come avrebbe dovuto essere, e la foto di come è ridotto:
LA MADDALENA - Esistono catastrofi che il silenzio in cui sono state sprofondate, se possibile, rende ancora più intollerabili. E il G8 sull'Isola della Maddalena è una di quelle. Quattrocento milioni di euro di denaro pubblico hanno consegnato 27mila metri quadrati di edifici, 90mila metri di aree a terra e 110mila di mare al nulla di un progetto privato di fatto mai partito (un polo di lusso per la vela gestito dalla Mita Resort dell'ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia). Ai veleni liberati dai fondali della darsena dell'ex Arsenale militare, mercurio e idrocarburi pesanti, la cui dispersione ha raggiunto, sedimentandosi in profondità, l'area limitrofa allo specchio di mare del Parco della Maddalena.
Chi volesse ricordare i particolari di quest'altro disastro ecologico, economico e industriale, può utilmente leggere un altro nostro post, scritto in tempi non sospetti.
Altra nomina "'de sinistra" è la Luisa Todini, creatura belloccia la cui "nascita mediatica" è dovuta al solito Floris, che è stato anche il "talent-scout" e queen-maker della Polverini. Italoforzuta fin dal '94, europarlamentare per conto "papi-Silvio", la Todini ha anche dimostrato le sue elevate qualità manageriali portando in prossimità del fallimento l'azienda avuta in regalo da papà (la Todini Costruzioni), salvata in extremis dal fallimento dal provvidenziale intervento della Impregilo (2009). La Todini è anche nel CdA della RAI, sempre in quota Forza Italia.
Amorosi sensi fra due 'de sinistra: Luisa Todini e Renata Polverini
Secondo Delrio (un uomo, un mito) fra la carica di consigliere RAI della Todini e quella di Presidente delle Poste non c'è alcuna incompatibilità. Già... se non fosse per quel piccolo particolare che spetta alle Poste lo spinoso problema dell'assegnazione delle frequente radiotelevisive... Esilarante, questo governo Renzi. Ma leggiamo sul "Fatto" altri particolari dimenticati sulla bella Todini in formato velina:
[...] per l’ex europarlamentare di Forza Italia la nomina pubblica è una piccola consolazione: l’imprenditrice è stata di recente è stata scaricata dall’amico Pietro Salini, che aveva salvato l’azienda della famiglia Todini nel 2009 inglobandola nel suo gruppo (oggi Salini-Impregilo) grazie al “grande supporto del sistema bancario, con particolare riferimento ai gruppi Intesa Sanpaolo e Bnl-Bnp Paribas, insieme a Unicredit e Mps”. Un anno dopo, nel 2010, l’allora premier Silvio Berlusconi l’avrebbe voluta per sostituire Claudio Scajola a capo del ministero dello Sviluppo economico oggi occupato da un’altra pupilla dell’ex Cavaliere, Federica Guidi. Per la Todini, poi, l’incarico ai vertici delle Poste è un impegno in più che si aggiunge al lavoro del Comitato Leonardo, associazione che si propone di promuovere l’immagine dell’Italia come sistema Paese. Una sorta di rete di imprenditori che evidentemente non dispiace al premier Renzi [...][...] l’elenco delle principali quote rosa si chiude poi con Maria Patrizia Grieco indicata dal governo per l’Enel. Di lei si può senz’altro dire che conosce bene i consigli di amministrazione. Anche quelli più insidiosi. Il suo nome figurava nella lista di Intesa San Paolo per il rinnovo del cda della Parmalat presentata a maggio 2011, poco prima del passaggio in mani francesi. Ed era due righe sotto a quello di Enrico Bondi [...]
P.S.: Il costo stimato per sole buonuscite, per la cacciata dei manager che dovranno far posto ai nuovi renzusconiani è di venti milioni di euro. TafanusScritto il 15 aprile 2014 alle 15:26 nella Berlusconi, Economia, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (5)
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25 marzo 2014
Caso Ruby - La Cassazione assolve il pm Fiorillo e condanna il Csm: "La Fiorillo aveva il diritto di difendersi dalle dichiarazioni denigratorie e dalle diffamazioni del Ministro degli Interni Maroni
La Suprema Corte ha annullato con rinvio la sanzione inflitta dal Consiglio superiore della magistratura al pm del Tribunale per i minorenni che decise che la marocchina doveva andare in comunità. Secondo gli ermellini aveva il diritto-dovere di difendersi dalle "denigrazioni diffamatorie" dell'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni. La Fiorillo aveva smentito, con interviste, la ricostruzione sull'affidamento della giovane marocchina a Nicole Minetti (Fonte: Il Fatto Quotidiano)
La Cassazione “assolve” un magistrato e punta il dito contro il Csm che l’aveva punito. Uno scontro tra palazzi che avviene su uno dei casi più bollenti degli ultimi anni: ovvero l’affaire Ruby. Protagonisti di un verdetto a sezione Unite il pm per i minori Annamaria Fiorillo, l’allora ministro Roberto Maroni, e il Consiglio superiore della magistratura che alla toga ribelle, che rilasciò interviste per difendersi dalle dichiarazioni del responsabile del Viminale, considerate diffamatorie, aveva inflitto una sanzione. Il magistrato ordinò che la giovane marocchina, all’epoca 17enne, venisse accompagnata in comunità. Invece fu affidata all’allora consigliera regionale del Pdl Nicole Minetti. Quando il ministro disse che la procedura era stata regolare Fiorillo rilasciò alcune interviste sostenendo che Maroni aveva mentito.
La Fiorillo fu quindi condannata per violazione del riserbo dal Consiglio Superiore della Magistratura, ma oggi la Cassazione dice che aveva diritto di difendersi da una diffamazione. Che riguardava lei come magistrato, ma anche la stesso organo: “La tutela dei magistrati contro denigrazioni diffamatorie è, oltre che compito del Consiglio Superiore, un diritto per ciascun magistrato ed un dovere istituzionale al quale non si può abdicare, poiché la credibilità dell’istituzione giudiziaria e la fiducia dei cittadini nella sua imparzialità sono una garanzia assoluta della vita democratica”. Insomma la Fiorillo con le sue dichiarazioni aveva difeso la sua toga e quella di tutti i suoi colleghi. Con la sua punizione in qualche modo si è mutilata quella difesa.
La Cassazione ha quindi annullato con rinvio quella decisione affinché il Csm quindi riesamini la vicenda. Il magistrato aveva smentito, con interviste, la ricostruzione sull’affidamento di Ruby a Nicole Minetti che, il 9 novembre 2010, l’allora ministro dell’Interno disse che avvenne su indicazioni della stessa Fiorillo. La Fiorillo, sentita come teste nel processo Ruby, aveva ribadito che l’allora responsabile del Viminale non disse il vero, perché lei non aveva mai autorizzato quell’affidamento anomalo di una minorenne, denunciata per furto e sospettata di essere una prostituta.
Scrivono gli ‘ermellini’ – nella sentenza 6827 delle Sezioni Unite, pubblicata oggi e relativa all’udienza dello scorso 28 gennaio – che “la pubblica notizia dell’affidamento di una minore ad una persona estranea alla famiglia, in una vicenda contraddistinta dall’intervento del Presidente del Consiglio dell’epoca (Silvio Berlusconi, condannato per concussione e prostituzione minorile in primo grado), era idonea a compromettere presso l’opinione pubblica non solo l’onore e la professionalità” della pm Fiorillo, “ma anche i valori dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura”.
“Compito di tutelare i magistrati è del Csm “. Sottolinea la Cassazione che in questo procedimento disciplinare, non si discute della reazione del pm a una critica, ma della sua reazione “all’attribuzione di un provvedimento non solo di contenuto diverso da quello effettivamente adottato, ma anche inconciliabile con i doveri del magistrato e con l’immagine che il magistrato deve dare di sé per la credibilità propria e della magistratura”. In proposito, accogliendo il ricorso del pm Fiorillo contro la sanzione inflittale da Palazzo dei Marescialli lo scorso giugno, la Cassazione, staffilando i togati del Csm, spiega che “la tutela dei magistrati contro denigrazioni diffamatorie è, oltre che compito del Consiglio Superiore, un diritto per ciascun magistrato ed un dovere istituzionale al quale non si può abdicare, poiché la credibilità dell’istituzione giudiziaria e la fiducia dei cittadini nella sua imparzialità sono una garanzia assoluta della vita democratica”. Il verdetto ricorda che Fiorillo ha difeso la sua “professionalità” e la sua “credibilità” di magistrato che sono un bene “coerente” con quello della imparzialità e indipendenza dei giudici.
La Cassazione: “La verità mediatica si fissa nella memoria collettiva.” Ora il Csm dovrà verificare se il pm anziché rilasciare interviste – a ‘In mezz’ora’ e a ‘Repubblica’ – avrebbe potuto difendersi con altri mezzi, senza violare il dovere del riserbo e la prerogativa del capo della Procura a parlare con i media. Ad esempio, come aveva sostenuto il Pg della Cassazione, chiedendo l’intervento a tutela del Csm, l’intervento a tutela del capo dell’ufficio, o presentando querele. Ma i supremi giudici, spezzando ancora una volta una lancia in favore di Fiorillo – e della scelta di esternare ai media la sua versione dei fatti, in assenza di immediati atti a tutela, pur da lei sollecitati – osservano che “non può tacersi che nell’attuale società mediatica l’opinione pubblica tende ad assumere come veri i fatti rappresentati dai media, se non immediatamente contestati: la verità mediatica, cioè quella raccontata dai media, si sovrappone, infatti, alla verità storica e si fissa nella memoria collettiva con un irrecuperabile danno all’onore”.
Scritto il 25 marzo 2014 alle 14:28 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (0)
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16 marzo 2014
La "Ministra Berlusconiana" Federica Guidi molto attiva nello sviluppo economico: della Croazia
Quando Renzi, su ordine di Berlusconi, ha nominato Ministro alla Sviluppo Economico Federica Guidi, AD della Ducati Energia ed azionista di riferimento della stessa, in pieno conflitto d'interessi (ma che fa? Berlusconi è abituato, e Renzi sta imparando in fretta di cosa non bisogna occuparsi), qualcuno (pochi in verità), ha provato a far osservare che non poteva occupare questo dicastero l'AD di un'azienda che ha nello stato uno dei maggiori clienti. La Guisi si ' "dimessa" da AD, ma non da azionista. Niente vendita dell'azienda, niente blind-trust. Abbiamo come un sospetto che la Guidi Ministro ma non più AD Ducati sappia benissimo cosa serva alla Ducati Energia.
Renzi aveva subito capito quale fosse il problema italiano: il lavoro che non c'è, la disoccupazione tornata al 13%. Quindi ha subito imbarcato una ministra, con forti simpatie berlusconiane, che conosce benissimo l'arte di creare posti di lavoro. In Croazia.
Complimenti, Renzie. A proposito, Presidente, che bella cravatta... c'est di Gucci?...
Tafanus
La Ducati Energia di Federica Guidi in Croazia
Sviluppo Economico, se il ministro delocalizza: tra Italia e Croazia, nelle fabbriche di Federica Guidi. Viaggio negli stabilimenti Ducati Energia del neo ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi: da Ludbreg, in Croazia, dove un operaio guadagna 500 euro al mese, a Borgo Panigale (Bologna), dove i dipendenti sono passati dai 600 del 1985 ai 220 di oggi
(Fonte: Francesco Gilioli e Antonio Nasso - Repubblica/TV)
Credits: Ringrazio Nonna Mana e Gatto Nero per la segnalazione
Scritto il 16 marzo 2014 alle 12:05 nella Berlusconi, Economia, Lavoro, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (9)
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11 marzo 2014
La carica dei 101 bastardi - Attento, Fonzie... il destino delle volpi è quello di finire in pellicceria...
Chiunque legga il Tafanus sa che io non sbavo per le quote 50/50, ma preferisco una suddivisione delle candidature che faccia riferimento ad una qualche misurazione dell'impegno complessivo dei due sessi nella politica di base. Quella che spesso si fa non per tornaconto, ma per passione e per spirito di servizio. Penso ad esempio ai tanti consiglieri comunali che prendono 18 euro lordi a seduta, e che spesso rinunciano ache a quei quattro soldi. Ma non è questo il tema di questo post. Il tema è che i soliti bastardi (la banda dei 101 in maschera) ha colpito ancora.
Ma il tema, ancora più importante, è che dobbiamo discutere serenamente, seriamente, dell'inadeguatezza etica e tecnica di chi ci governa. Costui, avendo "odorato" che l'emendamento 50/50 (come pure quello 40/60) rischiava di passare, e avrebbe creato problemi all'ammmore fra Renzi, Berlusconi e Verdini, si è "chiamato fuori", e ha fatto arrivare in aula gli emendamenti pericolosi senza il parere del governo. Se gli emendamenti scomodi per la banda di Arcore passano, è colpa del Parlamento (e con la complicità del voto segreto, nessuno potrà imputare la cosa a nessun altro); se passano, perfetta simmetria: nessuno può accusare nessuno.
Legge elettorale più sballata del porcellum, col "rinforzo" del rinvio della sua entrata in vigore a babbo morto (cioè a Senato riformato o abolito). Perfetto SuperAttak per incollare il culo di Renzi alla poltrona di premier per l'eternità, e dei peones alla "festa" da 14.500 euro al mese: dovranno tornare a fare i professori precari di scuola media, o i ragionieri al CAF delle ACLI. Potremmo dire "amen", se non fosse che per fortuna esistono anche donne coi coglioni, come l'odiata (da Arcore a Frignano sull'Arno) Rosy Bindi. Altra cosa, caro Fonzie, rispetto alle adoranti Boschi e Madia.
Credo che la popolarità di Renzi sia a rischio (?) di crollo verticale. In poche settimane, è riuscito a sbattere la faccia - agitandosi troppo con eccesso di tatticismo - contro Camusso ma anche contro Landini, contro l'Europa, contro le donne del PD ma anche contro molte donne di FI e di altre formazioni; contro Quinzi, ma anche contro l'associazionismo. Attento, fonzie... rischi che alla fine del tourbillon ti restino attaccate solo le bosche tacco 12, i giachetti ex-tutto, le madie senza tom-tom, le serracchiane e le mirte merline. Credi davvero di poter durare con questi fantastici "followers"? Forse su twitter si, ma la vita non è un social, è più complicata delle tue battute cazzare da 140 lettere.
Tafanus
Liste bloccate e quote rosa - La guerra di Rosy Bindi contro Renzi (Fonte: Repubblica)
Che ci fosse in atto "una guerra personale" tra Rosy Bindi e Matteo Renzi si era già capito da tempo. Almeno dai tempi delle primarie tra Renzi e Bersani del 2012, quando tra i due si consumò un'accanita battaglia sulle regole che vide l'allora presidente del partito vincere sul "ragazzino" che aveva osato sfidare l'establishment del partito. Stamattina all'assemblea del Pd a largo Nazareno, la pasionaria del Pd ha affilato le unghie dopo la «profonda ferita» che si è consumata dentro al partito a seguiro dell'affossamento delle quote rosa ieri sera alla Camera.
Con Renzi «ci siamo detti le cose come stanno», ha detto la Bindi utilizzando una uscita laterale per lasciare il Nazareno al termine della riunione tra le deputate e i deputati del Pd con il segretario e presidente del consiglio.
Chi era presente, ha parlato di toni sopra le righe, addirittura incandescenti. Durante il suo intervento, Renzi ha fatto riferimento all'intervista rilasciata dalla presidente della commissione Antimafia a Repubblica, in cui Bindi affermava che il Pd ha sacrificato la lealtà ai valori della Costituzione all'accordo con Berlusconi. Renzi ha sottolineato che l'Italicum non viola la costituzione. Bindi ha ribattutto, dal posto che occupava in fondo alla sala, che lei non ha detto questo. «Il Pd è stato ferito dai 100 voti che sono mancati per far passare la norma antidiscriminatoria», ha detto Bindi al premier che si è lamentato per i distinguo sulla parità di genere. «Noi abbiamo un'idea diversa della democrazia di un uomo solo che fa le cose buone. E se oggi abbiamo un segretario e un premier che crede alla parità, domani potrebbe non essere così».
E' stato a quel punto che il segretario avrebbe chiesto di lasciarlo terminare il discorso, assicurando che poi avrebbe restituito la parola per eventuali repliche.
Già ieri, la Bindi aveva protestato dopo il voto sulla parità di genere. La presidente della Commissione Antimafia, visibilmente turbata, lasciando l'aula, aveva applaudito ironicamente alla volta del ministro Boschi, sbattendole le mani praticamente in faccia. Poi aveva puntato il dito contro i colleghi uomini, richiamando alla memoria un'esperienza non certo edificante per il Partito democratico: «Siamo ancora ai 101? Siamo ancora a quella storia lì?», aveva chiesto Bindi ai colleghi riuniti in un capannello, con esplicito riferimento ai franchi tiratori che affossarono la candidatura di Romano Prodi al Quirinale.
Oggi, un nuovo strappo dopo la bocciatura delle preferenze alla Camera, "figlia" anche questa dell'accordo tra Renzi e Berlusconi. «Credo che le liste bloccate siano inaccettabili. Nella percezione dei cittadini, corrispondono al Porcellum». Poi, lancia la stoccata: «Questa della parità di genere è forse uno dei punti fondamentali. E Renzi non ha dato rassicurazioni neanche per rimediare al senato. Non si è assunto la responsabilità. Questo, in buona sostanza, è uno spagnolo con il doppio turno. Quello che ha chiesto Verdini».
Rosy Bindi, insomma, è furibonda, e non lo nasconde conversando con i giornalisti a Montecitorio. «L'ideale sarebbero i collegi uninominali con primarie obbligatorie per legge. Ma se non c'è questa possibilità non capisco perché, soprattutto dopo la bocciatura di ieri della norma anti discriminatoria, non si possa prendere in considerazione la doppia preferenza», aggiunge la presidente della Commissione antimafia che poi ricorda: «Noi avevamo ritirato emendamenti», come quello sulla rappresentanza di genere e sulle preferenze, «che poi abbiamo ritirato perchè c'erano degli impegni che, poi, non sono stati rispettati».
Quindi, infilza ancora una volta il segretario: «Noi apprezziamo tanto la velocità ma ci hanno anche insegnato che se per fare le cose importanti si cerca di fare anche bene, e di solito il bene in democrazia coincide con il rispetto del pluralismo delle idee, forse si rende al Paese un servizio migliore».
Scritto il 11 marzo 2014 alle 17:25 nella Berlusconi, Leggi e diritto, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (3)
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03 marzo 2014
Italicum, è scontro tra Ncd e Fi - In gioco c’è la data delle urne
La legge domani in aula. Renzi sente sia Alfano che Verdini. L’incognita dell’emendamento Lauricella, chelega il testo alla riforma del Senato (di Claudia Fusani - l'Unità)
Intorno alla legge elettorale ruotano tre scenari.
Il primo: Renzi tiene fede al patto con Berlusconi, fa mandare avanti l’Italicum svincolato dalle altre riforme (Senato e Titolo V).
Il secondo: Renzi salva la faccia ma fa fare il lavoro sporco, chiamiamolo così, al Parlamento, che invece approverà, a scrutinio segreto, l’emendamento Lauricella (deputato della minoranza Pd) che vincola l’una all’altra le riforme, fissando un tempo di legislatura lungo, così come dice l’altro patto stretto però con il socio di maggioranza del Nuovo Centrodestra.
Il terzo: Renzi rompe il patto con Berlusconi perché l’Italicum non può funzionare per eleggere due Camere che hanno, tra l’altro, basi elettorali diverse.
E a quel punto, tutto può succedere. Ma anche nulla. Ieri il Mattinale di Forza Italia ha dato una linea chiara. «Se passa il tragico emendamento Lauricella cade tutto», ha scritto il capogruppo Brunetta. «Votarlo significa disinnescare l’Italicum e non riconoscere l’urgenza dell’approvazione della legge elettorale, una questione su cui pesa una sentenza della Corte Costituzionale, che forse molti hanno dimenticato, magari anche perché significherebbe riconoscere l’illegittimità di tantissimi parlamentari ». «Sostenere e votare l’emendamento Lauricella», prosegue la news letter «significa rischiare di andare al voto con il Consultellum». Ma, soprattutto, da parte di Renzi, significherebbe «non rispettare la parola data».
Alle giornate decisive siamo abituati ormai da qualche mese. Tante, troppe, ce ne sono state. Ma la settimana che si apre oggi lo sarà veramente per capire quanto può durare la legislatura, se e fino a che punto il premier Renzi crede nella scadenza naturale del 2018 così spesso tratteggiata, e quanto siano concreti i patti stretti in queste settimane con le forze di maggioranza e non. Domani la legge elettorale sarà in aula alla Camera. La promessa, l’impegno, è di approvarla entro la settimana (i tempi sono contingentati, 22 ore) e poi mandarla al Senato per il via libera definitivo che, nei piani del governo, deve arrivare entro marzo. Seppure, e qui è la variabile decisiva, il premier abbia detto, anche nel discorso programmatico della scorsa settimana alla Camera e al Senato, che «l’Italicum ha un nesso logico con la riforma del Senato». Una riforma costituzionale costituzionale che deve muovere i suoi passi a palazzo Madama, che ha bisogno di quattro letture e non può quindi essere approvata prima di un anno. Ad essere ottimisti.
Gli emendamenti per l’Italicum scadono oggi alle 12. Berlusconi e Renzi lo hanno blindato, due articoli, uno per la Camera e uno per il Senato, soglia di sbarramento per accedere al premio di maggioranza (37%), soglie di accesso per i partiti (entra in Parlamento chi ha ottenuto il 4,5%) più alcuni correttivi per Lega e Sel (salvataggio del miglior perdente di ogni coalizione). Le due settimane di crisi di governo hanno permesso di dare alla legge quella “benzina” che gli mancava e di cui gli estensori si erano dimenticati (gli algoritmi che permettono di tradurre i voti in seggi).
Mala differenza, in tutta questa storia, la fa l’emendamento Lauricella. E la minoranza Pd, che ha già rinunciato a decine e decine di correzioni, non ha alcuna intenzione di fare passi indietro. Ieri ha alzato la voce anche la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi. «Le debolezze di questa legge elettorale sono tre» - ha detto - intervistata da Maria Latella su SkyTg24, annunciando battaglia in Parlamento. «Non può dare una maggioranza certa anche al Senato, e quindi è necessario vincolarla alla riforma della camera alta; non c’è la parità di genere; non è pensabile ripresentarsi agli italiani senza consentire loro di scegliere i propri parlamentari».
Ieri ci sono stati contatti, telefonate e sms, tra Alfano e Renzi. E anche tra il premier e Verdini, plenipotenziario di Berlusconi sulle questioni elettorali. Ognuno deve, a suo modo, salvare faccia e sostanza, le parole date e le promesse fatte. La soluzione individuata prevede che il governo non faccia proprio l’emendamento Lauricella, come invece è stato promesso ad Alfano, e dando invece soddisfazione alla parola data a Berlusconi che non vuole vincoli temporali per la legislatura. Al tempo stesso, però, il governo non può imporre alla sua maggioranza parlamentare di ritirare l’emendamento. Che a quel punto sarà votato con voto segreto e passerà a mani basse. Così si salvano le promesse a Berlusconi e ad Alfano. Che poi in fondo neppure il Cavaliere vuole andare a votare a breve (il 10 aprile iniziano i dieci mesi di detenzione). Soprattutto, il premier tutela se stesso. Almeno per un po’.
Claudia Fusani
Scritto il 03 marzo 2014 alle 15:33 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (1)
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02 marzo 2014
Il "Nuovo che Avanza": Antonio Gentile, l'impresentabile imposto a Renzi (che ha calato le braghe) da Angelino Alfano
Voci critiche nel Pd contro la nomina di Antonio Gentile a sottosegretario alle infrastrutture. Due deputati, D'Attorre e Ginefra, e il senatore Mineo chiedono a Renzi di annullare la nomina e mandarlo via. E intanto dal web spunta un'iniziativa del neo sottosegretario: nel 2002, in veste di senatore di Forza Italia, propose che Berlusconi fosse candidato al premio Nobel per la pace (Fonte: l'Unità)
Il deputato del Pd, Alfredo D'Attorre, a margine del congresso Pse commenta: «La vicenda di Gentile non mi sembra edificante e mi sembra inopportuna la sua permanenza al governo. Il quadro di pressioni che emerge sull'editore dell'Ora della Calabria è inquietante» (secondo il quotidiano il politico ha fatto pressioni, risultate vane, affinché non uscisse un articolo su suo figlio, e pochi giorni dopo le rotative del giornale si sono misteriosamente rotte). «Sono indotto a pensare che nè il presidente del consiglio nè i vertici Ncd erano a conoscenza pienamente della vicenda – sostiene D'Attorre - altrimenti avrebbero dovuto soprassedere da questa scelta. A me sembra inopportuna la permanenza di Gentile al governo, mi auguro sia indotto, dal residente del consiglio e dal suo partito a rassegnare le dimissioni».
«Ncd e il suo segretario Angelino Alfano liberino il Governo Renzi dall'imbarazzo determinato dal 'caso Gentile' ieri nominato sottosegretario alle Infrastrutture», dichiara in una nota il deputato del Pd Dario Ginefra. «Questo Governo, per poter portare a termine il suo complesso mandato, non può permettersi alcuna crepa nella sua credibilità pubblica. Si eviti di riproporre le esitazioni talvolta manifestate dal precedente Governo Letta».
E in un editoriale sul sito www.articolo21.org il senatore del Pd Corradino Mineo rincara: «Badiamo al sodo, d'accordo. Il lavoro, innanzitutto, e la legge elettorale e la rivoluzione che rimetterà in moto la macchina burocratica. Condivido. Ma perché, fra i tanti in fila per una casacca da sotto segretario, Renzi doveva proprio caricarsi questo Antonio Gentile da Cosenza, già scelto da Berlusconi per sostituire Cosentino dopo i noti guai giudiziari?».
Il caso di Gentile, in pressing su "L'Ora" (Di Claudia Fusani)
Certo, si occuperà di Infrastrutture nella squadra con il suo, del suo stesso partito, ministro Maurizio Lupi. Non avrà a che fare con editoria o cultura. Ma non è il dove che pesa. È il chi. Se è vero, come è vero, che Antonio Gentile, senatore calabrese del Nuovo Centrodestra e nominato ieri sottosegretario alle Infrastrutture, è il signore che una decina di giorni fa è stato al centro, sfiorato ma senza alcuna responsabilità diretta, di un giallo giornalistico-editoriale.
Succedeva infatti, una decina di giorni fa, che il quotidiano L’Ora di Calabria stesse per pubblicare un articolo in cui si parlava del figlio del senatore Gentile coinvolto in un’indagine della procura di Cosenza per falso ideologico e associazione a delinquere. Il quotidiano veniva messo sotto pressione per non pubblicare la notizia (che ovviamente veniva pubblicata). Solo che qualche giorno dopo L’Ora di Calabria è stata colpita da una delle peggiori sciagure che possano capitare a un quotidiano: lo stop delle rotative per un improvviso quanto inspiegabile guasto alle macchine.
Una faccenda stranissima di cui infatti si sta occupando la procura di Cosenza. Le coincidenze possono essere maledette e i retroscena sono un genere giornalistico assai diffuso. Ma è chiaro che la nomina di Gentile costringerà il premier Renzi ad assumere qualche informazione in più. Visto che il nome di Gentile è da giorni blindato nel toto-sottosegretari, non ne è mai uscito e ieri mattina è stato confermato nella squadra di governo. Di fronte a tanti altri nomi, come abbiamo visto, che sono invece spariti. Appena uscito il suo nome, Articolo 21 e Iniziativa dei Cittadini Europei per il pluralismo dei media, hanno provveduto a ricordare a Renzi rischi ed ombre di Gentile.
«La sua nomina dopo il caso Ora di Calabria è inopportuna» ha twittato Giuseppe Giulietti. «Solo dieci giorni fa, a Cosenza - si legge nella nota di Media Initiative - accadeva un episodio inverosimile ai danni della libertà di stampa: l’Ora della Calabria veniva messo sotto pressione per non pubblicare la notizia dell’indagine giudiziaria (falso ideologico, associazione a delinquere) che riguarda il figlio di Antonio Gentile». Media Initiative ricorda che alla direzione del giornale erano arrivate «pressioni minacciose dai toni così allarmanti da aver spinto la Procura ad intervenire proprio in questi giorni, per capire come mai, dopo aver toccato gli interessi della famiglia Gentile, il quotidiano di Cosenza abbia subìto un improvviso e inspiegabile guasto meccanico alla tipografia che ne ha impedito stampa e distribuzione».
Non la vede così il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti che tace i fatti de L’Ora di Calabria e guarda invece al nome di Gentile come «il giusto riconoscimento per tutti i calabresi che potranno avere un valido interlocutore in un ministero chiave come quello delle Infrastrutture». Sappiamo quanto i sei senatori calabresi siano stati decisivi per la nascita di Ncd. E come i 31 voti al Senato siano, almeno per ora e al netto di eventuali future maggioranze diverse, determinanti per il governo Renzi. La nomina di Gentile è solo un piccolo prezzo da pagare in nome della maggioranza.
...insomma, una "marchetta" di Renzi ad Alfano. Due politici senza pudore. Alfano che impone, Renzi che si cala le mutande e si lascia imporre questo impresentabile. Non perchè abbia un figlio inquisito per gravi reati, ma perchè - se ciò che emerso dalle pagine de "L'Ora" fosse vero - ci troveremmo di fronte ad un caso che non sarebbe improprio definire "di stampo mafioso": la politica (mi vergogno a definirla così) che cerca di imbavagliare la stampa, in un caso di presunta delinquenza in famiglia. Uno spirito libero, questo Gentile: è lui che nel 2002 aveva promosso la vergognosa candidatura di Silvio Berlusconi a Premio Nobel per la Pace (?).
Sfortunato, Gentile, perchè ha promosso - fra le risate generali - Silvio Berlusconi al Nobel, per trovarsi oggi di fronte alla triste realtà di aver candidato al Nobel colui che oggi, pregiudicato, non può candidarsi neanche a fare l'assessore al Comune di Roncofritto, insieme al Cangemi.
Nella criminalità politica che c'è in filo che tiene tutto insieme. Antonio Gentile è lo stesso che il pregiudicato Berlusconi aveva voluto al posto di Nicola Cosentino da Casal di Principe. Vergognosa la protervia di Angelino Alfano (quello del "Nuovo" Centro Destra) nel pretendere questa nomina, ma ancor più vergognosa la calata di braghe del bischero di frignano, cioè di colui che doveva "rottamare" la vecchia politica, e che invece sta rottamando se stesso, a velocità supersonica.
Aveva delle alternative, Alfano, di fronte al ricatto "o Gentile o crisi"? Si l'aveva. Dire ad Angeklino: "Gentile NO. C'è un limite a tutto. Vuoi fare la crisi, Falla pure, e poi vai davanti all'opinione pubblica a spiegare che il governo è caduto perchè non è stata accolta la vergognosa richiesta di portare al governo questo personaggio"
Tafanus
Scritto il 02 marzo 2014 alle 16:29 nella Berlusconi, Media , Politica, Renzi | Permalink | Commenti (5)
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01 marzo 2014
Tutti gli "impresentabili" nel sottogoverno di Matteo Renzi: torna il (sotto)governo Berlusconi. Grazie, Renzi!
Ex berlusconiani di ferro, inquisiti, incompetenti. Fra i 44 sottosegretari e i 9 vice-ministri spunta di tutto. Col rischio che, per accontentare partiti e correnti, l’esecutivo si dimostri una truppa allo sbaraglio (di Paolo Fantauzzi e Michele Sasso - l'Espresso)
Il Nuovo che Avanza
QUANTO COSTA LA GIUSTIZIA - Argomento sensibile per eccellenza per il centrodestra, Angelino Alfano è riuscito a piazzare due fedelissimi alla Giustizia, dopo aver già ottenuto la nomina a Guardasigilli del “garantista” Andrea Orlando al posto del magistrato anti-‘ndrangheta Nicola Gratteri. Il primo è Enrico Costa, capogruppo in commissione Giustizia alla Camera nella scorsa legislatura, dove si distinse per la fedeltà al leader Berlusconi: relatore per il lodo Alfano (la sospensione del processo penale per le alte cariche dello Stato, poi dichiarato incostituzionale) e il legittimo impedimento, che prevedeva la sospensione dei processi giudiziari a carico del premier fino al mantenimento della carica elettiva.
A settembre 2011, mentre il Paese pativa gli effetti dello spread, lui con un’interrogazione parlamentare chiedeva al neo-Guardasigilli Francesco Nitto Palma l'invio di ispettori ministeriali alla Procura di Napoli. Motivo: l’indagine che vedeva Berlusconi vittima di un ricatto ma che, secondo Costa, rischiava di diventare l’accusato. «Si rende lecito il dubbio che in concreto le indagini siano orientate contro il presidente del Consiglio» affermò. A luglio 2012, quando il compagno di partito e governatore lombardo Roberto Formigoni era indagato per le presunte tangenti, si scagliò contro la carcerazione preventiva che teneva tra le sbarre il suo grande accusatore Antonio Simone: «Questa vicenda riapre un’urgente riflessione sul tema più ampio sull'effettivo utilizzo e sulla opportunità della detenzione preventiva ai fini dell’inchiesta giudiziaria». Per la cronaca: a dicembre scorso Costa ancora prendeva in giro Renzi, sostenendo che “da rottamatore rischia di trasformarsi in rianimatore”. Chissà se lo pensa ancora.
L’altro sottosegretario, Cosimo Ferri (confermato dal precedente governo), è un ex consigliere del Csm ed ex commissario Figc, finito in passato nelle intercettazioni dello scandalo Calciopoli. Gli veniva imputato di “non aver adempiuto all’obbligo di informare senza indugio i competenti organi federali di essere venuto a conoscenza che terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento e il risultato della gara Chievo Verona-Lazio del 20 febbraio 2005”. Secondo una informativa dei carabinieri l’allora vicepresidente della Fgci, Innocenzo Mazzini, cercava attraverso Ferri “un adeguato e riservato contatto con Lotito (presidente della Lazio, ndr) soprattutto per la questione di maggiore interesse ovvero quella del favore arbitrale”. Dimessosi da commissario, ha ottenuto la uscita definitiva dal processo per un difetto di giurisdizione.
Nel 2009, quando Silvio Berlusconi cercò di bloccare la trasmissione tv “Annozero” di Michele Santoro che stava preparando una puntata sul processo Mills, fu tirato in ballo al telefono dal commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi. Per calmare il premier, infatti, Innocenzi rassicurava Berlusconi di “aver già fatto una riunione” con Alessio Gorla, nel cda Rai ed ex manager Fininvest, Paolo Romani, vice-ministro alle Comunicazioni e appunto Ferri. Non si è mai capito se Innocenzi millantasse e l’attuale sottosegretario ha sempre negato di aver suggerito come togliere di mezzo “Annozero”. Anche il Csm non ravvisò alcun comportamento da censurare. E anche se ben 15 membri volevano aprire una pratica sui rapporti tra Ferri e Innocenzi, la richiesta fu “cestinata” dal Comitato. Nel 2010 il nome di Ferri (che non è mai stato indagato) è spuntato anche nelle intercettazioni della cosiddetta P3.
PRECARIE INFRASTRUTTURE - Nella squadra di Matteo Renzo non mancano gli inquisiti. Come la sottosegretaria alla Cultura Francesca Barracciu, indagata per peculato per l'utilizzo (ritenuto illecito dalla Procura di Cagliari) di 33 mila euro destinati al gruppo del Pd alla Regione Sardegna. Stessa accusa che interessa anche il sottosegretario alle Infrastrutture Umberto Del Basso De Caro (Pd), indagato in Campania nell’ambito della cosiddetta inchiesta su “Rimborsopoli”, risalente a quando era capogruppo alla Regione. L’accusa di peculato riguarda 11.300 euro. Il vice ministro, il socialista Riccardo Nencini, nei mesi scorsi è invece stato condannato a restituire 456 mila euro al Parlamento europeo per dei rimborsi spese irregolari. A chiudere la triade c’è il senatore cosentino Antonio Gentile, coordinatore del Nuovo centrodestra in Calabria, il cui sistema di potere è al centro di un ampio e approfondito servizio sul numero dell’Espresso in edicola.
Protagonista nei giorni scorsi di un caso di cronaca per il tentativo di evitare la pubblicazione di un articolo giornalistico relativo a una indagine nei confronti del figlio, Gentile era già stato sottosegretario all’Economia con Berlusconi. Adesso ha ottenuto le Infrastrutture, proprio come il fratello Giuseppe, assessore in Calabria della giunta guidata da Giuseppe Scopelliti e altro fedelissimo di Alfano.
AGRICOLTURA CON DANNO - Burrascosi trascorsi giudiziari ha anche il (riconfermato) sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione. Nel 1999 fu arrestato assieme al suocero (il senatore Pino Firrarello) nell’inchiesta sul nuovo ospedale Garibaldi di Catania. L’accusa: aver favorito imprese vicine a Cosa nostra. Condannato in primo grado per tentativo di turbativa d’asta a dieci mesi, Castiglione è stato assolto in Appello a fine 2004. Pochi mesi prima, nel frattempo, era stato eletto europarlamentare con Forza Italia. Secondo un’inchiesta della Dda di Caltanissetta, grazie anche all’appoggio della cosca Rinzivillo di Gela. «A Gela non sono andato nemmeno per far campagna elettorale, queste persone non le conosco» la replica dell’onorevole. Adesso la Corte dei conti gli contesta 44 mila euro di danno erariale per una nomina illegittima quando era presidente della Provincia di Catania. «La normativa è stata rispettata scrupolosamente» ha affermato lui.
L’IMPRENDITRICE D’ABBIGLIAMENTO ALL’ISTRUZIONE - Lenin voleva una cuoca al governo del Paese. Renzi ci è andato vicino, portando un’imprenditrice di abbigliamento all’Istruzione. Difficile, infatti, spiegare perché sia stata scelta Angela D’Onghia, senatrice dei Popolari per l’Italia, per la carica di sottosegretario al Miur. Nel 2008 fu nominata Cavaliere del lavoro da Giorgio Napolitano in quanto “attiva nell'abbigliamento maschile e nei tessuti per la casa” e perché “con il marchio Harry & Sons è presente in 60 punti vendita monomarca in Italia e in Europa con 50 i dipendenti diretti e 250 nell'indotto”. Alla parlamentare va comunque riconosciuto un primato: quello di essere stata una dei principali finanziatori della campagna elettorale di Scelta Civica con oltre 120 mila euro. Nemmeno l’altro sottosegretario Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza e coordinatore delle primarie perse da Renzi nel 2012, pare brillare per competenza: infatti è laureato in Ingegneria elettronica.
ALFANIANI FOREVER - Luigi Casero (Ncd) si conferma uomo per tutte le stagioni strappando il terzo incarico negli ultimi quattro governi. Passano i ministri, le legislature e le maggioranze, ma lui trova sempre spazio. Era sottosegretario all’Economia nel Berlusconi quater, ha saltato un turno con Monti, poi è rientrato con le larghe intese di Letta e ora che è diventato alfaniano è tornato a essere sottosegretario all’Economia. Altra riconfermata (allo Sviluppo economico) è Simona Vicari, ex sindaco di Cefalù e amica intima di Renato Schifani.
Scritto il 01 marzo 2014 alle 07:59 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (4)
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27 febbraio 2014
Matteo Renzi? alle 07:00 sta già lavorando per noi. E Mirta Merlino è eccitatissima all'idea
Da due mattine, una "arrapatissima" Mirta Merlino, su "La7", ci somministra ogni cagata di "tweet" postato da Matteo Renzi. I tweet che più la affascinano e la esaltano sono quelli che Renzi (o chi per lui) posta da diverse mattine alle 07:00 in punto, attraverso i quali Renzi informa urbi et orbi che "si comincia", iniziata la giornata di lavoro". Immagino da casa, dal poco confortevole appartamentino di Palazzo Chigi, senza il fastidio di guidare la macchina nel traffico, o prendere il trenino dei pendolari. Uno sforzo sovrumano.
Cara Mirta, soffro di insonnia. Mi capita spesso, verso le 5/6 di mattina, di accendere la TV in camera da letto, per vedere la rassegna stampa, e a volte mi becco "Onda Verde". Ed ogni volta resto affascinato nel vedere che già a quell'ora le tangenziali sono intasate da gente in macchina che si è alzata chissà a che ora, per andare a lavorare da chissà dove a chissà dove... I mitici "Ford Taunus" carichi di muratori bergamaschi che vanno nei cantieri di Milano; addetti al metrò che alle 06:00 fanno partire i treni, supplenti che partono da Voghera per fare due ore di supplenza a Milano, addetti alla pulizia delle strade, baristi, edicolanti...
Cara Mirta, il mondo reale è PIENO di gente che alle 07:00 non è davanti all'iPod a scrivere la prima banalità del giorno, ma è in piedi da ore a fare lavori scomodi, senza scorta e auto di servizio, e non la lussuosi appartamenti di servizio, ma da furgoni, edicole, panetterie, tram, camion della spazzatura. I veri eroi del nostro tempo.
Cara Mirta, la storia di questo disgraziato paese è piena di gente che anzichè dormire di notte, veglia e lavora per noi. Mussolini lasciava accesa la luce a Piazza Venezia, per far vedere che anche di notte "lavorava per noi". La luce accesa aveva la funzione dei tweet, che allora non c'erano. Berlusconi non perdeva occasione di informarci che "ho scritto il discorso alle tre di notte, perchè a me bastano due/tre ore di sonno a notte. Lui alle 06:30 riceveva già la mazzetta dei quotiani. Non a letto, ma nel suo studio, già incipriato, incatramato, e ingessato nel suo Caraceni doppio-petto sempre uguale.
Cara Mirta, se questi personaggi avessero dormito un po' di più, ed operato qualche ora in meno, oggi forse vivremmo in un paese migliore, o meno disastrato. Lorsignori si riposino, di tanto in tanto. Purtroppo non lo fanno. Dopo i superattivi Benito & Silvio, oggi il destino ci infligge il superattivo Matteo. Ne sentivamo il bisogno.
Cara Mirta, non le sembra abbastanza cretino che per caso uno inizi a "lavorare per noi" sempre alle 07:00? Che non gli capiti mai di iniziare alle 06:56, o alle 07:04? Ha mai sentito parlare dei programmi che postano ciò che vogliamo noi, all'ora decisa da noi? E se anche fosse tutto vero, e non favolistico, chi se ne frega se Renzi inizia a "curare i nostri destini" alle 07:00?
Cara Mirta, dobbiamo commuoverci per un Renzino che conduce una vita così disperata per poter essere a Treviso in una scuola media a darsi il cinque con dei ragazzetti per finire in tutti i telegiornali? E magari per recitare Rio Bo come Silvio? Dopo aver mobilitato scorte, un aereo di stato, centinaia di poliziotti, piloti, e quant'altro? Quanto è costata questa "TV Opportunity"? Qual'è il vantaggio per noi di questa storica giornata veneta? Domani qualche insegnante e qualche alunno di Treviso avranno una scuola più sicura? Insegnati migliori, pagati più dignitosamente? Gente che alla vigilia della pensione abbandonerà finalmente la condizione di precariato?
Cara Mirta... stamattina lei era arrapata anche per la "prodigiosa memoria" di SuperMatteo... Se così fosse, perchè Super Matteo ci ha detto il 12 di gennaio che il Giobatta sarebbe apparso in tutto il suo splendore il 16 di Gennaio? Per poi dirci il 18 "vedrete, in un paio di settimane"... Per dirci ieri che sarà pronto - puntuale come la cometa - il 17 Marzo?
Cara Mirta, non è che magari Matteo è dotato di una "memoria prodigiosa" (anche se nessuno se n'è accorto?) Per esempio, quando Renzi è approdato senza la "legittimazione del passaggio alle urne" a Palazzo Chigi, non avrà mica dimenticato ciò che aveva affermato per mesi con la consueta prosopopea? e cioè che MAI E POI MAI lui avrebbe fatto come D'Alema, o come Monti, o come Letta?
Cara Mirta, non è che lei, come molti che hanno frequentato la sua scuola di giornalismo, sia per caso dotata di memoria non "prodigiosa", ma "selettiva"? Ci faccia capire...
Tafanus
Scritto il 27 febbraio 2014 alle 13:08 nella Berlusconi, Media , Politica, Renzi | Permalink | Commenti (8)
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26 febbraio 2014
Primi successi di pubblico e di critica di Renzi, nel primo giorno di governo
...e mentre renzino - nel primo giorno di governo - è impegnato a cantare (e a recitare Rio Bo?) coi bambini di Treviso, succede che... anzichè il bagno di folla, trova il bagno di insulti, e il lancio di arance (spero marce... sprecare tanta buona frutta per uno così...)
...Già... cosa si aspettava, Presidente? di andare a Treviso e di trovare gli operai della Electrolux, che stanno per perdere il posto di lavoro, che "facevano ali e lanciavano baci", come narrava di se stesso il suo maestro, vent'anni fa? E come avrebbe mai potuto incontrare i vertici di Electrolux e chiedere di non "delocalizzare", lei che ha chiamato al governo la signora Guidi, figlia di Guidalberto, entrambi falchi di Confindustria, e maestri di delocalizzazioni?... Già, non si può. Perchè i vertici di Electrolux avrebbero anche potuto mandarla a cagare, le pare?
...il fiòrenzino accolto con grida di "massone", "vai a casa", e cori di "buffone, buffone!"
...e mentre il renzino è impegnato a dire sciocchezze ai bambini, in favore di telecamere, scopre già dal primo giorno che a Palazzo Chigi il premier non ha "il volante"...Mentre isso è impegnato nel "bagno di folla", a Sagunto Roma il suo governo branbd-new, tuttp ggiovani ed efficienza, è costretto a ritirare il "decreto Salvaroma"...
Scritto il 26 febbraio 2014 alle 16:12 nella Berlusconi, Economia, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (9)
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23 febbraio 2014
Federica Guidi, il "primo ministro berlusconiano" nel Governo Renzi - Quella cena a casa di Berlusconi e l'azienda in affari con lo Stato
La Ducati Energia ha commesse con Poste, Fs, Enel. Il Cavaliere: ho anche io un ministro (Fonte: Roberto Mania - Repubblica)
Federica Guidi, figlia di Guidalberto (falchetti di Condindustria)
Lunedì scorso a cena ad Arcore da Berlusconi, forse per parlare anche di una sua possibile candidatura con Forza Italia alle prossime europee. Ieri il Cavaliere che pare abbia detto ai suoi: "Abbiamo un ministro pur stando all'opposizione". Su Federica Guidi, neo ministro dello Sviluppo Economico con delega anche alle Comunicazioni, tv comprese, è già bufera. Perché c'è pure un potenziale conflitto di interessi (...potenziale????... NdR) per via delle commesse dell'azienda di famiglia, la Ducati Energia - fatturato in crescita negli ultimi anni (oltre i 110 milioni) e una sempre più marcata spinta alla delocalizzazione nell'est Europa (Croazia e Romania), nell'estremo Oriente (India) e in America Latina (Argentina) - con Enel, Poste, Ferrovie. Un ginepraio. Dalle imprevedibili conseguenze politiche...
E non è affatto un caso che ieri il primo atto del neo ministro Guidi, dopo il giuramento al Quirinale, sia stato proprio quello di dimettersi da tutte le cariche operative (era vicepresidente con la delega sugli acquisti) della Ducati Energia e dal consiglio del Fondo italiano d'investimento (...già... esattamente come Berlusconi si era "dimesso" da tutte le cariche operative in Fininvest... Peccato che non ci si dimetta contestualmente dalla proprietà... Anche la Guidi avrà il suo fedele Confalonieri? NdR)
Un passo inevitabile, ma una conferma dei possibili conflitti. L'ultima parola spetterà comunque all'Antitrust, l'autorità di garanzia alla quale la legge Frattini ha attribuito il potere di giudicare la posizione dei membri del governo. Dice Stefano Fassina, ex vice ministro dell'Economia, esponente della minoranza del Pd: "Il potenziale conflitto di interessi è del tutto evidente. Ma oltre a questo mi preoccupa la visione del ministro sulla politica industriale, la sua idea di rilanciare il nucleare, la sua contrarietà al ruolo dello Stato nell'economia. Penso che ci sarebbe bisogno di un ministro dello Sviluppo con un orientamento molto diverso"...
C'è poi il "caso Guidi" sul versante politico. Tra Guidalberto Guidi, ex falco confindustriale, e Berlusconi c'è un'antica consuetudine. Anche lui era alla cena di Arcore di lunedì. La figlia Federica ha sempre espresso posizioni vicine alla destra berlusconiana. È stata euroscettica, iperliberista fino al punto di proporre l'abolizione del contratto nazionale di lavoro sostituendolo con i contratti individuali. Il Cavaliere ha provato più volte a candidarla nelle sue liste. Pensò addirittura a un futuro da vice di Forza Italia per la giovane industriale [...]
E i problemi nascono dalle competenze che ha il dicastero dello Sviluppo. L'azienda dei Guidi, infatti, opera in tutti i settori controllati dal ministero: energia elettrica, eolico, meccanica di precisione, elettronica. Fornisce i suoi prodotti, oltreché a diversi enti locali e alle rispettive municipalizzate, ai grandi gruppi pubblici di cui lo Stato è ancora azionista di maggioranza o di riferimento, attraverso il ministero del Tesoro: Enel, Poste, Ferrovie dello Stato.
Lo stabilimento bolognese della Ducati Energia si è trasformato nel tempo in un impianto di mero assemblaggio di parti di prodotto che vengono realizzate all'estero. Sono circa 60 gli operai su un totale di quasi 220 lavoratori (impiegati, tecnici, ingegneri). Il restante dei 700 dipendenti, a parte una ventina che opera nel laboratorio di ricerca a Trento, è all'estero dove Guidi si è spostato da tempo per ridurre i costi di produzione...
La Ducati ha sei stabilimenti nel mondo e produce, tra l’altro: condensatori, generatori eolici, segnalamento ferroviario, sistemi ed apparecchiature autostradali e per il trasporto pubblico, veicoli elettrici e colonnine di ricarica, generatori e motori elettrici, rifasamento industriale e elettronica di potenza.
Oggi dalla fabbrica italiana di Borgo Panigale escono i “Free Duck”, piccole automobiline alimentate a elettricità, che vengono utilizzate dalle Poste per la consegna delle lettere e dei pacchi, da diversi Comuni per la raccolta dei rifiuti, e anche dalla Polizia municipale, per esempio a Genova. Alle municipalizzate (l’Atac di Roma, per esempio) le macchine per obliterare i biglietti dell’autobus. All’Enel dalla Ducati Energia arrivano le cabine per lo smistamento dell’energia e anche le colonnine per le ricariche delle automobili elettriche. Alle Ferrovie dello Stato sistemi per verificare la funzionalità dei binari e le macchinette per l’emissione dei biglietti self service. A Finmeccanica, negli anni passati, Guidi aveva presentato un’offerta per rilevare la Breda Menarinibus. Proposta che però non venne accolta dai vertici di Piazza Monte Grappa.
"GGente 'de sinistra": Prestigiacomo, Guidi padre, Marcegaglia
Guidalberto Guidi, da presidente dell’Anie (l’associazione di Confindustria delle imprese elettrotecniche ed elettroniche) condusse una battaglia a favore degli incentivi per le energie rinnovabili. Fu scontro anche in Confindustria tra i produttori tradizionali e gli altri. Non sarà facile, insomma, per il ministro Guidi puntare all’obiettivo di tagliare, come chiede Renzi, del 30% la bolletta energetica gravata dai 12,5 miliardi proprio di incentivi, per il 70% destinati alle rinnovabili. Figlia-ministro contro padre-imprenditore. Un altro conflitto di interessi?
Scritto il 23 febbraio 2014 alle 13:17 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (1)
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16 febbraio 2014
Flop totale alle primarie regionali PD: "primo avviso", o "ultima chiamata"?
PD, arriva il "primo avvertimento" dalla "ggente": flop totale alle primarie per l'elezione dei segretari regionali.
Primo avvertimento, o ultima chiamata? Le primarie, di qualsiasi misura e su qualsiasi oggetto, sono state per anni il fiore all'occhiello del PD. Un forte segnale di recupero di potere da parte dei cittadini. Ora è giunto il momento di recitare un "requiescat" per le primarie, uccise (come i referenda pannelliani a colpi di 23 alla volta) dall'uso improprio di questo strumento. Da segnale positivo di restituzione di almeno una piccola parte di potere decisionale ai cittadini, la nuova "etica renziana" prima, e l'uso strumentale che ne è stato fatto poi (e che oggi ha toccato vertici di ridicolo impensabili in passato), hanno ridotto anche lk'istituto delle primarie in coma vegetativo.
Ma andiamo con ordine. Cosa c'entra Renzi con la morte delle primarie?
-1) In attesa delle primarie che lo hanno visto opposto (e perdente) a Bersani, prima ha fatto un bordello immane per cambiare la regola statutaria (statuto approvato anche da lui) che prevedeva che il che segretario pro-tempore del PD fosse il candidato unico del PD alla premiership, in caso di primarie di coalizione;
-2) Poi ha fatto un bordello immane per aprire le primarie a cani e porci, iscritti e simpatizzanti (anche di altri partiti), e aveva tentato di
cancellare persino l'impaccio della "registrazione";
-3) Alla vigilia delle primarie, quando tutti i sondaggisti davano Bersani stra-vincente, ha iniziato una feroce campagna spargi-merda contro le primarie, denunciando "brogli organizzati" di cui era a conoscenza solo lui;
-4) A spogli completati, ha alzato i toni sui brogli, senza peraltro riuscire a dimostrarne neanche uno.
-5) Quando ha afferrato che operazioni di stampo berlusconiano del tipo "ricontiamo.it" lo stavano gettando nel ridicolo, si è rassegnato a riconoscere la vittoria di Bersani.
-6) Quando si è iniziato a parlare di primarie per la Segreteria, ha ricominciato a fare il diavoletto a quattro (di nuovo!) per aprirle a cani e porci, e... UDITE, UDITE... per ri-modificare la regoletta che aveva cancellato alle precedenti primarie... Già... quella regoletta che cancellava - su sua richiesta urlata - il legame funzionale fra carica di segretario pro-tempore e candidato unico PD alle primarie di coalizione. Non è fantastico? Lottare ferocemente per cancellare una norma che era modificata su misura dei suoi "Desideri & Interessi", e che adesso, a fronte di sondaggi che buttavano bene per lui, voleva reintrodurre...
-7) In questi giorni cani e porci hanno finalmente capito che a Renzi della "democrazia dal basso" e della "legittimazione popolare" non fotte un cazzo. A lui interessano le poltrone a più piazze: quelle di sindaco-segretario-premier, e quelle altrui. Nei prossimi mesi scadrà il 70% delle alte cariche dei boiardi di stato. #enricostaisereno... pensavi davvero che Renzi lasciasse a te l'onore, l'ònere e la riconoscenza per la scelta dei nuovi boiardi?
-8) Last but not least: oggi si è toccato il fondo: candidati alla segreteria regionale del PD "scelti" atttaverso primarie di cui non era informato NESSUNO; in molte regioni, primarie su una candidatura UNICA. Avete capito bene. UNICA. E quasi sempre renziana, of course... Io avrei dovuto perdermi la lettura di un buon libro, l'ascolto di un buon CD, o la finale di Rio de Janeiro Fognini-Ferrer, per "recarmi" al seggio e votare per un Candidato Unico, mai sentito nominare, in primarie di cui NESSUNO fino a ieri mi aveva informato. In altri termini avrei dovuto andare a mettere una crocetta su UN nome (nessuna altra scelta possibile) non scelto da me, ma dal partito (Renzi, lei ne sa qualcosa, come Segretario?), e avrei dovuto legittimare col mio voto una non-scelta fatta nelle segrete stanze.
No grazie, caro Segretario. Avevo un'altra idea delle primarie. "...accà nisciuno è fesso...". Ed ecco come Repubblica narra del "Grande Flop":
Flop totale alle primarie per l'elezione dei segretari regionali - Fassina: "Colpa del pasticcio su Letta". Pochi in fila per votare i segretari del partito nelle varie regioni (Fonte: Repubblica)
In 14 regioni più la provincia di Bolzano oggi si è votato per i segretari regionali del Partito Democratico. In alcune regioni, come in Toscana, Puglia e Veneto, il Pd ha optato per una candidatura unitaria, in altre ancora - come nel Lazio con i renziani Bonaccorsi e Melilli a contendersi la segreteria - si sono sfidati solo i fedelissimi del sindaco fiorentino. Ma è il dato trasversale, quello della scarsa affluenza, a preoccupare maggiormente Largo del Nazareno. Nel Lazio, dove nel 2012 l'affluenza toccò quota 120.000, alle 13 solo in 18.000 avevano votato. Affluenza flop anche nelle Marche - peraltro teatro di liti interne per il caso Ceriscioli, dichiarato incandidabile - dove un'elettrice non ha esitato a sfogarsi: "Siamo fedeli ma disperati" [...]
In una nota Stefano Fassina dà la colpa del flop al pasticcio del Pd su Letta: "La drammatica caduta di partecipazione alle primarie per l'elezione dei segretari regionali è il riflesso della brutale scelta avvenuta giovedì scorso in direzione nazionale con la sfiducia votata a Letta. Larga parte del popolo democratico non ha capito quanto avvenuto e ha inviato un chiaro segnale. Inoltre, ieri in tante regioni ha pesato l'assenza del passaggio nei circoli cosicché il voto è apparso come uno stanco rituale plebiscitario per sancire accordi chiusi da un ceto politico autoreferenziale. Il Pd deve riflettere molto seriamente su quanto sta avvenendo e correggere la rotta prima di ricevere altre amare soprese" [...]
Intanto al di là della scarsa affluenza, emergono i primi neo-segretari regionali dem: il sindaco di Bari Michele Emiliano in Puglia, Dario Parrini in Toscana, Antonella Grim in Friuli-Venezia Giulia. Con molti renziani dati per favoriti, come Davide Gariglio in Piemonte, Alessandro Alfieri in Lombardia.
Scritto il 16 febbraio 2014 alle 22:50 nella Berlusconi, Bersani, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (50)
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14 febbraio 2014
Crisi di governo: Matteo Renzi e il salto mortale
Ecco perché Renzi cambia gioco. E ora vuole il posto di Letta. Col rischio flop. Retroscena di quello che sembra un blitz. Ma non lo è (di Marco Damilano - l'Espresso del 14 Febbraio 2014)
L'operazione "Matteo Premier Subito" ha l'apparenza del blitzkrieg, la guerra lampo, l'attacco rapido che non lascia scampo all'avversario, una specie di battaglia di Austerlitz renziana condotta in poche mosse fulminee: ultimatum al premier Enrico Letta la settimana scorsa alla direzione del PD, lunga cena con Giorgio Napolitano per placare le perplessità del Quirinale, intervento davanti ai deputati del partito alle otto del mattino di martedì 11 febbraio, l'ora preferita dal segretario-sindaco per riunioni, proclami, decisioni, imboscate, resistenza, e infine resa dell'inquilino di Palazzo Chigi costretto a sloggiare dopo un drammatico faccia a faccia con il pretendente alla successione. Ma non c'è nulla di improvvisato nel progetto di ascesa di Matteo Renzi alla guida del governo, potenziale presidente del Consiglio più giovane della storia repubblicana (sbagliato: Goria è stato Presidente del Consiglio a 34 anni. NdR), anzi, della storia unitaria (l'attuale detentore del record aveva al momento della nomina 39 anni e tre mesi, Renzi i trentanove li ha compiuti poco più di un mese fa: si chiamava Benito Mussolini).
Anzi, è una scalata lungamente preparata. Cominciata un anno e mezzo fa, il 13 settembre 2012, quando il Bimbaccio in maniche di camicia come uno sposo al ricevimento si candidò alla primarie per la premiership dal palco dell'auditorium della Gran Guardia in piazza Bra a Verona spiegando: «Noi siamo quelli che hanno l'ambizione di governare l'Italia per i prossimi venticinque anni. Mi dicono: lascia perdere, chi te lo fa fare? Hai 37 anni, aspetta il tuo turno. Ma adesso tocca a noi». Interrotta nel momento più amaro, la batosta alle primarie contro Pier Luigi Bersani, il 2 dicembre 2012, che sembrava condannarlo ad altri cinque anni di inaugurazioni di scuole a Firenze e che, invece, in virtù di quella fortuna che non deve mancare mai all'aspirante principe, si è trasformata in una maledizione per il vincitore e in una straordinaria opportunità per lo sconfitto, a un anno esatto di distanza dal terribile voto del 25 febbraio, quando Bersani fu travolto dall'onda di piena del Movimento 5 Stelle. Perfezionata, infine, la notte dell'8 dicembre, appena due mesi fa, nello speech di investitura dopo il voto delle primarie che lo aveva plebiscitato leader: «Forse useremo metodi un po' spicci, ma non confondete un cambio di governo con l'ambizione di cambiare il Paese. Abbiamo preso i voti per scardinare il sistema, non per sostituirlo». Un discorso da premier in pectore, non da segretario.
Ma il vero cambio di rotta, la decisione di andare a Palazzo Chigi senza passare dalle elezioni, Matteo Renzi l'ha presa prima di essere eletto segretario del Pd, il 4 dicembre, quando alla convocazione dei gazebo Pd mancavano quattro giorni. Quel pomeriggio la Corte Costituzionale bocciò la legge elettorale Porcellum, con motivazioni inusuali, lasciando al suo posto un sistema di voto a brandelli e nei fatti inapplicabile. «Una sentenza politica», la bollò il padre del maggioritario Mario Segni, che sembrò provocare l'effetto politico di blindare la legislatura e dunque, anche, il governo Letta. La vittima designata, in questo scenario, doveva essere proprio il trionfatore annunciato delle primarie, Matteo il Giovane: imprigionato nel sistema, senza la possibilità di ricorrere all'arma da fine del mondo, le elezioni anticipate, minaccia spuntata per quanto agitata quasi ogni giorno, intrappolato nella palude.
E non per caso il primo pensiero del segretario del Pd appena eletto, nella notte fiorentina, fu per loro, «i professionisti dell'inciucio, i burocrati, i papaveri, chi pensava di stabilizzare le larghe intese, chi si preparava a brindare al ritorno alla proporzionale: vi è andata male!». È lì, in quel passaggio di estrema difficoltà, che per Renzi si materializza la scomoda alternativa. Sostenere il governo Letta, a costo di reggerne il peso dell'impopolarità e di perdere malamente le elezioni europee del 25 maggio, oppure tentare la scorciatoia, l'azzardo, «la forzatura», come la chiama Paolo Gentiloni, tra i più autorevoli sostenitori della prima ora, il rischio mortale.
Il pericolo, soprattutto, di tradire il cromosoma essenziale del renzismo, conquistare una carica con la spinta di un voto popolare e non con una manovra di vertice, che si tratti di Palazzo Vecchio, la segreteria del Pd o la guida del governo. «Non sono come Letta o come Angelino Alfano, portati al governo da altri, da Massimo D'Alema o da Silvio Berlusconi: io sono diverso, sono qui perché ho ricevuto un mandato popolare, tre milioni di persone che mi hanno votato», diceva un mese fa. E ora, invece, lo sbarco a palazzo Chigi avviene con modalità simili a quelle che hanno portato alla premiership Mario Monti o Enrico Letta: gli unici due presidenti del Consiglio indicati dal risultato di un voto negli ultimi venti anni rimangono Berlusconi e, nel centro-sinistra, Romano Prodi.
Renzi, il più attrezzato a uguagliare e superare il primato del Professore, non farà invece eccezione. Di più, la scalata ricorda in modo inquietante le liturgie della Prima Repubblica: consultazioni istituzionali avvolte nel mistero, direzioni del partito convocate per staccare la spina al governo presieduto da un esponente dello stesso partito, trattative segrete, proposte di scambio, la poltrona degli Esteri offerta come premio di consolazione al premier uscente come si usava ai tempi della Dc di Mariano Rumor e del manuale Cencelli, nessun passaggio elettorale e neppure nelle aule della Camera e del Senato.
Una crisi tutta extra-parlamentare che porta alla guida del governo un leader che a Montecitorio ha letteralmente messo piede la prima volta due settimane fa per un incontro con i deputati del Pd. «Questo è il famoso Transatlantico? Me lo fate vedere?», si è affacciato curioso Renzi alle otto di sera di un lunedì sulla guida rossa del corridoio principale di quella Camera dove potrebbe ritrovarsi tra qualche giorno a tenere il discorso della fiducia da presidente del Consiglio. In quelle stanze, l'accelerazione del cambio di inquilino a Palazzo Chigi è stata accolta con euforia da tutti i capi-corrente del Pd. «Quando Matteo è venuto a spiegare che il suo è un governo che arriverà fino al 2018 è salita una ola tra i deputati», racconta Gentiloni. «La cosa che mi diverte di più è che tutto nasce e finisce da uno scontro tra democristiani. Nel pugnalare Letta, lo riconosco, Renzi ha dimostrato di appartenere alla stirpe», gongola Giuseppe Fioroni, certo non un amico del segretario fiorentino.
...che tristezza, Chiamparino...
E Dario Franceschini, il gemello di Letta, si è defilato al momento giusto: mentre si consumava la resa dei conti tra i due rivali a Palazzo Chigi lui si è messo a fotografare la smart blu nel cortile di Palazzo Chigi che ha portato Renzi all'incontro decisivo, a immortalare la conquista, il momento storico, il passaggio di campo (suo). La minoranza post-Ds, erede del Pci, nel momento del trapasso è la più entusiasta: «Letta non ha capito di quale spinta sia capace Renzi», ammette ora Gianni Cuperlo, che meno di un mese fa si è dimesso dalla presidenza del partito in segno di protesta per l'irruenza polemica del numero uno di largo del Nazareno. E il ciclone Renzi si abbatte sugli altri partiti: in Sel divisa Nichi Vendola presidia il territorio, fa su e giù in Transatlantico con i deputati, il capogruppo Gennaro Migliore che partecipò alla conclusione dell'ultima edizione della Leopolda, il meeting renziano, ed è tentato dall'ingresso nel governo e il pupillo Nicola Fratoianni, fieramente contrario.
Nella Lega c'è l'imprevista apertura dell'altro Matteo (Salvini). E in Forza Italia? C'è l'ammirazione per la discesa in campo fulminea di impronta berlusconiana e il timore di restare confinati per anni all'opposizione. La speranza che Renzi possa fare quello che Berlusconi ha sempre mancato, la riforma della giustizia, per esempio, il calcolo del logoramento, la paura di restare isolati. «Se tutto va bene, Matteo sarà il primo segretario del centro-sinistra ad aver fregato Berlusconi e non viceversa», spiegano nel cerchio magico renziano. «Lo ha coinvolto nella maggioranza per le riforme e da lì il Cavaliere non si può sfilare, se lo fa si becca una legge elettorale senza di lui, c'è la maggioranza per farla. E intanto partirà una maggioranza per un governo di legislatura senza Forza Italia e con Alfano rassicurato dalla prospettiva di arrivare fino al 2018».
E se invece tutto va male? Anche un personaggio ricco di autostima come Renzi, per usare un eufemismo, non può non mettere nel conto le incognite dell'operazione. La più importante: il leader ha sempre predicato l'esigenza di una riforma radicale delle istituzioni, una nuova legge elettorale con una maggioranza sicura e l'eliminazione del bicameralismo, ma se andrà a Palazzo Chigi troverà il vecchio sistema di sempre, con i suoi regolamenti e i suoi tempi biblici, la navetta tra le due Camere e gli attuali gruppi parlamentari, con il Movimento 5 Stelle sulle barricate, prevedibilmente ringalluzzito dalla possibilità di interpretare la parte di unico oppositore del nuovo governo. I rapporti di forza sono invariati, soprattutto al Senato, dove Letta poteva contare su dieci voti di scarto: Renzi potrebbe allargare la maggioranza con qualche apporto di Sel o addirittura di qualche dissidente grillino, ma questo non farebbe che aumentare l' eterogeneità della nuova maggioranza, dall'alfaniano Carlo Giovanardi, nemico giurato di ogni legge sulle unioni civili e sulle coppie di fatto, ai senatori vendoliani. Se poi dovessero aggiungersi le astensioni leghiste l'eventuale governo Renzi assumerebbe i colori dell'arcobaleno: rosso-azzurro-bianco-verde... In questa situazione anche il capitano più valoroso rischia di entrare nella stanza dei bottoni e trovarla desolatamente vuota.
Una seconda incognita riguarda la preparazione del candidato a Palazzo Chigi: l'abilità, il fiuto, l'intelligenza quasi ferina di Renzi, la sua rapidità nel capire le situazioni e nel cambiare gioco è fuori discussione. Ma per ora la sua esperienza di uomo di governo si ferma alla Provincia e al Comune di Firenze, macchine a disposizione del presidente e del sindaco, in aule consiliari dove una star della politica nazionale come Renzi si muove a piacimento. Nella macchina-governo, invece, l'alta dirigenza statale, quel blocco di capi-gabinetto e direttori generali dei ministeri, «i papaveri» di cui parla Renzi, si muove compatta ed è passata indenne dai governi del centro-destra e del centro-sinistra fino a Monti. Il nuovo premier, se l'operazione andrà in porto, dovrà trovare una bussola per orientarsi. Consigliato da chi? Sui rapporti internazionali, se Renzi può essere inorgoglito dal semestre europeo, un debutto da protagonista sul palcoscenico, il più giovane governante del G20, le gaffes sono dietro l'angolo.
La terza incognita riguarda la classe dirigente, il nuovo potere che avanza: la lista dei ministri, certo, per cui è richiesta una prova di fantasia, un mix di innovazione e di competenza che non può fermarsi alla pura rivendicazione dei giovani e delle donne, come ha fatto Letta nel suo governo e Renzi nella segreteria del partito. Ma anche il pacchetto in arrivo ai vertici di Eni, Enel, Finmeccanica, Poste, le cento poltrone del parastato, e naturalmente la Rai. Il vero banco di prova per stabilire se il passaggio, l'operazione Matteo premier subito è l'avvio di un cambiamento del sistema o, più semplicemente, un avvicendamento a Palazzo Chigi. «I pericoli ci sono, figuriamoci, ma è un'occasione da non perdere», si fa coraggio Matteo Richetti, il deputato emiliano che più di tutti ha sostenuto la mossa del cavallo nelle ultime settimane. Un fallimento di Renzi, considerato da una larga fetta di opinione pubblica l'unico motore, la sola spinta di energia in una politica paralizzata, l'ultima spiaggia, porterebbe con sé il crack finale del sistema. Anche se il ragazzo di Firenze rapidamente cresciuto fino ad arrivare alla guida del governo conosce bene il pericolo e ha pronta un'exit strategy: altro che governo di legislatura, in caso di logoramento e con una nuova legge elettorale, Renzi è pronto a tornare alla strada maestra, il piano A, la via preferita da sempre: nuove elezioni in ottobre.
(di Marco Damilano)
Scritto il 14 febbraio 2014 alle 21:59 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (11)
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13 febbraio 2014
...Alain Friedman? Tanti anni fa era un giornalista economico...
Ci sono delle cose, in casa mia, che non si portano mai in discarica... I libri. In questi giorni, mentre esplode lo "sgub" sul "gombloddo" Napolitano/Monti, innescato da un libro di Alain Friedman (una volta giornalista economico), voglio ricordare alcune cose.
Intanto vorrei ricordare un articolo di Massimo Giannini di un paio di giorni fa, che documenta come le "grandi rivelazioni" di Friedman erano su tutti i giornali italiani già nell'estate 2011, mesi prima dell'affidamento dell'incarico a Mario Monti.
Vorrei anche ricordare che su questo "sgub" farlocco si sono fiondati, come un sol uomo, personaggi del calibro di Berlusconi, Grillo, Ingroia, ed altri statisti del genere, fiancheggiati dal Corrierone...
Ma non è ciò che pensa (o dice di pensare) oggi "Ollio" Friedman, che mi spinge a scrivere queste note. No. Un fatto istintivo. Appena nato il caso Friedman (di questo si tratta), mi è venuto in mente un altro Friedman, quello del libro in immagine, che è datato ben 1989. All'epoca - pur se con qualche omissione (che sottolineerò) - Friedman, pur avendo il cuore a destra, riusciva in qualche misura a fare il mestiere di giornalista. Lo dico perchè pur essendo a quell'epoca, il nostro, un grande estimatore del craxismo, riusciva a scrivere quanto ho "digitalizzato" dalla mia copia del libro del 1989, e cioè un elogio "senza se e senza ma" di quel Romano Prodi diventato negli anni un bersaglio fisso degli "intenditori".
Ma... (e qui emerge il Friedman "in divenire") l'oscena faccenda IRI/SME, diventata negli anni il cavallo di battaglia degli anti-prodiani di scarse letture, anche il Friedman di allora la liquida in mezza riga, tacendo l'essenziale... Tafanus
Maurizio Crozza featuring Alain Friedman
Alcune pagime del libro di Alain Friedman ("Ce la farà il capitalismo italiano?") del 1989 (Edizioni Longanesi)
[...] Ma esattamente che cosa ha fatto Prodi per cambiare il modo di procedere dell'industria statale? Sul fronte del bilancio ha compiuto un risanamento impressionante. Nel 1983, il primo anno della presidenza Prodi, le perdite industriali superavano i 3000 miliardi. A livello di gruppo, grazie alle banche (Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma), l'IRI era poi tornato in utile netto nel 1986, tre anni dopo la data prevista da De Michelis, ma con risultati qualitativi a fianco di quelli quantitativi. Nel 1988 l'IRI ha chiuso il bilancio con un utile di 1300 miliardi, incluso un profitto di 600 miliardi nel settore industriale. Era la prima volta in vent'anni. Quando Prodi è arrivato all'IRi nel 1983, il cash flow copriva il 3 per cento degli investimenti del gruppo. Oggi ne copre il 78 per cento. Ma non è solo una questione di cifre. Prodi è riuscito in sette anni all'IRi a compiere più passi di quanti i suoi predecessori ne abbiano compiuti negli ultimi venti. Non ha fatto miracoli, ma ha determinato una svolta importante [...] E come ha proceduto questo personaggio emiliano nella giungla di Roma? La risposta è che ha tentato (tentare non significa sempre riuscire) di gestire questa portaerei di guai come un'impresa privata.
Arrivando in un gruppo in perdita con una gamma di interessi che andava dagli autogrill all'Alitalia, dalle fabbriche di auto alle aziende per la coltivazione del pomodoro, dall'acciaio alle banche, chiunque si sarebbe chiesto: «Da dove comincio?» Prodi l'accademico ha deciso di prendersi qualche mese per «studiare la situazione prima di agire».
Poi ha agito. Eccome. Ha cominciato non dai singoli settori, ma a livello di gruppo, con una nuova politica per i manager e per la gestione del personale. «Quando sono arrivato in IRI, ho trovato una pesante situazione di demotivazione e di schizofrenia nella gestione delle risorse umane», ricorda oggi. I parametri cambiavano da finanziaria a finanziaria, da azienda ad azienda. Si doveva, insomma, fare la radiografia del management del gruppo. E sulla base di questi riscontri è stata imposta una nuova politica del personale che, partendo dai massimi livelli, scendesse fino alla base della piramide aziendale, una piramide che, all'epoca, contava 7000 dirigenti e 550.000 dipendenti. «Abbiamo dovuto oltretutto ricreare uno spirito di corpo, di attaccamento alla bandiera aziendale e al Gruppo IRI che praticamente era andato disperso negli anni. Sono state date regole uguali per tutti e stabiliti criteri per la selezione delle risorse a ogni livello», dice Prodi. È cominciata anche la caccia ai manager più bravi, portando via qualcuno anche al settore privato. Così sono arrivate al gruppo IRI, in momenti diversi, persone come Giuseppe Tramontana (ex Montefìbre) all'Alfa Romeo e Carlo Verri (ex Zanussi) all'Alitalia, a fianco di altri manager «privati» come Marisa Bellisario (ex Olivetti) alla Italtel e Pasquale Pistorio (ex Motorola) alla SGS.
Prodi si è mosso anche per licenziare tanti manager del gruppo che giudicava incompetenti, alti dirigenti e membri di consiglio del Banco di Roma e del Lloyd Triestino inclusi. Ha dovuto poi, inevitabilmente, resistere alle pressioni dei politici. Il rapporto col mondo politico, dice oggi, è rapporto «contrastato». Ma fin dall'inizio Prodi si è trovato davanti a problemi di ordine politico. Il comitato di presidenza, ci ricorda, è composto da persone che, secondo lo statuto dell'IRI, dovrebbero essere degli esperti in materie finanziarie ed economiche. E invece? «In effetti si tratta di rappresentanti di partito i quali portano, devo dire con molta determinazione e chiarezza, all'interno del comitato tematiche e visioni che poco hanno a che vedere con le esigenze di gestione del Gruppo». E questo fatto, dice Prodi «determina una situazione di conflitto continuo e di interferenza che si manifesta in misura più o meno accentua a seconda della disponibilità del Presidente pro tempore a farsi strumentalizzare dall'esterno».
Questa disponibilità, continua Prodi, «non l'ho mai dimostrata ed è per questo che le occasioni di contrasto sono state frequenti». Ma Prodi, che aveva da sempre l'appoggio di Ciriaco De Mita, non sarebbe stato in grado di resistere in eterno, specie negli ultimi tempi, mentre il potere di De Mita diminuiva notevolmente all'interno della DC. All'inizio, nel 1983, ha proibito ai suoi alti dirigenti di avere contatti con i politici: tutto sarebbe dovuto passare attraverso di lui. Ma questa proibizione era un po' naive, per non dire impossibile da attuare. E non sono stati soltanto alti dirigenti come Giuliano Graziosi e Fabiano Fabiani che nel corso della loro gestione della STET o della Finmeccanica hanno avuto a che fare con i politici (non per fare complotti ma perché così funziona il sistema in Italia). Prodi, in fin dei conti, è un primus inter pares e non è mai riuscito a sorvegliare tutto l'impero IRI. Un suo merito, però, è stato di respingere numerose richieste da parte dei politici di acquisire aziende fallite. Dopo ventisette mesi al vertice del gruppo di via Veneto, Prodi dichiarava a un giornalista straniero: «Io spiego ai politici che l'ora dei salvataggi è finita. Non abbiamo le risorse e neppure il desiderio di assumere nuovi impegni».
A parte la riorganizzazione a livello generale, Prodi sarà ricordato nella storia del capitalismo di Stato come il grande uomo delle privatizzazioni e dei tentativi di internazionalizzazione delle aziende IRI. Anche qui la strada non è mai stata in discesa per il paffuto professore di Bologna. Sempre vincoli. Sempre bombe a tempo. Spesso delle molotov politiche gettate verso di lui. La necessità di internazionalizzare è stata recepita da Prodi ben prima che diventasse di moda parlarne mel 1992. Ma quando è entrato all'IRI, l'immagine del gruppo statale all'estero risultava così povera che non era neppure facile combinare degli appuntamenti. «Ricordo con una sensazione di fastidio fisico che, se chiedevo di essere ricevuto da qualche responsabile di grandi aziende all'estero, spesso l'OK veniva dopo defatiganti tentativi e sollecitazioni, "IRI, what?" era un po' il nostro cruccio. Oggi abbiamo la soddisfazione di essere ricercati, corteggiati non solo come compratori ma anche come partner», dice Prodi
La mossa più importante circa l'internazionalizzazione è venuta verso la fine dell'epoca prodiana, nel 1989, con l'accordo-alleanza tra STET, Italtel e American Telephone & Telegraph (AT&T), il gigante delle telecomunicazioni. Prima di arrivare a questo ci sono stati però anni di trattative difficili, e poi fallite, per un accordo fra Italtel e Telettra del gruppo FIAT, la creazione della TELIT. Oggi Prodi ricorda che fra le cose che meno lo hanno soddisfatto in questi anni c'è il caso TELIT, caduto quando la FIAT obiettò sulla scelta di Marisa Bellisario come amministratore delegato e mosse accuse di ingerenza politica nell'intera vicenda. Prodi è oggi amareggiato dal fatto che, per usare le sue parole, «non siamo riusciti a fare capire che la scelta della dottoressa Bellisario era legata alle sue capacità professionali, documentate da anni di ottima gestione di aziende, e non da ragioni di personali simpatie politiche». E ancora: «Quella che è stata interpretata da alcuni giornalisti e osservatori come una mia presa di posizione preconcetta a difesa di una candidatura manageriale che in effetti aveva poche possibilità di successo, in realtà aveva per me un significato preciso: la difesa del ruolo e dell'immagine di settemila manager IRI che vogliono essere giudicati sulla base dei loro risultati e non per come votano alle elezioni».
Prendiamo qualche esempio di privatizzazione e vedremo subito quanto tortuosi possono essere i rapporti fra IRI e mondo politico e fra IRI e industria privata. Poco dopo il suo arrivo all'IRI, Prodi ha incontrato ostacoli politici e sindacali quando voleva vendere la tenuta di Maccarese vicino a Roma, molto inefficiente e in perdita. Quindi ha incontrato difficoltà politiche quando intendeva privatizzare un piccolo produttore di elettrodomestici, la San Giorgio, vendendola alla Ocean. Nella primavera del 1985, a Milano, davanti a una platea di industriali e banchieri importanti, Prodi con un discorso chiave lodò la privatizzazione della British Telecom in Inghilterra e fece appello per una politica di privatizzazione in Italia.
Il discorso cadeva nel bel mezzo di una delle maggiori polemiche degli anni di Prodi, quella riguardante la vendita della SME, gruppo alimentare dell'IRI, a Carlo De Benedetti. Tale vendita non piaceva a Bettino Craxi, allora presidente del consiglio, e diversi politici scesero in campo per rivendicare la strategicità del gruppo SME. Strategici i biscotti? Prodi era furioso. Diceva che, se la vendita della SME non fosse stata approvata, le conseguenze sarebbero state «profonde». Alla fine, e dopo lunghe azioni legali, la vendita non andò avanti. Fu bloccata.
(...Alain Friedman evita accuratamente di dire che la vendita fu bloccata da un consorzio a dir poco "atipico", il cui fulcro era costituito da Berlusconi - all'epoca legato mani e piedi a Bettino Craxi - e di cui facevano parte anche Barilla e Ferrero. La vendita fu bloccata non per ragioni economiche, ma politiche e "di pelle": sia Bettino che Silvio odiavano, per ragioni diverse, De Benedetti. La ridicola motivazione della guerra a De Benedetti era stata quella che cedere per 500 miliardi quell'azienda-colabrodo fosse una specie di regalo. Il consorzio mosso da Silvio e da Bettino quanto offriva, a fronte di questo "regalo"? Il doppio, il triplo, il quadruplo di 500 miliardi? Sbagliato. Offriva ben 525 miliardi. Dunque 500 miliardi erano un regalo criminoso, 525 miliardi erano un prezzo giusto e remunerativo. Inutile dire che una volta centrato l'obiettivo di impedire la vendita a De Benedetti, il consorzio Bettino-Silvio-Barilla-Ferrero svanì nel nulla. NdR)
E oggi? Oggi Prodi guarda indietro e dice di incontrare spesso persone che dicono che aveva ragione lui. "Magra consolazione", commenta il professore emiliano, notando che «sulla SME è stato pagato un prezzo di mancanza di esperienza, di mancanza di regole certe e forse di un anticipo rispetto ai tempi che non erano ancora maturi. Le regole ancora non ci sono, ma quel precedente ha, se non altro, costretto la classe politica ad assumere atteggiamenti meno ondulatori e più precisi sui casi che successivamente si sono presentati. Senza il caso SME non si sarebbero fatte le privatizzazioni successive ».
Negli anni di Prodi l'IRI ha poi privatizzato una trentina di aziende, tra le quali l'Alfa Romeo. Nonostante tutte le polemiche; nonostante tutti i dubbi che si possono avere sull'intensità della campagna di lobby contro la Ford o sul pagamento da parte della FIAT, che comincerà solo nel 1993, e in cinque tranches; nonostante l'ordine della CEE nei confronti di Finmeccanica, che deve restituire 615 miliardi di aiuti illeciti all'Alfa, non si può negare che la privatizzazione della gloriosa azienda automobilistica sia un'operazione storica per l'industria di Stato.
Oltre alle privatizzazioni l'epoca prodiana ha anche visto il collocamento in Borsa di titoli di minoranza di molte aziende, incluse l'Alitalia, la STET, la SIP, la SIRTI, e banche, per un totale di 6500 miliardi. Per Prodi la privatizzazione non era necessariamente un obiettivo in sé, bensì uno strumento di razionalizzazione e di risanamento finanziario.
Ma i fronti di battaglia erano per il professore di Bologna tali e tanti che non gli è stato possibile fare tutto. C'era, e c'è ancora, per esempio, il fronte della siderurgia che, dopo la liquidazione della Finsider, si sta finalmente e lentamente razionalizzando, non senza polemiche con i politici, i sindacati e la CEE, ma almeno secondo una logica che non esisteva al principio degli anni '80. Nel settembre 1987, in mezzo a una serie di conflitti sui fronti della siderurgia, della TELIT e di Mediobanca, Prodi salutava un gruppo di giornalisti stranieri con un sorriso stanco e li esortava: «Restate, restate! Ho bisogno di un po' di riposo nelle retrovie!» Col passare degli anni, nel palazzo di via Veneto il gioviale professore si trovava sempre più impegnato in una guerra continua e su più fronti, ma non ha mai perso il buon umore o una certa ironia. «Per me», spiegava nel 1987, «questa esperienza è come una battaglia temporanea che dura sette anni, dopo di che mi ritiro nella vita accademica». Ma la domanda chiave riguarda il futuro. È stato l'inizio di un'epoca nuova all'IRi, quella prodiana, o solo un periodo controcorrente per questo gigante del capitalismo di Stato, una parentesi? [...]
Credits: dal Libro "Ce la farà il capitalismo italiano?" - Di Alain Friedman - 1989 - Ed. Longanesi)
Scritto il 13 febbraio 2014 alle 00:03 nella Berlusconi, Economia, Politica | Permalink | Commenti (2)
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12 febbraio 2014
Accipicchia! Il grande stratega Berlusconi ha già vinto
...e noi ringraziamo, riconoscenti, Renzi, Franceschini, Alfano, Casini, Gentiloni e tutta la vecchia DC che ritorna. Ancora un attimo di pazienza, e potremo riavere indietro persino Rutelli, la Roccella e la Binetti... Tafanus
Si tratta, perciò, di deplorare, certo, più o meno fermamente, le pagliacciate anti-euro della Lega contro Napolitano a Strasburgo, ma badando bene a non annotare «e questi sarebbero quelli che, sommati a Casini, garantirebbero il trionfo elettorale di Berlusconi», giacché tale annotazione, con la prospettiva di Borghezio agli Esteri o di Buonanno alla Giustizia, attenuerebbe la Luce abbagliante dell’attuale vittoria sondaggistica a reti unificate.
Si tratta, pertanto, di non soffermarsi sul dettaglio che all’odierno trionfo virtuale al primo turno concorre la Destra di Storace, così da preparare il palato del teleutente distratto a future, decisive ma occultate intese elettorali con, chissà, Forza Nuova, Nazisti Padani e Neo-Borbonici delle Due Sicilie. (Fonte: Enzo Costa - l'Unità)
(Credits: segnalazione Nonna Mana)
Scritto il 12 febbraio 2014 alle 11:20 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (12)
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10 febbraio 2014
Italicum: presentati 450 emendamenti. Gravi errori tecnici nel testo Renzi. Aggiunte 12 pagine per raddrizzare le gambe ai cani
La riforma del sistema di voto verrà discussa alla Camera martedì 11 febbraio. Alla seconda scadenza per la presentazione delle modifiche, sono comparse cinquanta nuove proposte. La Russa: "La legge torni in commissione. Non sta in piedi" (Fonte: Il Fatto Quotidiano)
Quattrocentocinquanta emendamenti e altrettante polemiche. La legge elettorale nata dall’accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi è pronta all’approdo in Aula per il voto e già si porta dietro dibattiti e problemi. Alle 13 è scaduto il secondo termine per la presentazione delle modifiche e all’appello ci sono 50 punti in più rispetto alla prima scadenza. Tra i nodi critici naturalmente il tema preferenze. Il Movimento 5 Stelle ha annunciato che chiederà l’abolizione delle liste bloccate: “Presenteremo emendamenti, ha affermato Luigi Di Maio a Radio 1, “di buonsenso per far tornare le preferenze, perché quella proposta è molto simile al Porcellum, con liste bloccate. E, soprattutto, cercheremo di portare costituzionalità in una legge fondamentalmente incostituzionale”.
Su tre emendamenti la minoranza Pd non demorde: il primo è che la riforma entra in vigore solo dopo il superamento del Senato (emendamento Lauricella), il secondo chiede primarie obbligatorie pur prevedendo deroghe, il terzo vuole la parità di genere. E’ questo l’esito della riunione dell’area Cuperlo. A quanto si apprende, gli emendamenti Pd presentati in Aula sono gli stessi depositati prima in commissione Affari costituzionali e poi in Aula durante il primo termine. Durante la seconda scadenza – riferisce una fonte democratica – “il gruppo ha presentato solo alcune correzioni e l’emendamento a firma Cuperlo sulle primarie”. Altro punto è quello della soglia di sbarramento per le coalizioni che si abbassa dal 12 al 10%. La norma, a prima firma Marilena Fabbri, se approvata dall’assemblea cambierebbe l’articolato in questo modo: le coalizioni di liste la cui cifra elettorale nazionale sia pari ad almeno il 10 per cento (non più il 12, ndr) dei voti validi espressi”. Un emendamento identico è stato depositato anche da Popolari per l’Italia, a prima firma Gregorio Gitti.
Proseguono invece le iniziative e il”pressing” della Conferenza che riunisce gli organismi di Pari Opportunità delle Regioni italiane, al fine di ottenere misure di riequilibrio di genere. La delegazione guidata dalla presidente della Commissione Parità dell’Emilia-Romagna nonché coordinatrice nazionale Roberta Mori, insieme alla presidente della Consulta femminile della Regione Lazio Donatina Persichetti e a Teresa Petrangolini in rappresentanza della Conferenza assemblee regionali, è stata ricevuta dal presidente del Gruppo Pd Roberto Speranza. “Speranza ha dichiarato il convinto impegno dei Deputati Pd a modificare il testo base in senso paritario – ha riferito dopo l’incontro Mori – dal momento che il tema della rappresentanza femminile nelle istituzioni sta molto a cuore al Partito Democratico. “L’obiettivo che abbiamo condiviso è di ottenere l’approvazione degli emendamenti che inseriscono l’alternanza di genere “uno a uno” e il 50% di capilista donne”. La Conferenza delle Presidenti, “pur nella consapevolezza che la riforma debba essere approvata, ritiene indispensabile che il tema della parità di accesso alle cariche elettive costituisca un punto fermo di una reale democrazia paritaria. Su questo auspica la convergenza di tutte le donne presenti in Parlamento e di tutte le forze Politiche”.
Ma la battaglia è appena cominciata.
Ignazio La Russa, presidente di Fratelli d’Italia chiede il ritorno in commissione del testo: “Ora i nodi vengono al pettine. Avevamo insistentemente chiesto che la legge elettorale tornasse in commissione dove mai è stata esaminata ma la nostra richiesta è stata respinta. Ora a sostenere che la proposta di legge non stia in piedi neanche tecnicamente è un gruppo di maggioranza che inoltre sottolinea l’esistenza di problemi politici irrisolti. Il ritorno in commissione è oggi ancora più necessario.
...insomma, tanto per dirla con Fantozzi, questa legge è una cagata pazzesca, che non affronta né di dritto né di rovescio il problema Senato (non sapendo come risolverlo?), e che - oltre ai dissensi politici e/o di bottega illustrati nell'articolo - presenta dei "bugs" tecnici notevoli che hanno costretto gli estensori ad aggiungere all'articolato, alla chetichella, altre dodici pagine, che sono un maldestro tentativo di raddrizzare le gambe ai cani, prima ancora che sui cani ci sia una seria diagnosi. Ad maiora, Renzie. Il tuo padrone di Arcore te ne sarà grato in eterno... Tafanus
Scritto il 10 febbraio 2014 alle 19:40 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (1)
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06 febbraio 2014
Matteo Renzi, Professione "Trascinatore delle Folle" (e dei folli)
Per mesi (e ancora oggi) mi sono sentito sfrantumare gli zebedei con la storia che si, forse le idee di Renzi non sono di sinistra, forse è un berluschino in sedicesimo, certamente è un democristo da riporto, figlioccio di De Mita e del Cardinal Betori. Ma, perdio, "con Renzi si vince".
Si vince adottando regole, programmi, etica, stilemi berlusconiani. Si vince COSA? Si vince PERCHE'? Si vince per portara a casa quali progetti di rinnovamento sociale del Paese? Non è dato sapere. Si vince, e tanto basta.
Con Renzi, il PD verso "magnifiche sorti e progressive". Quelle dettate da Berlusconi, Verdini, Gasparri e Casini. Ma non ha importanza. Pur di "vincere", milioni di perdenti nati sarebbero disposti a "vincere" indossando idee ed interessi altrui. Ma tant'è... La storia è piena di aspiranti-Pirro.
Ma DAVVERO "Il Trascinatore" porterà il PD verso trionfi che mai mente umana avrebbe potuto neanche lontanamente sognare? Oggi Repubblica mette in pagina il primo sondaggio sulle europee che si terranno fra tre mesi. Si, lo sappiamo. Il sistema elettorale per le europee è diverso dal Maialinum di Berlusconi e Renzi (il quale, per ora, è solo un foglietto d'appunti, visto che Renzi inizia a capire che il Parlamento, sulla faccenda, vorrà "parlamentare"; e che il penultimatum "o così o Pomì" si è già disintegrato contro il muro della real-politik. Il ragazzo è lento di comprendonio, ma alla lunga si riesce a fargli capire che non è stato nominato Imperatore d'Italia, ma solo segretario del PD. Quindi l'ampio campione intervistato da IPR Marketing (2200 rispondenti), credetemi sulla parola, non ha dato una risposta correlata al sistema elettorale, e quindi non valida per eventuali elezioni politiche dal sistema ignoto (e col futuro del Senato che per ora è una nebulosa lontana come Andromeda), ma - faute de mieux - da una risposta tutta ideologica, che non si discosta di molto da quella che avrebbe dato sulle intenzioni di voto alla Camera. Gli scettici, interroghino se stessi, la moglie, il fratello, i figli maggiorenni, sul grado di conoscenza dei sistemi elettorali, poi ci facciano sapere.
Ma torniamo alla "magnifiche sorti e progressive", alla ricerca delle quali tanti aspiranti cazzari, e cazzari im SPE, si sono fiondati sul carro del renzino, senza neanche chiedersi dove sia diretto, e se ha i freni a posto. In calce, le intenzioni di voto ai partiti. Con un paio di annotazioni metodologiche:
-1) Le intenzioni di voto sono per i partiti. Non esistono le coalizioni, quindi dovremo cercare di costruircele, se vogliamo traslare il voto ai partiti per le Europee, in eventuali strategie di coalizione - e relative conseguenze - in caso di politiche.
-2) Abbiamo riportato solo i partiti che superano, nelle intenzioni di voto a livello nazionale, almeno l'1% (...a proposito... i cazzari "maitres-à-penser" che ci criticavano quando attaccavamo il populista Di Pietro, sanno che "noi-dell'italia-dei-valori" è ormai finita sotto lo 0,5%, in concorrenza con la SVP?).
Ma iniziamo col mostrare i dati del sondaggio IPR per le europee di maggio:
Per confronto, riportiamo anche i dati finali delle europee del 2009:
Ad occhio, sembra che né il PD di Bersani, mé tantomeno il PD renzino, siano stati capaci di intercettare il disfacimento dei partiti cazzari (dal PdL, all'IdV, alla Lega). Sembra che questi partiti "disfatti" abbiano semplicemente rappresentato il terreno di coltura per l'ennesimo partito-cazzaro, il grillismo. Evviva. Ma adesso arriva Renzino che "ci fa vincere". Con la legge Berlusconi. Facciamo un piccolo esperimento (si può, data l'incultura media delle casalinghe di Voghera e degli idraulici della Brianza): mettiamo ogni partitone e partitino nella presumibile coalizione di "naturale destinazione", visti gli attuali sondaggi politici: M5S da solo, nel centro-sinistra PD, SEL e PSI, e nel centro-destra Forza Italia, NCD, Lega, UDC, Fratelli d'Italia, La Destra, e vediamo cosa accade:
Ma poichè, come si evince dai numeri, NON CI SAREBBE BALLOTTAGGIO, Berlusconi & Eredi beccjherebbero anche il premio dei maggioranza. Ed ecco il quadro realistico:
A questo punto, grazie alla grande intelligenza strategica del Bischero di Frignano, questa sarebbe la distribuzione dei seggo alla Camera (come è noto, tutto è ignoto per quanto concerne il Senato):
-1) Il Centro-Destra supererebbe abbondantemente la soglia del 37%, NON ci sarebbe ballottaggio, e il Berluska incasserebbe anche il premio di maggioranza:
-2) Il Centro-Sinistra delle "magnifiche sorti e progressive" si fermerebbe ad un abbisso del centro-destra (9 punti), ad un passo dai cazzari di Grillo;
-3) il Centro-Sinistra formato "Con-Renzi-Si-Vince", grazie alla legge fortemente voluta da Berlusconi, e fortemente accettata da Renzi e dai coglioni suoi seguaci, porterebbe a casa 163 deputati (meno della metà dei berlusclones), e sarebbe finalmente condannato alla perenne irrilevanza.
Perchè, cari renzini da riporto? Perchè il giorno in cui si verificasse un quadro di questo tipo, con Berlusconi & Eredi inchiavardati alle poltrone di comando coi tasselli Fisher, una nuova legge elettorale meno cretina ed oscena della Berlusconi-Renzi, ve la potreste scordare per due generazioni.
Complimenti per la perspicacia
Tafanus
Scritto il 06 febbraio 2014 alle 15:41 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (9)
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01 febbraio 2014
Speciale "Il Fatto": chi ha dato i soldi a Matteo Renzi. Tanti soldi...
La vera storia dell’intreccio di fondazioni e società su cui il leader Pd ha costruito la sua scalata dalla provincia al potere nazionale. Sponsor anonimi, l’aiuto di Verdini e la regia della trimurti dei fedelissimi Carrai, Boschi e Bianchi. I bilanci delle associazioni segrete con cui ha raccolto 4 milioni in cinque anni. E le uscite molto superiori alle entrate (Fonte: Davide Vecchi – Il Fatto Quotidiano del 1° Febbraio 2014)
Tutto in cinque anni. Dal 2009 a oggi. Tanto è durata la scalata al potere di Matteo Renzi che da assistente di Lapo Pistelli, poi insediato nel 2004 dalla coalizione di centrosinistra alla guida della Provincia di Firenze, è riuscito a sfidare tutti. Centrodestra e centrosinistra. E a vincere. In cinque anni Renzi è riuscito a sostenere quattro campagne elettorali. Due nel 2009 (primarie e amministrative a Firenze), una nel 2012 e un’altra nel 2013, entrambe per la segreteria del Pd. Il tutto senza sostegno economico da parte del partito, rimborsi elettorali né fondi pubblici. Chi ha pagato, e perchè?
La coppia dei fund raiser Bianchi & Carrai - Come ha finanziato la sua attività politica? Attraverso quali canali è riuscito a creare un tale consenso in appena cinque anni? Qualcuno lo ha aiutato a costruire il suo bacino elettorale? E come? Nel tentativo di rispondere a queste domande abbiamo ripercorso a ritroso l’ascesa del rottamatore, arrivando al 2007. Abbiamo individuato associazioni, società, comitati e rapporti (alcuni finora sconosciuti) che ruotano attorno a Renzi come l’universo copernicano attorno al sole. Al suo fianco solo due pianeti: Marco Carrai e Alberto Bianchi.
Maria Elena Boschi, folgorata sulla via di Frignano sull'Arno
Il primo sin dal 2007, il secondo dal 2009. Sono i fund raiser, i “raccoglitori di soldi”. E sono bravi, perché complessivamente hanno messo insieme oltre quattro milioni di euro per coprire le spese della corsa alla guida del Paese del loro amico Matteo Renzi. Bianchi e Carrai oggi fanno parte del consiglio direttivo della Fondazione Open, cioè l’evoluzione della Fondazione "Big Bang" a cui lo scorso novembre è stato cambiato nome e composizione: Renzi ha azzerato il vecchio consiglio, confermando solo Bianchi e Carrai, inserendo Luca Lotti e Maria Elena Boschi, nominando quest’ultima segretario generale. Nel 2013 la fondazione ha raccolto 980 mila euro di donazioni, 300 mila euro in più rispetto all’anno precedente. Nel 2012 aveva chiuso il bilancio con una perdita di 535 mila euro dovuta a debiti ancora da estinguere e, stando ai resoconti che il Fatto ha potuto leggere, nel corso del 2013 la perdita si è assottigliata a poco più di 300 mila euro e le entrate sono aumentate del 30 per cento. Prima la "Fondazione Big Bang" non esisteva, è stata fondata il 2 febbraio 2012 dall’allora presidente Carrai di fronte al notaio Filippo Russo.
La fideiussione e il mutuo della Festina Lente - Negli anni precedenti l’attività politica di Renzi passa attraverso due associazioni: Link e Festina Lente, di cui nessuna comunicazione è mai stata data. Non hanno mai avuto siti internet né rendicontazione pubblica. Praticamente sconosciuta in particolare la Festina Lente. Anche qui figurano Carrai e Bianchi. Fondata nel giugno 2010 cessa le sue attività di fund raising nel maggio 2012. L’ultimo evento che organizza è una cena di raccolta fondi per Renzi nel gennaio 2012 al Principe di Savoia di Milano. Raccoglie 120 mila euro e ha ancora all’attivo circa 40 mila euro. Questa associazione è citata solamente una volta: nel resoconto delle spese elettorali sostenute da Renzi per le amministrative del 2009. Il comitato dell’allora candidato sindaco dichiara di aver speso 209 mila euro, 137 mila raccolti tra i sostenitori e gli altri 72 mila euro che mancano all’appello coperti da un mutuo acceso e garantito dalla Festina Lente. Mutuo concesso dalla Banca di Credito Cooperativo di Cambiano (presieduta dal potente sostenitore Paolo Regini e usata anche per le ultime primarie) con a garanzia una fidejussione firmata da Bianchi. È il maggio 2009 e la Festina Lente nasce solo l’anno successivo. Si fa carico del mutuo e lo estingue immediatamente accendendone però un altro (oggi in via di rimborso) per avviare le attività di fund raising. Complessivamente però questa associazione organizza solamente due eventi, oltre alla cena milanese, in due anni.
Da dove sono arrivati i 750 mila euro di Link? - Ben più attiva la Link. Nasce nel 2007, quando Renzi era presidente della Provincia di Firenze. Con il solito Carrai nell’atto costitutivo figurano buona parte di quelli che ancora oggi sono al fianco del rottamatore. C’è Lucia De Siervo, direttore della cultura ed ex capo segreteria di Renzi, figlia di Ugo, presidente della Corte Costituzionale, e moglie di Filippo Vannoni, presidente di Publiacqua. C’è poi Vincenzo Cavalleri, ora direttore servizi sociali di Palazzo Vecchio e Andrea Bacci, oggi presidente della Silvi (società pubblica partecipata dal Comune), intercettato nel dicembre 2008 al telefono con Riccardo Fusi (ex patron del gruppo Btp condannato a due anni in primo grado per i lavori alla Scuola Marescialli, e imputato per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino di Denis Verdini e indagato per bancarotta fraudolenta) per organizzare un viaggio in elicottero a Milano per Renzi. Poi però saltato. Per ben due volte. Infine, a firmare l’atto costitutivo della Link, c’è anche Simona Bonafè, ex assessore oggi onorevole, e il presidente Marco Seracini. L’associazione ha la propria sede in via Martelli civico 5, dove poi nascerà la fondazione Big Bang. I primi due anni di vita chiudono con un resoconto finanziario in avanzo di 22 mila euro, a fronte di una raccolta complessiva di circa 200 mila in 24 mesi. Tutt’altra musica nel 2009, anno delle primarie e delle amministrative, quindi fondi che vanno ad aggiungersi a quelli dichiarati dal Comitato. Link spende 330 mila euro e chiude con una perdita di 154 mila.
Che viene in parte appianata nel 2010 attraverso erogazioni liberali ricevute per 156.350 euro e in parte nel 2011, ultimo anno di vita dell’associazione Link che termina la sua esistenza con una perdita di 3.500 euro. Complessivamente questa associazione raccoglie e investe nell’attività politica di Renzi circa 750 mila euro.
Da dove arrivano queste “erogazioni liberali”? Abbiamo cercato per giorni inutilmente il presidente Marco Seracini sia nel suo studio, dove venne registrata l’associazione, sia al cellulare. Ci siamo rivolti a Carrai che pur rispondendo molto gentilmente al telefono e rendendosi inizialmente disponibile a incontrarci, ha poi preferito non rispondere né in merito alla Link né ad altro. Cavalleri, infine, ha risposto. Al telefono, non alle domande sui donatori dei quali, ha detto, “non so niente”. Però ci ha spiegato che “l’associazione è una delle scatole a cui ho partecipato, non ho molte informazioni, non ho mai neanche partecipato agli incontri che organizzava”. Che tipo di incontri? “Raccolta fondi ma non solo, non faceva attività politica però, erano incontri sociali diciamo”. Sociali? “Sì, eventi promozionali per diciamo sviluppare le idee di cui Renzi era portatore”. E cene elettorali? “Non ricordo”.
La Grande Sintonia col "rinviato" per bancarotta
L’amico Denis Verdini, quando la destra era d’aiuto - Nel 2009, dopo aver vinto le primarie, Renzi partecipò ad alcune iniziative organizzate anche da Denis Verdini, all’epoca coordinatore regionale di Forza Italia e oggi colui che deve scegliere il candidato sindaco da contrapporre a Renzi per le prossime amministrative di maggio. Nel 2009 l’allora rottamatore sedette al tavolo d’onore insieme a Verdini e consorte alla festa de Il Giornale della Toscana. Presenti tutti i parlamentari forzisti dell’epoca: Mazzoni, Parisi, Bonciani, Amato e altri. E mesi dopo partecipò a un evento organizzato dalla signora Verdini, Maria Simonetti Fossombroni. Molti del Pdl ricordano inoltre che la scelta di candidare sindaco nel 2009 l’ex calciatore Giovanni Galli fu considerato un “regalino” al giovane prodigio Renzi. Che lo asfaltò. Verdini non ha mai negato la propria simpatia per il rottamatore. Dal centrodestra sono mai arrivati fondi alle associazioni di Renzi? Gentile e disponibile quanto Carrai si dimostra anche Alberto Bianchi, che come Carrai alla domanda non risponde. Da dove arrivano i fondi e come ha coperto il mutuo Festina Lente? E come è riuscito ad appianare il debito della Fondazione e a raccogliere il 30 per cento in più l’anno successivo? Neanche a queste domande riceviamo risposte. Una cosa è certa: l’imprenditore e l’avvocato fanno benissimo il loro lavoro di fund raiser. Sempre dall’ombra, mai in prima fila.
La società di Carrai e i lavori di Eataly a Firenze - Meno si parla di loro meglio è. Per dire: la cena di finanziamento di Renzi a Milano nell’ttobre 2012 che passò come un evento organizzato da Davide Serra in realtà è stata opera esclusiva di Carrai. L’amico di Renzi mal sopporta la pubblicità, i suoi interessi sono nel privato. Ha affiancato Renzi nel 2009 solamente per tre mesi. Oggi è, fra l’altro, presidente di Aeroporto Firenze, della C&T Crossmedia, della Cambridge Management Consulting e della D&C, mentre giovedì ha lasciato la carica di amministratore delegato della Yourfuture srl. Inoltre è socio dell’impresa edile di famiglia Car.im, società che ha realizzato la trasformazione della storica libreria fiorentina Martelli in un negozio Eataly (...toh... chi si rivede... NdR), proprio davanti alla sede della Fondazione Open. Ma certo, sono affari privati.
Scritto il 01 febbraio 2014 alle 14:43 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (4)
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30 gennaio 2014
Berlusconi "incassa" la legge Renzi . Il "Geniale" ringrazia
Renzi cala le braghe su tutta la linea: Alza la soglia per il premio di maggioranza, ma poco poco... Vara la legge salva-lega, che così potrà entrare in coalizione con Forza Italia; alza la soglia di sbarramento per i partiti non coalizzati, a limiti irraggiungibili per Alfano, Monti, Casini, così dovranno scegliere se sparire o allearsi a Berlusconi, permettendogli di raggiungere il 37% e il premio di maggioranza; sparisce il divieto, per i caporioni, di candidarsi in più collegi; restano le liste bloccate dei nominati; sparisce qualsiasi accenno alle "quote rosa"; sparisce qualsiasi accenno alle primarie di collegio, persino a quelle "facoltative", ma regolate per legge.
Berlusconi è servito. Il Geniale ringrazia il Servo Sciocco. Dove lo trovano più, uno come Renzi???
Scritto il 30 gennaio 2014 alle 11:48 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (11)
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29 gennaio 2014
L’autolesionismo di Matteo Renzi (di Leonardo Tondelli)
Ci voleva forse Matteo Renzi per farci capire che un accordo con Berlusconi sul sistema elettorale non è affatto difficile: basta dargli tutto quello che vuole.
Quando presentò il suo accordo “prendere-o-lasciare” alla direzione del PD, chi si ostinava a vedere il bicchiere mezzo pieno notò che almeno non erano previste le candidature multiple – almeno quelle. Almeno non avremmo rivisto i notabili dei partiti in cima ai listini di tutti i collegi, pronti a lasciare il posto ai perfetti sconosciuti in coda. Ognuno può avere un’idea diversa su dove passi il confine tra decenza e indecenza, ma almeno c’è consenso sul fatto che le candidature multiple stiano al di sotto della linea. Meno male.
Un paio di giorni dopo il NCD – la filiale di Berlusconi presso il governo – ha presentato un emendamento che reinseriva le candidature multiple. Quando Alessandro Gilioli, giornalista dell’Espresso, ha provato a chiederne conto a Renzi su twitter, ne ha ricevuto una risposta davvero interessante. La domanda era: ti impegni a evitare le candidature multiple? La risposta eccola qui.
"Per adesso non ci sono. Non mi ci immolo (come ballottaggio, premio, sbarramenti). PD, cmq, non farà MAI candidature multiple
— Matteo Renzi (@matteorenzi) January 25, 2014
Insomma, sì, può darsi che lo stiano fregando: è una possibilità, lui non ci si immola; quello che può fare è garantire che lui, cmq, non li fregherà MAI. Se la coalizione di centrodestra riuscirà in questo modo a produrre liste più appetibili agli elettori, pazienza: Matteo Renzi non potrebbe mai abbassarsi a un trucchetto simile.
Questa forma malintesa di fair play, per cui lasci che il tuo interlocutore ti boicotti la legge elettorale e non approfitti nemmeno dei trucchi che lui si sta permettendo, è una delle cose meno nuove di Matteo Renzi: un atteggiamento che prima di lui fu di Veltroni e persino di D’Alema. L’antiberlusconismo “agonistico” di chi ritiene che per quanto disonesto, per quanto infido, per quanto pregiudicato, Silvio Berlusconi vada battuto sul campo: non importa se il campo è in discesa per lui e in salita per noi. È un atteggiamento che fin qui non ha pagato, ma Renzi ritiene di avere delle cartucce che i suoi predecessori non avevano, e magari le ha davvero. Io spero che le abbia.
Cito un mio vecchio pezzo: Esiste un antiberlusconismo agonistico, non mi viene in mente un altro aggettivo con cui definirlo: è l’antiberlusconismo di quelli che B. lo vogliono “battere alle elezioni”: sottointeso, ad armi pari. In realtà si sottointende un’enormità, perché B. non usa armi legali: ha a disposizione un patrimonio immenso, accumulato con metodi discutibili, come per esempio la corruzione (possiamo dirlo ormai, ci sono le sentenze). Dispone di una corazzata mediatica un po’ ammaccata ma ancora senza rivali per potenza di fuoco in Italia, e lo si è visto in campagna elettorale: B. non è riuscito a vincere, ma riesce ancora ad evitare che vinca qualcun altro.
Cosa significa “batterlo alle elezioni”? Con che risorse, visto che lui ne ha di enormi? Con che televisioni? Non si sa, non si è mai capito. Gli antiberlusconiani agonistici sono di solito tipi sportivi, pronti a gettare il cuore oltre all’ostacolo: prima o poi, lasciano intendere, gli italiani tiferanno per loro, ammireranno la loro sportività, il fair play del galletto che sfida la faina al giro dell’aia. Finora son tutti finiti male (Occhetto, Rutelli, Veltroni), però magari questa volta chissà.
In questi giorni Renzi ci ha spiegato che questo sistema non lo vogliono soltanto lui e Berlusconi, ma anche i due milioni di elettori delle primarie: in realtà erano un po’ meno di due milioni, e c’è anche quel milione scarso che non votò per lui, ma questi son dettagli. È difficile immaginare che gli elettori di Renzi in dicembre avessero in mente una situazione del genere, con Berlusconi in grado di tagliarsi il sistema elettorale a seconda delle sue esigenze (norme salva-Lega incluse). Molti, senz’altro, votarono Renzi perché si fidavano di lui. Molti probabilmente si fidano ancora. Tanti altri speravano in un uomo nuovo, lontano dagli atteggiamenti autolesionistici che avevano fin qui danneggiato il PD. Ecco, sull’autolesionismo la sensazione è che ci sia ancora molto da lavorare. http://leonardo.blogspot.com
(Credits: grazie a NonnaMana per la segnalazione)
Gli "Uomini Nuovi" dello statista di Frignano sull'Arno
Per giorni e giorni, all'inizio dell'era del renzismo, i renzini da riporto ci hanno sfrantumato le palle cogli "uomini nuovi" di cui si era circondato Matteo. Così nuovi, che nessuno sapeva chi fossero. Dal mitico "consulente economico" Yoram Gutgeld (quello che "viene dalla McKinsey, Antonio... non so se tu sai cosa sia la McKinsey..."), a Giorgio Gori del Grande Bordello, a Michele Serra, misterioso finanziatore del renzismo con fondi alle Isole Cayman (noto paradiso della trasparenza)... Da Davide Faraone (un "nuovo che avanza ex Lombardo della MPA) a Marianna Madia (quella che sbaglia ministero).
Oggi MICHELE Serra (non DAVIDE il Finanziere), torna sul minchionismo di Twitter, e lo fa a modo suo, facendo a pezzettini le "brillanti idee in 140 battute" di DAVIDE Serra (Il Finanziere). Peccato che Il Finanziere, per esprimere le sue idee in termini di "Capitale & Lavoro", si sia rifugiato nel "cici - ciuciù" di Twitter... Ci piacerebbe leggere le idee di Davide Serra (che poi sono quelle di Renzi) sul rapporto fra capitale e lavoro in 140 pagine, anzhichè in 140 battute. Giusto per togliere alla pochezza del pensiero l'alibi del "vincolo dimensionale":
Se Davide Serra vuole spiegarsi meglio, sappia che gli mettiamo a disposizione anche 14.000 battute, contro le 140 nelle quali, poverino, è costretto a NON spiegarsi su Twitter. Stessa offerta per lo Statista di Frignano sull'Arno. Ma poichè sappiamo per "quasi-certissimo" che né Davide Serra, né Lo Statista, ci degneranno di una risposta, mettiamo a disposizione lo spazio per una difesa d'ufficio anche da parte dei renzini da riporto che frequentano questo blog: da quello che voleva spiegarmi cosa fosse la McKinsey, a quello che mi rimproverava per la frequenza settimanale (troppo alta) della rubrica sul monitoraggio dei "fatti vs pugnette" di Matteo Lo Statista (che poi sarebbe lo stesso che ni aveva rimproverato di aver dedicato ben 11 puntate alla demolizione del mitico "Big Bang" di Matteo Renzi (sempre modesto, il renzino... Non finirà col perdere consensi, con tutta questa modestia? NdR)
Già... quello da cui attendiamo ancora (sono trascorsi 13 giorni dalla data-pugnetta) il "contenuto" dell'indice del Giobatta; quello che "prendere-o-lasciare", ormai precipitato nel suk arabo 35% - 37% - 4% - 5% - preferenze si-no-nonso; primarie si-no-facoltative; candidature multiple giammai-si-no-vediamo; da quello del "salvalega" da regalare a Berlusconi.
Già... parliamo troppo spesso dello Statista. Ma siamo disposti a fare un patto: Renzi non ci offra ogni 5 minuti occasioni per parlare di lui, e noi non parleremo di lui ogni 5 minuti. Tafanus
Scritto il 29 gennaio 2014 alle 14:46 nella Berlusconi, Economia, Media , Politica, Renzi | Permalink | Commenti (25)
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28 gennaio 2014
E se Matteo Renzi portasse sfiga???? "Italicum ultimo treno"!... Ci voleva il genio di Renzi per chiamare la sua legge come il treno della morte...
...Geniale Renzi! Leggo questo suo penultimatum": "Italicum ultimo treno", e la mia mente non può che correre alla strage del treno Italicus di San Benedetto Val di Sambro del 4 Agosto 1974... D'accordo, d'accordo... Renzie è nato 5 mesi dopo, quini la sua dabbenaggine "c'ha l'alibbbi"... Ma esistono anche cosette come i libri, la memoria sorica tramandata da altri, internet, il buon gusto... Possibile che Renzie sia riuscito a sotterrare TUTTI questi strumenti in una sola botta di dabbenaggine???
Lo confesso... Non sono superstizioso, però... Quando Fonzie ha scelto questo nome da porta-sfiga per il suo Maialinum, e per peggiorare le cose ha anche parlato di "ultimo treno", la mia manina è corsa verso il "basso ventre"... Va bbè... la superstizione è da ignoranti, ma in fondo una toccatina alle palle cosa costa?
Per colmo di sfiga, mentre Renzie è rimasto al suo ritornello "o così o Pomì", sembra che il suo Maialinum incontri contrapposte resistenze (come avrebbe potuto immaginare quialsiasi persona dotata di Q.I superiori a 60, piccoli e grandi partiti hanno "interessi divergenti", esattamente come divergono gli interessi dei due partiti che si credono "maggiori -e quindi papabili per un eventuale ballottaggio - da quelli che non sono papabili). E da quelli che potrebbero soffiare il secondo posto a Forza Italia (leggi M5S). Renzie pensava che la la riforma della legge elettorale si potesse fare comprando il "Kit del Piccolo Riformatore", ma così non è... Le cose appaiono più complesse di quanto non le abbia immagibate il nostro "portatore sano di sfiga e di dabbenaggine".
Persino Renzi inizia a temere di essersi spinto un poò troppo in la con la sua presunzione, e dagli ultimatum è già arrivato ai penultimatum. Dal "Così o Pomì" era prima passato al "si può cambiare qualche punto se c'è l'unanimità". Ora si accorge che l'unanimità con c'è e non può esserci su un bel niente, e allora siamo già al "qualcosa si può cambiare se è ragionevole". Ora si tratta solo di stabiloire CHI deciderà circa la ragiobevolezza, e poi ci siamo. Deciderà Renzie, O Marianna Madia? Intanto godiamoci il suk arabo della "trattativa" dell'Uomo del Fare..
Tafanus
Renzi: "Italicum ultimo treno, se non passa legislatura finita" (Fonte: tmnews)
Roma, 24 gen. (TMNews) - "Se qualcuno pensa di fare lo sgambetto all'accordo col voto segreto, la legislatura fallisce. Questa è l'ultima chance anche per i parlamentari. Io più che fare l'accordo non posso. Se qualcuno pensa con il voto segreto di sgambettarlo non è che fanno un danno a me, fanno un danno a loro, perché la legislatura sostanzialmente vede il proprio fallimento. Poi che vada avanti o no dipende dal presidente della Repubblica, ma certo che perdono la faccia". Lo ha affermato sulla legge elettorale "Italicum", il leader del Pd Matteo Renzi.
"Se c'è l'accordo di tutti - ha sottolineato in una intervista a "Virus" su Raidue- le soluzioni si trovano" e "ho l'impressione che non si possa in nome di un punto mandare a monte un accordo complessivo, altrimenti poi che succede? Chi perde la faccia? Dopo anni in cui hanno fatto i tavoli di lavoro, le commissioni, i gruppi di studio e i comitati dei saggi, oggi in un mese abbiamo stretto su tre punti fondamentali: Senato gratis e via i senatori, lotta al potere gestito dai consiglieri regionali e legge elettorale in cui si sa chi vince, non come l'ultima volta. Su questi tre punti che comportano un miliardo di euro di rimborso ai cittadini, di risparmio, con Berlusconi e anche con Alfano c'è un accordo vero. O si chiude o si perde l'ultimo treno".
E ancora. "Cos'è che ha fregato l'Italia in questi anni tra tanti problemi? Il fatto - ha denunciato ancora uan volta Renzi- che ci siano dei piccoli partiti che prendono una piccola percentuale di voti e che poi in Parlamento stanno lì e dicono: o facciamo come diciamo noi oppure le cose non passano. Un meccanismo di veto, un potere di blocco che forse poteva andare bene in un sistema di pesi e contrappesi come nella Prima Repubblica. Ma ora che senso ha, ora che devo fare una riforma epocale e devo stare tutte le volte a trattare con il singolo partitino?".
P.S.: Intanto sullo Huffington Post leggiamo queste brevi righe:
"...Il politologo Roberto D'Alimonte, padre dell'Italicum ovvero il nuovo sistema di voto presto in discussione alla Camera, risponde sul Sole 24 Ore al suo collega Giovanni Sartori che aveva criticato la riforma, ribattezzandolo "Bastardellum". Uno dei punti più invisi all'editorialista del Corriere della sera è il premio di maggioranza previsto dalla riforma..."
Oddio... Sono confuso... Ma è lo stesso D'Alimonte che qualche commentatore, sul Tafanus, aveva linkato come padre di una "ricerca scientifica ed oggettiva" del CESI di D'Alimonte della Luiss? E che noi, stupidi, avevamo classificato come "king-maker" di Renzie? E ora scopriamo da altre fonti che sarebbe addirittura l'autore della porcata che Renzi ha fatto orgogliosamente sua? Solo per sdapere...
Tafanus
Scritto il 28 gennaio 2014 alle 14:02 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (5)
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27 gennaio 2014
Giuristi e costituzionalisti bocciano senza appello il Porcellum-Bis di Renzi e Berlusconi
«La proposta di riforma elettorale depositata alla Camera a seguito dell’accordo tra il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi e il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi consiste sostanzialmente, con pochi correttivi, in una riformulazione della vecchia legge elettorale – il cosiddetto “Porcellum” – e presenta perciò vizi analoghi a quelli che di questa hanno motivato la dichiarazione di incostituzionalità ad opera della recente sentenza della Corte costituzionale n.1 del 2014».
E' l'appello lanciato da un gruppo di autorevoli costituzionalisti italiani, tra cui Stefano Rodotà, sull'Italicum.
«Questi vizi - si legge ancora nell'appello-, afferma la sentenza, erano essenzialmente due. Il primo consisteva nella lesione dell’uguaglianza del voto e della rappresentanza politica determinata, in contrasto con gli articoli 1, 3, 48 e 67 della Costituzione, dall’enorme premio di maggioranza – il 55% per cento dei seggi della Camera – assegnato, pur in assenza di una soglia minima di suffragi, alla lista che avesse raggiunto la maggioranza relativa. La proposta di riforma introduce una soglia minima, ma stabilendola nella misura del 35% dei votanti e attribuendo alla lista che la raggiunge il premio del 53% dei seggi rende insopportabilmente vistosa la lesione dell’uguaglianza dei voti e del principio di rappresentanza lamentata dalla Corte: il voto del 35% degli elettori, traducendosi nel 53% dei seggi, verrebbe infatti a valere più del doppio del voto del restante 65% degli elettori determinando, secondo le parole della Corte, “un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica sulla quale si fonda l’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente” e compromettendo la “funzione rappresentativa dell’Assemblea”».
«Senza contare che, - si legge ancora - in presenza di tre schieramenti politici ciascuno dei quali può raggiungere la soglia del 35%, le elezioni si trasformerebbero in una roulette. Il secondo profilo di illegittimità della vecchia legge consisteva nella mancata previsione delle preferenze, la quale, afferma la sentenza, rendeva il voto “sostanzialmente indiretto” e privava i cittadini del diritto di “incidere sull’elezione dei propri rappresentanti”. Questo medesimo vizio è presente anche nell’attuale proposta di riforma, nella quale parimenti sono escluse le preferenze, pur prevedendosi liste assai più corte. La designazione dei rappresentanti è perciò nuovamente riconsegnata alle segreterie dei partiti. Viene così ripristinato lo scandalo del “Parlamento di nominati”; e poiché le nomine, ove non avvengano attraverso consultazioni primarie imposte a tutti e tassativamente regolate dalla legge, saranno decise dai vertici dei partiti, le elezioni rischieranno di trasformarsi in una competizione tra capi e infine nell’investitura popolare del capo vincente.
C’è poi un altro fattore che aggrava i due vizi suddetti, compromettendo ulteriormente l’uguaglianza del voto e la rappresentatività del sistema politico, ben più di quanto non faccia la stessa legge appena dichiarata incostituzionale. La proposta di riforma prevede un innalzamento a più del doppio delle soglie di sbarramento: mentre la vecchia legge, per questa parte tuttora in vigore, richiede per l’accesso alla rappresentanza parlamentare almeno il 2% alle liste coalizzate e almeno il 4% a quelle non coalizzate, l’attuale proposta richiede il 5% alle liste coalizzate, l’8% alle liste non coalizzate e il 12% alle coalizioni. Tutto questo comporterà la probabile scomparsa dal Parlamento di tutte le forze minori, di centro, di sinistra e di destra e la rappresentanza delle sole tre forze maggiori affidata a gruppi parlamentari composti interamente da persone fedeli ai loro capi. Insomma questa proposta di riforma consiste in una riedizione del porcellum, che da essa è sotto taluni aspetti – la fissazione di una quota minima per il premio di maggioranza e le liste corte – migliorato, ma sotto altri – le soglie di sbarramento, enormemente più alte – peggiorato.
L’abilità del segretario del Partito democratico è consistita, in breve, nell’essere riuscito a far accettare alla destra più o meno la vecchia legge elettorale da essa stessa varata nel 2005 e oggi dichiarata incostituzionale. Di fronte all’incredibile pervicacia con cui il sistema politico sta tentando di riprodurre con poche varianti lo stesso sistema elettorale che la Corte ha appena annullato perché in contrasto con tutti i principi della democrazia rappresentativa, i sottoscritti esprimono il loro sconcerto e la loro protesta. Contro la pretesa che l’accordo da cui è nata la proposta non sia emendabile in Parlamento, ricordano il divieto del mandato imperativo stabilito dall’art.67 della Costituzione e la responsabilità politica che, su una questione decisiva per il futuro della nostra democrazia, ciascun parlamentare si assumerà con il voto.
E segnalano la concreta possibilità – nella speranza che una simile prospettiva possa ricondurre alla ragione le maggiori forze politiche – che una simile riedizione palesemente illegittima della vecchia legge possa provocare in tempi più o meno lunghi una nuova pronuncia di illegittimità da parte della Corte costituzionale e, ancor prima, un rinvio della legge alle Camere da parte del Presidente della Repubblica onde sollecitare, in base all’art.74 Cost., una nuova deliberazione, con un messaggio motivato dai medesimi vizi contestati al Porcellum dalla sentenza della Corte costituzionale. Con conseguente, ulteriore discredito del nostro già screditato ceto politico.
Ecco i firmatari
Gaetano Azzariti, Mauro Barberis, Francesco Bilancia Michelangelo Bovero, Ernesto Bettinelli, Paolo Caretti, Lorenza Carlassare, Giovanni Cocco, Claudio De Fiores, Mario Dogliani, , Gianni Ferrara, Luigi Ferrajoli, Angela Musumeci, Alessandro Pace, Stefano Rodotà, Carlo Smuraglia, Luigi Ventura, Massimo Villone, Ermanno Vitale. Pietro Adami, Felice Besostri, Anna Falcone Antonello Falomi, Domenico Gallo, Raniero La Valle, Giovanni Incorvati, Roberto La Macchia, Fabio Marcelli, Valentina Pazè, Paolo Solimeno.
Scritto il 27 gennaio 2014 alle 13:11 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (6)
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23 gennaio 2014
Matteo Renzi e i Nuovi Padri Costituenti
Scritto il 23 gennaio 2014 alle 14:21 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (7)
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22 gennaio 2014
Legge elettorale - Renzi di fronte alla dura realtà: in Commissione Affari Costituzionale non ha la maggioranza
Agli Affari Costituzionali di Montecitorio cuperliani in vantaggio. La Bindi al segretario: "Accetta eventuali emendamenti" (Fonte: Chiara Sarra - Il Geniale/IlSole24Ore)
Si stringe il cerchio attorno alla riforma della legge elettorale: il Porcellum è stato dichiarato incostituzionale, e l'Italicum (quello proposto da Matteo Renzi) sarà formalizzato oggi in commissione Affari Costituzionali alla Camera e portato in Aula il 29 gennaio.
La proposta del sindaco di Firenze piace a Forza Italia ed è stata formalmente accettata dal Partito Democratico, dove ha però portato alle dimissioni da presidente di Gianni Cuperlo. Ma rischia lo stop proprio in commissione, dove i cuperliani sono in netta maggioranza rispetto ai renziani, come spiega Il Sole 24 Ore.
A sostegno del segretario Pd ci sono Maria Elena Boschi, Matteo Richetti, Luigi Famiglietti e Daniela Gasperini, che si aggiungono a Emanuele Fiano, Gianclaudio Bressa, Ettore Rosato e Francesco Sanna, tutti favorevoli all'Italicum. E poi c'è lo stesso Cuperlo insieme ai suoi fedelissimi (Alfredo D'Attorre, Barbara Pollastrini, Andrea Giorgis, Maria Gullo, Enzo Lattuca e Giuseppe Lauricella), più Pier Luigi Bersani (dimesso ieri dall'ospedale), Rosi Bindi e Marco Meloni. E se a questo si aggiunge che su 21 membri democratici in Commissione solo 9 hanno votato Renzi e 12 Cuperlo, i conti sono presto fatti: 8 a 13, dice il quotidiano di Confindustria, sottolineando come il primo esame della legge potrebbe trasformarsi un un vero e proprio "Vietnam" per il Rottamatore, che potrebbe vedere la sua bozza stravolta da emendamenti proposti dai suoi stessi compagni di partito.
E Rosi Bindi già lo avverte: "Se mezzo gruppo parlamentare dovesse firmare emendamenti per cambiare alcuni punti del testo, dovrebbe essere il segretario a prenderne atto e accettarli. Io non voglio spaccare il partito, ma nemmeno lui lo deve fare"
Scritto il 22 gennaio 2014 alle 23:10 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (2)
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21 gennaio 2014
La dignità delle persone perbene: Cuperlo se ne va (e due, dopo Fassina-Chi)
E due. Quando una persona perbene incontra un dittatorello da operetta, non ha senso che resti per fare da foglia di fico al dittatorello. Dopo Fassina, Cuperlo. Fassino (con la "o") comincia a ripensarci. Minoranza PD e 5 Stelle preannunciano battaglia in aula sul "Maialinum". Che il Bischero si sia montato la testa troppo in fretta?
"Allarmato dalla tua concezione del partito". Così l'ex capo della Fgci motiva la scelta di lasciare. Il segretario gli risponde: "Da me nessuna offesa personale". Civati: "Non mi candiderò alla presidenza". Intanto la minoranza e i Cinque Stelle annunciano battaglia contro l'Italicum (Fonte: Repubblica.it)
Gianni Cuperlo si dimette da presidente del Pd. Lo annuncia lui stesso durante la riunione della minoranza alla Camera, leggendo la lettera inviata a Matteo Renzi e pubblicata anche sulla sua pagina Facebook, che motiva la sua decisione. Nel testo della missiva, Cuperlo ammette di essersi dimesso perché "allarmato" dalla concenzione che il segretario ha del partito. E di averlo fatto non per "rancore, ma per essere libero".
La risposta dell'ex rottamatore non tarda ad arrivare. Renzi in una lettera rivolta a Cuperlo afferma di rispettare la sua scelta, pur sottolineando che bisogna saper accettare le critiche: "In un Partito democratico le critiche si fanno, come hai fatto tu - scrive il segretario- ma si possono anche ricevere. Mi spiace che ti sia sentito offeso a livello personale. Ti ringrazio per il lavoro che hai svolto nel tuo ruolo e sono certo che insieme potremo fare ancora molto per il Pd e per il centrosinistra. Ci aspetta un cammino intenso che può finalmente cambiare l'Italia (...) Si poteva fare meglio? Sì, certo. Ma fino ad ora non si era fatto neanche questo. E rimettere in discussione i punti dell'accordo senza il consenso degli altri rischia di far precipitare tutto. Sono certo che questo non sia il tuo obiettivo e che - pur con funzioni diverse - ripartiremo insieme".
La rottura di Cuperlo in direzione. Il botta e risposta tra il presidente (ormai ex) e il segretario arriva dopo lo strappo di ieri sera in direzione Pd, quando Cuperlo ha duramente criticato il sistema proposto dal segretario, per poi lasciare in silenzio l'assemblea per dissenso con le parole "sopra le righe" di Renzi. Sembrava che in un primo momento dovesse prevalere la linea morbida della richiesta di chiarimento con il segretario. E invece ha vinto la contrapposizione netta, che ha portato il presidente alle dimissioni.
La partita legata al pacchetto delle riforme, dunque, si complica. Perché se è vero che il segretario ha vinto il primo round sulla via che dovrebbe portare a una legge elettorale in grado di favorire governabilità e alternanza (listini corti in un territorio suddiviso in molti collegi, doppio turno se nessuna coalizione raggiunge la soglia minima del 35% per ottenere il premio di maggioranza), è pur vero che queste dimissioni sono la conferma della profonda frattura interna con la minoranza del partito.
Minoranza che però rappresenta, in Parlamento, la maggioranza dei deputati e senatori democratici. Una circostanza che non renderà facile il percorso del segretario. La battaglia su cui si sono schierati infatti sia alcuni esponenti della minoranza Pd (come il cuperliano Alfredo D'Attorre) che il Movimento Cinque Stelle è quella sulle preferenze [...]
Gianni Pittella, che già aveva partecipato alle primarie Pd uscendo al primo turno, si dice rammaricato e parla di "occasione persa", mentre il deputato Dario Nardella, fedelissimo del segretario, aggiunge: "Cuperlo sarebbe stato un ottimo presidente ma capisco che il ruolo di garanzia mal si concilia con la volontà di guidare la minoranza. Non condivido invece le critiche fatte all'idea di partito di Renzi".
Diverse le posizioni dei parlamentari di area cuperliana, che chiedono di verificare se c'è accordo ampio sulle riforme. "Il punto - sottolinea Andrea Giorgis, componente Pd della commissione Affari Costituzionali della Camera - è che questa mattina in commissione ci sono stati diversi interventi critici come quelli di Scelta Civica e Sel".
"Bisogna verificare - sottolinea Daniele Marantelli - se sull'accordo c'è una maggioranza larga perchè in commissione in diversi, a partire da Sc hanno posto questioni di merito". Mentre per Danilo Leva le dimissioni di Cuperlo sono un "gesto politico che pone un tema al segretario del partito: capire come continuiamo a stare insieme" perchè "non si può gestire un partito secondo una logica padronale e il dileggio non è possibile. Ci vuole un chiarimento da parte di Renzi" [...]
Meno delicata l'ironia de Il Mattinale, la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia alla Camera: "Cuperlo si dimette, dunque esiste - si legge nel comunicato dei deputati forzisti- Pare che il citato Cuperlo si sia ritirato in una stanza offeso poichè Renzi gli ha ricordato che lui ora invoca le preferenze, ma in passato si è fatto piazzare sul burro del listino fabbricato per gli ultra garantiti da Bersani. Ehi, che ignorante che è Renzi: è il materialismo dialettico, compagni". E la deputata di Fi Sandra Savino sentenzia: "Le dimissioni di Cuperlo sono il segno che una parte del Pd non vuole cambiare".
Sandra Savino. professione "Amazzone"
(...già, Sandra Savino... Sandra-Savino-chi???... e poi "Il Mattinale"... ma non era una creatura di Marcello Dell'Utri, il "talent-scout" che aveva portato in "villa ad Arcore" lo "stalliere" Mangano, occasionalmente mafioso ed assassino?Tafanus
Scritto il 21 gennaio 2014 alle 20:00 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (12)
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20 gennaio 2014
Legge elettorale: ...e la montagna partorì il "Maialinum"...
Parafrasando il celebre detto "dimmi con chi vai, e ti dirò chi sei", il fenomeno del renzusconismo potrebbe essere analizzato attraverso vari strumenti. Ma facciamo una piccola premessa: Renzi è stato accusato di aver resuscitato mediaticamente (e quindi politicamente) il pregiudicato di Arcore. I renziani (quelli dichiarati e quelli - più subdoli - appartenenti alla categoria degli "io-non-ho-votato-renzi-però") difendono Renzi con le unghie, attaccando: "E voi che con Berlusconi ci avete fatto un governo"??? E ogni sforzo per dimostrare che ciò è avvenuto quando il "pregiudicato" non era ancora tale, era senatore, aveva il passaporto, godeva dei pieni diritti civili, e non doveva ancora scegliere fra gli arresti domiciliari e la "rieducazione", cadono miseramente nel vuoto.
Per certificare la resurrezione mediatico-politica del pregiudicato (Grazie, Matteo) sarebbe sufficiente seguire per tre mattine le tre
trasmissioni politiche de "La7", che arrivano in sequenza: "Omnibus", "Coffee Break" e "L'aria che tira", munendosi di una semplice penna biro e di un block notes, e producendo - seppure in maniera artigianale - quella che in comunicazione viene definita "copy-analysis". I più pigri possono limitarsi ad intestare alcune colonnine "Berlusconi", "Renzi" "Letta", e poi, ogni volta che viene menzionato uno dei tre, fare una crocetta. Alla fine si contano le crocette, e possibilmente si traggono delle conclusioni.
I più raffinati possono non limitarsi all'analisi quantitativa (il numero delle crocette) ma cimentarsi con aspetti qualitativi, mettendo nelle colonnina di ogni nome non una crocetta, ma un segno "+" o un segno "-", a seconda che la menzione sia connotata positivamente o negativamente. Ai renzini autocertificati, e a quelli che "si però", consiglio di fare questo esercizio, e sarò loro grato se vorranno trarre delle conclusioni, e trasmettercele.
Ma torniamo al tema principale: il renzusconismo sta già creando qualche esilarante risultato. Ad esempio, nella terna di stamattina dei talk-shows abbiamo assistito a fenomeni mirabili:
-a) di Renzi parlava benissimo, con toni accesi (prima impiegati solo nelle quotidiane azioni di leccamento di Berlusconi), tale Paolo Liguori. Gli piace moltissimo, Renzi. Ha parlato di Renzi con toni ispirati che non aveva mai usato neanche nei confronti del suo padrone).
-b) Anche il mitico Fabrizio Rondolino, once upon a time 'de sinistra", era in pista per cantare le laudi del renzusconismo. Il percorso politico di Rondolino è noto, anche se sarebbe meglio (per lui) che non lo fosse. Riassumiamo:
"...laureato in filosofia teoretica (come Gianni Vattimo... dev'essere una malattia infettiva), dal 1986 al 1988 ha fatto parte della Direzione Nazionale della FGCI. Dal 1988 al 1996 ha lavorato come cronista politico al quotidiano l'Unità. Dal 1996 al 1999 ha lavorato come responsabile della comunicazione nello staff di Massimo d'Alema [...] collabora all'edizione italiana di Vanity Fair e al settimanale Donna Moderna (?)
Ma non finisce qui: "...Nel 2000 è stato Consulente Speciale per la comunicazione del programma Grande Fratello [...] È stato coautore delle fiction sperimentali Amori, e Walter e Giada, e autore del talk show sulla spiritualità Il Cielo e la Terra. Nel 2010 ha partecipato in veste di attore al film Figli delle stelle.
Poi, dopo questi sintomi preoccupanti, il crollo definitivo, implacabile:
"Il 15 aprile 2011 inizia la sua collaborazione con Il Giornale. Nel 2012 viene scelto da Daniela Santanché come consigliere per la sua
campagna elettorale nelle primarie del centrodestra poi non svoltesi" (Fonte: Wikipedia).
Oggi, questo apprezzatissimo editorialista del "Geniale" di Rigor Mortis Sallusti (il fidanzato della plasticona) si è innamorato del renzusconismo. E' la naturale fine di una carriera tutta politica, e tutta in discesa. Quando ci si adagia su un piano inclinato ben insaponato, poi la discesa a velocità crescente è inetitabile e inarrestabile.
Ma stamattina abbiamo visto altri femomeni, "scesi in terra a miracol mostrare"... Come il mitico Giachetti, renziano a tutto tonto (quello del digiuno per la legge elettorale), che pressato dalla conduttrice, dopo aver difeso l'indifendibile sistema spagnono (col retto o senza retto), ha dovuto ammettere che si, in effetti, lui IN PASSATO era sempre stato per il sistema uninominale a doppio turno, ma improvvisamente, dopo l'incontro fra berlusconi e berluschino, si era convertito allo spagnolismo. Si, ammette che forse quel sistema è - ai fini della costituzionalità - come il Porcellum - ma, insomma... bosogna sopire, si vedrà... cercheremo, troveremo...
Meno diplomatico un altro renzista dell'ultima ora: Fassino (non fassina-chi, propro Fassino) che sembra non aver apprezzato pienamente la bellezza dell'incontro fra il segretario del suo partito e il pregiudicato, riportato, grazie al bischero, alla piena "agibilità" politica. Fassina-chi ha detto di aver provato vergogna, ma si sa... per molti opinionisti del tafanus l'opinione di fassinachi non conta. E' solo uno con tre narici, che na parliamo a fare? Per un fassinachi che si vergogna, c'è uno straccio-liguori entusiasta di Renzi, per il quale stamattina ha espresso una rabbiosa e ispirata ammirazione, fra le malcelate risate degli altri giornalisti presenti alla trasmissione de La7.
Dimmi a chi piaci, e ti dirò chi sei....
Qualche altra annotazione seria sul bischero.
# La prima: ricordate ancora il "Giobatta"? presentato con squilli di tromba qualche giorno fa, criticato per essere un sommarietto di titoli senza i capitoletti dentro, Renzino si era affrettato a dire: "aspettate di vedere il contenuto, poi discutiamo su quello". Il "contenuto" doveva arrivare il 16 c.m.: NESSUNO lo ha visto. Oggi in direzione un fugace accenno: "fra qualche settimana" vedrete il piano completo". Campa cavallo... E spiegare perchè non sia arrivato, come da impegni, il 16 gennaio? Macchè... i principini non si scusano, mai.
# la seconda: il renzusconellum precede praticamente la quasi-cancellazione del Senato, e quindi RICHIEDE profonde modifiche costituzionali attraverso le procedure dell'art. 138 (doppia lettura camera/senato con un intervallo di almeno tre mesi, e nell'ipotesi - CERTA - di maggioranza non qualificata, necessità di un referendum popolare confermativo, senza obbligo di quorum). Dunque: definire l'articolato della legge; trovare l'accordo - non facile - con Alfano e Berlusconi; passare un attimo dalla Commisione che valuta la costituzionalità delle leggi; sondare discretamente il Quirinale e l'Alta Corte; affrontare i dibattiti in due camere, con due presentazioni di un mare di emedamenti, e presumibili ostruzionismi; votare; ripetere la cerimonia dopo tre mesi. E se per sbaglio passa in una delle camere anche un solo emendamento, il gioco dell'oca riparte dalla prima casella. Poi indire un referendum... Quanto ci vuole, secondo voi, a fare questo? Non ci interessa, il vostro parere, era una domanda retorica. Il bischero ha preso un impegno solenne: IL TUTTO SARA' LEGGE ENTRO MAGGIO 2014. Complimenti all'Uomo Mascherato. Da statista.
IL RENZUSCONELLUM E I COSTITUZIONALISTI
"...Dopo l'addio della costituzionalista Lorenza Carlassare a giugno, un'altra componente della commissione di esperti governativa per le riforme costituzionali presieduta dal ministro Gaetano Quagliariello abbandona per motivi analoghi. Nadia Urbinati, politologa della Columbia University di New York, lo fa con una lettera. «Caro ministro, ti annuncio le mie dimissioni... Le ragioni non riguardano i lavori, ma levicende politiche legate alla condanna di Berlusconi e la sua eventuale decadenza da senatore. In questa vicenda, hai espresso opinioni che non ritengo si adattino al tuo ruolo di presidente della commissione e che rivelano una concezione delle istituzioni tesa a favorire un leader invece che le ragioni del diritto e dell'uguaglianza del cittadino innanzi alla legge..." (Fonte: Corsera)
Oggi altri costituzionalisti - a cominciare da Onida, Rodotà, Ainis, hanno sparato a zero contro la grottesca proposta di Renzi, che sembra fatta apposta per essere bocciata dalla corte (o per far litigare Letta e Alfano, arrivare alla svelta alla crisi di governo, e andare a votare subito, prima di maggio, col proporzionale puro?
A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina...
Tafanus
Scritto il 20 gennaio 2014 alle 22:12 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (28)
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18 gennaio 2014
Oggi al Nazareno muore il PD - Fusione fredda fra pregiudicato e spregiudicato
Scritto il 18 gennaio 2014 alle 13:47 nella Berlusconi, Renzi | Permalink | Commenti (121)
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17 gennaio 2014
Caro Renzi, ma quando parla di "modello spagnolo" lei sa di cosa sta parlando?
Ho come un'impressione che Renzi "ciurli per il manico". Altrimenti devo pensare di peggio: che Renzi non capisce ciò di cui parla. Nel modello Renzi (Che busta sceglie, la 1, la 2 o la 3) sono avanzate tre ipotesi. Inizialmente, secondo renzino, erano tutte e tre valide allo stesso modo. Col passare dei giorni, Renzino si sta acconciando sempre di più alla legge voluta dal pregiudicato: il "modello spagnolo", che è diventato "un po' più uguale degli altri".
Ma la cosa tragica è che né il Renzino, né chi discute con lui, sembra avere le idee chiare su cosa ha scritto la Corte Costituzionale nelle motivazioni di bocciatura del Porcellum. Proviamo a ridurre il problema all'osso. La Corte ha scritto due cose fondamentali:
- -a) che i "premi di maggioranza" sono incostituzionali, perchè premiano chi li prende in misura superiore al consenso elettorale ottenuto;
- -b) che i candidati devono essere scelti attraverso la libera espressione di un voto di preferenza.
La Corte NON ha detto che un premio di maggioranza grande è peccato, e un premio di maggioranza piccolo è bbuono. Ha detto che il premio di maggioranza è incostituzionale. Punto.
La Corte NON ha detto che una lista grande "è bbuona" e una piccola no. Ha detto che il cittadino deve poter scegliere. PUNTO.
In calce riportiamo un chiarissimo articolo del Sole24Ore di ieri, che spiega molto bene le differenze fra la busta 1, la busta 2 e la busta 3.
Ora, si da il caso che il modello spagnolo, sul quale spinge l'accoppiata Berlusconi-Berluschino, non rispetta nessuno di questi criteri. Non il criterio di proporzionalità, perchè la legge spagnola prevede non solo un premio di maggioranza del 15% (incostituzionale secondo la Corte) ma anche una soglia di sbarramento al 5% (altrettanto incostituzionale, perchè potrebbe negare qualsiasi rappresentanza a chi magari ha preso 2.300.000 voti). E non rispetta neanche il criterio della scelta dei candidati affidata al voto popolare, perchè prevede il peggio del berlusconismo e del Porcellum: le "liste bloccate". Quindi chi straparla di "modello spagnolo, o è un minchione che non capisce cosa legge, o - peggio - si è appecoronato, per motivi oscuri, sulle posizioni del pregiudicato di Arcore.
Non si salva il "Mattarellum", per ragioni analoghe. La proposta del Bischero prevede un "premio di maggioranza" (...e ddaje...) del 15%, e un 10% si premio di tribuna" per i partitini. E se i partitini. puta caso, si riducessero ad occupare il 5% dell'elettorato? Avrebbero il 10% dei parlamentari? Il doppio di quanto indicato dagli elettori "sovrani"???? Ma Renzi capisce o no cosa legge???
Infine, la "legge dei sindaci" modello bischero: 60% dei seggi a chi vince (peggio del Porcellum, che prevede il 55%!), soglia di sbarramento al 5%, listini bloccati (sistema Trota-Minetti, per intenderci) Insomma, non lasciamoci incantare dalla parola magica "doppio turno". Questa legge sarebbe bocciata già in Commissione Affari Costituzionale. Ma ho proprio l'impressione che Renzi non capisca.
Allora? La Corte indica una sola via d'uscita: proporzionale puro (niente premi, niente sbarramenti, niente diritti di tribuna) e preferenze. PUNTO. Guarda caso, le tre buste di Renzi sono tutte comprese fra il "molto anticostituzionale", e il "moltissimo incostituzionale". A cosa mira? a "fare ammuina", solo per finire ogni giorno sui media? A far finta di essere rivoluzionario, ben sapendo che NESSUNA delle sue tre buste avrebbe il beneplacito della Corte? A saperlo...
Allora? secondo la sentenza della Corte, dovremmo tornare al proporzionale puro. Cioè al sistema usato per quasi 50 anni, e che ha portato l'Italia ad avere in media una crisi di gooverno ogni 11 mesi: al Manuale Cencelli, secondo il quale le coalizioni di governo si facevano DOPO i risultati elettorali, spartendosi la torta dei ministeri a seconda dei voti avuti. Un bel sistema, in cui persino il PLI di Renato Altissimo poteva fare la voce grossa e avere qualche ministero. Magari inventato per ampliare la "posta" del manuale Cencelli.
C'è un sistema per ovviare a tutto ciò? Si, c'è. Ma non è nelle corde di Berlusconi, e quindi neanche in quelle di Renzi. E' il VERO sistema con collegi uninominali a doppio turno "DI COLLEGIO". Tanti collegi uninominali quanti sono i deputati (630). Chi prende il 50% + 1 dei voti al primo turno, "vince" il deputato per il collegio. Negli altri casi, ballottaggio di secondo turno fra i due primi partiti. Niente premi di maggioranza, niente diritti di tribuna.
E le preferenze? Sono insite nel fatto che in ambiti ridotti (circa 73.000 elettori per collegio) sarebbe inevitabile votare più per il candidato che per il partito. Ma nulla vieterebbe liste "aperte" di pochi candidati, su cui dare un voto di preferenza. Nel collegio, vince il partito che prende più voti, e al suo interno vince il candidato che prende più preferenze. As simple as that. Anzi, come direbbe il renzino, es simpol es det. Fine della storia.
In un sistema siffatto, i partitini piccoli avrebbero interesse ad aggregarsi, pena il rischio di non prendere amnco un deputato; i partiti avrebbero interesse a presentare candidati decenti, radicati nel territorio; aggiungo che il PD avrebbe TUTTO l'interesse ad adottare questo sistema, poichè le amministrative dimostrano ogni volta che la sinistra, anche quando perde le politiche, resta la forza dominante nelle elezioni locali. Il che significa che mediamente riesce ad espreimere candidati più decenti del centro.destra.
Del fatto che Renzi stia facendo di tutto per incrinare i rapporti fra lui e Letta, e fra Letta e Alfano, ci occuperemo un'altra volta. Perchè lo fa? Semplicissimo: perchè sa che la luna di miele finisce; perchè chi è saltato sul carro del vincitore, e non ha ricevuto adeguate poltrone, inizia a pentirsi (e non ci sono poltrone per tutti gli appetiti). Infine, perchè anche geni della politica che si sono fiondati entusiasticamente sul renzismo - prima ancora di sapere quali fossero i contenuti, al di la delle battute) - comincia a interrogarsi. Quindi Renzi ha fretta. Molta fretta. Tanta frretta che per far cadere il governo con una legge elettorale qualsiasi, si sta agitando troppo, ma senza far funzionare al meglio il cervello. E' tanto scomposto, da non aver capito che le sue tre buste (pardon... proposte di legge elettorale), sono TUTTE molto diverse da ciò che impone la sentenza della Consulta. Con buona pace di coloro che hanno già eletto Renzi "Statista del Secolo"
P.S.: Ma oggi è il 17 Gennaio. Ieri, 16 Gennaio, doveva uscire il "contenuto" dell'indice che aveva contrabbandato come "Jobs Act" (sic: Jobs. Plurale). Qualche renzofilo mi sa dire se sono io che non l'ho visto, o se non è uscito? E nella prima ipotesi, mi può fornire un link, che certamente avrà, su dove trovare la versione completa del "Giobatta""? Grazie in anticipo. Anzi, per dirla alla Renzi:
meni denks in advanz,end caindest rigards.
Tafanus
Legge elettorale, cosa prevedono il modello spagnolo, il Mattarellum nuova edizione, e la Legge dei Sidaci (Fonte: IlSole24Ore del 16 Gennaio)
Sono tre le ipotesi di lavoro proposte dal segretario del Pd, Matteo Renzi: rivisitazione del sistema spagnolo, del Mattarellum, del doppio turno. Renzi si è detto «pronto a incontrare tutti, purché si chiuda su una cosa che serva agli italiani». Per il segretario del Pd, come ha scritto nella lettera ai partiti, la legge elettorale dovrà essere «maggioritaria, che garantisca la stabilità e l'alternanza, che eviti il rischio di nuove larghe intese». Attualmente Renzi media con Berlusconi per una convergenza sul modello spagnolo. Ma il sindaco tratta anche sul Mattarellum rivisitato. Il Nuovo centrodestra, invece, ha una preferenza per il modello dei sindaci. Il M5S proporrà una sua linea, discussa, decisa e votata in rete. Sul Mattarellum corretto potrebbero convergere anche Sel e Scelta civica. Ecco i tre modelli proposti da Renzi.
Il modello spagnolo - La riforma sul modello della legge elettorale spagnola prevede una divisione del territorio in 118 piccole circoscrizioni con attribuzione alla lista vincente di un premio di maggioranza del 15% (92 seggi). Ciascuna circoscrizione elegge un minimo di quattro e un massimo di cinque deputati. Soglia di sbarramento al 5%. In pratica si tratta di un proporzionale molto corretto, dagli effetti spesso maggioritari. È stato pensato per ottenere due effetti: un grado elevato di bipartitismo complessivo e una buona rappresentanza dei partiti regionali. Bipartitismo con federalismo, insomma, disincentivando invece la presenza di partiti minori nazionali. Questo insieme di elementi avvantaggia i partiti più grandi. Ma, allo stesso tempo, non penalizza le formazioni regionali i cui consensi sono concentrati in specifiche circoscrizioni e consente alle formazioni nazionali capaci di superare la soglia di sbarramento in sede circoscrizionale di conseguire una rappresentanza parlamentare, sia pure di più ridotte dimensioni. Il sistema appare facilmente adattabile, dato che sarebbe sufficiente prendere le attuali circoscrizioni e frammentarle in tante circoscrizioni provinciali autonome.
Il modello spagnolo prevede, però, che le liste siano "bloccate": non è previsto il voto di preferenza (che del resto è sconosciuto a numerose democrazie dell'Occidente ed esiste solo in pochissimi Paesi al mondo), ma il numero molto basso di candidati che compongono le liste (nella gran parte delle circoscrizioni solo tre, quattro o cinque) consente comunque un buon rapporto di conoscenza e di relazione tra elettori e candidati. Va, però, ricordato che la Corte costituzionale in Italia ha bocciato le liste chiuse del Porcellum.
La rivisitazione del Mattarellum - La seconda proposta targata Matteo Renzi prevede una riforma elettorale sul modello della legge Mattarella rivisitata. Previsti 475 collegi uninominali e l'assegnazione del 25% dei collegi restanti attraverso l'attribuzione di un premio di maggioranza del 15% e di un diritto di tribuna pari al 10% del totale dei collegi.
Doppio turno di coalizione dei sindaci - La terza proposta prevede la riforma sul modello del doppio turno di coalizione dei sindaci. Chi vince prende il 60% dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Possibile sia un sistema con liste corte bloccate, con preferenze, o con collegi. Soglia di sbarramento al 5%
Scritto il 17 gennaio 2014 alle 19:01 nella Berlusconi, Leggi e diritto, Politica | Permalink | Commenti (12)
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20 dicembre 2013
Italia peggio delle Repubbliche delle Banane: il 34% della ricchezza in mano al 6,7% della popolazione
Purtroppo queste cose non le dice Landini... le scrive, nero su bianco, Bankitalia, nel suo ultimo rapporto dulla distribuzione della ricchezza nel Paese. L'Italia non è mai stata così ingiusta e "centro-americana" nella distribuzione della ricchezza. Letta intende continuare con la sua politica di tagli lineari e di incrementi di piccole e grandi gabelle sempre lineari, o si deciderà, coi suoi 330 deputati, ad imporre ad Angelino politiche redistributive di tipo centro-europeo e non centro-americano?
Letta stia attento, perchè la sopportazione di gran parte della popolazione per quella cosa che lui chiama "stabilità", e che un numero crescente di italiani chiama "immobilismo", ha raggiunto livelli intollerabili. Magari smetta di sparare cifre "ad minchiam" sull'Italia che crescerà dell'1% nel 2014, e del 2% nel 2015, e ci dica cosa intende fare a Gennaio, non fra 24 mesi.
E magari ce lo dica anche Renzi, visto che finora l'unico provvedimento che avrebbe in testa sarebbe quello di resuscitare la coglionissima querelle sull'art. 18, padre di tutti i mali italiani. Qualcuno gli spieghi che è stata "la nadre di tutte le battaglie" sotto un altro governo Berlusconi. Una battaglia idiota, che ha monopolizzato la discussione economica per due anni, finchè gli stessi industriali gli hanno spiegato che i casi di reintegro a norma dell'art. 18 erano stati alcune decine all'anno. Parliamo di cose serie, Renzi... Quando ci spiegherà i suoi progetti sulla patrimoniale, che esiste in tutti i paesei civili?
Tafanus
Scritto il 20 dicembre 2013 alle 14:27 nella Berlusconi, Economia, Renzi | Permalink | Commenti (4)
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18 dicembre 2013
L'obiettivo di Grillo (di Marco Bracconi)
Mi trovo spesso d'accordo con le analisi di Marco Bracconi. Non questa volta (non in toto), e proverò a spiegare perchè. Quello che segue è un lungo estratto dell'articolo di ieri di Marco Bracconi su Repubblica.it
Nella fase politica che si è aperta con la decadenza di Berlusconi, la sentenza della Consulta e il cambio della guardia al vertice del Pd ci sono alcuni comportamenti del Movimento Cinque Stelle difficili da comprendere.
[...] Grillo vuole le elezioni, subito. Posizione legittima. Vuole anche le dimissioni del presidente della Repubblica e l’elezione di un nuovo capo dello Stato da parte del nuovo Parlamento. Anche questa è una posizione legittima, pur se i modi con cui la esprime fanno danno non solo a Napolitano ma a tutto il Paese, che avrà bisogno di istituzioni salde anche dopo questa presidenza, comunque la si giudichi.
Ma dicevamo. Voto anticipato il prima possibile e via l’inquilino del Colle. Sono questi gli obiettivi politici di breve termine che Beppe Grillo dichiara pubblicamente quasi ogni giorno.
Tutti sanno, anche lui, che questo governo durerà fino a quando non ci sarà una nuova legge elettorale. Esattamente come tutti sanno che un minuto dopo l’approvazione della nuova legge elettorale il governo è praticamente finito. Tutti sanno, infine, che prima si fa la legge elettorale e più Renzi è contento.
Mettendo in fila questi tre elementi, e facendo un elementare ragionamento politico, è evidente che – se vuole – Grillo può tentare di ottenere il suo obiettivo in tempi molto più rapidi di quelli previsti dall’agenda Letta. Una apertura chiara e seria sulla legge elettorale, accettando un confronto senza pregiudiziali e poi trattando alla pari in modo costruttivo, innescherebbe immediatamente il count down per l’esecutivo. Perché per il solo fatto di essere stata fatta renderebbe più fragile l’asse premier-Quirinale, introducendo uno schema alternativo per il superamento del Porcellum capace di imporre a tappe forzate l’avvicinamento alle urne [...]
Non si capisce allora se Grillo queste elezioni il prima possibile le voglia davvero oppure no. Dai titoli del suo blog si direbbe di sì, ma da una lettura logica dei suoi comportamenti politici sembra proprio che tornare al voto più in fretta possibile non gli interessi affatto.
Se il capo politico del Movimento sostiene che le elezioni sono il bene del paese, perché non agisce politicamente in modo da renderle più vicine?
Ognuno può dare il suo giudizio, ma qui non è questione di giudizio. E’ questione di logica politica. Che – se prendiamo per buone le parole di Grillo – non ha alcun senso. Basta vedere come si muove l’altro competitor che vuole le elezioni subito: Berlusconi apre a Renzi non perché inciucia, ma perché sa benissimo che questo può accelerare tutto.
Le spiegazioni possibili di questa contraddizione del Movimento sono due.
C’è la possibilità che Grillo desideri in realtà il contrario di ciò che dice, vale a dire che si governicchi ancora a lungo per lucrare sulle anomalie (che ci sono) di questa fase politica.
Ma forse c’è anche una vera difficoltà del Movimento a coniugare le naturali e inevitabili necessità della politica con la propria identità. L’idea di compromettersi alla pari con i partiti, senza dettare condizioni ma trattando, è fuori dal Dna dei 5Stelle. Sedersi ad un tavolo paritario con altri è incompatibile con l’assunto programmatico della sparizione delle forze politiche e con l’impostazione delegittimante verso tutto il resto della classe dirigente. Però è anche vero che le circostanze vogliono che una deroga a questo elemento identitario potrebbe offrirebbe ai pentastellati una ottima occasione per avvicinarsi ad un obiettivo politico da loro stessi definito urgente e prioritario.
Vaghe aperture sul Mattarellum servono a poco per smuovere il timing verso le elezioni anticipate. Mentre l’offerta di un tavolo paritario e trasparente sulla legge elettorale, senza pregiudiziali, avrebbe un impatto molto forte sulle prospettive del governo. Un governo che vede come il fumo negli occhi ogni tentativo di sottrarre il percorso della riforma elettorale dai confini della maggioranza.
Insomma, ragionando politicamente, questa scelta di mettersi un po’ alla finestra sul tema del dopo-Porcellum è una mossa completamente sbagliata. Se Grillo vuole provare ad avere il voto nella finestra invernale ed un nuovo presidente della Repubblica in primavera la prima cosa che dovrebbe fare è prendere una iniziativa “dialogante” – senza cedere nulla della sua radicalità – sulla legge elettorale.
Quello che non è chiaro è se non vuole farlo perché sotto sotto gli sta bene ancora così per un po’, oppure se non è in grado di farlo perché prigioniero di una identità con la quale ha costruito il suo successo ma che ora gli impedisce di forzare il quadro in una direzione a lui gradita.
Intendiamoci. Conservare coerenza e identità è fondamentale per qualsiasi partito o movimento che voglia mantere radici nella società. Ma anche l’essere conseguenti tra le parole e i fatti – “non come fanno i partiti” – è parte integrante dell’identità grillina
Marco Bracconi
A me la posizione di Grillo, a fronte della sentenza della Consulta sul Porcellum, appare abbastanza "cartesiana":
-a) alle politiche di febbraio il M5S haportato alla Camera 109 deputati, in ragione dell'ottimo risultato ottenuto in febbraio, vanificato in gran parte dal meccanismo del Porcellum, che assegna il 55% dei deputati alla coalizione che prende la maggioranza relativa. Risultato netto: col 25,5% dei voti ha preso il 17,3% di deputati;
-b) La sentenza della Consulta impone di fatto un ritorno al proporzionale. Se così sarà (come e quando non siamo in grado di prevederlo) attualmente il M5S, con un calo al 21% (in discesa) nei sondaggi, in sistema proporzionale prenderebbe 132 deputati (23 in più di febbraio).
-c) Grillo ha quindi fretta di andare al voto per incassare, e perchè avverte il logoramento denunciato dai sondaggi. The sooner, the better. Inoltre, la politica urlata ("al voto, al voto") gli consente ancora per un po' di posizionarsi come il paladino dell'antipolitica (né di qua, né di la"). Non deve scegliere, e questo premia il suo qualunquismo.
-d) In questo quadro rientra il suo abbaiare alla luna sulla destituzione di Napolitano. Premia la demagogia, e sostanzialmente Grillo capisce (o gli hanno spiegato) che con Napolitano Presidente, NON si andrà al voto finchè non ci sarà una nuova legge elettorale.
-e) D'accordo con Bracconi che se ci sarà una nuova legge elettorale, tempo un nanosecondo il Governo Letta andrebbe a casa (per mano nell'asse Grillo-Berlusconi-Renzi). Davvero qualcuno pensa che Renzi si sia sbattuto tanto per fare il Segretario del PD?). Grillo-Berlusconi-Renzi: quello che l'altro giorno Cacciari ha definito "l'asse del populismo".
-f) Molti altri hanno interesse ad andare al voto: i sopraddetti populisti, e i partitini che alle passate elezioni non hanno raggiunto le soglie di sbarramento.
-g) Il quadro politico resta quindi spaccato fra "partito della stabilità" (o dell'immobilismo), e "partito della crisi". Tutti sanno che Napolitano non scioglierà le Camere prima che si vari una nuova legge elettorale. Ma questo varo è una condanna a morte per Letta e per la parte minoritaria del PD che NON fa riferimentoi a Renzi. Il non-varo della legge elettorale è un salvavita per Letta e Alfano.
QUINDI?
Quindi c'è una parte maggioritaria del Parlamento che è per ragioni varie ed assortite per il voto al più presto, ma non sufficientemente maggioritaria per poter schivare la zavorra dell'art. 138 della Costituzione (e parecchie proposte sentite finora richiedono modifiche alla seconda parte della Costituzione). Insomma, sono in una fase da "vorrei ma non posso".
C'è quindi il rischio che restino a favore della stabilità (e quindi ostacoleranno qualsiasi legge elettorale) TUTTI quelli che hanno motivi per restare: Letta e i non-renziani del PD, Alfano (che non riesce a consolidare su quote significative il suo partitino, anzi avverte già una certa erosione) e frange dei risultati di Febbraio (Monti, Casini). Penso quindi che la maggioranza populista sarà spinta ad accettare una legge elettorale purchessia, a costo di accettare l'odiato uninominale a doppio turno.
E' quindi il momento, per ciò che resta del PD di sinistra, di dettare le regole. Senza lasciarsi logorare in discussioni sul triplo turno alla israeliana con scorporo alla cinese. Detti le sue regole. Renzi sa che la sua popolarità potrà cadere con la stessa velocità con la quale è salita. Berlusconi ha fretta (il suo Forza Italia è in caduta verticale); chi non ha rappresentanza in forza di un maggioritario con elevate soglie di sbarramento è ansioso di sedersi di nuovo al tavolo del banchetto.
Al voto, al voto! Bene. Andiamo al voto, ma andiamoci con una legge elettorale che ha sempre premiato (vedi doppio turno alle amministrative) il Partito Democratico, premia la conoscenza diretta dei candidati sul territorio. E senza lasciarsi logorare in trattative infinite. Prendere o lasciare.
Tafanus
Scritto il 18 dicembre 2013 alle 15:00 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (3)
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29 novembre 2013
Sondaggi sulle primarie PD: dopo 19.000 voti, si allarga il vantaggio di Cuperlo - Intenzioni di voto
Cuperlo 38,0%; Civati 29,9%; Renzi 24,9%.
La forbice fra Cuperlo e Civati si è allargata ad 8,1 punti, e da due giorni anche l'Unità piazza Cuperlo davanti a Civati, che era inizialmemnte in testa. In questo momento, al superamento di 19.000 voti, Cuperlo allarga il suo vantaggio a 8,1 punti su Civati, e a 13,1 punti su Renzi:
Intanto sto preparando una laboriosa analisi sui sondaggi che straparlano di stratosferici vantaggi del Renzino. TUTTI quelli pubblicati sul sito ufficiale "sondaggipoliticoelettorali.it" sono fatti su un "campione nazionale rappresentativo della popolazione italiana adulta". Qualcuni troverà il coraggio di informare questi sedicenti sondaggisti che alle primarie non vobrebbe votare la "popolazione italiana adulta", ma solo gli elettori del PD????
Il più "talebano" di tutti, nell'assegnare stratosferici vantaggi a Renzi, è EUROPA, diretto dal renzin-margherito Stefano Menichini. E dire che ha un faccino così perbene...
Ancora sugli esilaranti sondaggi che danno il centrodestra in vantaggio sul centrosinistra, dopo la spaccatura del PdL Sapete come sono costruite le coalizioni??? Mettendo insieme in quella di centro-destra i partiti di destra estrema, Forza Italia, il "Nuovo Centro Destra" di Alfano, e la Lega di non si sa chi. Passi per la destra estrema... Dove andrebbe, se non con Berlusconi? Passi per la Lega, ormai stabilmente sotto la soglia del 4%. Ma Half Ano??? I "mezzoculisti ed i nuovi italoforzuti si stanno già sfetentando in tutti i talk-shows e su tutti i giornali. Pescano nello stesso stagno, e sono inesorabilmente condannati a scannarsi.
Nella migliore delle ipotesi gli alfaniani (che a seconda dei primi sondaggi rappresentano fra un terzo e un quarto del PdL pre-scissione), si "smezzeranno" ancora: alcuni faranno coalizione con ciò che resta del "poer nano", altri cercheranno una problematica, nuova verginità, passando al centro, col loden.
Il grafico sottostante è quindi costriuito adottando l'ipotesi di assegnare metà dei voti del "NCD" alla vecchia coalizione di Centro-Destra, e metà ai centrini Monti & Casini (che comunque si stanno già scannando fra di loro. Se il Centro-Sinistra piange, il CDX non ride...
Da notare anche la specularità fra l'andamento della curva di tendenza del centro-destra e quella del centro-sinistra. Sono assolutamente complementari. Con buona pace di chi afferma(va) che i grillini fossero "ggente 'de sinistra". Esticatzi...
Infine, una precisazione: solo i sondaggi tenuti dopo il 15 Novembre mettono in conto la scissione del PdL.
Intenzioni di voto - Le Tendenze
Scritto il 29 novembre 2013 alle 16:48 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (5)
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28 novembre 2013
Il "Fiume Umano" dei "Soldati di Silvio"? un ruscelletto pittosto stitico...
Doveva esserci un esercito in armi, una fiumana di ggente. In effetti, leggendo i resoconti berlusconiani, così è stato. Telecamere sapientemente piazzate su alti trespoli, con potenti teleobiettivi, di quelli che "schiacciano" centinaia di metri come se tutto avvenisse in dieci metri. Bandieroni sbandierati da co.co.pro. che oscuravano il cielo. Avevano straparlato di 300 pulmann (15.000 persone solo da fuori, più i romani, gli automobilisti, i treno e aereo trasportati. Si sono ritrovati in 2000 (due sale cinematografiche) ad ascoltare le solite fregnacce sui magistrati cattivi e disturbati mentalmente, sulle "sinistre" (ma quante sono?) impegnate ad organizzare un colpo di stato ad ogni fine-settimana (loro si divertono così...)
Ma ecco che arriva quel komunista di Stefano Menichini a rovinare la festa a Silvio (la festa dell'addio!) con le sue balle da vetero-catto-kominista...
L'invincibile Armata di Silvio - Dalla Campania, ecco il possente "Esercito di Franceschiello"
Una moscia giornata storica
La giornata storica si riduce a poca cosa per i berlusconiani: una buona resistenza nell'aula del senato, un mezzo flop in piazza. E sull'8 dicembre ora tutto il Pd deve raccogliere la sfida.
I senatori forzisti e i loro alleati si sono battuti bene nell’aula di palazzo Madama. Alcuni abissi di volgarità, alcuni interventi di carattere giuridico insidiosi, tanti argomenti noti e stranoti. Ma nel complesso, data la gravità dell’evento dal loro punto di vista, l’ultima trincea berlusconiana in senato è stata difesa con una certa efficacia. Non si è verificata neanche la ipotizzata fuoriuscita in massa dall’aula.
Fuori, nella Piazza che Berlusconi dovrebbe saper muovere molto meglio del Palazzo, non è andata altrettanto bene. Altro che fiumane di popolo: non più di duemila persone si sono accalcate ad arte nella strettissima via del Plebiscito. Il discorso del capo decaduto non è stato all’altezza del momento storico, si è capito solo che Berlusconi vuole aprire una competizione diretta con il Pd intorno all’8 dicembre: ottima notizia, diventano fortissime le ragioni che Europa proponeva ieri perché tutti i democratici diano il massimo per un’alta affluenza alle urne per il segretario.
L’unico altro dato politico della giornata (capita spesso che i momenti catartici si riducano a poca cosa) è che sarà difficile gestire la “scissione concordata” dei berlusconiani: almeno una parte degli irriducibili rimasti col Cavaliere non rinuncia a toni da scomunica nei confronti dei cugini separati. E nelle ultime ore, fra la contestazione alla finanziaria “delle tasse” e l’accusa di sudditanza alla sinistra forcaiola, Alfano ha cominciato a pagare i suoi prezzi.
Il fatto evidente che Berlusconi si consideri fin d’ora in campagna elettorale non vuol dire molto. Né le sorti del governo né quelle della legislatura dipendono più da lui. Può darsi che dal suo punto di vista chiamarsi fuori e mettersi all’opposizione fosse l’unica opzione possibile, di certo lo condanna a non poter più influire sulle dinamiche politiche. Sarà aggressivo e pugnace fuori dal parlamento (anche se c’è da mettere in conto una fase di depressione), però il triangolo della decisione si restringe a Letta, Alfano e il prossimo segretario del Pd, sotto la supervisione del Quirinale.
La nascita delle larghe intese, appena sette mesi fa, fu da tutti giustamente considerata il capolavoro dell’intera vita politica di Berlusconi. Comunque la si pensi su di lui, questo è sicuramente il suo momento più basso, anche se ovviamente non l’ultimo.
Scritto il 28 novembre 2013 alle 15:33 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (12)
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27 novembre 2013
Anche i Berlusconi scadono. Come le mozzarelle (La FotoComica Finale - Fotoracconto)
...c'era una volta il "mortadella"... ricordate i sobri festeggiamenti dei destri in aula, con Nino Strano di AN, applauditissimo ingozzatore di mortadella?...
Nino Strano di AN festeggia la caduta di Prodi
...ma chi di mortadella ferisce, di mortadella perisce...
Il Presidente Mortadellato
Presidente siamo con tee, menomale che Silvio c'èèè(ra)
...anche le mozzarelle hanno una scadenza...
Evacuato
...la badante di Berlusconi in aula col lutto al braccio. Non era sola. Le Amazzoni di Silvio di nero vestite sono riuscite a trasformare una tragicommedia in una farsa...
Scritto il 27 novembre 2013 alle 19:34 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (28)
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26 novembre 2013
Berlusconi e la patacca "last minute" della testimone Appleby...
Le falle della versione Berlusconi
Perché non regge la tesi di una truffa ai suoi danni. Il Cavaliere ora sostiene che per anni, senza che lui se ne accorgesse, i suoi manager e Agrama hanno gonfiato i diritti tv. Perché non ha denunciato prima?
MILANO - "Le carte americane" è un buon titolo per raccontare una truffa, quella che lui stesso - nella concitata versione di ieri pomeriggio nella sede del partito - avrebbe ingenuamente, continuamente, "assolutamente" subito. Perché la sintesi della conferenza stampa di Silvio Berlusconi è che per molti anni sia Frank Agrama, sia gli stessi manager del Biscione, e cioè i suoi stipendiati, avrebbero gonfiato, ovviamente a sua insaputa, i prezzi dei diritti cinetelevisivi. Una versione che non regge. "Quando ci porteranno le carte, valuteremo", dicono i magistrati, da Milano e Brescia.
LE DATE E IL PRESUNTO SHOCK - "Contiamo di avere dodici testimonianze, sette del tutto nuove", dice ieri Berlusconi, e cita ampiamente la principale, quella di Dominique Appleby...
Ma - domanda - questa Appleby che nel 2013 si allarma e si dà da fare per uno straniero innocente, è la stessa Dominique Appleby O' Really che il 16 febbraio 2007, insieme a Frank Agrama, presenta un ricorso contro la rogatoria svizzera del dottor Fabio De Pasquale, sostituto procuratore di Milano, che da anni indaga sui magheggi contabili di Silvio Berlusconi, dell'avvocato David Mills, e dei vari faccendieri internazionali come Agrama? Sì, è lei, che ci racconta di questo shock a scoppio ritardato, di ben sei anni rispetto alla rogatoria.
Ma a che cosa si opponeva Appleby? A vedersi frugare in un conto, chiamato Ragtime, e poi Gander, intestato a lei e - sarà un caso? - ad Agrama. Vi sono transitati circa 4 milioni di dollari. Se questa è la teste principale, nonostante l'avvocato Niccolò Ghedini ne sostenga la bontà, si capisce quanto corte e traballanti siano le gambe della nuove carte americane.
UNA FOTO DI TROPPO - Berlusconi cita ieri all'infinito sia Frank Agrama, un egiziano trapiantato a Roma e poi negli Usa, sia "mister Gordon", ex dirigente della Paramount. Sarebbero loro il Gatto e la Volpe, perché "È chiaro che né mister Agrama né mister Gordon avessero relazione alcuna con mister Berlusconi", legge sempre l'ex premier, riportando la testimonianza della manager con conto svizzero. Negli atti del processo milanese, purtroppo per lui e per la teste Appleby, ci sono smentite a go go. Come una bella fotografia: Gordon sta nientemeno che insieme a Berlusconi, che non conoscerebbe, accanto a una fontana. Non è stata individuata, ma "potrebbe essere quella della villa di Arcore", dice la Procura. Molte anche le testimonianze sul legame e i rapporti tra Berlusconi e Agrama, definito persino "un amico di famiglia" [...] (Piero Colaprico - Repubblica)
L'articolo integrale su Repubblica in edicola
Scritto il 26 novembre 2013 alle 14:45 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (4)
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25 novembre 2013
Off Topics del 25 Novembre
Fuori di testa
...e Silvio Berlusconi prende una facciata contro la saracinesca del Quirinale...
Alle allucinanti dichiarazioni del pregiudicato di Arcore, il Presidente della Repubblica risponde con un secco comunicato che segna la chiusura definitiva ad ogni ipotesi di grazia. Questi alcuni stralci del comunicato di Napolitano:
Dall'Ufficio Stampa del Quirinale: "Dal Presidente della Repubblica arriva un appello a Berlusconi, a non dar luogo a comportamenti di protesta che fuoriescano dai limiti del rispetto delle istituzioni e di una normale, doverosa legalità. Non solo non si sono create via via le condizioni per un eventuale intervento del Capo dello Stato sulla base della Costituzione, delle leggi e dei precedenti, ma si sono ora manifestati giudizi e propositi di estrema gravità, privi di ogni misura nei contenuti e nei toni.
Su tutti i problemi relativi alla sentenza definitiva di condanna pronunciata l'1 agosto scorso dalla Corte di Cassazione nei confronti del sen. Berlusconi, il Presidente della Repubblica si è in questi mesi sempre espresso e comportato in coerenza con la sua ampia dichiarazione pubblica del 13 agosto. Nulla è risultato però più lontano del discorso tenuto sabato dal sen. Berlusconi dalle indicazioni e dagli intenti che in quella dichiarazione erano stati formulati.
Non solo non si sono create via via le condizioni per un eventuale intervento del Capo dello Stato sulla base della Costituzione, delle leggi e dei precedenti, ma si sono ora manifestati giudizi e propositi di estrema gravità, privi di ogni misura nei contenuti e nei toni. Di qui il pacato appello del Presidente della Repubblica a non dar luogo a comportamenti di protesta che fuoriescano dai limiti del rispetto delle istituzioni e di una normale, doverosa legalità.
...il Cavaliere emerito è servito... Tafanus
Scritto il 25 novembre 2013 alle 08:00 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (17)
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23 novembre 2013
Il Renzino getta la maschera: dal 9 Dicembre si gioca come dice lui, o "si arrabbia" (e si porta via il pallone)
Il Destino è tracciato. nel Futuro Prossimo, Renzino avrà il 51%. Anche Grillo, avrà il 51% (ma solo come step intermedio verso l'inevitabile 100%); Berlusconi il 51% lo chiede da sempre (quindi la sua prenotazione è prioritaria). Il PD - modesto come sempre - punta al 35%; il Nuovo Grande Centro punta al 20%; SEL, IdV, Lega, Sinistra Vera, Destra Vera, puntano ognuno almeno all'8% (soglia di sbarramento al Senato). Alfano, se Berlusconi punta al 51%, vorrebbe non meno di un 20%.
Quindi il nuovo quadro politico, sommando le ambizioni, è costituito da 51+51+51+40+35+20+8+8+8+8+8 = 288%
Qualcuno mi aiuta a cercare l'errore di calcolo?
Ma, calcolatrice impazzita a parte, questa volta il renzino fa sul serio. Dopo l'8 Dicembre, il Governo dovrà obbedire al Partito Democratico, il quale dovrà sdraiarsi senza se e senza ma sulle posizioni del Segretario (che ovviamente sarà ISSO, e avrà un Largo Consenso e la Maggioranza Assoluta).
Altrimenti si arrabbia, Renzi, e si porta via il pallone, la playstation, il Piccolo Statista, e comprerà altri 200.000 "followers" su Twitter
Scritto il 23 novembre 2013 alle 12:52 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (38)
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20 novembre 2013
Salvate il Soldato Cancellieri - Madornale errore del PD, di Letta e di Napolitano
Il PD, ostaggio dei racconti fantastici di Enrico Letta su lucine che nessuno vede (tranne lui), e su "palle d'acciaio" autocertificate, ricatta politicamente i suoi occasionali compagni di strada. Difende oltre ogni logica la indifendibile Cancellieri, chiede e ottiene da Napolitano un appoggio alla Cancellieri che travalica ampiamente i suoi compiti e i suoi poteri formali e informali. Il PD ufficiale (quello di Epifani) abbozza; Cuperlo - che aveva accettato cautelativamente le decisioni del partito, abbozza. Renzi (quello che "la Cancellieri se ne deve andare", abbozza. Abbozza Civati, quello della mozione di sfiducia individuale.
Ma Montezuma è in agguato. E mentre questo parlamento di "abbozzatori" vota alla Camera una non-sfiducia che tutti - tranne Letta, sempre più inchiavardato alla poltrona - farebbero volentieri a meno di votare, salta fuori l'ultima notizia. E poco importa che si tratti o meno di "notizia ad orologeria", o di coincidenza. Il PD che ha appena controfirmato, col suo voto, la piena assoluzione della Cancellieri, me esce a pezzi.
Si, perchè salta fuori che il "Soldato Cancellieri", che abbiamo appena finito di salvare, (col nostro contributo determinante), telefona... telefona da anni... Avrebbe già telefonato 19 anni fa, appena insediato Berlusconi, per chiedere a Salvatore Ligresti di chiedere a Silvio Berlusconi di farla restare a Parma, dove sembra si trovasse bene... Ecco come l'ultimo aggiornamento di repubblica.it riporta la faccenda:
[...] Dai verbali dell'inchiesta, emergono le pressioni di Salvatore Ligresti sull'ex premier per favorire l'attuale ministro della Giustizia e per promuovere la carriera del presidente dell'Isvap. Tra i consulenti del gruppo Fondiaria Sai, anche il figlio di Lamberto Cardia, ai tempi numero uno della Consob. Il ministro smentisce la ricostruzione. Tra i suoi appoggi politici, il gruppo Ligresti vantava Gianni Letta e La Russa.
"Mi feci latore", presso Silvio Berlusconi "del desiderio dell'allora Prefetto Cancellieri che era in scadenza a Parma e preferiva rimanere in quella sede anziché cambiare destinazione". E' un passaggio del verbale di Salvatore Ligresti interrogato nell'inchiesta milanese su Fonsai. Ligresti ha spiegato che la segnalazione "ebbe successo". Oggi Annamaria Cancellieri, ministro di Grazia e Giustizia, ha ottenuto la fiducia alla Camera, dopo lo scandalo delle telefonate con i Ligresti e di quelle relative a un suo interessamento per la custodia cautelare di Giulia, figlia del patron di Fondiaria Sai. L'altra figlia, Jonella, ha ottenuto sempre oggi gli arresti domicilairi. "Qui c'è un accanimento che non ha limite, c'è un disegno che non comprendo", è la risposta del ministro, che smentisce come "falsa e destituita da ogni fondamento" la ricostruzione che emerge dai verbali. Negli interrogatori, Ligresti si sofferma sulla "Particolare consuetudine" che ha sempre avuto con Berlusconi: "Siamo amici di vecchia data, veniamo dalla gavetta e gli incontri sono tanto frequenti quanto informali. Con il presidente Berlusconi si parla di tutto. In ogni caso ricordo chiaramente di avergli presentato in più di un'occasione questo tema" [...]
Sempre Jonella Ligresti, invece, ha rivelato che Marco Cardia, il figlio dell'ex presidente della Consob, Lamberto Cardia (oggi presidente delle Ferrovie), fu preso come consulente di Fondiaria, nonostante non fosse "un luminare del Diritto". Nell'interrogatorio del 17 dicembre 2012, Jonella afferma: "A un certo punto mio padre decise che fossero dati degli incarichi a Marco Cardia, un avvocato figlio del presidente della Consob. Marco Cardia l'ho conosciuto e non mi è parso un luminare del Diritto [...]
Continua su repubblica.it
E in questo sfascio totale, lo stesso Enrico Letta che ha accettato (o sollecitato?) le dimissioni di Josefa Idem, rea di aver pagato - per dolo o per errore - 1000 euro di IMU in meno, da quando è scoppiato il caso Cancellieri è salito sulle barricate per difenderla contro tutti e contro tutti. E il PD, purtroppo, a tener bordone. E io avverto un certo senso di vergogna, appena attenuato dal coinvolgimento e dalla corresponsabilità dei nuovi sfasciacarrozze che dovevano spaccare il mondo.
Tafanus.
Scritto il 20 novembre 2013 alle 21:56 nella Berlusconi, Renzi | Permalink | Commenti (12)
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19 novembre 2013
I risultati del voto in Basilicata, e le strane analisi di Repubblica
PREMESSA: In Basilicata si è votato per il rinnovo del Consiglio Regionale. Un bel test, meglio di un sondaggio di Euromedia o di SWG. Chiaramente un confronto con le regionali del 2010 sarebbe stato assolutamente improponibile, visto che alle precedenti regionali la tpopografia della politica era totalmente diversa. Non c'eran il M5S, non c'era Monti, l'IdV respirava ancora, non c'era FLI... Insomma, era un'altra era geologica.
Necessitato quindi l'unico confronto possibile: quello con le elezioni alla Camera del Febbraio 2013. Cosa che non piace ai puristi, e neanche a noi. Ma tant'è: è l'unico confronto possibile. Già difficile di suo, diventa addirittura acrobatico se commentatrici come Elena Russo di Repubblica lanciano il commento con uno strillo, cliccando sul quale si apre l'articolo, dal quale ad ogni frase risulta scarsamente comprensibile se stia confrontando le elezioni di ieri con le politiche di febbraio di quest'anno, o con le regionali del 2010, o stia facendo un fritto misto delle due cose. E non si capisce neanche se parli di voti di lista o di voti di coalizione.
Un esempio? quando parla di "calo dell'affluenza del 15% a cosa si riferisce? L'affluenza fra febbraio 2013 e novembre 2013 è calata del 32,5%, altro che 15%!... Quando parla di M5S al 13% parla di voto di coalizione, chiaramente. Ma se parliamo di voto di coalizione, dove vede, la egregia commentatrice, il calo dei "Dem"? Rispetto a cosa?
A noi risulta infatti che la coalizione di CSX abbia preso il 59,6% dei voti a favore del candidato Pittella, mentre a febbraio aveva preso il 34,2% sulla lista di CSX. Il PD come tale è "crollato" dal 25,7% di febbraio al 24,8% di novembre. E pazienza se contemporaneamente una lista civica di appoggio al capolista (Pittella Presidente, PD) ha preso il 7,5% dallo 0,0% di febbraio.
Beppe Grillo (che - ricordiamolo - straparlava di una prima tappa al 51%, come tappa intermedia verso il "Sol dell'Avvenire del 100% prossimo venturo), passa dal 24,3% di febbraio al 13,2% come voto alla coalizione, e al 9% come voto di lista. Polverizzato. Perde il 63% come voti di lista. Ma se si somma l'effetto del calo dell'affluenza, le cose diventano drammatiche: in febbraio 75.000 persone sono uscirte di casa per mettere una crocetta sul simbolo 5 Stalle; questa volta si sono scomodati solo in 22.000.
Ma gli elementi di chiarificazione non finiscono qui. Le elezioni certificano la morte clinica del centrismo in salsa montian-casiniana. Finalmente facciamo chiarezza. A febbraio l'uomo in loden e l'adoratore della Madonna dal Velo Azzurro correvano per un loro centro in sitle "né di qua, né di la". A queste regionali hanno gettato la maschera. Monti e Casini tornano nella loro casa naturale: la destra. Per Monti è una prima volta, per Casini un "torna a casa, Lassie".
In febbraio la Lista Cinica di Monti valeva, da sola, il 7,9%. Adesso la Lista Sempre Più Cinica di Monti entra organicamente nella destra, e si allea coi Fratelli d'Italia di La Russa, e col MPA del "leghista del Sud, indagato per associazione mafiosa. Tutti insieme allegramente prendono il 5,1%, all'interno di una coalizione guidata dal PdL del pregiudicato di Arcore. Circa Casini, nessuna sorpresa. Ma che brutta fine ingloriosa, Prof. Monti!...
Dimezza il PdL (ultima performance prima della scissione di Angelino: ad occhio, passa dal 24% al 12%.
In febbraio il destra-centro, nell'attuale formazione, sarebbe stato al 35,9%. Adesso raccatta un misero 19,4%.
E in questo quadro, cosa colpisce la giornalista di Repubblica??? Il calo dei "Dem". Da non credere... Tafanus
.
Strillo sulla homepage di Repubblica
(cliccare sulla foto per andare all'articvolo)
...ma tanto per capirci...
Sardegna - Camera Febbraio 2013 (affluenza 69,5%)
Sardegna Regionali Novembre 2013 (affluenza 47,6%)
Scritto il 19 novembre 2013 alle 14:21 nella Berlusconi, Bersani, Politica | Permalink | Commenti (7)
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16 novembre 2013
Lacrime e balle: così il Cav è tornato indietro di vent'anni...
Basterebbe quell'ultima frase, riletta dal discorso della famigerata “discesa in campo” del '94. “Noi crediamo nella famiglia, nucleo fondamentale della nostra società...”. Curiosa, se pronunciata con cotanta enfasi dall'uomo delle “cene elganti” di Arcore, due matrimoni finiti alle spalle, una indagine per sfruttamento della prostituzione minorile e una passione (per le minorenni, anche) pubblicamente denunciata dalla ex moglie numero 2 che, dice lei, esasperata dai comportamenti del marito non propriamente consoni a quel tanto decantato valore della famiglia, decise infine di andarsene.
Eppure tutti, in platea, applaudono convinti e obbedienti. E poco importa se quel discorso riletto alla fine è l'emblema del Berlusconi pensiero. Quasi vent'anni a ripetere le stesse frasi, gli stessi slogan, le stesse menzogne puntualmente smentite dall'evidenza dei fatti, e quando erano troppo palesi da essere indifendibili, ecco che lui smentiva se stesso. Di non avere mai detto quello che i filmati raccontavano o non aver dichiarato quello che le agenzie rilanciavano.
I comunisti, i brogli alle elezioni (ah, inciso, tra le varie inchieste a suo carico ce n'è una per la milionaria compravendita dei senatori sì da far cadere il governo Prodi), i giudici politicizzati, la magistratura che come unico obiettivo non ha la sua testa e attenta pericolosamente alla democrazia italica (eppure lui continua a parlare, ad avere ruoli pubblici e ad essere per ora senatore nonostante una condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale). Non a caso annuncia come novità un ritorno all'antico. Forza Italia non nasce, al massimo rinasce. Tutto deve ruotare intorno a poche e antiche certezze. Poco importa che non siano vere.
Ha provato con le sue consuete minacce a evitare la scissione (“ricordi Fini?” ha detto ad Alfano? “chi è contro mi vuole uccidere” ha ribadito oggi) sottoponendosi financo alla ridicola marcia indietro sul voto di sfiducia al governo Letta quando capì che stavolta non c'erano senatori da mercificare e la sua decisione non avrebbe avuto peso politico e lo avrebbe reso ininfluente.
Ci ha messo in più le lacrime, la commozione vera o presunta ma comunque strappa applausi e ammalia-presenti. Lasciando (come sempre) la rabbia, il livore e il desiderio di vendetta (ricordarsi di Fini, di Boffo e compagnia) a quelle che saranno operazioni dirette (o soprattutto indirette) da condurre in altri modi e altri tempi.
(Fonte: Francesco Sangermano - l'Unità)
Mentre da qualche tempo mi sveglio molto presto, stamattina - come per un senso di autofidesa dall'ovvio, mi sono svegliato tardi. Ho acceso la TV, e c'era Isso, che raccontava di certi comunisti cattivi che chiedevano non so cosa ad una famigliola di quattro persone. Genitori, e due figli. Insoddisfatti per la risposta, li hanno ammazzati sparando loro in faccia.
Mi sono riassopito, e quando ho ripreso conoscenza, stava parlando dei 70 milioni di morti ammazzati da Stalin... A memoria me ne risultavano circa 800.000... Il maggior studioso delle purghe staliniane parla di un totale di condanne a morte politiche tra il 1930 e il 1953 di 786.098 persone. Tantissime, ma alquanto meno di 70 milioni... Mi sono riaddormentato.
Al successivo risveglio, stava sproloquiando - indovinate -? dei magistrati brutti, sporchi e cattivi: quelli di Magistratura Democratica. Stava sproloquiando contro "una legge elettorale che ci ha regalato un "parlamenmto di nominati". Immagino che stesse parlando del Porcellum, legge fortemente voluta e imposta da lui,Fini, Casini e Bossi, e promulgata il 23 dicembre 2005.
Poi è passato ad annunciare due grandi novità: la ri-creazione dei "cloeb Forza Italia", e di un esercito di almeno 400.000 "Sentinelle del Voto", presenti in numero di almeno 4 in ogni seggio, per impedire gli abituali brogli delle "sinistre". Infatti Silvio ha calcolato che alle ultime elezioni gli sono stati sottratti non meno di 1.700.000 voti. Come abbia fatto il calcolo, non ci dice...
In prima fila la Pitonessa, a guidare la claque degli uomini in divisa "forzitaglia"(grisaglia grigio fumo di Londra, camicia azzurrina, cravatta simil-Marinella), e di donne "tacco 12" in finto leopardo. Sullo sfondo, i figlioli delle grisaglie e dei tacchi 12.. Quando la "standing Ovation" si discostava dallo spartito, ecco la Pitonessa alzarsi in piedi, iniziare l'applauso, e poi girarsi indignata verso la platea, come a controllare che tutti si associassero.
Il punto di minima si è toccato verso la fine dell'interminabile antologia di cazzate, quando sono iniziate prima la fase "kirieleison" (..."volete voi che"...), e quindi è risuonato il nuovissimoi inno di Forza Italia (il Nuovissimo Partito):
"...efforzaitaglia, noi siamo tantissimi!..."
Poi, all'improvviso, nel mio cuore generoso si è accessa una speranza... è successo quando il commediante ha finto un mancamento da commozione, e dal nulla si è materializzato il solito medico (quello della famosa duomata nei denti, che lasciava Caraceni e camicia senza alcuna macchiolina di sangue...) Per un attimo - ma solo per un attimo, ho sperato... Credo di aver persino recitato a memoria "I have a dream"... Poi il sogno è svanito. Sarà fra diciannove anni, quando Silvio fonderà il Popolo della Libertà - ultima novità politica della prima metà del XXI secolo.
Dal di sotto del leggìo, è emerssa mezza testa di Brunetta, e due manine che si schiaffeggiavano frenetiche, in una sorta di prolungato applauso da coatto. Tutti facevano finta di sorridere, ma circolavano tristi foglietti, coi numeri dei dissidenti: quasi il 30% dei parlamentari del PdL non erano presenti alla fondazione del Nuovo Partito, chiamato Forza Italia.
Tanta fatica (e tanti soldi) per ingaggiare un De Gregorio, uno Scilipoti, un Razzi, e poi ti scappano via "aggratis" 60 parlamentari, e ti ritrovi da Imperatore d'Italia, Monza e Brianza, a fare il "leader" del terzo o quarto partito d'Italia...Non c'è giustizia, in questo mondo!
Tafanus
Scritto il 16 novembre 2013 alle 19:54 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (28)
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07 novembre 2013
Berlusconi: "I miei figli come gli ebrei sotto Hitler". Poi: “Frase estrapolata”
L'ex premier paragona la sua famiglia a quelle perseguitate dal nazismo. In serata la retromarcia: "Polemica strumentale". Ma Vespa lo smentisce: "Dichiarazione fornita per iscritto". Le comunità ebraiche: "Siamo basiti, dovrebbe chiedere scusa a se stesso". Fiano: "Si vergogni". Il Pd: "Alfano cosa pensa?". Ma nel Pdl c'è chi lo difende: "Pesate ogni parola...". Della Seta: "I servizi sociali facciamoglieli fare ad Auschwitz". Dal "kapò" a Schulz al "confino-vacanza": la visione della Storia secondo il Cavaliere
Ora, se possibile, il limite viene superato di un altro passo e, nell’ennesima anticipazione del libro di Bruno Vespa in uscita l’8 novembre, Silvio Berlusconi sfida di nuovo la Storia e in particolare la memoria della tragedia dell’Olocausto: “I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso”, dice. Poi la retromarcia: “Una polemica smaccatamente strumentale su una frase estrapolata da un ampio contesto – scrive in una nota – La mia storia, la mia amicizia verso Israele, la mia coerente azione di governo in favore dello Stato di Israele, non consentono alcun dubbio sulla mia consapevolezza della tragedia dell’Olocausto e sul mio rispetto del popolo ebraico”. Ma Bruno Vespa, intervistato in serata da Lilli Gruber su La7 smentisce il dietrofront dell’ex presidente del Consiglio: “In fase di preparazione del libro, alcuni politici non vogliono rivedere quanto mi hanno detto. Berlusconi invece sì. E la parte anticipata oggi, mi è stata mandata per iscritto da lui stesso”.
“Sono italiano al 100 per cento. In Italia ho le mie radici – si legge nell’anticipazione – In Italia sono diventato quello che sono. Ho fatto qui l’imprenditore, l’uomo di sport, il leader politico. Questo è il mio Paese, il Paese che amo, il Paese in cui ho tutto: la mia famiglia, i miei amici, le aziende, la mia casa, e dove ho avuto successo come studente, come imprenditore, come uomo di sport e come uomo di Stato. Non prendo neppure in considerazione la possibilità di lasciare l’Italia” (...caspita... pari pari il messaggio TV della "discesa in campo"... Una roba fresca di cent'anni... NdR)
Ma il paragone banalizza la tragedia delle famiglie che hanno vissuto l’orrore della persecuzione nazista e la riduce alla situazione dei suoi figli che “hanno addosso tutti”. E il risultato è che spazza via qualsiasi altro tema di discussione politica. Un paragone “offensivo” reagisce Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. “Dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa” dice Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del Pd e figlio di Nedo, deportato ad Auschwitz, unico superstite della sua famiglia e da decenni molto attivo per il mantenimento della memoria su una delle più grandi tragedie della storia. “Berlusconi dovrebbe scusarsi con se stesso, non con gli ebrei” ribatte il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici.
Gli ebrei: “Offensivo per chi fu privato di ogni diritto e dopo atroci sofferenze anche della vita”
Quello di Berlusconi è un paragone che, sottolinea Gattegna, è “non soltanto inappropriato e incomprensibile ma anche offensivo della memoria
di chi fu privato di ogni diritto e, dopo atroci e indicibili
sofferenze, della vita stessa”. Il presidente delle Comunità ebraiche
italiane ricorda che “l’Italia repubblicana è un Paese democratico. La Germania nazista
era una spietata dittatura governata da criminali che teorizzavano e
commettevano i più gravi delitti contro l’umanità. Contro gli ebrei i
nazisti si accanirono con spietata crudeltà tanto che, alla fine di quel
tragico periodo, gli ebrei dovettero contare oltre sei milioni di morti”.
“La vita degli ebrei d’Europa sotto il nazismo – ha aggiunto Gattegna –
fu segnata da un vortice nero di violenza, persecuzione, morte. Una
catastrofe che non è soltanto del popolo ebraico ma dell’umanità
intera”.
Riccardo Pacifici chiede a Berlusconi le scuse: ma non le deve, dice, agli ebrei “ma a se stesso”. “Rimango basito – ha aggiunto Pacifici a SkyTg24 – il suo è un paragone fuori luogo. Forse sarebbe interessante sentire direttamente i figli”. ”Siamo sdegnati” dice confidando in una “pronta rettifica”
Alessandro Ortona, presidente dell’Unione dei giovani ebrei, è sferzante: “Ci sembra, a questo punto utile, sottolineare il fatto che nessuno dei figli di Silvio Berlusconi è stato rinchiuso in un ghetto, bruciato in un campo di concentramento, fucilato, o trattato in altre feroci maniere. Non possiamo che ritenerci profondamente offesi dalla superficialità e dalla mancanza di rispetto che trapelano dalle parole del Cavaliere, infangando così quella memoria che dovrebbe essere un valore condiviso”.
Fiano: “Dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa. Usa la storia per sua difesa personale”
Secondo Fiano “Berlusconi deve vergognarsi e chiedere scusa, perché offende la storia e 6 milioni di ebrei gasati e bruciati”. Il deputato democratico dichiara al fattoquotidiano.it che
“Berlusconi usa la storia in modo strumentale. Usa la storia come
strategia di sua difesa personale. Ma la storia e i suoi principi non
sono trattabili. Quelle della storia sono situazioni uniche, non possono
essere relegate a un uso personale”. E quindi il Cavaliere si deve
vergognare per aver descritto “una supposta situazione di sofferenza
della propria famiglia. In quegli anni, in Germania e in tutta Europa,
agli ebrei fu impedito di lavorare, di studiare, di espatriare per
essere poi trasformati in schiavi e infine, a milioni, gasati e
bruciati. Paragonare tutto ciò alla situazione della famiglia Berlusconi
è un insulto alla storia, a sei milioni di ebrei uccisi e a quanti,
ogni giorno, tentano di impedire che la storia venga dimenticata o
utilizzata in maniera strumentale, come oggi ha fatto Berlusconi che
deve solo chiedere scusa”. Per il democratico “minimizzare la storia
porta a non comprendere la storia” e non si può usare per una difesa
personale.
Vendola: “Agghiacciante”. Il Pd: “Cosa ne pensa Alfano?”
Ma
è l’intero centrosinistra ad attaccare. “Banalizzare come fa Berlusconi
una terribile tragedia come la Shoah per la polemica politica di tutti i
giorni è agghiacciante” scrive su Twitter Nichi Vendola,
presidente di Sinistra Ecologia Libertà. Un paragone “talmente enorme,
scandaloso e orribile che non merita di essere preso in nessuna
considerazione” e Berlusconi deve “nascondersi per la vergogna” dichiara
Roberto Capelli, deputato del Centro Democratico.
“Berlusconi riesce pure a mancare di rispetto in modo indecente agli
ebrei durante il regime di Hitler – aggiunge il deputato Pd Edoardo Patriarca
– E comunque, i figli del Cavaliere dicano se la pensano davvero così.
Penso che nessuna persona che abbia un minimo di responsabilità possa
fare un paragone di questo tipo”. E il responsabile Giustizia del Pd Danilo Leva chiede: “Cosa ne pensa Alfano?”. “Berlusconi vada davanti ai forni crematori a ripetere quel che ha detto” è l’invito di Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia.
“L’incredibile uscita” di Berlusconi, secondo l’ex Pd Roberto Della Seta, ha comunque un merito: “Risolve il dubbio su dove spedire il pregiudicato a scontare la pena alternativa dei servizi sociali. Mandiamolo ad Auschwitz, dove per qualche mese potrà constatare di persona che tipo di persecuzione riservassero i nazisti agli ebrei. Le parole di Berlusconi suscitano un misto di schifo e commiserazione, ma soprattutto confermano la sua totale indegnità a ricoprire qualunque ruolo pubblico. C’è da sperare che il prossimo 27 novembre questa miserabile anomalia venga sanata”.
Il Pdl lo difende. D’Alessandro: “Sfogo fondato, il Pd pesa ogni sua parola”
Eppure, nonostante tutto, c’è chi lo difende: quello di Berlusconi è un “semplice stato d’animo” dichiara Luca D’Alessandro
– esponente del Pdl – ed è solo colpa della sinistra che è “pronta a
pesare ogni sua parola”. “La reazione del Pd di fronte ad un semplice
stato d’animo del presidente Berlusconi – dice D’Alessandro – è non solo
esagerata e strumentale, ma dimostra che nei suoi confronti c’è un
incredibile accanimento da parte della sinistra, pronta a pesare ogni
sua parola per farne motivo di scandalo, e quindi quanto fosse fondato
il suo sfogo. Sembra quasi che nel Partito Democratico abbiano una coda
di paglia bella lunga, quasi che sappiano fin troppo bene di essere i
persecutori di Berlusconi e non amino essere paragonati a chi eliminava
senza pietà e fuori dalle regole democratiche rappresentate dal voto gli
avversari politici”.
Stesso concetto espresso da Gabriella Giammanco secondo la quale Berlusconi è “colpevole solo di uno sfogo da padre di famiglia legittimamente turbato e preoccupato per i suoi cari, dimostra, ancora una volta, l’accanimento nei suoi confronti da parte della sinistra, capace di trovare unità di vedute solo nell’odio antiberlusconiano. Prendiamo atto, con amarezza, che in Italia esiste ancora una sinistra con la bava alla bocca, pronta a soppesare ogni parola del nostro leader al solo scopo di scatenare pretestuose polemiche, senza però affrontare il vero tema sollevato da Berlusconi: l’abnorme persecuzione giudiziaria nei suoi confronti, che da sempre condiziona lui e la sua famiglia”.
I precedenti di Berlusconi, il fascismo e l’Olocausto
Non
è la prima volta che Silvio Berlusconi fa un uso “originale” della
storia e delle sue tragedie. Era il 2003 quando il Cavaliere fece
arrossire Gianfranco Fini e Rocco Buttiglione che lo accompagnavano al Parlamento Europeo definendo il socialdemocratico tedesco Schulz (attualmente presidente dell’assemblea) “kapò“.
Più di recente, nel gennaio scorso, Berlusconi partecipò a sorpresa alle commemorazioni per la Giornata della Memoria a Milano, in particolare al binario 21 quello utilizzato dai treni nazisti per deportare migliaia di ebrei nei lager dell’Europa Centrale. In quell’occasione il Cavaliere spiegò che Mussolini aveva fatto bene ma “il fatto delle leggi razziali è stata la peggiore colpa”. E però “l’Italia non ha le stesse responsabilità della Germania ma ci fu una connivenza che all’inizio non fu completamente consapevole”. Infine l’ultima ricostruzione smentita da decenni di storiografia: “L’Italia preferì essere alleata alla Germania di Hitler piuttosto che contrapporvisi” e “dentro questa alleanza ci fu l’imposizione della lotta contro gli ebrei”.
A Porta a Porta, invece, l’allora presidente del Consiglio scoprì che il padre dei fratelli Cervi, trucidati dai fascisti nel poligono di Reggio Emilia, era ormai morto (d’altronde il più giovane dei figli era nato nel 1921). “Sono pronto ad incontrare papà Cervi” si lanciò con grande generosità Berlusconi dibattendo con Fausto Bertinotti. Quest’ultimo si preoccupò di informarlo – non senza difficoltà perché il Cavaliere aveva iniziato uno dei suoi monologhi – che ormai “papà Cervi” era morto.
Ma com’è noto l’ex capo del governo non disdegna neanche le barzellette e il “piatto forte” che propone sono quelle che hanno per oggetto gli ebrei. Nel giorno del compleanno del 2010 viene anche registrato in un video.
E poi una storiella su Adolf Hitler. Berlusconi durante una festa di Atreju (quella dei giovani di destra) gigioneggia sul palco e sente la voglia irresistibile di raccontare l’ultima, “bellissima anche se mi criticheranno moltissimo”. In sostanza ipotizza il ritorno di un Führer sopravvissuto e quest’ultimo accetterebbe l’invito, ma ai suoi raccomanda: “Però questa volta cattivi, eh?”. E tutti a ridere.
Scritto il 07 novembre 2013 alle 07:59 nella Berlusconi | Permalink | Commenti (39)
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06 novembre 2013
Caro Letta, adesso ci restituisca Josefa Idem, per piacere!
ETICA MINISTERIALE A GEOMETRIA VARIABILE - DEDICO L'EDITORIALE DI CURZIO MALTESE A ENRICO LETTA, ANNA MARIA CANCELLIERI, GUGLIELMO EPIFANI
Per i nostri parametri un ministro che ha evaso «soltanto» mille euro (in teoria tremila, ma duemila sarebbero da rimborsare) in tutta la vita, è più che affidabile, è una santa, una martire, e dunque ridateci Josefa Idem. Mille euro, cosa volete che siano? Scritto per esteso fa lo 0,000003 per cento dei 368 milioni di dollari che Berlusconi ha sottratto ai controlli fiscali. È più o meno quanto ci costano ogni mese le cene a sbafo di due consiglieri regionali grillini, questi bei moralisti.
L’Italia è una democrazia europea soltanto per un paio di mesi ogni cinque anni, durante la campagna elettorale. Quando si tratta di portare a casa i voti, allora la destra vota compatta la legge Severino, il Pd s’impegna a cacciare i funzionari indegni che truccano il tesseramento, i moralisti a cinque stelle si fanno mandare i curricula dai giovani disoccupati di tutta Italia, giurando che li assumeranno al posto dei soliti portaborse raccomandati. Passata la festa e gabbato l’elettore tutto ricomincia da capo. La destra scopre che la Severino è liberticida se applicata a Berlusconi e nel Pd rispuntano i trafficoni. Persino gli eroi anti-casta appena eletti fanno stipendiare a spese dei contribuenti fidanzati e parenti. Una pratica indecente, proibita anche dalla Democrazia cristiana ai tempi di Benigno Zaccagnini, figurarsi. Ammettiamo che non c’è speranza.
Il reintegro di Josefa Idem è un atto dovuto. È l’unico ministro che si sia dimesso ammettendo l’errore, non ha accampato scuse ridicole né adombrato oscuri complotti. Un atteggiamento di un’onestà e di una serietà impensabili per molti suoi colleghi. Forse perché è nata e cresciuta in Vestfalia.
Assieme alla Idem, modesta
proposta, si potrebbe nominare nel prossimo governo un certo numero di
cittadini stranieri, magari tedeschi. Tanto, per prendere ordini da
Berlino e Francoforte sul Meno vanno benissimo. Oltre a conoscere la
lingua, i ministri tedeschi presenterebbero una serie di vantaggi per i
cittadini italiani. Non vanno quasi mai in televisione, concedono un
paio d’interviste all’anno, tengono famiglia ma non la fanno assumere
dallo Stato, guadagnano meno di un deputato grillino e pagano i
ristoranti di tasca propria. Se nominati ministri della
Giustizia, si mettono a disposizione dei cittadini incensurati piuttosto
che dei latitanti. Ma soprattutto, quando sbagliano, si dimettono e
basta. Curzio Maltese
.
Caro Enrico Letta,
stamattina mi è capitato di ascoltare un'intervista a Josefa Idem, la stessa di cui lei ha prontamente accettato le dimissioni da neo-nominata ministra, rea di aver evaso - sembra - ben 1000 euro di IMU, probabilmente per un errore di imputazione di classe catastale, e certamente sanati grazie ad una legge dello Stato italiano. Come scrive oggi Curzio Maltese, "si tratta "dello 0,000003 % dei 368 milioni di dollari che Berlusconi ha sottratto ai controlli fiscali. È più o meno quanto ci costano ogni mese le cene a sbafo di due consiglieri regionali grillini,
questi bei moralisti".
Non ho niente contro la Cancellieri, ma ancor meno avevo contro la Idem, alla quale nessuno ha mai potuto imputare amicizie strette con famiglie di bancarottieri, evasori, e sospetti di collusioni mafiose.
LA CANCELLIERI STORY: ALCUNE LUCI, TANTE OMBRE - Attenti alle date:
Nel gennaio 2012, in qualità di ministro, ha rinnovato il contratto settennale (2012-2018) tra Viminale e Telecom Italia per il sistema di controllo a distanza per detenuti agli arresti domiciliari e una serie di servizi elettronici, questione sulla quale il 13 settembre 2012 la Corte dei Conti si è pronunciata con parere negativo.
Il 26 settembre 2012, il figlio della Cancellieri, Piergiorgio Peluso già direttore generale della società privata Fondiaria Sai, viene nominato alto dirigente del
settore Administration, Finance and Control di Telecom Italia. Ci chiediamo se sia un caso.
Precedentemente il figliolo della Cancellieri era uscito da un'azienda del gruppo Ligresti, dopo appena 14 mesi di lavoro, con una liquidazione di di tre milioni e seicentomila euro per un incarico di dodici mesi. Sarà anche un genio, questo Piergiorgio Peluso, ma credo che sette milardi e duecento milioni del vecchio conio per 220 giornate lavorative (pari a 32.700.000 lire al giorno o - se preferite - a 4.091.000 lire all'ora, cioè più di 68.000 lire al minuto, non le guadagnino nemmeno i premier dei paesi del G8 sommati. E meno male che a febbraio dell'anno scorso la Cancellieri era finita sotto le luci della ribalta per questa bellissima dichiarazione (che però si applicava solo ai figlioli altrui):
"...Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città di fianco a mamma e papà..."
Certo, signora, certo... difficile per i nostri normali figlioli (la famosa generazione da mille euro in regime di perfetto precariato), fare a meno di mamma e papà... Certo... se potessero guadagnare tutti i mesi cioè che il suo figliolo guadagnava dal pregiudicato Ligresti ogni 29 minuti e 40 secondi, sarebbero stati molto più intraprendenti e indipendenti, non trova?
Nel marzo 2009, da prefetto di Genova affermò che nel capoluogo ligure non esistevano evidenze di infiltrazioni mafiose nel tessuto sociale ligure e quindi fosse inutile procedere ad indagini. Tali dichiarazioni vennero poi smentite da numerose inchieste della magistratura e dagli arresti nel luglio 2011 di numerosi referenti della ndrangheta a Genova, tra cui Domenico Gangemi.
Anna Maria Cancellieri da commissario del teatro Bellini di Catania alla fine del 2009 venne indagata dalla procura etnea per abuso d'ufficio. Il pm Alessandro La Rosa le contesta consulenze inutili e costose per i bilanci del teatro.
Quando era ministro dell'interno il ministero è stata condannata per mobbing e comportamento vessatorio nei confronti di una persona poi morta per le conseguenze subite, cosicché costretta a risarcire 91.000,00 € ai familiari della vittima. La Cancellieri, non accettando la sentenza, fece ricorso contro contro i famigliari della defunta, perdendo la sua causa in Cassazione.
Nell'ottobre 2013, un ufficiale del corpo della polizia di stato venne condannato a pagare 20.000,00 € perché responsabile di una serie di truffe che conseguentemente danneggiarono l'immagine del corpo di polizia. Il ministro Cancellieri non accettò la sentenza, facendo ricorso contro il Tribunale del lavoro.
LA CANCELLIERI "POTEVA NON SAPERE" CHI FOSSE LIGRESTI? - Difficile... Ligresti è da decenni una star delle cronache giudiziarie, e per sapere chi sia e da quanto tempo lo sia, non c'è bisogno di assumere la figlia di Tom Ponzi. Basta digitare "Salvatore Ligresti" su Wikipedia. Prendiamo fior da fiore:
IL SEQUESTRO DELLA MOGLIE - Il 5 febbraio 1981 Bambi Susini, moglie di Ligresti, venne rapita dai mafiosi Pietro Marchese, Antonio Spica e Giovannello Greco fedelissimo di Stefano Bontate. Il sequestro si risolse un mese più tardi senza conseguenze per la Susini, che venne rilasciata a Origgio grazie al pagamento del riscatto di seicento milioni di lire. I tre autori del sequestro dopo essere stati individuati sono stati ritrovati morti ammazzati. Antonio Spica in una discarica di Bollate alle porte di Milano, Pietro Marchese nel carcere dell'Ucciardone, mentre Giovanni Greco è scomparso nel nulla. Nel 1984 Ligresti è stato oggetto di un'inchiesta della procura di Roma e poi nel 1985 di quella di Milano per questi fatti ma entrambi i fascicoli non portarono a nulla.
LO SCANDALO DELLE AREE D'ORO - Nel 1986 Ligresti è protagonista dello scandalo delle cosiddette "Aree d'oro". Il 18 marzo 1986 l'assessore all'Urbanistica Carlo Radice Fossati fece approvare una delibera con cui il Comune di Milano acquistò dei terreni agricoli di Ligresti a 5000 lire al metro quadro. In ottobre una giornalista informò Radice Fossati che la precedente giunta di sinistra aveva già concordato l'acquisto di quei terreni a prezzi molto più bassi: 500, 800 e 1000 lire al metro quadro. L'assessore allora, fatta una ricerca negli archivi comunali, trovò le lettere di impegno, firmate dal suo predecessore Mottini e da Ligresti. Come conseguenza di questo scandalo si dimise la giunta socialista, presieduta dal sindaco Carlo Tognoli, e la magistratura aprì un'inchiesta che terminò in un'archiviazione.
TANGENTOPOLI - Nel 1992 venne arrestato nell'ambito dello scandalo di Tangentopoli, accusato di corruzione per aggiudicarsi gli appalti per la costruzione della Metropolitana di Milano e delle Ferrovie Nord. Trascorse 112 giorni presso il carcere di San Vittore e fu condannato a due anni e quattro mesi ma con l'affidamento ai servizi sociali e lavoro per la Caritas Ambrosiana al posto del carcere. La condanna definitiva del 1997 comportò la perdita dei requisiti di onorabilità richiesti per ricoprire incarichi in Premafin e Fondiaria-Sai. Per questo motivo i figli gli subentrarono negli incarichi operativi.
IL CASO UNIPOL-FONSAI - Dopo anni di cattiva gestione Fonsai, Milano Assicurazioni e Premafin, le principali società della famiglia Ligresti, sono profondamente indebitate e sull'orlo del fallimento. Nel 2011 i Ligresti sono costretti a cederne il controllo su pressione di Mediobanca, storico partner di famiglia, alla Unipol. Per evitare il fallimento delle tre società il management di Mediobanca, che da un simile evento rischierebbe di perdere oltre un miliardo di euro, propone a Unipol la fusione con esse. A partire da questa vicenda sono stati avviate due inchieste dalle Procure di Milano e Torino.
L'INCHIESTA DELLA PROCURA DI MILANO - Viene aperta nel 2012 allo scopo di indagare Ligresti per il reato di aggiotaggio in relazione a due trust esteri titolari del 20% di Premafin riconducibili a Don Salvatore; un secondo filone d'inchiesta riguarda la bancarotta delle holding immobiliari di famiglia. Nel maggio dello stesso anno Ligresti e l'a.d. di Mediobanca Alberto Nagel vengono indagati in merito ad un patto occulto in cui il primo si impegnava a non ostacolare la fusione Unipol-Fonsai in cambio della concessione da parte di Nagel di una lunga lista di privilegi.
L'INCHIESTA DELLE PROCURA DI TORINO - L'inchiesta viene aperta nell'estate del 2012, sulla scorta dell'indagine milanese, per falso in bilancio e ostacolo all'attività di vigilanza. Il 17 luglio 2013 Ligresti viene arrestato dalla Guardia di Finanza su ordine della Procura di Torino per il reato di falso in bilancio e manipolazione di mercato. La magistratura ritiene che Ligresti, agli arresti domiciliari per via dell'età avanzata, abbia nascosto la carenza di 600 milioni di euro nella riserva sinistri, la cui mancata comunicazione avrebbe provocato un grave danno per le scelte degli investitori. Nell'ambito della medesima inchiesta vengono arrestate le figlie Giulia e Jonella mentre il figlio Paolo, diventato cittadino svizzero da soli 21 giorni (...quando si dice il caso... NdR), trovandosi nella sua abitazione sul lago di Lugano evita l'arresto.
PARTECIPAZIONI IMPRENDITORIALI - Evitiamo di riprendere il lungo elenco. Vogliamo ricordare, fra le più inquietanti, la partecipazione del 5,3% e un posto in CdA di Rcs MediaGroup, società editrice del Corriere della Sera. Sempre attraverso Premafin, la famiglia Ligresti partecipava al patto di sindacato che controllava la società editrice.
ATTIVITA' IMMOBILIARI - Salvatore Ligresti è stato coinvolto nei più rilevanti interventi urbanistici di Milano (Expo, Fieramilanocity e Garibaldi-Repubblica), di Firenze (Castello e Manifattura Tabacchi), di Torino. A seguito della crisi immobiliare e della finanziaria di famiglia Ligresti è stato costretto ad abbandonare questi progetti.
ANNA MARIA CANCELLIERI: UNA RAGAZZA FORTUNATA - Nasce nel 1943 e a 19 anni, appena diplomata, trova un impiego "alla Presidenza del Consiglio". Le cronache non dicono con quale incarico e con quale stipendio, ma poichè sappiamo che un semplice usciere alla Camera guadagna quanto un manager di una media azienda... Il resto è storia nota: "servitrice" dello Stato, multi-prefetto, commissario straordinario ad acta di qua e di la, amicizie di vecchia data con personaggi dal curriculum giudiziario non proprio immacolato (Ligresti, Bettino, Silvio), incrocia la famiglia Ligresti negli anni '70 a Milano. E da allora è amicizia vera. Anche dopo che - a partire dal 1981 - il curriculum giudiziario dei Ligresti comincia ad assumere le dimensioni della Treccani. Sono passati più di trent'anni, nel frattempo la Cancellieri è diventata ministra, ma gli "amici", si sa, sono come i figli: sò piezze 'e core...
HO FATTO PER I LIGRESTI CIò CHE AVREI FATTO PER CHIUNQUE - Che impegno, signoramia... Leggiamo con attenzione questa "cronologia" pubblicata da "Internazionale":
- Il 17 luglio Giulia Ligresti viene arrestata insieme a suo padre Salvatore (che però viene messo agli arresti domiciliari) su richiesta della procura di Torino nell’ambito di un’inchiesta sulla gestione del gruppo assicurativo Fondiaria Sai.
- Lo stesso giorno Anna Maria Cancellieri chiama Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti. Nella telefonata Cancellieri si dice dispiaciuta per l’arresto dei Ligresti. Cancellieri è amica di famiglia di Ligresti, e suo figlio Piergiorgio Peluso è stato direttore generale di Fonsai dal maggio del 2011 al 2012.
- Il 2 agosto Giulia Ligresti chiede di patteggiare la pena.
- Il 5 agosto arriva alla psicologa del carcere la prima segnalazione di un “peggioramento delle condizioni di salute” di Giulia Ligresti.
- Il 6 agosto il giudice per le indagini preliminari respinge l’istanza di scarcerazione.
- Il 18 agosto il fratello di Salvatore Ligresti, Antonino Ligresti, telefona alla ministra della giustizia Anna Maria Cancellieri per due volte, ma non riceve risposta e lascia un messaggio in segreteria.
- Il 18 o il 19 agosto la ministra Anna Maria Cancellieri ha chiamato i due vicecapi dell’autorità penitenziaria Francesco Cascini e Luigi Pagano per “sensibilizzarli” sulla vicenda e “perché facessero quanto di loro stretta competenza”.
- Il 22 agosto il procuratore Vittorio Nessi ascolta Anna Maria Cancellieri sulla vicenda.
- Il 28 agosto Giulia Ligresti ottiene gli arresti domiciliari, dopo una perizia del 26 agosto che certifica la sua malattia.
- Il 31 ottobre viene pubblicata l’intercettazione di una telefonata tra Anna Maria Cancellieri e Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti.
- Il 5 novembre la ministra Cancellieri riferisce in parlamento sulla vicenda. Cancellieri ha già offerto due volte le sue dimissioni, ma il presidente del consiglio Enrico Letta le ha respinte.
Quindi, ad occhio, sembrerebbe destituita di fondamento la notizia che la Giustizia (che - come è noto - E' Uguale Per Tutti) abbia fatto il suo corso "a prescindere"...
CHE EFFICIENZA, RAGASSI! - Il 5 Agosto la psicologa del carcere, e il 6 agosto il GIP, negano i domiciliari alla Ligresti; il 18 agosto Antonino Ligresti chiama la ministra; il 18 o il 19 agosto la ministra Anna Maria Cancellieri chiama i due vicecapi dell’autorità penitenziaria Francesco Cascini e Luigi Pagano per “sensibilizzarli” sulla vicenda; il 28 agosto Giulia Ligresti è fuori. Quando si dice l'efficienza dello Stato! E dire che a me sono stati necessari 11 (undici) mesi, e alcune minacce di avvio di azioni legali, per ottenere un normale rinnovo di patente di guida...
COSI' FACCIO CON TUTTI - Parola di ministra. Chiunque abbia un problema può telefonare alla Onlus "AnnaMariaCancellieri.it", qualunque cognome porti. Anna Maria "risolve problemi". Così, tanto per verificare, e testimoniare questa cosa ai malpensanti, ho visitato il sito del Ministero della Giustizia, per cercare il numero privato della Cancellieri. Non l'ho trovato. Il massimo del contatto diretto che ho trovato è stato il numero del centralino del Ministero:
Ministero della giustizia
via Arenula 70 - 00186 Roma
telefono +39 - 06 68851 (centralino)
Purtroppo, non ho sottomano un "caso umano" da sottoporre all'attenzione della Ministra, e quindi non mi sono prodotto in una telefonata alla Ministra (che certamente il centralino mi avrebbe passato subito). Ma lo farò appena io stesso, o qualcuno dei miei amici, potrà segnalarmi un "caso umano" da segnalare alla ministra.
Fino ad una settimana fa c'era anche un indirizzo email (di posta certificata... chi non ha un indirizzo di posta certificata, al giorno d'oggi, specie fra i familiari dei detenuti?) che faceva riferimento alla Segreteria della Ministra. Ma da una settimana - e cioè da quando il Popolo è stato informato che la Ministra si occupa di TUTTE le segnalazioni, la email della sua Segreteria è stata inopinatamente disattivata. Ora si può inviare una email (certificata, of course...) solo all'ufficio protocollo, che archivia diligentemente la pratica, non senza aver prima assegnato un numero di protocollo alla segnalazione. Abbiate fede: Annamaria "risolve problemi". Massimo dieci giorni.
P.S.: IMPORTANTE! ho provato a girare al ministro Cancellieri, sul suo nuovo indirizzo ministeriale di posta certificata, la segnalazione del "caso umano" riportato in un commento di Annarosa. Ecco il testo della mia email, indirizzata correttamente a [email protected], dal mio indirizzo di POSTA CERTIFICATA. Questo il testo della mia email:
Gentile Ministro Cancellieri,
le segnalo attraverso questo link un caso umano, forse più grave di
quello della Signora Ligresti. Sono certo che vorrà intervenire
tempestivamente, anche per mettere a tacere coloro che straparlano di
"legge uguale per tutti", ma per alcuni più uguale che per altri". Le
sarei garto se volesse tenermi aggiornato sugli sviluppi della
situazione. Grazie.
Antonio Crea
http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/roma-detenuto-malato-e-in-dialisi-ma-non-si-chiama-ligresti
Ed ecco il risultato della mia segnalazione:
Ho riprovato, Ministro. Ho riprovato tre volte. E - mi passi il francesismo - non è successo un cazzo.
Scritto il 06 novembre 2013 alle 17:56 nella Berlusconi, Leggi e diritto, Politica | Permalink | Commenti (7)
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31 ottobre 2013
Sondaggio Piepoli per La Stampa: Cuperlo è ormai a ridosso di Renzi
Finalmente qualcuno lo ha capito: non si può "sondare" Renzi versus Cuperlo chiedendo a tutto l'elettorato, per il semplice motivo che Cuperlo è percepito dall'elettorato di destra come un komunistra trinariciuto, mentre Renzi, per una parte significativa della destra, è percepito come "uno di loro".
Finalmente l'Istituto Piepoli si è deciso, e ha chiesto (in un sondaggio realizzato per "La Stampa") quale sia il livello di fiducia dei vari leaders (Letta, Renzi, Cuperlo, Epifani) non all'unierso mondo, ma solo a coloro che dichiarano di essere elettori di centro sinistra. La dichiarazione di fiducia non consisteva in una scelta di un solo leader tra tanti, ma in un gradimento generale che poteva prevedere più scelte per ogni rispondente. A questo punto il vantaggio stratosferico accampato da Renzi e dai Renziani su Cuperlo (40 a 10!) si è sgonfiato come un soufflé riuscito male... E questo spiega molto bene anche perchè Renzi sia stato così petulante nel pretendere primarie aperte a cani e porci, e perchp noi siamo stati così petulanti (e sconfitti) nel chiedere che l'amministratore del NOSTRO condominio fosse scelto SOLO dagli inquilini del nostro condominio, e non da tutti i condomini della città...
Stessa metodologia adottata per "misurare" le leadership nel centro-destra. Per capire quanto sia conciato male l'ex Cav., basti pensare che è superato non solo da Angelino "senza-quid" Alfano, ma persino da quello splendore di bellezza e di simpatia che è sua figlia Pier-Marina, ed è appena un capello sopra il ggiovane prodigio post-DC e pluri-inquisito Raffaele Fitto.
Da notare infine che i valori medi di fiducia nei leaders di centro sinistra sono mediamente di parecchio più alti dei corrispondenti valori concernenti i leaders di centro-destra: prendendo i valori relativi ai primi tre nomi indicati per ogni schieramento, abbiamo una media di 71 per i leaders di centro-sinistra, e di 64 per quelli di centro-destra.
Intanto continuano, in giro per l'Italia, le "stranezze" sui tesseramenti last-minute al PD. Record a Firenze, con un incremento del 30% negli ultimissimi giorni. Chissà perchè...
Tafanus
Scritto il 31 ottobre 2013 alle 12:35 nella Berlusconi, Politica, Renzi | Permalink | Commenti (9)
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28 ottobre 2013
Trentino - Alto Adige: il successo epocale di Berlusconi & Grillo
Vecchi e nuovi fasci "scuffiano"
TEST ELETTORALE IN TRENTINO - ALTO ADIGE - In Trentino e Alto Adige difficile leggere i risultati del PD, perchè nelle recenti politiche faceva parte di una coalizione, come tutti, mentre alla provinciali ognuno pensa per se, e Dio per tutti....
Lo so... lo so... non si confrontano i fagiolini con le banane, ma alle precedenti provinciali c'era un quadro politico totalmente diverso, e quindi non confrontabile; non c'era il M5S, non c'era Scelta Cinica, non c'erano i partitini alla Ingroia, Giannino, Mir... Quindi non ci resta - per misurare le ambizioni a fronte dei risultati - che tentare un confronto, ove possibile, con le politiche di febbraio. Sembra passata un'era geologica...
Il PD tiene a Trento, dove passa dal 23,7% al 22,0%. E' illeggibile a Bolzano, poichè alle politiche era coalizzato con molte liste - anche civiche, personali e "civetta", mentre alle provinciali di ieri ognuno stava per conto suo. Il PD passa dal 9,5% al 6,7%, quindi in teoria perde il 29,5%.Ma, di fatto, non sappiamo quanto di questo 29,5% sia andato a liste amiche collegate, che questa volta si sono presentate ognuna per conto suo, a causa della diversa legge elettorale..
Più facile (e drammatico) il conticino per il PdL (che solo la Ghisleri di Euromedia vede stravincente), e per il MòViMento 5 Svastiche.
Il PdL a Trento passa dal 15,0% al 5,8%, perdendo il 61% del proprio elettorato. Ancora peggio riesce a fare Grillo, che passa dal 20,8% al 4,4%, perdendo il 79% del proprio elettorato.
A Bolzano il MòViMento passa dall'8,3% al 2,5%, perdendo il 70% dell'elettorato. Mi sa che a Grillo toccherà aspettare ancora qualche secolo, per raggiungere il "quasi certissimo" 51%, on the road per l'inevitabile 100%.
Sempre a Bolzano, l'associazione a d.... PdL+Lega passa da un già striminzito 6,7% in febbraio, al 2,5%, perdemdo per strada il 63% dei propri elettori. Due virgola cinque. Il che significa che se si arriverà alla scissione (dell'atomo) e alla leadership di Marina (che ha lo stesso carisma di un secchio di moplen) lo zerovirgola è a portata di nano.
P.S.: Non dobbiamo dimenticare che a Bolzano hanno le proprie roccaforti sia la falchessa Michaela Biancofiore, che il Fondatore del comico "Esercito di Silvio", che a sua volta è nato da una tetta della Biancofiore.
Cara Ghisleri, facce ride ancora!
Tafanus
Scritto il 28 ottobre 2013 alle 16:25 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (41)
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24 ottobre 2013
Possiamo ancora rimanere alleati con un pregiudicato?
Lo so. Rischio di annoiare. Ma finalmente sembra che anche Napolitano abbia capito che non possiamo concederci 18 mesi e subordinazoioni alle riforme costituzionali per abrogare l'osceno Porcellum. Ho scritto mille volte che ho come un'impressione che del Porcellum si servano in tanti (incluso Enrico Letta) come di una ciambella di salvataggio per restare attaccati alle rispettive poltrone, poltroncine e strapuntini. Ora è giunto davvero il momento di dire BASTA. Il Porcellum si può e si deve abrogare in dieci giorni. Dubito che lo faranno. E come Massimo Troisi ricominciava sempre da tre, Enrico Letta ricomincia sempre la 18 mesi.
Io non auspico una caduta del governo ADESSO. Ma voglio che TUTTI, incluso Letta, sappiano che i giochini di palazzo - una volta rimosso l'alibi "legge elettorale" - sono soggetti ad andare in discarica.
Oggi, nel suo editoriale, Massimo Giannini si chiede se ha senso continuare ad essere alleati con un corruttore e frodatore, in nome del mantra della governabilità. Ce lo chiediamo anche noi. Governare insieme ad un signore che rappresenta ceti sociali diversi dai nostri, e tentando dalla mattina alla sera di mischiare gli interessi - spesso non commendevoli - degli industrialotti brianzoli, e delle "partite IVA", coi suoi personali sogni (o incubi) da pregiudicato e da imputato, non rientra fra gli interessi prioritari di 46.999.999 elettori. Tafanus
Un corruttore come alleato (di Massimo Giannini)
Puoi governare con il tuo carnefice?
Puoi considerare "alleato" un leader politico, pregiudicato e
spregiudicato, che solo cinque anni fa ha comprato un parlamentare a
suon di milioni per far cadere la tua maggioranza? Di fronte al rinvio a
giudizio di Silvio Berlusconi, deciso dal Gup di Napoli nell'inchiesta
sulla corruzione del senatore De Gregorio, conviene ribaltare la
questione, famosa e ormai annosa, della cosiddetta "agibilità politica"
del Cavaliere. Conviene guardarla dal punto di vista non delle reazioni
del centrodestra, ma delle decisioni del centrosinistra. Un rinvio a
giudizio non equivale ovviamente a una sentenza di condanna.
Ma
significa che un giudice terzo, diverso dai pubblici ministeri
inquirenti, ritiene che siano state raccolte prove sufficienti a
giustificare l’avvio di un processo. Nell’inchiesta
Berlusconi-Lavitola-De Gregorio le prove, più che sufficienti, paiono
schiaccianti. Nella primavera del 2006 l’Unione di Prodi vince per un
soffio le elezioni. A Palazzo Madama ha solo 4 voti di maggioranza.
Basta una modesta transumanza, e il governo va a casa.
Nel
luglio successivo il Cavaliere lancia la campagna acquisti. Il senatore
De Gregorio già eletto nelle file dell’Idv di Di Pietro viene agganciato
da uno dei faccendieri più indecenti ma più efficienti ad Arcore,
Valter Lavitola. È lui che comincia a foraggiare De Gregorio: 3 milioni
di euro in tutto (ne riceverà solo una parte). Con quel «tesoretto» sul
conto corrente, il senatore lancia a sua volta l’«operazione Libertà».
La racconta lui stesso nelle carte dell’inchiesta, spiegando che ogni
passo è stato concordato con il leader del Pdl. «Era deciso a
individuare il malessere di alcuni senatori che potessero determinare
l’evento finale». Cioè la caduta del governo Prodi. De Gregorio dichiara
agli atti: «Allora discussi a Palazzo Grazioli con Berlusconi una
strategia di sabotaggio...». La missione è: «Procurarsi voti in
Parlamento». Come procurarseli è fin troppo facile. Con il denaro, che
per il Cavaliere, dalle toghe sporche alle olgettine ripulite, non è mai
stato un problema.
De Gregorio tenta prima con un senatore suo
amico. «Dissi a Berlusconi che forse Giuseppe Caforio poteva ascriversi
al ruolo degli indecisi». «Puoi offrirgli fino a cinque milioni»,
risponde il Cavaliere. L’abbocco fallisce: Caforio fa finta di stare al
gioco, registra il colloquio e presenta una denuncia penale. Ma
l’Operazione Libertà è ormai partita, e nulla può fermarla. Le prove
generali iniziano il 28 febbraio 2007, quando Prodi si salva al Senato
per appena tre voti. «L’evento finale» si produce il 24 gennaio 2008,
dopo le dimissioni del Guardasigilli Mastella che ha saputo di una
richiesta d’arresto ai danni di sua moglie da parte della procura di
Santa Maria Capua Vetere. Prodi viene sfiduciato al Senato, dove va
sotto per 5 voti. A impallinarlo, oltre a Mastella e a Lavitola, ci sono
Lamberto Dini, Vito Scalera e Luigi Pallaro, eletto in Argentina e
misteriosamente scomparso il giorno del voto. Sono prove, queste? O solo
calunnie? Sono prove, nient’altro che prove.
La conferma arriva
dallo stesso Lavitola, in una lettera spedita il 13 dicembre 2011
all’ancora premier Berlusconi. Valterino batte cassa per l’Avanti, e
ricorda al «socio» tutto quello che ha fatto per lui. «Lei — scrive —
subito dopo la formazione del governo, in questa legislatura, con
Ghedini e Verdini presenti, mi disse che era in debito con me e che Lei
era uso essere almeno alla pari. Era in debito per aver io “comprato” De
Gregorio, tenuto fuori dalla votazione cruciale Pallaro, fatto
pervenire a Mastella le notizie dalla procura di Santa Maria Capua
Vetere, da dove erano arrivate le pressioni per il vergognoso arresto
della moglie, e assieme a Ferruccio Saro e al povero Comincioli
“lavorato” Dini. Ciò dopo essere stato io a convincerla a comprare i
senatori necessari a far cadere Prodi».
Questo è dunque lo
scandalo che emerge dalle carte dell’inchiesta di Napoli. Questo è il
«golpe bianco» che si sospetta Berlusconi abbia ordito contro il governo
Prodi. Dietro al quale, ancora una volta, si intravede non un blitz
episodico. Ma piuttosto il solito e collaudatissimo «sistema
corruttivo», che ricorre in tutte le vicende giudiziarie in cui il
Cavaliere è stato a vario titolo condannato, coinvolto o prosciolto
(grazie alle prescrizioni e alle leggi ad personam). Un «metodo» che ha
funzionato per le tangenti alla Gdf e per Mills, per il Lodo Mondadori e
per i diritti tv. E se ha dato frutti nell’affare De Gregorio, è lecito
pensare che ne abbia generati sia per il primo ribaltone dei due
senatori che salvarono il Berlusconi I nel 1994, sia nella campagna
acquisti dei «Responsabili» che salvarono il Berlusconi IV nel 2010.
Il
processo di Napoli si aggiunge alla lunga sequenza di conti in sospeso
che il Cavaliere intrattiene tuttora con la giustizia. Dopo la condanna
definitiva per i diritti tv Mediaset, l’interdizione di due anni dai
pubblici uffici sui quali dovrà pronunciarsi la Cassazione, il voto
dell’aula di Palazzo Madama sulla decadenza, l’appello del processo Ruby
per prostituzione minorile e concussione e l’uscita delle motivazioni
della condanna di primo grado nello stesso processo (prevista per metà
novembre).
Basterebbe un’occhiata all’agenda giudiziaria dell’ex
premier, per liquidare con un sorriso amaro le pretese di
«pacificazione», le parole al vento sui doverosi «atti di clemenza», le
pressioni inaccettabili su un fantomatico «motu proprio» del Capo dello
Stato, le allusioni insopportabili su un ipotetico indulto ad personam
del Parlamento. Non c’è scudo possibile, per un imputato-condannato di
questo calibro. Non si tratta di consumare una vendetta ideologica, né
di realizzare un’eliminazione politica per via giudiziaria. Più
semplicemente: anche volendo (e nessuno che abbia a cuore lo stato di
diritto dovrebbe volerlo) non esistono nei codici dell’Occidente
«condoni tombali» che cancellino le pendenze penali passate, presenti e
soprattutto future.
Il Pdl è squassato da una strana lotta
intestina. Eredi rissosi si contendono inutilmente il lascito di un «de
cuius» che nonostante tutto resta più vivo che mai. Di fronte alle
pessime notizie che arrivano dai tribunali, i «parenti della vittima»
celebrano il rito stanco di sempre. «Persecuzione», «caccia all’uomo»,
«attentato alla democrazia». Parole violentate, abusate, svuotate di
senso. Ma lanciate come pietre contro la sinistra «togata» e contro il
governo Letta. Immaginare un futuro radioso per le Larghe Intese, a
questo punto, è illusorio. I segnali di rottura erano già numerosi,
dalla legge di stabilità all’antimafia. Ma ora, com’era facile
prevedere, è l’ossessione giudiziaria che domina la scena a Villa San
Martino e a Palazzo Grazioli. Il rinvio a giudizio di Napoli segna un
possibile punto di svolta. Non tanto giudiziario, quanto politico.
Di fronte all’enormità dell’ultima imputazione, si torna alla domanda iniziale. C’è da chiedersi se non tocchi alla sinistra riformista il «dovere» di rompere l’alleanza innaturale con l’uomo che ha ucciso il governo Prodi, comprando quattro traditori per trenta denari. Piuttosto che concedere ancora una volta a una destra irresponsabile il «diritto» di far saltare il tavolo, legando indissolubilmente e colpevolmente i destini della nazione a quelli del suo «Cavaliere dell’Apocalisse».
Massimo Giannini
Scritto il 24 ottobre 2013 alle 12:03 nella Berlusconi, Politica | Permalink | Commenti (17)
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