I frequentatori del Tafanus si saranno meravigliati del nostro lungo silenzio post-elettorale. Me ne scuso, ma anch'io ho avuto bisogno di metabolizzare le porcherie umane e politiche che ci ha regalato la così detta Classe Digerente, e che ci hanno ridotti a mandare in giro per il mondo, a far finta di essere diventati cittadini di un paese affidabile, la Giorgia Meloni da Roma-Testaccio, che pur di arrivare da qualche parte si è messa con la qualunque...
Insomma, una bella ammucchiata... Simmetricamente, anche la qualunque si è messa con la Meloni...
Acclamatissima dal popolo in formato eia eia alalà cerca disperatamente di darsi un volto nuovo, ma per far questo non basta un po' di cipria bianca per cancellare il colore nero. Ma la voglia di potere non conosce confini ideologici o cosmetici.
...Franza o Spagna, purchè se magna... (Copyright: Francesco Gucciardini da Firenze, XVI secolo). Che ci sia un patrimonio cromosomico in comune fra vecchi fiorentini e fiorentini d'oggi nati vecchi? Mi scuso per la frammentarietà di queste tardive considerazioni, ma non si può fare un'analisi sensata su avvenimenti insensati. Cercherò di mettere insieme i cocci, partendo da una analisi del camaleontismo di uno dei principali responsabili di questa crisi insanabile: quello sconosciuto avvocato dalla ridicola pochette in formato Resegone. e dall'insano curriculum di ben 80 pagine (persino il Padreterno si sarebbe accontentato di 8 pagine), nel quale era indicata anche una permanenza ad Harward, di cui nessun giornalista è riuscito a reperire riscontri.
Per iniziare, dobbiamo crocefiggere noi stessi - Dalla vigilia della Bolognina in poi, abbiamo cambiato marchio di fabbrica per ben quattro volte da PCI (che era quello di Berlinguer e non certo quello di Peppone) siamo passati al PDS, ai DS, e al PD. Una sorta di vergogna delle origini, forse inopportuno per un partito che con oltre il 30% dei voti (e non solo per merito di una marchetta 80 euro di renziana memoria, il cui effetto non è durato neanche un mese, ma per l'orgoglio di un popolo che aveva fatto i conti col suo passato).
La distruzione lenta ma implacabile di noi che ci chiamavamo comunisti senza vergognarcene, di noi che abbiamo pianto per la "morte sul lavoro" di Enrico Berlinguer, ed alla vista del suo funerale con centinaia di migliaia di militanti e di semplici elettori in lacrime, eravamo orgogliosi delle nostre origini e - specialmente dopo lo strappo coraggioso di Berlinguer dal partito comunista sovietico - non ci vergognavamo della nostra sigla.
C'erano una volta le sezioni di partito in ogni paesello. Luoghi di aggregazione dove non si giocava solo a scopone, ma si discuteva, sempre e di tutto, e nessuno si sentiva obbligato ad adottare le teorie di nessun altro senza discuterne. Ormai da anni la sezione del mio paesello è chiusa, sul lucchetto ci sono le ragnatele.
C'era una volta "l'Unità", che tirava oltre 100.000 copie, e la domenica mattina veniva "strillonata" anche fuori dalle chiese da volontari trinariciuti. Fra i direttori che ricordo a braccio, c'erano state persone come Gerardo Chiaromonte, Furio Colombo, Massimo D'Alema, Concita De Gregorio, Renzo Foa, Pietro Ingrao, Alfredo Reichlin..... Da giovanissmo, un anno PRIMA della costruzione del muro, durante una lunga permanenza a Berlino, prendevo ogni giorno il metrò da Kurfürstendamm a Friedrichstraße per andare a comprare l'Unità nell'unica edicola di tutta la "Gross Berlin" dove la vendevano.
C'era una volta. Poi è arrivato il renzismo, e il giornale è caduto in mano a gente come Renzi, e a gente come Rondolino, ex conduttore del Grande Fratello... Non ci siamo fatti mancare niente. Due anni di questa incommestibile poltiglia, e siamo arrivati alla prima messa in liquidazione del "Giornale dei Lavoratori", fondato nel 1924 da Antonio Gramsci. Aveva resistito a crisi economiche e politiche, alla seconda guerra mondiale, al boom degli anni sessanta, alle crisi e al terrorismo degli anni settanta. Aveva retto per oltre ottant'anni. Poi sono arrivati il renzismo, le Marie Etrurie Boschi, la Lady Like Moretti, la Debora Senzacca Serracchiani, Il Rondolino fù Grande Fratello, e il giornale è morto.
Resuscitato dopo un paio d'anni - ricordate con l'ausilio di chi? Ma si, proprio da loro! dai Fratelli Pessina, proprietari di una miriade di sorgenti d'acqua nelle Valli Bergamasche, e palazzinari a tempo pieno. Komunisti??? Niente di tutto questo. Avevano deciso di investire nel renzismo, probabilmente aspettandosi magnifiche sorti e progressive del renzismo, e magari riconoscenza traducibile in succulenti appalti di lavori pubblici.
Il governo Renzi, per nostra fortuna, dura meno di tre anni (dal febbraio 2014 al dicembre 2016). Un vero peccato la sua uscita prematura. Grazie alle sue immense qualità e competenze, ed essendosi circondato da un esercito di altri estremamente competenti, avrebbe potuto fare ancora ben altri danni...
Alcuni nomi che ricordo con rammarico? Of course Matteo Renzi, ma anche gli indimenticati Luca Lotti, Domenico Minniti, Graziano Delrio, Maria Elena Boschi, Ivan Scalfarotto, Maria Anna Madia, Mario Giro, Benedetto Della Vedova, Angelino Alfano, Filippo Bubbico, Gennaro Migliore, Roberta Pinotti, Gioacchino Alfano, Carlo Calenda (...toh... chi si pre-vede...), Federica Guidi, Teresa Bellanova, Maurizio, Maurizio Martina, Davide Faraone, Dorina Bianchi, Beatrice Lorenzin...
Dobbiamo alla rincorsa di alcuni pseudo-sinistri l'inizio della "normalizzazione e legittimazione" del lavoro precario, iniziata un quarto di secolo fa coi co.co.co. (ma non si poteva trovare una denominazione meno ridicola?), ad opera non già di qualche falco confindustriale, ma ad opera del "nostro" Tiziano Treu.
Dopo le forme di legalizzazione del precariato sono diventate una slavina. Dai co.co.co, ai co.co.pro. Ora attendiamo con impazienza i co.co.dé. La devastazione è stata completata da Renzi col ridicolo jobs-act. E chiamarla legge sul lavoro no??? Capisco. Renzi parla tanto bene l'englishish, che gli sarebbe sembrato provinciale dare un nome italiano. Gli inglesi non vedono l'ora di poter diventare anch'essi moderni, chiamando il loro banale jobs act con l'italianissimo Legge on the Lavoro.
Chiudo qui questa fin troppo lunga puntata introduttiva, e prometto (o minaccio?) le successive puntate a breve scadenza.
Auguro a voi tutti a good evening.
(1° puntata dell'auto-flagellazione - Continua)
L'Huffington Post | Di Adele Sarno