Anno di dis-grazia 1973: a Napoli arriva il colera. In alcune città della civilissima Padania, spuntano cartelli e murales di tifo per "'O vibrione nnammurato", e di incoraggiamento al "Mitile ignoto". Il divertimento dura poco, perchè i napoletani sconfiggono l'epidemia in due settimane. Per confronto, la civilissima Barcellona ci impiegherà due anni.
Non sono napoletano. Lo dico per evitare che qualcuno pensi che questo post sia dettato da partigianeria campanilistica. Ma a Napoli ho trascorso alcuni degli anni più belli della mia vita, avendo studiato nella Università napoletana, con un corpo insegnante che non ha riscontri, ad oggi, in nessuna università italiana. Qualche esempio? A Chimica Generale c'era il Prof. Giordani, Presidente del CNR, affiancato durante gli esami dalla compagna 90enne di Bakunin; a Fisica c'era il Prof. Carelli, allora Presidente della RAI non per selezione politica, ma perchè la RAI stava iniziando a sviluppare la rete di comunicazioni (trasmettitori, antenne, ripetitori), ed aveva bisogno di qualcuno che se ne intendesse; Analisi Infinitesimale? Il prof. Renato Caccioppoli, alla cui "geniale follia" si è ispirato il film sul "Matematico Napoletano"; last but not least, il Prof. Scherillo (Mineralogia, e relatore della mia tesi su "Ricerca e prospezione dei minerali uraniferi"), diventato pochi anni dopo Presidente della Associazione Europea di Mineralogia.
Ma l'Università era solo una parte del tutto: il giorno. Poi, intorno alle dieci di sera, la "banda" di amici si ritrovava senza essersi data appuntamento, e si cominciava a discutere: "Cosa facciamo stasera?". Avete presente il film "Amici miei"? Bene, noi siamo stati precursori di quasi tutte le zingarate elencate in quel film. Ma di questo parleremo quando ci tornerà la voglia di scherzare.
Ora, motivato dalle uscite razziste dei Feltri e dei Salvini, voglio solo ricordare - a loro ed ai razzisti da stadio e da osteria, ma anche a quelli da "salotto tivvù", un FATTO: a Napoli, città brutta, sporca e cattiva, il colera del '73 è stato debellato in due settimane, e ha fatto 12 morti (meno di quelli già attribuiti in Padania al "corona-vairus"). Ovviamente non gioisco dei morti nel Lombardo-Veneto, ma sarei stato felice se non avessi mai letto osceni cartelli inneggianti al vibrione del colera ed al Vesuvio.
Non proverò io a descrivere l'evento, ma lo farò fare all' Archivio Storico di Repubblica
Quando a Napoli scoppiò 'o vibrione
NAPOLI - [...] Correva l'anno 1973 e nella Napoli attaccata dal colera 'o vibrione, il germe della malattia, divenne l'oscura metafora del Male. Quei giorni torridi di fine agosto sono impressi nella memoria della città: sedici vittime, in gran parte anziani, duecento persone colpite dall'infezione, oltre mille ricoverate negli ospedali, cinquecentomila vaccinate in un sol giorno nelle scuole, nelle piazze, nelle cliniche private, perfino nelle caserme dei vigili del fuoco e nei depositi dell' Atan, l'azienda di trasporti pubblici.
E poi l'allarme sanitario, la paura, una sorta di psicosi collettiva che materializzò l'avversario da distruggere soprattutto nelle cozze, di cui fu vietata la vendita nei ristoranti. 'O vibrione è nei mitili, si disse. E al posto dei proibitissimi frutti di mare qualche trattoria, chissà perché, servì ai clienti petali di garofano fritti. Forse l' effetto sorpresa impedì una diagnosi tempestiva del morbo: svanito il ricordo della tremenda epidemia del 1884, con migliaia di morti a Napoli, si stentò a credere che il colera fosse tornato quasi novant'anni dopo. Invece era di nuovo lì, nella metropoli definita dal Time "la più sporca d' Europa".
E con il morbo, inspiegabile paradosso, tornò pure l'ordine. I testimoni più lucidi di quei giorni descrivono una città compassata e responsabile, smarrita eppure presente a se stessa, in cui nessuno, dal netturbino all'impiegato all'autista, abbandonò il posto di lavoro. Se barricate vi furono, esse sorsero contro l'immondizia abbandonata in strada. Una celebre foto ritrae centinaia di napoletani disciplinatamente in fila davanti alla sede della Croce rossa in via San Tommaso d'Aquino, in attesa della vaccinazione, e poi ancora in fila appena svoltato l'angolo.
Maurizio Valenzi, che divenne sindaco delle giunte rosse due anni dopo, nel ' 75, ricorda una di queste ordinatissime code all' ingresso di Palazzo San Giacomo, il municipio. "Esiste nei napoletani - commenta Valenzi - una coscienza della vita civile insospettabile, viste le abitudini individualistiche di questo popolo". A Valenzi capitò qualcosa di simile qualche anno più tardi, la sera del terremoto dell'80: era al San Carlo, dopo la scossa gli spettatori uscirono in lenta fila dal teatro, silenziosi, senza ressa.
"E' colera", titolò a tutta pagina L' Unità il 29 agosto del ' 73, primo giornale a dare la notizia ufficiale. (ATTENZIONE! trattavasi dell'Unità - Giornale dei lavoratori - fondato da Antonio Gramsci, non dell'Unirenzità affondata da Matteo Renzi. NdR)
Quell'articolo era firmato da Eleonora Puntillo, che descrisse l' incertezza di quei giorni, quando sette morti improvvise a partire dal 23 agosto alimentarono l'atroce timore che si trattasse di colera. "Il primo caso sospetto si verificò a Torre del Greco, lo venimmo a sapere da un medico", racconta oggi la Puntillo. Poi seguirono altri decessi. Si parlò di gastroenteriti acute, alla fine una commissione del ministero della Sanità fugò ogni dubbio. Allo stupore collettivo seguì il terrore. Il clima politico mutò di pari passo all' Evento. A Napoli si fronteggiavano l' agguerrita Dc dei Gava e il Pci. "Le sezioni del partito si mobilitarono per le vaccinazioni", spiega Valenzi. "La gente apprezzò, fu questa la ragione del nostro successo alle comunali del ' 75". I democristiani persero la città ma risposero con uno slogan divenuto celebre: "Il colera passa, i Gava no...". Le scuole rinviarono l' apertura. Il Cotugno, l' ospedale delle malattie infettive, fu preso d' assalto. "Sembrava il lazzaretto, arrivava gente per una semplice diarrea", dice il primario Giulio Tarro. L'allora presidente della Repubblica Giovanni Leone, aggiunge il virologo, "visitò le corsie con la mascherina in volto, e quella foto un po' ridicola fece il giro del mondo, perché il colera non è mica la peste che si trasmette attraverso i polmoni". Alla fine l' infezione passò. Rimase il timore di un nemico insidioso e nascosto: ' o vibrione.
E oggi? A poche settimane dall'inizio della tragicommedia "coronavairus", i politici di adesso, con sprezzo del ridicolo, stanno gestendo un problema serio come strumento, non già di proposta firmata dalla propria parte politica, ma come strumento di disprezzo e derisione nei confronti nei confronti dell'avversario politico pro-tempore.
Brilla come una Supernova, in questo bailamme, il "governatore" Fontana, la cui performance, inclusiva di mascherina in favore di telecamera e di annuncio di "quarantena auto-imposta" (ed inutile, aggiungiamo noi), è diventata virale, e si è sparsa sulla rete con velocità 1000 volte superiore a quella del coronavirus:
Oggi la Storia in parte consegna ai napoletani la loro piccola rivincita: dei tre infettati a Napoli, uno era reduce da un soggiorno a Milano; un secondo era stato qualche giorno a Codogno, e infine... il caso più emblematico: una donna ukraina che si è beccata il regalino a Cremona. Questa donna sarà presto un'icona del salvinismo, perchè è la dimostrazione - speriamo vivente - che sono gli immigrati a diffondere il vairus: dopo esserselo beccato nella Padania
Gli aforismi celebri
METASTASIO - "Un bel tacer non fu mai scritto"
JOHN FITZGERALD KENNEDY - "Signore Iddio, tu che hai posto un limite all'intelligenza degli esseri umani, perchè non hai posto un limite anche alla loro stupidità?"
PROFESSOR CIPOLLA - I cretini sono più pericolosi dei delinquenti. I delinquenti ogni tanto si pentono e si redimono. Il cretino è cretino per sempre. Per redimersi, dovrebbe intanto capire che è cretino. Ma se lo capisse, che cretino sarebbe?
Tafanus
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